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OTTAVA SERIE

AVVERTENZA

l. Questo volume, primo dei tre destinati a raccogliere la documentazione del 1938, si apre con l'inizio dell'anno per giungere al 23 aprile, vigilia della chiusura del Congresso di Carlsbad in cui il Partito dei tedeschi sudeti approva il programma delle sue rivendicazioni verso il governo di Praga -i cosiddetti «otto punti di Carlsbad» -aprendo così, formalmente ancora sul piano interno, la crisi cecoslovacca. Il periodo considerato è dunque notevolmente più breve di quello coperto dai due volumi precedenti, che abbracciano ciascuno un semestre, ma è ricco di avvenimenti di grande portata sul piano internazionale e che presentano tutti un particolare interesse per l'Italia.

Il primo di questi avvenimenti si ha il 4 febbraio quando a Berlino viene reso noto che il comandante della Wehrmacht, Maresciallo von Blomberg, e il Capo di Stato Maggiore dell'Esercito, generale von Fritsch, sono stati allontanati dal loro posto, mentre alla Wilhelmstrasse il barone von Neurath è stato sostituito da von Ribbentrop.

L'avvenimento, che suscita dovunque molta impressione, dà luogo a valutazioni diverse circa le sue possibili conseguenze, ma su un punto vi è una sostanziale unanimità di vedute e cioè che esso spiana la strada ad un rafforzamento dell'Asse. Sono infatti usciti dalla scena alcuni personaggi contrari a stringere oltre un certo limite i legami con l'Italia: von Neurath, costantemente preoccupato di trovarsi coinvolto in qualche iniziativa avventurosa di Mussolini, e von Blomberg, che in più di una circostanza ha lasciato trapelare una scarsa fiducia nella forza militare dell'Italia, mentre l'arrivo alla Wilhelmstrasse di von Ribbentrop sembra preludere ad una politica estera segnata da un più marcato carattere ideologico, ciò che si pensa debba avere, come logica conseguenza, un'accresciuta solidarietà tra i due Paesi dell'Asse.

Queste valutazioni sono puntualmente registrate, ma solo in parte condivise, dai diplomatici italiani, che considerano sostanzialmente equilibrata la soluzione della crisi perché Hitler è riuscito ad evitare un mutamento pronunciato nei rapporti di forze all'interno del Reich, mentre -questo è il fatto considerato realmente importante -ha ancora accresciuto il potere nelle sue mani. Così la diplomazia italiana constata con soddisfazione l'allontanamento dell'«anglofilo von Blomberg» e l'arrivo alla Wilhelmstrasse dell'«anglofobo von Ribbentrop» ma nello stesso tempo sottolinea che quei mutamenti non possono influire granché sugli orientamenti di fondo della politica tedesca, possono solo rendere più facile, sul piano esecutivo, una maggiore solidarietà tra i due Paesi dell'Asse qualora Hitler decida di muoversi in quella direzione. Ciò nonostante, anche l'ambasciata a Berlino concorda nel giudicare preoccupante l'indebolimento dei militari, ai quali riconosce il merito di avere fatto pervenire più volte a Hitler dei consigli di moderazione, perché ora c'è da temere che sotto la pressione degli ambienti più oltranzisti del partito Hitler accentui il dinamismo della sua politica estera e in questo quadro possa guardare ad un'azione verso l'Austria.

E ~secondo avvenimento di spicco in questo periodo ~la questione austriaca viene subito sul tappeto in modo drammatico con l'incontro Hitler-Schuschnigg del 12 febbraio a Berchtesgaden. L'accordo che il Cancelliere austriaco è costretto a firmare aggrava pesantemente l'ipoteca germanica e rende più concreta la prospettiva dell' Anschluss: gli interessi italiani sono toccati direttamente ~e si tratta di interessi vitali ~ ma tutto è avvenuto senza che Roma sia stata consultata e nemmeno preavvertita.

Sul momento, è proprio questo ciò che sembra colpire di più gli italiani. A dirlo è lo stesso Ciano in un colloquio con il principe d'Assia: Roma ~dice~ si era considerata in diritto di essere presentita circa nuovi sviluppi nei rapporti austro-tedeschi e per il futuro si aspetta che il governo del Reich lo tenga presente. Una protesta espressa con linguaggio energico ma che per altro verso suona accettazione di quanto è avvenuto e di quanto è prevedibile avverrà a scadenza non lontana. La posizione che il governo fascista ha nei confronti del problema austriaco è del resto indicata da un appunto che Mussolini redige qualche giorno più tardi: «è nell'interesse dell'Italia~ scrive ~che l'Austria resti uno Stato indipendente, tale interesse però non è tale che meriti di essere difeso con una guerra e nemmeno col capovolgimento delle nostre posizioni politiche nei confronti della Germania». E aggiunge: «Poiché l'Italia scarta l'eventualità di opporsi con la forza all'Anschluss, è chiaro che se tale evento deve verificarsi è meglio che non si faccia contro l'Italia».

La posizione di Mussolini non è nuova. In sostanza, conferma la linea che il governo fascista ha adottato da tempo nei riguardi del problema austriaco come conseguenza non evitabile della politica di crescente solidarietà con la Germania: rinuncia a difendere l'indipendenza dell'Austria, speranza che l' Anschluss avvenga il più tardi possibile, desiderio ~questo punto è considerato di grande importanza ~che tutto accada senza danno, o con il minor danno possibile, per il prestigio e per l'immagine dell'Italia fascista. Tutte speranze che verranno deluse nel giro di un mese.

Il terzo avvenimento di rilievo in questo periodo si ha il 20 febbraio con le dimissioni di Eden. L'impressione che suscita è enorme, ben maggiore di quella provocata dai mutamenti avvenuti in Germania all'inizio del mese, perché è opinione generale che in questo caso ci saranno delle forti ripercussioni sugli orientamenti della politica estera britannica.

Considerato dal punto di vista del governo italiano, l'avvenimento arriva in un momento particolarmente opportuno.

Innanzitutto, perché distoglie l'attenzione dalle vicende austriache che, oltre ad avere segnato una sconfitta per l'Italia, continuano a destare interrogativi di pesante significato politico circa l'esistenza o meno di una consultazione preventiva tra Roma e Berlino e di un assenso dato dall'Italia all'azione tedesca.

In secondo luogo, perché ~ come viene ampiamente sottolineato dalle rappresentanze diplomatiche italiane ~le dimissioni di Eden sono considerate ovunque come un successo del governo fascista che vede uscire di scena colui che aveva impersonato lo spirito di resistenza all'impresa italiana in Etiopia e che è considerato tuttora irriducibilmente ostile all'Italia. È un successo di prestigio particolarmente gradito a Roma nel momento in cui l'immagine del governo fascista risulta appannata dall'aver dovuto subire il nuovo corso dei rapporti austro-tedeschi ma è anche e soprattutto il segno che ora diventa possibile negoziare con successo un accordo che dia un nuovo corso ai rapporti italo-britannici. Una prospettiva alla quale si guarda ora da Roma con accresciuto interesse non perché si pensi di mettere in discussione la solidità dell'Asse ma perché di fronte alla possibilità di un Anschluss a breve scadenza si vuole rafforzare la posizione dell'Italia nella speranza di indurre Berlino a tenere maggior conto degli interessi italiani.

Ogni tentativo del genere è superato dagli avvenimenti quando, il 12 marzo, Hitler realizza l' Anschluss: è il quarto avvenimento di spicco di questo periodo e senza dubbio il più importante per i riflessi che ha sulla situazione generale europea e ancor più sulla posizione dell'Italia.

La documentazione contenuta negli archivi di Palazzo Chigi conferma che il governo italiano resta completamente tagliato fuori dagli avvenimenti. Agli inizi della crisi, Schuschnigg comunica a Mussolini la sua intenzione di indire un plebiscito sull'indipendenza austriaca, Mussolini lo sconsiglia ma il Cancelliere austriaco non ne tiene conto; dopodiché non si rivolge più a Roma nella consapevolezza di non potervi trovare un appoggio. Da Berlino, poi, non si riesce ad ottenere nessuna informazione fino alla famosa lettera portata l'l l marzo dal principe d'Assia con cui Hitler informa Mussolini della sua decisione «ormai immutabile» di realizzare l' Anschluss. Da parte tedesca, del resto, è stato già chiarito in modo perentorio -lo ha fatto il generale Milch, legatissimo a Gi:iring, precisando che quella è la posizione del Fiihrer -che i rapporti tra Austria e Germania costituiscono un affare interno del mondo tedesco e che qualsiasi interferenza da parte di un altro Paese avrebbe significato la guerra.

Negli archivi di Palazzo Chigi non c'è nessun documento in cui venga tracciato un quadro complessivo delle conseguenze dell' Anschluss. Unica eccezione è un rapporto dell'addetto militare a Berlino, generale Marras, documento davvero notevole per l'acutezza delle osservazioni e per la coraggiosa chiarezza di linguaggio, in cui vengono esattamente indicati i prossimi obiettivi della Germania nazista -Cecoslovacchia, corridoio polacco, Memel -ed il modo in cui Hitler intende raggiungerli: l'apparato militare tedesco, avverte Marras, non è ancora pronto per affrontare una guerra mondiale ma è forte abbastanza per assicurare il successo di una politica basata sulla minaccia dell'uso della forza, tanto più efficace in quanto le condizioni interne della Francia e dell'Unione Sovietica fanno escludere un loro intervento. Per quanto concerne più direttamente l'Italia, conclude poi il generale, non c'è da fare molto assegnamento sulle assicurazioni contenute nella lettera di Hitler a Mussolini, per cui è il caso di rafforzare in modo permanente la difesa del Brennero per mettersi al riparo da un'azione militare dei tedeschi la cui strategia è basata sull'attacco fulmineo di sorpresa. Il documento è trasmesso a Roma da Attolico senza commenti; Ciano sicuramente lo legge (c'è la sua sigla); non si sa se è visto da Mussolini.

Intanto -primo riflesso concreto della contiguità territoriale tra i due Paesi dell'Asse -viene alla ribalta, in modo quasi drammatico, il problema dell'Alto Adige. Le manifestazioni irredentiste che al momento dell'ingresso in Austria delle truppe germaniche si hanno al di qua e al di là del Brennero colgono Roma di sorpresa, almeno per la loro intensità. La reazione, però, è immediata e si traduce in una serie di passi che per il loro tono energico impressionano i tedeschi e li inducono a prendere subito i provvedimenti richiesti. Quel che più conta, si fa strada a Berlino la convinzione che l'Asse può entrare in crisi se l'Italia non riceve dei solidi affidamenti circa il rispetto della frontiera del Brennero: è da qui che trae origine il cosiddetto «testamento spirituale» che Hitler enuncerà nel brindisi del 7 maggio a Palazzo Venezia ed è in questa occasione che per la prima volta viene avanzata -da parte tedesca -l'ipotesi di un trasferimento in massa della minoranza altoatesina. La vicenda è comunque nota da tempo agli studiosi, così come sono noti da tempo -almeno nel loro contenuto se non nel loro testo i documenti relativi.

Una frontiera comune con la Germania ha però anche la conseguenza di dare concretezza all'ipotesi di un'alleanza militare tra i due Paesi dell'Asse, una prospettiva che, stando al materiale contenuto negli archivi di Palazzo Chigi, non risulta peraltro sia stata allora presa in considerazione da parte italiana come sviluppo a breve termine: saranno i tedeschi a porre la questione sul tappeto nel maggio successivo in occasione del viaggio di Hitler in Italia.

Intanto, a preoccupare Palazzo Chigi vi è il fatto che, con l'acquisizione del territorio austriaco, la Germania viene ora a gravare direttamente sulla zona danubiano-balcanica ed è in grado di accentuare quella penetrazione politica ed economica che vi sta conducendo da anni e che per gli interessi italiani rappresenta una minaccia tanto più grave in quanto fino a questo momento non c'è stato uno scambio di vedute tra Roma e Berlino in vista di una delimitazione dei rispettivi interessi in quel settore.

Di fronte a questa situazione, Palazzo Chigi tenta di creare una linea di resistenza stringendo ulteriormente i rapporti con la Jugoslavia e con l'Ungheria. È la manovra più rilevante che la diplomazia italiana effettua come contromisura all' Anschluss. Ma con il III Reich ai propri confini Belgrado e Budapest sono indotte alla prudenza e d'altra parte la Germania condiziona pesantemente i due Paesi attraverso degli accordi economici che le danno la possibilità di mettere in crisi la loro economia. Quanto agli ungheresi, dapprima spaventati dalla vicinanza della Germania che temono voglia estendere la sua influenza verso Est per raggiungere i petroli romeni, mettono in seconda linea qualsiasi considerazione di fronte alla possibilità di una crisi tra Germania e Cecoslovacchia nella quale l'Ungheria possa inserirsi per realizzare, con l'aiuto tedesco, le sue rivendicazioni territoriali.

La manovra di Palazzo Chigi va dunque incontro a dei limiti obiettivi ma a renderla più difficile contribuisce anche un fatto di portata più generale, altra conseguenza e non certo secondaria deii'Anschluss: la perdita di credibilità e di prestigio subita dall'Italia, tanto più grave in quanto l'atteggiamento tenuto dal governo fascista viene paragonato all'energica difesa dell'indipendenza austriaca che l'Italia era stata in grado di fare nel 1934.

Proprio questo atteggiamento passivo di fronte all'Anschluss fa sorgere in tutte le capitali degli interrogativi che hanno una portata politica rilevante e sui quali le rappresentanze italiane naturalmente riferiscono con ampiezza. La tesi prevalente, soprattutto all'inizio, è che Mussolini sia stato preavvertito delle intenzioni tedesche ed abbia dato il suo assenso all'Anschluss ottenendo delle adeguate contropartite: l'Italia, secondo questa tesi, starebbe abbandonando le sue posizioni nell'Europa danubiana e balcanica per concentrare il suo dinamismo nel Mediterraneo e in Africa, ciò che presuppone un'accresciuta solidarietà tra Roma e Berlino basata su una ripartizione di obiettivi tra loro compatibili e comporta la prospettiva di nuove cns1 provocate questa volta da iniziative italiane da realizzarsi con l'appoggio tedesco. Ben presto, però, si fa strada anche l'idea che Mussolini abbia dovuto subire l'azione di Berlino: non una operazione concordata, dunque, ma una dimostrazione di debolezza dell'Italia che comunque potrebbe ugualmente portare ad una crisi, provocata sempre da Mussolini in questo caso per il desiderio di ristabilire il suo prestigio con qualche azione clamorosa.

Gli accordi italo-britannici del 16 aprile, i cosiddetti Patti di Pasqua, costituiscono l'ultimo ~ in ordine di tempo ~ degli avvenimenti di spicco di questo periodo. La documentazione qui pubblicata consente di seguire bene l'andamento del negoziato (più volte ricostruito dagli studiosi utilizzando prevalentemente le fonti britanniche) ma per una prima fase, che si chiude con le dimissioni di Eden, è necessario integrare la documentazione ufficiale con quanto risulta dalle carte dell'avvocato Dingli ~ largamente note agli studiosi ~ circa l'azione svolta dal «canale segreto» che era stato creato tra Chamberlain e l'ambasciatore Grandi attraverso il tesoriere del Partito conservatore, Joseph Bali, e lo stesso Dingli, legale dell'ambasciata d'Italia a Londra (una copia del diario Dingli è nell'archivio del ministero degli Esteri contenuto nelle Carte Grandi insieme ad altri documenti sulla vicenda). A quella documentazione si è quindi ritenuto opportuno fare riferimento quando essa integra in modo significativo quella ufficiale.

Ed è proprio attraverso il «canale segreto» che agli inizi di gennaio Chamberlain fa sapere all'ambasciatore Grandi di essere disponibile ad un accordo che comprenda anche una soluzione della questione etiopica. È una svolta che, da un lato, mette in piena evidenza il contrasto esistente tra la posizione di Chamberlain e quella del suo ministro degli Esteri e, dall'altro, apre la strada ad una trattativa fino a quel momento bloccata dalla doppia pregiudiziale enunciata da Eden nel dicembre precedente: che l'avvio delle conversazioni restava subordinato alla cessazione della propaganda anti-britannica condotta dall'Italia nei Paesi arabi e alla premessa che il riconoscimento de jure dell'Impero italiano non doveva essere oggetto delle trattative.

Un secondo momento importante si ha nei primi giorni di febbraio quando il Primo Ministro britannico, utilizzando come tramite la cognata, Lady Ivy, allora in viaggio in Italia, fa conoscere direttamente a Mussolini la sua disponibilità a negoziare (la risposta di Mussolini è pienamente positiva). Quasi contemporaneamente Eden, in un colloquio con Grandi, accantona la pregiudiziale della propaganda nei Paesi arabi e dichiara di considerare non impossibile, nel quadro di un accordo generale, il riconoscimento dell'Impero italiano, mentre indica come base per l'accordo una soluzione del problema spagnolo, cioè, in concreto, un'intesa per il ritiro dei volontari stranieri dalla Spagna. Da questo momento, il problema dei volontari più che nei dibattiti al Comitato di non intervento, va visto nel quadro delle trattative italo-britanniche.

Con le dimissioni di Eden, il 20 febbraio, il negoziato entra in una fase nuova, il «canale segreto» perde la sua importanza e le trattative possono essere seguite interamente sulla documentazione ufficiale. Su di esse, oltre ai promemoria redatti da Ciano dei suoi colloqui con l'ambasciatore Perth, che ne danno il filo conduttore, l'archivio italiano contiene ~ fatto inconsueto ~ diversi documenti «interni» preparati dagli uffici del Ministero o provenienti da altri dicasteri. Il loro interesse è notevole ed il confronto tra le posizioni che essi esprimono e l'atteggiamento tenuto da Ciano nella trattativa mette in evidenza quanto forte fosse da parte italiana il desiderio di arrivare ad un accordo, anche a costo di non tutelare interamente alcuni interessi. Occorre comunque tenere presente che anche in questo caso l'atteggiamento di Mussolini e di Ciano può essere stato influenzato -in misura non accertabile -dalle informazioni ricevute attraverso la spia che, come è noto, operava all'interno dell'ambasciata britannica e che con molta probabilità era in grado di trasmettere anche le istruzioni inviate dal Foreign Office a lord Perth per la condotta nelle trattative.

Di fronte a un susseguirsi di avvenimenti che scuote gli equilibri dell'Europa, la guerra di Spagna sembrerebbe perdere di importanza. In realtà, la documentazione qui pubblicata conferma che il conflitto spagnolo non cessa dall'influenzare pesantemente la politica europea e, a maggior ragione, quella italiana. In Spagna la situazione militare subisce, in questi mesi, dei mutamenti quasi drammatici. All'inizio dell'anno, le vittoriose operazioni dei governativi nel settore di Teruel inducono Franco a rinviare l'offensiva che è sul punto di sferrare contro Madrid e che anche a Roma è considerata praticamente risolutiva. La prospettiva di un ulteriore prolungamento del conflitto spagnolo provoca una crisi -meglio ricostruibile sulle carte dell'Ufficio Storico dello Stato Maggiore dell'Esercito italiano che attraverso la documentazione diplomatica -tanto grave da far prendere in considerazione il richiamo delle forze italiane. Ed è in questo momento che Londra indica il ritiro dei volontari dalla Spagna come il punto centrale di un eventuale accordo italo-britannico. La situazione si rovescia a marzo, quando Franco lancia l'offensiva in Aragona e ottiene successi così importanti da far ritenere che la vittoria dei nazionali sia non solo certa ma imminente: il riflesso sui negoziati italo-britannici è decisivo perché sulla base di questa previsione entrambe le parti considerano accettabile che il ritiro dei volontari abbia luogo solo a guerra finita e che venga rinviata a quel momento l'entrata in vigore degli accordi. La sorte dei Patti di Pasqua viene legata, così, alle vicende del conflitto spagnolo, mentre si apre un efficace spazio di manovra a chi, come la Francia, potrà avere interesse ad intralciare il riavvicinamento italo-britannico.

2. I documenti qui pubblicati provengono nella quasi totalità dall'Archivio Storico del ministero degli Affari Esteri e più precisamente dai seguenti fondi: raccolta dei telegrammi in partenza e in arrivo serie R. e P.R., compresi i telegrammi Gabinetto segreto non diramare; telegrammi Ufficio Spagna (che costituiscono una serie a sé); archivio di Gabinetto serie 1923-1943; archivio Affari Politici serie 1931-1945; archivi delle ambasciate ad Ankara, Berlino, Londra, Mosca, Parigi e presso la Santa Sede e della legazione a Vienna; archivio «De Felice» (Carte Grandi). Alcuni documenti sono stati poi tratti dall'archivio dell'Ufficio Storico dello Stato Maggiore dell'Esercito (come di consueto, in questo caso la loro provenienza è stata indicata in nota).

Le raccolte dei telegrammi presentano delle lacune piuttosto gravi. Mancano, infatti, per quanto concerne il periodo a cui si riferisce questo volume:

-il primo volume della raccolta telegrammi in arrivo serie R., comprendente i telegrammi con numero di protocollo da l a 700 (grosso modo quelli del mese di gennaio);

-il primo volume dei telegrammi circolari, relativo a tutto il primo semestre;

-il volume dei telegrammi serie P.R. con numero di protocollo da 2001 a 3000, concernente all'incirca il periodo 16 febbraio -6 marzo;

-la raccolta dei telegrammi, sia in arrivo che in partenza, divisi per Paese, che manca per tutto il 1938 (e che avrebbe consentito di ovviare a gran parte delle lacune della corrispondenza telegrafica).

Queste lacune si sono potute colmare solo in parte attraverso le copie dei telegrammi contenute nelle carte di Gabinetto e degli Affari Politici.

Ancora una volta, però, la maggiore lacuna -e non si tratta in questo caso di documenti andati perduti -è data dalla mancata redazione da parte di Ciano del verbale di un gran numero dei suoi colloqui: in questi casi si è rinviato, ogni volta che è apparso utile, ai corrispondenti documenti pubblicati nelle raccolte ufficiali degli altri Paesi. Restano, inoltre, estremamente scarsi i «documenti interni» (appunti dei funzionari, promemoria degli uffici, ecc.) che certo sarebbero stati di grande utilità per ricostruire il processo di formazione delle decisioni e per meglio individuare gli obiettivi che di volta in volta si intendeva raggiungere. Una notevole eccezione, come si è rilevato, è costituita dai «documenti interni», abbastanza numerosi, che si riferiscono alle trattative per i Patti di Pasqua e che naturalmente sono stati qui inseriti con larghezza. Un importante supporto è dato, poi, dalle annotazioni del Diario di Ciano; ad esse è stato fatto riferimento in nota quando sono in stretta relazione con i documenti pubblicati.

In questo volume, come già in quelli immediatamente precedenti, sono state riprodotte le sottolineature fatte sui documenti da Mussolini, qui indicate da una riga al di sotto delle parole, esattamente come nell'originale.

3. Il dott. Andrea Edoardo Visone, capo dell'Ufficio Studi del Servizio Storico e Documentazione, ha dato la sua preziosa collaborazione per la scelta archivistica di base. A lui si deve, inoltre, la redazione di gran parte dell'indice sommario. La dott. Ada Roberti ha svolto ulteriori ricerche nell'archivio del ministero degli Esteri, ha effettuato le ricerche negli archivi militari, ha completato l'indice sommario, redatto la tavola metodica e realizzato la messa a punto finale del volume per la pubblicazione. Il dott. Luca Micheletta ha condotto le ricerche nei fondi delle ambasciate e legazioni. La signora Fiorella Giordano ha curato le appendici, redatto l'indice dei nomi e tenuto con la consueta efficienza i rapporti con il Poligrafico dello Stato. A tutti esprimo il mio vivo ringraziamento per la valida e intelligente collaborazione.

GiANLUCA ANDRÉ

RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI

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MARTENS = Nouveau recueil général de traités et autres actes relatifs aux rapports de droit international, serie terza, Leipzig, Dieterich, poi altri, 1909-1969.

MUSSOLINI, Opera omnia = B. MUSSOLINI, Opera omnia, Firenze, La Fenice, 1951-1963, voli. 36.

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Relazioni Internazionali =Relazioni Internazionali. Settimanale politico, 1938, Milano, I.S.P.I., 1938.

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Trattati e convenzioni = Trattati e convenzioni fra l'Italia e gli altri Stati, Roma, Ministero degli Affari Esteri, 1872 e segg.

XVII

A.O.I.

c.a.

c.m.

C.T.V.

D. DD.

Ed.

E.V.

I.B.

per.

P.I.

p.v.

Q.G. - R. -

s.a.

S.d.N.

S.l.M.

S.M.

s.n.d. - T. -

u.s.

V.E.

V.S.

ELENCO DELLE ABBREVIAZIONI

= Africa Orientale Italiana

= corrente anno

= corrente mese

= Comando Truppe Volontarie

= documento

= documenti

= edito

= Eccellenza V ostra

= Intesa Balcanica

= pervenuto

= Piccola Intesa

= prossimo venturo

= Quartier Generale

= Regio

= scorso anno

= Società delle Nazioni

= Servizio Informazioni Militare

= Stato Maggiore

= segreto non diramare

= telegramma

= telespresso

= Ufficio Spagna

= ultimo scorso

= Vostra Eccellenza

= Vostra Signoria


DOCUMENTI
1
1

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, AGLI AMBASCIATORI IN CINA, CORA, E A TOKIO, AURITI, E ALL'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, MAGISTRATI

T. S.N.D. 2/c. R. 1 Roma, JO gennaio 1938, ore 24.

È venuto a vedermi questo ambasciatore di Germania il quale mi ha informato che Hirota ha fatto una nuova comunicazione al suo collega di Tokio 2 affinché venga portata a conoscenza di Chiang Kai-shek per il solito tramite.

In sostanza si tratta di un commento esplicativo della precedente proposta 3 . Secondo tale commento bisogna interpretare come segue i punti della proposta giapponese: punto l) riconoscimento del Manciukuò; punto 2) autonomia della Mongolia Interna; governo del Nord Cina con larghe facoltà di autonomia amministrativa ma sotto sovranità cinese; regime speciale non meglio definito per una zona di territorio intorno a Shanghai; punto 3) nessun commento; punto 4) risarcimento parziale spese di guerra; rimborso spese occupazione e indennizzo proprietà giapponesi distrutte.

Ho preso atto della comunicazione. Nel contempo ho informato von Hassell del fatto che l'ambasciatore di Germania in Cina 4, secondo quanto segnala la nostra ambasciata a Shanghai 5 , evita di mantenere con noi quell'indispensabile ed utile collegamento. Von Hassell ha assicurato che richiamerà l'attenzione del governo su questo fatto.

(Solo per Berlino) Se V.S. ne avrà l'opportunità ne faccia cenno a chi di ragione. (Per Tokio e Shanghai) Comunico quanto precede a V.E. per opportuna notizia ed eventuale controllo 6 .

2

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, AL MINISTRO A BUCAREST, SOLA

T. S.N.D. PERSONALE 9/1 R. Roma, 2 gennaio 1938, ore 23.

Non ho ancora avuto notizie da te circa la situazione che si è creata costì\ ma penso riceverne col primo corriere 2 . In base a queste mi farò un'idea delle

possibilità che si presentano per un più o meno prossimo futuro. Ma fin d'ora v'è una questione sulla quale richiamo la tua attenzione e che dovrebbe venir liquidata subito: il riconoscimento dell'Impero. Soluzione facilitata anche dal fatto che la legazione di Roma attende il titolare. Tale gesto darà un valore concreto ai telegrammi inviatici 3 i quali, altrimenti, non rappresenterebbero altro che una serie di belle parole. E, come tu sai, non è nel nostro costume politico di dar peso alle parole non seguite da atti costruttivi 4 .

l 1 Minuta autografa di Ciano.

l 2 Herbert von Dirksen.

l 3 Vedi serie ottava, vol. VII, D. 737.

l 4 Oskar Trautmann.

l 1 Vedi serie ottava, vol. VII, D. 761.

l 6 Per la risposta da Tokio si veda il D. IO.

2 1 Riferimento alle dimissioni del governo Tatarescu e alla formazione, il 29 dicembre precedente, del governo presieduto da Goga. 2 2 Sugli sviluppi della crisi romena e sulle sue conseguenze interne, il ministro Sola inviava, lo stesso 2 gennaio, un rapporto che, per quanto concerneva i possibili riflessi sulle relazioni tra Roma e Bucarest,

3

COLLOQUIO DEL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, CON L'AMBASCIATORE DI GRAN BRETAGNA A ROMA, PERTH

APPUNTO. Roma, 3 gennaio 1938.

È venuto a vedermi l'Ambasciatore di Gran Bretagna il quale mi ha detto che, in seguito al colloquio Eden-Grandi del 2 dicembre 2 ed alla comunicazione fatta da Crolla al Governo britannico il 23 dicembre3 , il suo Governo stava studiando la situazione. Poiché nella comunicazione Crolla si parlava di un regolamento totalitario delle relazioni fra la Gran Bretagna e l'Italia, inclusa quindi la questione del riconoscimento dell'Impero, il Governo britannico, che nella comunicazione fatta in ottobre da Drummond 4 non aveva fatto cenno a tale problema, deve attentamente esaminare una tale questione. Perth era incaricato di dirmi che il ritardo inglese nel farci conoscere il punto di vista era determinato non dal fatto di volere escludere tale argomento dalle eventuali conversazioni, ma dalla necessità di esaminare attentamente una tale possibilità. Ho risposto a Perth che prendevo atto della comunicazione che mi faceva e gli ho praticamente ripetuto quanto Crolla aveva detto a Eden circa la opportunità che un eventuale Accordo regoli tutte le questioni esistenti tra l'Italia e la Gran Bretagna senza lasciare zone d'ombra o motivi di sospetto.

Perth mi ha detto che per parte sua era interamente favorevole ad una soluzione totalitaria ma che, nell'attesa di ricevere maggiori istruzioni dal suo Governo, teneva a farci sapere che il silenzio britannico di questi ultimi tempi non voleva

così concludeva: «Nei nostri riguardi il governo di Goga ci dimostrerà simpatia e bene ha fatto la stampa italiana ad intonare le grandi antifone. Ciò aumenta l'irritazione di Londra e di Parigi e fa il nostro giuoco. Prevedo un'utile collaborazione con Goga ma prego anche Vostra Eccellenza tener presente ch'egli per sbarcare il lunario dovrà per un pezzo fare salamelecchi al Quai d'Orsay e al Foreign Office. Non dobbiamo scandalizzarci di questi gesti di riverenza ai vecchi idoli. Per ora la Romania ha del fascismo solo incerta e timorosa vaghezza. Ed anche quando la Romania sarà tutta fascista, si tratterà sempre di fascismo romeno. Questo non deve essere dimenticato» (rapporto 40/14 del 2 gennaio). Il documento, giunto a Roma il IO gennaio, ha il visto di Mussolini che ha sottolineato la frase qui messa in corsivo. 2 3 Il testo dei telegrammi scambiati il 31 dicembre tra Goga e Mussolini e tra Micescu e Ciano è in Relazioni Internazionali, p. 30.

affatto significare un cambiamento di programma circa l'eventualità di conversazioni con l'Italia e che non è nelle intenzioni britanniche di compiere inutili tentativi di «cloroformizzazione» 5 .

2 4 Per la risposta del ministro Sola si veda il D. 17.

3 1 Ed. in L'Europa verso la catastrofe, pp. 240-241.

3 2 Vedi serie ottava, vol. VII, D. 645.

3 1 Vedi ihid., D. 734.

3 4 Vedi ibid., D. 387.

4

L'INCARICATO D'AFFARI AD ANKARA, DE ASTIS, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. 13/6. Ankara, 3 gennaio 1938, (per. !'11 ).

La notizia della costituzione del nuovo Gabinetto Goga, avvenuta il 28 dicembre, è qui giunta assolutamente inattesa ed ha prodotto vivissimo allarme. Il governo turco ha avuto l'immediata e precisa sensazione che questo avvenimento, dopo la conclusione dei patti bulgaro-jugoslavo 1 e italo-jugoslavo 2 , poteva significare un ulteriore e forse definitivo indebolimento del sistema di alleanze balcanico-danubiane ed uno spostamento di equilibrio a vantaggio dell'asse Roma-Berlino. Aras, conversando con diversi capi missione che lo hanno intrattenuto in proposito, si è espresso, nonostante ogni migliore intenzione di mostrare dell'ottimismo, in termini che denotano sorpresa e riserva piena di preoccupazione. Egli si è, naturalmente, mostrato fiducioso che l'attuale Gabinetto persisterà nella linea di condotta politica finora adottata dalla Romania. Ha aggiunto peraltro che si doveva attendere lo sviluppo degli avvenimenti per esprimere un giudizio definitivo considerato che il Gabinetto Goga, il quale non ha base sufficientemente larga per considerarsi stabile, potrebbe segnare l'inizio di un periodo di incertezza e di inquietudine.

In effetti l'affermarsi in Romania di un regime antidemocratico, autoritario e razzista è un avvenimento che sconfina dal campo della politica interna per influenzare direttamente quello della politica estera. Dopo la Jugoslavia è la Romania che si sottrae a sistemi ormai superati per provvedere ai propri reali interessi con mezzi più rispondenti al nuovo clima politico europeo. L'Intesa Balcanica potrà rimanere nella sua forma esteriore ma darà vita, nel suo seno, alle nuove combinazioni comandate da realtà storiche, geografiche, economiche e politiche. La prossima riunione dell'Intesa Balcanica ad Ankara fornirà l'indice di questo processo evolutivo.

Per quanto riguarda la Turchia si può senz'altro prevedere che essa sarà portata a potenziare sempre più la linea di maggior resistenza greco-turca mentre, d'altro canto, essa seguirà con ogni possibile attenzione gli sviluppi che porteranno proba

Circa l'avvio di trattative per un accordo itala-britannico, lord Perth aveva un colloquio, il 5 gennaio, anche con Mussolini, durante un incontro fortuito al Teatro dell'Opera. Secondo il resoconto dell'ambasciatore britannico, Mussolini ribadì il concetto che occorreva giungere ad un accordo «totale», tanto più che a suo parere non esistevano dei veri contrasti di interessi tra i due Paesi (vedi BD, serie seconda, vol. XIX, D. 412). Si veda in proposito anche l'annotazione contenuta nel Diario di Ciano alla data corrispondente.

bilmente ad un nuovo equilibrio di forze, per fissare l'indice della propria politica in quella posizione, rispetto a Roma e Londra, che meglio possa garantirla.

La stampa, che nei primi giorni si era limitata a riprodurre i vari telegrammi da Bucarest sotto titoli sensazionali che parlavano di colpo di stato, di instaurazione di dittatura, di costituzione di governo fascista, di probabile rottura delle relazioni romeno-sovietiche, ecc., ecc., ha pubblicato in questi giorni qualche articolo di commento in cui i timori per le eventuali conseguenze e l'avversione per i regimi autoritari hanno una netta prevalenza sulle speranze riposte nella fedeltà romena agli antichi impegni. Sintomo questo dell'asserita incertezza della situazione, cui accennava Aras.

3 5 Il documento ha il visto di Mussolini. Come risulta dal T. 44 R. dell'8 gennaio per Berlino (non pubblicato), Ciano mise al corrente l'ambasciatore tedesco, von Hassell, del contenuto di questo colloquio.

4 1 Trattato di amicizia tra Bulgaria e Jugoslavia del24 gennaio 1937 (MARTENS, vol. XXXIII, p. 647).

4 2 Trattato di amicizia tra Italia e Jugoslavia del25 marzo 1937 (testo in serie ottava, vol. VI, D. 340).

5

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, ALLE AMBASCIATE A BUENOS AIRES, RIO DE JANEIRO E SANTIAGO E ALLE LEGAZIONI A BOGOTÀ, CARACAS, GUATEMALA, LA PAZ, LIMA, MONTEVIDEO, QUITO E S. JOSÈ

T. 12/c. R. Roma, 4 gennaio 1938, ore 4.

Momento attuale nel quale lo spirito e gli ideali del fascismo vanno sempre più vigorosamente diffondendosi ed affermandosi nel mondo intero appare particolarmente propizio ad una intensificazione della nostra propaganda in America latina. V.E. (V.S.) pertanto vorrà esaminare con cura quali possibilità presenta in tal senso l'ambiente di codesta Repubblica e farmi tutte le proposte e tutti i suggerimenti concreti che le sembreranno appropriati allo scopo.

6

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, AI MINISTRI A BUDAPEST, VINCI, E A VIENNA, GHIGI

T. PER CORRIERE 24 R. Roma, 4 gennaio 1938.

Ho fatto comunicare a questi ministri d'Austria e d'Ungheria che sarebbe stato opportuno che l'imminente riunione dei tre Stati a Budapest oltre che a fare il consueto «giro d'orizzonte», fissasse la propria attenzione su taluni punti d'interesse preciso e diretto pei tre Stati. Tali punti potrebbero essere i seguenti: asse Roma-Berlino; Patto Anticomintern; situazione del governo di Franco; Società delle Nazioni.

Ho fatto altresì rimettere ai due ministri il progetto di una «Dichiarazione comune», che le trasmetto con altro telegramma odierno per corriere 1, nella quale è indicato quello che al riguardo devo ritenere sia il punto di vista austriaco e ungherese più il punto di vista italiano.

Come la S.V. rileverà da tale progetto, non si tratta di chiedere, né all'Austria, né all'Ungheria di aderire all'asse Roma-Berlino o al Patto Anticomintern e nemmeno di uscire dalla Società delle Nazioni: si vuole semplicemente indicare quella che è da presumere sia la posizione austriaca ed ungherese di fronte a queste tre questioni nel quadro dei rapporti dei due Paesi coll'Italia e la Germania. Quanto a Franco, si tratterebbe di fare un passo innanzi, passando dal riconoscimento «di fatto» al riconoscimento formale del governo nazionale. Sia il paragrafo relativo al riconoscimento di Franco, come quelli relativi alle tre questioni, trovano nella loro formulazione, per quanto possibile, spiegazione del loro contenuto.

Prego la S.V. di voler parlare costì in relazione a quanto precede, rimettendo copia del progetto di «Dichiarazione comune» e facendo presente che occorrerebbe, per evidenti ragioni, conoscere possibilmente le osservazioni di codesto governo in tempo utile per la definizione del documento prima della mia partenza da Roma fissata, com'è noto, per 1'8 corrente.

Ho pensato a una «Dichiarazione comune» pubblica, firmata, perché mi pare che essa risponda meglio allo scopo che non il solito comunicato. La riunione di Budapest per le questioni su cui i rappresentanti dei tre governi porterebbero la loro attenzione, costituirebbe oltretutto l'occasione di una manifestazione di vitalità politica da parte dell'Austria e dell'Ungheria, di cui i due governi austriaco ed ungherese non dovrebbero che rallegrarsi.

Nel preambolo è omesso il «Presidente del Consiglio ungherese»; ma se, come presumo, la riunione avendo luogo a Budapest ed essendo presente il Cancelliere Schuschnigg, egli vi partecipi, io non potrei che esserne lieto ed il suo nome figurerebbe allora nel preambolo.

6 1 Vedi D. 7.

7

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO AI MINISTRI A BUDAPEST, VINCI, E A VIENNA, GHIGI

T. PER CORRIERE 23 R. Roma, 4 gennaio 1938.

Mio telegramma odierno relativo incontro di Budapest 1•

Unisco progetto della dichiarazione comune.

ALLEGATO

PROGETTO ITALIANO DI DICHIARAZIONE COMUNE

l) Il Ministro degli Affari Esteri d'Italia Conte Ciano, il Cancelliere Federale d'Austria Schuschnigg, il Segretario di Stato per gli Affari Esteri d'Austria Schmidt ed il Ministro degli Esteri di Ungheria De Kanya, hanno proceduto, a Budapest nei giorni IO, Il e 12 gennaio 1938, ad una consultazione comune in conformità dei Protocolli di Roma del 17 marzo 1934.

2) I Rappresentanti dell'Austria e dell'Ungheria hanno espresso la loro piena solidarietà con gli obiettivi di pace e di ricostruzione dell'asse Roma-Berlino con particolare riguardo ai problemi del Bacino Danubiano; e si sono trovati concordi col Rappresentante dell'Italia nel voler continuare a svolgere in questo senso la loro azione politica. I tre Governi intensificheranno la cordiale, comune collaborazione nello spirito dei Protocolli di Roma, dell'Accordo austro-tedesco del luglio 1936 e dei varii Accordi bilaterali esistenti tra di essi, accordi di cui hanno constatato una volta di più i favorevoli risultati e le possibilità di utili sviluppi nel campo politico ed economico anche nei confronti di altri Stati danubiani.

3) I Rappresentanti dell'Austria e dell'Ungheria hanno confermato la loro netta opposizione al comunismo ed hanno espresso la loro piena simpatia per le alte finalità a cui si ispira il Patto Anticomintern itala-tedesco-giapponese. I tre Governi rafforzeranno la loro azione diretta alla salvaguardia dell'ordine e della civiltà contro la minaccia comunista in tutti i suoi aspetti.

4) I Rappresentanti dell'Austria e dell'Ungheria hanno comunicato al Rappresentante dell'Italia la loro decisione di procedere al riconoscimento formale del Governo del Generalissimo Franco come unico Governo legittimo della Spagna e di tutti i suoi Possedimenti e Colonie. I Rappresentanti dei tre Governi ritengono che tale decisione rappresenti un contributo positivo alla normalizzazione dei rapporti fra la Spagna e le altre Nazioni e alla pacificazione in Europa.

5) I Rappresentanti dell'Austria e dell'Ungheria hanno constatato che, col ritiro dell'Italia dalla Società delle Nazioni, e con la successiva dichiarazione tedesca che un ritorno della Germania a Ginevra non sarà mai più preso in considerazione, si è venuta a creare una situazione nuova, nella quale risulta ancora più evidente come alla Società delle Nazioni manchino le condizioni indispensabili per lo svolgimento di una proficua attività internazionale. I Rappresentanti dei tre Governi hanno confermato il comune, fermo proposito, di collaborare attivamente con tutti gli Stati civili nell'interesse della pace e della ricostruzione e per una migliore intesa tra le Nazioni.

Budapest, li 12 gennaio 1938-XVI.

7 1 Vedi D. 6.

8

L'AMBASCIATORE A SALAMANCA, VIOLA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 153/06 R. Salamanca, 4 gennaio 1938 (per. l'll).

Nel mio colloquio di ieri con Franco l'ho felicitato pei risultati della battaglia di Teruel 1 ed egli a sua volta ha tenuto porre in rilievo il contributo dato al successo dalla nostra artiglieria.

La conversazione mi ha fornito lo spunto per osservargli che l'attacco nemico a detta degli stessi spagnoli aveva rilevato nei Rossi spirito combattivo, larghezza di mezzi e organizzazione di comando, il che se aumentava il valore della vittoria nazionale stava a dimostrare che il nemico era ancora lontano dal collasso. Ho quindi insistito sui seguenti concetti:

la soluzione della guerra non poteva essere determinata che da una decisiva vittoria militare;

sul tracollo morale politico e alimentare delle retrovie rosse non potevasi contare finché non si delineasse una decisione sul terreno militare. Esercito rosso

veniva vettovagliato a costo di sacrificare le popolazioni ed esso obbediva a una minoranza politica decisa a resistere per salvarsi. Popolazioni, appunto perché stremate, non avevano né mezzi né forza morale per insorgere se non galvanizzate da una grande vittoria nazionale;

non era il caso di contare sul valore riconoscimenti diplomatici del tipo inglese che sono tuttavia pochi stentati e incompleti e non hanno aggiunto apprezzabile apporto politico alla posizione internazionale del governo di Salamanca;

assolutamente inutile poi farsi illusioni su atteggiamento Inghilterra e Francia le quali non possono desiderare vittoria nazionale o quanto meno, non potendo impedirla, hanno interesse a che essa sia ottenuta a prezzo di lunga e logorante lotta onde trovare poi una Spagna prostrata e bisognosa del loro appoggio.

Franco ha convenuto su queste considerazioni. Circa situazione retrovie rosse ha tenuto però a ripetermi che quotidiane informazioni che gli pervengono dalla zona nemica anche attraverso viva voce di profughi segnano un ritmo sempre crescente nel senso di una prossima catastrofe dei Rossi. Sono accertati soprattutto completo esaurimento delle riserve auree e mancanza grano, carbone e ferro. Gli effetti tangibili dovrebbero farsi sentire prima della fine dell'inverno. Mi ha assicurato che la quinta colonna è sempre efficiente e si mantiene in costante collegamento col governo nazionale.

A proposito del cosidetto riconoscimento inglese, ho trovato Franco anche più scettico e deluso della volta precedente. Non gli sfugge l'atteggiamento poco benevolo di quel governo e specialmente del sig. Eden verso la causa nazionale, nonché il tono generalmente ostile della stampa britannica confermato anche recentemente dai resoconti che essa ha dato circa battaglia Teruel, compiacendosi apertamente dell'iniziale successo rosso nonché da pubblicazioni su pretese repressioni e fucilazioni in massa ordinate da Franco a Bilbao e nelle Asturie.

Generalissimo mi ha riferito risultargli da fonte fiduciaria inglese che Inghilterra avrebbe fatto sapere in Portogallo e in Grecia, cioè nei Paesi secondari a regime autoritario tendenzialmente disposti a seguire atteggiamento italo-tedesco, che riconoscimento de jure di Franco alla stessa stregua che accessione all'asse Roma-Berlino e al Patto anticomunista, sarebbe oggi interpretato come indice di orientamento anti-britannico.

Quanto alla Francia, Franco non solo non nutre illusioni ma si esprime in termini di risentimento e di disprezzo dai quali non vanno esenti, ma sono anzi particolarmente prese di mira, le destre francesi.

8 1 Si riferisce ai successi iniziali della controffensiva iniziata il 29 dicembre dalle forze nazionali.

9

L'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, MAGISTRATI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. SEGRETO 55/15. Berlino, 4 gennaio 1938 (per. il 6).

Da fonte fiduciaria mi pervengono le informazioni che qui appresso ad ogni buon fine trascrivo: «Si viene a sapere da Londra che le negoziazioni segretissime condotte dalle Autorità militari britanniche ed americane sono approdate ad un accordo confi

denziale che prevede una stretta coordinazione e collaborazione. Lo Stato maggiore generale francese è stato messo al corrente dei punti principali di tale accordo» 1•

10

L'AMBASCIATORE A TOKIO, AURITI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S.N.D. 59/3 R. Tokio. 5 gennaio 1938, ore 1,50 (per. ore 22,10 del 6).

Telegramma di V.E. n. 2/c. 1 e 322 2 .

Hirota aveva fatto anche a me comunicazioni «esplicite» corrispondenti a quelle fatte all'ambasciatore di Germania. Le ho riferite nei miei telegrammi n. 666-667-668 3 .

Omise solo qualche particolare minore del punto 4° (quali le spese per occupazione e distruzione proprietà giapponesi in Cina). Tale prospettiva è compresa, in senso generale, nel concetto del risarcimento delle spese di guerra.

Non mi ha fatto invece finora alcun accenno agli argomenti di cui von Mackensen ha parlato col R. ambasciatore a Berlino 4 ed in particolare alla conclusione di un eventuale armistizio, in caso di risposta affermativa cinese. D'altra parte, un cauto assaggio su questo punto fatto presso addetto militare tedesco\ ha avuto per risultato la netta dichiarazione di questo (che ritengo sincero) di ignorare del tutto la cosa e di ritenere del resto che un tentativo di pace è, in questo momento, destinato a fallire. Ciò consente supposizione che l'idea d'un armistizio piuttosto che dei giapponesi sarebbe dei tedeschi e forse suggerita dall'ambasciata Germania in Cina, della quale è chiara ormai la tendenza a frenare la spinta giapponese e affrettare in tutti modi termine del conflitto. Per quanto sono in grado giudicare fino ad ora da vari elementi e notizie, nonché da quanto mi viene segnalato da Shanghai (telegramma n. 4)c' che stampa cinese aveva pubblicato, con provenienza da Mosca, notizie relative proposte giapponesi, credo opportuno informare I'E.V. essere qui opinione, anche degli ambienti ufficiali, che Chiang Kai-shek o suoi consiglieri tengono costantemente e minutamente informati i sovieti di ogni questione relativa al conflitto.

IO 1 Vedi D. l.

IO 2 Vedi serie ottava, vol. VII, D. 740.

IO 3 Vedi ihid., D. 737.

IO 4 Vedi ibid., D. 752. Il colloquio aveva avuto luogo tra von Mackensen ed il consigliere Magistrati.

IO 5 Eugen Ott.

IO~> T. 25/4 R. del 3 gennaio. L'ambasciatore Cora vi riferiva che la stampa cinese aveva pubblicato un telegramma proveniente da Mosca in cui erano contenute le proposte di pace giapponesi. L'ambasciatore avanzava l'ipotesi che l'indiscrezione fosse nata dalla decifrazione di qualche telegramma da parte dei sovietici.

lO

9 1 Il documento ha il visto di Mussolini. Il contenuto di questo telespresso era comunicato all'ambasciata a Washington con T. 34/6 R. dell'8 gennaio perché provvedesse a dare la maggiore possibile diffusione della notizia negli ambienti pacifisti nordamericani.

11

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, CROLLA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. RISERVATO .../4 1 . Londra, 5 gennaio 1938.

Oggi ho veduto Ingram il quale dirige l'ufficio del Foreign Office che si occupa dell'Europa Meridionale, e quindi anche dei rapporti italo-inglesi. Egli mi ha messo al corrente del passo che lord Perth ha fatto ieri presso V.E. 2 a seguito della mia comunicazione del 23 dicembre u.s. a Eden (vedi mio telegramma 910) 3 . Io ho fatto osservare a Ingram che questa stampa ha dato questa mattina (vedi mio fonogramma n. 5) una interpretazione tendenziosa e falsa del passo di Perth mettendolo in diretta relazione con la famosa questione della propaganda: i giornali più autorevoli pretendendo che l'iniziativa fosse dovuta al governo fascista, il Daily Herald parlando invece di una nuova ferma protesta dell'ambasciatore inglese a Roma in relazione all'attività della Radio-Bari. Soltanto l'agenzia Reuter da Roma dava una versione la quale, pur essendo incompleta e inesatta, era tuttavia non troppo travisata. Ingram, pur deplorando questa presentazione falsa della verità da parte dei giornali e pur non volendo in alcun modo ammettere che essa fosse dovuta a una ispirazione deliberata del governo, mi ha lasciato capire in modo indiretto che l'atmosfera attuale in questo Paese rendeva purtroppo necessario al Foreign Office velare con grande cautela qualsiasi sua azione verso un riavvicinamento con l'Italia. Gli ho risposto che il governo inglese, il quale aveva alimentato il formarsi di una simile atmosfera velenosa, è il primo ad essere responsabile di quelle difficoltà di opinione pubblica che imbarazzano oggi ogni amichevole proposito da parte inglese nei riguardi del governo italiano.

12

IL MINISTRO A VIENNA, GHIGI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 104/01 R. Vienna, 5 gennaio 1938 (per. 1'8).

Telegramma per corriere di V.E. n. 24 R. del 4 c.m. 1

Come ho riferito telefonicamente, ho rimesso oggi alle 17 a questo Cancelliere federale progetto dichiarazione comune inviatomi con telegramma per corriere n. 23 del 4 c.m. 2 Cancelliere mi ha detto essere in massima d'accordo circa

Il 1 Manca su questa copia del documento il numero di protocollo di arrivo e l'indicazione dell'ora di partenza e di arrivo.

Il Vedi D. 3.

Il 3 Vedi serie ottava, vol. VII, D. 734.

idea della dichiarazione comune e sui punti da includere nella stessa, e si è riservato farmi pervenire per venerdì verso le tredici sue osservazioni e controproposte come formulazione dei punti stessi. È mia impressione che tali controproposte tendevano soprattutto a modificare redazione punto quarto ed attenuare portata punto quinto, circa il quale Cancelliere mi ha ripetuto note considerazioni su situazione Austria verso Lega ginevrina e necessità riguardi almeno formali da parte governo Vienna.

Ho detto al Cancelliere che non vedevo in verità ragione perché questo governo unito a noi da Protocolli Romani e a Berlino da Accordo Il luglio non possa constatare evidente verità e cioè che senza noi e senza Berlino mancano a Lega Nazioni «condizioni indispensabili per svolgimento proficua attività internazionale».

12 1 Vedi D. 6.

12 2 Vedi D. 7.

13

IL MINISTRO A BUDAPEST, VINCI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE l 07/02 R. Budapest, 5 gennaio 1938 (per. !'8).

Telegrammi di V.E. n. 23 e 24 per corriere in data 4 gennaio 1• Ho consegnato oggi stesso al ministro degli Affari Esteri il testo del progetto di «dichiarazione comune» illustrandogli i vari punti secondo le istruzioni dell'E.V. Kanya mi ha detto che mi avrebbe fatto conoscere le osservazioni entro posdomani mattina 7 corrente.

Ha letto con me il testo e mi ha detto in linea generale che il governo ungherese conveniva in linea di massima sui principi esposti nei vari punti, benché occorresse tener conto che è più difficile per una piccola Potenza usare un linguaggio troppo netto.

Nel corso della conversazione, benché Kanya si sia riservato ogni decisione, mi ha detto che il governo ungherese, quanto al punto 4, è disposto a procedere al riconoscimento del governo di Franco, ma non crede poterne fare subito oggetto di una dichiarazione in proposito, data la preoccupazione di regolare prima la situazione di alcuni interessi ungheresi e specialmente la sorte di alcuni spagnoli che sono tuttora rifugiati nella sede della legazione ungherese a Madrid.

Circa il punto 5, ho potuto comprendere, anche da una conversazione avuta più tardi col capo di Gabinetto, che Kanya intenderà proporre una formula secondo la quale l'Ungheria riconosce l'importanza dell'uscita dell'Italia dalla S.d.N ., per cui si è creata una situazione nuova che impone la necessità di una riforma della Società stessa.

Kanya propenderebbe a fare un comunicato piuttosto che una «dichiarazione» firmata ma non si è espresso esplicitamente in proposito.

13 Vedi DD. 7 e 6.

Comunque, mi riservo di trasmettere all'E.V: le osservazioni del ministro degli Affari Esteri appena me le avrà comunicate 2 .

14

L'AMBASCIATORE A SALAMANCA, VIOLA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 154/03 R. Salamanca, 5 gennaio 1938 (per. l'Il).

Telegrammi di V.E. per corriere n. 20158 1 e 20309 2 del21 e 23 dicembre scorso.

Non ho mancato intrattenere Generalissimo nei riguardi nomina rappresentante a Lisbona. Franco ha messo in rilievo sua amicizia personale con Salazar col quale teneva sempre contatto. Egli ha aggiunto che designazione sarebbe già stata fatta, ma trattandosi di persona designata altresì ad entrare nel Gabinetto (mio telegramma n. l del 3 corrente)\ non è stato dato corso allo scopo evitare richiamo dopo pochi giorni.

Governo Nazionale non dispone del resto di molte persone del rango voluto dalla reciprocità nei riguardi del Portogallo. Franco è al corrente dei sentimenti di Amoedo e non intende in alcun modo di spingere le cose più in là, non volendo assolutamente giungere ad uno stato di freddezza col Portogallo. Franco ha confermato (mio telegramma n. 795 del 10 dicembre scorso) 4 suo scontento per nomina agente portoghese che ha, secondo suo avviso, messo punti sugli «i» circa mancanza volontà portoghese di riconoscimento; egli stesso diede ordine stampa non parlame, limitandosi riproduzione comunicato portoghese. Franco ha aggiunto che ministro portoghese a Tangeri 5 non aveva compreso bene suo incarico, comunque sua azione ha dato luogo equivoco nel senso che Generalissimo credeva al prossimo invio di una alta personalità politica in missione per combinare riconoscimento ed ha approvato proposta senza rendersi conto che l'altro accennava a una missione duratura.

Franco ha aggiunto che, qualora V.E. lo ritenesse opportuno, il suo pensiero, quale egli me lo aveva esposto, poteva essere confidenzialmente portato a conoscenza di Salazar.

Franco mi ha detto inoltre che sue informazioni, avute da agente anglospagnolo a Londra, che non è il duca d'Alba (sarebbe interessante controllo al riguardo per tramite R. ambasciata a Londra), gli confermano che Gran Bretagna ha fortemente influito su Lisbona come su altri piccoli Stati (Grecia, ecc.) nel senso di far loro considerare asse Roma-Berlino, Patto anticomunista e riconoscimento Franco, come unico sistema e come diretta non contro comunismo ma contro stessa Gran Bretagna eventuale adesione a tale sistema.

14 .i Gastao de Santiago Barjona Freitas.

13 2 Vedi D. 20.

14 1 Vedi serie ottava, vol. VII, D. 728, nota l, dove il documento è indicato con la data, errata, del 14 dicembre.

14 2 Vedi ibid., nota 4.

14 3 N o n rintracciato.

14 4 Vedi serie ottava, vol. VII, D. 728, nota 2.

15

COLLOQUIO DEL CAPO DEL GOVERNO, MUSSOLINI, CON IL CONTE BETHLEN

VERBALE. Roma, 5 gennaio 1938.

Il conte Bethlen in una conversazione avuta col Duce gli ha espresso la sua convinzione che in caso di conflitto tra l'Italia e l'Inghilterra, l'Inghilterra correrebbe un rischio gravissimo data le sua inferiorità di armamenti.

Nei confronti dell'Austria, Bethlen ha detto che 1'80 per cento della popolazione è nazista ed il resto è favorevole all'Anschluss. Ciò aumenta la istintiva diffidenza degli ungheresi nei confronti della Germania, tanto più che l'atteggiamento tedesco nei riguardi delle minoranze germaniche in Ungheria non è affatto simpatico. Gli ungheresi temono che l'andata al potere di Goga possa costituire l'inizio di una nuova Piccola Intesa con perno su Berlino anziché su Parigi. Cosa che ancor maggiormente preoccupa i magiari dato che la Germania ha fatto delle dichiarazioni antirevisioniste nei confronti dell'Ungheria, dichiarazioni che non sono ancora state smentite. Bisogna aggiungere che i giornali tedeschi che escono nella Transilvania sono nettamente antimagiari. D'altra parte, gli ungheresi non sono affatto sicuri dell'atteggiamento revisionista germanico in loro favore nemmeno nei confronti della Cecoslovacchia. L'unica possibilità politica dell'Ungheria è l'Italia.

Il Duce ha detto che l'accordo fatto dall'Italia con la Jugoslavia 2 è molto favorevole all'Ungheria, perché a Belgrado si sa chiaramente che noi non permetteremmo ai serbi di attaccare l'Ungheria in difesa della Cecoslovacchia. Ciò è del resto molto improbabile perché Stoiadinovié è scettico sulla vitalità della Cecoslovacchia che egli stesso ha definito uno Stato salsiccia.

Il conte Bethlen ha ammesso che, dei tre Stati della Piccola Intesa, la Jugoslavia è il più corrente nelle trattative.

Il Duce ha confermato a Bethlen che noi non faremo niente con la Romania senza l'approvazione preventiva di Budapest, ciò vuoi dire senza un previo accordo magiaro-romeno, accordo sul trattamento delle minoranze.

Bethlen ritiene che un Protocollo simile a quello polacco-germanico 3 sarebbe soddisfacente. Egli desidererebbe però che una dichiarazione analoga a quella fattagli dal Duce venisse fatta anche dalla Germania a favore dell'Ungheria. Per quanto concerne la Cecoslovacchia, il conte Bethlen ha detto che gli ungheresi considerano impossibile un accordo dato che ritengono pregiudiziale di portare le loro frontiere ai Carpazi per congiungersi con la Polonia e meglio contenere la pressione tedesca.

Il Duce ha detto a Bethlen che un eventuale conflitto tra l'Italia e la Gran Bretagna scatenerebbe la pressione tedesca nell'Europa Centrale e tutto l'equilibrio danubiano ne sarebbe alterato.

A quanto risulta da un'annotazione del suo Diario in data 5 gennaio, Ciano redasse questo verbale sulla base di quanto gli aveva riferito Mussolini che la sera precedente aveva incontrato il conte Bethlen a teatro.

15 1 Ed. in L'Europa verso la catastrofe, pp. 241-242.

15 2 Riferimento agli accordi di Belgrado del 25 marzo 1937 (vedi D. 4, nota 2). 15 3 Riferimento alla dichiarazione tedesco-polacca per le minoranze del 5 novembre 1937 (in DDT, vol. V, D. 18).

16

IL DIRETTORE GENERALE DEGLI AFFARI TRANSOCEANICI, GRAZZI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

APPUNTO. Roma, 5 gennaio 1938.

Si riassume qui appresso lo stato dell'attuale situazione politica in Brasile, quale risulterebbe da informazioni fiduciarie pervenute alla Direzione Generale Affari Transoceanici:

A Getulio Vargas è riconosciuta da amici e da avversari una capacità politica di primissimo ordine. I Comandanti dell'Esercito e della Marina, che hanno apertamente suggerito e patrocinato il recente rivolgimento politico, si erano assicurati l'appoggio dell'Integralismo, unico partito a base nazionale.

La nuova costituzione, sciogliendo tutti i partiti tranne quelli a base nazionale, risparmiava evidentemente I'Integralismo. Tuttavia questo venne sciolto al pari degli altri.

Praticamente il Presidente della Repubblica domina oggi incontrastato, ma piuttosto sul vuoto che sopra un corpo politico organizzato come espressione del Paese. In queste condizioni la costituzione improntata ai principi del Fascismo non può servire di base ad un sistema Fascista.

Lo stesso Presidente, del resto, in molte occasioni ha fatto affermazioni che escludono da parte sua un atteggiamento fascista o filofascista.

I giornali hanno pubblicato il 19 dicembre che, nel Rio Grande do Sul, sono state disciolte le organizzazioni naziste e vietato in pubblico l'uso del distintivo nazista. Si parla di prossime misure del genere contro le organizzazioni fasciste.

Del pensiero nazionalista che indubbiamente anima il nuovo Regime potrebbe conservare efficacia sopratutto quanto ha carattere di difesa, quasi di xenofobia, come le misure per la nazionalizzazione delle assicurazioni, banche, concessioni minerarie ecc.

Bisogna aggiungere che la campagna per il Panamericanismo mossa da Washington mostra una incredibile gelosia per qualunque manifestazione sudamericana possa implicare simpatia o semplice contatto con l'Europa Mediterranea e gli ideali politici che oggi vi predominano.

17

IL MINISTRO A BUCAREST, SOLA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S.N.D. PERSONALE 55/3 R. Bucarest, 6 gennaio 1938, ore 0,50 (per. ore 4 ).

Rispondo al telegramma personale del 3 corrente 1 .

Fin dal primo giorno della costituzione del nuovo governo ho deciso di attac

care la questione dei rapporti italo-romeni ed ho avuto numerosi colloqui col

ministro degli Affari Esteri e col Presidente del Consiglio. Le belle parole non mi

è stato difficile di farle telegrafare 2• Ma spingere questi signori sulla via dei fatti

non è stata agevole impresa e solo stamane, dopo penose pressioni che ho dovuto

far giungere sino al Sovrano, sono riuscito a conseguire la comunicazione ufficiale

che trasmetto col telegramma n. 2 l.

Con vari rapporti per corriere ho già illustrato come nuovo governo sia di

ispirazione extra-parlamentare (ma non troppo), autoritario (ma non troppo),

fascistizzante (ma non troppo), antisemita (ma non troppo). Sovrano ha scelto la

formula Goga sotto impressione di panico, avendo avuto sentore che un grave

movimento di malcontento si formava nell'Esercito: scelta di Goga è arrivata di

sorpresa per tutti, soprattutto per il nuovo Primo Ministro impressionato di af

frontare una vasta opera e costretto ad una azione antisemita che spinta ad oltranza

sconvolgerà economia del Paese.

Nei riguardi nostri, il governo è animato dalle più amichevoli intenzioni:

mi risulta che intanto esso avrebbe voluto traccheggiare circa l'Impero per non

dare esca alla pessima impressione che il governo ha prodotto a Parigi, a Londra

ed a Ginevra.

Nuovo governo ha fatto di tutto per ritardare l'annunzio della nomina del nuovo rappresentante a Roma. Nella impossibilità di fare subito procedere alla scelta del nuovo ministro e di conseguire quindi richiesta del gradimento, ho strappato stamane la notifica ufficiale della decisione di nomina del nuovo rappresentante a Roma con credenziali indirizzate al Re-Imperatore e soprattutto autorizzazione a rendere la cosa di pubblica ragione mediante un comu. nicato ufficiale, ciò che impegna pubblicamente Romania davanti a tutte le

Cancellerie.

Vi è qua un grave malumore per l'atteggiamento della stampa governativa

francese, malumore che ho naturalmente sfruttato. Molto entusiasmo suscita invece

l'atteggiamento della nostra stampa e molta impressione hanno fatto le parole del

Duce al pellegrinaggio romeno 4•

Tutto ciò mi ha non poco servito nella mia azione in questi giorni.

Però il Sovrano vive sotto l'incubo di Londra che vuole tenersi amica per il

. . .

suo prossimo viaggio.

Il governo inglese ha non poco interferito per ritardare la nomina del ministro

di Romania a Roma.

Sulla vitalità del nuovo governo non posso pronunciarmi: confermo peraltro

quanto ho detto con mio telegramma n. 281 del 28 dicembre scorso S. che è senza

dubbio nostro interesse mostrare che con l'avvento di Goga l'Italia ed il fascismo

guadagnano terreno in Romania anche perché si sta producendo una vera crisi di

isterismo a Parigi, i cui errori fanno il nostro giuoco.

(vedi B. MussoLINI, Opera Omnia, vol. XXIX, p. 46).

17 1 Vedi D. 2, che è del 2 gennaio.

17 2 Vedi D. 2, nota 3.

17 3 Non rintracciato.

17 4 Riferimento al discorso rivolto da M ussolini ai rappresentanti di 1.500 romeni in visita a Roma

17 1 Vedi serie ottava, vol. VII, D. 756, nota 3.

18

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, CROLLA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. 159/76. Londra, 6 gennaio 1938 (per. il 10).

I risultati del viaggio di Delbos alle capitali centro-europee 1 , sebbene presentati al gran pubblico nella forma più favorevole, non avevano suscitato soverchie illusioni nei circoli responsabili inglesi.

L'atteggiamento evasivo della Polonia e le sue esplicite riserve nei riguardi della S.d.N.; il tepore di Belgrado e la constatazione dell'affermarsi di un nuovo indirizzo nella politica estera jugoslava, erano stati registrati, soppesati ed iscritti tacitamente al passivo nel bilancio delle escursioni del ministro degli Esteri francese. D'altra parte, però, le accoglienze fatte a Delbos a Praga ed a Bucarest erano sembrate a Londra aver ristabilito l'equilibrio del successo a favore del gruppo anglo-francese. A Bucarest qualche ombra era stata in verità notata, ma di passaggio e senza attribuirvi particolare importanza. Di fronte ad una Jugoslavia e ad una Polonia tentennanti se non recalcitranti, la Cecoslovacchia e la Romania erano parse rimanere due roccaforti sicure della politica centro-europea di Parigi, sulle quali Francia e Inghilterra potevano senz'altro continuare a fare affidamento.

A sconvolgere questo specchio mentale che Londra si era formato della situazione, sono giunte le prime notizie sui risultati delle elezioni romene.

Tanto la stampa, quanto gli ambienti ufficiali in Inghilterra non hanno potuto nascondere un senso di genuina sorpresa e di vivo dispetto, non solo per la sconfitta del governo liberale di Tatarescu, ma soprattutto per la inattesa popolarità dimostrata dai due «partiti fascisti». Vi sono situazioni nelle quali l'inglese perde il suo vantato secolare self-control e lascia imprudentemente affiorare alla vista di tutti i suoi riflessi più istintivi, più profondi e più sinceri. Così, abbiamo veduto la stampa britannica-gelosa custode dei principi democratico-elettorali-palpitare di gioia e di speranza alla notizia, giunta da Bucarest, che il Comitato centrale elettorale aveva deciso di sottoporre a opportuna «manipolazione» i risultati delle urne nell'intento di salvare il governo di Tatarescu. Né sono mancati in quei giorni «amichevoli richiami» alla Romania di guardarsi dai pericoli di uno «slittamento verso il fascismo». L'ineffabile News Chronicle è giunto ad esempio al punto di ammonire severamente la Romania che un simile sviluppo «le avrebbe fatto mancare per l'avvenire l'appoggio della Gran Bretagna». Del resto, anche se in forma più discreta, lo stesso tono a sfondo intimidatorio ha caratterizzato l'atteggiamento inglese durante la prima incerta fase delle nuove vicende rumene.

La decisione di Re Caro! di affidare al Partito Nazionale Cristiano la formazione del nuovo ministero -con ciò tacitamente rinunciando a qualsiasi tentativo di salvataggio di Tatarescu -ha ulteriormente modificato queste immediate reazwm m un senso di chiara preoccupazione che i primi atti del governo di Goga

non hanno certo fatto niente per dissipare, molto invece per aggravare. La soppressione dei giornali ebraici e l'annuncio di un vasto programma di misure antisemite e la decisione di una prossima visita di Goga a Berlino; la notizia di un passo rumeno a Varsavia per la costituzione di un blocco anti-comunista polacco-rumenojugoslavo: si è trattato di un susseguirsi di manifestazioni -culminate nello scambio di telegrammi fra il Duce e Goga 2 (di cui è stato rilevato il tono particolarmente cordiale, più cordiale di quello degli altri messaggi scambiati dal nuovo primo ministro rumeno in occasione della sua assunzione al potere), e nel riconoscimento della conquista italiana dell'Etiopia -ognuna delle quali ha spiacevolmente ribadito e riconfermato la sensazione di sviluppi nettamente contrari ai calcoli ed agli interessi politici odierni della Gran Bretagna.

Dai miei fonogrammi stampa di questi ultimi giorni, V.E. avrà potuto seguire le reazioni e le evoluzioni dell'opinione pubblica inglese di fronte a questi avvenimenti. La sorpresa e il dispetto si sono prudentemente trasformati in «attesa». Un'attesa cauta, che riconosce ormai come ineluttabile, almeno nel prossimo avvenire, il tener conto di una «politica estera rumena a doppio binario (come l'ha definita il Tùnes) che è destinata a sostituire la passata politica a binario unico Bucarest-Lega delle Nazioni-Parigi-Londra». Un'attesa che evita accuratamente di prendere posizione nei confronti del nuovo regime rumeno, per lo meno sino a quando non sarà possibile valutarne più esattamente la forza e la vitalità, o individuarne le debolezze, o misurarne il grado di suscettibilità alle sferzate o alternativamente alle lusinghe di Londra. Si ripete, insomma, la tradizionale politica britannica; con regolarità invariabile, l'Inghilterra, messa di fronte ad avvenimenti che le dispiacciono, ritiene più saggio far buon viso a cattivo gioco. Di questa politica abbiamo avuto, negli ultimi mesi, una serie notevole di esempi illustrativi: basterebbe ricordare l'atteggiamento del governo britannico di fronte alla dichiarazione belga di neutralità, i suoi miracoli di equilibrismo nella questione spagnola, la sua reazione ai recenti avvenimenti in Brasile. Incassare di buona grazia senza dar troppo l'impressione di registrare il colpo; cedere dove non si può o non conviene resistere; manovrare in maniera di trovarsi possibilmente in buoni termini col vincitore; e, nel frattempo, ricercare il punto di minore resistenza per la propria contro-azione, tentare di neutralizzare gli avvenimenti spiacevoli o di convogliarli nella direzione di minore pregiudizio per gli interessi britannici.

È tipica di codesta politica la perplessità degli ambienti ufficiali inglesi nei riguardi dell'atteggiamento assunto dal governo francese che, in segno di disapprovazione verso il governo di Goga, aveva annunziato nei giorni scorsi la sospensione delle proprie forniture di armi alla Romania. Il gesto è stato qui giudicato impolitico

o prematuro, e suscettibile di compromettere la più sottile ed insinuante azione che già Londra sta predisponendo per tentare di ricuperare la passata influenza sulla politica estera rumena. E, a giudicare dai primi sintomi, la leva sulla quale Londra va puntando oggi i suoi occhi è quella di Re Caro!. A lui si attribuisce il merito della scelta del «minor male» tra Goga e Codreanu (nonostante il maggior numero di voti ottenuti da quest'ultimo). Qualche «ottimista» ravvisa anzi a tale riguardo

un machiavellico disegno del Sovrano di mettere l'attuale Gabinetto di fronte alla impossibilità di governare, e di aprire con ciò la strada o a un ritorno dei partiti cosidetti di sinistra o a una dittatura militare della Corona. Possibilità quest'ultima che non scandalizzerebbe affatto gli assertori della democrazia e del costituzionalismo se -come essi immaginano -significasse, attraverso la vittoria di un uomo che a torto o a ragione è ritenuto qui particolarmente sensibile agli argomenti di Londra e di Parigi, una riaffermazione della politica di ossequiosa amicizia verso l'Inghilterra e la Francia, e-magari-perfino un ritorno al societarismo settario di Titulescu.

Fondati o meno che siano questi calcoli, quello che è constatabile e sintomatico è l'insistente tono elogiativo che, da una decina di giorni a questa parte, la stampa è andata prendendo nei riguardi della «sagacia», «prudenza» e «moderazione» politica di Carol; meriti attribuitigli con una generosità che vorrebbe far dimenticare l'ironia con la quale erano state nel passato commentate dagli stessi giornali le «scappate» sentimentali e politiche del Sovrano. Non meno sintomatiche, accanto a questi incensamenti, sono le volute «indiscrezioni» dell'Ufficio Stampa del Foreign Office relative all'«imbarazzo» del governo britannico per le sfavorevoli reazioni che gli atti del nuovo regime starebbero provocando o sarebbero destinate alla lunga a provocare, nell'opinione pubblica inglese. (Il capo d'accusa principale è la politica anti-ebraica di Goga ma non mancano allusioni alla ostilità sollevata dalle sue tendenze antidemocratiche e dalle sue simpatie filoitaliane e filotedesche). Reazioni che, si insinua, potrebbero persino turbare l'accoglienza a Londra di Carol, di cui è qui attesa la visita (su invito inglese) per il mese di marzo.

Per terminare il quadro delle varie reazioni inglesi di fronte ai nuovi avvenimenti politici rumeni, non si può a meno di rilevare la compiacenza con la quale vengono qui sottolineate le pretese ripercussioni che la nuova amicizia italo-rumena potrebbe avere sulla vecchia amicizia itala-ungherese. «L'Italia-si osserva-sarà costretta a fare un gioco difficile per mantenere i piedi in queste due staffe».

Parallelamente, sempre nei riguardi dell'Italia, gli inglesi non esitano a insinuare che l'amicizia rumena è un'amicizia sulla quale il governo italiano non potrà mai fare serio affidamento. Mi sono stati tenuti in questi ultimi giorni, con un tono volutamente premuroso, discorsi che concludono invariabilmente così: « Diffidate di Goga: è una persona sulla quale non si può contare. Non è un vero gentleman».

Ma, al di sopra di tutte queste piccole manovre, le persone più avvedute e lungimiranti cominciano a fare il bilancio della recente politica britannica, e a contare una per una le varie partite passive. E da questo esame di coscienza non può che apparire, in una luce sempre più chiara, la relazione che esiste fra gli insuccessi della politica britannica nei piccoli Stati d'Europa e quella tensione europea che l'Inghilterra, pur affermando il contrario, ha largamente -e spesso anzi artificiosamente -contribuito a creare. I piccoli Stati che, in tempo di idillio, si stringevano come parassiti alle grandi Potenze plutocratiche, scorgendo oggi nel cielo qualche segno di tempesta si staccano, uno per uno, dalla rete anglo-franco-ginevrina per riparare sotto il più sicuro tetto della neutralità: quando pure non passano addirittura alla chiara amicizia con quegli Stati giovani e autoritari che -secondo l'espressione recente di un giornale -dimostrano oggi di avere i nervi più saldi, anche di fronte al pericolo.

Sono riflessioni che si vanno già sommessamente formulando presso alcuni osservatori della politica britannica, i quali cominciano a domandarsi se esse non dovrebbero ispirare all'Inghilterra consigli di saggezza e spingerla alla coraggiosa revisione di alcuni suoi recenti errorj3.

18 1 Riferimento al viaggio effettuato dal ministro degli Esteri francese a Varsavia, Bucarest e Belgrado tra il 4 e il 15 dicembre precedente. Su di esso si veda serie ottava, vol. VII, DD. 674, 676, 695 e 712.

18 2 Vedi D. 2, nota 3.

19

L'AMBASCIATORE A TOKIO, AURITI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S.N.D. PERSONALE 102/13 R. Tokio, 7 gennaio 1938, ore 5,20 (per. ore 15,55 ).

Si ritiene assedio e operazioni sbarco Canton potrebbero avvenire fra pochi giorni. Militari sanno che Chiang Kai-shek sarebbe disposto alla pace ma che è prigioniero dei suoi consiglieri. Lasciano che ambasciatore Germania Cina persista nei suoi tentativi, ma non dànno ad essi importanza. Dal punto di vista bellico non vedono pericolo nei propositi cinesi di notevole ripresa di ostilità e intanto non trovano ostacoli nella loro avanzata in corso. Riaffermano vivo desiderio ampia e intima collaborazione con l'Italia.

Contegno Germania così in Cina come in Giappone comincia a trasformare risentimento in diminuzione di considerazione tecnica e forse anche di fiducia politica. Per esempio, alcune informazioni date a noi negli ultimi tempi sono state 1 fornite alla Germania. Stesso fatto di aver lasciato pubblicare una intervista con l'ammiraglio giapponese in cui esso provava con dati precisi errori delle previsioni dei militari tedeschi sulla impresa di Shanghai ne è visibile conferma.

Anche per ipotesi si inaridisca sorgente nostre informazioni prego V.E. considerare opportunità che queste notizie non siano comunicate Berlino.

20

IL MINISTRO A BUDAPEST, VINCI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 98/4 R. Budapest, 7 gennaio 1938, ore 22,45 (per. ore 6 dell'B).

Mio telegramma per corriere 02 del 5 gennaio 1 .

19 1 Sic. Leggasi «non sono state». 20 1 Vedi D. 13.

Viceministro degli Affari Esteri mi ha consegnato stamane controprogetto ungherese per dichiarazione comune. Con telegramma a parte 2 ne trasmetto testo, con l'avvertenza che ne ho posposto i vari numeri per ragwm riservatezza.

Mi ha dichiarato (!asciandomene appunto scritto) che il governo ungherese non aveva contemplato che un semplice comunicato; è pronto nondimeno ad accettare l'idea di una dichiarazione comune se le modificazioni «di stile» che propone per i due articoli essenziali dal punto di vista ungherese che ha aggiunto al testo italiano, potessero essere accettate dai governi italiano e austriaco; gli articoli che interessano in primo luogo il governo ungherese sono il 6° e il 7°.

Avendogli obiettato che non si trattava di semplice modificazione di forma, mi ha ripetuto quanto mi aveva detto Kanya: in linea generale, il governo ungherese conveniva sui principi esposti nei vari punti del progetto, ma era difficile per una piccola Potenza usare un linguaggio troppo netto.

Rispondendo alle varie mie domande e obiezioni, mi ha detto che quanto al punto 2 non era parsa chiara la frase «con particolare riguardo ai problemi del Bacino danubiano» la seconda parte dell'articolo è riprodotta con alcune modifiche al punto 9 (dove tuttavia ha evidentemente altri significati). Per il punto 3 frase «propaganda comunista nei loro rispettivi Paesi», perché quale piccola Potenza non crede poter prendere posizione in forma più generale.

Per il punto 4 Kanya mi aveva già detto che il governo ungherese è disposto a procedere al riconoscimento del governo di Franco, ma non crede paterne fare oggetto subito di una dichiarazione, data la preoccupazione di regolare prima la situazione di alcuni interessi ungheresi e specialmente la sorte di alcuni spagnoli tuttora rifugiati nella sede della legazione ungherese a Madrid.

Per il punto 5 barone Apor mi ha detto che Ungheria non può dichiarare di più data la necessità restare per ora nella S.d.N., soprattutto per le questioni minoritarie e per quelle finanziarie.

Mi ha ripetuto che governo ungherese teneva specialmente ai punti 6 e 7.

Quanto al punto 6, di cui fa cenno anche brindisi del ministro degli Affari Esteri, sarebbe, ha detto Apor, pubblica dichiarazione nel senso analogo risoluzione presa nella riunione Protocolli di Roma a Vienna. A questo proposito mi ha detto anche che il Duce avrebbe recentemente suggerito al generale Roder che l'Ungheria procedesse ad una dichiarazione unilaterale circa parità militare: ciò che governo ungherese non aveva creduto fare unilateralmente per riguardo alle conversazioni coi vicini e specie con Romania.

Infine, ha aggiunto che progetto farà evidentemente oggetto della discussione; che non conosceva ancora il punto di vista austriaco; che il testo del controprogetto ungherese sarebbe stato comunicato anche a Vienna.

18 3 Il documento ha il visto di Mussolini.

20 2 Vedi D. 21.

21

IL MINISTRO A BUDAPEST, VINCI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 97/6 R. e 96/5 R. Budapest, 7 gennaio 1938, ore 19,45 (per. ore 20,30 ).

Inizio del controprogetto.

l) Identico al progetto italiano.

2) Austria e Ungheria hanno accolto con un vivo piacere lo sviluppo e l'approfondirsi delle relazioni di amicizia fra Germania e Italia. Formazione dell'asse Roma-Berlino significa ai loro occhi non solo consacrazione ufficiale di una cooperazione intima di due grandi Potenze cui sono attaccati essi stessi da legami di una sincera amicizia, ma essa costituisce nello stesso tempo una nuova ed importante garanzia della pace generale.

3) Nel corso delle conversazioni circa patto anticomunista i rappresentanti tre Stati hanno riconosciuto che il comunismo minacciava la pace e sicurezza dell'Europa e hanno, per questo, confermato una volta di più, la loro decisione di combattere con tutte le loro forze propaganda comunista nei loro Paesi rispettivi.

4) Austria e Ungheria hanno già riconosciuto di fatto il rappresentante del governo del generale Franco a Vienna e Budapest. Visto che queste misure sono apparse giuste ed utili, governo ungherese ed austriaco sono decisi a perseverare e continuare in questa direzione.

5) I rappresentanti dell'Austria e dell'Ungheria hanno constatato che il ritiro dell'Italia dalla Società delle Nazioni ha creato una situazione nuova. Essi hanno preso atto con una perfetta comprensione dei motivi che hanno condotto a tale decisione ed hanno espresso speranza certa che questo atto da parte italiana darà un serio impulso alla realizzazione del piano discusso da anni, ma mai effettuato, di una riforma del Patto della S.d.N. 1

Ecco il testo dei quattro nuovi articoli aggiunti dal governo ungherese:

6) I rappresentanti d'Italia e Austria hanno confermato di nuovo che essi riconoscono la completa eguaglianza di diritti dell'Ungheria in materia di armamento militare. Essi considerano necessario attivare il più presto possibile azione di questo principio.

7) Ministro degli Affari Esteri Italiani conte Ciano, ha espresso sua comprensione completa per la necessità di migliorare la sorte delle minoranze ungheresi e si è dichiarato pronto ad appoggiare azione relativa del governo ungherese.

8) I rappresentanti dei tre Stati hanno studiato le condizioni economiche attuali e sono stati d'accordo di continuare con ogni mezzo ad intensificare gli scambi commerciali tra i tre Stati.

9) I tre governi sono decisi ad approfondire la loro comune e cordiale collaborazione nello spirito dei Protocolli di Roma, dell'Accordo austro-tedesco dell'li luglio 1936 e dei vari accordi bilaterali esistenti fra loro, accordi di cui hanno

constatato una volta di più i risultati favorevoli e la possibilità che offrono per uno sviluppo utile nel dominio politico ed economico.

l rappresentanti dei tre governi hanno finalmente confermato loro ferma intenzione comune di collaborare con tutti gli Stati di buona volontà nell'interesse della pace e della ricostruzione, nonché per una migliore intesa fra le Nazioni.

Fine del controprogetto.

21 1 Sulle controproposte del governo ungherese si veda anche il D. 22.

22

PROGETTO DI DICHIARAZIONE COMUNE TRA AUSTRIA, UNGHERIA E ITALIA CONTROPROPOSTE UNGHERESI

Punto lo -Il Ministro degli Affari Esteri d'Italia, conte Ciano, il Cancelliere Federale d'Austria Schuschnigg, il Segretario di Stato degli Affari Esteri d'Austria Schrnidt, il Presidente del Consiglio d'Ungheria de Daranyi, e il Ministro degli Affari Esteri d'Ungheria, de Kànya, hanno proceduto a Budapest nei giorni 10, 11 e 12 gennaio 1938 ad una consultazione comune in conformità dei Protocolli di Roma.

Punto 2° -I Rappresentanti dei tre Governi hanno constatato ancora una volta con soddisfazione i risultati positivi e il favorevole sviluppo dei Protocolli di Roma. Essi hanno riaffermato la loro comune volontà di intensificare, nello spirito di questi Protocolli, la loro attività politica ed economica e la loro cordiale cooperazione. A questo proposito i Rappresentanti dell'Austria e dell'Ungheria hanno espresso la loro simpatia per la cooperazione intima esistente fra le due Grandi Potenze amiche, Italia e Germania, cooperazione che è consacrata nell'asse RomaBerlino e che costituisce una nuova ed importante garanzia di pace e di ricostruzione. I Rappresentanti dell'Austria hanno esposto la loro politica che essi fondano sull'armonia dei principi dei Protocolli di Roma e dell'accordo austro-tedesco dell' 11 luglio 1936.

I Rappresentanti dell'Italia e dell'Ungheria hanno manifestato il loro vivo compiacimento per tale politica.

Punto 3o -I Rappresentanti dell'Austria e dell'Ungheria hanno confermato la loro netta opposizione al comunismo e hanno salutato con simpatia il Patto Anticomintern italo-tedesco-giapponese che si inspira a questi stessi principi. Essi

hanno confermato la loro decisione di combattere con tutte le loro forze la propaganda comunista nei loro rispettivi Paesi.

Punto 4° -I Rappresentanti dell'Austria e dell'Ungheria hanno comunicato al Rappresentante dell'Italia la loro decisione di procedere al riconoscimento formale del Governo del Generalissimo Franco come Governo legittimo della Spagna e di tutti i suoi Possedimenti e Colonie. I Rappresentanti dei tre Governi hanno espresso il concorde avviso che una tale decisione costituisce un contributo reale alla normalizzazione dei rapporti tra la Spagna e le altre Nazioni e alla pacificazione dell'Europa.

Punto 5° -I Rappresentanti dell'Austria e dell'Ungheria, preso atto delle gravi e giuste ragioni che hanno indotto il Governo Italiano a ritirarsi dalla S.d. N. e constatate le profonde conseguenze che una tale decisione ha prodotto nella composizione nelle finalità e nelle possibilità della S.d.N ., dichiarano che la S.d.N. non può e non deve assumere il carattere di un raggruppamento ideologico. In una tale eventualità l'Austria e l'Ungheria si riservano di sottomettere ad un ulteriore esame le loro relazioni con la S.d.N.

Punto 6° -I Rappresentanti dell'Italia e dell'Austria hanno nuovamente confermato che essi riconoscono la completa uguaglianza dei diritti dell'Ungheria in materia di armamenti militari. I Rappresentanti dei tre Governi considerano necessaria la pronta realizzazione di questo principio.

Punto 7° -I Rappresentanti dell'Italia e dell'Austria hanno dichiarato che i loro Governi seguono con grande interesse lo sviluppo delle relazioni fra l'Ungheria e la Romania e sono d'avviso che un risultato soddisfacente dei negoziati ungaro-rumeni contribuirebbe considerevolmente al consolidamento della pace nell'Europa danubiana.

Punto go -I Rappresentanti dei tre Governi hanno esaminato la situazione economica e sono d'accordo di continuare con tutti i mezzi a intensificare gli scambi commerciali fra i tre Stati sulle basi recentemente stabilite.

Punto 9° -I Rappresentanti dei tre Governi hanno confermato il loro proposito comune di collaborare con tutti gli Stati la cui azione politica è diretta a fini reali di pace e di ricostruzione e a una migliore intesa fra le Nazioni.

22 1 Non si è trovata documentazione che indichi il momento e il modo in cui furono presentate queste controproposte il cui testo non coincide con quello trasmesso dal ministro Vinci (vedi D. 21). Le controproposte ungheresi furono esaminate, insieme a quelle austriache (vedi D. 23), da Mussolini e da Ciano 1'8 gennaio. In proposito Ciano annotava nel suo Diario: «Abbiamo parlato col Duce delle controproposte austro-ungheresi per il convegno di Budapest. Come previsto cercano di sottrarsi ad ogni responsabilità nei confronti delle cosidette democrazie. In compenso cercano di infilare qualche frase che disturbi la Germania e impedisca il riavvicinamento romeno. I Protocolli di Roma si rivelano sempre meno vitali: sono sempre privi di profonda vitalità gli accordi che hanno soltanto un contenuto economico. Le premesse dell'economia cambiano con troppa rapidità: talvolta di anno in anno. Nell'Europa Centrale basta, ad esempio, l'andamento di un raccolto. Comunque a Budapest vedremo».

23

PROGETTO DI DICHIARAZIONE COMUNE TRA AUSTRIA, UNGHERIA E ITALIA CONTROPROPOSTE AUSTRIACHE

l) Il Ministro degli Esteri d'Italia, conte Ciano, il Cancelliere Federale austriaco Schuschnigg, il Segretario di Stato per gli Affari Esteri Schmidt, il Presidente dei

Ministri ungherese Daranyi e il Ministro degli Esteri di Ungheria Kanya, hanno tenuto il 10, 11 e 12 gennaio una comune conversazione in conformità dei Protocolli di Roma del 17 marzo 1934.

2) I Rappresentanti dell'Austria e dell'Ungheria hanno espresso la loro soddisfazione (Genugtuung) per gli scopi di pace e di ricostruzione dell'asse Roma-Berlino, con particolare riguardo ai problemi del Bacino danubiano. Essi si sono trovati concordi con il Rappresentante dell'Italia nel voler continuare a svolgere in questo senso la loro azione politica, e il rappresentante dell'Austria ha altresì sottolineato l'utilità (Niitzlichkeit) dell'Accordo dell'Il luglio 1936 fra l'Austria e il Reich tedesco. I tre Governi intensificheranno la loro cordiale comune collaborazione nello spirito dei Protocolli di Roma, che garantiscono solennemente l'indipendenza degli Stati, e dei vari accordi bilaterali esistenti fra essi e di cui hanno constatato una volta di più i favorevoli risultati e le possibilità di utili sviluppi nel campo politico ed economico, anche nei confronti di altri Stati danubiani.

3) I Rappresentanti dell'Austria e dell'Ungheria hanno confermato la loro netta opposizione al comunismo ed hanno salutato con simpatia che il Patto Anticomintern di Roma itala-tedesco-giapponese è improntato allo stesso spirito. I tre Governi rafforzeranno la loro azione immediata per la salvaguardia dell'ordine della civiltà contro la minaccia comunista in tutti i suoi aspetti.

4) I Rappresentanti dell'Austria e dell'Ungheria hanno comunicato al rappresentante dell'Italia la loro decisione di procedere oltre nel perfezionamento delle loro relazioni con il Governo del Generalissimo Franco ~ relazioni il cui inizio ha avuto luogo nel settembre dello scorso anno e si è dimostrato misura giusta e opportuna ~e, non appena le circostanze lo permettano 2 di passare al riconoscimento formale del detto Governo. I Rappresentanti dei tre Governi sono d'avviso che il riconoscimento formale del Governo Nazionale spagnolo da parte dell'Austria e dell'Ungheria rappresenterebbe un contributo positivo per la normalizzazione dei rapporti fra la Spagna e altre Nazioni, come pure per la pacificazione dell'Europa.

5) I Rappresentanti dell'Austria e dell'Ungheria hanno constatato che con l'uscita dell'Italia dalla Società delle Nazioni si è creata una nuova situazione nella quale appare chiaramente come la Lega delle Nazioni sarebbe in grado di adempiere alla missione di pace spettantele, solamente qualora essa creasse le note indispensabili premesse e si tenesse lontana da ogni partigianeria (Einseitigkeit) ideologica. I Rappresentanti dei tre Governi hanno confermato il comune fermo proposito di collaborare attivamente con tutti gli Stati civili nell'interesse della pace e della ricostruzione, e per una migliore intesa fra le Nazioni.

6) l Rappresentanti dei tre Governi hanno convenuto di continuare nell'ulteriore incremento dei loro reciproci rapporti economici basati sui Protocolli di

Roma, rapporti dei quali hanno potuto constatare con compiacimento il proficuo sviluppo.

23 1 Non si è trovata documentazione che indichi il momento e il modo in cui furono presentate queste controposte. In proposito si veda il D. 22, nota l.

23 2 Nota del documento: «Questa parte del periodo, fino al punto dovrebbe dipendere dall'approvazione del rappresentante ungherese. Tra le accennate "circostanze" bisogna intendere che l'Austria, come l'Ungheria, possiede ancora nel territorio spagnolo rosso notevoli colonie, consolati, funzionari consolari, rifugiati spagnoli negli edifici delle sue rappresentanze, la cui previa evacuazione è necessaria».

24

L'AMBASCIATORE A TOKIO, AURITI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S.N.D. 114/14 R. Tokio, 8 gennaio 1938, ore 9,30 (per. ore 18,30).

Ambasciatore di Germania mi ha confermato le comunicazioni fatte costì dal suo collega 1 e si è mostrato parecchio fiducioso nell'accettazione cinese delle condizioni giapponesi. Ma quando, avendogli manifestato minore ottimismo, gli ho chiesto su quali elementi fondasse le sue speranze, si è reso evidente come esse non avessero basi molto solide, così che egli stesso ha parlato alla fine di 50 per cento di probabilità favorevoli, oltre alla probabilità che i cinesi rispondessero chiedendo maggiori chiarimenti.

Lo confortava molto la notizia del suo collega in Cina che l'autorità di Chiang Kai-shek non fosse diminuita ma allorché gli ho domandato se il mantenimento della sua autorità fosse fra l'altro subordinato all'accettazione dei propositi di resistenza dei consiglieri comunisti, non ha saputo che rispondermi, tanto più che mi aveva detto prima essere Mosca contraria alla pace. Temeva d'altronde le tendenze bellicose dei nazionalisti estremisti giapponesi, entro e fuori dell'esercito, e della borghesia industriale, notoriamente contrarie a quella dei moderati ai quali erano dovute le presenti proposte di pace e pensava con preoccupazione ad un possibile attacco a Canton e ai conseguenti pericoli per le relazioni del Giappone con l'Inghilterra.

Mi ha parlato della propaganda inglese che vuole attirare il risentimento giapponese sulla Germania per le spedizioni di armi e per l'aiuto di consiglieri militari alla Cina, spiegandomi come l'invio armi derivasse da precedenti contratti e la permanenza di consiglieri dal desiderio di non perdere il mercato, nonché dalle speranze in favore della pace, ma ha poi ammesso egli stesso che tali speranze potrebbero essere non fondate.

Mi sono limitato a confermargli che la propaganda inglese lavorava contro la Germania, aggiungendogli che essa si valeva all'uopo anche degli elementi anglofili

. .

g1appones1.

Ci siamo trovati d'accordo nel concetto che, se e quando si giungesse ai negoziati, noi, dovendo agire qui con massima moderazione, poco di utile potremmo fare, mentre potremmo danneggiare nostre relazioni con i giapponesi sempre memori dei danni degli interventi occidentali, dopo la loro prima guerra con la Cina e dopo quella con la Russia.

Comunicato Roma e Shanghai.

24 1 Vedi D. l.

25

L'AMBASCIATORE PRESSO LA SANTA SEDE, PIGNATTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S.N.D. PER CORRIERE 135/2 R. Roma, 8 gennaio 1938 (per. il 10 ).

Questa mattina il cardinale Segretario di Stato mi ha invitato a passare da lui.

Egli mi ha dichiarato che mi parlava a nome del Papa. Il Pontefice, ha detto il cardinale Pacelli, si è molto compiaciuto del resoconto fattogli iersera, dal padre Tacchi Venturi del suo colloquio con il Duce 1 . Però, leggendo stamane gli articoli dei giornali di commento alla visita del Fuhrer -specialmente quello del Messaggero -ne era rimasto penosamente impressionato e addolorato. Egli, il Papa, aveva proclamato recentemente che la Chiesa Cattolica era sottoposta, nel Reich, a una dura persecuzione. Gli dispiaceva profondamente di constatare che la stampa italiana, non tenendo conto del suo accorato appello, non aveva moderato il suo linguaggio per un riguardo verso la sua Persona e la Santa Sede.

Il Pontefice aveva pensato in un primo tempo-mi ha detto il cardinale-di fare a me direttamente la comunicazione surriferita, ma si era poi lasciato indurre a farmi parlare dal cardinale. Il Segretario di Stato, secondo gli ordini ricevuti, farà una comunicazione analoga a padre Tacchi Venturi perché ne informi il Duce alla prima occasione.

Ho risposto al cardinale Pacelli che avrei riferito all'E.V. la sua comunicazione. Ho creduto di aggiungere che l'insieme delle cose suggeriva, a parere mio, alla Santa Sede di abituarsi e adattarsi al linguaggio della stampa italiana, potendo prevedersi, in seguito, un tono anche più accentuato di quello ora lamentato.

Nelle mie conversazioni in Segreteria di Stato e negli ambienti che vi gravitano intorno ho fatto notare, già a varie riprese, che se al momento della visita del Fuhrer a Roma il Papa si trovasse a Castelgandolfo si eviterebbe un inacerbimento probabile delle relazioni fra la Santa Sede e il Reich. Non dispero che, prestandovisi la clemenza della stagione, il Pontefice, se lo ispira saggezza, trasporti la sua residenza a Castello nei primissimi giorni di maggio.

26

COLLOQUIO DEL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, CON L'AMBASCIATORE DI GRAN BRETAGNA A ROMA, PERTH

APPUNTO. Roma, 8 gennaio 1938.

L'Ambasciatore d'Inghilterra mi ha chiesto se l'Italia contemplava la cessione del Giubaland alla Germania. Per tale eventualità egli faceva presente l'art. 5 del Trattato italo-britannico del 1924 2 .

Gli ho risposto che l'Italia non contemplava la cessione di nessun territorio a nessuno Stato. In quindici anni di regime Fascista, avevamo alzato bandiera su molti territori. Ammainata: su nessuno.

25 1 Di tale colloquio non è stata trovata documentazione.

26 1 Ed. in L'Europa verso la catastrofe, p. 243.

26 2 Convenzione tra l'Italia e la Gran Bretagna relativa alla cessione dell'Oltre Giuba (Trattati e convenzioni, vol. XXXII, pp. 112-119).

27

IL CONSIGLIERE DELL'AMBASCIATA A BERLINO, MAGISTRATI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

LETTERA SEGRETA. Berlino, 8 gennaio 1938.

Come ti avevo preannunciato con la mia precedente 1 , ho visto oggi il Maresciallo von Blomberg rientrato a Berlino dopo il congedo natalizio.

La conversazione è stata esauriente ed interessante e ha toccato più punti. Mentre con altra mia ti riferisco circa i nuovi armamenti navali e circa la situazione in Estremo Oriente 2 , riassumo qui appresso la parte relativa alla situazione di Spagna.

Ho portato a conoscenza del Maresciallo la nostra decisione di mantenere in Ispagna le forze volontarie ed i sei «punti», dati quale istruzione al Generale Berti 3 . Egli ne era già in parte ed in linea generale al corrente, dato che nei giorni precedenti, come sai, ne avevo già informato il Generale Keitel, la Wilhelmstrasse (von Mackensen) e, a mezzo del suo Capo di Gabinetto, Coloìmello Bodenschatz, il Generale Goring.

Il Maresciallo mi ha dichiarato che i sei «punti» sono in tutto approvati da parte dei Tedeschi i quali li sottoscrivono pienamente senza riserve.

Quanto al punto n. 6 e all'unità di Comando, egli mi ha detto che evidentemente, data la situazione e considerato il carattere degli Spagnoli, occorre che in Ispagna il Comandante sia unico e che questo sia il Generale Franco. Praticamente però i contatti tra il Generale Berti e il Generale Volkmann da una parte ed il Generalissimo dall'altra devono essere seguiti e costanti ed i due Generali, in perfetto accordo tra loro, devono far sentire chiaramente a Franco come le loro parole siano quelle del Duce e di Hitler.

L'Ammiraglio Canaris, che lascia oggi Berlino, porta al Generale Volkmann una chiara lettera di istruzioni del Maresciallo, istruzioni che possono così riassumersi:

l) La questione di Spagna deve essere risolta militarmente. Occorre insistere presso il Generalissimo per illustrare questo punto di vista tedesco. E questa soluzione militare non va ricercata in un tempo lontano, ma prossimo.

2) Il collegamento tra Volkmann e Berti deve essere assoluto e cordiale. In altre parole Franco deve avere nettamente l'impressione che i due Rappresentanti militari dell'Italia e della Germania non solamente sono tra loro in perfetto accordo e non solamente rappresentano perfettamente le idee dei loro Governi, ma in ogni occasione lavorano ed agiscono di conserva.

3) il Generale Volkmann, qualora avesse l'impressione che l'azione comune italo-tedesca non è sufficientemente sentita e seguita, dovrà immediatamente riferirne a Berlino.

Circa la situazione di Teruel, il Maresciallo non è pessimista. Si tratta, è vero, unicamente di un «successo difensivo» da parte di Franco ma mentre i Rossi devono avere impiegato forze numerose, sopportando forti perdite, le truppe nazionali devono nel complesso aver logorato solamente una o due Divisioni al massimo delle 12 o 14 che essi possiedono e che dovrebbero essere abbastanza fresche. Presso un esercito maggiormente organizzato il fatto di Teruel non avrebbe ritardato troppo le eventuali operazioni offensive. Forse presso Franco occorrerà un tempo maggiore, ma ad ogni modo il Maresciallo ritiene che al massimo per marzo Franco dovrebbe essere interamente pronto alla sua azione.

Teruel ha dimostrato indubbiamente un miglioramento nelle concezioni strategiche e tattiche del Comando rosso. È difficile stabilire se ciò sia dovuto maggiormente ad influenze direttive russe ovvero a francesi. Quanto agli aiuti materiali per i Rossi è chiaro che oggi, ha aggiunto il Maresciallo, essi vengono molto più dalla Francia che non dalla Russia. L'azione italiana nel Mediterraneo e gli avvenimenti d'Estremo Oriente hanno evidentemente fermato in buona parte gli apporti sovietici. Viceversa tutte le informazioni riferiscono che gli aiuti dalla Francia si sono negli ultimi tempi intensificati.

Il numero degli uomini tedeschi attualmente in Spagna assomma in totale a circa seimila 4 .

27 1 Con lettere personali del 3 e del 5 gennaio. Magistrati aveva riferito a Ciano sui colloqui avuti, prima con von Weizsacker e poi con von Mackensen, circa la costituzione di uno Stato Maggiore misto itala-tedesco-spagnolo (si veda per i precedenti della questione serie ottava, vol. VII, DD. 750 e 759). Da quei contatti era emerso che i militari tedeschi non erano favorevoli ad una soluzione che ritenevano potesse provocare «maggiori difficoltà nei rapporti diretti tra il Generalissimo e i generali Berti e Volkmann» c che inoltre avrebbe tolto la responsabilità ai generali spagnoli i quali «sarebbero stati ben lieti di lavarsi le mani e di accusare, in caso di eventuali insuccessi, italiani e tedeschi>>. Entrambe le lettere di Magistrati hanno il visto di Mussolini. In seguito a questi contatti. 1'8 gennaio Ciano comunicava al generale Berti (con T. Uff. Spagna 57) che per il momento conveniva lasciar cadere la questione del comando unico.

27 2 Vedi D. 28. 27 1 Riferimento alle istruzioni inviate il 25 ottobre 1937 da Mussolini al generale Berti circa l'impiego delle forze italiane in Spagna (in RoviGHI e STEFANI, vol. II. Documenti, D. 4).

28

IL CONSIGLIERE DELL'AMBASCIATA A BERLINO, MAGISTRATI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

LETTERA PERSONALE SEGRETA 1 . Berlino, 8 gennaio 1938.

Riassumo qui appresso gli altri due punti, oltre quello della situazione in Spagna2 , toccati nella odierna conversazione con von Blomberg:

l) Programma di costruzioni navali. Il Maresciallo si dichiara lieto della decisione italiana della costruzione di altre due grosse unità da 35 mila tonnellate,

oltreché di numeroso naviglio leggero e subacqueo. Egli anche ritiene infatti che nel Mediterraneo, per restarvi padroni, non basti una difesa a base di piccolo naviglio. Un'eventuale decisione non si può avere che con le grosse navi. Il Mediterraneo è un classico esempio di mare dove può avere utile e decisiva applicazione la linea mediana fra le due teorie che preconizzano l'una il trionfo delle grosse unità e l'altra quello del naviglio sottile. Oggi con Pantelleria e con la Libia militarmente e aeronauticamente attrezzata, la situazione nell'Italia è e diviene sempre più forte.

La Germania, che nel 1938 potrà disporre dello Scharnhorst e dello Gneisenau di circa 28 mila tonnellate, avrà pronte nel 1940 le due da 35 mila oggi in costruzione.

Anche a norma dell'Accordo navale [con ]l'Inghilterra del 1935\ la Germania può subito oggi mettere in cantiere altre due da 35 mila e due da 28 mila. È inoltre allo studio un tipo di incrociatore da 18 mila tonnellate.

Queste nuove costruzioni tedesche si effettueranno.

Naturalmente gli armamenti navali inglesi si intensificano e bisogna prevedere che verso il 1940-1942 il naviglio britannico sarà senza dubbio imponente: la situazione navale del 1914, allorché, in fondo. in tutto il mondo, ad eccezione del Mare del Nord, il compito della flotta inglese fu solamente quello di dare la caccia a poche, sparute unità germaniche (caccia che rese necessario però uno sforzo rilevante), non potrà più ripetersi. Nel Mediterraneo la situazione è ben diversa, nel Mare del Nord i tedeschi contano di non più adottare una tattica puramente difensiva e, soprattutto, eventualmente, in Estremo Oriente si potrebbe anche avere il fenomeno inverso, quello cioè di una forte flotta giapponese alla caccia di unità britanniche. Naturalmente gli inglesi si sono prospettati tutte queste eventualità e se ne mostrano assai preoccupati e decisi di portare la loro potenza navale al massimo delle possibilità.

2) Situazione in Estremo Oriente. Hankow [continua a] non rispondere, a tutt'oggi, alle proposte giapponesi [per] quanto Tokio si mostri impaziente.

Evidentemente un sintomo interessante è costituito dalla circostanza che il Maresciallo Chiang Kai-shek, secondo il costume orientale, si è già messo formalmente in disparte, pur continuando naturalmente a dirigere la situazione a mezzo dei suoi legami famigliari. Ciò potrebbe essere appunto il sintomo che egli desideri «salvare la faccia» senza legare il suo nome ad un impopolare gesto di riconoscimento della sconfitta cinese, gesto che altra persona potrebbe compiere più facilmente.

Von Blomberg ritiene ad ogni modo che una soluzione che riportasse oggi la pace in Estremo Oriente, naturalmente con l'affermazione del successo giapponese e con un netto allontanamento della Cina dall'amicizia sovietica, sarebbe augurabile. E ciò soprattutto perché a noi (Italia e Germania) conviene che in definitiva l'Impero nipponico non si indebolisca.

Se è vero infatti che nei primi mesi del conflitto, l'esercito regolare giapponese era stato tenuto piuttosto in riserva, oggi dopo sei mesi, si ha l'impressione che, anche per l'enorme estensione del territorio occupato, ciò non sia più possibile. Ed

anche l'usura delle forze navali ed aeree deve essere importante. Su un tal [ ....... ] Inghilterra, America e Russia, che sperano in una [ ....... ] del conflitto, non possono non speculare.

[ ....... ] se il Giappone [ ....... ] 100 per ottenere 50. Lo stesso Addetto Militare giapponese a Berlino, Generale [Hoshima] puro rappresentante delle idee del Partito Radicale giapponese, stima oggi -ha aggiunto il Maresciallo -che un'affermazione giapponese nelle cinque Province del Nord della Cina costituirebbe un grande ed effettivo successo che consoliderebbe sostanzialmente la potenza nipponica. Il caso di Shanghai è molto più grave, dati i tanti interessi altrui. Forse il Giappone potrebbe utilmente rinunziarvi, polarizzando le sue necessità nella Cina settentrionale.

Militarmente la situazione è oggi senza dubbio a favore dei giapponesi, sia perché la difesa cinese si è dimostrata, in definitiva, alquanto inesistente, sia perché gli aiuti esterni, e particolarmente sovietici, sono più blujjistici che altro. La Russia non è in condizione di far giungere ad Hankow materiale sufficiente, per via terra.

Del resto, in linea generale-ha concluso il Maresciallo-ci siamo convinti anche noi che l'Unione Sovietica non è in condizione di fare alcunché di sostanziale al di là delle sue frontiere 4 .

27 4 Il documento ha il visto di Mussolini.

28 1 Il documento è stato danneggiato in più punti dall'umidità.

28 2 Vedi D. 27.

28 1 Trattato tra Germania e Gran Bretagna per la limitazione degli armamenti navali del 18 giugno 1935 (MARTENS, vol. III. pp. 3-8).

29

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, CROLLA, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, GRANDI

APPUNT0 1• Londra, 10 gennaio 1938.

Dingli è venuto a riferirmi che Bali lo ha oggi mandato urgentemente a chiamare e su autorizzazione del Primo Ministro gli ha detto che Chamberlain desidererebbe avere al più presto colloquio con V.E. allo scopo di comunicarle seguente suo piano:

l) Chamberlain penserebbe iniziare subito con V.E. conversazioni che coprissero intero terreno questioni interessanti ciascuna delle due parti, compresa questione etiopica, prescindendo così da tutte le condizioni pregiudiziali precedentemente sollevate;

2) a questo intento V.E. dovrebbe esser munito pieni poteri;

Come risulta dal Diario di Dingli (§ 47), questo appunto non fu inviato a Grandi, che si trovava allora a Roma, ma l'essenziale del suo contenuto fu comunicato da Crolla all'ambasciatore per telefono. Grandi preferì che l'appunto non gli fosse inviato con telegramma cifrato al Ministero perché -disse -per il momento riteneva meglio non mettere al corrente della cosa «i circoli ufficiali italiani». Dichiarò però a Crolla di essere interamente favorevole ad incontrarsi con Chamberlain c propose per questo la data del 17 settembre.

3) ragione proposta trasferimento conversazioni da Roma a Londra è che Chamberlain desidera per «ovvie ragioni» iniziare in questo momento personalmente conversazioni per poterle poi personalmente dirigere e condurre a termine.

28 4 Il documento ha il visto di Mussolini.

29 1 Il documento è tratto dalle Carte Grandi.

30

L'AMBASCIATORE IN CINA, CORA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S.N.D. 165/23 R. Shanghai. Il gennaio 1938, ore 3 (per. ore20,10).

Kung mi ha pregato trasmettere all'E.V. seguenti dichiarazioni:

l) Cina non rinunzia, così stando le cose, ad una futura intesa; 2) Cina si rende conto delle necessità che hanno indotto l'Italia ad assumere attuale atteggiamento; 3) chiede all'Italia di fare quanto fa la Germania, e cioè pressioni su Tokio affinché sia ragionevole nelle richieste e nelle trattative di pace; 4) fa osservare che il Giappone, se intransigente o troppo esigente, spingerà definitivamente Cina nelle braccia dei bolscevichi.

Egli e Chiang Kai-shek fanno affidamento sull'intervento del Capo del governo e del conte Ciano per i quali essi hanno «massima devozione ed ammirazione». ....... 1 Kung si esprime spesso in tono conciliativo: egli è ora Presidente del Yuan, e si fa il suo nome come successore di Chiang Kai-shek. Comunicato Roma e Tokio2 .

31

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, CROLLA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER TELEFONO 157/10 R. Londra, Il gennaio 1938, ore 11,15.

Plymouth stamane mi ha pregato di passare da lui prima della seduta Comitato dei nove. Mi ha chiesto se dopo l'intervallo trascorso di tre settimane io fossi in grado di precisargli punto vista del mio governo su principali questioni rimaste in sospeso e particolarmente questione composizione commissioni e questione interpretazione «progresso sostanziale».

30 2 Si veda per il seguito il D. 43.

Quanto alla prima, gli ho accennato alle condizioni cui il governo italiano subordina sua accettazione alternativa n. 31 . Egli ha riconosciuto che condizioni stesse erano pienamente giustificate.

Riguardo questione «progresso sostanziale», ho ripetuto a Plymouth argomentazioni svoltegli fin dal 14 dicembre (mio telegramma per corriere n. 0332)2 dichiarandogli che il governo italiano non poteva non condividere punto di vista espresso da Franco nella sua ultima nota di risposta al Comitato 3 .

Plymouth mi ha ripetuto che governo britannico non poteva accettare questo punto di vista che a suo avviso era in contraddizione con lo spirito e la lettera del piano britannico. Infatti, un «progresso sostanziale» nel ritiro dei volontari non poteva a suo avviso determinarsi se non conoscendo già il numero totale dei volontari stessi. La cifra di 5 mila, per esempio, avrebbe forse potuto rappresentare un ritiro «sostanziale» se i volontari erano in tutto 8 o 10 mila; ma non se erano 50 mila.

Plymouth mi ha chiesto poi se il mio governo, allo scopo di evitare qualsiasi atteggiamento non conforme a quello di Franco, sarebbe stato eventualmente disposto ad accettare idea che commissioni negoziassero colle due parti in Spagna misura del «progresso sostanziale» pel ritiro dei volontari cui dovrebbe essere subordinato riconoscimento belligeranza. Questa idea egli l'aveva esposta poco prima a Monteiro e a Woermann, e aveva avuto l'impressione che tanto l'uno quanto l'altro non si fossero dimostrati alieni dall'esaminarla.

Il 4 gennaio, Crolla aveva telegrafato (T. per corriere 87/05 R.) che a suo parere la soluzione n. 3 poteva essere considerata accettabile a tre condizioni «precise e inderogabili»: serietà ed imparzialità dei commissari; partecipazione al lavoro di entrambe le commissioni di ufficiali di Stato Maggiore italiani e tedeschi; impegno delle due parti che si combattevano in Spagna di non fare discriminazioni tra i membri e gli addetti alle commissioni. Quest'ultima condizione -osservava Crolla-difficilmente poteva essere accettata dal governo di Barcellona perché avrebbe comportato l'accesso degli ufficiali italiani e tedeschi ai suoi uffici di informazione militare per cui non era impossibile che i lavori del Comitato fossero bloccati per il veto dei «Rossi» spagnoli.

Ho risposto a Plymouth che, per quanto mi riguardava, non avevo istruzioni su questo punto.

Plymouth ha quindi continuato dicendo che la questione del «progresso sostanziale», che costituiva la principale difficoltà rimasta insoluta, non poteva essere indefinitamente tenuta nell'ambito delle conversazioni private. Un giorno o l'altro, e a suo avviso meglio presto che tardi, bisognava affrontarla nel Comitato, ove i vari rappresentanti avrebbero dovuto assumere le loro responsabilità. Egli Plymouth si proponeva anzi di sollevare la questione nella seduta di oggi.

Ho fatto osservare a Plymouth che l'ordine del giorno della seduta di oggi non contemplava una discussione del genere e che perciò egli rischiava di sentirsi fare da qualcuno dei delegati obiezioni molto serie di carattere procedurale.

Plymouth ha risposto che se io avevo veramente l'intenzione di fare queste obiezioni, si sarebbe astenuto dal sollevare la questione nella seduta di oggi, convenendo egli con me sull'opportunità di evitare, finché possibile, tutto ciò che fosse suscettibile di turbare l'atmosfera del Comitato. Egli però teneva molto a poter almeno menzionare la questione stessa nel corso della seduta di oggi, anche per non dare al Comitato l'impressione di una mancanza di interesse da parte sua ad un problema di così fondamentale importanza. Plymouth mi ha chiesto perciò se non avevo difficoltà a che egli facesse un accenno al riguardo, beneinteso evitando qualsiasi discussione approfondita. Ho risposto che in questo senso non avrei avuto difficoltà 4 .

30 1 Nota dell'Ufficio Cifra: «gruppo indecifrabile».

31 1 Si riferisce al progetto [N.I.S. (C) (36) 95], presentato il 24 novembre 1937 dal segretariato del Comitato di non intervento, relativo alla formazione delle due commissioni che dovevano attuare il ritiro dei volontari stranieri presenti in Spagna. Il progetto sottoponeva tre alternative. Le prime due -subito apparse di difficile realizzazione -prevedevano che i membri delle commissioni fossero nominati dai governi partecipanti al Comitato. La terza attribuiva al Comitato di non intervento il compito di nominare i commissari scegliendoli tra persone particolarmente qualificate, con la tacita intesa che non sarebbero stati nominati cittadini delle «sei Potenze maggiormente interessate» (Gran Bretagna, Francia, Italia, Germania, Portogallo e Unione Sovietica). Ad affiancare le commissioni nel loro lavoro potevano essere chiamati degli ufficiali di Stato Maggiore delle «Potenze maggiormente interessate».

31 2 T. per corriere 8466/0332 R. del 14 dicembre che riferiva su un colloquio avuto con lord Plymouth. Circa la questione del «progresso sostanziale», Plymouth aveva dichiarato che il governo britannico pensava al ritiro di «almeno il 75 per cento dei volontari», una percentuale che Crolla -pur sottolineando di parlare a titolo personale -aveva dichiarato inaccettabile per il governo italiano. Una netta disparità di opinioni si era manifestata anche a proposito del riconoscimento dei diritti di belligeranza, sul quale Crolla aveva insistito e che Plymouth aveva dichiarato di considerare inopportuno perché avrebbe privato il Comitato di non intervento di un efficace strumento di pressione sulle due parti spagnole.

31 3 Si veda serie ottava, vol. VII, D. 597. Nella nota si faceva presente che, non essendo stato riconosciuto come belligerante, il governo di Salamanca non era in condizione di trattare e di concludere accordi con il Comitato di non intervento e si proponeva il ritiro di 3 mila volontari da entrambe le parti ed il contemporaneo riconoscimento della belligeranza.

32

L'AMBASCIATORE A TOKIO, AURITI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S.N.D. URGENTE 159/23 R. Tokio. 11 gennaio 1938, ore 12,30 (per. ore 19,45 del 12).

Militari mi fanno sapere che progetto piano politico-economico cinese è quasi terminato ed i tedeschi hanno già comunicato loro richieste.

Militari, desiderosi evitare che l'Italia abbia da ricevere trattamento meno favorevole, ci chiedono fare loro conoscere con massima urgenza nostri principali desideri, sia generali, sia particolari, per collaborazione economica tanto nella Cina del Nord quanto nella zona Shanghai, affinché si tenga conto anche di essi nel suddetto piano che dovrà presto essere definitivamente approvato 1 .

31 " Lo stesso Il gennaio, si riuniva il Sottocomitato di non intervento. Crolla esponeva le condizioni alle quali il governo italiano subordinava l'accettazione della <<soluzione 3», ed essendo state considerate quelle condizioni come «giustificate», la soluzione 3 veniva dichiarata approvata. A nessun risultato portava invece la discussione circa il significato da assegnare dlla formula del <<progresso sostanziale»

(T. 156/11 dell'Il gennaio). 32 1 Si veda per il seguito il D. 50.

33

L'AMBASCIATORE A SALAMANCA, VIOLA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S.N.D. 171/7 R. Salamanca, 11 gennaio 1938, ore 23 (per. ore 9,1 O del 12).

Andamento operazioni Teruel 1 ha determinato opportunità di uno scambio di idee fra noi ed i tedeschi per fare il punto della situazione militare generale.

A tale scopo si è tenuta una riunione a Burgos il giorno 7 corrente ed altra alla R. ambasciata in Salamanca, cui sono intervenuti ambasciatore di Germania 2 con generale Comandante e addettò militare tedesco\ generale Berti ed il suo Stato Maggiore.

Siamo caduti d'accordo coi tedeschi sulle conclusioni seguenti:

l) conflitto non può essere risolto che con una offensiva vittoriosa;

2) per quanto deficienze si manifestino più sensibili nel campo rosso, pure la superiorità dei nazionalisti non è tale da determinare il successo definitivo;

3) a questo fine accorrerebbero innanzitutto provvedimenti isolati in relazione alla condotta ed alla esecuzione delle operazioni; a tale proposito bisogna però tenere presente la difficoltà di poterli imporre agli spagnoli;

4) occorrerebbe inoltre un aumento di forze: spetta al giudizio politico dei rispettivi governi la decisione circa natura e forma di tale aumento; 5) affinché eventuali nuovi apporti possano determinare decisivo squilibrio a favore nazionalisti essi dovrebbero portare a tre ....... 4 ....... ; 6) quanto precede va inteso come risultato dell'esame strettamente militare della situazione attuale e dei suoi possibili sviluppi. Sono rimasto d'accordo col collega tedesco che egli avrebbe telegrafato analogamente a Berlino 5•

34

L'AMBASCIATORE A MOSCA, ROSSO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. 176/59. Mosca, 11 gennaio 1938 (per. il 17).

Durante i primi mesi del conflitto fra Cina e Giappone la stampa sovietica ·--la quale è l'unico portavoce dell'opinione ufficiale nell'U.R.S.S. --aveva man

33 ' Tenente colonnello von Funk.

tenuto un atteggiamento di formale neutralità, astenendosi dall'esprimere giudizi che potessero apparire come partigiani. I giornali pubblicavano i comunicati governativi ed i bollettini militari di entrambe le parti senza commentarli e per molto tempo si è potuto notare l'assenza quasi completa di editoriali o di articoli tecnici che illustrassero la situazione politica e militare.

Con lo svilupparsi dell'avanzata giapponese e la caduta degli importanti centri della Cina orientale, il riserbo sovietico è però andato gradualmente diminuendo. Le corrispondenze dalla Cina hanno incominciato a mettere in rilievo gli sforzi cinesi per raggiungere un'unità d'azione nazionale, gli editoriali hanno iniziato una serie di attacchi contro la politica aggressiva di Tokio e recentemente sono apparsi anche lunghi articoli di carattere tecnico-militare, i cui giudizi sulla situazione esprimono evidentemente la valutazione ufficiale -e forse anche più i desideri e le speranze di Mosca -circa l'andamento del conflitto.

Dall'assieme di questi articoli si può desumere che nel pensiero sovietico la prima parte della campagna cinese mirava principalmente a costituire delle basi sicure come punto di partenza per la futura «grande guerra», alla quale il Giappone si starebbe preparando febbrilmente.

Tale obiettivo non sarebbe però stato raggiunto, perché l'esercito cinese, ritirandosi davanti all'invasore, lo ha obbligato ad estendere il proprio fronte e quindi ad impegnare maggiori forze ed enormi mezzi tecnici, mentre ha esso stesso mantenuta tutta la propria efficienza.

La stampa sovietica mette poi in rilievo i progressi fatti in Cina dal movimento unitario, nonché la ferma volontà di resistenza del governo e dell'intero popolo, per concludere che se anche il Giappone potrà ottenere dei successi territoriali, non riuscirà però a far capitolare la Cina.

Queste manifestazioni della stampa, che beninteso è sempre ispirata, mi confermano nell'opinione espressa fin dall'inizio del conflitto per quel che riguarda la politica sovietica. Anche oggi l'U.R.S.S., a mio avviso, non ha l'intenzione di intervenire militarmente in Cina. Lo farebbe soltanto il giorno in cui intervenissero decisamente Inghilterra e Stati Uniti. Pel momento essa agisce, specialmente con mezzi politici, per promuovere l'unità cinese, per combattere le correnti favorevoli al compromesso e per galvanizzare lo spirito di resistenza. È ovvio che Mosca vede con soddisfazione l'allargamento delle operazioni militari e spera che l'esercito giapponese si impegni sempre più profondamente nel cuore della Cina, contando su un futuro suo esaurimento. Se questa attitudine sia dettata da preoccupazioni esclusivamente difensive, oppure se esista nell'animo di questi dirigenti l'intenzione, quando la situazione diventasse favorevole, di attaccare, non oserei pronunciarmi.

Oggi come oggi credo che la politica sovietica sia fondamentalmente di natura difensiva 1 .

33 1 Nelle carte di Gabinetto vi sono alcune relazioni, presumibilmente inviate dagli uffici del C.T.V., che illustrano in termini quasi drammatici i contraccolpi provocati nella zona nazionale dalla vittoriosa otTensiva dei governativi a Teruel (diminuito prestigio di Franco, attriti fra i generali nazionali, scoraggiamento dei combattenti) e, di contro, il migliorato morale dei governativi, che per l'ofTensiva su Teruel avevano eseguito i piani preparati da utTiciali superiori francesi. Su ciascuna di queste relazioni Mussolini ha scritto: «Importante>>.

33 2 Eberhard von Stohrer.

33 1 Nota dell'Ufficio Cifra: «Sei gruppi indecifrabili di cui è stata chiesta la ripetizione». Il testo del telegramma in partenza da Sala manca diceva: «rispondere a tre requisiti: prontezza, forza, sorpresa». 33 i Si veda per il seguito il D. l02.

34 1 Il documento ha il visto di M ussolini.

35

DICHIARAZIONE COMUNE TRA AUSTRIA, UNGHERIA E ITALIA

Budapest, 12 gennaio 1938.

l. Il Ministro degli Affari Esteri d'Italia conte Ciano, il Cancelliere Federale d'Austria Schuschnigg, il Segretario di Stato per gli Affari Esteri d'Austria Schmidt, il Presidente del Consiglio di Ungheria Daranyi e il Ministro degli Affari Esteri di Ungheria Kanya hanno proceduto a Budapest nei giorni 10, 11 e 12 gennaio 1938, ad una consultazione comune in conformità dei Protocolli di Roma 1•

2. I Rappresentanti dei tre Governi hanno constatato ancora una volta con soddisfazione i risultati positivi e il favorevole sviluppo dei Protocolli di Roma. Essi hanno riaffermato la loro comune volontà di intensificare, nello spirito di questi Protocolli, la loro attività politica ed economica e la loro cordiale cooperazione.

A questo proposito i Rappresentanti dell'Austria e dell'Ungheria hanno espresso la loro simpatia per la cooperazione intima esistente fra le due grandi Potenze amiche, Italia e Germania, cooperazione che è consacrata dall'Asse Roma-Berlino, e che costituisce una nuova ed importante garanzia di pace e di ricostruzione.

I Rappresentanti dell'Austria hanno esposto la loro politica che essi fondano sull'armonia dei principi dei Protocolli di Roma e dell'Accordo austro-tedesco dell'Il luglio 1936. I Rappresentanti dell'Italia e dell'Ungheria hanno manifestato il loro vivo compiacimento per tale politica.

3. -I Rappresentanti dell'Austria e dell'Ungheria hanno confermato la loro netta opposizione al comunismo e hanno salutato con simpatia il Patto Anticomintern itala-tedesco-giapponese, che si inspira a questi stessi principi. Essi hanno confermato la loro decisione di combattere con tutte le loro forze la propaganda comunista nei loro rispettivi Paesi. 4. -I Rappresentanti dell'Austria e dell'Ungheria hanno comunicato al Rappresentante dell'Italia la loro decisione di procedere al riconoscimento formale del governo del Generalissimo Franco come governo legittimo della Spagna e di tutti i suoi possedimenti e colonie. I Rappresentanti dei tre Governi hanno espresso il concorde avviso che una tale decisione costituisce un contributo reale alla normalizzazione dei rapporti tra la Spagna e le altre Nazioni e alla pacificazione dell'Europa.

Circa un'eventuale adesione dell'Austria e dell'Ungheria al Patto Anticomintern, Ciano dichiarava al ministro di Germania a Budapest, Erdmannsdorff, di non avere fatto pressioni perché convinto che solo le grandi Potenze potessero divenire firmatarie del patto. Secondo Ciano, si doveva quindi ottenere l'adesione della Polonia e della Spagna; anche una adesione del Brasile sarebbe stata auspicabile, soprattutto allo scopo di creare una divisione tra le Potenze democratiche dell'America Latina. Ma Ciano dubitava che il presidente Vargas fosse disposto, o fosse in grado, di prendere una posizione contraria a quella degli Stati Uniti (rapporto Erdmannsdorff del 12 gennaio in DDT, vol. I, D. 97).

5. -l Rappresentanti dell'Austria e dell'Ungheria, preso atto delle gravi e giuste ragioni che hanno indotto il Governo italiano a ritirarsi dalla Società delle Nazioni e constatate le profonde conseguenze che una tale decisione ha prodotto nella composizione, nelle finalità e nelle possibilità della Società delle Nazioni, dichiarano che la Società delle Nazioni non può e non deve assumere il carattere d'un raggruppamento ideologico. In una tale eventualità l'Austria e l'Ungheria si riservano di sottomettere ad un ulteriore esame le loro relazioni con la Società delle Nazioni. 6. -I Rappresentanti dell'Italia e dell'Austria hanno nuovamente confermato che i loro Governi riconoscono la completa uguaglianza dei diritti dell'Ungheria in materia di armamenti militari. l Rappresentanti dei tre Governi considerano necessaria la pronta realizzazione di questo principio. 7. -I Rappresentanti dell'Italia e dell'Austria hanno dichiarato che i loro Governi seguono con grande interesse lo sviluppo delle relazioni fra l'Ungheria e la Romania. Essi sono d'avviso che un risultato soddisfacente dei negoziati ungaro-romeni contribuirebbe considerevolmente al consolidamento della pace nell'Europa danubiana. 8. -I Rappresentanti dei tre Governi hanno esaminato la situazione economica, e sono d'accordo di continuare con tutti i mezzi a intensificare gli scambi commerciali fra i tre Stati sulle basi recentemente stabilite. 9. -I Rappresentanti dei tre Governi hanno confermato il loro proposito comune di collaborare con tutti gli Stati la cui azione politica è diretta a fini reali di pace e di ricostruzione e a una migliore intesa fra le Nazioni.

Ciano Schuschnigg Schmidt Daranyi Kanya

35 1 Sull'andamento delle conversazioni avvenute durante la conferenza di Budapest del 10-12 gennaio non si è trovata documentazione. Si vedano in proposito le annotazioni contenute nel Diario di Ciano alle date corrispondenti.

36

L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, SUVICH, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. Washington, 14 gennaio 1938.

Gli avvenimenti su cui si è concentrato il maggiore interesse negli ultimi giorni sono stati la proposta Ludlow presentata alla Camera dei Rappresentanti per investire il Paese mediante plebiscito della facoltà di dichiarare la guerra, l'atteggiamento del governo di fronte alle difficoltà della situazione economica e la presentazione del bilancio con particolare riguardo all'incremento delle spese per la difesa nazionale. Riferirò separatamente sulla questione relativa alla posizione presa dal governo nei riguardi della «recessione» in atto.

La presa in considerazione della proposta Ludlow, per cui si richiedeva la maggioranza semplice della Camera dei Rappresentanti, è stata respinta con 209 voti contro 188. Le previsioni che si erano fatte in anticipo sulla sorte di tale proposta erano incerte: mentre si considerava in modo sicuro che la proposta non sarebbe stata approvata, in quanto per tale approvazione si richiedeva la maggioranza qualificata di 2/3, non si escludeva che la presa in considerazione potesse essere votata. Per dare il giusto valore all'atteggiamento della Camera dei Rappresentanti nei riguardi del progetto, bisogna tener conto del fatto che i 218 rappresentanti che avevano apposto la loro firma alla proposta si trovavano fino a un certo punto legati e imbarazzati a votar contro la semplice presa in considerazione, e ciò anche in vista delle elezioni che cadono alla fine di quest'anno.

Fra gli elementi che hanno determinato il risultato della votazione va tenuto conto in primo luogo della posizione presa dal Presidente e dagli altri membri del governo e particolarmente dal Segretario di Stato, che tutti si erano espressi in modo molto deciso contro l'adozione di una misura del genere di quella proposta che avrebbe legato le mani all'esecutivo, che avrebbe avvicinato anziché allontanato il pericolo di guerra e che avrebbe gravemente inficiato l'importanza degli Stati Uniti come elemento della politica internazionale. C'è stata poi anche una levata di scudi dei Legionari Americani contro la proposta, mentre la presa di posizione delle istituzioni pacifiste è stata molto blanda e fatta più che altro per salvare la faccia.

La votazione è stata generalmente approvata dalla stampa ed in complesso non ha portato modificazioni a quella che è la situazione di questo Paese dopo risolto l'incidente del Panay 2 . Se il periodo critico dell'eccitazione è passato, è rimasta tuttavia e si è rafforzata una profonda avversione per il Giappone. Come ho già avvertito antecedentemente, tale avversione si ripercuote press'a poco con la stessa intensità, anche su di noi, in quanto ci si fa l'accusa di aver incoraggiato il Giappone nella sua azione contro la Cina. Tralascio tutte le illazioni assurde che si traggono dal nostro atteggiamento filogiapponese, come quella di un'alleanza militare col Giappone che si risolverebbe in un aiuto militare del Giappone stesso nel Mediterraneo contro l'Inghilterra, di un'azione militare concordata fra gli Stati fascisti contro le Potenze democratiche fra cui l'America, ecc., ecc.; queste notizie, anche se sono diffuse abbastanza largamente, non trovano tuttavia che un credito molto limitato nei circoli più seri e più responsabili e particolarmente al Dipartimento di Stato.

Mi riferisco invece all'opinione generalmente diffusa e accreditata direi dalla totalità degli Americani, quella che il Giappone se non si fosse trovato spalleggiato dai Paesi fascisti non avrebbe ardito portare a fondo la sua azione in Cina, sfidando gli interessi delle Potenze massimamente interessate in quel Paese. Anche gli americani amichevolmente disposti verso l'Italia --e ce ne sono moltissimi -che ci avevano fiancheggiato nella questione etiopica e nella questione spagnola, non approvano il nostro avvicinamento col Giappone nell'attuale momento e quindi non sono disposti a levare la voce in nostro favore di fronte alla marea incalzante delle ostilità.

Tutto ciò evidentemente non è giunto inaspettato e non può meravigliare dato che il nostro avvicinamento al Giappone in genere, ma particolarmente nel momento in cui aveva iniziato l'invasione della Cina, non poteva non portare a queste conseguenze.

Da parte dell'ambasciata e dei consolati dipendenti si cerca di arginare tale movimento di ostilità, per quanto riguarda l'Italia, ma è evidente che le possibilità sono molto limitate. Io ho accettato di parlare il 25 corrente ai membri della Camera dei Rappresentanti che si riuniscono nella stessa sede del Congresso in uno speciale Forum per discutere di politica estera. Siccome immagino che le questioni principali che mi saranno rivolte, a parte Etiopia e Spagna, saranno quelle relative al Giappone, salvo modifiche e complementi (che mi potranno pervenire in risposta al mio telegramma n. 5 dell'8 corrente) 3 , intendo attenermi alle linee seguenti: l) esistendo un patto anticomunista è evidente che l'Italia, data la sua ideologia e la sua politica non mai smentita, non poteva non aderirvi; 2) nella questione cino-giapponese il governo fascista mantiene una linea di assoluta neutralità e tende a ristabilire al più presto la pace; 3) constatazione che in Cina andava prendendo piede il comunismo con evidente minaccia della civiltà occidentale a cui appartiene anche l'America; 4) le cosiddette affermazioni filo-giapponesi non sono altro che la constatazione della superiorità militare del Giappone e quindi dell'interesse della Cina di accordarsi al più presto per risparmiarsi delle condizioni di pace più gravi; 5) l'atteggiamento a Bruxelles 4 è stato dettato da una visione eminentemente realistica, confermata dai fatti, quella di non incoraggiare la Cina in una resistenza disperata, ma di consigliarla invece di trovare al più presto un accordo diretto col Giappone.

Ritornando aiia nostra situazione in America, va fatta ancora un'altra osservazione: si fa qui una distinzione fra la posizione dell'Italia e quella della Germania, attribuendo maggiore responsabilità a noi che ai tedeschi per la campagna giapponese contro la Cina. Sebbene la Germania di Hitler incontri in questo Paese un'ostilità fondamentale, molto difficile a vincere e molto più seria di quella che incontri l'Italia fascista, nel momento attuale la situazione è rovesciata. Mentre si pensa che la Germania abbia bisogno della solidarietà degli altri Paesi fascisti per realizzare i postulati concreti del proprio programma nazionale ma che non abbia assunto una presa di posizione di ostilità preconcetta contro le Potenze democratiche (particolarmente l'Inghilterra e l'America), si vede invece nell'Italia piuttosto il fine preconcetto di combattere dette Potenze. Anche nella questione giapponese si mette in rilievo qui un certo riserbo da parte dei tedeschi di fronte a una netta posizione da parte italiana.

È chiaro che nel complesso giuoco della politica internazionale gli Stati Uniti d'America rappresentano per l'Italia un settore secondario o almeno di non preminente attualità. Tuttavia credo che un riguardo particolare meriti la politica americana attuale nei riflessi degli interessi italiani ed è il seguente: la reazione

che si determina in America contro quella che qui si qualifica la politica di aggressione degli Stati totalitari può spingere l'America ad uscire dalla sua stretta neutralità per mettersi a fianco delle nazioni democratiche. È quello che sta avvenendo qui ora, per quanto soggetto a limitazioni di ampiezza e di tempo. Se oggi si dicesse che l'America è pronta a scendere in campo a fianco delle Potenze democratiche contro gli Stati fascisti, si andrebbe al di là della verità, ma se si dice che da molte parti in America e anche da parte ufficiale si sta facendo una preparazione per tale eventualità, si dice probabilmente cosa esatta. Non c'è dubbio che l'inerzia pacifista ed anti-interventista del popolo americano è rilevante ma d'altronde si creano in questo Paese con una certa facilità degli stati d'animo di esaltazione che rovesciano le previsioni più caute. I sintomi che vanno rilevati in questo momento, secondo me, sono i seguenti: l) una reazione molto più tenue di quella prevista alle eccitazioni bellicose determinate dall'incidente del Panay; 2) il generale favore con cui sono state accolte le misure prese dal governo per rafforzare la difesa nazionale. In tale riguardo non bisogna svalutare lo sforzo che può fare l'America. Qui si possono raccogliere con una certa disinvoltura i miliardi necessari per portare gli armamenti a dei livelli iperbolici. C'è una proposta fra l'altro di Walter Lippmann di raccogliere con sottoscrizione pubblica un miliardo di dollari per sollecitare gli armamenti; nel bilancio in corso c'è già un miliardo di dollari dedicati a tale scopo. Io non escludo che oggi in America si possa avere l'impressione che lo sforzo fatto dagli Stati totalitari nel campo del riarmo sia arrivato press'a poco ai limiti delle loro possibilità mentre le grandi plutocrazie democratiche hanno ancora delle notevoli risorse e che quindi si voglia prevalersi di questa indiscussa superiorità nel campo delle possibilità finanziarie per minacciare ed eventualmente attuare una corsa agli armamenti di proporzioni tali da lasciare a distanza gli Stati che oggi, secondo l'opinione qui prevalente, avrebbero già compiuto il massimo sforzo. Comunque, ripeto, il Paese non porrà ostacoli al governo nella sua politica degli armamenti.

Tenuto conto di tutti questi elementi, io ritengo che non si possa né si debba aspettarci che la situazione nei nostri riguardi abbia a subire allo stato delle cose dei notevoli miglioramenti: noi oggi per gli americani siamo entrati nel campo ostile. Fino a che non subentri qualche nuovo elemento nella politica generale, non è da farci delle illusioni che quanto si potrà fare qui nel campo della propaganda e della chiarificazione porti a dei sensibili risultati.

Ma c'è un'altra osservazione che io voglio fare nel concludere questo rapporto ed è quella che il nostro intervento a favore del Giappone è stato come l'elemento che ha provocato una precipitazione chimica: tutte le ostilità diffuse e coltivate contro di noi per la questione etiopica, per la questione di Spagna e per tutti gli altri nostri atteggiamenti che non sono piaciuti in America, si sono oggi concentrate nell'ostilità per la nostra azione nel conflitto cino-giapponese. Ciò da un certo punto di vista costituisce un vantaggio per la nostra politica e ci apre delle possibilità che credo non vadano perdute di vista. Tutto quanto noi potremo fare, quando si presenti l'occasione favorevole per contribuire ad un equilibrio del Pacifico, che diminuisca la pressione del Giappone sulla Cina, troverà questo Paese particolarmente sensibile ed una chiarificazione della nostra situazione nei riguardi del Giappone porterà per la ragione anzidetta a una chiarificazione generale della posizione dell'Italia nei confronti degli Stati Uniti.

36 1 L'originale di questo documento non è stato ritrovato. Qui si pubblica il testo ritrasmesso dal ministero alle ambasciate a Berlino. Londra. Mosca. Parigi, Shanghai c Tokio.

36 2 Si riferisce all'affondamento della cannoniera statunitense Panay da parte dci giapponesi avvenuto il 13 dicembre 1937 (vedi serie ottava. vol. VII. D. 736. nota 2).

36 1 Non rintracciato.

36 4 Sull'atteggiamento italiano alla Conferenza delle Nove Potenze del 3-24 novembre 1937 a Bruxelles si vedano i documenti pubblicati nel volume settimo di questa serie ed in particolare i DD. 506, 561 e 566.

37

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, CROLLA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 231/14 R. Londra, 15 gennaio 1938, ore 2 (per. ore 6).

Monteiro, Woerman ed io ci siamo oggi riuniti per discutere questione del «progresso sostanziale» ed abbiamo esaminato quale atteggiamento converrebbe eventualmente adottare di fronte al predetto problema, la cui discussione sta ormai diventando imminente ed improrogabile.

A seguito lungo e approfondito scambio di vedute, abbiamo concordato sottoporre nostri governi le seguenti quattro possibili alternative allo scopo di facilitare la preparazione delle comuni istruzioni:

l) Insistere rigidamente per l'accettazione del punto di vista formulato nell'ultimo paragrafo della nota di risposta di Franco 1 , nel senso che il riconoscimento del diritto di belligeranza deve avvenire immediatamente e comunque prima dell'invio delle Commissioni in Spagna, appena avvenuto il ritiro dei 5 mila volontari.

(Ci siamo trovati d'accordo nel constatare che atteggiamento del genere bloccherebbe ogni ulteriore discussione su questo punto e verrebbe sfruttato dai nostri avversari per accusarci di aver fatto definitivamente naufragare il piano britannico).

2) Dichiarare che mancando l'accettazione da parte del Comitato del punto di vista di Franco, noi, allo scopo di non bloccare applicazione del piano britannico, ci asterremo dal votare eventuali conclusioni che emergeranno dalla discussione sul «progresso sostanziale».

(Ciò probabilmente si risolverebbe nell'approvazione da parte dei membri del Comitato di una cifra molto vicina 75 per cento proposta dagli inglesi come definizione del «progresso sostanziale»).

3) Adottare seguente linea di condotta: a) Insistere per formulazione di una dichiarazione da parte del Comitato con la quale, rispondendo alla nota di Franco, si riconosca perlomeno de facto il governo nazionale spagnolo; h) affidare alle Commissioni in Spagna compito discutere e concordare d'accordo con le due parti cifra del «progetto sostanziale».

(Questa alternativa presenterebbe il vantaggio di non impegnare nostri rappresentanti nel fissare una cifra non corrispondente alle vedute di Franco. Viceversa presenterebbe lo svantaggio di conferire una eccessiva libertà di negoziati con sfondo politico alle Commissioni, le quali ~-sotto l'inevitabile controllo della segreteria

(che siede a Londra) e quindi del Foreign Office -potrebbero apnre la strada all'influenza britannica in Spagna). 4) Oppure: a) insistere per sopraindicata dichiarazione affinché si riconosca de facto governo di Salamanca; b) dichiarare che a queste condizioni siamo disposti accettare discussione sul problema della proporzione da stabilirsi per definire «progresso sostanziale».

(Questa alternativa presenta lo svantaggio di condurci in definitiva ad accettare una cifra che difficilmente potrà essere inferiore al 50 per cento. Ci consente viceversa di legare la questione stessa con una serie di altri problemi sottoposti al Comitato, offrendoci così più ampio campo di manovra.

37 1 Vedi D. 3!, nota 3.

38

L'AMBASCIATORE A TOKIO, AURITI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S.N.D. 236/41 R. Tokio, 15 gennaio 1938, ore 21 (per. ore 16).

Questo ambasciatore Germania mi confermò nei giorni scorsi giapponesi avevano insistito fermamente presso tedeschi perché Chiang Kai-shek non tardasse dare risposta. Avevano posto termine perentorio 15 corrente.

In seguito pressioni tedesche, cinesi hanno fatto conoscere iersera aver preso atto delle richieste giapponesi e desiderano delucidazioni ufficiali sui noti quattro punti. A chiarimento di tale domanda cinese, ambasciata di Germania mi dice che Hirota gli aveva chiesto di comunicare a Chiang Kai-shek interpretazione quattro condizioni non come espressione governo giapponese ma come impressione questo ambasciatore germanico.

Mio collega tedesco ha portato iersera a Hirota la risposta cinese. Il ministro degli Affari Esteri l'ha accolta con malumore e si è riservato sottoporla al Consiglio dei ministri. Ha aggiunto che di quanto sopra e dell'ulteriore seguito i giapponesi avrebbero informato anche me.

Tedeschi dimostrano consueta fiducia che trattative non sono da considerarsi fallite. Verbalmente mi viene confermato da buona fonte che recente Consiglio Imperiale ha deciso soltanto rafforzamento politico dell'azione finora seguita verso Cina appunto per il caso riluttanza o tergiversazioni a trattare. Correnti militarista e nazionalista prevedono questa seconda alternativa. Non si sarebbe discussa, né prevista, dichiarazione di guerra, né rottura rapporti diplomatici e neppure per il momento almeno dichiarazione decadenza Chiang Kai-shek e riconoscimento nuovo governo Pechino. Viceversa decisione riguarderebbe ulteriore condotta militare e diplomatica. Anche per quanto riguarda azioni su Canton e Hong-Kong queste vengono per il momento rinviate.

39

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, ALL'AMBASCIATORE A SALAMANCA, VIOLA

T. PER CORRIERE 50 R. Roma, 15 gennaio 1938.

Telespresso di V.E. n. 4538/1685 del 24 dicembre u.s. 1

Approvo le istruzioni da V.E. impartite al R. console in San Sebastiano, e prendo atto di quanto l'E.V. ha comunicato circa la questione dei prigionieri baschi che risulta seguire un corso conforme alle assicurazioni date al R. governo dal Generalissimo Franco.

Con l'occasione, la informo che ho ricevuto un altro telegramma dal deputato Lansbury 2 , di cui le trascrivo qui di seguito, il testo:

«Molti amici mi rivolgono di nuovo urgenti premure in favore dei prigionieri baschi circa i quali vi ho rivolto il seguente telegramma il 9 settembre 1937 3 . Vi prego di usare i vostri buoni uffici presso il generale Franco per ottenere il rilascio in libertà dei membri del partito dirigente politico civile, ufficiali e funzionari del governo basco che si arresero domenica 29 agosto al generale Mancini e degli ufficiali in custodia al tenente colonnello Cergasi ed ai colonnelli Farina e Picche. La resa venne seguita da un accordo contenente tre condizioni, la seconda delle quali era di porli in salvo all'estero. Il generale Mancini ha nel modo più onorevole adempiuta la parte principale dell'accordo ma quei civili e quegli ufficiali sono ancora detenuti a Santona e Laredo il che rappresenta una rottura dell'accordo. Qui in Inghilterra si nutrono gravissimi timori per la loro presente e futura incolumità. Sono richiesto da molta gente di questa Nazione di rivolgervi questo appello affinché vogliate fare tutto il possibile perché l'impegno preso dal generale Mancini venga onorevolmente mantenuto ed a quei prigionieri sia concesso di lasciare il Paese secondo l'accordo. Vi rivolgo l'appello certo che se potrete usare la vostra influenza in tal senso ed a quei prigionieri sarà concesso di ottenere la libertà promessa dal generale Mancini qualcosa sarà stato fatto per mitigare gli orrori di quel terribile conflitto.

Quegli uomini sono ancora in prigione e si dice che molti siano stati uccisi e parecchi siano in pericolo di uguale destino. Qui vi è grande indignazione che la parola data dal generale Mancini venga così disonestamente mantenuta. Debbo fervidamente chiedervi di usare ogni possibile sforzo per salvare quegli uomini ed assicurare a loro la libertà di lasciare la Spagna secondo quanto venne promesso dal generale Mancini come principale condizione della loro resa».

R. ambasciata non manca di intervenire, come ha già fatto, in casi particolari che richiedono uno

speciale interessamento». 39 2 Il telegramma di Lansbury è datato 4 gennaio. Ha il visto di Mussolini. 39 3 Si veda in proposito serie ottava, vol. VII, D. 353, nota l.

Ho interessato la R. ambasciata in Londra a far conoscere al deputato Lansbury che la questione è sempre presente al R. governo 4 . Le confermo intanto le istruzioni di cui al mio telegramma n. 13996 dell' 11 settembre scorso anno 5 , e la prego alla prima favorevole occasione di intervenire se necessario, nuovamente e nella maniera più opportuna presso il generale Franco raccomandando clemenza a favore dei 300 baschi condannati a morte che foglio del C.T.V. del 7 novembre

n. 335 6 indicava come meritevoli provvedimenti di grazia.

39 1 Avvertiva il console a San Sebastiano, Cavalletti, di non rispondere alla lettera che gli era stata inviata dal sacerdote basco Onaindìa. con il quale Cavalletti aveva avuto frequenti contatti durante le trattative per la resa, in cui gli si chiedeva di intervenire in favore dei prigionieri baschi. «La questione ~-aggiungeva l'ambasciatore Viola -viene seguita dalla R. ambasciata e dalla delegazione italiana presso il Generalissimo e risulta seguire un corso conforme alle assicurazioni date al R. governo dal Generalissimo stesso. Eccezione viene fatta naturalmente nei riguardi dei colpevoli di delitti comuni. La

40

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, BASTIANINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

APPUNTO. Roma, 15 gennaio 1938.

L'Ambasciatore del Brasile è venuto ieri a vedermi. Dopo avermi parlato di cose insignificanti e del fatto che non ci vedevamo più da alcuni mesi, mi ha detto che desiderava far sapere a Vostra Eccellenza che il lungo periodo durante il quale egli si era astenuto dal venirLa a visitare non dovesse aver alcuna interpretazione inesatta.

Egli pregava di rendersi conto della situazione speciale nella quale il Presidente Vargas si è venuto a trovare compiendo da solo senza l'appoggio di nessun partito politico preorganizzato il noto gesto di audacia. Un compito gravissimo pesa sulle spalle di Vargas nella politica interna perché si tratta di organizzare la forza politica che gli occorre, impedendo ai suoi avversari di formarsene una propria; all'estero per impedire che si facciano dei ricatti di natura economica e finanziaria al Brasile. Si dovrà evitare ad esempio che l'America cessi l'importazione del caffè brasiliano.

Il Presidente Vargas gli ha fatto scrivere una lettera pregandolo di far sapere a Roma che i suoi sentimenti nei confronti del Fascismo non sono mutati. Che egli persegue gli stessi scopi, ma che prima di procedere ai necessari sviluppi egli deve farsi le ossa ed assicurarsi contro ogni sorpresa che gli possa venire dall'interno e dall'estero.

L'Ambasciatore mi ha infine con alcune perifrasi accennato agli italiani che sono in Brasile ed alla forza che essi rappresentano specialmente nello Stato di San Paolo anche per le parentele che molti di essi hanno acquisito in varii ambienti politici finanziari del Brasile. Mi ha citato il caso del Prefetto di San Paolo, sposatosi con una italiana, per sottolineare che l'appoggio di quella forza al Presidente Vargas sarebbe non certamente trascurabile.

39 r, Vedi ibid., D. 480, nota 3.

Non gli constava che il R. Ambasciatore fosse andato finora a San Paolo dove invece, anche in considerazione di quanto sopra, forse una sua visita sarebbe opportuna.

Dopo avermi detto che aveva parlato con me in maniera del tutto confidenziale, visto che spesso avevamo parlato insieme in passato del Fascismo, dei suoi principì e della sua azione, egli teneva a farmi sapere che il Brasile avrebbe marciato in quella direzione e che era certo che gli italiani colà residenti avrebbero dato il loro appoggio in questo senso.

Mi ha detto che domanderà prossimamente di vedere Vostra Eccellenza per intrattenerLa su argomenti di una certa importanza.

39 4 Con T. 51 R. del 15 gennaio, Ciano aveva comunicato a Londra il testo del telegramma di Lansbury aggiungendo: «Prego V.S. informare, nel modo che riterrà più opportuno, il deputato Lansbury che la questione dei prigionieri baschi è sempre presente al R. governo e che vi sono affidamenti di favorevole corso. Eccezione viene fatta da parte spagnola nei riguardi dei delitti comuni, mentre negli altri casi, oltre all'azione di carattere generale, non si manca di intervenire a favore dei singoli che meritino uno speciale interessamento. Confermi che R. governo continua ad interessarsi».

39 5 Vedi serie ottava, vol. VII, D. 353, nota l.

41

L'AMBASCIATORE A TOKIO, AURITI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

RAPPORTO SEGRETO 40}13. Tokio, 15 gennaio 1938 (per. il lo mar::o).

Credo dover esporre a V.E. alcune mie considerazioni sul recente patto e sulla politica estera degli Stati che esso unisce; premettendo però che queste sono fondate soltanto sugli elementi di giudizio che possono vedersi o scorgersi da qui.

Il Patto Tripartito, pur essendo unico nel contenuto, ha un valore diverso per i suoi firmatari. Per la Germania esso ha oggi, come aveva nel '36 quando il Giappone ne era il solo altro contraente, un valore se anche non esclusivamente, almeno principalmente anti-russo e solo secondariamente anti-inglese; quest'ultimo valore anche se esisteva nel '36 sembra oggi essersi ridotto a nulla o quasi, per quanto riguarda l'Estremo Oriente, giacché la Germania mostra ora qui voler adoperarsi a rassicurare la Gran Bretagna non esservi alcuna tendenza anti-inglese nella propria politica verso Tokio. Per il Giappone il patto ebbe nel '36 valore non solo anti-russo ma anche anti-inglese; può darsi che allora il primo uguagliasse il secondo o anche lo superasse ma oggi, dopo il conflitto con la Cina, la politica di Londra verso Nanchino e l'indebolimento di Mosca, esso ha valore più anti-inglcse che anti-russo. Per l'Italia firmataria del '37 esso è prevalentemente se non esclusivamente anti-inglese.

Queste tre interpretazioni dello stesso patto corrispondono alla politica dei tre Stati firmatari verso la Russia e verso l'Inghilterra. Rammento un rapporto della

R. ambasciata in Berlino nei primi tempi della guerra etiopica, nel quale si diceva che quel ministero per gli Affari Esteri si mostrava molto cauto nei suoi discorsi sull'Inghilterra e faceva chiaramente comprendere la volontà tedesca di non doversi trovare a combattere di nuovo con la Gran Bretagna in una futura guerra. Queste parole mi sono rimaste in mente e pur tra le alterne vicende della politica tedesca verso Londra da allora a oggi mi è sembrato vedersi provare il fondamento di quel giudizio. La Germania, sia che riabbia in tutto o in parte le sue colonie, sia che, come mi sembra più verosimile, non le riabbia, non muterà il suo piano di conquista in Russia. Il patto del '36 con il Giappone rispondeva appunto a questa sua necessità: in una guerra germanica contro la Russia nessuno appare alleato più naturale per ragioni politiche e geografiche, sicché fino a tanto che si è rimasti e si rimane entro quei limiti l'intesa fra i due Stati può considerarsi piena e durevole. I tedeschi tuttavia, che hanno gloriosissime tradizioni filosofiche e sono quadrati ragionatori, errano spesso nelle premesse, dalle quali poi deducono con rigore di logica conseguenze non valide ma tanto più pericolose in quanto il sillogismo non è formalmente viziato e dà quindi a quelle l'aspetto di indisputabili verità. L'errore della premessa è che non può nello stato presente delle relazioni internazionali pensarsi a una guerra della Germania contro la Russia che non susciti una nuova lotta mondiale e non obblighi quindi anche l'Inghilterra a prendervi parte. Quell'errore dei tedeschi è stato aggravato nei suoi risultati dal difetto germanico, che del resto è comune a altri popoli quale ad esempio appunto l'inglese, di credere che il proprio particolare interesse corrisponda a quello universale. Convinti quindi di poter attuare il loro piano contro la Russia evitando di attirarsi anche l'ostilità dell'Inghilterra, i tedeschi sono stati altresì convinti che tale dovesse e potesse essere anche la politica del Giappone, non comprendendo come una vittoria del Giappone sulla Russia, a differenza di una vittoria della Germania su di questa, addurrebbe solo vantaggi politici e militari e quindi non soddisferebbe i bisogni di espansione di quello. Secondo Berlino, Tokio avrebbe dovuto prepararsi soltanto alla guerra contro Mosca e farla soltanto insieme con Berlino e quindi quando a Berlino fosse convenuto. L'inizio pertanto delle ostilità giapponesi in Cina fu accolto dai tedeschi con molto risentimento; e anche per altre ragioni oltre alle già dette e cioè perché turbava il corso degli ottimi affari che vi andavano concludendo per mezzo dei loro istruttori militari e dei loro agenti commerciali, annullava il loro disegno di unire Cina con Giappone contro Russia, faceva sorgere il pericolo di complicazioni internazionali con altri Paesi e specialmente con l'Inghilterra: già le era di per sé difficile di prender posizione fra un Giappone alleato e una Cina amica, e assai più difficile e anche compromettente le sarebbe stato se un giorno a tale conflitto si fosse aggiunto quello maggiore fra Giappone e Inghilterra. Simile risentimento, che apparve subito, non è tuttora cessato e non si è neanche velato sempre almeno di prudenza con lo svolgersi della lotta: ne fu e rimane manifestazione principale l'asserzione germanica che il conflitto avrebbe impoverito così di uomini come di armi e capitali entrambi i combattenti e giovato quindi alla fine solo alla Russia, non desiderosa d'altro che di trarre dalla sua una Cina divenuta comunista, per sconfiggere poi con questa il Giappone. E non avendo potuto impedire il conflitto sperò e cercò la Germania ch'esso fosse quanto più ristretto e breve possibile, perché ciò avrebbe tanto meno danneggiato la sua presente condizione e turbato i suoi piani futuri. Con tali speranze e con tali propositi continuò a fornire di armi la Cina e vi lasciò a dirigere le operazioni belliche i propri istruttori militari per rafforzare la resistenza del governo di Nanchino; disse per interesse, e fors'anche credette per amor proprio, che tale resistenza sarebbe stata così valida da indurre il Giappone a preferire a una disastrosa vittoria dopo una lunga guerra i minori benefici d'una pace di compromesso, a contentarsi di vantaggi nella Cina settentrionale e a rinunciare a Shanghai e al resto, il che, caso o calcolo, sarebbe convenuto oltre che alla Germania anche all'Inghilterra. Mediatrice di una siffatta pace sarebbe stata Berlino e verso Berlino Giappone e Cina avrebbero poi avuto debito di gratitudine con susseguenti benefici morali politici e economici per la Germania.

Il sopravvenuto patto cino-russo di non aggressione 1 non mutò che di poco e solo formalmente la sua politica: disse che Mosca non si trovava in condizioni di aiutare efficacemente Nanchino, e che le tendenze comuniste di Nanchino erano apparenti, passeggere e forzate. Continuarono così con gli aiuti alla Cina le critiche al Giappone, non solo di questi corrispondenti dei giornali tedeschi, ma più o meno di tutti i componenti di questa loro ambasciata e specie del suo addetto militare che, andato a Shanghai, non vi parlò sempre con molta considerazione dell'esercito giapponese e tornatone distribuì agli altri ufficiali di questo ministero della Guerra una sua relazione in cui si affermava che per lungo tempo quella città sarebbe rimasta imprendibile. E così è avvenuto che, come ha detto pochi giorni fa in una intervista con un giornalista giapponese l'ex ambasciatore Mushakoji di ritorno da Berlino, un mese dopo che vi erano giunti rapporti di militari tedeschi in Estremo Oriente, secondo cui sarebbe occorso ancora un anno se non due per la completa conquista di Shanghai, vi giungeva la notizia che la città era tutta nelle mani dei giapponesi; quella della caduta di Nanchino vi è giunta non molto dopo, e quella della presa di altre città vi sarà certo giunta quando questo rapporto perverrà a V.E. Però i tedeschi non si sono dati per vinti, e con quella loro tenacia, che è una grande qualità quando sia diretta a scopo conseguibile, stanno cercando da qualche settimana di metter su un negoziato di pace che dovrebbe tra l'altro servire a rafforzare Chiang Kai-shek e il suo governo, condizione favorevole per la prosecuzione della propria politica in quella repubblica. Ma a tale tentativo nessuno ha qui previsto il successo e le previsioni pare vadano avverandosi.

È stato errore fondamentale dei tedeschi non comprendere come il patto anticomunista non potesse avere per il Giappone soltanto un valore anti-russo; o, se lo avevano compreso, credere di poter persuadere o forzare il Giappone a non dargliene altro. I bisogni più gravi ed urgenti di questo Impero, specie ora che la Russia non lo preoccupa più, sono quelli di espansione, che certo Vladivostok e il suo territorio retrostante non soddisferebbero. La conquista di Vladivostok avrebbe per il Giappone un valore negativo, significherebbe l'annullamento della minaccia sociale e militare della Russia; ma la Russia, se mai è stata prima, non è ora una grave minaccia per il Giappone e la politica di un Paese giovane di propositi e di forze non può restringersi ad impedire l'azione degli altri ma deve essere diretta a svolgerne una propria. Il primo scopo di questa azione è la Cina, ma il maggiore l'ultimo e il fatale è non la Russia che poco può ora, bensì l'Inghilterra, l'inevitabile rivale di qualunque Stato voglia espandersi in Asia. Ciò era qui già prima compreso da molti; ma il contegno della Gran Bretagna nel conflitto cinese, mentre ha rafforzato il loro giudizio, ha fatto mutare parere a molti ingenui ch'erano in buona fede ancora amici dell'antica alleata e ha reso prudenti coloro che per cecità o calcolo non hanno ancora cambiato animo. Coloro che più presto e meglio l'avevano compreso sono stati i militari e i nazionalisti, e gli uni e gli altri, quelli ai nostri due addetti, questi a me, hanno perciò, più chiaramente di altri, espresso il loro rincrescimento e anche il loro risentimento per il contegno dei tedeschi verso la Cina e l'Inghilterra da un canto e verso il

Giappone dall'altro. Appunto i militari e i nazionalisti preoccupano questa ambasciata di Germania, che teme con una loro più larga partecipazione al governo un contegno più deciso oltre che verso la Cina anche verso l'Inghilterra e più atto a suscitare complicazioni; e sostiene quindi Hirota e la sua politica di va e vieni vaselinato. Uno dei risultati pratici di tale stato d'animo anti-tedesco (ch'io e per mie istruzioni gli addetti militari abbiamo cercato mutare) è che, non solo ci sono state rinnovate particolari dichiarazioni di sentimenti di gratitudine e di amicizia nonché propositi di stretta collaborazione economica, ma ci sono anche state talvolta date notizie che da discorsi con i tedeschi sono apparse esser state taciute loro. Non voglio trarre da queste premesse esagerate conseguenze; la posizione della Germania rimane qui forte militarmente e economicamente e anche per quanto riguarda la cultura. Ma è certo che tale posizione è oggi assai meno buona che non fosse prima dell'inizio del conflitto cinese malgrado la firma del Patto Tripartito; anzi, forse in parte a causa di esso, perché oggi l'amicizia dell'Italia consegnata formalmente in quell'atto induce più facilmente il Giappone a guardare a questa anche come consolazione e compenso per le disillusioni e i danni della politica germanica e a sentire più forti quelle e questi per via del paragone che ora può fare tra il contegno dei due alleati. Naturalmente la propaganda inglese se ne vale; essa, che non può trovare appiglio a lavorare contro di noi, mostra per la Germania minore considerazione che questa non mostri ora qui per la Gran Bretagna e ripete essa stessa e fa ripetere dagli anglofili giapponesi che se Londra aiuta la Cina con le armi, la Germania la aiuta oltre che con le armi anche con gli istruttori. Ciononostante il risentimento verso gli inglesi è il maggiore, e più che di risentimento dovrebbe parlarsi di sempre crescente inimicizia. Un serio uomo di affari di Osaka, e cito a caso persona tratta da campo diverso di quello dei militari e dei nazionalisti, mi assicurava tempo fa che dall'isola più settentrionale a quella più meridionale del suo Paese, tutti i giapponesi sono ora convinti che ogni soldato morto in Cina è stato ucciso per colpa degli inglesi.

La reciproca posizione geografica e gli interessi politici concomitanti sono il fondamento su cui s'è levato il patto tra Roma e Tokio, ma questa comune opinione giapponese ne è il migliore cemento. Geografia interessi e sentimenti concorrono a dar solidità all'amicizia di questo Paese, a interpretare il patto, a confermare l'utilità.

41 1 Trattato di non aggressione tra Cina e Unione Sovietica del 21 agosto 1937 (MARTENS, vol. XXXVI, pp. 681-682).

42

IL MINISTRO A VIENNA, GHIGI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

RAPPORTO 175/102. Vienna, 15 gennaio 1938 (per. il 17).

Ho a volta a volta informato l'E.V. circa vari incidenti o manifestazioni che sovrapponendosi alle note cause preesistenti, profonde e latenti, e susseguendosi ai vari recenti e non sopiti contrasti, hanno determinato un certo oscuramento dell'atmosfera dei rapporti fra Austria e Germania.

Di questi incidenti, e in generale della mancata osservanza dell'Accordo dell'I I luglio, le due parti in causa tendono ad attribuire l'una all'altra le responsabilità.

Così, il dottor Schuschnigg si è mostrato ancora nei giorni che hanno immediatamente preceduto la sua partenza per Budapest 1 , amareggiato e sfiduciato nei riguardi della Germania e delle possibilità di una intesa sincera fra Vienna e Berlino.

E così, per converso, il signor von Papen, si è meco lamentato della persistente poco buona volontà austriaca, domandandomi anche amichevolmente di adoperarmi, in quanto in mio potere, per provocare un miglioramento dell'atmosfera.

È naturalmente inutile che io accenni, sia pur di sfuggita, alla sostanziale impossibilità di un accordo stabile e duraturo ed all'equivoco fondamentale che è alla base delle relazioni fra il governo di Vienna e quello di Berlino, come pure alle gravi difficoltà che si oppongono ad una intesa, sia pure superficiale e provvisoria ma sincera e rispettata tra i due Paesi.

Giova tuttavia sperare che il benefico influsso della riunione di Budapest dei cui risultati governo austriaco e legazione germanica si dichiarano altamente soddisfatti anche in relazione ai loro rapporti reciproci, contribuisca a rasserenare anche l'oscurata atmosfera austro-germanica.

È certo intanto che la Stimmung dei dirigenti austriaci è dopo Budapest, molto migliore: i nervi si sono distesi e se pertanto non saranno per questo eliminati i pressoché inevitabili incidenti, è però probabile che -almeno per qualche tempo -questi siano liquidati con minori difficoltà senza drammatizzarli e, per quanto possibile, senza strascichi penosi.

43

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, ALL'AMBASCIATORE IN CINA, CORA

T. S.N.D. 55/27 R. Roma, 16 gennaio 1938, ore 1,30.

Telegramma di V.E. n. 23 1•

Prego V.E. far sapere a Kung che ho preso atto con compiacimento delle sue dichiarazioni e che ho incaricato R. ambasciatore a Tokio 2 di agire presso quel governo nel senso da lui desiderato. È necessario però che anche da parte cinese si dia prova di un maggiore senso di comprensione della realtà. Dichiarazioni come quelle di cui al telegramma di V.E. n. 38 3 non sono certamente atte a facilitare il ristabilimento della pace in Estremo Oriente. Prego comunicare a Tokio 4 .

43 Vedi D. 30.

42 1 Per la conferenza itala-austro-ungherese del l 0-12 gennaio.

43 2 Con T. s.n.d. 54/24 del 16 gennaio, non pubblicato.

43 3 Non rintracciato.

43 4 Di tuttociò fu data comunicazione all'ambasciata a Berlino con l'incarico di informarne il governo tedesco (T. s.n.d. 689113 P.R. del 16 gennaio). Attolico rispondeva che, secondo le notizie pervenute alla Wilhelmstrasse, qualsiasi negoziato tra Cina e Giappone era stato interrotto (T. s.n.d. 260117 R. del 17 gennaio).

44

L'AMBASCIATORE A TOKIO, AURITI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S.N.D. 245/43 R. Tokio, 16 gennaio 1938, ore 20 (per. ore 10,15).

Hirota mi ha ora chiamato e rimesso copia della dichiarazione confidenziale che aveva consegnato poco prima all'ambasciatore di Germania.

In essa, tra ringraziamenti al principio e alla fine per il governo tedesco, si dice che la risposta cinese è dilatoria e non rivela alcuna vera intenzione di pace e che perciò governo giapponese abbandona con rincrescimento presenti negoziati ed ha deciso trattare questione da un punto di vista completamente nuovo.

Hirota mi ha inoltre rimesso testo di una dichiarazione che sarà data oggi stesso alla stampa e in cui si afferma che il governo giapponese cesserà dal trattare con l'attuale governo cinese ma invece mirerà promuovere costituzione nuovo regime, cooperando per fare sorgere una nuova Cina, sempre rispettando integrità territoriale e sovranità di questa, nonché diritti ed interessi altre Potenze 1 .

Chiestogli se il nuovo regime sarebbe stato l'attuale governo di Pechino ha risposto che esso ne sarebbe stato forse soltanto la base. Chiestogli altresì se la ripresa libertà d'azione significasse fra l'altro l'occupazione di Canton, non l'ha né affermato, né negato.

Ho osservato che io non avevo mai creduto alla riuscita di questi negoziati.

Probabilmente si ripeterà almeno in parte quanto avvenne in proporzioni minori per la Manciuria. Giapponesi prenderanno quello che vorranno e costituiranno un nuovo governo visto che il vecchio non riconoscerà l'avvenuto e come non vi è stata dichiarazione di guerra non vi sarà trattato di pace.

Comunicato Roma e Shanghai.

45

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, AL MINISTRO AD ATENE, BOSCARELLI

T. 56/7 R. Roma, 16 gennaio 1938 1•

Suo rapporto 119/14 2 . Vada pure dal presidente Metaxas. Ascolti quanto le dice e mantenga un atteggiamento di freddezza 3 .

44 1 La dichiarazione a cui si fa qui riferimento era costituita dalla delibera presa l'l l gennaio precedente dalla Conferenza Imperiale. Il testo del comunicato, diramato il 16 gennaio, è in Relazioni lntena:-.ionali, p. 64.

45 1 Manca l'indicazione dell'ora di partenza.

45 2 Non rintracciato.

45 3 Per il colloquio del ministro Boscarelli con Metaxas si veda il D. 49.

46

IL MINISTRO A TIRANA, JACOMONI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

APPUNT0 1 . Tirana, 16 gennaio 1938.

Il Re ha inviato oggi in Legazione il Generale Sereggi con preghiera di volermi recare al più presto a Roma per comunicare da parte sua in via del tutto riservata a Vostra Eccellenza che le doti fisiche, morali e intellettuali della Contessina Geraldina Apponyi, condotta a Tirana dal Generale Ghyczy, già Addetto Militare a Roma, hanno fatto su di lui sensibile impressione.

La Signorina Apponyi, che ha 22 anni, è, per il codice ungherese, sottoposta all'autorità del tutore fino al 24° anno. Occorre quindi mettersi in contatto con lui prima di prendere in considerazione un eventuale progetto di matrimonio con la Signorina Apponyi.

Zog, nella sua devota amicizia per Vostra Eccellenza desidera informarla subito di questa eventualità che egli spera possa incontrare il favore dell'Eccellenza Vostra. Quando il progetto avesse preso nella sua mente forma concreta e qualche tempo prima di darne conoscenza ai suoi più intimi e al suo Governo, il Re si riserverebbe di far pervenire a Vostra Eccellenza una nuova comunicazione per sottoporre il progetto stesso al Suo giudizio.

Il Re tiene ad esprimere al Duce e a Vostra Eccellenza tutta la sua più viva gratitudine per i tentativi fatti di ricercargli una compagna in Italia. In questi tentativi egli ha visto il miglior segno dell'amicizia che Vostra Eccellenza ha per la sua persona. Egli lo aggiunge alle tante prove di benevolenza già dategli. Il suo debito morale verso l'Italia fascista rimarrà ancora più grande se egli non potrà dividerlo, come aveva sperato, con una sposa italiana.

Nel farmi fare questa comunicazione il Re ha tenuto a confermare «che, né per una moglie, né per qualsiasi causa potranno venire alterati gli intimi rapporti di sentimento, di interesse c di ogni altra natura che uniscono profondamente il suo Regno all'Italia fascista. Il Popolo albanese mantiene la parola data: tanto più deve mantenerla lui che è l'esponente della sua razza» 2 .

47

L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, PRUNAS, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. URGENTISSIMO 264/1 l R. Parigi, 17 gennaio 1938, ore 14,45 (per. ore 17,15).

Con mio fonogramma stampa do notizia successivi sviluppi crisi ministeriale che mutano del resto di ora in ora.

Nel momento in cui telegrafo sembra probabile nuovo ministero Chautemps con maggiore orientamento verso centro.

Segnalo vivacissimi attacchi comunisti contro Chautemps e Delbos. Tali attacchi sarebbero soprattutto motivati dalla persuasione che Chautemps nella sua ultima visita a Londra avrebbe assicurato Chamberlain che se e quando intervenisse un accordo generale europeo, radicali francesi sarebbero disposti a disinteressarsi del patto franco-sovietico.

Mi si assicura che al suo ritorno dal suo viaggio nell'Europa Centrale, Delbos nel rendersi conto della vastissima corrente anti-bolscevica constatata dappertutto, alluse alla possibilità che la Francia possa tra breve essere costretta a scegliere fra le sue vecchie amicizie polacco-danubiane e il trattato con Mosca.

È del resto voce corrente che opposizione comunista che ha provocato attuale crisi di governo sia stata provocata appunto da ostilità contro Chautemps-Delbos, giudicati come poco favorevoli alla estensione del trattato franco-sovietico richiesto dai sovietici. Pressioni sarebbero state tentate in questo senso da Litvinov presso ambasciatore di Francia a Mosca 1•

Si assicura d'altra parte che a Londra e Washington sono state fatte e sono tuttora in corso vive pressioni presso governo francese per sottolineare necessità mantenere accordo monetario tripartito, che esclude il controllo dei cambi richiesto dai socialisti.

Questa stampa ha sottolineato contegno obiettivo nostri giornali nei confronti crisi francese. Converrebbe insistere su tale atteggiamento, soprattutto nel caso che un nuovo ministero Chautemps dovesse in tutto o in parte sboccare in una rottura Fronte Popolare e in maggiore orientamento verso centro 2 .

46 1 Non si è trovata documentazione circa il modo in cui questo documento è stato fatto pervenire a Roma.

46 2 Il documento ha il visto di Mussolini.

48

L'AMBASCIATORE A TOKIO, AURITI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 265/46 R. Tokio, 17 gennaio 1938, ore 21,10 (per. ore 18).

Fallite proposte negoziati fatte forse piuttosto per salvare apparenza e contentare Germania, dichiarazione dei giapponesi di ripresa di una libertà d'azione 1 , che non avevano d'altronde mai perduto giacché operazioni belliche erano intanto continuate, non mi sembra abbia molta importanza.

Operazioni proseguiranno e forse con più accentuati risultati militari; con

o senza concorso Cina negoziati saranno identici perché Giappone le prenderà quello che vorrà.

Con conquista Nanchino si può dire che in linea di massima non v'è più per Giappone dal punto di vista militare questione da risolvere con la Cina. Vi è invece

47 2 Il governo Chautemps veniva effettivamente costituito il 18 gennaio. 48 1 Vedi D. 44.

un'altra questione e assai più grave e cioè cosa farà Giappone in seguito. Più di seicentomila uomini sono già stati a causa conflitto chiamati alle armi e trasportati in Cina e vi si trovano equipaggiati, armati, agguerriti, esaltati dalle vittorie mentre situazione internazionale non potrebbe essere più favorevole come è stato confermato da qualche tempo anche dal modo nel quale si sono risolti incidenti per bombardamento navi da guerra inglese e americana. Vorrà Giappone non sfruttare oltre tale propizia condizione di cose e fare rimpatriare parte di tante sue truppe parecchie delle quali non hanno neanche combattuto accrescendo forse anche loro malcontento per difficoltà ridare subito lavoro a centinaia di migliaia di uomini? E se non vorrà dove e contro chi volgerà le sue mire?

Confidenze di militari e vari provvedimenti interni di natura bellica fanno pensare che forse altro si prepara e in un avvenire non molto lontano. Questione mi sembra di grandissima importanza e meritevole di ogni nostra attenzione.

47 1 Robert Coulondre.

49

IL MINISTRO AD ATENE, BOSCARELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE RISERVATO 301/06 R. Atene, 17 gennaio 1938 (per. il 19).

Il presidente Metaxas che ho visitato stamane mi ha detto che aveva chiesto di vedermi non perché aveva alcunché di speciale da dirmi ma perché desiderava d'intrattenersi con me in una maniera generale sui rapporti fra i nostri due Paesi. Mi pregava anzi di considerare la nostra conversazione come esclusivamente amichevole e personale.

Dopo aver premesso che la Grecia aveva visto con gran piacere il miglioramento dei rapporti fra l'Italia e la Jugoslavia perché tale miglioramento facilitava la sua posizione nell'Intesa Balcanica, egli mi ha detto di avere l'impressione che l'atmosfera fra Italia e Grecia fosse da qualche mese a questa parte diventata più fredda e mi ha chiesto se io condividevo questa sua impressione. «Temo che in Italia -egli ha detto -vi sia una certa diffidenza a nostro riguardo e che voi ci consideriate come troppo legati all'Inghilterra. Mi è stato riferito che un'alta personalità italiana, della quale vi prego di non chiedermi il nome, avrebbe recentemente affermato che il governo italiano ritiene che in caso di conflitto mediterraneo la Grecia si troverà dalla parte dell'Inghilterra. Tale impressione è falsa. Noi non desideriamo che una cosa e cioè l'accordo fra l'Italia e l'Inghilterra ed io sono sicuro ed ho ragioni fondate di ritenere che a tale accordo si arriverà presto. Ma in ogni modo, indipendentemente dalla realizzazione di tale accordo, la nostra politica è una politica di equilibrio. La Grecia è troppo piccolo Paese per mettersi decisamente contro una delle due grandi Potenze mediterranee. Non esiste nessun accordo segreto fra noi e l'Inghilterra. Alcune nostre manifestazioni esteriori vi fanno forse pensare il contrario ma io debbo dirvi che ho vivamente rimpianto che non mi sia stata data l'occasione di fare identiche e forse più grandi manifestazioni in favore dell'Italia. Mi è dispiaciuto che la stampa italiana ha dato alla visita del Re di Grecia in Italia 1 minor rilievo di quello che le hanno dato la stampa francese e la stampa inglese. Avrei visto con immensa soddisfazione che durante il suo soggiorno a Roma fosse stato offerto al nostro Sovrano un pranzo o dal Duce o dal conte Ciano. Mi sarei valso di ciò per fare dare dalla stampa greca gran rilievo alla visita. Mi è dispiaciuto ancor di più che il duca di Spoleto non abbia potuto intervenire al matrimonio del diadoco. La sua presenza ad Atene mi sarebbe servita per organizzare una manifestazione molto più importante di quella organizzata in onore dei duchi di Kent».

Ho risposto al generale Metaxas che constatavo come da buon stratega egli aveva preso l'offensiva ed aveva portato la conversazione su argomenti che -in senso contrario -avevano anche attirato la mia attenzione ma che mi avevano condotto a conclusioni differenti dalle sue.

Poiché egli mi domandava su di essi il mio avviso io non potevo non darglielo. Parlavo però anch'io a titolo strettamente personale. La Grecia aveva ragione di compiacersi dell'accordo italo-jugoslavo giacché questo, come io gli avevo a suo tempo dichiarato d'ordine di V.E. 2 , non era rivolto contro nessuno e costituiva invece, a mio modo di vedere ed a modo di vedere di tutti gli osservatori obiettivi, un serio ed efficace contributo alla pace generale. Non insistevo per sapere chi fosse la personalità italiana che aveva espresso il giudizio da lui riferitomi sull'eventuale atteggiamento greco in caso di un conflitto mediterraneo ma se io fossi stato interrogato sullo stesso argomento non avrei -in coscienza -potuto esprimere un giudizio molto differente. Lui temeva che in Italia esistesse una certa diffidenza verso la Grecia, io avevo invece dovuto constatare che la diffidenza esisteva da parte della Grecia come era stato chiaramente provato dal passo fatto a Londra in seguito alla Conferenza di Nyon.

Quanto al viaggio del Sovrano greco in Italia, noi ci eravamo strettamente conformati al desiderio espresso da Re Giorgio, il quale mi aveva personalmente detto che desiderava che il suo soggiorno in Italia avesse carattere privato «come uno dei viaggi che vi fa il Re di Bulgaria». Mi risultava che il conte Ciano non solo aveva pensato di offrire un pranzo al Re di Grecia ma che aveva pregato alcuni ministri italiani che avevano accettato inviti da altre rappresentanze diplomatiche di disdirli per assistere al pranzo offerto dal ministro di Grecia in onore del Sovrano al quale assistette egli stesso. Se i francesi e gli inglesi avevano creduto di sfruttare il viaggio del Sovrano ellenico per fini politici particolari questo era affare loro; mi permettevo però di dirgli che a me sembrava che era proprio lui, Metaxas, la persona che poteva meno degli altri dolersi della discrezione della nostra stampa in tale occasione. Avrebbe egli forse preferito che i nostri giornali avessero scritto quanto avevano scritto il Temps ed alcuni giornali inglesi che cioè il Sovrano greco subiva a malincuore il governo dittatoriale di Metaxas e che presto se ne sarebbe sbarazzato per ritornare alla normalità del parlamentarismo?

Quanto all'intervento del duca di Spoleto alle nozze del diadoco Paolo, non potevo che ripetergli quanto avevo già detto allo stesso Sovrano e che cioè da noi

49 2 Vedi serie ottava, vol. VI, p. 386, nota l e D. 348.

specialmente per i principi di Casa Savoia le ragioni di serviZIO sono quelle che contano prima e sopra tutte le altre.

D'altra parte, dal momento che lui, Metaxas, metteva la conversazione sull'argomento, io mi permettevo di dirgli che a mio avviso le manifestazioni esteriori se sono una ottima cosa non sono quelle che valgono a fare modificare sostanzialmente una situazione e gli ricordavo quanto l'Italia aveva fatto in occasione del trasporto della salma del Re Costantino e della Regina Sofia :J_

Nel prendere congedo, Metaxas mi ha detto che sperava e si augurava vivamente che una propizia occasione gli si fosse presto presentata per provare a me e al governo italiano in maniera positiva quali fossero i veri sentimenti della Grecia verso l'Italia. Al che io ho risposto che lasciavo a lui tale iniziativa, giacché già un paio di volte gli avevo segnalato delle occasioni che egli si era lasciato sfuggire.

Riferendomi al telegramma di V.E. n. 7 del 16 corrente\ aggiungo che l'andamento della conversazione non mi ha permesso di non rispondere alle domande che mi rivolgeva ed alle considerazioni che Metaxas mi esponeva e sulle quali domandava il mio avviso. Però posso assicurare V.E. che oltre ad avere a due riprese dichiarato che parlavo a titolo personale ho mantenuto tutta la conversazione su un tono di riserbo e di freddezza.

49 1 Il 30 ottobre 1937.

50

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, ALL'AMBASCIATORE A TOKIO, AURITI

T. 63/28 R. Roma, 18 gennaio 1938, ore 11,30.

Telegramma di V.E. n. 23 1•

Quale risposta di massima alle richieste rivoltele circa progettato piano politico economico, ella potrà precisare che collaborazione italiana allo sviluppo del Nord Cina potrebbe consistere nel campo commerciale in un aumento di scambi bilanciati e di brevetti italiani nella costituzione di imprese locali a capitale misto. Sarebbe altresì desiderabile ottenere compartecipazione a nostro favore in imprese minerarie ed elettriche, in appalti per costruzioni stradali, linee di comunicazione o servizi pubblici in genere.

Maggiori precisazioni potranno essere fornite sollecitamente come risultato di riunioni ministeriali che avranno luogo in occasione dell'imminente arrivo del comm. Angelone già addetto commerciale Shanghai.

49 ' Vedi serie ottava. vol. V, DD. 283, 345. 445 e 470. 49 ~ Vedi D. 45. 50 1 Vedi D. 32.

Tali progetti potranno poi essere definitivamente sviluppati e chiariti da missione economica che partirà prossimamente per il Giappone ed il Manciukuò2 .

51

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. 409/127. Berlino, 18 gennaio 1938 1•

Mi riferisco al telegramma per corriere di V.E. n. 637 in data 14 gennaio 2 .

Ho voluto controllare la notizia riferita dalla R. ambasciata a Varsavia circa i propositi di Beck di sondare le recondite vedute del governo tedesco nei riguardi di Danzica.

Effettivamente la questione di Danzica ha formato uno degli oggetti delle conversazioni berlinesi di Beck 3 . A quanto però mi è stato riferito, nulla di nuovo è stato non solo concluso, ma neanche adombrato in proposito. È stata bensì discussa l'idea dell'abolizione dell'Alto Commissariato della Società delle Nazioni a Danzica, ma i due governi si sono trovati d'accordo nel non darvi per ora alcun seguito. L'idea del resto non è di origine tedesca, ma inglese. Sembra infatti che Eden, il quale è relatore delle questioni di Danzica al Consiglio e che, mentre come tale è convinto dell'impossibilità per la Società delle Nazioni di far alcunché di positivo e di utile, dall'altra è continuamente criticato dall'opposizione parlamentare inglese per l'inazione della Lega, avrebbe avuto per primo l'idea di disfarsi dell'Alto Commissario. Ma, come ripeto, Germania e Polonia si sono trovate d'accordo nel non dare seguito almeno per ora all'idea.

Giacché mi trovo a parlare delle conversazioni di Beck posso aggiungere che esse hanno avuto per oggetto oltre, naturalmente, la Società delle Nazioni, argomento sul quale i due governi si sono trovati facilmente d'accordo, anche la Cecoslovacchia, Beck dichiarando in proposito, e naturalmente con soddisfazione tedesca, che egli non ritiene ancora venuto il momento di mutare politica nei riguardi della Cecoslovacchia.

Un cortese quanto amichevole appunto sarebbe stato rivolto a Beck da Neurath e ciò a proposito della evocazione fatta da Beck di un piano danubiano Laval-Hodza, che tutti credevano seppellito con ogni onore. Beck si è schermito minimizzando l'allusione.

51 Manca l'indicazione della data di arrivo.

50 2 L'ambasciatore Auriti comunicava con T. 343/56 R. del 21 gennaio di avere consegnato un promemoria sulla questione al vice-ministro degli Esteri giapponese, il quale aveva assicurato che si stava studiando in quali campi si sarebbe potuta sviluppare una collaborazione economica con l'ltalia.

51 2 Ritrasmetteva il T. 194/8 del 13 gennaio da Varsavia, il cui argomento è qui indicato.

51 1 Il 13-14 gennaio, Beck era stato in visita a Berlino dove aveva avuto colloqui con von Neurath e con Giiring ed era stato poi ricevuto da Hitler. Su tali colloqui si veda anche il D. 62.

52

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. 410!128. Berlino, 18 gennaio 1938 (per. il 20).

Ho col mio precedente telespresso n. 364/113 del 15 gennaio 1 riferito all'E. V. le prime impressioni ed i primi dettagli della visita in Germania del presidente del Consiglio di Jugoslavia, signor Stojadinovié.

Aggiungo ora che la visita ufficiale. che ha termine questa sera, alla capitale del Reich si è svolta esattamente secondo il programma previsto, senza alcuna variazione: programma che comprendeva le abituali cerimonie, visite e pranzi. Le conversazioni che il presidente ha qui avuto sono state quelle preannunziate e cioè con il Fiihrer e con i ministri von Neurath e Gèiring.

Se nulla vi è da notare circa il programma, occorre invece rilevare come questa visita si sia svolta in un'atmosfera di particolare e vera cordialità, anche se la partecipazione di popolo spettatore sia stata pressoché nulla. Effettivamente si è avuta l'impressione che Stojadinovié si trovasse qui tra autentici amici.

Se una caratteristica inoltre va trovata nella visita stessa, essa consiste nel fatto che il presidente di Prussia, generale Gèiring, vi ha avuto una parte che vorrei definire essenziale. Se ne ebbe una prima battuta nella circostanza che il presidente del Consiglio jugoslavo venne incontrato alla stazione di frontiera con la Cecoslovacchia, al momento del suo ingresso in Germania, oltre che dal capo del Protocollo, ministro von Biilow-Schwante. dal capo di Gabinetto di Gèiring, colonnello Bodenschatz, il quale è, come è noto, il braccio destro del presidente prussiano ed è ora anche !'«ufficiale di collegamento» tra lui e il Fiihrer.

Durante tutto il soggiorno inoltre a Berlino ed in ogni manifestazione, dall'arrivo alla partenza, Gèiring è stato. si può dire, sempre presente. Ed ha assistito anche, insieme con von Neurath, alla conversazione che l'ospite ha avuto con il Fi.ihrer. Egli infine ha personalmente offerto nella tenuta di caccia della Schorfheide una colazione durante la quale ha pronunciato un brindisi, al quale va dato un certo rilievo, perché in esso vi sono contenute frasi di grande amicizia e di estrema cordialità nelle quali si fa anche accenno al «desiderio» e alla «volontà» personali di Gèiring di veder sempre più forti e profondi i rapporti tra la Germania e la Jugoslavia. In altre parole si è avuta qui un po' l'impressione che Stojadinovié oltre che in visita ufficiale al governo del Reich, fosse anche un po' l'ospite personale del presidente Gèiring.

Quanto al contenuto delle conversazioni politiche non vi è stato naturalmente nessun «colpo di scena» ed esse si sono svolte, come del resto si prevedeva, nella più assoluta normalità. Alla fine di esse è stato pubblicato un comunicato, alquanto anodino, il quale dice esattamente così:

«Durante il suo soggiorno nella capitale del Reich il primo ministro jugoslavo ha avuto parecchie conversazioni col ministro degli Esteri, barone von Neurath, su

tutti i problemi che riguardano i due Paesi come pure su problemi di politica generale. Altre conversazioni hanno avuto luogo col primo ministro di Prussia, generale Goring e con altri dirigenti dello Stato e del Partito. L'odierno ricevimento del signor Stojadinovié da parte del Fiihrer ha concluso queste conversazioni e dato occasione per un esauriente e cordiale scambio di idee.

I vari colloqui, svoltisi in un'atmosfera di sincera amicizia e di piena comprensione per il reciproco punto di vista politico, hanno confermato che tra i due Paesi esistono in tutti i campi le premesse di un'amicizia duratura e di una collaborazione al servizio della pace di Europa. Ambedue le parti hanno formulato il fermo proposito di promuovere in ogni maniera anche in avvenire questo felice sviluppo delle relazioni tedesco-jugoslave».

Il signor Stojadinovié mi ha personalmente confermato che le conversazioni, aventi soprattutto per argomento un «giro d'orizzonte» politico si erano svolte in un'atmosfera di effettiva cordialità, pur senza dar luogo a qualche cosa di preciso. Il signor von Weizsacker a sua volta mi ha dato qualche maggiore specificazione che riassumo qui appresso.

Circa i rapporti con gli Stati vicini, il signor Stojadinovié ha confermato che le relazioni tra la Jugoslavia e la Bulgaria si mantengono in una buonissima atmosfera. Con l'Ungheria i rapporti sono normali per quanto sia un po' prematuro parlare di accordi sulle questioni esistenti tra i due Paesi. Circa l'Austria, nulla di nuovo. Pessimismo nei confronti dell'avvenire della Piccola Intesa ed un certo pessimismo anche nei riguardi della situazione della Francia: evidentemente l'attuale crisi del governo in Parigi, crisi svoltasi proprio durante i giorni della visita berlinese, ha avuto la sua influenza ed ha indubbiamente favorito, in certo modo, se pur ve ne era bisogno, la presa di contatto tedesco-jugoslavo.

Come risultato pratico delle conversazioni, si avrà forse un qualche accordo in materia di stampa. per quanto tanto da parte tedesca che da parte jugoslava, non se ne senta alcuna necessità. essendo oggi i rapporti di stampa tra i due Paesi indubbiamente buoni.

Aggiungo che la visita ha avuto quasi interamente una cornice tedesca. Ad eccezione della serata di gala al teatro di Charlottenburg, seguita da cena, offerta dal barone von Neurath con l'intervento del Corpo Diplomatico, tutte le altre manifestazioni si sono svolte senza la presenza di alcun rappresentante di Paese straniero.

Viceversa, per quanto riguarda la stampa, il presidente Stojadinovié ha ritenuto opportuno convocare nella sede della legazione di Jugoslavia i giornalisti stranieri qui residenti per dare loro lettura del comunicato conclusivo delle conversazioni. ln tale occasione ha voluto, con gesto simpatico, trattenere a particolare colloquio il corrispondente della Stefani. Filippo Bojano, per dirgli, cosa del resto che aveva già e ripetutamente detto in precedenza a me, come egli conservi del suo viaggio in Italia il più gradito dei ricordi.

Il signor Stojadinovié, che, come è noto. è accompagnato in questo viaggio dalla consorte, ha oggi, ultimo giorno della sua permanenza berlinese, visitato l'Accademia aeronautica di Cladow ed ha assistito ad alcune esercitazioni militari. Egli lascerà questa sera la capitale del Reich. diretto ad Essen, dove visiterà gli impianti industriali della Casa Krupp, accompagnato da Goring.

La stampa, come ho già avuto ripetutamente occasione di far rilevare a mezzo delle segnalazioni telefoniche, ha continuato a mantenere, per tutta la durata della VISita, il suo tono particolarmente cordiale. La ufficiosa Diplomatisch-Politische Korrespondenz ha, a conclusione della visita, pubblicato oggi un suo commento nel quale si fa accenno alla favorevole eco che la visita stessa ha trovato nell'amica Nazione italiana.

Nei riguardi di tali commenti mi sembra degno di rilievo, infine, quello odierno della National-Zeitung, il noto giornale di Essen, che si ispira agli ambienti vicini a Gi:iring. In esso, accennando ai risultati ed agli scopi della visita, si esalta l'importanza dei legami economici che uniscono la Jugoslavia e la Germania e si fa un chiaro accenno all'interesse che la Jugoslavia di oggi porta alle grandi fabbriche di materiale bellico che il Reich attualmente possiede 2•

52 1 Riferiva su gli aspetti protocollari delle accoglienze riservate a Stojadinovié.

53

L'AMBASCIATORE A LONDRA, GRANDI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 505/21 R. Londra, 19 gennaio 1938, ore 19.13 (per. ore 23,30 ).

Mi riferisco al telegramma n. 14 inviato da Crolla 1•

Esaminata la situazione per quanto riguarda il punto «progresso sostanziale», (e cioè precisazione della cifra di volontari che dovrà essere ritirata in cambio concessione diritto belligeranza), ritengo sia per noi conveniente adottare alternativa c) 2 del telegramma n. 14, lasciando alle commissioni che si recheranno nella Spagna compito discutere problema direttamente con le due parti, salvo riferirne al Comitato.

Ragioni che consigliano di adottare questa procedura sono ovvie.

Preferisco illustrarle per lettera-rapporto".

Mi limito qui a citarne tre sole:

l) essa ci permette di guadagnare tempo;

2) consente a noi di non impegnarci preventivamente;

3) permette a Franco ampia manovra prossime discussioni.

In questo senso, salvo ordine contrario di V.E., mi riprometto svolgere azione nel Comitato.

Opposizione da parte russa e francese le quali hanno rivelato particolarmente durante questa ultima fase tendenza volere nuovamente drammatizzare lavori e discussioni nel Comitato e ciò al solito scopo antifascista e polemico di riportare questione spagnola nuovamente alla ribalta.

Sugli altri punti del telegramma n. 14 di Crolla cui mi riferisco, mi riservo di telegrafare ulteriormente.

53 Vedi D. 37. 53 2 Che nel documento a cui si riferisce è indicata come alternativa n. 3. 53 1 Sul documento c'è l'annotazione: «non giunta».

52 2 Sul documento vi è il timbro: «Visto dal Duce».

54

L'INCARICATO D'AFFARI A LISBONA, LA TERZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 313/14 R. Lisbona, 19 gennaio 1938, ore 20,37 (per. ore 6 del 20).

Mio telegramma n. 12 di ieri 1•

Con telegramma Stefani Speciale n. 14 ho riferito su eccezionale rilievo che questa stampa, per ordine ricevuto dall'alto, ha dato partenza Theotonio Pereira per Salamanca, mostrando così intenzione governo portoghese valorizzare più che sia possibile di fronte Franco invio agente speciale.

Da parte del Portogallo si aspetta ora che Spagna provveda urgentemente nomina suo rappresentante. Ulteriore ritardo non potrebbe che suscitare molta impressione sfavorevole in questi circoli politici favorevoli Salazar e desiderosi di stretta collaborazione con Nazioni fasciste (telegramma di questa legazione n. 305 del 24 dicembre scorso )2.

Questo direttore generale Mfari Politici ministero degli Affari Esteri 3 mi ha detto che governo portoghese confida che predetta nomina avverrà fra breve tanto più che Pereira è stato incaricato, fra altro, da Salazar sollecitare decisioni Franco al riguardo.

55

L'AMBASCIATORE A TOKIO, AURITI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 300/51 R. Tokio, 19 gennaio 1938, ore 20,45 (per. ore 15,30 ).

Ministeri Guerra e Marina ci hanno spontaneamente manifestato loro compiacenza ed ammirazione per saggezza da noi dimostrata non intervenendo nei tentativi per negoziati.

Infatti, con tale astensione in questo periodo preliminare (la quale non contraddiceva alla nostra legittima volontà d'esser contemporaneamente e tempestivamente informati dal Giappone e dalla Germania) ci siamo risparmiati un prevedibile insuccesso ed abbiamo evitato sospetto e malcontento giapponese, nonché loro ironia per nostre infondate speranze e loro indifferenza per nostri inutili sforzi. Quanto ai cinesi, ignoro se siano grati alla Germania ma è certo che questa ambasciata tedesca mi ha parlato per la prima volta con risentimento così di Chiang Kai-shek, con cui quel suo collega ha potuto conferire una volta sola, come del suo governo cui ha attribuito massima parte colpa fallimento trattative.

Comunicato Roma e Shanghai.

54 1 Non rintracciato.

54 2 T. 8659/305 R. del 24 dicembre 1937. Il Segretario Generale del ministero degli Esteri portoghese, Sampayo, aveva fatto rilevare al ministro Mameli che l'accordo per lo scambio di inviati speciali tra i due governi iberici era stato liberamente sottoscritto da Madrid: se i due inviati ora non avessero raggiunto la loro sede, le conseguenze negative sarebbero state gravi, più gravi di quelle che sarebbero derivate da una diversità di posizione in sede di negoziati per l'accordo.

54 3 Francisco de Assis Maria de Oliveira de Almeida Calheiros e Meneses.

56

LA DIREZIONE GENERALE AFFARI D'EUROPA E DEL MEDITERRANEO AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

APPUNTO. Roma, 19 gennaio 1938.

Il Consigliere tedesco, premesso che da informazioni pervenute a Berlino risulterebbe che vi sarebbero stati nuovi contatti tra il Governo italiano e quello inglese e che anzi esisterebbe una proposta inglese all'Italia per la ripresa dei negoziati, ha chiesto notizie in proposito.

È stato risposto che l'ultimo contatto tra il Governo italiano e il Governo inglese in materia di negoziati italo-britannici risale al 3 gennaio 1• Il Governo tedesco ne è a conoscenza. S.E. il Ministro degli Esteri ne ha informato l'Ambasciatore HasselJ2. Il Consigliere tedesco ha allora chiesto se la successiva intervista Ciano-Perth 3 dovesse riconnettersi ad un'eventuale ripresa di trattative. L'Ambasciata tedesca era già al corrente del contenuto dell'intervista (Giubaland) per informazioni fornite da S.E. il Ministro all'Ambasciatore 4 . Gli è stato risposto che, come si poteva desumere dallo stesso contenuto del colloquio, la quistione non aveva connessione con un'eventuale ripresa di negoziati italo-inglesi.

57

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. 450/146. Berlino, 19 gennaio 1938 (per. il 20).

Mio telespresso n. 410/128 del 18 corrente 1 .

A complemento e conferma del mio telespresso suindicato, ho l'onore di portare a conoscenza dell'E.V. che, a seguito di conversazioni svoltesi in questi giorni a Berlino, durante la visita del presidente del Consiglio di Jugoslavia, tra il capo dell'Ufficio Stampa del Reich, Segretario di Stato Dietrich, ed il capo dell'Ufficio Stampa del governo di Belgrado, signor Lukovié, è stato raggiunto un accordo di massima nel campo delle relazioni di stampa tra i due Paesi.

In tali conversazioni si è riconosciuta la necessità che le buone relazioni esistenti tra i due Paesi trovino la loro espressione anche nella stampa e che quindi si proceda a meglio organizzare lo scambio di notizie e di informazioni tra i giornali e a curare

56 2 Vedi D. 3, nota 5. 56 1 Vedi D. 26. 56 4 Non si è trovata documentazione in proposito. 57 1 Vedi D. 52.

più frequenti contatti tra giornalisti tedeschi e jugoslavi. Si è anche stabilito che la stampa dei due Paesi debba astenersi dal pubblicare articoli od informazioni atti a turbare le buone relazioni reciproche e che in genere essa debba collaborare ad un ulteriore avvicinamento tra Berlino e Belgrado.

Tutta la stampa tedesca ha registrato con particolare compiacimento il risultato delle conversazioni stesse. Il signor Lukovié ha avuto occasione di avere conversazioni anche con il ministro Goebbels ed ha, a sua volta, avvenimento di un certo rilievo e credo senza precedenti, presentato personalmente al Cancelliere Hitler tutti i giornalisti jugoslavi convenuti a Berlino per l'occasione della visita di Stojadinovié.

Aggiungo inoltre che, in esecuzione di disposizioni contenute negli accordi economici del mese di settembre 1937 fra la Germania e la Jugoslavia 2 , è stata decisa in questi giorni la costituzione di un Comitato misto di produttori, consumatori e commercianti di legname e di prodotti forestali, il quale si occuperà dello studio delle questioni che interessano i due Paesi in questo speciale campo di attività.

Il presidente Stojadinovié si è oggi recato, prima di raggiungere la città di Essen e sempre accompagnato dal ministro Goring, ad una partita di caccia nel Magdeburgo, mentre la signora Stojadinovié ha visitato alcune opere assistenziali del partito nazionalsocialista di Berlino.

Dopo una visita alle officine Krupp di Essen e ad altri impianti industriali della zona della Westfalia, l'ospite jugoslavo farà una breve sosta e Monaco, prima di rientrare a Belgrado. Si conferma sempre più l'impressione che da parte tedesca si sia particolarmente tenuto a porre in rilievo dinanzi ai suoi occhi l'imponenza degli impianti industriali del Reich e la modernità e la perfezione degli armamenti, in vista anche di possibili forniture per l'esercito jugoslavo.

Mi sembra infine utile riferire che durante la visita, gli edifici pubblici della città di Berlino sono stati imbandierati, cosa che, fino ad oggi, si era verificato solamente per la visita del Duce. A quanto mi risulta l'ordine venne dato, all'ultimo momento, dal generale Goring nella sua qualità di presidente di Prussia, senza che il ministero degli Affari Esteri del Reich ne avesse la minima notizia. È stata notata tale differenza di trattamento nei confronti della recente visita degli ospiti ungheresi, Daranyi e Kanya 3 .

56 1 Vedi D. 3.

58

L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, SUVICH, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. 620/136. Washington, 19 gennaio 1938 1•

Ho segnalato con gli ultimi rapporti l'impressione che il governo federale cerchi di preparare il Paese poco per volta ad un intervento più attivo nelle questioni

mondiali a fianco delle democrazie europee; tale preparazione avrebbe un obiettivo specifico e di attualità e sarebbe un intervento più diretto e più energico contro il Giappone quando si presentasse una circostanza favorevole a giustificare l'abbandono della tendenza neutralista che è stata l'asse intorno al quale ha ruotato la politica americana degli ultimi tempi. Ci sarebbero dei sintomi anche recentissimi a confermare tale impressione come ad esempio l'invio di tre incrociatori americani a Singapore, il che-senza voler dare all'avvenimento eccessiva importanza-costituisce una evidente indièazione di valore politico. Non pare neanche dubbio che il nuovo programma navale americano sia studiato d'intesa con l'Inghilterra e tenga d'occhio soprattutto l'obiettivo di opporre alle forze giapponesi nel Pacifico delle forze inglesi ed americane che domani potrebbero agire di conserva rappresentando una rilevante superiorità di fronte a quelle del Giappone.

Sono tuttavia in contrasto con la tendenza sopra citata due fatti che mi sembrano meritevoli di particolare segnalazione.

l) Il Segretario di Stato, parlando con l'ambasciatore tedesco, Dieckhoff, quando quest'ultimo è andato a protestare per le affermazioni contro Hitler dell'ex ambasciatore Dodd2 , ha detto che l'America non è favorevole alla divisione del mondo in due gruppi di Potenze -democratiche e fasciste -e che di questa tendenza americana si sarebbero avute presto le prove: il Segretario di Stato ha anche specificato che sarebbe intenzione del Presidente e sua di presentare -e pare molto presto -un progetto per una intesa politica economica fra le Nazioni, basata su una migliore ripartizione delle materie prime.

In tale progetto si terrebbero nel dovuto conto le esigenze degli Stati che di tali materie prime sono privi, come la Germania e l'Italia; esso non farebbe distinzione fra i due gruppi di Stati e tenderebbe invece a sostituire a tale divisione una solidarietà collettiva, escludendo la forza nella soluzione delle divergenze internazionali. L'ambasciatore di Germania non ha creduto di dare eccessivo rilievo a queste affermazioni del Segretario di Stato, anche perché espresse in quella forma vaga ed apocalittica che è nello stile del signor Hull.

2) Il secondo fatto a cui mi riferisco è una dichiarazione fatta dal noto giornalista Drew Pearson a persona di mia fiducia. Il Drew Pearson avrebbe detto che il discorso di Chicago del Presidente Roosevelt 3 era stato preparato dal Sottosegretario di Stato Sumner Welles, il quale è contrario alla tendenza di opporre gli Stati democratici agli Stati fascisti. La vivacità della forma usata dal Presidente ha fatto dare al discorso una interpretazione che non era nelle intenzioni di chi lo aveva preparato. Cito questa fonte perché il Drew Pearson è notoriamente molto legato al Sottosegretario di Stato ed è in grado di avere informazioni di prima mano ed autentiche.

Ora, collegando questi due fatti, ritengo non possa passare inosservata questa preoccupazione dei rappresentanti più autorevoli dello State Department di reagire contro l'impressione che l'America stia stringendo i suoi legami con un gruppo di Potenze contro un altro gruppo di Potenze.

Procedendo per pura induzione, perché non ho altro indizio o segnalazione che valga a corroborare questa ipotesi, io penso che alle due sopradette manifestazioni dei capi del Dipartimento di Stato si possa attribuire uno dei seguenti fini:

o il Dipartimento di Stato ha impressione di essersi troppo scoperto nella sua tendenza interventista e quindi vuoi crearsi un alibi per dimostrare che il suo fine è sempre nella linea della collaborazione internazionale e che se domani dovesse trovarsi in una situazione diversa ciò non sarebbe da attribuire ad un deliberato proposito, ma alla forza delle circostanze. E aggiungo che una tale presa di posizione potrebbe costituire per il governo americano anche un onorevole mezzo di ritirata, quando la tendenza neutralista riprendesse il sopravvento ed il Paese si mostrasse nettamente contrario ad ogni forma di intervento;

o, e questa ipotesi pare a me più azzardata, il governo federale sta preparando qualche piano di collaborazione generale politico-economica, per cercare di far rientrare nello stesso le esigenze del Giappone per maggiori disponibilità di materie prime e annegare per tal modo in qualche forma di calderone internazionale la contesa cino-giapponese.

Seguirò gli sviluppi di tale questione segnalando le informazioni ed i sintomi che potessero per avventura corroborare l'una o l'altra delle ipotesi esposte.

57 2 Sui quali si veda DDT, vol. V. D. 159.

57 3 Il documento ha il visto di M ussolini. Sulla visita di Stojadinovié in Germania si vedano anche i DD. 66 e 73.

58 1 Manca l'indicazione della data di arrivo.

58 2 In un· discorso pronunciato il 13 gennaio ad un banchetto, a New York, l'ex-ambasciatore a Berlino, William Dodd aveva attaccato violentemente il regime nazista ed aveva accusato Hitler di aver fatto uccidere un gran numero di suoi nemici personali.

58 3 Del 5 ottobre 1937. Su di esso si veda serie ottava, vol. VII, D. 404.

59

L'AMBASCIATORE A SALAMANCA, VIOLA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 333/13 R. Salamanca, 20 gennaio 1938, ore 21,30 (per. ore 1,30 del 21).

Riunendosi prossimamente Comitato creato Consiglio Nazionale Falange per gettare basi organizzazione corporativa Stato, conviene richiamare attenzione circoli spagnoli interessati su realizzazioni corporative del fascismo nonché orientare per quanto è possibile membri del Comitato stesso verso adozione nostro sistema, anziché quello nazista.

Ad ogni buon fine segnalo opportunità intensificare in questo periodo diffusione, a mezzo dell'Agenzia Stefani e radio notiziario, argomenti corporativi, evitando naturalmente specifici riferimenti situazione Spagna. Occorrerebbe inoltre urgente invio seguente materiale: 250 cartelli murali «Aquila» su ordinamento corporativo; 20 copie del discorso del Duce Stato corporativo; 20 copie altre edizioni analoghe, nonché congruo numero eventuali adatte pubblicazioni C.A.U.R. 1

59 1 Il contenuto di questo telegramma fu comunicato con T. a mano 1077 P.R. del 22 gennaio al ministero della Cultura Popolare con l'invito a prendere in considerazione le richieste dell'ambasciata a Salamanca, «data l'evidente importanza che ha per noi la conoscenza quanto più sicura possibile dell'ordinamento corporativo».

60

L'AMBASCIATORE A LONDRA, GRANDI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T..../22-23 1 . Londra, 20 gennaio 1938.

Oggi 2 ho visto Eden, il quale è tornato inaspettatamente dalle sue vacanze lo scorso sabato, in seguito alla crisi politica in Francia e alla posposta riunione ginevrina. Alla mia visita al F.O. ho dato il carattere di una ripresa di contatti normali per l'esame consueto della situazione generale.l.

Cogliendo occasione dal promemoria che Crolla, in seguito alle istruzioni da me dategli, ha consegnato a Eden il 23 dicembre 4 scorso e che io avevo personalmente redatto in base alle istruzioni impartitemi da V.E. col telegramma per corriere

n. 1973 S, ho confermato ancora una volta a Eden il contenuto di tale nostra comunicazione e ho cercato soprattutto di dargli l'impressione: a) che l'Italia fascista non è per nulla ansiosa, né corre dietro ad alcun

negoziato con la Gran Bretagna; b) che l'Italia fascista continua, serena e diritta, per il suo cammino; c) che l'Italia fascista è nello stesso tempo sempre disposta e pronta ad un

esame delle nostre relazioni con la Gran Bretagna, a condizione che esso sia di carattere definitivo e totalitario e porti a conclusioni definitive e totalitarie.

Ho trovato Eden presso a poco sulle stesse linee e posizioni del nostro colloquio del 2 dicembre, su cui ho riferito aii'E.V. con mio telegramma 857 6 .

Debbo rilevare tuttavia che, a differenza di quanto egli mi aveva detto in quell'occasione, Eden ieri non (ripeto non) ha più insistito nel dichiarare la questione della pretesa propaganda antibritannica come pregiudiziale a qualsiasi trattativa tra Italia e Gran Bretagna e non ha neppure insistito sull'asserita impossibilità per l'Inghilterra di includere nelle progettate conversazioni il problema del riconoscimento dell'Etiopia. Durante il corso del colloquio, Eden è giunto perfino a riconoscere che il comportamento della stampa italiana durante gli ultimi mesi nei riguardi dell'Inghilterra non è stato ostile ed egli ha ammesso anche la legittimità che da parte nostra si consideri il riconoscimento de jure come fondamentale condizione di qualsiasi trattativa.

Parlando della questione spagnola, Eden ha detto inoltre che egli condivideva la mia opinione che tale questione almeno in questo momento e salvo eventuali impreviste complicazioni, non (ripeto non) è più un problema che impedisca m modo sostanziale il chiarimento dei rapporti tra Italia e Inghilterra.

60 ·1 L'iniziativa di questo colloquio era stata presa da Grandi su suggerimento dello stesso Chamberlain

fattogli pervenire tramite l'avvocato Dingli c come seguito all'apertura effettuata il lOgennaio dal Primo Ministro britannico (vedi D. 29). Grandi aveva chiesto per lettera a Eden di avere un colloquio con lui e con il Primo Ministro e Eden lo aveva subito invitato al Foreign Office ma senza che Chamberlain fosse presente. Tutta la vicenda è ricostruibile nei particolari attraverso il Diario di Dingli (§ 45-46).

60 ~> Vedi ibid., D. 645.

Eden dopo aver ammesso tutto ciò, ha tuttavia nuovamente insistito sulle solite note argomentazioni relative alla difficoltà per il governo inglese di giungere ad un riconoscimento de jure specialmente in questo momento in cui l'inacerbirsi della questione dell'Estremo Oriente ha portato nuovamente alla ribalta, con analoghe posizioni il problema del riconoscimento del Manciukuò. Ometto per brevità a V.E. le ovvie argomentazioni con cui io ho replicato alle argomentazioni di Eden, una dopo l'altra. Alla fine del colloquio il ministro degli Esteri mi ha fatto presente che gli era difficile darmi oggi stesso una definitiva risposta sui diversi punti che erano stati sollevati nel corso della discussione sia da parte mia che da parte sua e mi ha chiesto se io avevo l'intenzione di sollecitare una risposta.

Gli ho replicato, in modo chiaro e preciso: a) che io non avevo avuto l'intenzione, né di fare domande, né di chiedere risposte; b) che le mie istruzioni si limitavano a confermare il nostro promemoria del 23 dicembre sulle basi e nei limiti del quale il governo italiano era sempre pronto e disposto a discutere; c) che, una volta chiarito questo punto, io non avevo altro da aggiungere per il momento.

Eden mi ha detto che desidera rivedermi in data prossima per riprendere la conversazione: su questo il colloquio è finito.

Quanto sopra è il succo del mio incontro di ieri su alcuni aspetti e scorci del quale io preferisco ad ogni modo riferire per lettera all'E. V. 7

60 1 Manca su questo documento. tratto dal fondo ambasciata di Londra, il numero di protocollo di arrivo e l'indicazione completa dei dati di partenza e di arrivo.

60 2 Il colloquio ebbe luogo il 19 gennaio (vedi BD, vol. XIX, D. 450).

60 4 Vedi serie ottava, vol. VII. D. 734.

60 1 Vedi ibid., D. 654.

61

L'AMBASCIATORE A LONDRA, GRANDI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 373/018 R. Londra, 20 gennaio 1938 (per. il 24).

Mio telegramma per telefono n. 24 1 .

Plymouth oggi ha chiesto di vedermi. Mi ha detto che desiderava mlZlare al più presto le «conversazioni private» sui due argomenti che per la loro

60 Non si è trovata nessuna lettera di Grandi a questo proposito. Nei giorni successivi si avevano altri contatti tra Chamberlain e Grandi attraverso il «canale segreto>>. li 24 gennaio, il Primo Ministro fece sapere a Grandi di avere ribadito con Eden la sua ferma volontà di ricercare un accordo con l'Italia. «Il Primo Ministro -riportava Casardi in un suo appunto sul colloquio con Dingli -per ragioni di politica interna desidera particolarmente in questa sua politica di accordi con l'Italia di assicurarsi la collaborazione di Eden, se questo sia fattibile, perché gli preme di non perdere quell'apporto elettorale che la presenza di Eden nel Gabinetto gli garantisce. Questo d'altronde (dice Chamberlain) conviene anche all'Italia in quanto un accordo raggiunto attraverso una scissione nella compagine del governo sarebbe in ultima analisi /ess sati:,jactory e meno solido. Tuttavia Chamberlain intende perseverare nella sua idea politica, qualunque siano le difficoltà» (appunto Casardi del 24 gennaio; Dingli riferisce il colloquio in modo del tutto analogo nel suo Diario, § 62).

Un secondo contatto ebbe luogo il 27 gennaio. Alle assicurazioni, fatte pervenire da Chamberlain, che il previsto colloquio a tre avrebbe avuto luogo entro pochi giorni, Grandi rispondeva sottolineando in termini quasi drammatici l'assoluta urgenza di un suo incontro con il Primo Ministro: egli si trovava in una situazione estremamente difficile di fronte al proprio governo perché, non essendo conosciuto il retroscena della vicenda (vedi sopra, nota 3), Eden avrebbe potuto affermare che l'iniziativa dell'incontro del 19 gennaio era stata presa dall'ambasciatore d'Italia (DINGLI, Diario, § 68).

difficoltà ed importanza non erano stati ancora affrontati nelle discussioni del

Comitato:

l) definizione del «progresso sostanziale»;

2) data di entrata in vigore dello schema di controllo, e in particolare del controllo terrestre.

Riguardo al primo punto, Plymouth mi ha chiesto se avevo ricevuto qualche indicazione dal mio governo.

Gli ho risposto che non avevo ancora avuto nessuna indicazione. Potevo tuttavia, a titolo strettamente personale, esporgli alcuni orientamenti verso i quali mi stavo indirizzando, pur non sapendo ancora se il mio governo li avrebbe condivisi. La risposta di Franco 2 era logicamente inappuntabile, e il governo italiano non poteva certo contraddirla, né trascurarne i fondati argomenti. Non era possibile, né giusto, chiedere a Franco sostanziali concessioni senza al tempo stesso riconoscergli una determinata posizione ed autorità. Tale riconoscimento era anzi implicito nel fatto stesso che il nostro Comitato si rivolgeva al governo nazionale spagnolo per tramite del governo britannico. Bisognava quindi rendere chiara ed esplicita questa realtà e addivenire così ad un riconoscimento di fatto del generale Franco da parte del Comitato. Solo a patto di accettare questa condizione preliminare, si sarebbe potuto eventualmente esaminare il problema del «progresso sostanziale» cercando di stabilire il metodo migliore per risolverlo.

Plymouth è parso vivamente interessato, rilevando come del resto il governo britannico per proprio conto aveva già proceduto ad un riconoscimento di fatto del generale Franco. Egli si rendeva conto però delle difficoltà che sarebbero state sollevate, nel Comitato, soprattutto dal rappresentante sovietico. Forse, attraverso artifici redazionali, si sarebbe riusciti a concordare una formula soddisfacente nella nota di risposta da inviarsi a Salamanca. Comunque, Plymouth mi ha detto che, dopo aver sentito il parere di Eden e sondato sull'argomento Corbin e Maisky, egli avrebbe avuto un altro colloquio con me la settimana prossima.

Plymouth ha infine discusso con me il problema della data di entrata in vigore dello schema di controllo. Mi ha detto che la sua posizione come presidente era a questo riguardo imbarazzante poiché, se da una parte si rendeva conto della fondatezza degli argomenti addotti nel Comitato dai rappresentanti dell'Italia, della Germania e del Portogallo, in favore di un ristabilimento immediato del controllo, dall'altra parte si trovava di fronte all'atteggiamento di Corbin, il quale invocava anche la risoluzione del 4 novembre 3 per sostenere che il controllo terrestre non poteva essere messo in vigore se non pochi giorni prima dell'inizio dell'evacuazione dei volontari.

Ho osservato che l'atteggiamento francese mi sembrava ispirato da una preconcetta ed ingiustificata mancanza di fiducia nella sincerità dei governi membri del Comitato e nello spirito di cooperazione delle due parti in Spagna. Infatti, il piano britannico del 14 luglio 4 era basato sulla interdipendenza di tutte le misure in esso previste. Perciò l'approvazione, da parte del Comitato e delle due parti in

Spagna, della progettata risoluzione destinata a mettere in applicazione il piano stesso, costituiva per sé medesima un formale impegno di eseguire in blocco tanto le disposizioni relative al ritiro dei volontari quanto quelle relative alla belligeranza e al controllo. Con ciò, veniva ad essere salvaguardata la preoccupazione francese che, una volta messo in vita lo schema di controllo, potessero tuttavia sorgere difficoltà per il ritiro dei volontari.

Su questa chiara base di interdipendenza, i rapporti di tempo fra il ristabilimento del controllo e il ritiro dei volontari dovevano essere definiti tenendo unicamente conto di considerazioni logiche e pratiche. È ovvio infatti che il controllo dovrebbe logicamente essere ristabilito prima che le commissioni in Spagna inizino il conteggio dei volontari, ché altrimenti si rischia di trovare poi aumentata -attraverso nuovi afflussi -la cifra dei volontari già conteggiata, e perciò falsati i calcoli e spostate le proporzioni, in tutto quel periodo di tempo (valutato ad almeno due mesi) che dovrà trascorrere tra l'arrivo delle Commissioni in Spagna e l'inizio delle operazioni di ritiro.

Plymouth ha rilevato che il governo francese non vuole essere eventualmente costretto a sospendere ancora una volta, dopo averlo messo in vita, lo schema di controllo terrestre.

Ho risposto che questa nòn mi pareva una buona ragione per rifiutarsi di ristabilire il controllo nel momento in cui esso appariva giustificato e necessario. Ho ricordato a Plymouth che il governo italiano ha ormai per sette mesi sopportato un regime di controllo parziale, unicamente limitato al mare, mentre sulla frontiera dei Pirenei continuano a passare volontari e forniture di armi nella totale assenza di osservatori del Comitato. Questo stato di cose -ha aggiunto -è ingiusto e non può durare, ed è bene che i francesi se ne rendano conto. D'altra parte, se i francesi tenevano tanto a mettersi al sicuro contro la possibilità di eccessivi ritardi nell'inizio dell'evacuazione dei volontari, essi potevano a loro volta chiedere l'adozione di una clausola di salvaguardia su questo punto.

Plymouth mi ha detto che avrebbe riflettuto su quanto gli avevo prospettato, e che anche su questo punto si proponeva di intrattenere questo ambasciatore di Francia.

61 1 T. 322/24 R. del 20 gennaio. Riferiva su una riunione informale tra i rappresentanti al Comitato di non intervento delle «Potenze maggiormente interessate>> nella quale era stata discussa la risposta da dare alle note inviate dalle due parti spagnole alla comunicazione del Comitato eh.: era stato approvato il piano britannico del 14 luglio per il non intervento ed il controllo in Spagna.

61 2 Vedi D. 31, nota 3.

61 3 Risoluzione del Comitato con cui veniva approvato il piano britannico del 14 luglio (vedi BD, vol. XIX, D. 277).

61 4 Testo ibid., D. 38.

62

L'AMBASCIATORE A VARSAVIA, ARONE, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 376/07 R. Varsavia, 20 gennaio 1938 (per. il 24).

Da fonte assolutamente certa mi viene riferito che nei recenti colloqui di Beck con Neurath si è trattato principalmente della questione di Danzica. È stato preso in esame il suggerimento di Eden circa l'eventualità dell'abolizione dell'Alto Commissario a Danzica. Beck ha fatto comprendere a von Neurath che egli sarebbe disposto a considerare con tranquillità tale eventualità; l'Alto Commissario che deriva i suoi poteri da una S.d.N. esautorata ha ormai perduto la sua propria autorità. Inoltre l'Alto Commissario, a seconda della persona che ne riveste la carica, può talvolta peggiorare una situazione delicata piuttosto che migliorarla.

Beck ha poi fatto comprendere che l'eventuale sua rinunzia alla garanzia francoinglese per Danzica, quale è in definitiva quella che può dare la S.d.N., non potrebbe avvenire senza precise assicurazioni del Reich.

Nel giro d'orizzonte che i due ministri hanno fatto insieme sulla situazione internazionale sono stati toccati i seguenti punti.

Patto anticomunista: von Neurath ha posto a Beck la domanda se la Polonia considera la possibilità di aderire al Patto Tripartito: Beck ha risposto decisamente con la negativa.

Spagna: Beck ha detto a von Neurath che prima di Teruel non erano mancate al governo polacco informazioni secondo le quali le linee rosse si erano notevolmente rafforzate e preparavano una azione di sorpresa; ha aggiunto che egli si doleva che l'azione di Teruel aveva avuto l'effetto di risollevare il morale dei Rossi.

Austria: von Neurath ha chiesto a Beck che cosa questi avesse inteso dire con l'accenno fatto nel corso delle sue ultime dichiarazioni sulla politica estera ai «principi progettati dai governi italiano e francese nel gennaio 1935» Beck ha risposto che non aveva inteso dire nulla di preciso e di concreto, ma soltanto ricordava che, come ebbe a dichiarare in quell'anno al Senato, detti principi concernenti l'Austria incontravano il maggior favore in Polonia.

Romania: Beck ha manifestato a von Neurath il suo scetticismo circa la stabilità del nuovo ministero romeno.

Cecoslovacchia: von Neurath ha domandato se nei rapporti della Polonia con la Cecoslovacchia vi era da registrare qualche miglioramento. Beck lo ha escluso in ogni modo ed ha affermato che non solo questi rapporti non sono migliorati ma che non sono suscettibili di miglioramento.

Sembra infine che Beck nei suoi colloqui di Berlino abbia cercato cautamente di informarsi se vi fosse qualche cosa di nuovo circa un Patto a Quattro. Tutto il colloquio si sarebbe svolto in un'atmosfera tale da permettere di trame favorevole auspicio per i buoni rapporti fra i due Paesi.

Sembrerebbe poi che nell'udienza accordata a Beck dal Cancelliere questi avrebbe rinnovato le assicurazioni su Danzica già dategli da von Neurath. All'udienza, com'è noto. erano presenti il ministro degli Affari Esteri tedesco e l'ambasciatore di Polonia a Berlino 1•

63

L'AMBASCIATORE AD ANKARA, GALLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

RAPPORTO 113/62. Ankara, 20 gennaio 1938 (per. il 26).

Il mio colloquio del 14 corrente con Aras e del quale ho dato telegrafica notizia all'E.V. 1 , è certo tra i più interessanti avuti con lui nei tre anni da che mi trovo a questa missione.

63 1 Non rintracciata.

Esso marca una sensibile evoluzione verso un apprezzamento della nuova realtà italiana impostasi nel Mediterraneo ed una valutazione più corrispondente agli effetti del rafforzamento dell'asse Berlino-Roma, dell'avvicinamento itala-jugoslavo, della nostra uscita dalla S.d.N., dei recenti avvenimenti romeni, del nuovo nostro programma navale, della riunione di Budapest.

Beninteso l'evoluzione del pensiero turco quale risulta dalle dichiarazioni di Aras non ha valore assoluto e duraturo. La stessa direttiva fondamentale della politica turca che si ammanta di democrazia (mentre è il più dispotico regime asiatico che si possa mai immaginare) e vuole con questa finzione meglio giustificare una sua solidarietà con le Nazioni democratiche, che è legata da una alleanza ai soviet2 i quali possono avere sempre forti mezzi di pressione su di lei ed ha un patto di amicizia con noi 3 , ma persegue lo scopo fondamentale di sottrarsi a qualsiasi complicazione bellica, non assumere alcun nuovo impegno e mancare a quelli già assunti cercando di tenere a bada contemporaneamente le più opposte parti, direttiva fondamentale aggravata dai metodi esecutivi di Aras, impedisce di pensare ad un orientamento definitivamente diverso, mentre ogni dichiarazione dobbiamo ritenerla circondata da ogni sorta di riserve mentali e di cautele che possono annullare domani l'odierno suo valore e significato.

La stampa ha già avuto dei sintomi di questo nuovo orientamento. Concetti, considerazioni e pensieri che mi sono sentito ripetere da Aras, e non starò quindi a riprodurli per l'E.V., che se ne avrà curiosità potrà leggerli nel telespresso n. 112/61 odierno 4 .

Desidero soltanto fermarmi su tre argomenti principali:

San giacca t o;

Società delle Nazioni e

-Situazione mediterranea,

richiamando l'attenzione dell'E.V. specialmente su quest'ultimo.

Questione del Sangiaccato.

La situazione è immutata. La Turchia ha fatto alla S.d.N. le note nserve quanto al regolamento per le elezioni neii'Hatay e di poi la promulgazione di tale regolamento è stata sospesa. Inoltre, la Turchia ha denunciato il trattato di amicizia con la Francia5 . «Sicché -ha aggiunto con vuota enfasi -ormai non abbiamo in Mediterraneo che un solo trattato di amicizia: quello con voi. Siamo legati da ottime relazioni con l'Inghilterra, ma non vi è nessun trattato che ci lega. Ci troviamo quindi nella situazione di dieci anni fa. Ed intendiamo darvi ogni possibile sviluppo. L'amicizia dell'Italia e dell'Inghilterra ci sono egualmente care e preziose».

«Permettete d'interrompervi -gli ho detto-credo che l'amicizia con l'Italia dovrebbe passare per la prima, perché l'Italia è Potenza unicamente mediterranea». Non mi ha replicato, ma tornato alla questione dell'Hatay mi ha informato che il governo francese aveva fortemente insistito perché egli si recasse a Ginevra per avere conversazioni conclusive su tale controversia, e gli si era fatto intendere che certamente una soluzione si troverebbe. Senonché mi ha soggiunto: «Non vi è altra soluzione possibile che l'applicazione piena ed inequivoca di quella che fu la decisione di Ginevra. Non siamo disposti ad accettare nessuna diminuzione anche formale di quanto ottenuto allora. Del resto, io non parteciperò alla discussione del Consiglio. lvi sarà sempre il nostro delegato a funzionare come rappresentante della Turchia. Io mi terrò all'infuori di ogni discussione ufficiale. Mi sono deciso ad aderire all'invito per non far credere a mio disegno di creare difficoltà. Ma non posso rinunciare a nulla, non ho da barattare il riconoscimento dell'indipendenza dell'Hatay contro nessun compenso od accordo qualsiasi. La mia linea è di assoluta intransigenza».

Mi ha poi spiegato che il gioco della Francia è di trincerarsì dietro la S.d.N. (così come ha fatto l'Inghilterra per l'Abissinia, gli ho ricordato, ed egli ha assentito) che lo scopo turco è invece di attaccare unicamente la Francia cercando in quanto possibile di risparmiare la S.d.N. per non creare con false mosse una solidarietà ostile alla Turchia, con vantaggio evidente di Parigi.

Ed a questo punto egli è uscito nella netta constatazione che la S.d.N. è espressione soltanto della volontà franco-inglese, che nessun altro Stato conta, e se taluno degli Stati societari prende posizione non favorevole alla Turchia non è per ragioni dirette fra lo Stato stesso e la Turchia, ma per i rapporti fra detto Stato e la Francia o l'Inghilterra. Ne deriva quindi una situazione falsa ed equivoca e pericolosa per la soluzione dei reali interessi degli associati a Ginevra.

«E se non avrete la soddisfazione che desiderate, gli ho chiesto, quali saranno le vostre decisioni?».

«Ci disinteresseremo della S.d.N.; non ci ritireremo, ci disinteresseremo, e poiché nel Trattato di Losanna non vi è da parte nostra alcuna cessione territoriale salvo che quella che vi riguarda (il Dodecaneso) non riconosceremo il mandato, dichiareremo l'indipendenza della Siria e staremo ad attendere che un Governo si formi a Damasco per potere trattare con lui. Se possibile aiuteremo la unità araba (Irak-Siria). Non possiamo seguire i consigli che ci dànno comuni amici (alludeva evidentemente a quanto l'E.V. sa, segretamente, essergli stato suggerito da Stojadinovié. Inutile dire che ho fatto lo gnorri).

Sappiamo bene che se volessimo agire militarmente la Siria non esiste come forza militare e la Francia non avrebbe modo di mandare contro di noi truppe in Siria. La nostra vittoria locale sarebbe facile. Ma colpendo indirettamente il prestigio della Francia e dell'esercito francese (che col vostro è la sola forza militare in Europa) e determinando all'occidente dell'Asia un focolare di agitazioni e di torbidi come è così terribilmente acceso in Oriente, si determinerebbe una solidarietà anglo-franco-sovietica, ma specialmente sovietica, che vogliamo evitare ad ogni costo. E noi saremmo accusati di essere fautori del disordine europeo. Ecco perché ci limiteremo alle dichiarazioni che vi ho detto, e staremo ad attendere».

Ricordato anzitutto che la questione del Sangiaccato rappresenta:

l) Per la Turchia la difesa militare della Cilicia, indifendibile senza la linea del Gjaurdagh, che ciò non può non aggravare la condizione di Aleppo, già estremamente sacrificata dalla frontiera siriana che la ha privata del naturale mercato settentrionale.

2) Per Atatiirk che fu giovane capitano a Damasco, e poi durante la guerra due volte in Siria finì col comandare l'Armata turca ritiratasi di fronte agli inglesi e fermatosi ad Alessandretta rifiutò in un primo tempo di consegnare la città all'esercito vincitore, la Siria è un fatto personale da regolare. Inoltre pochi come lui possono sapere le serie impossibilità per la Siria di avere vita indipendente, e quale miserabile e sanguinosa situazione si potrà produrre il giorno in cui la Francia se ne ritiri.

Debbo dedurre che quando Aras (che rispecchia le idee di Atatiirk) parla di non riconoscere il mandato sulla Siria, di proclamarne l'indipendenza, conta evidentemente sulla inquietudine sovvertitrice che si solleverebbe nel mondo arabo e sul profitto eventuale che la Turchia potrebbe trovarne nei territori settentrionali della Siria.

Insieme a questa eventualità di miglioramento ed arrotondamento delle frontiere turche, sta il progetto (Aras mi ha detto anche: «Aiuteremo a mezzo degli arabi usciti dalle scuole e dalla amministrazione militare e civile turche, la formazione dell'unione araba che comprenderà l'Irak e la Siria») di esercitare ad un determinato momento una diretta influenza protettrice degli arabi siro-iracheni.

Però, se questa è la finalità di Atatiirk in eventualità massime derivanti da un complicarsi della situazione in Siria a seguito di una mancata soluzione della questione dell'Hatay, non credo che nel momento presente tale soluzione estrema sia desiderata.

Il governo turco in questo momento aspira soltanto a trovare la soddisfazione voluta in seno alla S.d.N. e forse ne ha qualche speranza. Perciò le dichiarazioni di intransigenza di Aras e le sue minacce, e gli articoli accesi della stampa turca, non debbono essere presi alla lettera.

Aras non avrebbe accettato di recarsi a Ginevra, sia pure a discorrere fra le quinte, senza qualche affidamento preciso. Infine è indubbio interesse franco-inglese evitare che la Turchia si «disinteressi» della S.d.N. Se essa uscisse da Ginevra definitivamente insoddisfatta poiché nell'Intesa Balcanica la Jugoslavia tiene già scarso conto dei legami ginevrini e la Romania sembra avviarsi allo stesso atteggiamento, poco più mancherebbe all'uscita da Ginevra di tutta l'Intesa Balcanica.

Francia ed Inghilterra faranno quindi ogni possibile sforzo per soddisfare la Turchia, che si prevale di queste contingenze che milita.no a suo favore senza immediata necessità di un corrispettivo turco.

Società delle Nazioni.

Dalla questione dell'Hatay il passaggio alla situazione attuale della S.d.N. è stato naturale. Così Aras mi ha esposto il suo pensiero:

La S.d.N. consta di tre grandi Potenze e di tre aggruppamenti:

l) Francia, Inghilterra, sovieti.

2) Gruppo degli Stati nordici, Piccola Intesa con l'Intesa Balcanica, Intesa Orientale.

I tre aggruppamenti hanno tutto l'interesse a restare nella S.d.N. perché:

a) La loro uscita determinerebbe automaticamente una più stretta intesa fra le tre grandi Potenze, stretta intesa che oggi non esiste fra Inghilterra e Russia altro che attraverso i tenui legami di Ginevra, mentre potrebbe mutarsi automaticamente in alleanza quando i tre aggruppamenti di Potenze minori lasciassero Ginevra.

Si arriverebbe perciò inevitabilmente ad un fronte contro il fronte italo-tedesco-giapponese, e si correrebbe rapidamente verso la crisi bellica che deve essere evitata ad ogni costo.

I tre aggruppamenti sono invece nettamente ostili a qualsiasi guerra. Non si lasceranno mai trascinare a nessuna solidarietà che possa condurre ad ostilità contro chicchessia.

L'esperienza dell'art. 16 è stata già fatta contro l'Italia e miserabilmente. Si deve alla saggezza di Mussolini se non si è avuto lo scoppio della guerra nel 1935. Ma vi siamo passati vicino. È evidente che nessuno degli Stati che compongono i tre aggruppamenti consentirà mai più all'applicazione dell'art. 16. E ciò è tanto evidente che la dichiarazione austro-ungherese di non restare a Ginevra se questa prende atteggiamento ostile all'asse Berlino-Roma 6 è superflua. «Noi turchi non saremo e non potremo mai essere, né contro la Germania, né contro di voi. La decisione del governo turco su questo punto è precisa ed è condivisa da tutti i suoi alleati».

b) Perché nel pericoloso momento presente quando si può temere da un momento all'altro il disegnarsi di contingenze fatali, vi è una sola speranza ed un solo modo per evitarle: spingere le tre grandi Potenze a cercare contatti con Italia-GermaniaGiappone e risolvere i problemi sulla base di una loro comprensione reale. Vi sono fatti acquisiti (conquista abissina, questione cinese, ecc.) che non possono essere negati; vi sono necessità indiscutibili che non possono essere avversate (colonie alla Germania). Occorre risolvere questi problemi tenendo conto della realtà. Non so come i problemi saranno impostati, non so quale potrà essere il programma delle conversazioni, ma esse debbono cominciare e se non si verificano non so cosa potrà accadere in un prossimo avvenire. I tre aggruppamenti possono e debbono spingere e quasi imporre queste conversazioni, perché anche se vogliono non entrare nell'incendio non hanno interesse ad avere l'incendio vicino alla loro casa. Debbono poi conoscere da vicino i colloqui e seguirli e consigliarsi, nei limiti delle loro possibilità, per la composizione giusta gli interessi reali. Se non li conoscessero sarebbe peggio, si creerebbe una pericolosa atmosfera di sospetto (consueta paura del Patto a Quattro).

Tale è il riassunto della lunga sua esposizione della quale la nota predominante era non la preoccupazione di una complicazione bellica, ma addirittura l'angoscia. E sono queste le idee che Aras (fra le quinte) agiterà a Ginevra con Eden, Delbos, Micescu, ecc. ecc.

Gli ho obiettato che non potevo condividere il suo punto di vista. Gli ho perciò sviluppato i seguenti temi. La S.d.N. era associazione di Potenze di ogni grado di interessi e di ineguale forza, dove interferivano elementi oscuri ed irresponsabili. Il risultato di ogni discus

74 sione e decisione ginevrina non poteva essere che frutto di tale sua malsana originaria composizione. Una percezione di realtà dinamica non era possibile in un organismo nato per mantenere un predominio non storicamente eterno per nessuno, mentre l'odierna assoluta influenza franco-inglese non poteva che produrre uno stato di sempre maggiore soggezione nelle piccole Potenze col loro evidente e crescente pericolo.

Della situazione europea così irta di incognite pericolose era responsabile la Francia che dal 1918 impostava la sua politica sulla base del minimo comune denominatore: paura germanica.

Della cattiva situazione mondiale era responsabile l'Inghilterra, dibattuta in due costanti contraddizioni teoriche e pratiche, ideologiche e di possibilità militari.

Seguitare a restare a Ginevra da parte degli Stati minori significava incoraggiare Francia ed Inghilterra a continuare le direttive fin qui seguite, dare loro l'illusione di potere avere con sé in uno od in altro momento uno o tutti gli aggruppamenti

o qualche componente di essi preso singolarmente. Perciò anziché inopportuna, la dichiarazione austro-ungherese alla vigilia della riunione ginevrina, era stata sacrosantamente necessaria, come dal canto suo quella polacca.

Egli era in errore quando riteneva che si potesse parlare soltanto a Ginevra, e che fuori di Ginevra non vi fosse altro modo di collaborazione internazionale. L'Italia non rifiutava nessuna collaborazione, ma credeva fermamente che Ginevra non era mai stata e non sarà più mai luogo acconcio alla collaborazione internazionale.

Situazione mediterranea.

Da questo argomento V.E. vede come sia stato facile il trapasso ad un punto di molta maggiore importanza e che costituisce la parte più interessante del mio colloquio con Aras: la ipotesi di un conflitto.

«In questo caso-ha esclamato Aras-voi siete difesi dall'Impero africano». La mia attenzione e tensione si sono fatte intensissime. E gli ho chiesto: «Cosa volete dire? Non vi capisco!».

«Quando esaminiamo questioni politiche -ha continuato Aras -lo facciamo tra uomini politici. Ma quando si tratta di questioni militari le facciamo esaminare dai nostri militari. La guerra si fa con le baionette, e la convinzione del nostro Stato Maggiore è che in Mediterraneo soltanto voi avete le baionette per combattere. Dopo di voi siamo noi soli in grado di portare la guerra anche "fuori dal nostro territorio". In caso di conflitto la Francia deve prendere uomini dall'Africa, non può mandarne. (E come li prenderà, dati i vostri sottomarini?). L'Inghilterra può organizzare una grande Marina, una grande Aviazione, non un grande Esercito. E poi non può mandare in Africa un esercito di più centinaia di migliaia di uomini, mentre la difesa dei suoi interessi la costringe a sparpagliare i suoi mezzi in tutto il mondo. Se la Francia fosse attaccata dalla Germania, voi potete tenere alla vostra frontiera occidentale relativamente pochi corpi d'armata. Siete in grado perciò d'invadere l'Africa settentrionale ed organizzarla. Nel territorio che va dalle Alpi (senza tener conto di quello che può venirvi dalla Germania e dall'Europa Centrale) per tutta l'Africa settentrionale fino ai confini meridionali dell'Abissinia, voi potete trovare tutto quello che vi occorre alla guerra. L'Inghilterra può chiudervi Gibilterra, non può chiudervi il Mar Rosso, e nel Mediterraneo, specie nel Mediterraneo Orientale, non vi è possibilità di combattere per le forze inglesi. Questa è l'opinione dei nostri militari. La dico ad un amico della Turchia, e ad un rappresentante di uno Stato amico, ma la confido a tutto il vostro riserbo».

«Avete ragione» gli ho risposto con precisa intenzione «L'Impero Romano ha vissuto per 2 millenni nel Mediterraneo. Se il non desiderato e terribile momento, del quale voi fate ipotesi ora, debba un giorno venire, sono convinto che non vi è possibilità per la flotta inglese di combattere in Mediterraneo. Il Mar Rosso non può esserci chiuso. Quanto agli Stretti (e qui la mia espressione si è fatta ancora più precisa) la Turchia amica non li chiuderà mai. Se la Russia tenterà di chiuderli (ed ho detto Russia per non ripetere Turchia, ma egli è troppo astuto per non avere inteso) la nostra forza navale è sufficiente per distruggere la flotta sovietica e disturbare le coste del Mar Nero alle quali si affacciano del resto tanti milioni di turchi. Se poi la Russia (ho detto ancora Russia) riuscisse a chiuderceli, allora possiamo arrivare al Mar Nero attraverso la Jugoslavia e la Bulgaria, e forse aprire gli Stretti per la stessa via».

«Avete ragione» ha risposto Aras.

«Convenite dunque-ho seguitato-che la prima amicizia che vi occorre in Mediterraneo è la nostra, non la inglese». Aras non ha replicato ed è passato con volubilità ad altri argomenti.

Osservo:

a) È di somma importanza che il governo turco abbia sentito la necessità di fare esaminare dal suo Stato Maggiore la situazione mediterranea in caso di conflitto.

b) Le conclusioni cui detto Stato Maggiore è giunto sembrano un poco sempliciste sulla questione dell'organizzazione del bacino mediterraneo ai fini dei rifornimenti bellici a noi necessari, ma vedono abbastanza chiaramente quali possono essere le probabili conseguenze della forza che siamo oggi in grado di esercitarvi.

c) Esse provano che la convinzione della superiorità inglese è definitivamente tramontata, mentre ha fatto grande strada la valutazione della forza italiana. d) Non è senza significato che Aras me lo abbia confidato.

e) Resta per altro sempre da spiegare perché malgrado queste conclusioni militari si continui nei rapporti turco-britannici che ho via via segnalato a V.E. Ciò trova la sua giustificazione, secondo me:

l) Nell'applicazione del concetto dominante la politica turca: tenere il piede in due staffe, cercare di evitare lo scoppio del conflitto, sottrarsene fin che sia possibile. Se la guerra divampi e, contrariamente alle previsioni dello Stato Maggiore, la flotta inglese abbia predominio mediterraneo, appoggiarsi all'amicizia inglese perché un nostro accrescimento di potenza è sicuramente temuto ed avversato. Se il predominio italiano in Mediterraneo si verifichi, come sembra esserne oggi convinto lo Stato Maggiore turco, allora suonerà il ritornello della tradizionale amicizia italo-turca. Resta soltanto l'incognita di quello che i soviet potranno fare alla frontiera orientale. È da credere che con Mosca impegnata in più fronti, i soviet non siano in grado di esercitare pressioni e minacce militari sensibili alla frontiera dell'Est.

2) È nella convenienza della Turchia sfruttare la futura necessità strategica inglese, contro una sua attuale necessità economico-industriale. Per una speranza futura l'Inghilterra paga subito e mette in piedi un organismo industriale utile ai Turchi. E così i Turchi ottengono un vantaggio immediato contro il luccichio di una promessa futura, per la quale non esiste ancora alcun impegno.

f) La ripetuta affermazione che, dopo l'Italia, la Turchia è il solo Stato mediterraneo in grado di portare truppe fuori del Paese e pronte a combattere in ogni momento, si riannoda ad una notizia riferitami qualche settimana fa?

Mi fu riferito da una personalità turca con la quale sono in rapporto da quasi vent'anni e che è uomo di cultura, studio e riflessione politica, che nei circoli militari inglesi sarebbe stata esaminata la possibilità di difendere il Canale di Suez contro di noi a mezzo di truppe turche.

Non sono in grado di dire quanto questa notizia sia fondata. Tuttavia non è inverosimile che almeno come ipotesi questa eventualità sia stata studiata quanto meno dagli inglesi.

Infatti, non è impossibile, per via di terra, portare due o trecentomila uomini a difendere il Canale. I Turchi conoscono già la strada, sebbene l'abbiano percorsa con scopi nettamente diversi e con l'esito disastroso che è noto. Ma ciò presuppone sicurezza assoluta della Turchia contro attacchi nostri alle sue coste, contro attacchi slavo-balcanici ai suoi territori europei, che è quel tale movimento combinato che può determinare la morte della Turchia, per lo meno di quella di Europa.

La possibilità di inviare corpi d'esercito fino all'Egitto anche in rapporto al dominio navale inglese nel Mediterraneo Orientale, è quanto lo Stato Maggiore turco esclude oggi che possa realizzarsi.

Al momento di separarmi ci siamo ripromessi con Aras di riprendere alcuni argomenti del lungo colloquio 7 .

62 1 J6zef Lipski.

63 2 Patto di neutralità e di amicizia tra Turchia e U.R.S.S. del 17 dicembre 1925 (testo in MARTENS, vol. XVIII, pp. 658-659), prorogato per dieci anni con protocollo del 7 novembre 1935 (MARTENS, vol. XXXVII, pp. 28-29).

63 1 Trattato di neutralità e regolamento giudiziario fra Italia e Turchia del 30 maggio 1928 (testo in Trattati e Convenzioni, vol. XXXVJJI, pp. 111-118), prorogato al 29 aprile 1942 con scambio di note in data 31 maggio 1934 (ibid., vol. XLVIII, pp. 150-151).

63 4 Non pubblicato. 63 5 Trattato di amicizia e buon vicinato tra Francia e Turchia del 30 maggio 1926 (MARTENS, vol. XXI, pp. 443-460).

63 6 Riferimento al punto 5 della Dichiarazione comune tra Austria, Ungheria e Italia del 12 gennaio 1938. Vedi D. 35.

64

L'AMBASCIATORE A TOKIO, AURITI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S.N.D. RISERVATO 341/57 R. Tokio, 21 gennaio 1938, ore 8,25 (per. ore 16 ).

Circa due mesi fa, Stato Maggiore giapponese propose patto militare alla Germania che lo rifiutò per timore della instabilità della situazione in Estremo Oriente e delle iniziative di questi estremisti, le quali avrebbero potuto affrettare evento cui Berlino non si sente ancora preparata.

Permettomi pregare stretto segreto.

63 " Il documento ha il visto di Mussolini.

65

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. URGENTISSIMO 338/24 R. Berlino, 21 gennaio 1938, ore 14,41 (per. ore 15,50).

Mi permetto richiamare particolare attenzione di V.E. sopra notizia stampa odierna dimostrante tendenza della Germania ad una distensione se non ad un riavvicinamento con la Francia.

Tendenza non è nuova ma trae ora nuovo impulso dal relativo allentamento rapporti tra Parigi e Mosca. Essa, mentre costituisce un mezzo indiretto di avvertimento e di pressione sull'Inghilterra, è del resto l'indice del bisogno di pace che attualmente ha la Germania e che in questo momento costituisce uno dei suoi più efficaci mezzi di penetrazione e di affermazione politica in Europa 1 .

66

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. 502/158. Berlino, 21 gennaio 1938 (per. il 24 ).

Ho avuto dal barone von Neurath ulteriori particolari sulle conversazioni di Stojadinovié 1•

Lo stesso giorno, l'ambasciatore Attolico attirava ancora l'attenzione sulle numerose manifestazioni -di cui faceva l'elenco che negli ultimi tempi indicavano «una comune tendenza a sempre più affermare. a Parigi e a Berlino. la possibilità di una conciliazione». E aggiungeva: «Tuttociò senza contare, naturalmente, i vari contatti tra dirigenti delle associazioni combattentistiche e. soprattutto l'attività veramente notevole svolta in questo campo. negli ultimi quattro mesi dalla Hitle1jugend e particolarmente dal suo capo, Baldur von Schirach. Su quest'attività di Baldur von Schirach ho più volte riferito. Stimo utile aggiungere che, date le •· spccializzazioni" tedesche, sembra veramente che Baldur von Schirach si sia assunto nettamente il compito di "lavorare" a mezzo delle organizzazioni giovanili e sportive, alla "comprensione" indicata dal signor François-Poncet.

Ciò spiega i viaggi, suoi e dei suoi luogotenenti, a Parigi, l'invito a migliaia di giovani francesi di recarsi a visitare la Germania, e le iniziative del genere della conferenza di de Brinon.

Le altissime autorità politiche del Reich non si sono fino ad oggi pronunciate in materia: è evidente però che con lo stesso loro compiacente silenzio sembrano dimostrare un certo interesse al problema. Forse pensano che, anche nei confronti dell'Inghilterra, seguire una linea di politica di comprensione con Parigi non sia cosa errata. Del resto è sintomatico che la presenza a Berlino del conte de Brinon sia stata marcata da un colloquio -con relativo comunicato --con il Ministro Presidente Giiring nonostante questi fosse occupato e anzi quasi affaccendato dalla visita di Stojadinovié» (telespresso 0483/151 del 21 gennaio).

Sulle manifestazioni per un riavvicinamento franco-tedesco riferiva più volte anche il console generale a Monaco. Pittalis. il quale, nel rilevare che queste attività si andavano intensificando. sottolineava come ad esse si mostrassero ora favorevoli anche alcune personalità del regime come Hess. Quegli avvenimenti-osservava ancora il console Pittalis-trovavano larga eco nella stampa locale e il l" febbraio lo stesso organo del partito nazionalsocialista, il Voe/kischer Beohachter, aveva dedicato un'intera pagina alla questione del riavvicinamento fanco-tedesco (telespressi 801/70 del 25 gennaio; 927/86 del 1° febbraio e 1128/93 del 3 febbraio. Il primo di questi documenti ha il visto di Mussolini).

Il presidente del Consiglio jugoslavo ha in primo luogo tenuto a manifestare il suo aperto compiacimento per l'andamento dei rapporti italo-jugoslavi, lieto che esso rientri nella linea dell'asse Roma-Berlino.

Per l'Ungheria, Stojadinovié ha dichiarato di non poter far molto e tanto meno con troppa appariscenza. Ma ha assicurato, sempreché per parte sua l'Ungheria lasci da parte le rivendicazioni territoriali, di voler far qualcosa in materia di minoranze e ciò non tanto per via di accordi, quanto per quella di provvedimenti autonomi.

Quanto all'Austria, Stojadinovié si è ancora una volta dichiarato d'accordo con la Germania nella opposizione ad ogni forma di restaurazione asburgica.

Per la Bulgaria, il presidente jugoslavo avrebbe confermato la sua soddisfazione per i nuovi rapporti venuti a stabilirsi, informando anche di voler visitare quanto prima ufficialmente Sofia.

Per quanto riguarda la Romania, Stojadinovié si sarebbe trovato d'accordo con Neurath nel non giudicare con troppa fretta e con soverchio ottimismo la nuova situazione colà creatasi. Indubbiamente, qualche sintomo di risveglio c'è (liquidazione di Titulescu e relativo allontamento da Mosca) ma il Re si trova in una situazione incerta e precaria e le disposizioni dell'Esercito non risultano completamente rassicuranti.

In generale, Neurath mi ha detto di aver riportato dai suoi nuovi contatti con Stojadinovié la migliore impressione: la Jugoslavia (sarebbero parole dello stesso Stojadinovié) non vede più la politica estera attraverso gli occhi francesi. Essa, secondo Neurath, è aperta alla cooperazione internazionale, e ciò su linee anche più indipendenti di quelle dello stesso Belgio 2 .

65 1 Sul documento vi è la seguente annotazione del capo di Gabinetto De Peppo: «Parlato con S.E. il Ministro che se ne sta occupando personalmente -22/1 ».

66 1 Durante la visita di Stojadinovié in Germania (vedi DD. 52 e 57).

67

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. RISERVATISSIMO 500/156. Berlino, 22 gennaio 1938 (per. il 26 ).

Ho visto ieri François-Poncet tornato da Parigi la mattina stessa.

A parte qualche profezia di politica interna, egli mi ha detto, per quanto riguarda la politica estera, che in Francia si continua a vivere sotto l'assillo di qualche «colpo» italiano sulle colonie francesi, in previsione del quale si stanno prendendo importantissime ed estese misure precauzionali. (Noto incidentalmente che, non so come, si sta sempre più consolidando l'opinione che l'Italia, e non altri, costituisca in questo momento il principale, se non l'unico, pericolo per la pace. Questo ambasciatore inglese domandava seriamente l'altro giorno ad un mio amico se noi non mirassimo alla conquista dell'Egitto. Nella immaginazione di

costoro l'Italia avrebbe ora concentrato in Libia una forza metropolitana di oltre centomila uomini. Il bello si è, poi, che questa supposta aggressività italiana viene contrapposta alla «volontà di pace» della Germania ... ).

A parte questo, mi ha detto François-Poncet, in Francia si desidera sempre una intesa con l'Italia e si è disposti a «riprendere le conversazioni».

«Per mezzo di chi?» ho obbiettato.

«<mmagino -ha risposto François-Poncet -che una soluzione per il riconoscimento debba ormai esser trovata». «Davvero?». «Si, anzi vi assicuro, -ha aggiunto il mio collega-che, in questo caso, io

non esiterò a domandare di essere trasferito a Roma ... ».

Riferisco questa breve conversazione perché mi sembra, conoscendo l'uomo, sintomatica. Una rondine non fa primavera. Ma una certa evoluzione va producendosi anche in Francia.

66 2 Il documento ha il visto di Mussolini.

68

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, ALLE AMBASCIATE IN CINA, A LONDRA, A MOSCA E A TOKIO

T. SEGRETO 83/C. R. Roma, 23 gennaio 1938, ore 2,30.

Da notizie fiduciarie qui pervenute risulterebbe che governo di Mosca starebbe avviando approcci verso governo inglese per approfondire coordinazione dell'attività russa in Estremo Oriente con quella inglese. Si vorrebbe preparare il terreno per un accordo relativo al rifornimento di materiale da guerra sulla base di un piano elaborato in comune.

Tattica britannica sarebbe quella di attirare sempre più profondamente il Giappone in Cina. Dato che materiale umano cinese è illimitato, ciò condurrebbe ad un indebolimento fondamentale del Giappone rendendo possibile -date anche cattive condizioni finanziarie di Tokio -un colpo da parte dell'Unione Sovietica nei cui ambienti militari accarezzerebbesi tuttora idea di una rivincita della guerra 1904-1905.

Pregasi controllare quale fondamento possano avere notizie di cui sopra 1 .

(T. 398119 R. del 24 gennaio).

Anche l'ambasciatore Auriti non aveva notizia di approcci del governo sovietico nel senso indicato: piuttosto, vi era l'impressione che la Gran Bretagna desiderasse soprattutto il ritorno a condizioni normali per salvare quanto possibile dei suoi interessi in Estremo Oriente (T. 423/63 R. del 26 gennaio).

Per la risposta da Londra si veda il D. 70.

68 1 Da Mosca, l'ambasciatore Rosso rispondeva di nòn aver rilevato alcun sintomo di una concreta cooperazione tra Gran Bretagna e Unione Sovietica. pur dovendosi notare che la tattica attribuita alla Gran Bretagna coincideva con la direttiva seguita dall'U.R.S.S. di fronte al conflitto cino-giapponese

69

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, GRANDI

T. 88/14 R. Roma, 25 gennaio 1938, ore 24.

Ti ringrazio tuoi telegrammi circa Comitato di non intervento 1• Approvo proposta linea di condotta e lascio a te di giudicare se e fino a qual punto possa andare insistenza per un esplicito riconoscimento de facto senza assumere carattere ostruzionistico, dato anche che riconoscimento de facto come tu osservi, si viene già costituendo con la corrispondenza in corso con il governo nazionale.

70

L'AMBASCIATORE A LONDRA, GRANDI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 620/020 R. Londra, 25 gennaio 1938.

Telegramma di V.E. n. 83 del 23 corrente 1•

Le considerazioni comunicatemi da V.E. nel telegramma cui rispondo coincidono colle osservazioni che io ho potuto fare sul posto particolarmente durante quest'ultima fase del conflitto in Estremo Oriente.

La tesi che la vastità geografica della Cina e le sue inesauribili riserve di materiale umano potrebbero finire per rappresentare una «sanzione automatica» dell'attuale azione militare giapponese in Estremo Oriente ha costituito, sin dall'inizio del conflitto, il Leitmotif preferito dei circoli politici inglesi. È da chiedersi tuttavia sino a qual punto questa tesi corrisponda ad una effettiva convinzione da parte inglese, oppure rappresenti l'espressione di una accarezzata speranza, o infine soltanto un argomento per calmare le impazienze e le preoccupazioni di un'opinione pubblica fortemente scossa ed allarmata dall'offensiva nipponica per cui gli interessi britannici sono i primi ed in così vasta misura a soffrire.

Circa le possibili collusioni anglo-sovietiche, notizie attendibili da me raccolte in questi ambienti politici permetterebbero di confermare quanto comunicatomi da

V.E. nel senso cioè che effettivamente il gvverno di Mosca ha effettuato preliminari sondaggi per conoscere intenzioni questo governo nei confronti situazione in Estremo Oriente, e che questi sondaggi attualmente sono, more britannico, oggetto di attento esame e di considerazione. Il che significa, in altre parole, che per quanto sia troppo presto parlare d'un coordinamento già in atto dell'attività sovietica con quella britannica in Estremo Oriente, pur tuttavia è chiaro che la Gran Bretagna

70 1 Vedi D. 68.

non intende affatto rinunciare alla carta russa, e cioè di valersi del tradizionale avversario di Tokio per cercare di arginare i successi giapponesi.

Sono sintomatiche, a tal proposito, le varie notizie «orchestrate» secondo la solita tecnica degli uffici stampa del Foreign Office, che appaiono sempre più frequenti e secondo le quali si tende a far apparire probabile un'intesa angloamericana-sovietica per una tutela mediante un'azione comune delle tre Potenze dei rispettivi interessi in Estremo Oriente contro il Giappone.

69 1 Si veda il D. 61, al quale in particolare si riferiscono queste istruzioni di Ciano.

71

L'AMBASCIATORE A LONDRA, GRANDI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE .../021 R. 1 Londra, 25 gennaio 1938.

Telegramma di V.E. n. 69 del 18 corrente 2 .

L'idea di un'eventuale mediazione inglese nel conflitto d'Estremo Oriente non è certo nuova. La parte di mediatore e di arbitro è «tradizionale» nella politica inglese o, dovrei dire piuttosto, è «istintiva» in questo popolo di mercanti, la cui vita e prosperità sono per così notevoli misure basate sulle «percentuali» e sulle «commissioni» riscosse sul lavoro degli altri. Sono d'altra parte evidenti i motivi per i quali, nel caso specifico del conflitto cino-giapponese, questa «parte» può apparire particolarmente desiderabile a Londra. E di fatto, attraverso gli alti e bassi degli sviluppi della situazione politica e militare in Estremo Oriente, non è mai stata qui perduta di vista la prospettiva di un'eventuale azione mediatrice inglese che offrirebbe, agli occhi di questi osservatori, non solo la possibilità di una qualche rivendicazione del prestigio internazionale britannico ma soprattutto uno strumento prezioso di manovra politica.

Le dichiarazioni fatte al nostro ambasciatore a Berlino dal suo collega giapponese trovano del resto un certo riscontro nella recente marcata e repentina evoluzione dell'atteggiamento ufficiale inglese verso il Giappone. L'occasione è stata offerta dal discorso di Hirota all'apertura della Dieta Imperiale il 22 corrente e precisamente dalle sue dichiarazioni nel senso che «la politica giapponese rimane immutata e diretta a mantenere l'amicizia tradizionale con la Gran Bretagna». La premura con la quale i circoli ufficiali di Londra si sono affrettati a raccogliere questo ramoscello d'olivo, è sottolineata da un comunicato ufficioso diramato il giorno stesso dal Foreign Office, nel quale viene espresso «l'apprezzamento» del governo britannico per il riferimento all'Inghilterra nel discorso del ministro degli Esteri giapponese. Comunicato tanto più significativo in un momento in cui il partito

laburista britannico (a seguito della recente conferenza internazionale socialista di Bruxelles) si sta mobilitando per una nuova richiesta di sanzioni contro il Giappone.

Sebbene da quanto mi viene confidenzialmente riferito sembri prematuro parlare oggi di una iniziativa britannica presso Tokio (iniziativa, d'altronde, che presumibilmente l'Inghilterra non prenderebbe senza previe consultazioni con Washington e Parigi), vi sono indicazioni che, in connessione con questa improvvisa bonaccia nelle turbolenti acque delle relazioni anglo-giapponesi, la eventualità di qualche discreta intromissione diplomatica di Londra nel conflitto in Estremo Oriente stia attualmente esercitando la mente degli uffici competenti del Foreign Office in maniera molto più concreta che non nel passato.

71 1 Il documento è tratto dal fondo ambasciata di Londra. Mancano, pertanto, il numero di protocollo c la data di arrivo.

71 2 Chiedeva di riferire su quanto potesse risultare circa le dichiarazioni dell'ambasciatore giapponese a Berlino, il quale, parlando con Attolico, aveva lasciato capire che il suo governo si attendeva. in un secondo momento, una mediazione britannica «che non avrebbe sorpreso e tanto meno scandalizzato Tokio».

72

L'AMBASCIATORE A TOKIO, AURITI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. SEGRETO 105/40. Tokio, 25 gennaio 1938 (per. il 16 marzo).

Telespresso ministeriale n. 240043/c. del 18 novembre 1937 1•

Il telespresso n. 5580/1891 in data 13 novembre s.a. 2 del R. ambasciatore in Berlino, che codesto Ministero mi ha trasmesso col telespresso ministeriale sopracitato, mi dà l'occasione di comunicare a V.E. alcune notizie e considerazioni che mi sembrano non prive di interesse, a proposito della missione del colonnello giapponese Takahashi in Germania.

Il colonnello Takahashi, ufficiale fra i più stimati di questo Stato Maggiore, fu mandato a Berlino per svolgervi una missione confidenziale di natura assai delicata. Egli era incaricato di spiegare al governo e allo Stato Maggiore tedeschi la sorpresa e l'amarezza che causava nei militari e nel governo giapponesi l'attiva collaborazione della missione militare tedesca con l'armata cinese contro il Giappone, ad onta del patto nippo-tedesco anticomunista e della tanto decantata amicizia fra i due Paesi. Nel tempo stesso il colonnello Takahashi doveva sollecitare la consegna di una grossa partita di materiale aeronautico che era stato ordinato all'industria tedesca poco tempo prima dell'inizio del conflitto con la Cina. Per quanto riguarda il primo punto esso è stato oggetto di numerose mie comunicazioni. Ripeto qui, ai fini della conclusione del presente telespresso, che l'ambiguo contegno tedesco ha avuto il risultato di diminuire le simpatie e la fiducia per la Germania e di modificare anche, a danno di questa, quell'opinione di eccellenza militare che era qui (come in tanti altri Paesi) un canone indiscusso; e ciò -da una parte -come naturale conseguenza degli effetti assai scarsi avuti dai consigli dei tecnici tedeschi sopra la resistenza cinese e sopra i risultati della campagna giapponese e, dall'altra, come non meno naturale reazione (anche di amor proprio) ai troppo

72 2 Vedi serie ottava, vol. VII, D. 563.

affrettati pronostici che gli ufficiali tedeschi al serviziO di Chiang Kai-shek e lo stesso addetto militare di Germania in Tokio avevano commesso l'errore di pronunciare e che furono poi totalmente smentiti dalla fulminea avanzata giapponese in Cina e dal collasso completo dell'esercito cinese.

Quanto all'altro compito affidato al colonnello Takahashi, l'errore tedesco non fu minore. Gli venne risposto (quasi certamente per restare nella linea di condotta prefissasi da Berlino nel conflitto attuale) che la fornitura non poteva farsi perché l'industria tedesca era in quel momento tutta impegnata per gli armamenti del Reich. Verità o pretesto, tale risposta urtò profondamente i militari giapponesi ed ebbe come immediata conseguenza l'ordinazione di quella fornitura all'industria italiana; tale decisione fu presa dallo Stato Maggiore e dal ministero della Guerra contro l'avviso della direzione generale dell'Aviazione che è notoriamente legata (e non solo da preferenze d'ordine tecnico) con l'industria germanica. Non mi dilungherò su questi e altri episodi nell'attuale fase delle relazioni nippo-tedesche. Le antipatie e il discredito che ne sono derivate non appaiono, per certi aspetti, utili ai nostri interessi politici generali, giacché diminuiscono alquanto o ritardano l'attuazione di quella piena concordia di intenti e coesione di forze che dovrebbero essere il frutto maggiore del Patto Tripartito; e sono effetto di un contegno tedesco derivato da quelle divergenze di concezioni che ho più ampiamente esaminato con il mio rapporto n. 40/13 del 15 gennaio c.a. 1

Ma, d'altro canto, la politica della Germania verso il Giappone ha, come risultato, benché involontario e non desiderato, di spingere maggiormente quest'ultimo verso di noi. Ora, un'Italia più rafforzata da un'intima unione con il Giappone, può meglio far sentire il suo peso in Europa anche nei riguardi della Germania stessa, e specie in funzione anti-inglese. E da una maggiore coesione dei fattori Italia e Giappone, la Germania potrebbe essere obbligata a seguire essa pure quelle direttive politiche più decisamente antibritanniche dalle quali oggi rifugge 4 ..

72 1 Non rintracciato.

73

IL MINISTRO A BELGRADO, INDELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 454/07 R. Belgrado, 26 f(:'bbraio 1938 (p(:'r. il 28).

Stojadinovié, che ho visto oggi, mi ha parlato delle impressioni del suo viaggio in Germania 1 . Mi ha detto che a Berlino non ha avuto, come da noi, quei contatti diretti, che gli hanno lasciato un indimenticabile ricordo, colla gioventù e colle masse pensanti ed operanti. Si è tenuto essenzialmente a mostrargli la forza armata tedesca e le realizzazioni hitleriane nel campo delle opere pubbliche. Hitler ha tenuto a fargli personalmente da guida, durante il suo soggiorno a Monaco nella visita

72 ' Vedi D. 41. 72 4 Il documento ha il visto di Mussolini. 73 1 Sul quale si vedano i DD. 52. 57 e 66.

agli edifici ed ai progetti della nuova architettura tedesca, alla quale il Fiihrer annette il più alto valore d'affermazione caratteristica del suo regime. Stojadinovié ha tratto l'impressione di un uomo che lavora per l'avvenire e che, ciò stante, fa sincero assegnamento sopra un periodo di pace. Della forza armata tedesca che Goring gli ha illustrata, il Presidente ha avuto, naturalmente, una visione adeguata alla sua potenza, e, nei riguardi della preparazione militare, lo ha particolarmente interessato -in quanto i problemi sono anche jugoslavi -l'industria siderurgica e specialmente quella chimica dei carboni e carburanti. Hitler ha dichiarato a Stojadinovié che il Reich intende riavere le sue colonie. Tutte-e nessun'altra -le colonie ex tedesche.

Nei riguardi dell'Austria, Hitler si è espresso in termini particolarmente violenti contro una eventuale restaurazione absburgica, che la Germania non potrebbe assolutamente tollerare. E su questo punto il consenso jugoslavo è stato senza riserve. Circa l'Anschluss, Hitler ha marcato con forza che si tratta di «questione interna tedesca». Lord Hahfax gli ha accennato 2 come la Francia vi è contraria, ma egli gli avrebbe risposto che non avrebbe menomamente domandato né atteso il consenso francese. Stojadinovié ritiene che Hitler conti sopra un movimento del nazismo austriaco, ma che, comunque, non abbia prospettive troppo imminenti, né consideri le possibilità di colpi di forza. Mi ha detto di avere annuito alle idee del Fiihrer nel senso che la Jugoslavia nulla avrebbe da obiettare ad un Anschluss, considerato «questione interna del popolo tedesco» in senso lato, qualora fosse l'effetto di un movimento interno austriaco. Hitler gli ha, quindi, reiteratamente e caldamente assicurato che il Reich non ha alcuna aspirazione oltre le attuali frontiere austriache, né ne avrà mai in avvenire, che i nuclei di popolazione tedesca che esistono in Jugoslavia ed in Italia non possono ragionevolmente interessarlo. Per il Reich il confine jugoslavo e quello del Brennero sono e saranno ormai definitivi. Stojadinovié è rimasto impressionato e convinto di tali ferme decisioni. Nei riguardi della Cecoslovacchia, Hitler non ha avuto che un accenno per deplorare che la scarsa comprensione di Benes lasci trascinare dannosamente la questione della minoranza tedesca. Stojadinovié crede che nei riguardi cecoslovacchi, Hitler pensi alla possibilità di un'intesa. Di altre idee sarebbe, invece, Goring che, in proposito si è espresso in modo assai più categorico, nel senso di una soluzione radicale, col distacco della zona tedesca. Nei riguardi della Balcania, in genere, Hitler ha dichiarato a Stojadinovié che il Reich vi persegue ovunque dei precisi ed importanti interessi economici. Vede con favore, ma soprattutto in tale ordine di idee, il cambiamento prodottosi nella situazione interna della Romania. Nei riguardi dell'Inghilterra, Hitler avrebbe detto che la situazione non offre nuovi elementi fino a questo momento. Halifax gli ha fatto un'impressione non del tutto chiara e, comunque, di uomo che non si rende conto della mentalità tedesca. Quanto alla Francia, il Fiihrer ha fatto breve cenno alla inesistenza di intenzioni ostili del Reich e, nel tempo stesso, all'impossibilità di chiarire la situazione con governi precari e dominati dai socialcomunisti. In genere è stata manifestata a Stojadinovié, in ispecie da parte di Neurath, la piena soddisfazione tedesca per la nuova politica di fiduciosi rapporti stabilitisi fra Roma e Belgrado.

Stojadinovié è, naturalmente, indignato per la forma assunta dagli attacchi della stampa francese per il suo viaggio in Germania e per esservi stato perseguitato da continui messaggi di Delbos, comunicatigli attraverso Purié, deploranti varie sue frasi ed atteggiamenti, specie nei discorsi scambiati con Goring a Karinhall.

In sostanza, attraverso quello che Stojadinovié mi ha detto e quello che ho potuto intendere, i risultati concreti del suo viaggio a Berlino sembra si possano così elencare:

l. Una esplicita verbale dichiarazione circa la limitazione deJle aspirazioni tedesche verso il sud alla frontiera jugoslava con garanzia della frontiera stessa, anche in caso di avvenimenti in Austria; •

2. -Uno sviluppo deJI'interessamento dell'industria tedesca, specie nel campo siderurgico e minerario, per l'industrializzazione della Jugoslavia; 3. -Un accordo amichevole di stampa ~di cui non esisterebbe altro documento scritto che il comunicato ufficiale ~ per dare al pubblico la sensazione dell'orientamento definitivo della politica jugo-germanica.

Stojadinovié tiene a far sapere a V.E. che fra il suo ritorno da Roma e quello da Berlino ha ricevuto innumerevoli e le più varie adesioni, da ogni parte del Paese, alla sua politica verso l'Asse. Ciò, mi ha detto, è dovuto anche alla constatazione che, nelle due capitali, per la prima volta, il capo di governo jugoslavo è stato trattato sopra un piede di perfetta ed amichevole uguaglianza. Questo Paese, che comincia ad avere chiara coscienza del suo avvenire, è sensibilissimo a simili manifestazioni.

73 2 Durante la visita di lord Halifax in Germania nel novembre 1937. Per le informazioni raccolte in proposito da parte italiana si veda serie ottava, vol. VII, DD. 602, 607 e 610.

74

IL PROFESSOR ENDERLE AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

APPUNTO. Roma, 26 gennaio 1938.

In conformità delle istruzioni impartite da V.E., ho incontrato ieri a Milano il signor Alami, fiduciario del Mufti di Gerusalemme, il quale si reca a Londra per partecipare come Plenipotenziario riservato del Mufti alle discussioni che avranno luogo per la sistemazione della questione palestinese. Il signor Alami mi ha detto che, prima che egli si recasse a Londra, il Mufti voleva che prendesse contatto con noi per gli eventuali consigli che gli avremmo potuto dare ed anche per rinnovarci una richiesta di aiuti materiali che consentissero ai rivoluzionari palestinesi di protrarre il movimento ancora per qualche settimana.

Ho risposto al signor Alami che non avevo istruzioni per quanto poteva riferirsi ad eventuali suggerimenti da dargli, ma che a titolo personale, mi pareva opportuno di suggerirgli di giungere ad una qualche intesa con il Governo britannico anche se questa dovesse soddisfare soltanto parzialmente le aspirazioni nazionali della Palestina. Era mia impressione che il Governo britannico fosse ormai convinto del completo fallimento della politica filosionista nel Prossimo Oriente e che, anche se per ora non avesse potuto fare eccessive concessioni, la situazione degli arabi sarebbe stata in avvenire notevolmente avvantaggiata da tale fatto.

Per quanto si riferiva alla richiesta di altri aiuti materiali, non potevo che confermargli la decisione già presa in antecendenza dal R. Governo di interrompere ogni qualsiasi sovvenzione. La coincidenza degli interessi palestinesi con quelle che sono le direttive generali della politica italiana, faceva altresì che il Mufti potesse contare su di un nostro aiuto morale ed indiretto assai più vantaggioso di quello materiale. Se una qualche novità si fosse verificata circa il nostro atteggiamento, l'ho assicurato che V.E. avrebbe certamente disposto che il Mufti ne fosse avvertito.

Il signor Alami mi ha pregato di esprimere ancora all'E.V., anche perché ne informasse il Duce, i sentimenti di profonda gratitudine del Mufti per tutto quanto l'Italia ha fatto in passato a pro della causa araba in Palestina. Egli ha aggiunto che il Mufti teneva a confermare tali sentimenti anche nelle attuali circostanze e che essi sarebbero rimasti sempre tali.

Prima di !asciarmi il signor Alami mi ha fornito alcune informazioni, pensando che esse potessero esserci di una qualche utilità. Esse possono riassumersi come segue:

l. La Francia ha iniziato una violenta campagna anti-italiana negli ambienti arabi;

2. -Qualora fosse nostro intendimento creare al Governo francese complicazioni in Siria, il Mufti potrebbe metterei direttamente in contatto con tale Fakri el Barudi, il quale è certamente a Damasco uno degli esponenti fra i più accesi, se non il più violento, del nazionalismo siriano; 3. -Il Governo sovietico ha recentemente fatto fare, per il tramite di propri agenti al Cairo offerte di aiuti ai nazionalisti palestinesi. Il Mufti ha rifiutato tali aiuti; 4. -Il Governo tedesco è in contatto con i Capi del movimento insurrezionale in Palestina per il tramite dell'agente del Deutsche National Bureau di Gerusalemme (notizia già segnalata al R. Console Generale in quella città); 5. -L'attività tedesca nel Prossimo Oriente è notevole.

Abbiamo preso accordi col sig. Alami per poterei scambiare eventuali ulteriori

. . .

comumcazwm.

75

IL MINISTRO A VIENNA, GHIGI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

RAPPORTO RISERVATISSIMO 359/211. Vienna, 27 gennaio 1938 1•

Mio rapporto 1751102 del 15 gennaio u.s. 2

I recentissimi episodi da me riferiti (arresto ed espulsione dall'Austria dei cecoslovacchi conti Dubsky per attività naziste; intervista del dottor Tavs, dirigente

75 2 Vedi D. 42.

dei nazisti illegali di Vienna e membro del Comitato dei sette, con successivo suo arresto; perquisizione degli uffici del Comitato dei sette; fermo del capitano Leopold; congedo del Consigliere di Stato Seyss-Inquart); la sensazione di questo governo che dietro i vari episodi di attività nazionalsocialista austriaca si nascondano l'approvazione e l'incoraggiamento di Berlino, hanno aggravato nuovamente e più gravemente l'atmosfera dei rapporti austro-germanici.

D'altra parte ~ a quanto mi ha riferito il signor von Papen che è stato in questi ultimi giorni in Germania~ il Fiihrer gli avrebbe in tale occasione espresso il suo malcontento per le pubblicazioni ostili o quanto meno poco simpatiche di molta parte della stampa austriaca, per taluni atteggiamenti di questo governo ed in generale per l'andamento delle cose.

Occorre comunque riconoscere che a tutt'oggi la pacificazione interna non ha certo fatto progressi, e che mentre, sotto l'influenza italiana, il governo austriaco si mantiene politicamente vicino all'asse Roma-Berlino, l'Accordo austro-germanico dell'Il luglio, se in vigore nel campo della politica estera, è invece in gran parte lettera morta in quello delle relazioni giornaliere fra i due Stati tedeschi.

In seguito agli avvenimenti recenti e recentissimi, è venuta ~ a quanto mi è sembrato di poter constatare ~ maturando nella mente di questo Cancelliere Federale la convinzione di non poter continuare nell'attuale situazione senza inconvenienti e pericoli molto gravi e che pertanto occorra cercare di portarvi rimedio. Le possibili alternative, sono naturalmente due sole: una repressione energica del nazionalsocialismo all'interno, con relativo irrigidimento dei rapporti esterni con la Germania da un lato ~ (e a questa soluzione già inclinava, prima della conferenza di Budapest, l'animo del Cancelliere, come ebbi occasione di accennare a codesto Ministero)~ il tentativo, dall'altro Jato, di migliorare tale stato di cose mediante una modificazione dei rapporti austro-tedeschi, basandoli su un piano più stabile e sicuro.

Verso tale seconda alternativa spinge~ a quanto mi consta~ il Segretario di Stato Schmidt, che, ritornato da Budapest molto rinfrancato, ha assunto notevole influenza dopo la conferenza tripartita, intrattiene cordiali relazioni con il signor von Papen, e si atteggia a sostenitore dell'asse Roma-Berlino e del riavvicinamento austro-germanico.

Sulla situazione del signor Schmidt in seno al governo e sui suoi rapporti col Cancelliere mi riservo di ritornare in altra sede.

Quello che per ora è certo è che i due uomini di governo stanno, mentre scrivo, esaminando la situazione e la possibilità di cercare di addivenire ad un chiarimento dei rapporti con la Germania (consolidando così in pari tempo le posizioni del governo di Vienna) attraverso un diretto contatto con gli uomini responsabili del Reich.

Non sfugge infatti al dottor Schuschnigg ed al Segretario di Stato Schmidt la circostanza che mentre il signor von Papen svolge opera conciliante e rassicuratrice, la sua influenza però si esaurisce soprattutto nei contatti col governo austriaco poiché non sembra si faccia qui molto affidamento sulla sua influenza e situazione in Germania, e si afferma anzi che la sua stessa legazione (ad opera del consigliere von Stein) tenga contatti con i nazisti locali e svolga opera spesso contraria alle direttive alle quali l'ambasciatore-ministro del Reich afferma di ispirare la sua azione.

È perciò che questo governo ha ripreso l'idea di un incontro del Cancelliere Federale, sia col generale Goring (incontro che, come è noto, avrebbe dovuto avere già luogo in Austria e che è stato invece rimandato sine die) o addirittura con il Fiihrer-Cancelliere.

Circa quanto precede questo Segretario di Stato agli Esteri si è riservato di darmi possibilmente domani, da parte del dottor Schuschnigg più precise notizie da comunicare alla E.V., ciò che mi riservo di fare all'occorrenza per telegrafo.

Ma ho ritenuto intanto opportuno di approfittare della partenza del corriere per riferire più diffusamente sull'argomento.

Naturalmente, non si può certo affermare che da un incontro del genere, qualora venga effettuato, possano senz'altro scaturire i risultati sperati, non dico di pace ma almeno di armistizio.

Il maggior nemico di questo governo, nemico che il Cancelliere Federale giornalmente combatte con la parola e con i fatti, permane sempre il nazionalsocialismo, vita e religione del Reich germanico. Combatterlo all'interno ed allearglisi all'esterno è una contraddizione che non si vede come possa essere superata.

Tentare di addomesticarlo ad uso interno, togliendogli la tassativa pregiudiziale annessionistica, richiederebbe anzitutto esplicite dichiarazioni e conseguenti azioni ed astensioni da parte di Berlino.

Non ho, beninteso, elementi per rendermi conto se e quale valore effettivo, sia pure immediato e temporaneo, potrebbero avere, anche se possibili, nuove eventuali dichiarazioni da parte del governo di Berlino a quello di Vienna a favore dell'indipendenza dell'Austria e soprattutto ulteriori affidamenti di disinteressamento della sua situazione interna.

75 1 Manca l'indicazione della data di arrivo.

76

IL MINISTRO A VIENNA, GHIGI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S.N.D. 465/12 R. Vienna. 28 gennaio 1938, ore 22,15 (per. ore l de/29).

Il presente telegramma fa seguito a rapporto riservato 211 del 27 corrente 1•

Questo Segretario di Stato per gli Affari Esteri mi ha pregato di comunicare a V.E. da parte del Cancelliere Federale che, in vista incidente di questo delegato nazista 2 sfruttato artificiosamente da stampa francese soprattutto nei riguardi delle relazioni austro-tedesche, egli è entrato nell'ordine di idee già altre volte ventilato d'incontrarsi con Hitler, mediante diretta esposizione situazione interna e comportamento nazisti estremisti austriaci, rasserenare atmosfera e de

76 2 Nota dell'Ufficio Cifra: «decifrazione dubbia».

terminare attraverso chiarimenti rec1proc1 pratica attuazione da ambo le parti Accordo 11 luglio.

Von Papen, che conta vedere Hitler 30 corrente, si farà tramite tale desiderio.

Segretario di Stato per gli Affari Esteri ha aggiunto che nessuno è al corrente iniziativa ma che desiderava metterne subito al corrente S. E. il capo del governo e V.E. Egli mi ha vivamente pregato mantenere su quanto precede massimo riserbo perché ove iniziativa non giunga in porto siano almeno evitate sfavorevoli ripercussioni interne e inevitabili speculazioni stampa estera'·

76 1 Vedi D. 75.

77

L'AMBASCIATORE A LONDRA, GRANDI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE .. ./025 R. 1 Londra, 28 gennaio 1938.

Mi vengono segnalate da buona fonte conversazioni che hanno avuto luogo recentemente a Londra tra capitano Ingersoll (capo Ufficio Operazioni al ministero Marina di Washington) ed esperti Ammiragliato britannico. In tali conversazioni sono stati discussi a fondo i maggiori problemi della politica navale delle due Potenze anglosassoni, con particolare riguardo all'attuale situazione in Estremo Oriente.

Va messo in diretto rapporto con tali conversazioni, odierno messaggio Roosevelt2 che prevede costruzione navi linea di oltre quarantamila tonnellate. A tale riguardo si lascia intendere in questi circoli responsabili che anche Gran Bretagna e Francia potrebbero denunziare quanto prima attuale limite trentacinquemila tonnellate stabilito in Trattato di Londra, in previsione prossima decisione giapponese in questo senso.

Mi risulta altresì che durante recenti conversazioni avute qui dall'esperto americano, quest'ultimo avrebbe anche fatto accenno a un eventuale progetto di «blocco a distanza» contro Giappone, appoggiato basi Singapore, Canale Panama, Haway e Isole Aleutine. Si calcola che questo blocco potrebbe essere effettivo se vi partecipassero sei navi battaglia inglesi con forze leggere complementari.

La questione non sarebbe stata però ancora oggetto di specifica discussione nei suoi particolari aspetti tecnici e tattici. Circa sempre più evidenti preoccupazioni britanniche per sviluppi azione nipponica in Estremo Oriente e possibilità di una attiva cooperazione anglo-americana

76 .i Ciano rispondeva con T. 96/8 R. del 1° febbraio incaricando Ghigi di ringraziare Schuschnigg per la comunicazione ed assicurando che da parte italiana non vi erano obiezioni circa un incontro tra il Cancelliere austriaco e Hitler.

nel Pacifico per la difesa comum mteressi, richiamo anche mio telegramma per corriere n. 022 del 25 corrente mese 3 .

77 1 Il documento è tratto dal fondo ambasciata di Londra e non contiene perciò l'indicazione del numero di protocollo generale e della data di arrivo. 77 2 Vedi D. 94.

78

IL MINISTRO A TIRANA, JACOMONI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

Tirana, 28 gennaio 1938.

Il signor Libohova mi ha detto di aver ricevuto da parte della legazione di Grecia a Tirana l'offerta di un patto di non aggressione.

Questo ministro degli Affari Esteri mi ha assicurato che il suo governo non ha intenzione di dare alcun seguito a tale offerta. Ha detto anche che l'Albania non ha interesse a concludere questo patto e che ad ogni modo, se vi fosse un preciso interesse essa non inizierebbe trattative colla Grecia senza un accordo preventivo con l'Italia.

Il signor Libohova prega di tener la notizia riservata anche nei riguardi del ministro Villa.

Comunque seguo con attenzione l'azione greca in questo Stato che, come è già noto a V.E., continua a render sempre più intensi i rapporti fra i due Paesi sfruttando i sentimenti grecofili delle popolazioni ortodosse dell'Albania meridionale 2•

77 ·1 Riferiva che da parte britannica veniva posta in particolare rilievo qualsiasi notizia che potesse essere interpretata come indice di una possibile collaborazione tra Gran Bretagna e Stati Uniti di fronte ai problemi del Pacifico. Anche le visite delle navi della Marina americana alla nuova base di Singapore e a Sidney e la presenza di navi britanniche alle manovre americane nel Pacifico erano viste come «il simbolo di un felice parallelismo» tra le due Potenze anglosassoni nei confronti della situazione in Estremo Oriente (il documento è tratto dal fondo ambasciata di Londra e non ha perciò l'indicazione del protocollo di arrivo).

Sull'argomento Grandi tornava ancora con T. per corriere 619/027 R. del 31 gennaio per segnalare che gli ambienti responsabili britannici presentavano la collaborazione navale anglo-americana come «sempre più intima ed attiva», mentre nella stampa uflìciosa si a!Termava che la collaborazione tra Gran Bretagna e Stati Uniti nelle questioni navali e diplomatiche non era mai stata così completa come in quel momento.

L'ambasciatore Grandi telegrafava ancora il lo febbraio (T. per corriere 616/028 R.) per aggiungere che gli esperti navali britannici e americani si tenevano in stretto contatto anche per quanto concerneva le scelte in materia di costruzioni navali, considerate alla luce della situazione che si era determinata in Estremo Oriente. Alle conversazioni sembrava aver assistito anche l'addetto navale francese a Londra.

78 1 L'originale di questo documento non è stato rintracciato. Il testo qui pubblicato è quello della ritrasmissione effettuata dal ministero alla legazione ad Atene con T. per corriere 1625 P.R. del 2 febbraio.

78 2 Da Atene, il ministro Boscarelli rispondeva che, nonostante il diniego datogli da Metaxas, non era da escludere che fossero in corso dei contatti per la conclusione di un trattato di non aggressione tra Grecia e Albania. «In ogni modo -concludeva il ministro Boscarelli-sia che la proposta sia venuta da parte albanese. sia che essa sia stata avanzata dai greci, è innegabile che sia stata fatta e quantunque per ora non abbia avuto seguito. essa sta a provare che i rapporti greco-albanesi sono effettivamente molto migliorati in questi ultimi tempi». Anche di questo telegramma non è stato trovato l'originale. Il testo qui utilizzato è quello della ritrasmissione a Tirana effettuata dal ministero con T. per corriere 2451 P.R. del 15 febbraio.

79

L'AMBASCIATORE A TOKIO, AURITI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 481/75 R. Tokio, 29 gennaio 1938, ore 15,53 (per. ore 17, 15).

A telegramma di V.E. 1

Nulla si sa qui sulla missione del Maresciallo dell'Aria inglese.

Si conferma che contrariamente alle precedenti informazioni si ha ora sicura conoscenza di accordo tra Russia e Inghilterra per forniture belliche alla Cina. Ma al di fuori di ciò non si vede quale maggiore valore potrebbe avere la parola «intervento», sia perché si é convinti che Russia non pensi ad attaccare, sia perché non si vede fondamento della promessa relativa al regolamento «entro il mese di aprile della situazione politica nel Mediterraneo».

Per migliorare verifica occorrebbero più precise informazioni sul vero significato della promessa inglese 2 .

80

L'INCARICATO D'AFFARI A SALAMANCA, RONCALLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. URGENTISSIMO 595/20. Salamanca, 29 gennaio 1938 (per. il 2 febbraio).

Mi risulta essere in gestazione una legge sulla stampa. Data l'ovvia opportunità di dirigere per quanto possibile, anche in questo campo, l'attenzione degli ambienti competenti sulla legislazione fascista, sarò grato di volermi cortesemente inviare colla possibile urgenza alcune copie del «Codice della Stampa»; delle pub

Successivamente il console Pagano di Melito telegrafava confermando la notizia e aggiungendo che il Maresciallo britannico aveva ricevuto ulteriori istruzioni con un dispaccio cifrato firmato da Vansittart

(T. 473/3 R. del 29 gennaio).

blicazioni sul contratto di lavoro dei giornalisti in Italia, edito in diverse lingue, possibilmente in spagnolo ~se esiste ~o in caso contrario in italiano; e di quelle altre eventuali pubblicazioni che secondo l'autorevole parere di codesto Ministero appaiano utili allo scopo 1 .

79 1 Il console ad Hong Kong, Pagano di Melito, aveva telegrafato di avere appreso da fonte sicura che era giunto lì un Maresciallo dell'Aria britannico con l'incarico di svolgere una missione presso Chiang Kai-shek. Il Maresciallo, in un incontro con il cognato di Chiang Kai-shek, Sung, aveva incitato il governo cinese a resistere ad ogni costo fino ad aprile, quando Gran Bretagna e Francia prevedevano di poter «intervenire energicamente», insieme all'U.R.S.S., in aiuto della Cina, anche perché si riteneva per quell'epoca di avere «regolato la situazione politica nel Mediterraneo» (T. 400/3 R. del 25 gennaio). Il contenuto di questo telegramma era stato ritrasmesso a Tokio con il T. 1241/44 P.R. qui in riferimento.

79 2 Con T. 796/119 R. del 12 febbraio, l'ambasciatore Auriti riferiva, poi, che i militari giapponesi non credevano all'invio di armi alla Cina da parte della Gran Bretagna che, si riteneva, avrebbe evitato di compromettersi per lasciare aperta la strada ad un accordo con Tokio che salvasse quanto era possibile degli interessi britannici in Cina.

81

IL MINISTRO A VIENNA, GHIGI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

RAPPORTO RISERVATISSIMO 417/247. Vienna, 29 gennaio 1938 1 .

Faccio seguito mio rapporto n. 211 del 27 corrente e mio telegramma n. 12 in data 28 gennaio 2 .

Col telegramma sopracitato, ho informato V.E., su preghiera di questo Segretario di Stato per gli Affari Esteri per incarico ricevutone dal Cancelliere Federale, del proposito del dottor Schuschnigg di incontrarsi possibilmente con il Cancelliere del Reich, allo scopo di esporgli direttamente la situazione interna ed il comportamento dei nazisti austriaci e cercare di determinare, attraverso chiarimenti reciproci, un rasserenamento dell'atmosfera che permetta la pratica attuazione, da ambo le parti, dell'Accordo dell'Il luglio.

Tale proposito è considerato dal dottor Schuschnigg e dal signor Schmidt come extrema ratio di fronte all'aggravarsi dei rapporti austro-tedeschi, specialmente di fronte agli avvenimenti dell'ultima settimana.

Circa tali avvenimenti, il signor Schmidt mi ha comunicato i particolari che qui di seguito riassumo nella versione che egli stesso me ne ha fatta:

l. La perquisizione effettuata nel cosidetto Comitato dei sette per la conci

liazione in Teinfaltstrasse, ha rivelato vari documenti molto compromettenti per i nazisti austriaci. In particolar modo il «programma d'azione» che qui unito allego nella traduzione italiana (fatta dalla copia rimessami dal dottor Schmidt)1 . Di tale documento il Tavs ha ammesso la paternità, pur negando per altro che dovesse essere effettivamente diramato: il Leopold invece ha dichiarato di ignorarne l'esistenza, separando la sua responsabilità da quella del Tavs.

2. A tale documento fa riscontro un rapporto riservatissimo del console generale austriaco a Monaco di Baviera (sul quale il signor Schmidt prega di voler mantenere il massimo riserbo) che riferisce una conversazione confidenziale fattagli dal suo collega britannico. Secondo tale conversazione, un fiduciario di sir Oswald

81 DD. 75 e 76. 81 3 Non pubblicato.

Mosley, recatosi di recente a visitare una scuola di gerarchi in Germania, sarebbe passato per Vienna e vi avrebbe incontrato il capitano Leopold, il quale gli avrebbe esposto un piano di azione per l'avvenire, corrispondente nelle linee essenziali al piano del Tavs.

3. -Pure nella scorsa settimana è stato sequestrato ad un impiegato delle ferrovie germaniche in viaggio di servizio, un pacco, parimenti di servizio, contenente invece biglietti per una Winterhilfe (opera di assistenza invernale) nazista austriaca e quindi illegale. 4. -Sarebbe stata accertata in questi giorni l'esistenza a Monaco di un gruppo

o sezione nazionalsocialista intitolata a Planetta (l'uccisore di Dollfuss).

5. I giornali francesi, con l'Oeuvre alla testa, hanno iniziato una campagna nei riguardi delle menées tedesche in Austria.

Tutto quanto precede, rischia di compromettere molto gravemente, mi ha detto il signor Schmidt, i rapporti austro-germanici, e di coinvolgere l'Austria in pericolose polemiche internazionali.

La situazione interna austriaca non è, a suo dire, preoccupante; i capi nazisti hanno mostrato poca capacità e poco buon senso, e la polizia ha lavorato bene. Ma gli avvenimenti sopra citati, che si riferiscono al periodo di una sola settimana, hanno fatto apparire come estremamente probabile la connivenza -non già degli organi responsabili del Reich, ma di alcuni elementi germanici in sottordine -e soprattutto hanno dimostrato l'impossibilità, per il Cancelliere, di procedere, allo stato delle cose, a ulteriori tentativi di pacificazione con Leopold e con i suoi compagni, tanto più che essi combattono sistematicamente tutti quei nazionalsocialisti temperati con i quali il governo si sforza di entrare in contatto.

In tali condizioni, il governo austriaco, che si sente spesso contestare da parte di quello germanico le sue inadempienze all'Accordo dell'l l luglio, potrà far considerare al Cancelliere del Reich sia la vanità di ogni tentativo di conciliare così irriducibili avversari, sia la circostanza che anche da parte germanica non mancano inadempienze palesi all'accordo in questione.

II governo austriaco, -e in primo luogo il signor Schmidt, -ha fiducia che l'incontro possa realizzarsi -e, pur senza pensare di poter giungere a risultati profondi e duraturi, spera che esso giovi anzitutto a determinare una corrente di minore animosità fra Hitler e Schuschnigg-una Stimmung insomma più favorevole fra i due capi di governo, e a ripristinare rapporti normali e un'atmosfera respirabile.

Non ritengo sia utile qui rievocare i ben noti termini del problema-né posso che confermare, circa le possibilità di successo dell'iniziativa di questo governo, le considerazioni esposte col mio precedente rapporto sopra citato.

In attesa però di conoscere i risultati della missione del signor von Papen (che, se come contava fare, vedrà il Fiihrer domani, potrà essere qui di ritorno già dopodomani) è intanto necessario constatare che, mentre il Cancelliere ha per ora seguito il signor Schmidt nella via conciliativa nei riguardi della Germania, nel frattempo il Segretario di Stato Zernatto, all'oscuro dei propositi del governo, ha senz'altro rotto i ponti della pacificazione interna col suo discorso di Salisburgo del 26 corrente (mio telespresso n. 206 del 27 corrente) 4 .

Tale discorso, al quale occorre aggiungere le «spontanee» accoglienze fatte al Segretario del Fronte Patriottico al suo ritorno a Vienna -ed il discorso di ieri del Commissario federale Adam (mio telespresso odierno n. 240) 5 ha suscitato reazione nella stampa germanica, per i suoi attacchi al nazionalsocialismo, né è perciò destinato a facilitare le eventuali conversazioni Hitler-Schuschnigg.

Quanto alla situazione interna, sarei, se non meno ottimista, almeno meno esplicito del Segretario di Stato agli Esteri. Essa mi sembra non dirò pericolosa (almeno fino a che polizia ed esercito obbediscano agli ordini) ma sorda e torbida.

La dichiarazione di guerra contenuta nei discorsi di Zernatto e di Adam darà cuore ai seguaci del governo o provocherà invece reazioni avversarie? Rinforzerà i piloni dell'edificio governativo, o il rumore improvviso ne scuoterà le non solide basi? Intanto, il Cancelliere, rendendosi conto che in attesa della risposta da Berlino conviene evitare discorsi e polemiche, ha rimandato a più tardi il suo progettato viaggio in Tirolo (mio telegramma n. 12 in data 28 corrente) 6 •

80 1 Un'annotazione sul documento indica che esso fu trasmesso «con urgenza» dal ministero degli Esteri al ministero della Cultura Popolare. 81 1 Manca l'indicazione della data di arrivo. 2

82

L'AMBASCIATORE A LONDRA, GRANDI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. URGENTE 558/33 R. Londra, ] 0 febbraio 1938, ore 21,20 (per. ore 1,15 del 2).

Con riferimento miei fonogrammi stampa degli ultimi giorni, trasmetto per posta ritagli di giornali relativi alle notizie circa recenti affondamenti di piroscafi mercantili avvenuti al largo delle coste spagnole. Comincia nuovamente a parlarsi, in giornali ufficiosi come il Daily Telegraph di «rinnovata attività sottomarini»; riaffiora (per il momento solo negli organi di sinistra) il termine «pirateria»; si sottolinea quella parte del comunicato delle Autorità di Barcellona nella quale viene affermato che, delle cinque unità che hanno bombardato il 23 corrente Valencia, «due erano torpediniere italiane». Segnalo in particolare il grande rilievo dato dalla stampa all'affondamento del piroscafo inglese Endymion l, attribuito, secondo il comunicato di Barcellona, a «sottomarini in servizio delle Autorità di Salamanca».

81 Non rintracciato.

81 4 Nel suo discorso, Zernatto aveva affermato che la professione di fede del nazionalsocialismo non era conciliabile con quella del Fronte Popolare. L'Austria, aveva aggiunto, si sentiva uno Stato tedesco, come aveva dichiarato, ma non si poteva accettare il sillogismo che chi è tedesco deve essere nazionalsocialista e chi non è nazionalsocialista non è tedesco.

81 6 Il documento ha il visto di Mussolini.

82 1 Il piroscafo britannico Edymion era stato affondato da un sottomarino il 31 gennaio a largo delle coste spagnole, secondo le informazioni giunte a Londra a sedici miglia dalla costa. Undici passeggeri, fra cui un osservatore svedese del Comitato di non intervento, avevano trovato la morte.

83

L'AMBASCIATORE A LONDRA, GRANDI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. .. ./32 R. 1 Londra, l" febbraio 1938.

Il ministro degli Affari Esteri inglese mi ha chiesto questa mattina di passare da lui per informarmi che in seguito ai recenti affondamenti di vapori nelle acque spagnole attribuiti a sottomarini sconosciuti 2 , il governo inglese ha deciso di convocare i rappresentanti delle Potenze firmatarie degli Accordi Nyon-Parigi onde esaminare la situazione e le misure eventuali da adottarsi d'accordo al fine di arrestare la ripresa della pirateria nel Mediterraneo.

Il ministro Affari Esteri inglese ha perciò convocato per domani alle ore sedici al Foreign Office il sottoscritto e l'ambasciatore di Francia per un preliminare scambio di idee 3 .

84

L'AMBASCIATORE A LONDRA, GRANDI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER TELEfONO 570/37 R. Londra, 2 febbraio 1938, ore 20,30.

Ieri Plymouth mi ha pregato passare da lui. Egli a cominciato col dirmi che ormai, dopo tanto tempo, era necessario che il Comitato non intervento riprenda in pieno le sue discussioni e i suoi lavori, e pertanto egli ne aveva convocato riunione per posdomani giovedì.

Plymouth ha continuato dicendo che, in vista della necessità di dare una risposta alle due parti in Spagna, occorreva affrontare e risolvere senza ulteriore indugio la questione del «progresso sostanziale» e cioè stabilire la cifra percentuale di volontari da evacuare come contropartita del riconoscimento di belligeranza.

Non risulta che Grandi abbia dato notizia a Roma di questa parte del colloquio. All'avvocato Dingli fece sapere che al termine del colloquio Eden aveva accennato «molto vagamente» al fatto che ora esisteva la possibilità di qualche progresso circa le conversazioni tra i due Paesi (DINGLI, Diario, § 68).

Per quanto concerne l'incontro tra Eden, Grandi e Corbin cui si fa qui riferimento, si veda il

D. 86.

Ho illustrato a Plymouth, a titolo personale, le ragioni per cm 10 ritenevo preferibile affidare alle commissioni che si recano in !spagna il compito di discutere direttamente con le due parti questo problema i cui aspetti delicati e complessi rischierebbero altrimenti di trascinare inevitabilmente il Comitato in discussioni prolungate e polemiche.

Plymouth mi ha risposto dicendo che tale idea era stata in un primo tempo considerata da lui medesimo favorevolmente ma poi, dopo attento esame, egli era stato costretto a scartarla per le difficoltà nell'applicazione pratica. D'altronde, lo stesso generale Franco ha sollevato questo problema. Era quindi necessario, Plymouth ha concluso, per il Comitato affrontarlo e risolverlo.

Ho domandato a Plymouth quali erano, secondo il governo britannico, le basi di un compromesso per la cifra percentuale di volontari da evacuare. Plymouth ha risposto che al governo britannico la cifra del 75 per cento sembrava equa e ragionevole.

Ho replicato a Plymouth che tale cifra era per noi inaccettabile. Ne è seguita una lunga discussione alla fine della quale Plymouth mi ha domandato di sottoporre la questione a V.E. pregando V.E. di presentare a titolo di controproposta la cifra che V.E. suggerisce.

Ho detto a Plymouth che avrei comunicato quanto sopra a V.E. e che avrei atteso istruzioni 1 .

83 1 In questo documento, tratto dal fondo ambasciata di Londra, manca ]"indicazione del numero di protocollo e dell'ora di arrivo.

83 2 Vedi D. 82.

83 3 Secondo quanto risulta dal resoconto di questo colloquio inviato da Eden all'ambasciatore Perth, il ministro degli Esteri britannico accennò anche alla questione delle conversazioni tra i due governi. Eden dichiarò a questo proposito di non poter ancora affrontare la questione ma chiese all'ambasciatore Grandi di non considerare questo ritardo come un sintomo di cattiva volontà ed assicurò di aver avuto a Ginevra diversi contatti con i rappresentanti del governo francese e di altri governi allo scopo di eliminare le difficoltà che si presentavano in materia (vedi BD, vol. XIX, D. 484).

85

L'AMBASCIATORE A LONDRA, GRANDI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 575/40 R. Londra, 2 febbraio 1938, ore 21,15 (per. ore 20,30 del 3).

Segnalo all'attenzione di V.E. il mio fonogramma n. 33 di questa mattina 1• Giornali danno il più largo e sensazionale rilievo all'affondamento vapore inglese Endymion nonché alla cronaca della scenata avvenuta ieri alla Camera dei Comuni contro Primo Lord Ammiragliato Duff Cooper, e infine alle denunzie delle Autorità di Barcellona circa asserito passaggio sottomarini e cacciatorpediniere italiani nella flotta di Franco. A parte solito sfruttamento che dell'incidente stanno facendo correnti antifasciste (incoraggiate anche da iniziative cosiddette umanitarie di Chautemps a seguito bombardamento aereo Barcellona), affondamento vapore inglese Endymion ha avuto una innegabile ripercussione sul grosso pubblico britannico, e ciò malgrado che governo abbia mostrato chiari segni (almeno in un primo tempo) di non-dico non-volere drammatizzare incidente. Invio per posta aerea ritagli stampa iersera e stamane.

85 1 Vedi D. 82.

84 1 Per la risposta si veda il D. 90.

86

L'AMBASCIATORE A LONDRA, GRANDI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. .. ./42 R. 1 Londra, 2 febbraio 1938 (per. il 3).

Riunione fra Eden, sottoscritto e Corbin ha avuto luogo oggi al Foreign Office.

Eden ha esposto la situazione e conclusione cui Gabinetto è giunto nella seduta di stamane ed ha letto un appunto scritto che ci ha poscia rimesso, e che invio nella sua traduzione integrale 2 .

L'Ammiragliato britannico, ha aggiunto Eden, sta provvedendo a rinforzare unità per la sorveglianza della propria zona, riportando cioè queste unità alle proporzioni stabilite negli accordi Nyon-Parigi per la Marina britannica e che in seguito erano state ridotte di comune accordo fra Marina inglese, francese e italiana.

Ho domandato a Eden, a tale proposito, chiarimenti se governo inglese intende colla comunicazione notificare provvedimento preso, se intende prenderlo per proprio conto, ovvero se esso intende di fare tra le tre Potenze firmatarie accordo Nyon-Parigi, una proposta soggetta ad ulteriori scambi di idee e di discussioni.

Mi ha risposto Eden che governo britannico spera vivamente che i governi italiano e francese non vorranno sollevare difficoltà alle misure che il governo britannico considera necessario ed urgente di adottare nella zona del Mediterraneo occidentale a lui affidata, e questo anche nell'eventualità che governi francese ed italiano non considerino di adottare misure identiche nelle proprie zone, cosa che tuttavia governo britannico si augura che tutti e due i governi vorranno fare.

Le misure contemplate dal governo inglese, Eden ha aggiunto, furono già oggetto di discussione nelle trattative che precedettero Accordo Nyon-Parigi, ma che si ritenne conveniente sospendere allora esame tale misure salvo riprenderle in considerazione qualora si fossero verificate ancora aggressioni contro navi mercantili nel Mediterraneo.

Eden ha concluso dicendo che il governo britannico considera affondamento Endymion un fatto molto grave e non può non tener conto delle ripercussioni profonde che esso ha avuto non solo nel Parlamento, ma in tutta l'opinione pubblica britannica.

Eden sarà grato ai governi francese ed italiano per una cortese, urgente risposta. Corbin ed io abbiamo dichiarato che avremmo trasmesso tutto ai nostri governi, in attesa delle loro istruzioni al riguardo.

86 1 Nella copia di questo telegramma manca l'indicazione del numero di protocollo di arrivo c dell'ora di partenza e di arrivo.

86 2 Con T. 571/43 R. del 2 febbraio. Nella nota, il governo britannico chiedeva che fossero adottate con urgenza le misure necessarie per affrontare la «ripresa della pirateria» di cui l'affondamento dell'Endymion (vedi D. 82, nota l) era stato una manifestazione. Il governo britannico esprimeva poi l'intenzione di riservare alle sue navi da guerra il diritto di distruggere, da quel momento in poi, qualsiasi sottomarino fosse stato trovato in immersione nella zona del Mediterraneo occidentale riservata alle pattuglie navali britanniche dagli accordi di Nyon e di Parigi. Il testo della nota è in BD, vol. XIX, D. 487, allegato.

87

IL CAPO DEL GOVERNO, MUSSOLINI, AL CAPO DELLO STATO SPAGNOLO, FRANCO

LETTERA. Roma, 2 febbraio 1938.

Questa lettera non vi stupirà. È la lettera di un amico che vi ha dato e vi continuerà a dare prove concrete della sua amicizia e che ha quindi più che il diritto il dovere di parlarvi colla massima schiettezza.

Gli ultimi avvenimenti della guerra sono stati una ingrata sorpresa per gli amici della Spagna nazionale. Caduto il fronte delle Asturie, noi abbiamo atteso giorno per giorno, la grande offensiva sul fronte centrale, fronte risolutivo ai fini della vittoria. Questa offensiva rinviata di settimana in settimana, di giorno in giorno, è stata -alla fine -preceduta dall'offensiva dei rossi su Teruel.

Il successo dei rossi 1 , dal punto di vista tattico può considerarsi mediocre; ma da un punto di vista strategico, essi hanno pienamente raggiunto lo scopo, che era quello di sventare la nostra offensiva. Oramai è evidente che la loro tattica sarà questa: impedire con offensive parziali, a raggio più o meno tattico, che voi possiate portare con una grande offensiva un colpo decisivo alle loro forze. I casi sono i seguenti. Voi non potete contare sullo sfacelo rosso, nelle retrovie. Non è accaduto nel maggio quando comunisti e socialisti si batterono nelle vie di Barcellona, non può accadere oggi che la vittoria di Teruel li ha galvanizzati. Lo sfacelo rosso, il sorgere della quinta colonna sarà determinato da una vostra vittoria, non prima. Se Voi non volete rendere cronica la guerra, con gli enormi pericoli anche di carattere interno che ciò significa, è necessario preparare una battaglia di masse che porti alla distruzione dell'apparato nemico. Una volta decisa, non ci devono essere più rinvii deleteri. E una volta iniziata deve essere spinta sino in fondo. Se questo è il vostro piano, chiedetemi quello che posso fare per voi. Se questo non è il vostro piano e attendete da altri fattori la decisione, è chiaro che la permanenza dei Legionari italiani a un certo punto dovrà terminare perché non avrebbe più scopo. Attendo una vostra risposta. Vogliate credermi sempre vostro amico e coi più cordiali saluti 2 .

87 1 Teruel era stata occupata dai governativi 1'8 gennaio.

87 2 Sul documento vi è la seguente annotazione: «Inviata pel tramite del Generale Berti, al quale la lettera è stata consegnata il 2.2.XVI. Copia è stata data lo stesso giorno all'Uff. Spagna. Altra copia è stata consegnata al conte Magistrati per le comunicazioni da farsi al Governo tedesco in relazione al suo contenuto il 3.2.XVI».

88

L'AMBASCIATORE A LONDRA, GRANDI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER TELEFONO .../48 R. 1 Londra, 3 febbraio 1938.

Ieri ai Comuni il laburista Henderson è tornato sulla questione da lui sollevata il 20 dicembre u.s. e ha chiesto al ministro degli Esteri se avevano avuto qualche seguito i passi svolti presso il governo italiano per il tramite dell'ambasciatore d'Italia nei riguardi della propaganda antibritannica. Eden ha risposto: «La situazione rimane invariata da come è stata da me descritta alla Camera il 20 dicembre». In seguito a nuove insistenze di Henderson, il quale ha chiesto se si intendeva attendere in modo indefinito la risposta italiana, Eden ha aggiunto: «Non si tratta di attendere in modo indefinito. II 20 dicembre io ho fatto le seguenti dichiarazioni: "In vista di certi rapporti ricevuti sulla propaganda italiana nel Prossimo ed Estremo Oriente ho recentemente informato l'ambasciatore d'Italia che governo è perfettamente al corrente di tale propaganda e ho aggiunto che a meno che ad essa non venga posto fine sarà impossibile creare l'atmosfera necessaria per il proseguimento di favorevoli conversazioni miranti a migliorare le nostre relazioni reciproche". Questa situazione perdura attualmente».

A nuova domanda di Henderson per conoscere se la propaganda veniva continuata, Eden ha risposto affermativamente.

89

IL MINISTRO A BUCAREST, SOLA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

RAPPORTO SEGRETISSIMO 357/122. Bucarest, 3 febbraio 1938 (per. il 7).

Con mio telegramma n. 12 del 13 gennaio u.s. 1 misi al corrente l'E.V. del tempo d'arresto che il nuovo governo aveva voluto marcare nella politica di riavvicinamento all'Ungheria. Anzi, facendo un notevole passo indietro rispetto al cammino che, sia pure cauto e prudente, il signor Antonescu aveva percorso, il nuovo ministro degli Esteri, signor Istrate Micescu, non si peritò di dichiarare or sono tre settimane al ministro d'Ungheria a Bucarest non potersi dell'auspicato riavvicinamento tra Ungheria e Piccola Intesa parlare per ora: in ogni modo era opportuno che Bardossy trattasse la questione, a suo tempo, solo con lui, senza cioè ricorrere ai miei buoni uffici. Di ciò informai l'E. V. con mio telegramma n. 6 del 7 gennaio u.s. 2

arrivo e l'ora di partenza.

M'interessava conoscere perché la mediazione dell'Italia fosse sembrata a Istrate Micescu, che si apprestava a partire per Ginevra, come poco desiderabile: ho potuto accertare ch'egli temeva, continuando a far appello al nostro concorso, di sottolineare un po' troppo la situazione di rilievo che l'Italia, con l'avvento del governo di Goga, aveva assunto nella vita interna ed internazionale romena, cosa che avrebbe potuto indisporre la Francia.

È certo che la Francia non vede con favore la nostra attività in questo Paese. Ma ritengo che Istrate Micescu è stato, nella questione, non bene ispirato dai funzionari che lo circondano e che sono avvezzi non solo a sottomettersi a tutti i desiderata del Quai d'Orsay, ma addirittura a prevenirli anche quando Parigi non li ha espressi. La immediata partenza di Istrate Micescu per Praga, Belgrado e Ginevra (egli era diretto anche a Parigi e Londra i cui rispettivi governi hanno però declinato l'onore della sua visita) mi ha impedito di chiarire al nuovo ministro degli Esteri qualcuna, anzi molte delle sue false idee. Ma a Praga egli deve aver appreso che l'accordo fra Piccola Intesa ed Ungheria era cosa desiderata e desiderabile e che la mediazione italiana era auspicabile. Altrettanto gli è stato fatto capire a Belgrado e difatti egli si è dilungato a lodare, col ministro Indelli, l'opera mediatrice dell'Italia nel progettato accordo di riavvicinamento con l'Ungheria (telegramma da Belgrado dell'li gennaio) 3 .

Giunto invece a Ginevra e respirata quell'atmosfera, il nuovo ed inesperto ministro degli Esteri romeno ha di nuovo cambiato tono e si è affrettato a dichiarare alla stampa che l'accordo fra Piccola Intesa e Ungheria era una eccellente iniziativa ma che esso doveva essere trattato «senza l'assistenza delle suocere». Chiara allusione all'Italia, alla Polonia e alla Germania.

Dopo tali pubbliche manifestazioni sarebbe stato legittimo credere ad una definitiva presa di posizione della Romania, sia per quanto concerne l'epoca degli eventuali futuri negoziati, sia nei riguardi della nostra mediazione. Ma questa gente altrettanto incline ad imboccare la cattiva strada, è anche capace, con volubile eleganza, di rimettersi sulla buona, quando meno lo si aspetta.

Scontrandosi a Ginevra con gli attacchi che le grandi democrazie hanno diretto alla Romania sulla questione minoritaria, il signor Istrate Micescu ha molto gradito l'abile mossa del delegato ungherese 4 il quale, invece di infierire a sua volta sul disgraziato ministro alle prese con i societari e con il societarismo, gli è venuto cavallerescamente incontro alleviandone così la difficile postura.

Si verificava intanto a Bucarest una presa di contatto fra il Presidente Goga e il capo delle minoranze ungheresi conte Bethlen, cugino dell'ex Presidente ungherese, in vista di un eventuale cartello elettorale fra il partito magiaro ed il governo. Ma le trattative si erano arenate avendo Goga dichiarato ch'egli, pur essendo favorevole al progettato cartello, non poteva fare nessuna concessione alle mino-

dato il 6 gennaio, che il nuovo ministro di Romania a Roma avrebbe presentato le credenziali al Re d'Italia e Imperatore d'Etiopia.

101 ranze prima delle elezioni, e ciò per non prestar fianco agli attacchi dei patriottardi i quali lo avrebbero accusato di aver comperato i voti ungheresi. Poteva soltanto «offrire la sua mano».

In successive interviste il Primo Ministro, vedendo fallire l'accordo, aveva esercitato una larv: ta pressione facendo capire che se i magiari non votavano con il governo egli non poteva garantire il futuro.

Ero a giorno dello sfavorevole esito dei contatti fra la minoranza magiara ed il governo che, nel frattempo, concludeva un cartello elettorale con i sassoni, cartello particolarmente favorevole alle popolazioni di razza germanica. Mi trovavo però nella impossibilità di esercitare una diretta o indiretta influenza sulla trattativa con gli ungheresi, trattativa di spiccato carattere di politica interna. E non volevo d'altro canto arrecare dispiaceri al signor Istrate Micescu e tanto meno al ministro d'Ungheria.

Non è quindi senza sorpresa che ricevetti giorni or sono la visita del collega Bardossy venuto per mettermi al corrente delle fallite trattative tra Goga ed il conte Bethlen. Su di esse lo aveva intrattenuto lo stesso Primo Ministro il quale dopo averne lamentato l'insuccesso aveva testualmente detto: «Di tutto quanto è occorso metterò al corrente il mio amico Sola». Il signor Bardossy si aggrappava a tale frase, che il Primo Ministro aveva ripetuto due volte, per pregarmi di far visita a Goga per sondare l'animo e per provocare una ripresa dei negoziati. Naturalmente egli sperava che il Primo Ministro potesse anche lasciarsi indurre da me a fare qualche concessione alle minoranze.

Ho opposto al collega Bardossy la delicatezza della sua e della mia situazione, trattandosi di una questione di carattere assolutamente interno. Ogni eventuale indiscrezione, in un Paese come questo dove si finisce quasi sempre per sapere quanto avviene o si dice a porte chiuse, poteva mettere non solo lui e me, ma lo stesso Primo Ministro, in una postura molto difficile. Avrei certamente chiesto udienza al Primo Ministro, ma non avrei potuto entrare con lui in argomento.

Il signor Bardossy mi ha allora dichiarato con mio stupore «essere sicuro che Goga sarebbe entrato in argomento di sua propria iniziativa». E così infatti si è verificato (avevo ostentato con Bardossy una certa riluttanza sopratutto al fine di precisare le posizioni). In un primo colloquio cho ho avuto ieri con Goga, questi si è affrettato a chiedermi il mio avviso e consiglio su un cartello elettorale con i magiari.

Gli ho risposto che l'idea mi sembrava eccellente. A Ginevra la Romania non aveva avuto, sulla questione dei reclami per le minoranze, una vittoria assoluta. Era stata scartata è vero, l'urgenza sulla mozione che il Segretariato stava confezionando, ma la procedura ginevrina continuava il suo corso. Fra due mesi la Romania sarebbe stata di nuovo sul banco degli accusati, e le democrazie avrebbero cercato di metterla alla gogna. Era quindi interesse della Nazione, e per essa del governo che aveva già concluso un'intesa con i sassoni, di concludere al più presto un'alleanza elettorale con i magiari e riavvicinarsi all'Ungheria sul piano internazionale.

Se a tanto si fosse giunti, la Romania avrebbe potuto a giusto titolo rispondere ai suoi accusatori che le misure di rigore qui adottate non concernevano le minoranze di razza, di religione e di lingua protette dalle note convenzioni minoritarie, ma riguardavano sudditi già stranieri, ebrei entrati in Romania dopo i/1919 e naturalizzatisi in frode alle leggi in vigore.

Tale mia argomentazione ha profondamente colpito il Primo Ministro che, non solo si è dichiarato disposto a riprendere le trattative con il conte Bethlen, ma mi ha pregato di farmi conoscere, per opportuno tramite, la favorevole disposizione del governo a riprendere gli interrotti contatti.

Mi ha lealmente precisato che, in campo interno, il governo non è in grado di offrire alle minoranze magiare un vero e proprio patto, cioè stilare fin d'ora in documenti o verbali, il futuro statuto delle minoranze: l'intesa doveva limitarsi per ora al cartello elettorale. Egli però dava a me, all'Italia, la sua parola d'onore che, subito dopo le elezioni, il governo avrebbe fatto giustizia alle domande ungheresi di cui uno dei capi delle minoranze, il conte Banffy, gli aveva rimesso, tempo addietro la lista. Dopo di che si sarebbe proceduto tra governo e minoranze ad un completo esame delle rispettive posizioni, nell'intento di arrivare a un regolamento definitivo delle questioni pendenti.

Ho osservato al Primo Ministro che, a mio parere, il governo avrebbe dovuto subito fare almeno un gesto concreto. Ho molto insistito affiché il governo, ad esempio, restituisse alla Società Culturale ungherese di Cluj certe collezioni artistiche illegalmente sequestrate tempo addietro. Tale gesto, supponevo, avrebbe fatto buona impressione a Budapest.

Di tali primi risultati non ho potuto ancora informare il collega Bardossy, chiamato nel frattempo a Budapest a conferire, ma ho comunque fatto conoscere alla legazione ungherese l'opportunità di avvertire subito il conte Bethlen. A richiesta poi dell'incaricato d'affari 5 ho chiesto al Primo Ministro Goga, con il quale ho avuto stamane un secondo colloquio, se era disposto a dare la sua parola d'onore anche al capo delle minoranze se questi avesse risposto all'appello rivoltogli. Il Primo Ministro ha promesso.

Come V.E. vede, non potendosi per ora mettere nero su bianco correranno solo parole: ... ma saranno parole d'onore!

Comunque, l'Italia, piaccia o non piaccia al mio collega di Francia o al signor Istrate Micescu, l'Italia che non doveva essere suocera nella trattativa internazionale, ove ha pure tanto da dire, viene dal signor Goga eletta intermediaria, vorrei dire paraninfa, dell'accordo elettorale tra il governo ed i magiari i cui voti, che sono duecentomila, possono decidere le sorti del Gabinetto il quale è debole, molto debole, e che, giorno per giorno, va sempre più indebolendosi.

I miei colleghi di Germania, di Polonia e di Jugoslavia continuamente mi dicono che bisogna sostenere Goga: guai se cade! Le Guardie di Ferro non sono ancora a punto e bisogna dare ad esse respiro, riconciliarle col Re, impolparne i quadri. Nel frattempo bisogna cercare di salvare Goga, ed i voti magiari possono essere decisivi. Continuerò perciò nella direzione che ho esposta, cercando di spianare ogni eventuale difficoltà che si opponesse alla ripresa di contatti tra il governo e la minoranza magiara.

Domani tornerà da Budapest il signor Bardossy e se non porterà contrordini (pare che non ne porterà) farò di tutto per spingere le cose avanti.

È intuitivo che la stampa avversa al Gabinetto Goga tempesterà contro il cartello, se si concluderà, e accuserà Goga di essersi venduto oltre che all'Italia anche all'Ungheria. È una tempesta che bisogna affrontare.

Quando le acque saranno tornate serene, se nel frattempo non ci sarà stato il naufragio, si cercherà di indirizzare la navicella del Gabinetto Goga anche verso l'accordo internazionale per il quale il Primo Ministro mi ha dato, ieri ed oggi, nei due colloqui che abbiamo avuti, i migliori affidamenti.

88 1 Manca, su questo documento, tratto dal fondo ambasciata di Londra, il numero di protocollo di

89 1 Non rintracciato.

89 2 T. 103/6 R. del 7 gennaio. Riferiva sullo «spettacolo di disorientamento» che stava dando il governo romeno, richiamato dalla Francia e dalla Gran Bretagna al rispetto dei trattati sulle minoranze nei riguardi della minoranza ebraica e preoccupato per le reazioni che potevano seguire all'annuncio,

89 3 T. per corriere 209/03 R. dell'Il gennaio. Riferiva su un colloquio avuto con il ministro degli Esteri romeno, Micescu, il quale si era mostrato preoccupato per l'intervento franco-britannico circa il problema della minoranza ebraica, mentre aveva espresso il suo apprezzamento per l'azione svolta dall'Italia allo scopo di facilitare un'intesa ungaro-romena.

89 4 Laszl6 de Velics.

89 5 Viktor Rényei.

90

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO

T. 104/26 R. Roma, 4 febbraio 1938, ore l.

Grandi informa 1 che Plymouth, che in un primo momento aveva assunto atteggiamento piuttosto favorevole relativamente alla sua proposta di deferire alle Commissioni in Spagna la definizione del «progresso sostanziale», insiste ora invece perché la questione venga decisa dal Comitato e propone al riguardo che per «progresso sostanziale» si intenda il ritiro del 75 per cento dei volontari.

Secondo informazioni fornite a Grandi da Woermann 2 , l'ambasciata di Germania avrebbe istruzioni:

l) accettare di discutere nel Comitato questione «progresso sostanziale»; 2) indicare senz'altro come cifra iniziale di discussione percentuale 20 per cento; 3) accettare alla fine, purché tale cifra venga accettata da tutti a titolo

soluzione di compromesso, la cifra del 50 per cento.

Ho risposto a Grandi 3 quanto segue:

«Per quanto mi renda conto delle difficoltà della situazione, ritengo che convenga insistere sulla proposta avanzata da V.E. di rimandare alle Commissioni in Spagna la definizione del "progresso sostanziale". Ove tale proposta non raccolga l'adesione inglese, converrà adoperarsi perché la discussione in seno al Comitato sia rinviata se possibile di qualche tempo. Comunque mi sembra che la quota del 50 per cento sia ancora da considerarsi troppo elevata. Potremmo prendere in esame la quota di un terzo.

Dò comunicazione di quanto precede alla R. ambasciata a Berlino con istruzioni di chiedere che l'azione dell'ambasciata tedesca a Londra si informi ad analoghe direttive, in armonia anche con l'ultima parte del telegramma di Attolico».

In relazione anche all'ultima parte del suo telegramma del 17 gennaio n. 19 4 , prego V.E. di sottoporre a codesto governo opportunità che direttive analoghe alle nostre vengano impartite all'ambasciata tedesca a Londra 5 .

von Weizsiicker, il quale aveva raccomandato un atteggiamento il più possibile dilatorio circa la questione del «progresso sostanziale». 90 s Si veda per il seguito il D. lll.

90 1 Vedi D. 84.

90 2 Di cui Grandi aveva dato notizia con T. 577/38 R. del 2 febbraio, non pubblicato. Il contenuto è qui riassunto.

90 3 Con T. 18 R. del 4 febbraio. Il documento è nel fondo ambasciata di Londra.

90 4 T. 268/19 R. del 17 gennaio. Riferiva su un colloquio avuto con il Segretario alla Wilhelmstrasse.

91

L'AMBASCIATORE IN CINA, CORA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 634/84 R. Shanghai, 4 febbraio 1938, ore 12 1•

Mio telegramma 79 2•

Ulteriori informazioni confermano rifiuto U.R.S.S. impegnarsi direttamente nel conflitto sino-giapponese. Ciò sarebbe stato nettamente dichiarato anche a Chiang Kai-shek dal nuovo ambasciatore russo 3 nel corso di un colloquio.

Mentre ambienti ufficiali Mosca e diplomatici sovietici Hankow si dimostrano così riservati 4, mi viene segnalato da Canton e da Hankow rapido crescente sviluppo propaganda comunista in Cina a mezzo comunisti cinesi agenti Comintern sempre più attivi. Congresso comunista segnalato con mio 28 5 avrebbe luogo prossimamente Sianfu. Comunicato Tokio 6 .

92

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, GRANDI

T. 107/20 R. Roma, 4 febbraio 1938, ore 19.

Telegrammi di V.E. nn. 42 1 e 43 2 .

V.E. può informare Eden che il governo italiano non solleva difficoltà alle misure che il governo britannico considera necessario adottare nella zona del Mediterraneo occidentale riservata alle pattuglie navali britanniche e di cui all'appunto da V.E. trasmessomi con telegramma n. 43.

91 N o n rintracciato. 91 6 Da Tokio, l'ambasciatore Auriti confermava che anche i militari nipponici constatavano il progresso della propaganda comunista in Cina e non solo nella popolazione ma anche tra le truppe cinesi

(T. 757 bis/112 R. del IO febbraio). 92 1 Vedi D. 86. 92 2 Vedi ibid., nota 2.

Per parte sua, il governo italiano provvede ad adottare analoghe disposizioni per quanto riguarda la zona del Mediterraneo occidentale ad esso affidata 3 .

91 1 Pervenuto stesso giorno, ma manca l'indicazione dell'ora di arrivo.

91 2 Non rintracciato.

91 3 Ivan Luganez-Orelsky.

91 4 L'indisponibilità dell'Unione Sovietica ad impegnarsi nel conflitto cino-giapponese era segnalata anche dall'ambasciatore Rosso che sottolineava il risultato negativo della missione del presidente del Consiglio Legislativo cinese, Sun-Fo, giunto a Mosca per sollecitare l'aiuto sovietico. Secondo le notizie raccolte da Rosso, Litvinov nei suoi colloqui con Sun-Fo aveva escluso un intervento diretto ed era stato possibilista solo circa l'invio di rifornimenti, la cui consistenza si era riservato di precisare dopo aver raggiunto un accordo in proposito con Londra e con Parigi (T. 508/22 R. del 30 gennaio). In proposito si veda anche il D. 188.

93

L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, PRUNAS, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 632/23 R. Parigi, 4 febbraio 1938, ore 21,08 (per. ore 23,30).

Giornali, nel dare notizie affondamento nave britannica acque Barcellona 1 e misure adottate dalle Marine inglese e francese in conformità di Accordi Nyon, mettono in rilievo che rinnovazione piraterie costituisce pericolo permanente per sicurezza grandi vie di comunicazione franco-inglesi nel Mediterraneo.

Trovano credito e diffusione voci imminente colpo di forza da parte italiana, che già circolano in questi ambienti da qualche tempo.

Si accentuano manovre, sia contro asse Roma-Berlino, sia in favore «Rossi» spagnoli: qualche giornale sottolinea presunto riaffioramento contrasto itala-tedesco nel Bacino danubiano in generale e per questione austriaca in particolare.

Anche allontanamento von Blomberg e conseguente crisi Stato Maggiore tedesco2 sono interpretati da alcuni almeno in parte in termini di opposizione nell'assecondare Spagna e presunta avventurosa politica italiana.

È messa in rilievo notizia ritorno a Berlino ambasciatore d'Inghilterra Henderson per probabile imminenza ripresa discussioni con governo tedesco.

94

L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, SUVICH, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. 1070/248. Washington, 4 febbraio 1938 (per. il 16).

Seguito mio telegramma n. 24 del 28 gennaio u.s. 1 Ho trasmesso con telegramma la prima notizia sul messaggio del Presidente Roosevelt (di cui allego copia) 2 per l'incremento degli armamenti e la Stefani

94 Non pubblicata.

106 Speciale n. 34 ha successivamente dato notizia sul relativo disegno di legge presentato al Congresso, concernente l'applicazione dei principi generali contenuti nel messaggio presidenziale.

La stampa ha accolto con generale favore questo progetto di spese eccezionali che importa un notevolissimo aumento per la Marina (e quindi anche dell'aviazione navale) e che costerà al Paese nei prossimi anni 800 milioni di dollari in aggiunta al miliardo di dollari che è già destinato alle Forze Armate nel bilancio normale dello Stato.

Per quanto riguarda la parte tecnica del provvedimento, mi rimetto al rapporto dell'addetto navale qui unito in copia 3 .

Nel Congresso, che ha votato a quasi unanimità gli aumenti di spese militari del bilancio ordinario, l'attuale programma supplementare suscita qualche discussione. Ma non è da dubitare che il programma nel suo complesso sarà approvato, come saranno approvati eventuali ulteriori richieste di spese che il Presidente dovesse fare per i fini della difesa nazionale.

Quello che è da rilevare dalle discussioni in corso è il fatto che la situazione viene presentata come se gli Stati Uniti dovessero essere in grado di contrapporre da soli le loro forze a tutta una coalizione di eventuali Potenze avversarie, coalizione che più o meno apertamente viene individuata nel gruppo Germania, Italia, Giappone. Per essere più esatto dovrei dire che si dà l'impressione di un programma massimo che tenderebbe a contrapporre le forze degli Stati Uniti alle tre sopradette Potenze e di un programma minimo che si preoccupa di mantenere una indiscussa superiorità, circa nel rapporto del Trattato di Washington (5 a 3) 4 , di fronte al Giappone. Evidentemente questa è una presentazione fatta ad uso del pubblico americano il quale di fronte alla situazione di grande turbamento (anche qui c'è una parte di esagerazione locale) che esiste nel mondo si preoccupa a che l'America non sia coinvolta nelle faccende che non riguardano questo continente. Tale posizione dello spirito pubblico americano è sfruttata abilmente dagli ambienti militari per ottenere i chiesti incrementi delle spese per la difesa. In altre parole si presenta la situazione al pubblico americano nel modo seguente:

l) il pericolo di guerra è effettivo e maggiore che non sia mai stato dopo il conflitto mondiale;

2) gli americani non vogliono, ed a ragione, accordi con altre Potenze che possano portarli in guerre che non interessano questo continente;

3) necessità quindi che l'America provveda da sola alla propria difesa contro i possibili nemici di domani e cioè il Giappone in posizione di primo piano ed il gruppo degli Stati totalitari, Italia-Germania-Giappone, in secondo luogo.

L'Ammiraglio Leahy, Capo dello Stato Maggiore della Marina, nelle sue dichiarazioni di fronte al Senato ha messo chiaramente questi punti (accludo la relazione del New York Times sulla relativa discussione) arrivando alla conclusione però che anche con i nuovi provvedimenti la flotta degli Stati Uniti rimarrebbe

inferiore a quella del gruppo delle tre Potenze e non raggiungerebbe la proporzione del 5 a 3 di fronte al Giappone. Anche questa constatazione serve ai fini degli ambienti militari per eventuali future richieste di fondi. In tale politica seguita oggi dagli ambienti militari ogni elemento viene sfruttato: ad esempio una delle leve maggiori con cui si è agito sull'opinione pubblica locale per disporla favorevolmente all'incremento degli armamenti è stata la notizia che i giapponesi intendono costruire delle navi di tonnellaggio superiore alle 40 mila tonnellate; nella discussione al Senato l'ammiraglio Leahy ha detto che l'unica informazione che esisteva su tale intenzione del Giappone era quella pubblicata sui giornali italiani, facendo però comprendere che a tale notizia si poteva dar credito dato un accordo navale in atto fra le tre Potenze del Patto anticomunista. Ripeto che questa tesi della guerra isolata dell'America contro le tre Potenze fasciste è presentata soltanto ad uso interno in quanto non c'è nessuna verosimiglianza che possa crearsi una situazione del genere e che in caso di conflitto fra gli Stati totalitari e l'America questa non sia alleata delle altre cosidette democrazie occidentali; il che naturalmente sposta tutti i rapporti. Non dubito neanche (mi richiamo anche al telegramma di V.E. in data 8 gennaio n. 6) 5 che ci siano delle intese fra gli Stati maggiori, americano e inglese, tendenti a facilitare una collaborazione delle due Potenze in caso di conflitto. La tesi ufficiale a tale riguardo è quella che l'America pensa ai fatti propri, ma che evidentemente non può essere dispiaciuta da azioni parallele di altre Potenze. Se da una parte questa tesi dell'isolazionismo fa comodo agli ambienti militari per far passare i loro progetti, d'altra parte si cerca anche di familiarizzare il pubblico americano con l'idea di una collaborazione particolarmente con l'Inghilterra.

Tra quanti sostengono la tesi dell'inammissibilità dell'isolazionismo, è venuta in questi ultimi giorni la signora Roosevelt, moglie del Presidente, che nelle sue dichiarazioni anti-isolazioniste non può non aver preso ispirazione dalla Casa Bianca. Ancora ieri, come per un movimento d'intesa, i più autorevoli giornali americani prendevano nettamente posizione contro le dichiarazioni isolazioniste del senatore Borah affermando che una collaborazione fra America e Inghilterra non era esclusa ma anzi naturale, giacché gli interessi dei due Paesi sono assolutamente coincidenti.

Tutte queste discussioni sugli armamenti, a cui anche il più largo pubblico prende interesse, danno l'impressione di uno sbattere di sciabola che il popolo americano non sentiva più da tempo e che non pare gli dispiaccia eccessivamente. Tanto è che il Presidente Roosevelt ha potuto constatare in questi giorni che la parte spirituale ritornava in onore nel Paese. Quest'atmosfera incoraggia anche a una certa forma di baldanza, come quella del Sottosegretario alla Guerra Johnson che non più tardi di ieri affermava che nel campo dell'aviazione commerciale e militare l'America è il primo Paese del mondo. Si capisce che tutto quanto questo rumore di guerrà è sempre preceduto dalla riserva che l'America vuoi mantenersi estranea a qualsiasi conflitto e che tutto quanto si fa serve solo per la difesa in caso di attacchi del territorio nazionale. E che ancora così la pensi la grandissima parte del pubblico non c'è questione, per cui in questi giorni un giornale poteva affermare che nessuno in America vuole la guerra neanche col Giappone, ad eccezione del gruppo dei pacifisti (gruppo che però non è indifferente); pare un paradosso ma effettivamente è presso

a poco così. Tutto quanto si sta facendo e montando oggi non incide molto profondamente sull'attuale stato d'animo degli americani ma è sempre in funzione dei quell'eventuale improvvisa mobilitazione degli spiriti che si potrebbe suscitare domani e che molto probabilmente non incontrerebbe eccessiva resistenza 6 .

92 3 Il 5 febbraio, veniva diramata la nota n. 13 dell'ltifòrmazione Diplomatica in cui si dava notizia dell'«immediata adesione» del governo italiano alla proposta britannica di rafforzare il controllo navale nel Mediterraneo, «una adesione -sottolineava la nota-data con tanto maggior favore e prontezza in quanto l'Italia, più che qualunque altra Potenza, ha un vitale interesse nella libertà e nella sicurezza dei traffici nel Mediterraneo e nel rafforzamento delle misure che tale libertà e sicurezza devono garantire».

93 1 Vedi DD. 82 e 85.

93 2 Vedi DD. 99, 103 e 104.

94 1 T. 464/24 R. che è del 29 gennaio. Riferiva sul messaggio inviato dal Presidente Roosevelt al Congresso per il rafforzamento della difesa nazionale. L'aumento del 20 per cento delle spese per la Marina -sottolineava l'ambasciatore Suvich -era messo esplicitamente in rapporto alla possibilità che ~li Stati Uniti fossero impegnati oltre che nel Pacifico anche in Atlantico.

94 3 Non pubblicato.

94 4 Riferimento al Trattato per la limitazione degli armamenti navali del 6 febbraio 1922 sottoscritto da Stati Uniti, Gran Bretagna, Francia, Italia e Giappone.

94 5 Vedi D. 9, nota l.

95

L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, PRUNAS, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 655/25 R. Parigi, 5 febbraio 1938, ore 20,35 (per. ore 22,45).

Avvenimenti tedeschi 1 suscitano in tutta la Francia impressione profonda.

È prevalente persuasione che contrasti fra le vecchie classi dirigenti nell'Esercito e nelle alte gerarchie e la nuova Germania nazista (su cui si era tentato qui di speculare nei giorni scorsi con estrema compiacenza) siano stati vittoriosamente risolti a vantaggio di quest'ultima e di tutto quanto essa implica sia all'interno che all'estero. Impressiona sopratutto la formidabile concentrazione dei poteri operata da Hitler, ad esempio del Duce.

Polemiche contro asse Roma-Berlino sono oggi virtualmente cessate. Montatura inscenata per avvenimenti nel Mediterraneo è in parte stroncata dall'immediata adesione del governo fascista alle proposte britanniche per il rafforzamento degli Accordi Nyon 2 .

96

L'AMBASCIATORE A LONDRA, GRANDI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 651/64 R. Londra, 5 febbraio 1938, ore 22,24 (per. ore 4,50 del 6).

Ho consegnato ieri sera a Eden nostra risposta 1 .

Eden mi ha incaricato ringraziare V.E. ed ha aggiunto che governo britannico apprezzava in tutto il suo valore accettazione da parte governo fascista della proposta britannica.

Eden mi ha poi intrattenuto sui rapporti italo-inglesi in genere, ripetendo più volte e con insolita insistenza che egli sinceramente sperava che governo italiano e governo britannico potessero trovare quanto prima un terreno di reciproca comprensione e collaborazione in vista di una possibile soluzione della questione spagnola. «Quest'ultima --Eden ha continuato -ha per troppo tempo ritardato chiarimento definitivo tra i due Paesi, ed ha costituito durante quest'anno il principale ostacolo che ha arrestato sviluppo della politica fissata dai nostri due Paesi nel Gentlemen's Agreement del 2 gennaio 1937».

Ho risposto ad Eden che il governo fascista era disposto a discutere su tutti i problemi che direttamente e indirettamente siano connessi con i rapporti italo-inglesi.

Ho osservato che per quanto si riferisce alla «macchina» questa cammina, ormai, con abbastanza generale soddisfazione, sulla rotaia del Comitato di non intervento. D'altra parte, già nel Gentlemen's Agreement del 2 gennaio e precisamente in un apposito protocollo, era stato esaminato e risolto di comune accordo un punto essenziale che la questione spagnola aveva sollevato nei riguardi delle relazioni fra Italia e Inghilterra.

Eden ha riconosciuto che era vero, ma ha osservato che adesso si trattava, nel quadro dello scambio di lettere Ciano-Drummond, di integrare gli accordi già intervenuti allargando il terreno di collaborazione tra Roma e Londra ed evitare così ogni possibile ragione di equivoco e di malinteso.

Fin qui le dichiarazioni di Eden, le quali si sono mantenute su di una linea piuttosto generica, anche perché io ho evitato espressamente di entrare nel vivo delle diverse questioni.

Ho avuto netta impressione che Eden sia disposto a discutere seriamente sulle varie possibilità per un'apertura di conversazioni fra i due governi 2 . Io ritengo opportuno che questa tendenza nuova che Eden dimostra (è già questo il secondo accenno che mi fa nella settimana)\ sia incoraggiata, sia pure cautamente, da parte nostra, non fosse altro che per rendersi esatto conto di quelle che sono le effettive intenzioni del governo britannico.

Prima tuttavia di procedere in questo senso, sarò grato a V.E. se vorrà farmi conoscere suo pensiero in proposito 4 .

Il l" febbraio, la cognata del Primo Ministro britannico, lady Jvy Chamberlain, che si trovava da dicembre in Italia e si era già incontrata ripetutamente con Ciano (CiANO, Diario, alle date del 22 dicembre e del 1° gennaio), era stata ricevuta da Mussolini. In proposito Ciano annotava sul suo Diario,: «Accompagnato lady Chamberlain dal Duce. cui ha mostrato un'importante lettera di Neville Chamberlain. Due punti: la Gran Bretagna si dispone a fare il riconoscimento formale dell'Impero; le conversazioni possono avere inizio alla fine del mese. Mussolini ha approvato e concordato. Lady Chamberlain scriverà una lettera al cognato per esporgli la reazione del Duce, che è stata nettamente favorevole. Ha mostrato un consenso totale al progetto di accordo e ha detto che intende realizzarlo completo e tale da costituire la base di collaborazione per i due Imperi. Ha dettato a lady Chamberlain i termini della lettera>>.

94 6 Il documento ha il visto di Mussolini.

95 1 Il 4 febbraio, veniva annunciato a Berlino un complesso di mutamenti nelle alte sfere politiche e militari del III Reich per i quali: l) il barone von Neurath era sostituito, quale ministro degli Esteri, da von Ribbentrop; 2) il Maresciallo von Blomberg cessava dalle sue cariche di ministro della Guerra e di capo di Stato Maggiore Generale (il ministero della Guerra era abolito e creato !'Oherkommando der Wehrmacht, affidato al generale Keitel); 3) il capo di Stato Maggiore dell'Esercito, generale von Fritsch, era sostituito dal generale von Brauchitsch; 4) gli ambasciatori, a Roma von Hassell, a Tokio von Dirksen e a Vienna von Papen erano richiamati a disposizione del ministero; 5) sette generali erano messi a riposo e numerosi alti ufficiali trasferiti dai loro comandi. Su tuttociò si vedano i DD. 99, 103 e 104.

95 2 Vedi D. 92.

96 1 Vedi D. 92.

96 2 Il 1° febbraio, poco prima di recarsi ad incontrare Eden (vedi D. 83), Grandi aveva ricevuto in ambasciata l'avvocato Dingli e sir Joseph Bali. Quest'ultimo gli aveva riferito che Chamberlain aveva trovato Eden, di ritorno da Ginevra, «molto più favorevolmente disposto verso un inizio di concrete trattative anglo-italiane». Al che Grandi aveva risposto insistendo ancora sull'estrema urgenza di avere un incontro dove fosse presente anche il Primo Ministro: fino a quel momento «aveva mantenuto il massimo riserbo su questi contatti indiretti anche nei riguardi di Roma. Non poteva però continuare indefinitivamente a tacere al suo governo su queste conversazioni» (appunto Casardi del l" febbraio. Il documento è nelle Carte Grandi).

96 3 In proposito si veda D. 83, nota 3.

96 4 Vedi D. 105.

97

L'AMBASCIATORE A LONDRA, GRANDI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 652/68 R. Londra, 5 febbraio.l938, ore 22,24 (per. ore 5 del 6).

Mi riferisco al mio telegramma n. 64 1 .

La risposta del governo fascista è stata accolta con visibile soddisfazione e sollievo in questi circoli governativi. Negli ambienti delle sinistre antifasciste ha causato invece un senso di dispetto e di imbarazzo. In margine a quella che esse contavano sarebbe stata, da parte dell'Italia, un'attitudine negativa, correnti antifasciste erano infatti già pronte stamani a metter su, nel parlamento e nella stampa, una delle solite montature sul tema della pretesa connivenza nella pirateria mediterranea da parte del fascismo, da contrapporsi naturalmente al «pronto e prezioso contributo» dell'alleata Francia socialista. La manovra è stata smontata dalla nostra risposta di ieri e un certo senso di proporzione e di calma ha preso il posto dell'isterismo degli ultimi giorni.

98

L'AMBASCIATORE A LONDRA, GRANDI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 648/69 R. Londra, 5 febbraio 1938, ore 23,09 (per. ore 4 del 6).

A seguito del mio telegramma n. 65 1 comunicoche Eden, durante la conversazione avuta oggi, mi ha informato che Sunday Times di domani pubblicherà una

Lady Chamberlain riferiva più tardi -il 5 febbraio -all'ambasciatore Perth sul colloquio avuto con Mussolini (ciò che consentiva ad Eden di venire a conoscenza dell'iniziativa di Chamberlain) e dava all'ambasciatore il testo dei cinque punti indicati dal capo del governo italiano perché fossero comunicati al Primo Ministro:

«l) Ho ascoltato con il più grande interesse la lettera e ritengo che sia molto importante. 2) Concordo pienamente con il punto di vista del Primo Ministro c lo prego di ricordare che sto lavorando con spirito molto realistico e quando le conversazioni inizieranno ho intenzione di raggiungere un pieno e totale accordo. 3) Tale accordo coprirà tutti i punti, inclusa la propaganda, il Mediterraneo, le colonie e l'economia e costituirà la base della futura cooperazione tra i due Paesi. 4) Ritengo che sarebbe utile per il partito conservatore di concludere tale accordo poiché penso che il partito laburista, se vincerà le prossime elezioni, concluderà un accordo come fece Ramsay MacDonald nel 1924. 5) Sarei molto lieto di raggiungere un accordo con il governo di Neville Chamberlain perché vorrei pagare un tributo alla memoria di sir Austin Chamberlain. Circa l'inizio dei negoziati, lascio la data al signor Chamberlain» (telegrammi Perth del 6 febbraio in BD, vol. XIX, DD. 495 e 497). 97 1 Vedi D. 96. 98 1 Del 5 febbraio. Grandi riferiva di essere stato chiamato da Eden che aveva voluto consegnargli personalmente il testo della nota inviata ai governi di Valencia e di Salamanca per comunicare il rafforzamento delle misure di pattugliamento marittimo. Il testo qui utilizzato è quello del telegramma in partenza da Londra contenuto nel fondo ambasciata di Londra. Non si può quindi indicare il numero di protocollo d'arrivo.

nota sui rapporti fra Italia e Inghilterra inspirata da lui personalmente. Egli mi ha chiesto di leggerla e di fargli conoscere dopo il mio pensiero 2• Il testo integrale della pubblicazione verrà da me trasmesso domattina con fonogramma 3 .

99

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 699/011 R. Berlino, 5 febbraio 1938 (per. il 7).

Come V.E. sa, il matrimonio del Maresciallo von Blomberg --compiuto in circostanze che hanno intaccato la stessa serietà del Maresciallo in quanto Capo Supremo delle Forze Armate --aveva fatto scoppiare una crisi la cui soluzione ormai si imponeva ed era da tutti attesa. Essa aveva fatto affiorare una quantità di questioni finora sopite, rendendo il Maresciallo Blomberg bersaglio di attacchi, sia da parte degli elementi di partito, che non lo trovavano sufficientemente pronto ai voleri del medesimo, sia da parte dei vecchi elementi militaristi conservatori, che lo accusavano di essere troppo incline ad esigenze di carattere opportunistico e partigiano.

La situazione era ulteriormente complicata dal fatto che il generale Goring profittava dell'occasione per avanzare la sua candidatura a succedere a Blomberg come Capo delle Forze Armate, il che, a sua volta, provocava nel seno dell'Esercito contrasti ed agitazioni che sembra avessero preso un'ampiezza in qualche momento persino preoccupante. Da ciò la necessità di un rapido intervento del Fiihrer, inteso da una parte a prevenire scissioni e ad assicurare dall'altra all'esercito la consistenza indispensabile al suo stesso prestigio e alla sua forza.

Questa prima e più grave crisi è stata senz'altro risolta dal Fiihrer nell'unico modo che la situazione comportava e cioè mediante l'assunzione da parte dello stesso Fiihrer delle funzioni di comando già affidate a Blomberg.

Una soluzione in questo senso sembrava anche essere consigliata dal fatto che il crescente astensionismo di Hitler da tutto ciò che fosse amministrazione ordinaria del Paese aveva provocato pure, a tutto svantaggio della autorità del

Fiihrer, la sensazione che, accanto al Fiihrer in quanto Capo di Stato, fosse ormai necessaria anche una figura con funzioni più proprie di Cancelliere, e cioè del governo ordinario del Paese (anche questo, come si sa, una ben nota aspirazione del generale Goring).

Il Fiihrer deve avere sentito che, in questo momento, tutto ciò avrebbe diminuito di troppo il suo prestigio e la sua forza nel Partito e nel Paese e quindi, almeno per il momento, se ne è astenuto, dando peraltro a Goring la soddisfazione della nomina a Maresciallo che, data la disgrazia di Blomberg, fa ormai del «ministro dell'Aria» la figura moralmente più alta delle Forze Armate tedesche.

Nessuno~ dico nessuno~ tuttavia, si attendeva che la crisi Blomberg potesse originarne una consimile anche nel campo della politica estera. Le decisioni prese al riguardo da Hitler sono state una vera sorpresa per tutti ed ancora ieri sera erano molto pochi quelli che a Berlino, persino negli ambienti deli'Auswartiges Amt, sapevano la verità. Per quanto mi è stato dato di sapere in queste brevi ore, sembrerebbe non azzardato il ritenere che, in fondo, le due cose non siano completamente indipendenti l'una dall'altra.

La crisi Blomberg ha intanto fatto comprendere al Fiihrer che egli si trovava di fronte ad una crisi costituzionale. Ciò ha fatto in lui rinascere vecchie idee e vecchi piani che finora si era astenuto dall'attuare. L'idea di un Comitato di governo non è nel Fiihrer affatto nuova ed egli la stava coltivando da almeno un anno. Sembra anzi che egli volesse, almeno originariamente, in questo comitato comprendere solo tre persone: Goring, Blomberg e Neurath. I recenti avvenimenti avendo dimostrato l'impossibilità di fare ulteriore assegnamento su Blomberg, Hitler si è indotto ad allargare questa sua primitiva idea comprendendo in questo Comitato di Governo oltre Neurath e Goring anche Goebbels, Hess ed i ministri militari. E, dato che Neurath aveva in occasione del suo 65° compleanno, rinnovato al Fiihrer il suo desiderio di lasciare l'Auswartiges Amt, Hitler ne avrebbe profittato per risolvere per incidenza anche tale questione. Poiché, poi, il partito non presenta altri elementi diplomatici all'infuori di Ribbentrop e d'altra parte urgeva togliere Ribbentrop da Londra, egli non ha esitato a far ricorso a lui, pur circondando tuttavia la sua nomina da alcune prudenti cautele.

La situazione, infatti, di Ribbentrop verrebbe ad essere alquanto diversa da quella del suo predecessore inquantoché egli, non solo avrebbe sopra di sé per la condotta generale della politica un organo di gran peso come quello testé creato, ma non rappresenterebbe neanche in materia di politica estera il solo elemento esecutivo dato che il nuovo Consiglio di Gabinetto avrebbe come suo segretario il ministro Lammers, capo della Cancelleria del Fiihrer.

È evidente che, con questo, Hitler ha voluto raggiungere due scopi: prima di tutto, come in materia militare, anche in politica estera affermare ed estendere ulteriormente i propri poteri; in secondo luogo, dare affidamento a terze Potenze (e specialmente all'Inghilterra) che la nomina di Ribbentrop, !ungi dal costituire un salto nel buio, viene opportunamente equilibrata, sia attraverso la tutela di un organo superiore in cui gli elementi moderati hanno anche numericamente il sopravvento, sia attraverso un più stretto e diretto legame col Fiihrer medesimo.

È impossibile dire ora se l'istituzione di questo Comitato di Gabinetto, sia un semplice espediente, oppure se risponda effettivamente ad una concezione ed a un metodo di governo. Solamente l'esperienza potrà dirlo, non essendo neanche ben chiaro se, nonostante la competenza in materia di politica estera assegnata al nuovo Comitato di Gabinetto, il Fiihrer abbia o no l'intenzione di riferire al medesimo anche altre questioni di interesse generale. La composizione, infatti, del Comitato renderebbe possibile anche una soluzione siffatta, dato che in esso si trovano concentrate le supreme gerarchie, sia politiche, sia militari, sia economiche. È solamente, quindi, l'esperienza che potrà far comprendere se la presidenza del nuovo organo affidata a Neurath costituisca una semplice sinecura oppur no. È chiaro che un simile comitato nelle mani, ad esempio, di un Goring rappresenterebbe un ottimo sostituto per il tanto desiato Cancellierato.

Questa sera stessa è stato indetto un Consiglio di Ministri e quindi forse ancora questa sera si avranno in proposito ulteriori elementi di giudizio. Per il momento, non sarà neanche inutile dare il dovuto peso ai termini -veramente eccezionali -della lettera rivolta dal Fiihrer a Neurath e nella quale si parla addirittura della «indispensabilità» del consiglio di quest'ultimo.

Insieme alle riforme di cui sopra, è stato anche dato l'annuncio del richiamo in disponibilità degli ambasciatori a Roma, Vienna e Tokio, oltreché naturalmente Londra. L'inclusione fra questi dell'ambasciatore a Tokio sembra peraltro dovuta ad un semplice equivoco, trattandosi di persona che è stata già da tempo richiamata per motivi di salute, superati i quali sarà certamente destinato ad una nuova sede. Per ora, tuttavia, non si ha alcuna notizia dei successori, a meno che questi non siano annunciati dal Fiihrer nel Consiglio di Gabinetto di questa sera. Fra le voci che corrono, peraltro, sono da segnalare quelle che assegnerebbero Frank a Roma e Mackensen a Londra.

Le ripercussioni immediate di tutte le riforme e cambiamenti di cui sopra non possono non essere favorevoli all'Italia. Come è noto Blomberg era ritenuto un anglofilo, mentre anglofobo è ritenuto, ora, il Ribbentrop.

Sono !ungi dal ritenere che questo basti a segnare un mutamento nelle linee di politica estera del Reich, ma debbo anche riconoscere che l'impressione estera così dell'allontanamento di Blomberg come della nomina di Ribbentrop, non può non essere sfavorevole all'Inghilterra e quindi, pro tanto, favorevole a noi.

Intanto, sembra che Hitler, quasi sopraffatto dalle preoccupazioni e dalle ansie di questi giorni, stasera stessa lasci la capitale per brevissimo riposo.

98 2 Nella nota pubblicata il 6 febbraio dal Sunday Times si affermava di avere appreso «da fonte autorevole» che a Londra ci si rendeva conto sempre di più dell'importanza di eliminare le divergenze esistenti con l'Italia. La pronta adesione dell'Italia alle proposte del governo britannico per una più energica azione contro la «pirateria» nel Mediterraneo aveva destato la migliore impressione e suscitato la speranza di poter realizzare una più larga collaborazione di fronte al conflitto spagnolo. Un'intesa in proposito avrebbe certo creato <<Una situazione interamente nuova» che avrebbe potuto condurre «ad un generale miglioramento delle relazioni italo-britanniche nel Mediterraneo e nel Vicino Oriente ed alla soluzione di tutte le esistenti divergenze».

98 3 Grandi comunicava successivamente, con T. 686/80 R. dell'S febbraio che anche il Dailv Telegraph del giorno precedente aveva dedicato l'articolo di fondo e la nota diplomatica ai rapporti italo-britannici, riprendendo i concetti già espressi in proposito dal Sunday Times. Anche questa pubblicazione, sottolineava l'ambasciatore, era stata direttamente ispirata dal Foreign Office.

100

L'AMBASCIATORE A LONDRA, GRANDI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 667/73 R. Londra, 6 febbraio 1938, ore 21,02 (per. ore l del 7).

Seduta del Gabinetto di ieri mattina -secondo mi comunica un informatore fiduciario -ha destato insolito interesse in questi ambienti diplomatici e politici e è durata più a lungo del solito: relazioni italo-britanniche vi sono state discusse lungamente.

Due correnti, come è noto a V.E., esistono nel Gabinetto britannico, l'una contraria, l'altra favorevole a un rapido e totalitario chiarimento con l'Italia. Quest'ultima avrebbe avuto -almeno in quest'ultima seduta -il sopravvento, appoggiando decisamente la politica di Chamberlain: tanto mi viene riferito confidenzialmente da persona di solito ben informata. Il Foreign Office sarebbe stato quindi invitato a non ritardare più oltre -sia pure, per il momento, sotto forma di scambi d'idee preliminari e approcci personali -l'apertura delle «famose» conversazioni con l'Italia.

101

L'AMBASCIATORE A LONDRA, GRANDI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 668/74 R. Londra, 6 febbraio 1938, ore 21,12 (per. ore 4,30 del 7).

Seguito telegrammi nn. 65 1 e 66 2 .

Alla fine del mio colloquio di ieri 3 Eden è tornato di nuovo sul tema delle relazioni italo-inglesi. È questa la terza volta che ciò accade durante una settimana, e cioè martedì u.s. 4 prima dell'incidente dell' Endymion, poi venerdì S, ed infine ieri sabato dopo la seduta del Gabinetto.

Eden mi ha parlato ieri sera con un tono di franchezza ancor più accentuato ed in una forma più concreta che nella conversazione precedente di avantieri.

Eden ha cominciato col dirmi che egli spera di farmi prossimamente una comunicazione «più formale» circa l'apertura delle conversazioni italo-inglesi, e che «l'attesa non dipende, in questo momento, dal governo britannico, bensì da altri: il governo britannico -Eden ha continuato -ha già preso le sue decisioni. Ma, trattandosi di un problema come il riconoscimento dell'Impero, al quale sono interessati insieme all'Inghilterra altri Paesi, il governo britannico desidera di agire, per quanto è possibile, d'accordo con altri, e ciò nell'interesse di ottenere un risultato allo scopo di una nuova situazione finale, concreta e definitiva».

Ho risposto ad Eden che, quando egli mi avrebbe fatto queste dichiarazioni, io sarei stato lieto di riceverle e trasmetterle al mio governo.

Eden ha ripreso quindi, dicendo che egli desiderava anticiparmi, a titolo personale, quello che lui, Chamberlain e l'intero Gabinetto pensavano sul problema delle relazioni con l'Italia.

101 2 Del 5 febbraio (il documento è tratto dal fondo ambasciata di Londra e non reca. quindi, l'indicazione del numero di protocollo di arrivo). Riferiva che nel corso dello stesso colloquio Eden aveva chiesto che gli addetti navali italiano e francese concordassero con l'Ammiragliato britannico le misure necessarie per rafforzare il pattugliamento nel Mediterraneo secondo l'accordo raggiunto (vedi DD. 86 e 92). 101 3 Sul quale, oltre ai telegrammi qui in riferimento, si vedano anche il DD. 98 e 107. 101 4 1° febbraio. Vedi D. 83, nota 3. 101 5 4 febbraio. Vedi D. 96.

La risposta del conte Ciano in data del 23 dicembre 6 (N.B. -ad ogni buon fine informo che nostro promemoria al quale Eden si riferiva era stato da me personalmente e direttamente rimesso a Chamberlain fin dall'8 dicembre u.s.) 7 è stata attentamente esaminata dal Gabinetto. Anche il governo britannico intende, come il Duce, che il chiarimento fra Inghilterra e Italia debba essere totalitario, definitivo, senza malintesi e senza zone d'ombra. Il Duce ha ragione e noi siamo d'accordo. Un regolamento che lasciasse sussistere dei sospetti fra noi, su un problema determinato, provocherebbe presto o tardi qualche nuova crisi. Si ripeterebbe, insomma, quello che è avvenuto dopo l'Accordo del 2 gennaio 1937. Ora è evidente che il problema spagnolo è quello che ha impedito durante quest'anno lo sviluppo della politica dell'Accordo del 2 gennaio ed avvelenato nuovamente i rapporti fra i due Stati. Il Duce ci ha fatto rispondere che il governo fascista è disposto a discutere tutte le questioni per un chiarimento totalitario e definitivo. Il governo britannico risponde a sua volta che è pronto a quella discussione ed a questo chiarimento. Siamo cioè disposti e pronti al riconoscimento della sovranità italiana sull'Etiopia. Da parte nostra riteniamo indispensabile che il problema spagnolo venga contemporaneamente esaminato, sia pure --come voi mi avete precisato nella nostra conversazione di ieri -nel quadro e nei limiti dell'Accordo del 2 gennaio, e cioè sotto l'aspetto delle ripercussioni che il problema spagnolo ha avuto nei rapporti italo-inglesi.

Ho risposto a Eden che avrei trasmesso a V.E. quanto egli mi diceva.

È seguita quindi una discussione tra me e Eden, che ometto per brevità, essendo quanto ho riprodotto sopra la sostanza della nostra conversazione di ieri. Vale forse la pena di aggiungere che io ho detto che, oltre al problema spagnolo ed al problema del riconoscimento dell'Impero, vi erano altre questioni da esaminare, sempre sulla base degli Accordi del 2 gennaio, alle quali il governo britannico sembrava dare importanza per il miglioramento dell'atmosfera tra i due Paesi.

Eden ha risposto che tutte le questioni tra l'Italia e l'Inghilterra sarebbero diventate di secondaria importanza e di facilissima soluzione quando fossero esaminate e risolte d'accordo le due fondamentali: riconoscimento Impero e Spagna.

101 1 Vedi D. 98, nota l.

102

L'AMBASCIATORE A SALAMANCA, VIOLA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S.N.D. PER CORRIERE 786/024 R. Salamanca, 7fehhraio 1938 (per. i/12).

Questo ambasciatore di Germania mi ha detto non avere avuto alcuna speciale istruzione dal suo governo in relazione a quanto egli aveva riferito a Berlino circa il risultato delle riunioni tenutesi a Burgos e Salamanca fra lui, me e questi Comandi

101 r. Vedi serie ottava, vol. VII, D. 734. IOI -Non si è trovata documentazione circa la consegna, 1'8 dicembre. di questo documento a Chamberlain.

italiano e tedesco per fare il punto della situazione politico-militare spagnola (mio telegramma n. 7 dell' 11 gennaio scorso) 1• Egli però aveva ricevuto in via privata, da persona amica, e vicina allo Stato Maggiore tedesco, notizia che in quei circoli veniva ravvivandosi l'interessamento alle cose di Spagna nel senso che si riconoscesse l'opportunità di dare un ulteriore aiuto di materiale bellico a Franco (specialmente armi automatiche di cui difetta) per affrettare con ciò, ben inteso, la fine della guerra e il conseguimento della vittoria. Tali disposizioni si riferivano ad epoca anteriore ai recenti mutamenti avvenuti nello Stato Maggiore e nelle altre gerarchie militari tedesche, e andavano attribuite allo stesso Maresciallo von Blomberg. Personalmente von Stohrer opina che, dopo gli avvenuti mutamenti, la tendenza a potenziare i mezzi di Franco per uno sforzo definitivo, dovrebbe manifestarsi anche più concretamente 2 .

103

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. SEGRETO 867/308. Berlino, 7 febbraio 1938 (per. !'8).

Le 48 ore ormai trascorse dall'adozione dei provvedimenti politico-costituzionali del 4 corrente, nonostante la confusione e direi quasi la nebbia da cui continuano ad essere circondati, permettono una visione tuttavia relativamente più chiara dei provvedimenti stessi.

Le origini -occasionali -della crisi attuale vanno senza dubbio ritrovate nel famoso matrimonio del Maresciallo von Blomberg, alla cui responsabilità il Fuhrer si sentiva, insieme con Goring, quasi compartecipe, dato che aveva, probabilmente senza consultare alcuno, accettato di fare da testimone.

A parte la poca serietà della cosa in se stessa dato l'enorme scarto nell'età dei due coniugi, è risultato che la sposa portata all'altare, oltre la sua appartenenza al ministero della Guerra in qualità di dattilografa od equivalente, era anche figlia di una tenitrice di casa di massaggi americani ... alle cui fortune essa stessa aveva largamente partecipato, essendo poi da un cliente «ufficiale» stata fatta entrare, e non da molto, nel ministero della Guerra, dove Blomberg l'aveva appunto incontrata.

Tutti questi precedenti erano evidentemente ignoti al Fiihrer ed a Goring quando accettarono di fare da testimoni al matrimonio di Blomberg. Molti arrivano addirittura a dire che fossero ignorati dallo stesso Blomberg. Comunque, ciò metteva non solo il Maresciallo, ma la stessa persona del Fiihrer e quella di Goring in una situazione estremamente penosa di fronte al Paese ed all'armata, nel cui seno si disegnò un'immediata e forte reazione alla leggerezza del grande Maresciallo. Ecco quindi che il capo dell'Esercito, generale von Fritsch, accompagnato da altri

102 2 Il documento ha il visto di Musso1ini.

due generali sente il dovere di farsi personalmente eco di questa reazione presso il Fiihrer, pro tanto accrescendone l'imbarazzo e l'umiliazione. Donde la necessità di liquidare senz'altro Blomberg, ciò che tuttavia al Fiihrer ripugnava quanto mai, data la vera devozione che egli aveva per il Maresciallo.

Ho visto coi miei occhi e riferito a V.E. casi (Manciukuò) in cui il Fiihrer, dovendo prendere gravi decisioni di politica estera ha preferito consultarsi con Blomberg anziché, per esempio, con lo stesso Goring. Tutti poi possono testimoniare che il Fiihrer, entrando in una pubblica riunione a cui fosse partecipe il Maresciallo, era sempre lui che si recava personalmente a salutare, in qualunque posto si trovasse, Blomberg.

Ma tant'è: ormai Blomberg si era bruciato da sé ed il Fiihrer non poteva far nulla per rimediarvi. Deciso il sacrificio di Blomberg e d'altra parte riconosciuta la necessità di non lasciare impuniti dei militari, per giunta non sospetti di soverchia simpatia per il partito, che si erano fatti accusatori del proprio capo, si presentava la questione della successione, sia al posto di Blomberg, sia a quelli dei suoi più immediati collaboratori. Quindi gli sforzi del partito per una maggior penetrazione nelle Forze Armate del Reich, col pericolo di eccitare, d'altra parte, nelle stesse Forze Armate una reazione che anziché avvicinarle ulteriormente al partito, gliele avrebbe messe maggiormente contro.

In presenza di una situazione siffatta, il Fiihrer ha scartato la soluzione Goring che, osteggiata dalle Forze Armate, era anche sabotata da Goebbels e, esclusa a più forte ragione una candidatura Himmler e persino quella di un militare come il Reichenau, ha deciso senz'altro di prendere. almeno costituzionalmente, la successione di Blomberg egli stesso.

Hitler ha dovuto del resto convincersi che la ulteriore estensione del sistema luogotenenziale di governo finiva con l'intaccare il proprio prestigio e la propria forza. Se, dopo aver già creato Goring dittatore economico, lo avesse adesso nominato anche capo delle Forze Armate e praticamente quindi dittatore militare, chi fra i due, Hitler o Goring, sarebbe stato il vero Fiihrer della Germania? Hitler ha quindi dato a Goring quanto era necessario per salvaguardare il suo prestigio personale, vale a dire la sua nomina a Maresciallo, ma non ne ha affatto ampliato i poteri, che anzi rimane nei suoi confronti la stridente anomalia per la quale un Ministro Presidente, Maresciallo, ecc. ecc. è, dal punto di vista militare, tecnicamente sottoposto al generale Keitel. Comunque, fra questa incongruenza ed il pericolo di maggiori rinunce, Hitler ha evidentemente preferito la prima.

La apparente concentrazione di poteri nelle mani del Cancelliere avrà tuttavia effetti pratici e reali? Ciò dipenderà molto dalla resistenza fisica e nervosa del Fiihrer, la quale non sembra al disopra di ogni sfida, prova ne sia che la crisi attuale è bastata a mettere Hitler in uno stato indescrivibile di prostrazione e di eccitamento.

Deciso il rinvio dei tre generali del gruppo Fritsch, si è colta l'occasione per il rinvio di alcuni altri più o meno notoriamente favorevoli -per quanto soltanto in linea di principio -ad una «restaurazione», problema questo che incombe sulla Germania del Terzo Reich assai più di quel che apparentemente si veda o si creda.

A diminuire peraltro il contraccolpo di questi rinvii, mentre a capo dell'Esercito è stato scelto il generale von Brauchitsch, anche egli di nobile famiglia e quindi trait d'union coll'antica nobiltà tedesca, a capo e coordinatore del complesso delle Forze Armate il Fiihrer ha chiamato il generale Keitel, che era uno dei più intimi collaboratori dello stesso Maresciallo Blomberg. Tutti questi particolari dimostrano con quale cura il Fiihrer ha cercato di equilibrare le diverse forze che erano in gioco.

Aggiungasi che, nell'intento di legare maggiormente, in spirito, i militari alle sorti del Paese, il Fiihrer ha per la prima volta sanzionato il diritto delle Forze Armate ad essere consultate in materia di politica estera. Quello che in proposito è sintomatico non è tanto che del famoso Consiglio Segreto costituito per gli affari esteri sia entrato a far parte (oltre si intende il ministro Goring) anche il generale Keitel, che come si sa ha delle funzioni di coordinamento e di carattere generale sul complesso delle Forze Armate, quanto che vi siano stati aggiunti come membri anche il capo deJla Marina ed il nuovo capo deJI'Esercito, generale von Brauchitsch. L'inclusione nel Comitato di tutti indistintamente i militari di governo, anche all'infuori di quelli aventi speciali mansioni direttive e coordinatrici, mostra indubbiamente che il Fiihrer ha voluto dare a tutte ed ognuna delle Forze Armate del Paese la soddisfazione di sentirsi partecipi dei destini e della vita del Terzo Reich.

Ma il Fiihrer, e questo mi consta in modo preciso, si è preoccupato di non dare all'estero l'impressione dell'esistenza in Germania di un'agitazione militare, impressione di cui sono indici le voci raccolte in diverse capitali dell'arresto di von Fritsch e di un vero e proprio pericolo di conflitto fra le forze di Himmler e le forze della Reichswehr. Egli quindi ha voluto a tutti i costi allargare il quadro dei provvedimenti e delle riforme, in modo da diminuire pro tanto l'importanza relativa del fatto e dei provvedimenti militari. Donde la premura fatta a Goring di portare ad immediato compimento le riforme istituzionali relative al ministero dell'Economia ed al Piano Quadriennale, che come si comprende avrebbero benissimo potuto essere fatte, sia una settimana prima, sia una settimana dopo; donde la stessa riesumazione di un antico suo piano per la costituzione di un Consiglio di governo limitato ai consiglieri da lui ritenuti di maggior peso e le stesse riforme nell'ordinamento dell'Auswartiges Amt, le quali si prestavano, assai più che non le militari, a essere interpretate all'estero come un movimento di inserzione del partito nella vita politica del Paese.

Che un giorno o l'altro Neurath dovesse andare via e che in questo caso Ribbentrop avrebbe potuto ed anzi dovuto essere il suo successore, non faceva dubbio per nessuno; ma nessuno, dico nessuno, e forse lo stesso Fiihrer, si aspettava che questo dovesse accadere proprio ora. Mi risulta in modo positivo che la decisione definitiva al riguardo è stata presa solamente alle 16 del pomeriggio di venerdì 4 febbraio, incoraggiata ma non causata da coloro che, negli ambienti di partito, desiderosi di dare la scalata al ministero della Guerra, a più forte ragione affermavano, auspice Bohle, velleità analoghe anche in materia di politica estera.

Sempre da ottima fonte so che molto di quello che si è detto e scritto a proposito di Neurath e della Presidenza del Consiglio Segreto non è pura facciata, ma rappresenta l'effettiva verità dei fatti. Che Neurath abbia chiesto più di una volta di andarsene e che abbia naturalmente e quasi doverosamente rinnovato la sua richiesta in occasione del compimento del doppio limite di età e di servizio, non fa assolutamente dubbio. D'altra parte, il Fiihrer, mentre trovava forse in Neurath la persona inadatta ai contatti quotidiani inerenti alla ordinaria e minuta amministrazione degli Esteri, tanto più il vecchio ministro degli Esteri avendo in materia tendenze e metodi quasi autocratici per cui arrivava ad inviare documenti diplomatici di primaria importanza soltanto sopra un accordo di massima col Cancelliere ma senza sottoporglieli direttamente, era deciso tuttavia a non privarsi definitivamente a qualunque costo dei suoi servizi e ciò perché egli aveva avuto della dedizione e dell'abilità di Neurath una impressione incancellabile e definitiva in occasione dell'impresa renana, la cui battaglia diplomatica fu tutta quanta sostenuta personalmente dal vecchio ministro. Il Fiihrer ha da quel momento concepito una così alta stima di questo diplomatico da ritenere che egli fosse l'uomo delle «grandi decisioni» e che come tale dovesse, in una maniera o nell'altra, essere conservato assolutamente al Paese.

Mi sembra però assurdo concepire che il Fiihrer sia ricorso per Neurath a ciò che può essere addirittura considerato come una riforma costituzionale soltanto nel desiderio di indorargli la pillola del suo ritiro.

Neurath aveva già avuto dal Fiihrer tutto quello che poteva attendere. Aveva avuto da lui altissimi riconoscimenti, sia sotto forma di attribuzioni e di incarichi; sia sotto forma di iscrizione, a lui che non apparteneva neanche al partito, nella vecchia guardia; sia sotto forma di distinzioni di indole morale come il conferimento della prima decorazione deli'«Ordine del servizio fedele» istituito appena ai primi di gennaio ultimo. Il Fiihrer avrebbe quindi benissimo potuto contentarsi di nominarlo ministro del Reich, per tal modo conservando la possibilità di consultarlo a suo libito. L'averlo voluto distinguere non solo con la lettera scrittagli, ma anche con la nomina a Presidente di un nuovo organo di governo, mi sembra quindi una distinzione eccedente ogni carattere di pura forma. Tuttavia, come ho già detto nel mio telegramma di sabato 1 , ritengo che per tutto questo sarà bene attendere che parlino gli eventi.

Volendo in ogni modo riassumere le mie impressioni sui fatti del 4 febbraio, mi sembra di poter dire:

l) che tutti i provvedimenti, sia nel campo militare, sia in quello più strettamente politico e diplomatico, sono caratterizzati da una maggiore concentrazione di poteri nelle mani del Fiihrer;

2) che tuttavia nelle decisioni adottate il Fiihrer non solo non si è allontanato ma ha anzi marcato la sua tendenza ad equilibrare le diverse correnti fra di loro, anziché gettarsi francamente con l'una o con l'altra di essa;

3) che il punto di partenza di tutti questi rivolgimenti è stato di carattere essenzialmente mi lit are;

4) che nonostante tutto, la consistenza delle Forze Armate e l'indipendenza di esse sono rimaste praticamente integre, pur essendosi riusciti a saldare maggiormente l'elemento militare con le altre forze attive del Paese;

5) che i provvedimenti più strettamente politico-diplomatici presentano in fondo, nonostante la loro ampiezza ed importanza, un carattere secondario ed accessorio come quelli che sono intesi più che altro ad affogare in un tutto unico le misure di carattere militare, togliendo loro, sopratutto agli effetti esteri, ogni eccessiva perspicuità e prominenza.

102 1 Vedi D. 33.

103 1 Vedi D. 99.

104

L'ADDETTO MILITARE A BERLINO, MARRAS, AL MINISTERO DELLA GUERRA

RAPPORTO SEGRETO 218 1 . Berlino, 7 febbraio 1938.

I provvedimenti del 4 febbraio hanno costituito un avvenimento sensazionale per il brusco cambiamento di persone e in particolare per l'allontanamento delle due più alte personalità militari.

Indubbiamente siamo in presenza di una crisi, la quale, mantenendosi per qualche tempo allo stato latente, si è rapidamente acutizzata e ha trovato nei recenti provvedimenti una soluzione forse soltanto provvisoria.

Le cause profonde della crisi sono nel contrasto manifestatosi fra il partito, e in special modo fra i suoi elementi più dinamici, e le tendenze conservatrici più

o meno largamente rappresentate nell'esercito, nella diplomazia e nell'economia. L'esercito in particolar modo rappresentava uno dei due poli contrastanti e aveva costituito finora un forte elemento moderatore, contrario a determinati indirizzi. Se ne è avuta la prova nei riguardi del conflitto di Spagna.

Non bisogna dimenticare che nella crisi attraversata dal nazismo nel giugno 1934, la vittoria era in definitiva rimasta all'esercito, che era riuscito ad abbattere l'ala estrema del nazismo rappresentatata da Rohm. Da allora in poi l'influenza del Maresciallo von Blomberg era andata continuamente crescendo e si può affermare che nessun provvedimento importante si prendesse all'interno e all'estero senza il parere di von Blomberg e il più delle volte secondo il suo parere. Tale influenza trovava la sua base nel fatto che von Blomberg aveva fin dall'inizio aderito al nazismo e procurato di affiatare l'esercito col nazismo, incontrando senza dubbio ostacoli non lievi, anche da parte del generale von Fritsch, profondamente avverso a ogni ingerenza della politica nell'esercito.

All'estremità opposta procuravano di acquistare prevalenza sul Fuhrer alcuni elementi del partito che si raccoglievano -per quanto è dato vedere -dietro al generale Goring. Questi, per la sua posizione politica e per le sue idee particolari era certamente in contrasto con von Blomberg e male ne tollerava la posizione militare superiore. Si aggiunga che egli aspirava e indubbiamente aspira ancora alla suprema carica militare e che probabilmente egli trova appoggio in alcune categorie di ufficiali dell'esercito, i quali potrebbero avere per esponente il generale von Reichenau.

Può essere che di fronte all'opposizione di Goring e del partito, Hitler si sia ridotto a distaccarsi gradatamente da von Blomberg che a un certo momento deve avere avuto la sensazione netta di una nuova situazione.

Quali siano state le cause ultime che hanno determinato il crollo di von Blomberg non è dato vedere con certezza. Può essersi verificato un gesto risolutivo di von Blomberg per affermare la sua prevalenza su Goring, occasionato forse dalla nomina dei Wehrwirtschaftsfiihrer e dalla costituzione del Consiglio dei Wehrwirtschaftsfiihrer; può essersi manifestato un contrasto acuto tra von Blomberg e von

Fritsch: può esservi stata nel Fiihrer la preoccupazione che s1 tentasse m una qualche forma un colpo politico da parte dell'esercito.

Qui forse si è manifestata l'azione di Himmler, capo degli SS e della polizia, ossia delle forze armate del partito. Egli potrebbe avere dato notizia di questo presunto colpo e affrettato le decisioni, le quali sembrano essere state prese antecedentemente al 30 gennaio. È da rilevare che negli ultimi giorni era circolata anche qualche voce circa la possibile nomina di Himmler al posto di von Blomberg.

Comunque sia è certo che il Fiihrer si deve essere trovato rapidamente in una situazione critica di fronte alla quale egli che normalmente si mantiene in un campo alquanto astratto ha trovato, come già nel 1934, l'energia per una pronta decisione.

La decisione del Fiihrer è stata una soluzione di equilibrio. Egli non ha nominato Goring ministro delle Forze Armate: lo ha promosso Maresciallo. Qualcuno rileva che egli è stato promosso Generalfeldmarschall e non Maresciallo dell'Aria, ma la cosa non sembra per ora possa avere un particolare significato di preparazione per una futura nomina a ministro delle Forze Armate.

Il Fiihrer ha assunto personalmente il comando delle Forze Armate, creando come suo organo diretto un Comando superiore delle Forze Armate (Oberkommando der Wehrmacht), il quale eserciterà per suo incarico le funzioni finora affidate al ministro della Guerra (von Blomberg) e avrà il compito di assicurare in tempo di pace, secondo le direttive del Fùhrer, la preparazione unitaria della difesa dello Stato in tutti i campi.

L'Oberkommando der Wehnnacht viene costituito dal preesistente Ufficio della Wehrmacht (che rappresentava l'organo comune per le tre Forze Armate dipendente dal Maresciallo von Blomberg) e capo del nuovoorgano viene nominato, con rango di ministro, il generale Keitel, già capo dell'Ufficio della Wehrmacht e quindi diretto collaboratore di von Blomberg.

Come successore di von Fritsch è stato nominato il generale von Brauchitsch comandante della 4a Armata (motorizzata) e non von Reichenau, come affermavano voci insistenti. Il generale von Reichenau prende invece il comando della 4a Armata e quindi. mentre viene allontanato da Monaco, riceve una promozione e potrebbe da questo incarico più elevato passare eventualmente, in seguito, al Comando dell'esercito.

Per quanto riguarda le Forze Armate si deve pertanto rilevare che il Fiihrer con la soluzione adottata abbia abilmente assicurata alle Forze Armate e all'esercito in particolar modo la continuità di indirizzo tecnico e limitato per quanto è possibile, le ripercussioni di ordine morale che gli improvvisi cambiamenti possano avere esercitato.

Si noti che gli ampi poteri dati ali'Oberkommando der Wehrmacht rendono sempre disagevole la situazione di Goring che, come comandante dell'aviazione, dovrebbe seguire le direttive e gli ordini dell'Oberkommando della Wehrmacht. Si può anche rilevare che il generale Beck mantiene finora la carica di capo di S.M. dell'esercito con vantaggio della continuità d'indirizzo negli apprestamenti. Ciò non sarebbe forse stato possibile se il comando dell'esercito fosse stato affidato al generale von Reichenau.

Si deve aggiungere che il generale Keitel, al pari dei comandanti dell'esercito, della marina e dell'aviazione viene chiamato a far parte del Consiglio di Gabinetto segreto per la politica estera, ciò che assicura la influenza delle Forze Armate nelle più importanti decisioni.

La caduta di von Blomberg e quella di von Fritsch sono state senza dubbio molto rapide e complete. Non vi è stata alcuna di quelle nomine onorifiche che in

tali circostanze possono salvare le apparenze. La lettera di congedo del Fiihrer al generale von Fritsch è espressa in termini molto asciutti. Ciò potrebbe dar credito alla voce che l'atteggiamento di questi elevati capi militari abbia costituito a un certo momento un grave pericolo.

L'esame dei numerosi movimenti verificatisi negli alti gradi dell'esercito richiede qualche considerazione, anche perché da molto tempo non si verificavano tanti importanti e contemporanei cambiamenti.

Vengono inviati a riposo:

-un comandante di armata (2a Armata -generale von Leeb);

-due comandanti di Corpo d'Armata (VIII e XII -generali di cavalleria Kleist e Kress von Kressenstein);

-il comandante delle truppe corazzate (Lutz);

-l'ispettore della cavalleria (von Pogrell);

-il capo dell'ufficio tecnico dell'esercito (Liese).

Alcuni di tali allontanamenti possono sorprendere, quali quello del generale von Leeb che era ancora giovane e molto apprezzato e comandante del gruppo della frontiera occidentale. Si noti che il generale von Rundstedt, il quale con poco più di 62 anni di età è il più vecchio generale in servizio e del quale si dava come certo il collocamento a riposo nello scorso autunno viene mantenuto. Può anche destare sorpresa l'allontanamento del generale Liese, ancora giovane e attivo e noto in Italia per la sua recente visita.

Se questi allontanamenti siano da mettere in relazione con un preteso gesto di forza meditato dal generale von Fritsch o addirittura col tentativo di una restaurazione monarchica, come qualche giornale francese ha affermato, non ho finora elementi per giudicare.

Noto soltanto che la tendenza monarchica ha perduto continuamente terreno in Germania anche nell'esercito, dove peraltro non mancano ufficiali specialmente appartenenti alla nobiltà, attaccati alle vecchie forme monarchiche.

Gli ambienti militari si mantengono molto riservati, ma è certo che la crisi attuale ha fatto molta impressione. Ufficialmente si è dichiarato che i provvedimenti del 4 febbraio volevano significare: -unificazione e concentramento nel campo politico, militare e economico; -ringiovanimento dei quadri; -acceleramento del processo di fusione tra esercito e partito.

Non si può negare che unificazione e concentramento siano meglio assicurati.

Per quanto riguarda l'esercito non vi è nel fatto alcun ringiovanimento.

Per ciò che concerne la fusione tra esercito e partito, i provvedimenti possono avere stroncato qualche velleità di opposizione che potesse essersi manifestata nell'alta gerarchia, ma non sembra che le nuove persone siano tali da imprimere all'esercito un indirizzo radicalmente diverso da quello finora seguito.

Come ho già accennato, la soluzione adottata da Hitler è una soluzione di equilibrio e per ciò stesso di compromesso. Essa non segna una vittoria di Goring e degli elementi che lo affiancano e lo seguono. Vi è stata chiaramente da parte del

Fiihrer la preoccupazione di evitare profonde scosse all'esercito, il quale costituisce l'elemento fondamentale della politica di prestigio seguita dalla Germania. Si vedrà in avvenire se e in qual modo potrà operarsi un adattamento di persone e di situazioni per assicurare una situazione stabile.

Dalla crisi Hitler sembra uscire rafforzato, perché il suo energico intervento lo toglie dal piano dell'azione generica e alquanto astratta che fa ritenere talvolta che egli abbia delegato la maggior parte dei suoi poteri ai collaboratori.

Il Fiihrer ha dato la sensazione reale della sua autorità e della funzione unificatrice che egli esercita in Germania; inoltre egli acquista il prestigio derivante dalla sua diretta assunzione della direzione delle Forze Armate.

Quanto all'atteggiamento che i nuovi alti gerarchi militari possono avere verso l'Italia occorre considerare che il Maresciallo von Blomberg impersonava la tendenza anglofila e prudenziale. Egli si era sempre opposto a gesti audaci considerando che questi non dovessero venire consentiti che dopo un solido apparecchio militare; egli si preoccupava molto che un eventuale conflitto non venisse impegnato se non in favorevole situazione diplomatica; egli si sarebbe probabilmente opposto tenacemente a un conflitto in cui l'Inghilterra fosse nel campo opposto; viveva ancora sotto l'impressione che l'Inghilterra aveva in definitiva condotto la Germania alla sconfitta, alimentando la resistenza degli alleati.

In quale misura il generale Keitel, che è stato finora devoto collaboratore di von Blomberg, si distacchi dalle vedute di quest'ultimo è prematuro giudicare, ma probabilmente egli è alquanto meno favorevole all'Inghilterra.

Non conosco il generale von Brauchitsch.

Nell'insieme si deve ritenere che una più diretta ingerenza di Hitler nelle cose militari potrà favorire un migliore e più rapido avvicinamento degli elementi militari alla politica dell'Asse. Nel Partito si ha in generale una migliore comprensione dell'Italia nuova, mentre nella massa degli ufficiali permangono vecchie concezioni le quali pregiudicano la valutazione e l'assegnamento su un eventuale concorso dell'Italia. Per contro l'elemento militare guidato finora dalla preoccupazione di evitare complicazioni ha sempre trattenuto Hitler da gesti audaci, ciò che può costituire una remora, nei riguardi dell'azione in Austria, per gli elementi nazionalisti.

104 1 Il documento è tratto dall'archivio dell'Ufficio Storico dello Stato Maggiore dell'Esercito.

105

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, GRANDI

T. PERSONALE 122/23 R. 1 Roma, 8 febbraio 1938, ore l.

I tuoi telegrammi relativi ai colloqui avuti con Eden 2 sono stati letti con interesse dal Duce ed il tuo punto di vista circa l'opportunità di far conoscere agli

Ciano alla data del 7 febbraio. 105 2 Vedi DD. 96. 98 e 101.

inglesi che noi siamo tuttora disposti ad iniziare le conversazioni è approvato. In pari tempo bisogna però far presente che noi manteniamo ferme le condizioni indicate precedentemente, cioè che le conversazioni devono essere generali, regolare tutti i punti di controversia, nessuno escluso e condurre infine ad un accordo definitivo e totalitario, che comprenda il pieno riconoscimento dell'Impero.

Reputo superfluo aggiungere che queste comunicazioni dovranno venire fatte da parte nostra evitando con cura che Eden abbia la benché minima impressione che noi viviamo nell'ansia di un accordo e che siamo pronti a gettarci sulla prima offerta. Il che, come tu sai, sarebbe del tutto falso.

Conviene inoltre tener presente che questo zelo di conciliazione mostrato da Eden coincide col cambio della guardia a Berlino, che ha significato un solido rafforzamento della politica dell'Asse e del Triangolo anticomunista. Non vorrei che Eden, dopo il clamoroso fallimento dei tentativi fatti per intaccare l'Asse a Berlino, cercasse di avere elementi per provare ai tedeschi che può a suo gradimento intaccare l'Asse a Roma. Queste mie riserve possono forse essere non rispondenti alla realtà, ma sono certamente giustificate dalle esperienze più o meno recenti.

Tanto ho desiderato farti presente per tua opportuna informazione e norma, lasciando a te di agire come e quando riterrai più indicato. Confermo che, qualora le conversazioni dovessero in realtà avere inizio entro breve tempo, è nostro desiderio che si svolgano a Roma, così come era stato già previsto 3 .

Sul tema dei rapporti itala-britannici, Ciano preparò, probabilmente il 9 febbraio, la seguente Nota dell'Injòrma::.ione Diplomatica che fu poi deciso di non pubblicare:

«In questi ultimi giorni la stampa internazionale -e sopratutto quella inglese -ha dato particolare rilievo al problema dei rapporti itala-britannici ed alla possibilità che si giunga rapidamente ad un chiarimento nelle relazioni fra i due Paesi, chiarimento, che, secondo alcuni giornali stranieri, implicherebbe un mutamento di direttive nella politica italiana per quello che riguarda specifici problemi, che interessano i due governi.

Di fronte a queste interpretazioni arbitrarie e a queste affrettate anticipazioni, negli ambienti responsabili italiani si tiene a mettere in chiaro alcuni punti essenziali.

Per quel che riguarda il problema della libertà e sicurezza dei traffici nel Mediterraneo, non vi è nella politica italiana nulla assolutamente di nuovo. Dalla conclusione del Gentlemen's Agreement del gennaio 1937 fino alla adesione che l'Italia ha dato la settimana scorsa alle proposte inglesi per il rafforzamento delle misure concordate fra Italia, Francia ed Inghilterra per la sorveglianza del Mediterraneo, la politica italiana è stata sempre ispirata al principio che la libertà e sicurezza del Mediterraneo costituiscono un suo interesse vitale, e, in seno al Comitato di non intervento e fuori, essa ha permanentemente affermato e cercato di far valere questo principio. Questa è la ragione per la quale -in perfetta coerenza con l'atteggiamento costantemente tenuto -il governo italiano ha dato la sua pronta e spontanea adesione ai suggerimenti del governo britannico.

Iniziative per allargare o spostare nel campo più vasto dei rapporti itala-britannici questo problema, non vi sono state da parte dell'Italia. Ciò non significa che l'Italia di fronte all'iniziativa britannica non sia disposta a discutere il complesso dei rapporti fra i due Paesi.

Conversazioni itala-britanniche, il giorno che esse fossero iniziate, implicherebbero di necessità un esame approfondito di problemi dei quali non è possibile nascondersi la gravità e per i quali non sarebbe utile abbandonarsi a prematuri ottimismi.

I rapporti itala-britannici non possono essere considerati dal governo italiano che nel quadro più complesso dei rapporti generali tra le grandi Potenze europee, e sulla base di quelle che sono le direttive permanenti e del resto perfettamente note della politica estera italiana. Il governo italiano non potrebbe mai accettare altra impostazione. In tal caso è manifesto che tutti gli eventuali tentativi di conversazioni itala-britanniche per saggiare a Roma la resistenza dell'asse Roma-Berlino varrebbero soltanto a provare che l'Asse è inattaccabile tanto a Roma quanto a Berlino».

105 1 Minuta autografa. Circa la redazione di questo telegramma di istruzioni si veda il Diario di

105 3 Con T. per corriere 1977 P.R. dell'8 febbraio, Ciano ritrasmise ad Attolico questo telegramma e i telegrammi di Grandi qui pubblicati come DD. 96, 98 e 101 con l'incarico di mettere al corrente di tutto von Ribbentrop.

106

L'AMBASCIATORE A LONDRA, GRANDI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 688/77 R. e 689/78 R. Londra, 8 febbraio 1938, ore 1,30 (per. ore 5,30).

Qualche giornale ha fatto un accenno ad un mio incontro con Vansittart.

Tengo a precisare di aver visto Vansittart una settimana fa ed esattamente lunedì 31 u.s. prima dell'incidente dell'Endymion. La conversazione è rimasta sulle generali e si è aggirata intorno al solito inevitabile argomento dei rapporti fra Italia e Inghilterra. Vansittart si è mostrato particolarmente cordiale e, contrariamente a quello che mi aveva detto in colloqui precedenti, mi ha questa volta dichiarato di essere sinceramente ottimista. Ha aggiunto che, salvo che non si verifichino dei fatti nuovi inaspettati, si opererà prossimamente un sostanziale mutamento nell'attitudine del governo britannico nei riguardi dell'Italia. Vansittart ha continuato dicendo che codesto mutamento si effettuerà tanto più rapidamente quanto più, dalle due parti, riuscirà alla stampa di mantenersi relativamente calma, come lo è attualmente.

Gli ho risposto che nessuno più di me si augurava che potessero avverarsi le sue profezie; tuttavia l'esperienza mi aveva ormai reso diffidente oltre che prudente.

Vansittart mi ha chiesto di andare a casa sua mercoledì sera p.v. dicendomi essere suo desiderio di potermi parlare lungamente e con agio. Mi riservo di riferire l'esito della mia prossima conversazione con Vansittart, se qualcosa di effettivamente interessante mi sarà da lui comunicato 1 .

Dopo Vansittart e precisamente nella giornata di martedì u.s. 2 , ho incontrato anche Cadogan che conosco da quindici anni ed in cui ho sempre trovato un elemento equilibrato e sereno. Anche Cadogan, il quale è abitualmente assai riservato e prudente, non mi ha celato le sue speranze che possa tra non molto determinarsi una nuova situazione la quale consenta di scrivere la parola «fine» in fondo al disgraziato capitolo della storia delle relazioni fra l'Italia e la Gran Bretagna degli ultimi anni.

Ho giudicato che non fosse il caso di indagare sulle ragioni che alimentavano le speranze di Cadogan, e mi sono limitato a rispondergli più o meno quanto avevo già risposto a Vansittart.

107

L'AMBASCIATORE A LONDRA, GRANDI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 691/79 R. Londra, 8 febbraio 1938, ore 1,30 (per. ore 6,30).

Faccio seguito ai miei telegrammi n. 64 1 e n. 65 2 .

l06 2 2 febbraio. 107 1 Vedi D. 96. 107 2 Vedi D. 98. nota l.

Durante la mia conversazione con Eden, è stato naturalmente toccato anche il tema della cosidetta «propaganda antibritannica». Sono stato io stesso a sollevarla.

Nello spiegare a Eden per l'ennesima volta i motivi per cui nessun progetto di conversazione con l'Inghilterra non (dico non) può essere preso in considerazione dal governo fascista senza la premessa del riconoscimento dell'Impero, ho detto che tale necessità è tanto maggiore adesso dopo che governo britannico stesso aveva suscitato nel popolo italiano la diffidenza più profonda, sollevando uno dopo l'altro dei pretesti artificiosi allo scopo di ritardare l'inizio delle conversazioni con il governo fascista. La cosidetta «propaganda antibritannica»-gli ho detto-è l'ultimo della serie di codesti artificiosi pretesti.

Eden mi ha interrotto per dirmi che non si trattava affatto di un pretesto e che l'azione dell'Italia in materia di propaganda antibritannica era effettivamente preoccupante e non poteva essere trascurata dal governo britannico.

Ho replicato che dal suo canto anche l'Italia aveva seri e fondati motivi per lagnarsi della propaganda anti-italiana svolta dalla Gran Bretagna ed ho rammentato alcuni degli esempi più patenti di una tale attività anti-italiana da parte dell'Inghilterra. Ho continuato dicendo che la questione della propaganda è piuttosto una conseguenza che non una causa dell'attuale situazione. Sono le cause che occorre eliminare anzitutto. Qualora il governo di Londra intendesse persistere a fare della pretesa propaganda antibritannica una condizione preliminare e unilaterale alle conversazioni italo-britanniche, è chiaro che il governo fascista si rifiuterebbe di entrare in discussioni. Tale problema potrebbe essere invece esaminato da ambedue le parti e su di un piede di parità insieme a tutti gli altri che investono i rapporti tra Italia e Inghilterra. Il governo britannico farà conoscere le sue lagnanze altrettanto farà il governo fascista. A questo punto ho rammentato ad Eden che malgrado io avessi più volte domandato al Foreign Office di definire con fatti precisi e provati in cosa mai consistesse codesta «famosa» propaganda antibritannica, il Foreign Office si era costantemente tirato indietro, evidentemente perché preferiva di lasciare la trattazione di tale delicato argomento alla stampa antifascista e all'opposizione ai Comuni.

Eden mi ha attentamente seguito e mi ha poi risposto che non era più il caso ormai di considerare il tema della propaganda come una questione pregiudiziale e condizionale alle conversazioni con l'Italia. Il punto di vista del governo britannico si era a tale riguardo modificato. «lo accetto -ha continuato Eden -il vostro modo di vedere; la questione della propaganda sarà soltanto dunque uno dei vari problemi da esaminare nel quadro delle trattative generali; tra qualche giorno potremo senz'altro iniziare tale esame a titolo preliminare. Elencherò per parte mia le nostre lagnanze, voi le vostre ed insieme discuteremo sul modo migliore per ridurre da un canto e dall'altro gli inconvenienti. Se si riuscisse intanto, da ambo i lati, a migliorare l'atmosfera, sarebbe tanto di guadagnato per l'esame delle altre questioni ben più importanti delle quali, sia pure a titolo preliminare ho già incominciato a parlare».

Ho detto a Eden che, entro i limiti delle istruzioni ricevute ero pronto naturalmente a un tale esame preliminare. Tuttavia avrei preferito sinceramente che anche tale argomento, come tutte le altre più importanti questioni, venisse riservato agli incontri futuri tra il conte Ciano e l'ambasciatore britannico a Roma. Ho aggiunto essere per ovvie ragioni utile che lo svolgimento delle conversazioni venisse concentrato in un unico luogo, luogo che secondo gli accordi presi nel luglio scorso doveva essere Roma. Il che non toglie, ho detto infine a Eden, che per parte mia sarò sempre pronto ad ascoltare tutto quanto egli possa ritenere opportuno di comunicarmi a titolo di preparazione delle conversazioni ufficiali di Roma.

106 1 Si veda in proposito il D. 137.

108

L'AMBASCIATORE A VARSAVIA, ARONE, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 714/20 R. Varsavia, 8 febbraio 1938, ore 20,35 (per. ore 7,30 del 9).

Mi risulta che i cambiamenti avvenuti nelle alte cariche tedesche sono stati accolti da questi circoli governativi con compiacimento. Essi interpretano infatti mutamenti nel comando dell'esercito e nella direzione del ministero degli Affari Esteri del Reich come il tramonto delle vecchie tradizioni espansionistiche prussiane, malgrado tutto sostanzialmente antipolacche e tendenzialmente filo-russe. Si vede quindi la possibilità di un rafforzamento della politica di intese polacco-tedesca.

Da parte sua, la stampa governativa, che aveva mantenuto un atteggiamento di riserbo, manifesta oggi (singolare coincidenza col ritorno di Beck a Varsavia) propria soddisfazione, insistendo sul crollo vecchi piani militaristi di von Seeckt.

109

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO

T. S.N.D. PERSONALE 128/27 R. 1 Roma, 8 febbraio 1938, ore 21.

Riceverai il testo dei telegrammi inviati da Grandi dopo i colloqui con Eden 2 nonché quello delle mie istruzioni 3 . Mostra il tutto a Ribbentrop.

Cogli l'occasione per confermare al nuovo ministro che la nostra politica è, rimane e rimarrà sulle linee che furono chiaramente segnate nei colloqui che nel novembre scorso Ribbentrop ebbe a Palazzo Venezia e a Palazzo Chigi 4• Niente sarà fatto senza previo completo cordiale accordo con Berlino.

Trova il modo di far presente, magari in via personale, a Ribbentrop che sarebbe bene che il Fiihrer conoscesse questo nostro intransigentemente rettilineo programma e che ne tenesse ampio conto nel discorso che intende pronunciare il 20 corrente.

109 2 Vedi DD. 96, 98, 101 e 107. 109 3 Vedi D. 105. 109 4 Vedi serie ottava, vol. VII, D. 523.

109 1 Minuta autografa.

110

L'AMBASCIATORE A LONDRA, GRANDI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 705/82 R. Londra, 8 febbraio 1938, ore 21,10 (per. ore 1,30 del 9). Mi riferisco al mio telegramma n. 65 1 .

Nella conversazione con Eden gli ho fatto presente e illustrato le ragioni per cui governo italiano ritiene più conveniente affidare alle Commissioni di trattare direttamente colle parti nella Spagna problema «progresso sostanziale» anziché affrontare in seno al Comitato discussione su una cifra da proporre alle due parti. Ho aggiunto che Plymouth non (dico non) aveva creduto di accettare questo nostro punto di vista 2 ma che io insistevo su di esso e domandavo a Eden di esaminare personalmente questo problema.

Eden mi ha promesso che lo farà aggiungendo che gli argomenti da me esposti gli sembravano convincenti e ne avrebbe parlato con Plymouth e con Corbin, salvo poscia esaminare con me direttamente questione.

111

L'AMBASCIATORE A LONDRA, GRANDI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 707/83 R. Londra, 8 febbraio 1938, ore 21,10 (per. ore 2,30 del 9).

Telegramma di V.E. n. 18 1 .

Woermann è venuto oggi a comunicarmi telegramma ricevuto da Berlino nel quale è detto che il governo tedesco aderendo completamente alle richieste dell'ambasciatore Attolico modificava precedenti istruzioni nel senso seguente:

l) indicare come cifra accettabile il 20 per cento; 2) se tale cifra non fosse accolta, ripiegare sulla proposta di affidare a commissioni negoziare direttamente colle due parti Spagna cifra volontari; 3) qualora anche questa seconda alternativa venisse respinta accettare il 30 per cento come cifra massima, salvo riferire a Berlino.

Ho ringraziato W oermann e gli ho detto che indubbiamente vi era ancora,

o da parte del suo governo o del nostro ambasciatore a Berlino un equivoco.

IlO 1 Vedi D. 98, nota l. 110 2 Vedi D. 90. Ili 1 Si veda in su di esso il D. 90.

Gli ho spiegato che ove noi cominciassimo col proporre la cifra del 20 per cento, ci troveremmo automaticamente impigliati nel negoziato, proprio come Plymouth desidera; e qualora i russi cedessero fino ad accettare il 50 per cento, sarebbe in questo caso per noi assai difficile rifiutare un compromesso su tale cifra.

Sarebbe poi comunque impossibile -quanto a noi --dopo aver accettato negoziato sulla base cifre, ripiegare in seguito sulla mia proposta di affidare alle Commissioni compito negoziare direttamente colle parti. È da questa proposta che bisogna invece cominciare anche se cosa ha scarsa probabilità di essere accolta. Queste del resto sono le direttive del mio governo.

Woermann mi ha risposto che condivideva mio punto di vista. Evidentemente doveva esservi stato un equivoco.

Ho detto a W oermann che ad ogni modo lasciasse a me il compito di discutere la questione con Plymouth e in seno al Comitato, limitandosi ad appoggiare indirettamente la mia azione (qualora necessario), e riferire poscia a Berlino. Così siamo rimasti d'accordo.

Vedrò Plymouth domani mercoledì 2 .

112

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, AL MINISTRO A BUCAREST, SOLA

T. PER CORRIERE 129 R. Roma. 8 febbraio 1938.

Mi riferisco alle varie comunicazioni della S.V. circa i rapporti ungaro-rumeni 1 . Ritengo più opportuno avviare codesto governo verso un accordo diretto con l'Ungheria che non verso un accordo Ungheria-Piccola Intesa. Comunque, procedere con molta misura e non abbondare in iniziative 2 .

113

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 710/32 R. Berlino, 9 febbraio 1938, ore 0,10 (per. ore 3).

È venuto a vedermi oggi ambasciatore d'Inghilterra. Voleva conoscere mia opinione avvenimenti 4 febbraio. Gliela ho espressa nel senso mio telespresso per corriere ieri n. 308 1 . Lo ho trovato perfettamente consenziente.

III Vedi D. 126. 112 1 Vedi D. 89. 112 2 Per la risposta del ministro Sola si veda il D. 253. 113 1 Vedi D. 103.

A mia volta ho domandato ad Henderson quali novità riportasse da Londra.

Mi ha risposto che aveva combattuto colà fortemente «psicosi» guerra venutasi a formare in questi ultimi tempi e che comincia a pesare in modo pericoloso sull'azione della politica inglese. Ha aggiunto che, per quanto riguarda questione coloniale, Inghilterra potrà fare a pro della Germania dei sacrifici reali. La Germania deve però capire di dover lealmente cooperare alla sicurezza dell'Europa. È questa in fondo la contropartita che l'Inghilterra domanda.

A mia richiesta egli ha osservato che l'Inghilterra «si prepara a far qualche cosa anche per l'Italia e ciò forse anche più presto di quanto la stessa Italia si attenda».

Ha insistito sullo specialissimo valore psicologico che ha per gli inglesi la questione della propaganda radio, dicendo che noi non ci rendevamo forse conto della estensione dei benefici che ci porterebbe la sua cessazione.

114

L'AMBASCIATORE A VARSAVIA, ARONE, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 735/21 R. Varsavia, 9 febbraio 1938, ore 19,16 (per. ore 7,30 del 10).

Ho avuto lunga cordiale conversazione con Kànya 1•

Egli mi ha detto che nessun nuovo Patto scritto sarà firmato in occasione visita Reggente Ungheria in Polonia. La situazione dei rapporti fra i due Paesi uscirà certamente rafforzata, ed è da prevedersi che in futuro collaborazione politica fra Varsavia e Budapest sarà più intima. Ungheria e Polonia -ha proseguito il ministro -hanno degli interessi comuni: primo fra tutti loro posizione chiaramente negativa nei riguardi della Cecoslovacchia.

Quanto ai rapporti romeno-ungheresi, Kànya, pur apprezzando azione conciliatrice di Beck a Bucarest, mostrava di non nutrire soverchia fiducia su possibilità di un concreto riavvicinamento fra i due Paesi, dato, secondo lui, carattere romeno tanto facile alle promesse quanto restio ad attuarle in pratica. Aveva appreso stamane di trattative tra Goga e capi minoranze magiare: temeva però che si trattasse di manovre elettorali. Da parte sua Ungheria desiderava certamente un accordo con la Romania ma non si poteva parlare di amicizia fra i due Stati, almeno per vari decenni.

Colla Jugoslavia invece la situazione appariva migliorata: era tuttavia da augurarsi che Stojadinovié potesse consolidare le proprie basi, certamente rafforzate «ma non del tutto sicure».

Il punto che più gli dava a pensare era che malgrado la Piccola Intesa apparisse alquanto sgretolata, in realtà continuava ad essere efficiente nei confronti dell'Ungheria.

Kànya, concludendo, ha rilevato con vivo compiacimento le ottime relazioni esistenti tra l'Italia e l'Ungheria, ricordando a tale proposito ultima visita di V.E. a Budapest.

114 1 In occasione della visita che il Reggente Horthy faceva in Polonia dal 5 al 9 febbraio, accompagnato dal Primo Ministro Daranyi e dal ministro degli Esteri, De Kanya. Sui risultati di quella visita si veda anche il D. 161.

115

IL MINISTRO A BUCAREST, SOLA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 742/26 R. Bucarest, 9 febbraio 1938, ore 21,05 (per. ore 0,24 del IO).

Sono lieto partecipare a V.E. che è stata felicemente risolta questione elettorale fra governo e le minoranze ungheresi sulle precise linee di cui al mio rapporto n. 122 del 3 corrente 1 .

Questo mio collega Ungheria è venuto oggi a ringraziarmi per l'apporto dato mediante opportuno intervento presso Primo Ministro.

Sebbene situazione Goga resti molto debole e sia persino dubbio se Re Caro! lo lascerà arrivare alle elezioni, pacificazione, almeno temporanea, con le minoranze magiare va comunque portata all'attivo del suo governo, essendo state risolte talune delle più spinose questioni fra governo e minoranze ungheresi, ciò che faciliterà ripresa note trattative con Ungheria arenatesi appunto sulla questione minoranze magiare in Romania.

116

L'AMBASCIATORE A LONDRA, GRANDI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PERSONALE 732/86 R. Londra, 9 febbraio 1938, ore 21,15 (per. ore 4,30 del 10).

Tuo 37 1• Ti ringrazio per le direttive inviatemi. È superfluo assicurarti che ad esse mi atterrò scrupolosamente.

Non è affatto da escludere 1ipotesi da te prospettata che improvviso zelo conciliante mostrato da Eden significhi soltanto tentativo di indebolire asse Roma-Berlino, dopo fallimento stessa manovra tentata a Berlino. Questo del resto lo vedremo fra poco. Nell'attesa, conviene adottare la tattica già adottata dai tedeschi e cioè: nessuna ansia di trattative, nessun rifiuto alle medesime.

116 1 Riferimento errato. Si tratta del T. 122/23 R. dell'8 febbraio, qui pubblicato come D. 105.

Posizione rimane quella delle tue istruzioni del dicembre, confermate nel tuo telegramma di ieri. Questo ho detto chiaro a Eden e ripeterò all'occorrenza.

Desidero precisare a questo punto che nessuno dei colloqui avuti durante la scorsa settimana con Eden 2 e Vansittart 3 è stato da me sollecitato. Sono stati essi medesimi ad invitarmi al Foreign Office. Aggiungo che ad evitare qualsiasi diversa impressione ho preferito ieri comunicare a Cadogan nostra risposta circa riunione addetti navali 4 anziché far questa comunicazione direttamente ad Eden come sarebbe stato naturale. Preferisco infatti attendere che Eden mi mandi a chiamare.

È fuori dubbio che avvenimenti tedeschi hanno avuto una influenza su quello che appare voler essere un mutamento dell'indirizzo britannico verso l'Italia. La vittoria del nazismo integrale e atteggiamento della Reichswehr e della Wilhelmstrasse notoriamente favorevoli ad un'intesa coll'Inghilterra e tiepide verso l'asse Roma-Berlino e i conseguenti rafforzamenti della solidarietà italo-tedesca e del triangolo antibolscevico, hanno accelerato una situazione che stava già maturandosi nell'ultima settimana e i cui sintomi e segnali erano manifesti prima che gli avvenimenti tedeschi si verificassero e fossero comunque previsti.

Avvenimenti tedeschi hanno, da una parte rafforzato asse Roma-Berlino, dall'altra hanno rinsaldato in seno alla politica interna britannica la posizione di Chamberlain e di coloro che erano favorevoli a una intesa coll'Italia come primo passo verso un'intesa con le Potenze dell'Asse.

Adesso occorre stare a vedere sin dove Eden e i suoi marceranno per questa strada, ma è troppo presto per fare previsioni in un senso o nell'altro.

115 1 Vedi D. 89.

117

L'AMBASCIATORE A LONDRA, GRANDI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PERSONALE 727/87 R. Londra, 9 febbraio 1938, ore 21,16 (per. ore 3,55 del 10).

Tuo telegramma n. 37 di ieri 1 si è incrociato con miei telegrammi 77-78-79 2•

Come tu avrai rilevato io ho già insistito con Eden perché le conversazioni siano effettivamente iniziate e si svolgano a Roma secondo accordi del luglio scorso. Questo ho fatto presente una decina giorni fa anche a Chamberlain 3, il quale mi

116 3 Vedi D. 106. 116 4 Vedi D. 101, nota 2. 117 1 Riferimento errato. Si tratta del T. 122/23 R. dell'8 febbraio, qui pubblicato come D. 105. 117 2 Vedi DD. 106 e 107. 117 3 Nel periodo indicato non risulta esserci stato incontro tra Chamberlain e Grandi. Né risulta che Grandi si sia espresso in questo senso attraverso il «canale segreto». Dal Diario di Dingli (§ 68) risulta invece che il lo febbraio Grandi dichiarò a sir Joseph Bali e allo stesso Dingli di preferire che le conversazioni avessero luogo a Londra, motivando questa sua preferenza personale con il fatto che in caso di fallimento la responsabilità si sarebbe potuta addossare -ufficialmente -a lui, lasciando la porta aperta ad un'eventuale ripresa di contatti.

aveva sottoposto opportunità che esame varie questioni avesse luogo a Londra anziché a Roma e ciò per dare a lui modo e possibilità seguire da vicino ed anche all'occorrenza partecipare, a suo tempo, alle conversazioni stesse.

Ho risposto a Chamberlain insistendo per la sede di Roma, dicendogli che sarei stato sempre a disposizione di Chamberlain ogni volta che egli ritenesse, durante lo svolgimento a Roma delle conversazioni medesime, che opera mia potesse essere comunque utile.

116 2 Vedi DD. 96, 98, 101 e 107.

118

L'AMBASCIATORE A LONDRA, GRANDI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PERSONALE 733/92 R. Londra, 9 febbraio 1938, ore 21,16 (per. ore 4,30 del 10).

La campagna giornalistica intesa volgere opmwne pubblica a favore di un patto definitivo e conciliante con l'Italia, iniziatasi domenica scorsa col diplomatico 1 nel Sunday Times 2 , è andata estendendosi nella giornata di lunedì, di ieri martedì e di stamane a tutti i giornali, con un tono sempre più accentuato.

La stampa-nessun giornale escluso-è «orchestrata» mattina e sera dagli Uffici Stampa del Primo Ministro e del ministro Affari Esteri, i quali attraverso i giornali di diversa coloritura politica cercano di presentare interpretazione e spiegare le più diverse informazioni contraddittorie e talvolta assurde per giustificare di fronte opinione pubblica inglese questo cambiamento di indirizzo della politica ufficiale britannica verso l'Italia.

Non è quindi assolutamente il caso di dare significato e importanza alla ridda di notizie sovente inesatte pubblicate per uso e consumo della politica interna che giornali riportano tutti i giorni. Quello che viceversa va sottolineato è il «tono» assolutamente cambiato della stampa ufficiosa e la conclusione alla quale tutti arrivano concordemente, spesso, ripeto, attraverso grottesche alterazioni della verità intese a salvare, per quanto è possibile, la faccia a tutti quelli (ed erano quasi tutti) che sino a ieri si rifiutavano persino di considerare eventualità riconoscimento Impero.

A questo proposito è da notare atteggiamento Daily Telegraph, il quale dopo aver fino a dieci giorni fa fatto su misura e per ordine Foreign Office la campagna contro riconoscimento Impero e smentito tutte le voci di inizio di conversazioni con l'Italia, non sa adesso come uscire in modo decente dall'imbarazzo nel quale Foreign Office lo ha messo e si limita a dimostrarsi assai imbronciato senza entusiasmo e non senza qualche punta velenosa all'indirizzo degli altri. I riferimenti in verità troppo frequenti ai miei colloqui con Eden sono voluti dal Foreign Offìce, e ciò per dare impressione al pubblico britannico che nuovo indirizzo è personalmente voluto da Eden e fa parte della sua azione e della sua politica.

Questa è l'azione che governo inglese sta svolgendo sulla stampa e sull'opinione pubblica. Resta ora a vedere sin dove tale azione e tale indirizzo coincideranno con l'azione del governo britannico sul terreno diplomatico.

118 1 Sic. 118 2 Vedi D. 98.

119

L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, PRUNAS, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 762/041 R. Parigi, 9 febbraio 1938 (per. l'li).

Le tre commissioni parlamentari dell'esercito, della marina e dell'aeronautica si riuniscono oggi in seduta plenaria per esaminare i problemi della difesa nazionale francese.

Secondo le notizie che circolano e di cui sono apparse le prime indiscrezioni sulla stampa odierna, il signor Daladier, mentre esporrà di fronte alle commissioni parlamentari il nuovo meccanismo del comando unico, profitterebbe dell'occasione per annunziare il deposito di un progetto di nuovi armamenti per vari miliardi, che comprenderebbe un'aliquota di costruzioni navali supplementari ed una nuova aliquota di costruzioni aeree di cui è sentito l'urgente bisogno in relazione alla ricostituzione dell'efficienza dell'aviazione francese, compromessa dalla gestione del precedente ministro.

Inoltre, delle nuove sistemazioni sarebbero previste per le basi navali esistenti nell'Africa del Nord: dovrebbero essere attivati i lavori di Mers-el-Kebir e progettata la creazione di una nuova base sulla costa atlantica del Marocco. Infine, una strada o una ferrovia strategica, capace anche del trasporto di convogli pesanti, dovrebbe unire la costa orientale della Tunisia alla costa occidentale del Marocco.

120

L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, PRUNAS, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 763/043 R. Parigi, 9 febbraio 1938 (per. l'il).

Questo addetto navale mi segnala che secondo informazioni fornitegli da suo collega tedesco 1 , parallelamente all'intesa aerea franco-britannica, sarebbero da qualche tempo in corso accordi di massima fra le marine dei due Paesi per eventuale impiego combinato delle forze aereo-navali in caso di guerra. Scambi di vedute su tale collaborazione avrebbero di frequente luogo fra gli Stati Maggiori delle due marine .

. Sarebbe stata in particolare esaminata possibilità impiego delle basi francesi mediterranee da parte delle forze aereo-navali britanniche.

120 1 R. von der Marwitz.

121

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, ALLA COMMISSIONE SUPREMA DI DIFESA

RELAZIONE. Roma, 9 febbraio 1938 1•

Col l o maggio u.s. è stata ratificata dal Presidente Roosevelt ed è entrata in vigore la nuova legge sulla neutralità. Essa sostituisce quella vigente in precedenza (votata durante la guerra italo-etiopica) che a sua volta aveva sostituito un altro provvedimento legislativo adottato durante la fase di preparazione del nostro conflitto con l'Abissinia.

La nuova legge si differenzia molto dalle precedenti e contiene disposizioni nuove, che influiscono in misura notevolissima sulla possibilità di approvvigionamento dei belligeranti in caso di guerra e che pertanto fin dal tempo di pace hanno importanti ripercussioni sulla loro libertà d'azione.

Per ben comprendere, in tutte le sue possibili future ripercussioni, la portata della nuova legge, è indispensabile un sommario preliminare esame di quelle che l'hanno preceduta.

Le due leggi precedenti, anche se destinate, nell'intenzione generica del legislatore e nei voti dell'opinione pubblica, a regolare automaticamente la neutralità americana in tutti i casi teoricamente possibili, finirono per essere effettivamente concepite e realizzate sopratutto in funzione del conflitto italo-etiopico e come compromesso fra le opposte tendenze che dividevano in quel momento l'opinione pubblica americana: quella dei «collaborazionisti», pacifisti e filo-ginevrini che auspicavano un embargo su tutte le materie prime nei confronti dell'aggressore; quella degli «isolazionisti», i quali proponevano la cessazione di ogni rapporto di commercio con le nazioni in guerra, memori degli ammonimenti di Giorgio Washington contro ijoreign entanglements; quella infine dei fautori del concetto classico della neutralità, che auspicavano il mantenimento da parte degli Stati Uniti del principio della libertà dei mari e del diritto dei neutri a commerciare coi belligeranti, con la sola eccezione del vero e proprio contrabbando di guerra.

Fra queste opposte tendenze, il Governo di Roosevelt sostenne accanitamente che, data la complessità e la difficoltà della materia, l'Amministrazione avrebbe dovuto ottenere dalle Camere «poteri discrezionali» per regolarla, al meglio, nell'interesse del Paese e della pace.

La soluzione di compromesso, che finì coll'essere adottata, non soddisfece però pienamente nessuna delle tre tendenze e neppure corrispose a quelli che erano i voti del Presidente e della sua Amministrazione, poiché aveva, nelle sue norme più essenziali, carattere tassativo nei confronti del Potere Esecutivo.

Le sue principali disposizioni possono riassumersi come segue: Allo scoppio delle ostilità, il Presidente deve proclamare l'esistenza dello stato di guerra e da quel momento ogni esportazione di armi, munizioni e materiale da guerra dagli Stati Uniti verso i Paesi belligeranti è vietata.

Il Presidente può, di volta in volta, estendere tale embargo a quegli altri Stati che potessero successivamente essere coinvolti nella guerra.

Il Presidente ha facoltà (non obbligo) di proibire ai cittadini americani di viaggiare su navi appartenenti a Paesi belligeranti, e di proibire l'uso dei porti americani a tutti i sottomarini stranieri, anche se non belligeranti.

Un esame sommario delle disposizioni ora entrate in vigore metterà in luce le sostanziali differenze fra il principio che le informa e quello che aveva dettato le precedenti.

L'articolo l dispone che il Presidente, qualora constati che fra due o più Potenze estere esiste stato di guerra, dovrà proclamarlo e in seguito a tale proclamazione sarà automaticamente vietata l'esportazione diretta o indiretta verso i belligeranti delle armi, munizioni e materiale bellico. Lo stesso avverrà qualora il Presidente constati che esiste in un Paese estero una guerra civile di tale entità che l'esportazione di materiale bellico verso il Paese in questione possa costituire un pericolo per la pace degli Stati Uniti.

L'articolo 2 dispone che qualora il Presidente, dopo aver emanato il divieto di cui all'articolo l, constati che per preservare la pace degli Stati Uniti sia necessario di sottoporre a restrizioni le spedizioni dirette o indirette di merci o materiali diversi dal materiale da guerra verso i Paesi belligeranti o in preda alla guerra civile, egli dovrà proclamarlo ed enumerare le merci in questione. In conseguenza di ciò diverrà illegale -salvo taluni temperamenti per i Paesi limitrofi -il trasporto diretto

o indiretto di tali merci a bordo di navi americane, nonché la loro esportazione verso i belligeranti a bordo di navi di qualsiasi bandiera, prima che ogni diritto su dette merci non sia stato trasferito a qualche Governo o suddito estero.

L'articolo 3 vieta a tutti i residenti agli Stati Uniti l'acquisto e la vendita di titoli ed obbligazioni degli Stati belligeranti o in guerra civile, come pure i prestiti e crediti di ogni genere, eccetto i crediti commerciali a brevissima scadenza, che il Presidente ha la facoltà discrezionale di autorizzare, e talune sottoscrizioni a scopi umanitari e benefici.

L'articolo 4 dispone che la legge non si applica nei riguardi di Stati americani impegnati in guerra con uno o più Stati non americani, a condizione che in tale guerra lo Stato americano non cooperi con uno o più Stati non americani.

L'articolo 8 accorda al Presidente la facoltà di vietare, ove lo creda, l'uso dei porti americani ai sottomarini od alle navi armate dei belligeranti, e l'articolo 9 contiene il divieto per i cittadini americani di viaggiare a bordo delle navi degli Stati dichiarati belligeranti.

Gli altri articoli rinnovano la disposizione già esistente per la creazione di un «National Munition Contro! Board» e contengono disposizioni di carattere penale, esplicativo ed esecutivo.

Il raffronto fra le disposizioni anteriori e le attuali basta a mostrare la gravità delle innovazioni introdotte con il nuovo provvedimento. Anzitutto è da notare che per la prima volta, in conseguenza della situazione spagnola, le disposizioni per la neutralità vengono estese alle guerre civili. In secondo luogo è da rilevare che il divieto per i cittadini americani di viaggiare su navi di Paesi belligeranti, che nella legge precedente era lasciato alla discrezione del Presidente, diviene ora automatico. Ma la disposizione più grave e di più vasta portata è quella dell'articolo 2, che colpisce le merci diverse dal materiale bellico propriamente detto e che è stata chiamata, con una di quelle formule concise e geniali di cui gli americani hanno il segreto, «cash and carry». In forza di tale disposizione, i Paesi belligeranti, quando il Presidente abbia deciso -ciò che è lasciato in sua esclusiva facoltà-di mettere in vigore il disposto dell'articolo 2, potranno continuare a rifornirsi agli Stati Uniti solo a condizione: 1° che essi paghino le merci: r che tutti i diritti sulle merci stesse siano tra::,feriti a favore di un cittadino, o Governo, non americano: 3° che il trasporto e l'assicurazione relativa siano efféttuati da navi e compagnie non americane.

Con l'adozione del sistema del cash and carry gli Stati Uniti non si sono pertanto limitati a garantire la propria neutralità, ma hanno addirittura abbandonato un principio che aveva costituito uno dei cardini della politica estera americana fino ad oggi e in difesa del quale avevano combattuto la guerra del 1812 contro l'Inghilterra e quelle del 1917-18 contro la Germania ed i suoi alleati: il principio della libertà dei mari.

Le ripercussioni del sistema del cash and carry sulle possibilità di approvvigionamento di un Paese belligerante che debba, come è il caso dell'Italia, ricorrere in larga misura per il proprio approvvigionamento ai trasporti marittimi, sono di vastissima portata: se esso dovesse essere applicato nei nostri confronti equivarrebbe alla quasi completa chiusura del mercato americano come fonte di approvvigionamento. La cosa è già, di per sé, di una gravità evidente, non solo per i prodotti e le materie prime che già in atto deriviamo dagli Stati Uniti, ma anche perché verrebbe a mancarci l'enorme riserva potenziale che l'America sinora costituiva per noi per i prodotti che essa potrebbe fornirci e che normalmente acquistiamo in altri Paesi, in tutto (ad esempio il carbone) o in parte (ad esempio il cotone). Malgrado lo sviluppo progressivo dell'autarchia economica in Italia è quindi fuori dubbio che la nuova legge crea per noi un problema preoccupante nei riguardi dei rifornimenti in oli minerali, cotone, rame, rottami di ferro, macchine utensili e loro parti.

Ma la più seria conseguenza, per noi, della nuova legge non è la semplice chiusura del mercato americano, bensì la gravissima difficoltà che dalla legge stessa deriva nei riguardi dei trasporti da altri mercati di rifornimento verso l'Italia. Rinunziando al principio della libertà dei mari, gli Stati Uniti non hanno soltanto precluso alla bandiera americana Ila possibilità di esercitare il commercio con i belligeranti, ma hanno anche e sopratutto tolto a tutte le bandiere neutrali l'indiretta ma efficacissima protezione del governo di Washington quale potenziale difensore dei diritti dei neutri.

Perciò, sempre che la guerra si svolga fra due Potenze una delle quali abbia l'effettivo controllo dell'Oceano, sarà ben difficile che la bandiera neutrale possa assicurare i rifornimenti dall'America o da altri Paesi transoceanici di quel belligerante che tale controllo non abbia, se non altro per le altezze proibitive che raggiungerebbero in tal caso noli e tassi di assicurazione marittima, aggravando con l'alto costo del carry la posizione già resa difficilissima nel campo finanziario dall'altro obbligo del cash ossia di pagare a contanti e a pronta cassa ogni acquisto in America. Per l'altro belligerante, invece, che abbia il controllo del mare, tali difficoltà saranno infinitamente minori.

Con questa legge pertanto gli Stati Uniti sono venuti a solidarizzarsi inevitabilmente con un gruppo di Potenze a danno di altre, con le quali ultime per forza di cose viene a trovarsi il nostro Paese; al quale, per di più, in caso di guerra con una grande Potenza marittima, sarebbe anche molto gravemente ostacolato ogni rifornimento attraverso le altre due porte di casa nostra, il Canale di Suez e i Dardanelli.

Tale conseguenza della nuova legge non è sfuggita del resto alla stampa americana. Fra i numerosi commenti sull'argomento merita particolare menzione quello del signor Walter Lippmann che ha scritto fra l'altro: «Naturalmente, quantunque non lo dica, la legge è destinata a servire soltanto per la guerra importante che potrebbe avvenire nei prossimi due anni, cioè una guerra in cui Germania e Italia si trovino di fronte a Gran Bretagna e Francia. Ora la legge contribuisce a rendere una tale guerra un po' meno probabile. Essa infatti rende possibile alle Potenze pacifiche di rafforzare le proprie difese contro le aggressioni usando le loro navi ed il loro oro per procurarsi le materie prime in America».

Non è pertanto da meravigliarsi se una ben nota giornalista americana ha chiamato la legge una alleanza indiretta con l'Impero britannico.

Conviene tuttavia tener conto di due elementi che in una certa misura controbilanciano il peso che questa legge rappresenta per l'Italia. Il primo è costituito dal fatto che le norme del «cash and carry » hanno durata limitata a due anni, cioè sino al primo maggio 1939. Con ciò il Senato americano ha voluto evidentemente riserbarsi il diritto di rivedere la politica ora adottata. Inoltre è da tener presente che anche qualora la legge dovesse, durante questi due anni, entrare in gioco, è inevitabile che fra l'applicazione del principio del cash and carry sulle materie prime, trascorrerà un certo periodo di tempo durante il quale è possibile, sia che un moto dell'opinione pubblica americana possa far esitare il Presidente a decretare la seconda serie di embarghi, sia che il Presidente stesso sia indotto a valersi della legge soltanto come minaccia potenziale per erigersi ad arbitro o mediatore fra le due parti in conflitto.

Né va infine dimenticato che la prima prova del fuoco della legge sulla neutralità in un conflitto internazionale è stata sfavorevole. Scoppiato il conflitto nippo-cinese, essa -se applicata -avrebbe nettamente favorito il Giappone, che a differenza della Cina si trova nella possibilità di poter pagare cash e sopratutto di poter carry le merci che gli occorrono. Posto così di fronte all'alternativa di far cosa contraria agli interessi e alle simpatie del popolo americano, che parteggia per la Cina e osteggia veementemente il Giappone, oppure di trovare un'interpretazione di ripiego, il Presidente Roosevelt si è appigliato a quest'ultima soluzione, dichiarando che mancavano le condizioni perché il provvedimento entrasse in vigore, non essendovi stata dichiarazione di guerra né completa rottura diplomatica fra i due Paesi: interpretazione, a dire il vero, assai discutibile, non potendosi negare che in Estremo Oriente abbiano avuto e continuino ad aver luogo gravi e sanguinosi scontri bellici. e quindi si sia prodotto quello «stato di guerra» cui chiaramente accenna la legge nel suo articolo l.

Comunque, pur tenendo conto di queste osservazioni e della possibilità di revisione della legge sulla neutralità americana o di molto cauto uso dei poteri discrezionali che essa accorda al Presidente, è necessario ad avviso del ministero degli Affari Esteri che della legge stessa venga, nella valutazione della situazione politica mondiale e nella determinazione della nostra linea di condotta, tenuto il massimo conto.

121 1 La relazione fu redatta in gennaio e presentata da Ciano alla XV sessione della Commissione Suprema di Difesa del febbraio.

122

L'AMBASCIATORE AD ANKARA, GALLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

RAPPORTO. Ankara, 9 febbraio 1938 (per. ore 16).

Fra la riunione del Consiglio dell'Intesa Balcanica ad Atene (15 febbraio 1937) e quella che avrà luogo ad Ankara il 16 c.m., si sono prodotti avvenimenti internazionali e sviluppi politici tali da concentrare sulla prossima conferenza una sicura attenzione.

Con l'uscita dell'Italia dalla S.d.N. ogni finzione di politica societaria, come tale, è finita: l'Inghilterra è oggi a capo della istituzione ginevrina con una Francia vassalla e Stati minori contrari o quanto meno perplessi in presenza di forze in contrasto che si vanno sempre più precisando e organizzando. In primissimo luogo quello dell'asse Roma-Berlino, sul quale si è già allineata Belgrado e, tendenzialmente, Sofia e Bucarest, mentre la situazione mediterranea si è vieppiù intorbidita dalla firma del Gentlemen's agrecment in poi.

Il sistema dell'Intesa Balcanica sorto in funzione antibulgara, anti-italiana e, subordinatamente, anti-jugoslava, ha dovuto registrare la firma del patto di amicizia perpetuo bulgaro-jugoslavo (24 gennaio 1937) 1 e del patto italo-jugoslavo (25 marzo 1937)2. Il secolare dissenso bulgaro-jugoslavo viene composto, fatto questo di importanza decisiva nella storia della Penisola Balcanica. Segnalai immediatamente all'E.V. (mio rapporto n. 206/89 del 29 gennaio 1937) 3 la portata di questo accordo che potenziava la maggioranza slavo-balcanica, determinando come primo risultato il rafforzarsi dei legami greco-turchi.

La Turchia che, dal canto suo, ha visto naufragare il suo piano di rinnovate intese italo-balcaniche, sulla linea del Gentlemen's agreement, assiste con preoccupazione all'inevitabile sviluppo delle relazioni amichevoli fra Belgrado-Roma, Belgrado-Sofia. Essa si sente perciò minacciata in Tracia e considera con apprensione l'incertezza della situazione mediterranea. La Grecia ha anche la sensazione netta dell'aumento della pressione slava e dell'addensarsi di oscure minacce alle sue frontiere terrestri e marittime, e si arriva alla situazione attuale dei legami greco-turchi, che specie nel campo militare fanno quasi pensare ad una vera e propria alleanza che taluno afferma estesa al campo marittimo (contro chi? per ispirazione di chi?).

Negli ultimissimi giorni l'ascesa al potere del Partito nazionale-cristiano in Romania apre orizzonti nuovi alla politica estera di quello Stato il quale, sempre che l'attuale governo riesca a consolidarsi e Goga abbia il coraggio di avere coraggio, vede sotto altro profilo non solo i problemi esistenti a ciascuna delle sue

122 2 Vedi ihid., nota 2. 122 ' L'ambasciatore Galli vi aveva riferito sull'atteggiamento <<tortuoso» di Riistii Aras che. pur attraverso molti contorcimenti, in realtà, secondo l'ambasciatore, preferiva nel Mediterraneo la supre mazia della Gran Bretagna a quella dell'Italia. Diversi uomini politici turchi e anche una parte dell'opi nione pubblica non condividevano l'anglofilia del ministro degli Esteri ma. secondo Galli, era da prevedere che, anche per influenza di Riistii Aras, la politica turca sarebbe rimasta anche per il futuro del tutto inaffidabile. Il documento ha il visto di Mussolini.

frontiere con i vari Stati (Russia, Ungheria, Jugoslavia, Bulgaria), ma anche quelli del suo orientamento generale europeo.

Perciò l'Intesa Balcanica ha perduto tutte le ragioni originarie di esistenza e si è svuotata di ogni contenuto utile. Se continua la sua esistenza, è come una finzione, la quale, in quanto si può giudicare da questo angolo visuale, sembra corrispondere soltanto ad interessi generali franco-inglesi di marca societaria ed anti-italiana, e ad interessi particolari in primo luogo della Turchia per la conservazione del suo titolo territoriale europeo e dell'arma di ricatto che sono gli Stretti e per la difesa della sua integrità anatolica (per il mantenimento di questa situazione i turchi kemalisti operano esattamente come operò l'Impero ottomano per difendere la sua integrità), in secondo luogo i comuni interessi turco-greci per la difesa dalla pressione slava verso l'Egeo.

Col mantenimento della finzione di una Intesa Balcanica, Turchia e Grecia sperano quindi ancora in una difesa cartacea dai pericoli che le minacciano almeno nel prevedibile prossimo processo storico, mentre Jugoslavia anzitutto e poi la Romania vi hanno ·poco e scarso interesse pratico.

La Bulgaria rappresenta in questo complesso di forze un punto centrale di notevole importanza, perché il suo apporto ed il suo atteggiamento positivo o negativo possono produrre l'effetto solvente della situazione.

Essa perciò è la posta cui mirano Inghilterra e Francia per gli interessi generali anzidetti, congiuntamente a Grecia e Turchia per i loro interessi particolari. Per finalità opposta e di diverso grado e significato vi mirano anche Jugoslavia e poi Romania.

Ciò spiega lo sforzo anzitutto inglese per tenere legata la Turchia col pagarle il suo sviluppo industriale, con l'agire a Sofia, e forse anche a Belgrado come v'è motivo di supporre (mio telegramma per corriere n. 05 del 25 gennaio u.s. 4 e telespresso n. 209/116 del 3 c.m. 5 ) per distendere al massimo i rapporti bulgaro-turco-greci, per dare ad Ankara ogni soddisfazione nella questione del Sangiaccato, cioè per saldare la pericolante compagine dell'Intesa Balcanica e mantenerla, con la Turchia al primo posto, nel quadro degli interessi britannici nel Mediterraneo orientale.

Vi dà mano la Francia, che ora credendo avere garantito alla Turchia il voluto risultato elettorale nel Sangiaccato, cerca di aprire con essa una nuova era di confidenti rapporti e per finalità che coincidono esattamente con le britanniche.

È su questo terreno, con queste premesse e di fronte a questa manovre e pressioni che si aprirà qui il 16 p.v. la Conferenza dell'Intesa Balcanica.

Si imporrà quindi ai quattro ministri degli Esteri un esame generale della situazione europea, ma più ancora si imporrebbe una determinazione di massima della loro politica di fronte ai maggiori problemi del momento. È difficile, per non dire impossibile, credere ad una risoluzione netta, per quanto non possa esservi dubbio alcuno sulla gravità del momento e la necessità di afferrarne il pieno significato, e le presumibili conseguenze. Ma è legittimo il dubbio che tutto possa essere effettivamente discusso, che molto invece resti inespresso nella mente di ciascuno.

Egli è che sarà a ciascuno dei convenuti impossibile parlare con decisa franchezza, e fuori di ogni equivoca espressione, poiché i singoli interessi sono netta

122 ; Segnalava l'attività dei rappresentanti britannici nel sud-est europeo tendente a rafforzare la posizione della Grecia e della Turchia e a legare i due Paesi alla politica della Gran Bretagna.

mente divergenti, di diverso grado la subordinazione di ognuno alla forza di Stati confinanti e militarmente più potenti, diverse le linee di sviluppo storico poste dinanzi alle aspirazioni di ciascun popolo.

Sopratutto quelle degli slavi balcanici. Ed è perciò il problema bulgaro quello che sarà esaminato dai quattro con la maggiore passione, ma con segreto inesprimibile nascosto pensiero. Liberati prima dal giogo turco, sottratti poi alla influenza nefasta austro-russa, la Jugoslavia ricondotta miracolosamente all'unità, è fatale che gli slavi balcanici guardino all'Egeo come alla strada che la natura ha segnato fatale ai due gruppi: serbo-bulgaro. Questo significò l'accordo del 24 gennaio 1937, e questo hanno sentito e sentono turco-greci. Non vi sono lusinghe che bastino per fare deviare la Bulgaria dal destino su cui ha tenacemente fisso lo sguardo.

Ricorda certo l'E.V. che nel periodo di maggiore tensione italo-jugoslava fu illusorio credere che la Bulgaria potesse prendere attitudine decisamente ostile a Belgrado per la questione macedone (e lo ripetei ostinatamente contro la contraria opinione di alcuni miei colleghi balcanici). Ancora più oggi. Così ora qualsiasi attitudine diversa della Bulgaria da quella che qui indico non potrà avere che significato tattico, non sarà che azione addormentatrice. Una effettiva definitiva rinuncia bulgara alle sue aspirazioni nell'Egeo non potrà esservi mai, come mai vi sarà quella serba.

E questo è il motivo fondamentale che impedirà alla prossima riunione un atteggiamento definitivo della Piccola Intesa che continuerà a sussistere quale una crisalide, fino a che l'imperioso prorompere di altre forze, che vorranno cercare il naturale sfogo ad un più normale assetto dell'attuale, non costringerà ciascuno dei balcanici a scegliere la propria via per la difesa dei propri interessi ed il raggiungimento delle proprie finalità: statiche e negative per Grecia-Turchia, dinamiche e positive per Jugoslavia-Bulgaria.

Anche su questo punto l'Inghilterra, se non si ricreda imprevedutamente, si inganna ed inganna gli Stati che le si affidano come la Grecia che preferisce l'armamento aereo contando sull'apporto dell'esercito turco per difendere la Tracia, e come la Turchia che spera ottenere da Londra una Bulgaria rinunciataria che le garantisca il sicuro tranquillo possesso del suo territorio europeo e degli Stretti.

Questo mi sono permesso di dire personalmente a V .E. come apertura alle informazioni ed osservazioni che potrò inviare e nel corso della imminente conferenza e dopo la sua chiusura.

122 1 Vedi D. 4. nota l.

122 4 Non rintracciato.

123

IL MINISTRO A VIENNA, GHIGI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

RAPPORTO 586/345. Vienna, 9febbraio 1938 (per. iliO).

Con il ritiro dell'attuale ministro germanico da Vienna, e col mutamento di titolare del ministero degli Esteri del Reich, il progetto di un incontro fra il Fi.ihrer-Cancelliere e questo Cancelliere Federale, progetto dovuto sopratutto al signor Schmidt ed al signor von Papen, e basato sul presumibile e sperato appoggio del barone von Neurath, viene a perdere qui valore di attualità.

Sorgeva del resto -anche prima dei recenti mutamenti in Germania-spontanea la domanda se un simile progetto avesse probabilità di essere accolto da parte di Berlino, almeno senza una previa adeguata preparazione del terreno alla quale in realtà non si vede come si possa addivenire nell'attuale momento.

Il conflitto fra la Germania nazionalsocialista ed il governo austriaco del Fronte Patriottico è purtroppo insanabile. È possibile al Fiihrer, capo proclamato di una razza e -direi quasi -di una religione oltre che di uno Stato, rinnegare esplicitamente i nazionalsocialisti austriaci? È d'altra parte possibile al governo di un'Austria indipendente di collaborare con quei medesimi nazionalsocialisti i quali hanno appunto per scopo dichiarato l'Anschluss e quindi la fine dell'indipendenza dell'Austria?

Il mio predecessore ha a suo tempo ampiamente informato V.E. sulle varie procedure esperite da questo governo per mettere in movimento il meccanismo della cosidetta «pacificazione interna», oggetto della parte segreta dell'Accordo austro-tedesco dell'li luglio.

La prima di tali procedure prevedeva, come è noto, la costituzione del «Comitato dei Sette» con il suo ufficio in Teinfaltstrasse. Ho riferito a V.E. sulle recenti vicende che hanno portato alla perquisizione ed alla chiusura dell'ufficio predetto.

La seconda procedura prevedeva invece la istituzione dei «Referenti» provinciali e nazionali. Vista da Vienna, la cosa presentava forse vantaggi e attrattive. Ma i consoli esprimevano fin dal primo giorno seri dubbi sull'autorità, in provincia, dei vari Referenti, sulle loro possibilità -dirò così -conciliative.

Né avevano torto. A che cosa si è ridotta in sostanza la conciliazione? Cittadini di ogni ceto, sono entrati a milioni nel Fronte Patriottico, per avere assicurato il diritto di lavoro, d'impiego e di vita tranquilla senza però portare garanzie serie di fede e di fedeltà politica. Un certo numero di «nazionali» più preoccupati per gli sviluppi della politica interna del Reich che attirati dallo charme dei Referenti, hanno forse diminuita la loro attività di opposizione distaccandosi alquanto dai nazionalsocialisti. Ma nei riguardi di questi ultimi, e questa è la sola vera sostanza della questione, la pacifìcazione interna non ha mai fatto un passo avanti.

Non so in verità se il governo vi si sia messo con tutta la necessaria abilità, minacciando e promettendo, punendo e premiando alternativamente con adeguata energia ed efficacia. Ma è certo che i contatti di Schuschnigg con gli esponenti del nazionalsocialismo sono stati del tutto infruttuosi, e che quegli aderenti o simpatizzanti più moderati, che, come il Seyss-lnquart hanno accettato di accostarsi al governo, sono subito rimasti senza alcun seguito effettivo.

A tale irriducibilità, il governo, irritato per di più da varie manifestazioni ed incidenti, ha a sua volta risposto con manifestazioni e dichiarazioni che colpivano in visiera 1 il nazionalsocialismo. Il Cancelliere-in una sua intervista-ha addirittura parlato di abisso che separa quest'ultimo dal Fronte Patriottico e l'abisso è stato, in questi tempi, scavato sempre più profondamente, finché, con il recente arresto dell'ingegner Tavs, capo dei nazisti viennesi, la scoperta dei documenti relativi ad un progettato complotto con lo sperato aiuto germanico, e la chiusura degli uffici che funzionavano da centrale nazionalsocialista clandestina ma tollerata, la pacificazione interna, almeno nella fase attuale e nelle forme previste, può dirsi defunta.

È bensì vero che dopo i fatti! più volte riferiti che hanno portato all'arresto del Tavs e di altri nazisti, mentre alcuni collaboratori del Cancelliere (Zernatto, Adam) hanno pronunciato discorsi infiammati ed auspicato la maniera forte 2 , il Cancelliere ha mantenuto il riserbo più completo e, in attesa di conoscere l'esito dell'iniziativa Schmidt-Papen, si è anche finora astenuto dal progettato viaggio in Tirolo. Ma potrà egli continuare tale linea di condotta, malgrado l'azione contraria dei suoi partigiani, anche dopo l'aggiornament , di tale iniziativa? e sopratutto dopo i nuovi recenti incidenti provocati dai naziona~·~ocialisti, e quelli che essi non mancheranno certo di provocare in avvenire?

Stando così le cose, i rapporti austro-germanici rischiano di entrare in una fase anche più acuta dell'attuale.

Il Cancelliere Federale, come V.E. sa, è ed è sempre stato -credo -piuttosto pessimista circa la possibilità di migliorare tali rapporti, alla quale mostrava invece di credere e di aspirare il dottor Schmidt, che ne era diventato un po' lo «specialista» e che dell'asse Roma-Berlino ha pensato di farsi -a Vienna --un piedistallo. Che cosa avverrà nel prossimo avvenire?

I recenti mutamenti in Germania hanno per ora determinato qui una situazione di attesa.

In linea generale si può dire che questo governo non si aspetta certo un miglioramento, ma piuttosto -se mai --un peggioramento nella linea di condotta germanica, nei suoi riguardi, e che è di opinione che su tale linea di condotta possa peraltro avere molta influenza -in un senso o nell'altro -l'atteggiamento dell'Italia.

Né a tale apprezzamento ritengo possa togliere valore l'avermi il dottor Schmidt espresso la speranza che la presenza, al ministero degli Esteri ed eventualmente alla legazione a Vienna, di autentici nazionalsocialisti, interpreti diretti della volontà del Fiihrer e del partito e al tempo stesso influenti in seno a quest'ultimo, servirà a chiarire la situazione.

Il governo austiaco, pur desiderando evidentemente di non aggravare le relazioni con la Germania, è intanto determinato -nè, allo stato delle cose, invero, gli rimane aperta altra via -a proseguire nel mantenimento dell'ordine pubblico e nella repressione delle manifestazioni degli «illegali», anche se queste prendano come punto di partenza la presenza, ad esempio, di campioni sportivi tedeschi, ed anche se tali repressioni siano fatalmente destinate ad incidere sfavorevolmente sui rapporti austro-germanici.

Le difficoltà con la Germania, la sensazione che i nazionalsocialisti austriaci sono oggi come in passato in contatto più o meno diretto con elementi tedeschi, determina naturalmente in questo governo e nei suoi seguaci una Stimmung che, da ostile al nazionalsocialismo austriaco, diviene facilmente ostile a quello tedesco e quindi alla Germania. E nell'animo dei dirigenti austriaci che, per essere da vent'anni il loro Paese oggetto anziché soggetto di politica internazionale, hanno contratto una mentalità estremamente suscettibile all'interessamento e all'atteggiamento dei governi esteri, una Stimmung del genere può portare facilmente ad orientamenti verso altri campi.

Naturalmente, si guarda qui in primissimo luogo, e direi quasi essenzialmente, all'Italia. Si guarda a lei come a quella che sola potrebbe difendere l'indipendenza

dell'Austria, ed il cui atteggiamento avrebbe comunque più di ogni altro valore sia per trattenere la Germania al rispetto dello statu quo che per incoraggiarla a qualche gesto audace.

Non so se e quanto amore vi sia per noi in questo Paese-ma desiderio del nostro interessamento e del nostro aiuto, ve ne è moltissimo sia nel campo dei fautori dell'indipendenza, nel quale i più estremisti deplorano e temono la nostra intimità con il Reich, che nel campo stesso degli «illegali» che appunto da tale amicizia traggono gli auspici più lieti -perché tutti, e gli uni e gli altri, vogliono vicendevolmente mantenere l' Unabhangigkeit, od ottenere l' Anschluss, attraverso il favorevole aiuto delle Potenze straniere.

Ma, appunto per effetto di tale mentalità, i contatti, le cortesie, gli incoraggiamenti degli altri governi sono tutti accolti e graditi -e fra questi vanno segnalati quelli della Francia -che ne è tanto più prodiga in quanto si tratta di titoli di convertibilità molto ipotetica, e che, rappresentata qui da un diplomatico capace ed intelligente, buon conoscitore dell'ambiente, non manca naturalmente di cercare di approfittare come può delle difficoltà austro-germaniche.

Anche verso Ginevra l'Austria mantiene, nei limiti consentitile dalle sue relazioni politiche con l'Italia, atteggiamento riguardoso, né, malgrado alcune difficoltà esistenti, si viene qui meno, nei riguardi della Cecoslovacchia, ad una linea di condotta di cortesia e di buon vicinato.

L'Inghilterra infine è pur sempre trattata con amichevoli sentimenti nella stampa e nei rapporti internazionali, che si concretano anche in frequenti visite di personalità austriache alla capitale britannica.

Non ho, beninteso, attualmente elementi sufficienti per valutare la portata ed il contenuto reale di tali contatti fra il governo di Vienna e le Potenze democratiche e ginevrine. È da ritenersi che il dottor Schuschnigg -anche per non parlare di sentimenti -si renda troppo conto della situazione e dei reali interessi del suo governo. Né per verità i fatti -anche recenti -danno a pensare che i contatti anzidetti siano finora profondi e conclusivi.

Non manca.10 tuttavia correnti, anche in questo senso, che vanno segnalate e sorvegliate, né mi sentirei di escludere -qualora i rapporti con la Germania prendessero una piega peggiore, e si cominciasse qui a temere seriamente qualche «gesto» da parte tedesca -che, sia pure in sostituzione del più valido appoggio italiano, questo governo si inducesse ad un diverso atteggiamento, avvicinandosi da un lato alla Francia e all'Inghilterra, dall'altro alla Cecoslovacchia, a cui potrebbe riunirlo la preoccupazione del pericolo comune.

123 1 Sic.

123 2 Vedi D. 81.

124

IL SEGRETARIO DELL'AMBASCIATA A LONDRA, CASARDI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, GRANDI

APPUNTO. Londra, 9 febbraio 1938.

Dingli è venuto stasera a trovarmi. Egli mi ha detto che Ball aveva ricevuto incarico direttamente dal Primo Ministro di far sapere a Grandi quanto segue.

Il Primo Ministro è riuscito a ottenere il consenso della grande maggioranza dei membri del Gabinetto alla sua politica di riavvicinamento all'Italia (sembra che fra i principali sostenitori vi siano Sir Kingsley Wood e Sir John Simon). Tutti i membri del Gabinetto sono peraltro concordi nel ritenere che per poter raggiungere tale chiarimento è necessario che si trovi una soluzione totale e soddisfacente del problema spagnolo. La comunicazione fatta al riguardo la scorsa settimana da Eden a Grandi 1 non rappresenta quindi soltanto il punto di vista personale di Eden: esso è condiviso unanimemente da tutti i membri responsabili del governo britannico. Il Primo Ministro ha aggiunto che egli ha fatto e continuerà a fare quanto è in suo potere per orientare l'opinione pubblica britannica attraverso la stampa e gli organi della propaganda. Il Primo Ministro spera che Grandi, da parte sua, cercherà di facilitare il raggiungimento dell'accordo sul problema della Spagna. Il Primo Ministro ha precisato che la sua comunicazione non va interpretata nel senso che la soluzione del problema spagnolo costituisca una questione pregiudiziale al regolamento dei rapporti italo-britannici: tale soluzione rappresenta peraltro, ad avviso degli inglesi, uno dei suoi aspetti essenziali.

Circa il progettato incontro a tre 2 , il Primo Ministro fa sapere che egli desidera sempre che esso abbia luogo ma crede utile di attendere per scegliere il momento più opportuno affinché esso possa esser presentato nella migliore luce all'opinione pubblica britannica ed avere la più favorevole ripercussione.

Ho risposto a Dingli, su istruzioni dell'Ambasciatore, che Grandi non poteva però fare a meno di rilevare la sproporzione che esisteva fra l'ottimismo mostrato dalla stampa e gli affidamenti datigli da Eden. Era assolutamente urgente che Perth ricevesse istruzioni di iniziare le conversazioni con S.E. o che quanto meno incominciasse a discutere la questione della futura agenda delle conversazioni. D'altra parte, l'Ambasciatore pregava il Primo Ministro di fare in modo che anche da parte inglese e specialmente di Plymouth fosse tenuto un atteggiamento conciliante in modo che fosse possibile di trovare un terreno d'accordo nel Comitato per quanto concerne la Spagna.

125

L'AMBASCIATORE IN CINA, CORA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 759/102 R. Shanghai. IO febbraio !938, ore IO (per. ore 20,30).

Segnalo ali'E.V. che in questi ultimi tempi ho notato una marcata distensione nei rapporti tra queste Autorità militari e diplomatiche britanniche e quelle giapponesi.

Aggiungo che ministro Ito mi aveva pregato, qualora mi fossi recato Hong Kong e avessi visto quel governatore 1 , di trovare il modo di dirgli che non vi è ostilità preconcetta contro Inghilterra e che Giappone sarebbe sempre lieto colla

124 2 Vedi D. 96, nota 2. 125 1 Sir Geo!Trey Northcote.

barare economicamente con gli inglesi, in particolare nella zona di Shanghai. Ciò che non avrei fatto senza istruzioni di V.E .. Ministro Ito mi ha detto che anche in Giappone tale animosità si sarebbe attenuata.

Quanto precede potrebbe essere messo in relazione alle voci pubblicate oggi dai giornali locali di una possibile azione inglese circa la quale tuttavia non si hanno ancora qui notizie.

Comunicato Tokio 2 .

124 1 Vedi D. 96.

126

L'AMBASCIATORE A LONDRA, GRANDI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER TELEFONO 752/96 R. Londra, 10 febbraio 1938, ore 21.

Plymouth mi ha pregato ieri di passare da lui e mi ha intrattenuto sulla questione dei prossimi lavori del Comitato con particolare riguardo al problema del «progresso sostanziale».

Avendogli io nuovamente illustrato i motivi che mi inducevano a suggerire di affidare alle Commissioni che dovranno recarsi in Spagna il compito di discutere la spinosa questione direttamente con le due parti, Plymouth mi ha detto che nel frattempo aveva considerato molto attentamente insieme con Eden la mia proposta e, a differenza di quella che era stata la sua prima impressione, era giunto alla conclusione che la proposta meritasse essere presa in seria considerazione. Era tuttavia improbabile che il Comitato l'avrebbe adottata unanimemente. Il governo sovietico, ad esempio, aveva già dichiarato di non volerne assolutamente sapere. Anche il governo francese aveva sollevato difficoltà, adducendo due motivi principali. Il primo era la difficoltà per due commissioni operanti in compartimenti separati di potere sufficientemente coordinare la loro azione e le loro discussioni con le Autorità rispettivamente di Salamanca e di Barcellona in maniera tale da giungere a dei risultati concreti. Il secondo motivo riguardava la base del ristabilimento del controllo terrestre, controllo che Parigi vuole legato in maniera tassativa al ritiro dei volontari e che esso è disposto a ristabilire solo quando abbia l'assoluta garanzia che il ritiro verrà effettuato. Sarebbe stato quindi difficile per il governo francese di accedere alla tesi itala-tedesca che il controllo debba essere ristabilito contemporaneamente con l'invio delle commissioni in Spagna, quando ancora non si sa se sarà possibile raggiungere un accordo nel Comitato sulla questione del «progresso sostanziale».

Ho risposto a Plymouth che non vedevo perché non si potesse affidare alle commissioni il compito di discutere anche la questione della data del ristabilimento

Per la replica dell'ambasciatore Cora si veda il D. 252.

del controllo. In quanto alla pregiudiziale sollevata dai francesi, essa poteva facilmente essere superata stabilendo che il primo compito delle commissioni dovesse essere quello di discutere la cifra del «progresso sostanziale». In questo caso il ristabilimento del controllo terrestre avrebbe potuto essere rinviato a quando, avendo ultimato questo compito iniziale, le commissioni avrebbero proceduto al conteggio vero e proprio dei volontari.

Plymouth ha detto che avrebbe tenuto conto di questa mia osservazione. Come variante della nostra proposta, mi ha chiesto cosa avrei pensato di un eventuale diretto sondaggio presso le due parti da parte del governo britannico. «In questo caso --egli ha aggiunto -vorrei contare sulla collaborazione ed influenza del governo italiano presso il generale Franco perché egli faciliti una soluzione, così come da parte nostra e francese verrebbero esercitate analoghe pressioni sulle Autorità di Barcellona perché esse si inducano ad addivenire ad un accordo sulla questione».

Ho risposto a Plymouth che noi eravamo oggi, come sempre, pronti a collaborare per la pratica esecuzione della risoluzione del 4 novembre 1 . Quanto all'idea di un diretto intervento inglese a Salamanca e a Barcellona, ove esso venisse fatto come iniziativa individuale del governo britannico, non stava a me dare il benestare. Ogni governo è libero di fare in questo campo quello che crede. E viceversa, se quello che egli (Plymouth) intendeva, era che in questo suo eventuale passo il governo britannico dovesse agire come «delegato» del Comitato, si tratterebbe allora evidentemente di una proposta del tutto nuova, i cui effetti delicati erano più che evidenti. Plymouth non ha insistito ed è invece ritornato sul suo precedente suggerimento, che è venuto sviluppando nel senso cioè che i governi interessati prendano subito contatti diretti, sia con Salamanca, sia con Barcellona per conoscere esattamente l'attitudine delle due parti spagnole di fronte ai problemi in discussione ed aver quindi più precisi elementi per questi scambi confidenziali di idee tra Plymouth ed i vari rappresentanti. Ho risposto su questo punto che non vi erano difficoltà da parte nostra.

Proseguendo, Plymouth ha prospettato altre possibili soluzioni: l) Delegare direttamente alle Commissioni il compito di stabilire quale dovrebbe essere la cifra del «progresso sostanziale». La differenza fra questa proposta e quella italiana sarebbe in questo: che le Commissioni, ove non riuscissero a concordare direttamente con le due parti la questione del «progresso sostanziale», dovrebbero determinare collegialmente, sulla scorta dei risultati dei loro lavori, una cifra da sottoporre all'approvazione del Comitato. 2) Introdurre il concetto di un «coefficiente tempo», e cioè sostituire ad una cifra numerica òi volontari da evacuare, una determinata data del progettato piano di evacuazione. Plymouth si è riferito a questo riguardo all'ultimo progetto preparato da Hemming (documento N.I.S. (36) 727) trasmesso a V.E. con rapporto

n. 742/340 del 6 corrente 2 . Per l'organizzazione del ritiro dei volontari (una volta messa sotto l'organizzazione necessaria) il progetto stesso prevede un deflusso giornaliero e regolare in ragione di mille uomini da ciascuna delle due parti. Partendo, ad esempio, dalla presunzione dell'esistente cifra di un totale di centomila volontari, divisi in egual numero tra le due parti, l'evacuazione totale di essi

dovrebbe aver luogo nel periodo complessivo di 50 giorni. In queste circostanze ~ha osservato Plymouth ~la questione del «progresso sostanziale» perde molto della sua importanza, in quanto la fissazione di una determinata percentuale piuttosto che di un'altra si risolverà in pratica con l'accelerare o ritardare relativamente di pochi giorni il riconoscimento della belligeranza. Ciò premesso potrebbe essere più facile giungere ad un accordo nel Comitato, nel senso di fissare un determinato giorno, successivo all'inizio del ritiro effettivo dei volontari, in cui la belligeranza dovrebbe essere concessa, anziché insistere per la precisazione di una cifra. Naturalmente ~ ha proseguito Plymouth ~ vi dovrebbe essere in questo caso una clausola di salvaguardia, nel senso che se per motivi imprevisti ed imprevedibili il ritiro giornaliero dei volontari fosse accelerato o ritardato, dovrebbe essere corrispondentemente avanzato o ritardato il giorno in cui si riconoscesse la belligeranza.

3) Che il Comitato fissi una cifra determinata di volontari come criterio per il «progresso sostanziale». Questa cifra fissa dovrebbe rappresentare il numero dei volontari da ritirare da quella delle due parti che risulterà, in base ai compiti delle commissioni, di avere il numero minore di volontari; naturalmente l'altra parte sarebbe contemporaneamente tenuta ad evacuare un numero proporzionalmente maggiore di volontari. Poiché ~ ha continuato Plymouth ~ il rappresentante sovietico insiste che i volontari stranieri dalla parte di Barcellona non superano i 15 mila mentre quelli della parte di Franco ammonterebbero a 80 mila, questo permetterebbe di scoprire una volta per sempre il piano di Mosca. Qualora il numero dei volontari rispettivamente presso Salamanca e Barcellona fosse più

o meno eguale e corrispondente all'incirca ai 40 e 50 mila uomini per parte, la cifra di 12 mila volontari che Maisky sarebbe costretto ad accettare come equivalente dell'SO per cento di quello che egli asserisce essere il numero di stranieri combattenti per Barcellona verrebbe di fatto a corrispondere a circa il 25 per cento delle forze straniere effettivamente combattenti su ciascuno dei due fronti.

Ho detto a Plymouth che avrei naturalmente riferito al mio governo le sue varie proposte, riservandomi di fargli conoscere a suo tempo il punto di vista di Roma. Con telegramma a parte comunico a V.E. le mie impressioni sui vari punti

sollevati da Plymouth 3 .

125 2 L'ambasciatore Auriti osservava (T. 800/120 R. del 12 febbraio) che anche a Tokio si aveva l'impressione di un certo miglioramento nelle relazioni anglo-nipponiche ma che nonostante il lavorio delle correnti anglofile, diffuse un po' in tutti gli ambienti, l'opinione pubblica restava ostile alla Gran Bretagna ed i militari assicuravano che nessuna collaborazione economica sarebbe stata consentita alla Gran Bretagna nella Cina settentrionale.

126 1 Vedi D. 61, nota 3. 126 2 Non pubblicato.

127

L'AMBASCIATORE A LONDRA, GRANDI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 757/97 R. Londra, 10 febbraio 1938, ore 20,55 (per. ore 2 dell'Il).

Mio telegramma per telefono n. 96 1 . Ho avuto stamane con questi rappresentanti Germania e Portogallo uno scambio generale di idee sulle varie soluzioni discusse con Plymouth circa possibili metodi

per risolvere problema del «progresso sostanziale». Ambedue erano stati convocati ieri da Plymouth il quale si era espresso con loro sulle linee generali del colloquio avuto con me.

Avendo esaminato dettagliatamente le varie alternative discusse, ci siamo trovati d'accordo sulle seguenti linee:

l) L'«alternativa uno», suggerita da Plymouth come variante alla proposta italiana, può, con determinate garanzie e cioè purché non implichi una delega in bianco alle Commissioni, essere considerata accettabile.

2) «Proposta due» di Plymouth, di stabilire cioè un «coefficiente numerico», ci è sembrata con le sue «clausole di salvaguardia» e con le sue riserve, una cabala costosa, complicata e rischiosa che conviene scartare.

3) Quanto alla «proposta tre» di Plymouth, Woermann mi ha detto che essa è basata su di un suggerimento fatto originariamente da lui stesso a Plymouth allo scopo di venire incontro alla richiesta di Franco che discussione avvenga cioè sopra una cifra fissa e non su percentuali. Tanto io quanto Woermann e incaricato d'affari portoghese 2 siamo venuti alla conclusione che essa sarebbe in fondo accettabile, a condizione naturalmente che da informazioni in nostro possesso risulti che il numero dei volontari combattenti presso le due parti sia più o meno equivalente. Non vi è dubbio infatti che in questo caso essa varrebbe a mettere i russi nell'evidente imbarazzo.

4) Circa, infine, suggerimento di Plymouth che i vari governi interessati prendano contatto diretto con Salamanca e con Barcellona per accertare le loro attitudini e le loro intenzioni circa la soluzione dei vari problemi, abbiamo concordemente ritenuto di non ravvisare in ciò alcun inconveniente.

126 1 Vedi D. 127. 127 1 Vedi D. 126.

128

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. URGENTE 753/33 R. Berlino. IO febbraio 1938, ore 21,35 (per. ore 22,40).

Ritorno adesso da Ribbentrop (ore 17,30). Egli parte stasera per Berchtesgaden. Non aveva visto ancora, e non vedrà, alcun altro ambasciatore fino a dopo suo ritorno da Berchtesgaden lunedì o martedì.

Conversazione durata un'ora e quarto. Improntata massima cordialità, intimità. Ribbentrop è ora in un periodo di orientamento e cerca informarsi su tutto e su tutti. Mi ha rinnovato espressamente sua simpatia per l'Italia, anche egli rievocando conversazioni novembre con il Duce e con V.E. 1

Ho messo Ribbentrop dettagliatamente al corrente contenuto telegrammi S.E. Grandi ed istruzioni V.E. (telegramma per corriere n. 1977 in data 8 febbraio) 2 . Egli ne ha preso nota con viva soddisfazione ed interesse, assicurandomi che ne riferirà ad Hitler domani stesso.

Ringrazia anche sentitamente V.E. del messaggio, di cui al telegramma n. 27 del 9 corrente\ e mi ha promesso che al suo ritorno mi farà conoscere qualche cosa sul tenore delle dichiarazioni che Hitler si prepara a fare il 20 corrente.

Niente ancora circa la successione di Hassell, la quale potrebbe essere ancora ritardata di qualche settimana. Ribbentrop sottoporrà ad Hitler anche noto progetto visita.

127 2 Antonio Augusto Braga Leite Faria. 128 1 Vedi serie ottava, vol. VII, D. 523.

129

IL MINISTRO A VIENNA, GHIGI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S.N.D. 758/24 R. Vienna, 10 febbraio 1938, ore 22,30 (per. ore 2,02 dell' 11).

Mi riferisco al telegramma di V.E. n. 8 1 e mio telegramma posta 57708/015 2 .

Questo Segretario di Stato Affari Esteri mi ha informato questa sera, per incarico Cancelliere e con preghiera di riferirne V.E. che noto progetto incontro torna ad essere attuabile.

Questo ambasciatore Germania tornato dalla Germania ove si era recato di nuovo dopo notizia suo richiamo, ha riferito infatti aver potuto questa volta intrattenere Hitler circa progetto e averlo trovato in favorevoli disposizioni al riguardo.

Cancelliere e Segretario Stato Affari Esteri che, come ho riferito con mio rapporto numero 345\ credevano progetto ormai del tutto aggiornato essendo desiderosi approfittare subito tali disposizioni, hanno avanzato idea che incontro avvenga al più presto, dandone eventuale notizia alla stampa soltanto a cose fatte e se sarà risultato soddisfacente.

Essi contano partire fine questa settimana o principio settimana ventura. Segretario Stato Affari Esteri mi ha ancora vivamente pregato massima segretezza, ciò che ho nuovamente assicurato 4 .

128 1 Vedi D. 109, che è dell'8 febbraio. " /

129 2 Si tratta del T. per corriere s.n.d. 672/015 R. del 5 febbraio con cui il ministro Gl,ligi aveva riferito che von Papen era tornato da Berlino senza aver potuto interpellare Hitler circa ,ùn suo eventuale incontro con Schuschnigg perché a Berlino l'attenzione di tutti era concentrata sui mutamenti avvenuti nelle alte sfere militari e diplomatiche. 129 1 Vedi D. 123.

128 2 Ritrasmetteva i DD. 96, 98, 101 e 105 con l'incarico di mettere von Ribbentrop al corrente di tutto.~

129 1 Vedi D. 76, nota 3.

129 4 Il documento ha il visto di Mussolini.

130

L'AMBASCIATORE PRESSO LA SANTA SEDE, PJGNATTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE RISERVATO 750/4 R. Roma, 10 febbraio 1938 (per. stesso giorno).

Ho avuto occasione di riferire in passato circa l'azione svolta dall'allora monsignore Pizzardo, durante e dopo il suo viaggio a Londra, per le feste dell'incoronazione degli attuali Sovrani, a favore di un riavvicinamento fra l'Italia e l'Inghilterra 1•

Alcuni giorni or sono ho ri~erito all'E.V. un mio colloquio con il capitano Legge (mio telespresso n. 3981139 del 7 c.m.) presentatomi dal cardinale Pizzardo 2 .

Mi sono incontrato stamane con quel porporato. Egli mi ha manifestato la sua grande letizia per le notizie dei giornali relative alla possibilità di comporre le questioni che dividono Italia e Inghilterra. A questo proposito mi ha detto che, checché ne scrivano i giornali, la Francia non vede di buon occhio una chiarificazione di rapporti italo-britannici perché una volta stabilita una solida e duratura intesa mediterranea fra noi e l'Inghilterra, la posizione della Francia in quel mare sarebbe di molto diminuita. Ecco perché, sempre secondo il porporato, la stampa francese si dà molto da fare, in questo momento, per fare credere a una vittoria, in Germania, della Reichswehr al fine di indurre gli inglesi a giocare la carta tedesca a preferenza dell'italiana.

Il cardinale Pizzardo mi ha parlato poi della situazione in Francia che considera preoccupante. Il cardinale Verdier si fa delle illusioni e tollera un indirizzo pericoloso. Ma ormai i cattolici, anche del ceto operaio, stanno aprendo gli occhi e, in questo momento, la gioventù operaia cattolica (Jocista), va assumendo un deciso atteggiamento anti-comunista. Pare che i Jocisti abbiano fatto intendere rispettosamente, ma risolutamente, all'arcivescovo di Parigi che essi sono in grado di giudicare meglio di lui della buona fede dei comunisti e sono convinti che la main tendue non è che un inganno teso ai cattolici. Il cardinale Pizzardo ha avuto occasione di parlare con esponenti cattolici francesi i quali gli hanno dichiarato di avere motivo di credere che, dopo completato il disarmo dei partiti di destra iniziato dal governo, i comunisti intraprenderanno un'azione rivoluzionaria in grande stile.

Il cardinale Pizzardo teme infine che per impedire il riavvicinamento italoinglese il Fronte Popolare francese, manovrato da Mosca, si disponga a tentare di scatenare la guerra.

Le preoccupazioni del cardinale Pizzardo in tema di comunismo sarebbero condivise da altri porporati. Egli mi ha nominato il cardinale Marchetti Selvaggiani

130 2 Monsignor Pizzardo aveva chiesto all'ambasciatore Pignatti di ascoltare il capitano Legge a pro posito delle difficoltà che erano sorte a Londra nel Comitato per un fronte unico cristiano nei riguardi della guerra di Spagna. Il capitano Legge aveva fatto rilevare che i cattolici inglesi incontravano difficoltà a collaborare con i protestanti perché la Santa Sede era considerata infeudata al fascismo. Altre difficoltà derivavano dall'atteggiamento del governo italiano nei riguardi dei pastori protestanti in Africa Orientale, atteggiamento che si diceva fosse stato assunto per compiacenza verso la Santa Sede.

il quale gli disse tempo fa, in piazza San Pietro: «se se ne andasse Mussolini mi vedreste penzolare da quel lampione». Il porporato intendeva evidentemente aJludere al croJlo del fascismo.

Ho riferito testualmente le parole del cardinale Vicario perché i suoi precedenti politici, nei riguardi del nostro Paese, non sono chiari. Si direbbe che egli si renda finalmente conto che il regime rappresenta in Europa un elemento di ordine e di stabilità.

A me pare che il quadro della situazione europea fatto dal cardinale Pizzardo sia un po' troppo fosco. Comunque, non avendo elementi di giudizio, né di controllo, ho creduto mio dovere di riferire quello che mi ha detto.

130 1 Vedi serie ottava. vol. VI. DD. 653 e 654.

131

IL MINISTRO AD ATENE, BOSCARELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 829/016 R. Atene, 10 febbraio 1938 (per. il 14).

Ho chiesto al presidente Metaxas se poteva dirmi qualcosa sulla prossima riunione del Consiglio dell'Intesa Balcanica. Mi ha risposto che l'ordine del giorno non era stato ancora definitivamente stabilito ma che in ogni caso il Consiglio si sarebbe occupato:

l) dei rapporti greco-turchi; 2) dei rapporti degli Stati facenti parte dell'Intesa Balcanica fra di loro e cogli Stati vicini; 3) della questione spagnola; 4) della questione etiopica; 5) della questione della Palestina.

l) Circa i rapporti greco-turchi Metaxas mi ha detto che essi saranno esaminati non soltanto in relazione agli Stati Balcanici, ma anche in relazione agli Stati extrabalcanici. La Turchia e la Grecia hanno, fin dall'ottobre scorso, deciso di rinnovare prima della sua scadenza il loro trattato di amicizia 1 per apportarvi delle modificazioni ad aggiunte miranti sopratutto a regolare i loro rapporti con le Nazioni extrabalcaniche. l due governi hanno in massima stabilito di promettersi scambievolmente «la neutralità» nel caso in cui uno dei due Paesi avesse a trovarsi in conflitto con un Paese extrabalcanico. Si vorrebbe fare -ha aggiunto Metaxas -del trattato greco-turco un trattato analogo a quello firmato dalla Turchia e l'Jrak, la Persia e l'Afghanistan nel luglio 1937 2 .

Ho detto a Metaxas che il progettato rinnovamento del Trattato greco-turco aveva attirato la mia attenzione fin da quando esso mi era stato annunziato dal sottosegretario Mavrudis, specialmente dopo che avevo appreso che esso avrebbe disciplinato la questione delle frontiere extrabalcaniche, perché pensavo che tra le frontiere extrabalcaniche potevano comprendersi anche le frontiere marittime

pp. 40-41 ). 131 2 Patto di Saadabad dell'8 luglio 1937 (testo in MARTENs. vol. XXXVI, pp. 714-717).

e quindi mediterranee. Metaxas ha replicato che poteva formalmente assicurarmi che «in sostanza non si trattava che di una mutua promessa di neutralità fra i due Paesi» che non era in contraddizione. né coi rapporti d'amicizia, né col Trattato italo-greco '·

D'altra fonte ho poi appreso che ad Ankara la questione verrebbe soltanto discussa ma che la conclusione e la firma del patto avrebbe luogo ad Atene in occasione della visita del Presidente turco. La data di tale visita non è ancora definitivamente fissata. Essa dovrebbe aver luogo nel marzo prossimo o più tardi.

È ancora troppo presto per potere affermare se quanto Metaxas mi ha detto corrisponde esattamente alla verità. Se così fosse il rinnovamento fatto ad Atene in occasione della visita di Bayar potrebbe essere considerato anche come una specie di rivincita o di risposta pubblica greco-turca al patto di amicizia bulgaro-jugoslavo dello scorso anno~ e sarebbe certamente sfruttato in questo senso dalla stampa ellenica come un successo di Metaxas. In ogni modo per mettere un giudizio definitivo occorrerà attendere la firma del trattato.

2) Circa i rapporti degli Stati facenti parte dell'I. B. fi"a di loro e con gli Stati vicini Metaxas mi ha dichiarato che i rapporti della Grecia con i tre alleati sono ottimi. Alla mia osservazione che mi era sembrato di notare che il grado di cordialità fra Turchia e Grecia fosse maggiore di quello fra questi due Paesi e gli altri alleati, il presidente ellenico ha risposto che l'impressione era in parte esatta ma che essa trovava la sua spiegazione specialmente nel fatto che Turchia e Grecia avevano costituito il primo nucleo dal quale era poi nata l'Intesa Balcanica.

Quanto alla Bulgaria, egli aveva fatto l'impossibile per migliorare i rapporti con essa, sia con l'abolizione della guerra tariffaria, sia con l'avere patrocinato e facilitato l'ultimo accordo-clearing delle due banche nazionali. Sperava sempre che la Bulgaria comprendesse questo suo atteggiamento e facesse da parte sua quanto era necessario per eliminare le altre questioni pendenti; si augurava che un giorno non molto lontano anche questo Paese balcanico fosse entrato a far parte dell'Intesa Balcanica. Per quanto però si riferiva alle aspirazioni territoriali bulgare egli teneva a ripetere che esse avrebbero trovato in lui un costante avversario fermamente deciso a giungere anche alla guerra per opporvisi.

Eccellenti erano diventati, specialmente in questi ultimi tempi, i rapporti fra la Grecia e l'Albania.

3) Questione spagnola. Metaxas mi ha detto che la questione del riconoscimento de facto del governo di Franco sarebbe stata risolta favorevolmente dal Consiglio dell'Intesa Balcanica. D'altra fonte degna di fede ho inoltre appreso che la Grecia non solo ha già deciso eli adottare in materia lo stesso criterio adottato dal governo inglese, ma ha già designato il suo agente presso il governo nazionalista spagnolo nella persona del signor Botassis, già addetto navale presso la legazione di Grecia a Parigi.

4) Questione etiopica. Metaxas mi ha detto che la Conferenza di Ankara, sotto la sua presidenza. avrebbe cercato una formula per arrivare al riconoscimento.

131 ·1 Trattato di amicizia, conciliazione e regolamento giudiziario tra Grecia e Italia del 23 settembre 1928 (testo in Trattati e Conven:::ioni, vol. XXXVIll, pp. 480-488). 131 4 Vedi D. 4, nota l.

Gli ho risposto che l'Italia non domandava nulla al riguardo. Che, se nel settembre scorso io, di mio iniziativa, gli avevo additato un'occasione che si offriva alla Grecia di aumentare a dismisura il suo prestigio mondiale, trovando e sottoponendo alla sessione ginevrina una formula adatta a sbarazzare il mondo dal cadavere etiopico, oggi lasciavo a lui la responsabilità di riflettere quale era il suo vero interesse. Certo era, però, che chi voleva avere rapporti normali con l'Italia doveva «mettere in regola le sue carte e riconoscere l'Impero». Ho ricordato quanto era avvenuto a Ginevra il 28 gennaio ultimo scorso 5 e, sviluppando gli argomenti ed i dati contenuti nell'articolo di Gayda apparso nel n. 5 di Rela::ioni Interna::ionalic., ho concluso dicendogli che ormai non era più possibile sostenere, quel che lui aveva sostenuto nelle precedenti conversazioni con me, che cioè il mancato riconoscimento aveva basi societarie.

Metaxas ha replicato debolmente, !asciandomi intendere che la questione poteva forse essere risolta col cambiamento del ministro a Roma, ma, accennando alla difficoltà di «personale» che tale cambiamento comportava. Al che ho risposto che non mi sembrava che fosse necessario cambiare la persona: sarebbe bastato cambiare le credenziali.

5) Questione della Palestina. Metaxas mi ha detto di non avere alcuna tesi in proposito ignorando completamente tale questione che non interessava la Grecia.

131 1 Patto di intesa cordiale tra Grecia e Turchia del 14 settembre 1933 (testo in MARTENS, vol. XXX,

132

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, AGLI AMBASCIATORI A BERLINO, ATTOLICO, E A LONDRA, GRANDI

T. SEGRETO 132/C. R. Roma. il febbraio 1938, ore l.

Riassumo ad ogni buon fine direttive sulla questione del ritiro dei volontari:

l) insistere su Ila proposta di rimandare alle Commissioni in Spagna la definizione del «progresso sostanziale»;

2) ove tale proposta si addimostrasse inaccettabile e non fosse possibile un rinvio della discussione in seno al Comitato, accettare la discussione in seno al Comitato medesimo sulla portata del «progresso sostanziale»;

3) la percentuale del «progresso sostanziale» non dovrà superare al massimo il 33 per cento.

l punti 2 e 3 sono naturalmente segreti se e fino a quando non si decida di abbandonare il punto l.

Telegrafato Salamanca, perché ne sia informato il Generalissimo Franco 1•

131 5 Riferimento alla seduta del Consiglio della Società delle Nazioni in cui diversi rappresentanti degli Stati minori avevano chiesto una revisione dell'art. 16 del Covenant che desse carattere facoltativo al sistema delle sanzioni. 131 r, Nell'articolo Fuori delle jin::.ivni pubblicato su Re/a:::ivni lnterna::.ivnali del 29 gennaio. Gayda aveva avvertito che chi voleva andare d'accordo con l'Italia doveva prima riconoscere l'Impero ed aveva poi sostenuto che un rifiuto non poteva più essere giustificato con la solidarietà verso la Società delle Nazioni. visto che tanti piccoli Stati membri della Lega avevano riconosciuto o si apprestavano a riconoscere l'Impero italiano.

133

IL MINISTRO A VIENNA, GHIGI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S.N.D. URGENTISSIMO 755/25 R. Vienna, 11 febbraio 1938, ore 1,45 (per. ore 3,20).

Mio telegramma n. 24 1•

Questo Segretario di Stato mi ha testé informato telefonicamente che in seguito a comunicazione pervenuta a tarda ora da parte tedesca, noto incontro rimane fissato per sabato prossimo. Notizia è tuttora segreta.

Vedrò domani mattina Segretario di Stato e telegraferò maggiori particolari 2 .

134

L'AMBASCIATORE AD ANKARA, GALLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 806/2] R. e 807/22 R. Ankara, 11 febbraio 1938, ore 15 (per. ore 20.30 del 12).

Aras è rientrato solo ieri da Ginevra essendosi trattenuto vari giorni a Istanbul. A parte del colloquio ha assistito per caso anche Ismet Pascià. Mi ha detto aver trovato ambiente estremamente pericoloso. Governo francese era in preda vero panico e convinto che guerra poteva scoppiare al primo incidente. Eden avevagli poi dichiarato che conversazioni anglo-tedesche erano già soddisfacentemente avanzate. A mia richiesta ha risposto che ne ignorava dettagli. Anche tutti Balcani molto impressionati e preoccupati per situazione. Ma sopratutto lo avevano impressionato i francesi. «Non v'è persona più pericolosa di quella che ha paura» così ha sintetizzato il suo pensiero.

La Turchia, mi ha detto, vuoìle sottrarsi a qualsiasi complicazione, ma se essa si produce sarà suo malgrado costretta a soffrirne conseguenze. Perciò si è adoperato fino dal primo giorno delle riunioni ginevrine (segue rapporto su sua attitudine circa riforma Patto, ecc.) presso Eden per indurlo a svol

l ~

133 Vedi D. 129. 133 2 Il documento ha il visto di Mussolini. Per il seguito si veda il D. 135.

gere parallelamente con Berlino conversazioni con Roma. Ciò perché situazione Mediterraneo è la sola che tocchi direttamente Turchia e perché considera la pace nel Mediterraneo, vera base della sicurezza europea.

Considero non improbabile che egli abbia acconciamente svolto con Eden gli argomenti toccati anche con me, specie il terzo della mia lettera a V.E. del 20 gennaio scorso 1 . Dopo due giorni, Eden lo ha assicurato che si inizierebbero subito conversazioni con Roma sulla propaganda in Palestina, su truppe in Tripolitania e su situazione Spagna, con fini di collaborazione e con obbiettivo regolamento generale rapporti italo-inglesi.

Parallelamente Intesa Balcanica andrebbe verso riconoscimento dell'Impero italiano di Abissinia, sicché questa deliberazione da un lato incoraggerebbe e dall'altra faciliterebbe il compito inglese, in modo da arrivare al più presto a totale distensione nel Mediterraneo. Perciò egli nella prossima riunione Intesa Balcanica (con formula che egli mi comunicherebbe al più presto per l'approvazione di V.E.) proporrebbe prendere atto delle disposizioni turche (ed anche greche) di riconoscere l'Impero e della disposizione italiana ad aderire a Montreux, inquadrando tutto ciò in una volontà di collaborazione internazionale. In pari tempo l'Intesa Balcanica esprimerebbe il voto di vedere giungere a buoni risultati le conversazioni italo-inglesi.

Gli ho detto che formula era estremamente delicata e che non avremmo mai potuto accettare alcunché che potesse toccare il nostro prestigio, che non ammettevamo alcun riconoscimento che fosse circondato da qualsiasi inammissibile riserva, che trovavamo del tutto inopportuno legare questa sua adesione all'andamento delle conversazioni italo-britanniche le quali potevano trovare da parte inglese, come era fino ad ora accaduto, nuovi imprevisti pretesti di ritardo.

A mio parere, questione riconoscimento dell'Impero da parte della Turchia, ed eventualmente della Grecia, era questione tra i Paesi rispettivi, non connessa alla situazione internazionale ed estranea ai rapporti italo-inglesi.

Aras mi ha assicurato che decisione era aprioristicamente definita e completa. Per il successivo scambio di note e comunicazioni da farsi fra Turchia e Italia si trattava soltanto di forma. Circa il momento di addivenire al riconoscimento formale, dipendeva anche dalle relazioni internazionali, ma si potrebbe fare subito. In ogni caso egli non subordinava nulla alla politica di Londra, solamente con la deliberazione che desiderava ottenere e successivi atti fra ambasciata e Ankara intendeva mostrare la buona via a Londra e indurla a seguire.

Egli aveva comunicato tanto a Eden che a Delbos la decisione del governo turco e li aveva trovati consenzienti. Litvinov, pur dichiarandogli che situazione presente non permettevagli di mutare atteggiamento politico dei sovieti verso Italia lo aveva, con suo stupore, incoraggiato ad adoperarsi per chiarire la situazione del Mediterraneo. Spiegava l'incoraggiamento di Litvinov con le sue inquietudini per lo sviluppo delle conversazioni anglo-germaniche.

Ambasciatore di Turchia costà è stato da lui già messo al corrente di quanto precede. Prego V.E. telegrafarmi sue eventuali istruzioni 2 . Nonostante quanto promesso a me da Aras (e che è provato dai colloqui avuti con lui in proposito

durante tutto 1937), debbo concludere che egli cerchi di far coincidere quanto più possibile il riconoscimento dell'Impero col chiarimento dei rapporti italo-inglesi, traendone per di più il beneficio (sia pure reciproco) della nostra adesione a Montreux".

132 1 Per il seguito da Salamanca si veda il D. 146.

134 1 Vedi D. 63. 134 2 Vedi D. 152.

135

IL MINISTRO A VIENNA, GHIGI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S.N.D. URGENTISSIMO 769/27 R. Vienna, 11 febbraio 1938, ore 17,50 (per. ore 19).

Mi riferisco al mio telegramma n. 25 1 .

Ho veduto Cancelliere e quindi Segretario di Stato Affari Esteri che mi ha comunicato quanto segue circa incontro di domani. Incontro avrà luogo Berchtesgaden. Vi parteciperanno Cancelliere austriaco e Segretario di Stato per Affari Esteri accompagnati da questo ambasciatore di Germania. Nessuna notizia preventiva sarà data alla stampa. Un comunicato sarà diramato sabato sera a incontro ultimato.

Circa materia da trattare e testo comunicato, Cancelliere non è in grado di dare indicazioni precise, avendo convegno luogo senza previa preparazione e tutto dipendendo dalle accoglienze e dall'atmosfera che egli troverii a Berchtesgaden. Vi è d'altronde qui una certa diffidenza sulla corrispondenza esatta degli affidamenti di questa ambasciata di Germania con le reali intenzioni di Hitler.

Sulla questione essenziale relazioni austro-tedesche, si spera ottenere impegno reciproco poter rispettare basi Accordo 11 luglio. In tal caso Cancelliere austriaco esprimerebbe sua intenzione riprendere con fiduciario Seyss-Inquart opera pacificazione, attrazione e collaborazione opposizioni a condizione che da parte loro venga dato appoggio morale a missione Seyss e cessino continue ingerenze a favore «illegali». Cancelliere austriaco sarebbe inoltre disposto-ma senza farne oggetto impegno specifico -modificare in seguito composizione Gabinetto includendovi elementi rappresentativi conciliazione.

Questa ambasciata di Germania ha comunicato poi desiderio Hitler parlare delle questioni economica militare e di politica estera. Circa la prima si prevedono qui soltanto scambi di vedute. Circa la seconda si attende meglio conoscere richieste che Germania prevedesi porterà su scambio informazioni, collaborazione fra Stati Maggiori, maggiori possibili ragguagli sui mezzi bellici ecc.

Circa politica estera si è qui disposti confermare appoggio austriaco a politica tedesca di pace nonché alla politica connessa con trattati pace 2 .

135 1 Vedi D. 133. 135 2 Il documento ha il visto di Mussolini.

134 3 Sull'argomento trattato in questo documento si veda anche il D. 151.

136

IL MINISTRO A BUCAREST, SOLA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 782/29 R. e 780/30 R. Bucarest, il febbraio 1938, ore 22,45 (per. ore l del 12).

Ampio serviZIO Agenzia Stefani, alla quale ho fornito gran parte delle mie informazioni, rende un'idea molto vicina alla verità su quanto si è qui verificato 1 .

Sovrano, che in un momento di panico per la situazione interna, aveva alla fine di dicembre consegnato governo a Goga, ha oggi preso a pretesto le pressioni internazionali per liberarsene.

Sta di fatto che questo ministro di Francia 2 aveva presentato ieri l'altro una nota che costituisce un atto di accusa contro azione governo sulla questione ebraica che aveva illustrato a voce con tono catastrofico e speculando sulla tensione con la Russia non senza accennare questione scomparsa incaricato d'affari sovietico 3 .

Agendo d'accordo col ministro di Francia, anche ministro d'Inghilterra 4 aveva a sua volta compiuto un doppio passo presso ministero degli Affati Esteri e presso Primo Ministro usando parole meno intimidatorie, ma parlando comunque con molta fermezza. Non è esatto che vi sia stato anche un passo da parte Russia, per quanto è risaputo che nella giornata di ieri questa legazione Russia stava preparando una nota molto energica circa il caso Butenko.

Ai rappresentanti Francia e Inghilterra governo aveva risposto con molta dignità e non senza fermezza. Senonché, Sovrano, dopo aver preteso convocazione Consigli elettorali, era andato convincendosi dell'inevitabile trionfo Guardia di Ferro. Egli ha quindi colto pretesto della pressione esterna nonché della reale paralisi dell'economia interna per gettare a mare Goga. Nuova formazione ministeriale va perciò interpretata come una mossa contro Guardia di Ferro.

Comunque politica romena si allontana fatalmente dalle vecchie idee democratiche. Difatti elezioni amministrative sono rimandate sine die, l'attività vecchi partiti sarà probabilmente sospesa, è stato proclamato in tutta Romania stato d'assedio che sarà permanente e si marcia verso la riforma costituzionale con allargamento potere Reale.

Insomma, Sovrano vuole dittatura, ma quella sua non quella della Guardia di Ferro, in odio alla quale egli aveva schierato contro il movimento di Codreanu azione governo Goga, facendo cioè il possibile -come da me preannuziato fin dal primo telegramma del 28 dicembre 5 con cui partecipavo formazione governo di Goga -per schierare uno contro l'altro i due più importanti partiti di destra.

costituito un nuovo governo presieduto dal Patriarca Miron Cristea con agli Esteri Tatarescu. 136 2 Adrien Thierry. 136 1 Il diplomatico sovietico Butenko era scomparso da Bucarest il 6 febbraio per apparire poi a Roma qualche giorno più tardi. In proposito si veda il Diario di Ciano alle date del 13 e 16 febbraio. 136 4 Sir Reginald H. Hoare.

136 i Vedi serie ottava, vol. VII, D. 756. nota 3.

In politica estera Romania continuerà fatalmente allentare suoi rapporti con Parigi, spinta non soltanto dalla innegabile attrazione che esercita asse Roma-Berlino, ma anche e sopratutto dalle pedate che questo Paese continuerà a ricevere come successo nella presente crisi, da Parigi, da Londra, da Mosca.

Ministri Germania c', Polonia c ed io assecondati dalla legazione di Jugoslavia abbiamo nei giorni scorsi spiegato la più attiva opera per salvare Gabinetto Goga. Basterà citare accordo con la minoranza sassoneH sotto gli auspici ministro di Germania e quelle colla minoranza ungherese~ che si è concluso per il mio intervento, ma che è riuscito troppo tardivo.

Ministro di Polonia alle due del pomeriggio di ieri si recò da Goga per dichiarargli a nome del governo che Polonia solidarizzava con la Romania in caso di provocazione da parte Mosca. Goga rispose essere già dimissionario.

Sovrano dopo aver spinto Goga a sparare sulle Guardie di Ferro (vi sono stati domenica due morti) vi si è appigliato come solo mezzo decente per impedire elezioni che avrebbero segnato trionfo Guardie di Ferro.

Tutte le prefetture sono state affidate a ufficiali superiori esercito con funzioni di prefetti.

È ormai impossibile un ritorno ai vecchi partiti democratici. Salvo qualche temperamento, non si farà marcia indietro nemmeno per quanto concerne revisione cittadinanze.

Se Francia è riuscita a rovesciare Goga non potrà però rovesciare situazione. Governo presieduto dal Patriarca è niente altro che un paravento dietro il quale Re Caro! inizia la sua opera dittatoriale.

136 1 Si riferisce alle dimissioni del governo Goga avvenute il IO febbraio. Lo stesso giorno era stato

137

L'AMBASCIATORE A LONDRA, GRANDI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 788/105 R. Londra, 12 febbraio 1938, ore 3,47 (per. ore 10,30).

Come preannunziato nel mio telegramma n. 77 1 ho avuto avanti ieri sera una conversazione di carattere generale con Vansittart, dal quale ero stato invitato a passare la serata a casa sua.

Tale conversazione, da considerare preparatoria a quella avuta ieri con Eden 2 , si è aggirata, sebbene in modo un po' meno preciso, sugli argomenti che Eden ha ripreso e sviluppato nella conversazione di ieri.

Ho anticipato a Vansittart, sulla base del telegramma n. 23 3 i quattro punti delle istruzioni di V.E. ed ho insistito sull'opportunità e necessità che queste con

136 c, Wi1helm Fabricius. 136 -Miros1av Arciszewski. 136' Vedi D. 115. 136 9 Vedi D. 89. 137 1 Vedi D. 106. 137 2 Vedi D. 138. 137} Vedi D. 105.

versazioni, se infine debbono cominciare, comincino subito senza troppo attardarsi in fasi preliminari, e che esse si svolgano a Roma, come previsto, perché Roma è l'unica sede possibile.

Sul che Vansittart ha convenuto, confermandomi quanto mi aveva già detto lunedì 31 u.s. (mio telegramma n. 77) circa sua personale convinzione su quella che egli ha chiamato la determinazione effettiva e concorde di Chamberlain e Eden di arrivare a un chiarimento definitivo.

Durante la conversazione gli ho domandato che cosa vi era di vero nell'accenno fatto da qualche giornale circa un suo viaggio a Roma.

Vansittart non mi ha nascosto che questo sarebbe il suo vivo desiderio, e che se le conversazioni faranno progressi -come è sperabile e auspicabile -egli spera di tradurre tale desiderio in realtà.

138

L'AMBASCIATORE A LONDRA, GRANDI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 778/99 R., 761/100 R., 784/101 R., Londra, 12 febbraio 1938, ore 0,52 787jl03 R. e 783/104 R. (per. ore 6).

Mio telegramma n. 93 1•

Ho avuto oggi 2 su invito di Eden un nuovo colloquio.

Eden ha cominciato col chiedermi se ero in grado comunicargli le impressioni di Roma sulle nostre conversazioni di venerdì e sabato".

Ho risposto a Eden leggendogli nel testo integrale i passaggi principali del telegramma di V.E. n. 23 4 ; non (dico non) avrei potuto in altra maniera esprimere più chiaramente ed efficacemente il pensiero del Duce e di V.E.

Precisamente ho detto:

l) Governo fascista è disposto iniziare le conversazioni. 2) Governo fascista mantiene ferme le condizioni indicate precedentemente, e cioè che le conversazioni siano generali, regolino tutti i punti controversi ad esclusione di nessuno e portino infine ad un accordo totalitario e definitivo che comprenda il pieno riconoscimento dell'Impero. 3) Governo fascista non ha alcuna ansia per tale accordo, né devesi credere che esso accetterebbe la prima offerta. 4) Se le conversazioni potranno in realtà iniziarsi fra breve tempo, esse debbono svolgersi a Roma come è già stato previsto.

138 ~ Vedi D. 105.

Eden mi ha ascoltato con attenzione. Mi ha ringraziato per queste comunicazioni che egli ha riconosciuto essere incoraggianti. Ha continuato dicendo che governo inglese è dello stesso avviso del governo fascista e cioè che il futuro accordo sia definitivo, coprendo tutti i punti controversi, eliminando ogni possibile futura ragione di sospetto e malinteso; e per giungere a un risultato -ha continuato Eden-bisogna esaminare e risolvere i due problemi dell'Impero e della Spagna.

Circa sede futura conversazioni, Eden mi ha dichiarato che tanto Chamberlain quanto lui avrebbero preferito che si svolgessero a Londra non fosse altro a risparmio di tempo.

Ho spiegato che ciò non era possibile ed ho insistito perché le conversazioni abbiano luogo a Roma sin dall'inizio. Eden ha finito col dichiararmi che, poiché questo era desiderio del Duce e di V.E., egli accettava. I contatti che hanno avuto luogo e quelli attualmente in corso

o che potranno eventualmente aver luogo tra il governo inglese e quest'ambasciata, debbono -Eden ha continuato -intendersi come una fase preparatoria ed «esplorativa» delle conversazioni di Roma, per fissare preventivamente agenda delle trattative stesse.

Ho risposto Eden che anche su questo punto ...... S, facevo le mie riserve, e intanto gli ho subito posto il quesito del «quando» il governo inglese intende cominciare tali negoziati.

Eden mi ha replicato che prima di cominciare i negoziati a Roma e allo scopo assicurarne successo, egli giudicava utile che un certo chiarimento preliminare avesse luogo sopratutto nei riguardi attuali difficoltà in seno al Comitato. «Se riusciamo -ha detto Eden -a superare il punto morto nel quale attualmente si trovano le discussioni del non intervento, ciò avrà una innegabile e favorevole ripercussione sull'atmosfera generale e io ritengo che allora nessun ostacolo si frapporrà all'inizio ufficiale delle conversazioni di Roma».

Ho risposto a Eden che mi riservavo di fargli conoscere su questo punto il pensiero del mio governo. Ma poiché stiamo tuttora in una fase preliminare, occorre sgomberare il terreno da quelli che sono i «possibili malintesi preliminari». «Forse intende farlo il governo britannico col comunicarmi di considerare legate insieme le soluzioni dei due problemi: Spagna e Abissinia? È meglio-ho detto-parlare molto chiaro fin da questo momento. Intende forse il governo britannico domandarci un mutamento sostanziale di quella che è oggi la politica del governo fascista nei riguardi problema spagnolo? Questo non (dico non) sarebbe evidentemente ammissibile ed una proposta di discussione che implicasse da parte britannica questo sottinteso, non si risolverebbe altro che in una inutile perdita di tempo.

Eden mi ha interrotto per dire che governo britannico nel riferirsi al problema spagnolo vuole semplicemente dire che questo problema rappresenta, non soltanto per l'Inghilterra ma per tutta l'Europa, il centro infettivo del malessere europeo; è desiderabile che le Potenze più interessate, in primo luogo Italia e Inghilterra, cerchino di stabilire una effettiva cooperazione onde accelerare la soluzione di questo problema o almeno evitarne le possibili, dannose conseguenze. «Il governo britannico conosce perfettamente --ha continuato Eden --gli impegni fra l'Italia

e la Spagna Nazionale, e non cerca affatto né di rallentare tali legami, né domanda al governo italiano di farlo». Dopo questo proemio di carattere generale, Eden mi ha detto che desiderava parlarmi dei seguenti punti in particolare e cioè:

l) delle attuali difficoltà del Comitato di non intervento;

2) della cosidetta propaganda anti-britannica e anti-italiana e più precisamente dell'atmosfera generale tra i nostri due Paesi; 3) del riconoscimento della sovranità italiana sull'Etiopia.

Eden mi ha detto essere necessario superare nuovo punto morto cui sono giunti lavori Comitato e mettersi d'accordo sulle risposte da darsi ai quesiti sollevati dalle due parti in Spagna, più particolarmente circa questioni del «progresso sostanziale» e del «controllo». Eden si è riferito alle recenti conversazioni e proposte esaminate fra Plymouth e i vari rappresentanti Stati allo scopo di cercare un compromesso accettabile per tutti. Eden considera più conveniente, invece di affrontare discussioni e polemiche in seno al Comitato, esaminare dettagli con i rappresentanti dell'Italia, Germania, Portogallo, Russia di una formula che evitasse punti più controversi e riscuotesse generale approvazione. Eden mi ha chiesto se ero in grado di comunicargli impressioni di V.E. sulle varie alternative che erano state oggetto recenti conversazioni con Plymouth (miei telegrammi nn. 96 e 97) 6•

Ho risposto che evidentemente non potevo esserlo ancora, anche perché -ho aggiunto -i governi di Roma, Berlino e Lisbona dovranno consultarsi preventivamente fra loro per una linea di condotta comune. A titolo personale -ho aggiunto -potevo dire che consideravo da scartare senz'altro soluzione n. 2 di Plymouth perché troppo complicata e macchinosa.

Eden ha ripreso dicendo che effettivamente anche a lui soluzione n. 2 sembrava troppo complicata, mentre soluzione n. 3 gli appariva unica da considerarsi come una base possibile di discussione. Egli era venuto quindi nella conclusione di presentarla ai vari governi come formula di compromesso accettabile da tutti, ivi compreso -ha continuato Eden -il rappresentante sovietico il quale continua a sostenere che, mentre il numero dei volontari da parte di Salamanca è di centomila, il numero dei volontari da parte di Barcellona è di quindicimila. Se il rappresentante sovietico è effettivamente convinto di ciò, non potrà rifiutarsi di accettare una formula che assicuri un deciso vantaggio e quella delle due parti la quale sarà riconosciuta come avente il minor numero di volontari. Inoltre -Eden ha continuato -questa formula, che del resto è basata sul suggerimento tedesco, è intesa dare una certa soddisfazione al generale Franco, il quale ha dichiarato che preferisce una cifra fissa come base della discussione.

Ho risposto a Eden che, a prima vista, questa formula non (dico non) si presentava priva di interesse, ma evidentemente occorreva studiarla molto attentamente in tutti i suoi aspetti. A prescindere da ulteriori obiezioni, io facevo intanto presente che:

l) cifra fissata proposta per la parte che sarebbe risultata con un minor numero di volontari era ancora troppo elevata e, a mio avviso, non si doveva eccedere cifra di novemila-diecimila.

2) non si può evidentemente parlare di formula di compromesso se francesi non ritireranno pregiudiziale circa ristabilimento controllo terrestre all'atto dell'inizio lavoro Commissioni in Spagna;

3) occorre tener presente le difficoltà per le Commissioni di stabilire l'esatto numero dei volontari di parte rossa, mentre tale compito è relativamente facile per quanto si riferisce al numero dei volontari di parte nazionale.

Eden ha replicato a queste mie obiezioni preliminari che sulla cifra di novemiladiecimila egli riteneva potersi trovare un accordo. Per lo meno governo inglese accettava tale cifra. Circa la mia seconda obiezione Eden trovava che essa era giustificata e ragionevole e che egli sperava di convincere su questo punto i francesi.

Circa considerazioni finali da me fatte, Eden ne riconosceva fondatezza ma tale difficoltà si sarebbe presentata comunque per qualsiasi formula o piano che sarà adottato. Eden ha concluso dicendo che confidava che governo fascista non (dico non) solleverà obiezioni insormontabili e mi ha pregato sottoporre testo tale formula a V.E. Egli mi informava anche che governo inglese aveva ritenuto opportuno, comunque, sondare preventivamente per normale tramite diplomatico governi Salamanca e Barcellona, le cui risposte non erano tuttavia ancora giunte.

Con telegramma in chiaro n. 102 7 , trasmetto traduzione del testo formula proposta.

Eden mi ha detto quindi che allo scopo di facilitare l'inizio ed il favorevole svolgimento delle future conversazioni Roma, era a suo avviso opportuno mantenere azione rivolta a migliorare atmosfera tra i due Paesi cercando contribuire da una parte e dall'altra a questo scopo. Nulla di più utile per attuare ciò che comunicare lealmente gli inconvenienti ed i fatti suscettibili da una parte e dall'altra di eccitare nuovamente le passioni. «Si tratta in una parola di concludere un periodo di tregua e di prova, in attesa che esso possa consolidarsi in pace effettiva.

Il governo italiano vorrà riconoscere che da parte inglese si è già iniziata attraverso la stampa una campagna favorevole all'accordo con l'Italia e ciò senza attendere la corrispondente azione italiana. Io potrei -ha detto Eden --esibire la collezione delle numerose passate pubblicazioni assai sgradevoli per I'Tnghilterra nella stampa italiana e sono certo, d'altra parte, che voi sareste benissimo in grado di fare altrettanto per la stampa inglese. Perderemmo ambedue tempo in recriminazioni inutili.

In materia di stampa preferisco di fare la proposta che i due governi facciano effettivamente tutto il possibile per calmare sempre più tono delle stampe rispettive. Tutto quel che sarà fatto sotto questo riguardo dalle due parti sarà un contributo prezioso e rischiarerà atmostèra fra noi. Voi non dovete dimenticare, né sottovalutare l'esistenza di forti correnti in Inghilterra tutt'altro che favorevoli ad un accordo con l'Italia e pronte a sfruttare ed utilizzare qualsiasi pretesto».

Ho risposto Eden che effettivamente una discussione in materia di stampa era inutile sebbene io fossi ben preparato ad affrontarla e largamente documentarla. La stampa italiana non ha mai fatto altro che controattaccare quando attaccata. Durante questi ultimi giorni la stampa italiana ha risposto senza eccedere e conser

138 Vedi D. 139.

vando un necessario senso di proporzione al mutato indirizzo della maggior parte dei giornali inglesi.

Ho osservato a questo punto a Eden, che l'ottimismo dimostrato dalla stampa britannica era forse prematuro, e che abbondare di cautela era certamente utile, a scapito di futura delusione, come recente passata esperienza dimostrava.

Eden ha risposto convenire con me ma che, a parte alcuni dettagli sgradevoli di qualche giornale, bisognava riconoscere che stampa inglese ha effettivamente mutato indirizzo nei riguardi dell'Italia e sopratutto nei riguardi della questione riconoscimento Impero.

Eden è quindi passato a parlare dell'argomento della cosidetta propaganda antibritannica. «Dopo tutto quanto è stato recentemente oggetto di polemiche e di discussioni in Parlamento e nella stampa, io non posso proprio fare a meno, come sarebbe mio desiderio, di parlare della Radio Bari». (A questo punto, Eden mi ha rimesso un documento segreto che trasmetto con rapporto n. 873/410 8 , contenente numerosi notiziari Radio Bari) «Queste trasmissioni da Bari sono fatte così straordinariamente abilmente che prese una per una debbo confessare che difficilmente io ho individuato notizie e commenti sui quali elevare protesta ufficiale. Ma è fuori di dubbio che considerate nel loro insieme queste trasmissioni costituiscono una autentica propaganda anti-britannica, la quale ha innegabili ripercussioni nei territori britannici del Vicino Oriente e conseguenze sgradevoli per quanto indirette; vorrei pertanto chiedere al governo italiano, non fosse altro che a titolo di prova transitoria e per un breve periodo, di abbassare il tono anti-britannico di queste trasmissioni quotidiane, in modo che ad eventuali interrogazioni alla Camera dei Comuni da parte dei laburisti io possa rispondere effettivamente le trasmissioni da Bari sono migliorate. Ciò mi aiuterebbe molto, e aiuterebbe sopratutto il governo britannico nel dichiarare che oramai nessun ostacolo si frappone all'inizio delle conversazioni di Roma.

Ometto per brevità quanto ho detto a Eden su questo punto, premettendo che ho da parte mia ribattuto le tendenziose falsità dette da lui a proposito della Radio Bari. Ho concluso dicendo che avrei tuttavia comunicato a V.E. quanto egli mi incaricava di riferire.

Eden mi ha ringraziato e ha continuato dicendo che, dopo aver fatto presente quanto sopra, egli desiderava da parte sua dare una prova della buona volontà britannica nel campo della cosidetta propaganda an ti-italiana. «Voi mi avete fatto presente più volte, ha detto Eden, che il governo italiano ha fondati motivi di lagnarsi per la asserita protezione data dalle nostre Autorità del Kenya e Sudan a fuorusciti etiopici. Noi vi abbiamo allora risposto evasivamente ed in modo dilatorio, domandando cioè denunzie esplicite da parte del R. governo. Vi dichiaro oggi che abbiamo impartito ordini precisi alle nostre Autorità nel Kenya e Sudan di astenersi da qualunque atto che possa essere considerato dalle Autorità coloniali italiane come non amichevole o comunque interpretato come propaganda anti-italiana. lo e gli uffici del F oreign Office siamo pronti ad intervenire in questo senso ogni volta che al governo fascista risulti qualunque cosa che potesse esser considerata non in armonia con quanto vi dichiaro in questo momento».

138 B Non pubblicato.

Ho risposto a Eden, naturalmente ringraziandolo, che non avrei mancato comunicare a V.E. questo suo preciso impegno.

Eden è venuto quindi a parlare del riconoscimento dell'Impero. Dopo avermi premesso che in via ufficiale è prima volta che egli è in grado effettivamente di esaminare a fondo, sia pure a titolo preliminare, questo argomento, Eden mi ha detto: «Governo britannico per quanto lo riguarda ha già risolto in senso affermativo questa questione, nel quadro, beninteso, di un chiarimento generale e definitivo fra i nostri due Paesi. Resta tuttavia il fatto che tale problema è stato sempre oggetto di esame collettivo da parte delle Potenze che sono membri S.d.N., e l'Inghilterra in un certo senso è legata agli impegni assunti con altri grandi e piccoli Paesi».

Non rivelo un segreto dicendovi confidenzialmente che negli scorsi giorni, dopo le polemiche e pubblicazioni della stampa britannica specie sul principio della sicurezza collettiva, siamo stati bersagliati da richieste ansiose da parte di altri governi i quali, appellandosi alla politica comune ed alla necessità risolvere collettivamente tale problema, ci hanno domandato di precisare le nostre intenzioni.

Ho risposto riservatamente che effettivamente Inghilterra è venuta nella determinazione risolvere questo problema in senso affermativo, purché si giunga simultaneamente alla soluzione degli altri problemi del Mediterraneo. Inghilterra è infatti convinta che un accordo con l'Italia, il quale eliminasse definitivamente l'attuale tensione nel Mediterraneo, rappresenterebbe di per se stesso un contributo importantissimo alla pace generale dell'Europa, che il governo britannico ritiene di agire non solo nel proprio interesse ma anche nell'interesse collettivo dei vari Paesi membri della S.d.N.: «questi ultimi naturalmente potranno sempre al momento opportuno procedere anche essi, e simultaneamente coll'Inghilterra, ad eguale riconoscimento». Eden ha aggiunto, a fondamento di queste interpretazioni, che le sue informazioni confermano governo francese «lasciava fare» a quello britannico. Quest'ultimo, da parte sua, però evita di dare a Parigi impressione che Inghilterra e Italia si mettano d'accordo alle spalle della Francia.

Ho risposto a Eden che il governo fascista da parte sua non intendeva fare alcunché che potesse dar luogo a errate interpretazioni ..... 9 nei riguardi di quella indiscutibile e incrollabile realtà che è l'asse Roma-Berlino. Né devesi credere che il governo fascista consideri un eventuale accordo con l'Inghilterra come diretto comunque a indebolire l'intesa fra l'Inghilterra e la Francia.

Il modo come il governo britannico regolerà le sue difficoltà con le Potenze cui è legato non è questione che riguarda il governo italiano. Ma, sempre allo scopo di un pregiudiziale e necessario chiarimento -ho detto -dovevo porre a Eden la seguente domanda: intende il governo britannico, dopo quanto egli mi ha detto, mantenere ancora il suo antico punto di vista, e cioè che il riconoscimento dell'Impero non può formalmeme raggiungersi se non attraverso una decisione collettiva a Ginevra nell'Assemblea o almeno del Consiglio?

Eden mi ha risposto in modo preciso che ormai il problema poteva essere risolto facoltativamente e direttamente dai singoli governi, senza necessariamente passare attraverso Ginevra o attendere la riunione dell'Assemblea o del Consiglio.

138 'J Nota dell'Ufficio Cifra: «gruppo indecifrabile>>. Nell'originale da Londra: «o a illazioni grottesche».

Qui è finita la mia conversazione con Eden della quale i presenti telegrammi costituiscono lo specchio fotografico e fedele 10 .

138 1 Del 9 febbraio. Comunicava che Eden aveva chiesto di vederlo nel pomeriggio del giorno successivo. 138 2 Il colloquio --come risulta dal telegramma di Grandi indicato nella nota precedente e come è confermato dal resoconto di Eden (in BD. vol. XIX, D. 505)-ebbe luogo il IO febbraio.

138 1 Vedi DD 96, 98, 101 e 107.

138 5 Nota dell'Ufficio Cifra: «gruppo indecifrabile>>.

138 6 Vedi DD. 126 e 127.

139

L'AMBASCIATORE A LONDRA, GRANDI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER TELEFONO 771/102 R. Londra, 12 febbraio 1938, ore 1,25.

Trascrivo traduzione letterale dell'appunto consegnatomi oggi da Eden 1 contenente formula da lui proposta circa questione del progresso sostanziale: «Il Comitato dovrebbe fissare una cifra, ad esempio 15 mila o 12 mila come criterio per il progresso sostanziale. Questa cifra rappresenterebbe il numero di volontari da evacuare da quella delle due parti che, in seguito agli accertamenti svolti dalle Commissioni, risulterà avere il numero minore di volontari.

L'altra parte dovrebbe a sua volta evacuare un numero proporzionalmente maggiore di volontari, in corrispondenza con le cifre presentate dalla Commissione. Ad esempio: se le Commissioni riferissero che una delle due parti ha 60 mila volontari e l'altra ne ha 40 mila quest'ultima dovrebbe evacuare la cifra di 15 mila (o 12 mila) volontari stabilita dal Comitato, mentre la prima dovrebbe evacuarne 22 mila cinquecento (o 18 mila)».

140

L'AMBASCIATORE A LONDRA, GRANDI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 795/106 R. Londra, 12 febbraio 1938, ore 3,47 (per. ore 11).

Dati i sentimenti veramente amichevoli e di lealtà collaborativa dell'incaricato d'affari di Germania, e data la circostanza che io e Woermann ci vediamo pressoché ogni giorno per scambiarci notizie e informazioni in materia di «non intervento», ho creduto opportuno fargli un accenno a queste mie conversazioni con Eden\ anche per evitare che egli prendesse altrove le sue informazioni. L'ho fatto naturalmente in modo assai sommario e riservato, poiché stimo preferibile far ciò diretta

138 1fl A proposito di questo documento, vi è nel Diario di Ciano la seguente annotazione alla data del 15 febbraio: «È interessante annotare che il resoconto del colloquio Eden-Grandi, nella relazione Eden, è molto diverso da quello redatto da Grandi in quanto una parte dell'iniziativa è fatta risalire a noi. Non manderò a Grandi copia del documento poiché il suo giuoco non è del tutto chiaro». Si deve ricordare che allora il S.l.M. (Servizio Informazioni Militare) aveva nell'ambasciata di Gran Bretagna a Roma una spia che era in grado di fotografare i documenti contenuti nella cassaforte. 139 1 Vedi D. 138. Il colloquio ebbe luogo, in realtà, il IO febbraio (vedi ibid. nota 2).

140 Vedi D. 138.

mente con Berlino, nel modo, nei term1m e nel momento che soltanto V.E. può giudicare i più adatti e opportuni.

Ho innanzitutto informato dettagliatamente Woermann di quanto Eden mi aveva comunicato ieri sera circa formula proposta relativa ritiro volontari (mio telegramma n. 101) 2 nonché tutto quanto io avevo risposto a Eden su questo argomento.

Ho concluso su questo punto dicendo che assolutamente ritenevo che Roma e Berlino avrebbero esaminato insieme, mediante dirette consultazioni, l'eventualità di accettare o no tale compromesso molto più anche e sopratutto date comuni direttive di condotta e cognizione elementi di fatto relativi al conflitto spagnolo, che non rientra nella nostra competenza.

Woermann mi ha detto che tratterà cosa con Berlino.

Circa tutto il resto che Eden mi ha detto in questi giorni a proposito della situazione generale dei rapporti italo-inglesi, ho informato Woermann che Eden mi aveva fatto effettivamente degli accenni circa la volontà di riesaminare in un nuovo spirito i rapporti con l'Italia ed aveva accennato altresì alla volontà di iniziare nel prossimo futuro le note conversazioni previste dalle lettere Chamberlain-Mussolini del luglio scorso 1 .

Ho aggiunto che tutto ciò era rimasto tuttavia ancora piuttosto nel vago, che di sostanziale non vi era ancora nulla e che il tutto si riduceva per ora ad una confessione di buone intenzioni, appoggiate su una campagna di stampa iniziatasi domenica scorsa con la nota del Sunday Times 4 che era stata, a quanto mi si assicurava, ispirata dal Foreign Office.

Woermann mi ha vivamente ringraziato.

141

L'AMBASCIATORE A BRUXELLES, PREZIOSI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. SEGRETO 803/20 R. Bruxelles, 12 febbraio 1938, ore 20,50 (per. ore 2 del 13).

Mio telegramma per corriere n. 08 1 che giungerà costà domani mattina. Da solita «riservatissima fonte estranea al governo» mi è stato testé comunicato:

l) che il Consiglio dei ministri di iersera ha votato all'unanimità normalizzazione rapporti diplomatici italo-belgi;

140 ' Vedi serie ottava. vol. VII, D. 136, allegato e D. 155. allegato.

141 1 T. per corriere g]8/08 R. dell'Il febbraio. Riferiva che, secondo notizie di buona fonte, Spaak esitava a prendere l'iniziativa per il riconoscimento dell'Impero italiano perché sottoposto a fortissime pressioni da parte della Francia. Spaak, perciò. tendeva a subordinare la decisione belga ad un favorevole esito delle conversazioni italo-britanniche.

2) che maggioranza dei ministri aveva chiesto anzi immediata nomina di un ambasciatore; 3) che ministero degli Affari Esteri, preoccupato di parare alle difficoltà interne, aveva chiesto ed ottenuto proroga quindici giorni alla nomina; 4) che in tali condizioni, qualora Spaak non procedesse alla normalizzazione nel termine suindicato, non resterebbe che l'alternativa di grave crisi ministeriale;

5) che data delicata situazione «altissimo personaggio» mi pregava, onde evitare ogni eventuale reazione o sotterfugio socialista, che stampa italiana si astenga da attacchi contro il Belgio allorché posdomani sarà annunziato il riconoscimento dell'Olanda.

Ho risposto che remora di quindici giorni voluta da Spaak era stata stamane interpretata dai giornali come dovuta al desiderio di seguire l'evoluzione dei negoziati italo-inglesi. Tale commento, che era avvalorato da mie riservatissime informazioni, poteva produrre gravi malintesi, il riconoscimento del nostro Impero essendo questione esclusivamente belga ed in esclusiva relazione con asserita politica indipendenza.

Mio interlocutore ha vivamente acconsentito, asserendo che io dovevo considerare tali notizie come informazioni di stampa o come eventuale mero pretesto di Spaak. Ad ogni modo egli avrebbe fatto propria mia osservazione.

Ho colto occasione per insistere su assoluta necessità che non venga più detta alcuna parola o fatta alcuna minima riserva atta a modificare o limitare la nota nostra formula riconoscimento (telegramma di V.E. n. 107) 2 .

Da parte sua Spaak, che incontrai iersera, mi disse spontaneamente che questione era virtualmente risolta e che egli mi avrebbe pregato di passare da lui martedì.

140 2 Ihid. Si veda, per la formula. anche il D. 139.

140 4 Vedi D. 98.

142

L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, PRUNAS, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 822/047 R. Parigi, 12 febbraio 1938 (per. il 14).

Improvvisa caduta Gabinetto Goga, a due mesi di distanza dalla sua costituzione, è stata naturalmente accolta in Francia con palese compiacimento. Compiacimento che è venuto tuttavia attenuandosi dopo la costituzione del governo Miron Cristea. Nuova formazione ministeriale è, in generale, qualificata come dittatura militare che porrà a esecuzione volontà Sovrano attraverso sopratutto persona generale Antonescu, che riunisce nelle sue mani i tre ministeri della Difesa Nazionale. Prevarrebbe dunque ancora in Romania -secondo questa opinione pubblica -il metodo autoritario e una specie di «fascismo reale». Soluzione che, come tale, non può essere qui considerata soddisfacente.

141" Vedi serie ottava. vol. VII. D. 717.

La sparizione del Gabinetto Goga è attribuita in parte a ragioni d'indole interna (mancanza di base popolare e antisemitismo), in parte internazionale. Fra queste ultime sopratutto alle pressioni britanniche (rinvio della visita di Re Caro! a Londra), francesi (ostacoli frapposti al rifornimento bellico rumeno da parte di queste industrie di guerra e dei relativi finanziamenti da parte di questa finanza), sovietiche (minacce alla frontiera della Bessarabia).

Quasi tutti giornali sottolineano che alla improvvisa decisione del Re non dovrebbero essere estranei anche i recenti avvenimenti tedeschi, i quali avrebbero dimostrato al Sovrano che il regime nazista non sarebbe solidissimo neanche nella sua patria d'origine e occorre per conseguenza appoggiarvisi in avvenire con molta maggiore prudenza e cautela.

Caduta Goga è, tutto sommato, considerata qui come un primo passo in una direzione accettabile dalle sedicenti grandi democrazie occidentali, e, comunque, avvenimento che non può essere interpretato in senso favorevole alle Potenze autoritarie.

La presenza di Tatarescu agli Esteri e di sei ex presidenti del Consiglio al governo, dovrebbe -secondo questa stampa -garantire che la «tradizionale politica estera rumena» sarà ripresa e continuata. Come elemento particolarmente favorevole alla Francia si accenna al nuovo sottosegretario alla Guerra, generale Angelescu, che ha compiuto i suoi studi militari a Parigi. Permane immutata la diffidenza verso Re Caro!.

143

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S.N.D PER CORRIERE 824/012 R. Berlino, 12 febbraio 1938 (per. il 14).

Nelle prime ore del pomeriggio di oggi è giunta a Berlino la notizia che questa mattina il Cancelliere austriaco Schuschnigg è arrivato a Berchtesgaden per incontrarsi con Hitler.

Per quanto da tempo, come è noto, si parlasse genericamente della possibilità di un tale inconto (ancora il 21 gennaio Neurath, nel parlare col ministro d'Austria dell'insufficiente rendimento degli Accordi dell'l l luglio, auspicava un incontro ed una chiarificazione diretta fra i due Capi), la notizia ha provocato una qualche sorpresa persino negli ambienti responsabili del ministero degli Affari Esteri. Tanto von Ribbentrop, che ho avuto occasione di vedere l'altro ieri, quanto von Mackensen, da me incontrato oggi alle 13, non apparivano avere sentore alcuno di sì imminente colloquio. Lo stesso ministro d'Austria, signor Tauschitz, è venuto or ora egli stesso a dirmi di aver appreso la notizia solo questo pomeriggio.

Evidentemente, si comprende ora quale sia stato il contenuto della «missione speciale» affidata dal Fuhrer a von Papen pur dopo il suo richiamo da Vienna. Come pure, si ha la conferma di quello che si andava ripetendo da tempo e cioè che a Vienna le cose non marciassero.

Auspice il solito François-Poncet, il corpo diplomatico qui era pieno di voci secondo le quali un nuovo Putch sarebbe in preparazione in Austria, per dopo la visita di Hitler a Roma (tutto questo s'intende, sempre secondo la stessa fonte, di accordo con Berlino).

Orbene, l'incontro di Berchtesgaden dimostra bensì come ho già detto, che le relazioni fra Vienna e Berlino lasciano molto a desiderare, ma dimostra anche che il metodo scelto per migliorarle rimane nella cornice degli Accordi dell' 11 luglio. Che anzi, deve certo avere, da parte di Hitler, anche concorso all'incontro il desiderio di dimostrare, all'indomani del 4 febbraio -di fronte all'estero tanto nervosamente ostile -come il governo nazionalsocialista intende continuare nella sua azione di intese e di comprensioni anche nei campi ritenuti maggiormente difficili.

Comunque sia, la visita è giunta, a mio modo di vedere, doppiamente opportuna: prima, cioè, del 20 febbraio e quindi in tempo utile per dare il necessario «la» al Fiihrer per il suo discorso al Reichstag e in tempo, poi, per interrompere od arginare con un potente diversivo, la gazzarra giornalistica internazionale, veramente ignominiosa, scatenatasi per i fatti del 4 febbraio sulla Germania.

Quali i risultati del colloquio? Fino a questo momento nessun comunicato è stato pubblicato da parte tedesca. La prima notizia, anzi, dell'incontro è qui pervenuta via Vienna.

A Berchtesgaden, insieme con Schuschnigg, è andato il signor Schmidt che ha preso anche parte alle conversazioni, alle quali non sembra invece abbia partecipato, per quanto presente all'arrivo del Cancelliere austriaco, il signor von Papen 1•

144

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. l 026/362. Berlino, 12 febbraio 1938 1 .

Telegramma di V.E. n. 1976 dell'S febbraio per corriere 2 .

Ho chiesto a Mackensen conferma della notizia riferita dal R. ambasciatore a Tokio, secondo la quale la missione militare germanica in Cina sarebbe stata al più presto ritirata.

Mackensen mi ha risposto che, almeno per ora, non gli risultava che un ordine del genere fosse stato impartito.

144 1 Manca l'indicazione della data di arrivo. 144 2 Ritrasmetteva il T. 680/102 R. da Tokio con cui l'ambasciatore Auriti aveva riferito che l'addetto militare tedesco aveva annunciato allo Stato Maggiore giapponese che la missione militare germanica in Cina sarebbe stata ritirata «al più presto».

143 1 Il documento ha il visto di Mussolini.

145

L'AMBASCIATORE A MOSCA, ROSSO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. 706/246. Mosca, 12 febbraio 1938 (per. il 21).

Mio telespresso n. 582/197 del 4 corrente 1•

Appare sempre più sintomatico lo zelo col quale la stampa sovietica smentisce qualsiasi notizia di preparativi dell'U.R.S.S. per attaccare il Giappone.

Col telespresso sopracitato ho già segnalato un editoriale della Pravda che tacciava di «assurde e calunnione)> le voci di una possibile aggressione sovietica ed accusava certi circoli reazionari inglesi di manovrare con mezzi subdoli per mettere alle prese l'U.R.S.S. ed il Giappone.

Un nuovo articolo editoriale pubblicato ieri dallo stesso giornale sotto il titolo Provocatori della guerra, ritorna sull'argomento, scagliandosi con anche maggiore violenza contro i propalatori di simili notizie.

La Pravda se la prende prima col giornalista americano Knickerbocker per le corrispondenze inviate ai giornali giapponesi, in cui si metteva in evidenza la minaccia che può rappresentare per il Giappone la importante base aerea sovietica di Vladivostock. Il Knickerbocker viene definito senz'altro come un agente provocatore ed un «venduto».

L'attacco passa poi agli imperialisti ed ai conservatori britannici che non sanno rinunziare alla vecchia abitudine di provocare baruffe fra i terzi per cercare di pescare nel torbido.

Viene poi tirato in ballo il Daily Telegraph and Morning Post, al quale viene rinfacciata «la pa::::a idea che l'Unione Sovietica si decida a far la guerra al Giappone». Tale assurdità, osserva la Pravda, può nascere soltanto nei cervelli rammolliti dei reazionari britannici!

Finalmente l'articolo accusa <<un importante personaggio dell'ambasciata afghana in Mosca» di mettere in circolazione <<pettegolezzi e voci false» circa l'intenzione aggressiva dell'U.R.S.S. Poiché la rappresentanza diplomatica afghana di questa capitale non comprende, oltre al suo titolare, che un paio di giovani segretari, è chiaro che il giornale ha voluto alludere allo stesso ambasciatore; ed il degno Abdul Hussein Khan Aziz, che è decano del Corpo diplomatico e persona quanto mai seria ed equilibrata, si è mostrato giustamente indignato contro simili inqualificabili insinuazioni dell'ufficioso sovietico.

L'editoriale della Pravda conclude con le parole che credo interessante trasmettere qui appresso nella loro traduzione letterale: «Né agenti provocatori inglesi, né altri istigatori di guerra riusciranno a spingere l'Unione Sovietica a fare una politica determinata dalle pressioni. dalle direttive

o dalle promesse di terzi. Il governo sovietico, fermo nella sua politica di pace, farà la guerra soltanto contro gli aggressori, contro i violatori della pace, contro i violatori dei confini sovietici».

Poiché da mesi la Pravda ed i suoi confratelli vanno accusando il Giappone di essere l'aggressore e il violatore della pace in Cina, si deve logicamente interpretare l'ultima frase in senso restrittivo; nel senso cioè che l'U.R.S.S. intende fare la guerra soltanto contro gli eventuali aggressori del territorio sovietico.

Appare comunque sintomatica, ripeto, questa ansiosa insistenza nello smentire tutte le voci riguardanti i preparativi militari dell'U.R.S.S. ad Oriente; ed a meno che le smentite rappresentino una semplice manovra tattica per nascondere delle effettive intenzioni aggressive, si deve concludere che il governo sovietico rimane sempre fermo nella decisione di non entrare in campo aperto a fianco della Cina.

145 1 Riferiva che. secondo quanto risultava all'ambasciata del Giappone a Mosca, gli sforzi fatti da Litvinov per creare un fronte anglo-franco-sovietico in Estremo Oriente erano falliti e ora la Pml'ila accusava «i circoli reazionari britannici» di manovre subdole per mettere direttamente alle prese Giappone e U.R.S.S .. quando ad essere più direttamente minacciati erano invece gli interessi della Gran Bretagna in Cina.

146

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, ALL'AMBASCIATORE A SALAMANCA, VIOLA

T. 138/56 R. Roma, 13 febbraio 1938, ore 20,35.

Mio telegramma n. 132 1•

Nel corso delle conversazioni Grandi-Plymouth-Eden 2 , a seguito delle insistenze di Grandi sulla proposta da lui avanzata di rinviare alle Commissioni in Spagna la determinazione del «progresso sostanziale», sono state avanzate da parte inglese le seguenti alternative:

l) stabilire che, nel caso in cui le Commissioni non riuscissero ad accordarsi sulla cifra del «progresso sostanziale» colle rispettive parti, fosse «delegato» collegialmente alle anzidette Commissioni la fissazione della cifra da sottoporre all'esame del Comitato;

2) sostituire alla cifra numerica il coefficiente tempo, cioè stabilire dopo quanti giorni da inizio evacuazione dovrà farsi luogo riconoscimento belligeranza. Come è noto, piano britannico prevede evacuazione di mille uomini al giorno da entrambe le parti. In caso di anticipo o di ritardo nell'evacuazione, il giorno stabilito pel riconoscimento verrà anticipato o ritardato;

3) stabilire una cifra «x» di volontari da ritirare da quella delle due parti che ha minor numero di volontari. L'altra parte dovrà evacuare un numero di volontari proporzionalmente maggiore.

Riassumo sommariamente osservazioni di Grandi3 : a) l'alternativa numero l) potrebbe essere accettabile ove accompagnata da opportune cautele e sempre che non implichi delega in bianco alle Commissioni;

146 2 Vedi DD. 84. 110, 126. 138 e 139. 146 3 Si veda in proposito il D. 127.

b) l'alternativa n. 2) non è pratica ed è perciò da scartare (anche da parte inglese se ne riconoscono le manchevolezze);

c) l'alternativa n. 3) potrebbe essere accettabile sempre che il numero dei volontari da una parte e dall'altra sia più o meno equivalente. Tale alternativa (non conoscendosi il totale dei volontari rossi) ha l'inconveniente di non permetterei di sapere a che cosa esattamente ci impegneremmo.

Avverto che Eden insiste tuttavia su quest'ultima alternativa in quanto la considera possibile base di discussione accettabile da tutti i governi compreso il governo sovietico. Ha anzi consegnato un appunto a Grandi 4 (analogo appunto ha rimesso ai rappresentanti degli altri governi) in cui è suggerito che la cifra «X» di volontari da ritirare da quella delle due parti che ha minor numero di volontari sia di 12 o 15 mila. A voce ha detto a Grandi che tale cifra potrebbe ridursi a 9 o lO mila.

Prego V.E. di mettere al corrente Franco e di farmi conoscere telegraficamente il suo parere. La questione ha carattere d'urgenza. Prima di dare istruzioni a Grandi, desidererei infatti possibilmente conoscere l'avviso del Generalissimo.

Mio pensiero è che convenga dare la preferenza alla prima alternativa, anche come essa è indicata al n. l di questo telegramma e quindi eventualmente delegare collegialmente alle Commissioni in Spagna la fissazione della cifra da sottoporre all'esame del Comitato. Ove l'alternativa n. l fosse da scartare, considero come più conveniente la proposta che il Comitato fissi l'aliquota delle truppe da ritirare (massimo 33 per cento), n. 3 del telegramma n. 132 surriferito, in quanto essa ci permette di sapere fin d'ora a quanto ammonterebbe effettivamente la cifra dei nostri volontari da ritirare. Quanto alla terza alternativa (lettera c) essa non potrebbe accettarsi che ove il quantitativo fosse stabilito da una cifra bassa. Telegrafi 5 .

146 1 Vedi D. 132.

147

IL MINISTRO A VIENNA, GHIGI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S.N.D. 817/30 R. Vienna, 14 febbraio 1938, ore 1,10 (per. ore 9,10).

Questo Segretario di Stato per gli Affari Esteri mi ha ricevuto oggi dopo ritorno da Berchtesgaden e mi ha fatto a nome e per incarico del Cancelliere austriaco, trattenuto presso Presidente Federale, seguente dichiarazione: «Ministri austriaci hanno trovato a Berchtesgaden massima intransigenza. Tedeschi hanno presentato progetto

Per la risposta da Salamanca si veda il D. 182. Per la risposta da Berlino, il D. 181.

protocollo contenente precise richieste e Hitler ha minacciato nel corso colloquio Schuschnigg imporne con la forza altre ben più gravi ove queste non fossero accolte».

Dopo lunga ulteriore discussione con intervento Ribbentrop e von Papen 1 e dopo aver ottenuto eliminazione di varie ~lausole maggiormente onerose, austriaci hanno ritenuto dover in ultimo addivenire firma protocollo segreto che riassumo con mio telegramma numero 31 2 .

Cancelliere austriaco in vista necessaria approvazione Presidente Federale ha rinviato definitiva decisione fino al 15. Mi ha pregato però mettere al corrente di quanto precede al più presto il Duce e V.E. e desidererebbe vivamente aver possibilmente entro domani lunedì assicurazione che la sua comunicazione è pervenuta.

Cancelliere infine prega vivamente V.E. di voler considerare sua comunicazione come strettamente confidenziale nei riguardi di tutti. Trasmetto per corriere in arrivo lunedì pomeriggio testo protocollo ed altri accordi 3 .

146 4 Vedi D. 139. 146 5 Il contenuto di questo telegramma fu trasmesso all'ambasciata a Berlino con T. 2290/31 P.R. del 13 febbraio con la seguente aggiunta: «Sarei d'avviso che analoga comunicazione venisse fatta da codesto governo al generalissimo Franco. Conclusioni a cui giungo mi pare corrispondano oltre che all'interesse italiano anche a quello tedesco. Dovendo nel computo dei volontari di Franco addizionarsi necessariamente volontari italiani e volontari tedeschi, la preoccupazione tedesca di lasciare in Spagna i suoi tecnici potrebbe trovare soddisfazione coll'accettazione, sia dell'una, sia dell'altra delle due proposte da noi preferite».

148

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S.N.D. URGENTE 843/39 R. Berlino, 14 febbraio 1938, ore 21,25 (per. ore 22,25).

Ho veduto subito Ribbentrop a Berlino di ritorno da Berchtesgaden.

Egli conferma che la conversazione Hitler-Schuschnigg-preordinata all'insaputa di tutti dallo stesso Fiihrer-si è svolta sulla base e nel quadro dell'Accordo dell' 11 luglio. Punti principali ne sono stati:

a) applicazione accordo sulla stampa, il quale deve ad ogni costo essere tradotto in realtà; b) amnistia da parte austriaca e pagamento pensioni ai funzionari dimessi per sentimenti nazionalsocialisti; c) entrata nel Gabinetto austriaco di un ministro nazionale;

d) miglioramento situazione partito nazionalsocialista in Austria mediante impegno della Germania a restringere propaganda illegale e, per così dire, «sotterranea», contro la promessa del governo austriaco di concedere un poco di libertà di respiro ai nazionalsocialisti.

Ribbentrop ha aggiunto che conversazione, per quanto dibattuta per diverso temperamento dei due uomini, si è svolta in un'atmosfera abbastanza buona.

147 2 T. 812/31 R. del 13 febbraio, non pubblicato. Il testo del protocollo austro-tedesco è in DDT, vol. l, D. 295. 147 1 Il documento ha il visto di Mussolini.

Incontro potrebbe quindi, sempre che Schuschnigg, come si spera, entro domani arrivi a conclusione positiva, costituire il principio di una chiarificazione dei rapporti fra i due Paesi e ciò in un momento in cui le ansie, poco a poco, cominciavano qui a diffondersi.

Sarò informato appena possibile della risposta di Schuschnigg.

Ribbentrop mi ha assicurato aver fatto le comunicazioni da V.E. desiderate in merito al nostro atteggiamento nei confronti Inghilterra I. Hitler ne ha preso atto con soddisfazione.

Fiihrer ha pure accolto con favore il progetto viaggio presentatogli. Si riserva, naturalmente, più precise indicazioni in un secondo momento. Nulla si sa ancora delle dichiarazioni politiche nel discorso del 20, il Cancelliere del Reich essendo per esse in attesa della risposta di Schuschnigg 2•

147 1 Nota dell'Ufficio Cifra: «Gruppo di dubbia interpretazione di cui è stata chiesta ripetizione».

149

L'AMBASCIATORE A VARSAVIA, ARONE, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 841/27 R. Varsavia, 14 febbraio 1938, ore 21,36 (per. ore 5,30 del 15).

Mio telegramma n. 25 I_

Ho avuto stamane lungo colloquio con questo ministro degli Affari Esteri.

Beck, come del resto già nelle nostre precedenti conversazioni, si è mostrato meco molto lieto di poter, nel suo prossimo viaggio a Roma, avere uno scambio di vedute con V.E. sui problemi europei ed ascrive ad alto onore di essere ricevuto dal Duce. Quanto agli argomenti delle conversazioni, egli è d'accordo con V.E. nel non circoscriverli a priori a determinate questioni. Circa infine la nota formula da usarsi nei brindisi, Beck non ha sollevato alcuna pregiudiziale di carattere politico, ripetendo anzi che la questione etiopica era ormai da tempo risolta per quanto concerne la Polonia. Egli, d'altra parte, ha cercato di ridurre la formula ad una semplice questione protocollare.

Gli ho però subito fatto rilevare che la questione ha per noi carattere sostanziale e non di semplice protocollo e che certamente non avrebbe mancato di avere la sua ripercussione sul successo della visita. Ho aggiunto che sarebbe dispiaciuto al governo fascista se la Polonia, che aveva preceduto gli altri Stati nella valutazione realistica della questione abissina, dovesse in questa circostanza finire per figurare a rimorchio.

Beck ha allora posto in evidenza l'autonomia della politica internazionale seguita dalla Polonia, aggiungendo di considerare l'atteggiamento sostanziale assunto dal governo di Varsavia nella questione Etiopia come il più significativo.

148 2 Il documento ha il visto di Mussolini. 149 1 T. 792/25 R. del 12 febbraio con cui l'ambasciatore Arone comunicava che Beck lo avrebbe ricevuto il giorno 14.

Nel prendere volentieri atto di tale atteggiamento, ho rilevato che adozione della formula desiderata non ne era, in fondo, che il logico corollario.

A conclusione del colloquio ho avuto l'impressione che Beck non opporrà ulteriore resistenza, pure essendosi egli riservato di darmi una risposta definitiva dopo aver parlato con l'ambasciatore Wysocki, giunto oggi da Roma e che doveva ancora riferirgli sul colloquio avuto con V.E. sabato scorso 2 .

148 1 Vedi D. 109.

150

L'AMBASCIATORE PRESSO LA SANTA SEDE, PIGNATTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE SEGRETO 849/5 R. Roma, 14 febbraio 1938 (per. il 15).

L'l l febbraio, monsignor Pucci, collaboratore di giornali romani e corrispondente vaticano per la stampa nord-americana, ha parlato alla Radio della Conciliazione.

Nel pensiero di monsignor Pucci, in luogo della conversazione, avrebbe dovuto trovare posto un'intervista con il cardinale Pacelli. Egli ne aveva parlato al porporato il quale aveva avanzato qualche obiezione, riservandosi di dare una risposta dopo avere preso gli ordini dal Papa. La risposta era stata negativa. Il cardinale aveva precisato che, se l'autorizzazione sollecitata gli fosse stata concessa dal Pontefice, avrebbe parlato lui stesso alla radio; le interviste non sono di suo gusto. Il Segretario di Stato ha rinviato monsignor Pucci all'l l febbraio 1939, decennale della Conciliazione, la situazione del momento sconsigliando -così ha detto -di dare seguito alla proposta che gli era stata fatta.

Il cardinale Pacelli ha accennato a monsignor Pucci, prima ancora di riferirne al Papa, ai motivi che suggerivano di soprassedere all'accennata manifestazione. Il Papa, egli ha detto, si è dispiaciuto dell'esaltazione che è stata fatta, negli ultimi tempi, dell'ideologia nazista. Il nazismo pone fra i capisaldi della sua dottrina la scristianizzazione della Germania. Tale processo è disgraziatamente in atto e la Chiesa non possiede armi adeguate per opporsi alla persecuzione della quale è oggetto da parte del governo del Reich. In queste condizioni il Pontefice non può fare a meno di essere sensibile a tutto quello che, da altri, si dice e si fa a glorificazione dei suoi più pervicaci nemici. Ne consegue che la presenza a Roma, in una cerimonia ufficiale, con la partecipazione delle Autorità italiane, del direttore del giornale Das Schwarze Korps (mio telespresso del 4 corrente n. 379/129) 1 , il quale non risparmia neppure la Sacra Persona del Pontefice, è stata gravemente risentita dal vecchio Papa. Il Pontefice esige dei riguardi dall'Italia; pretende che non si dimentichi ch'egli si è levato sempre, quando le circostanze l'hanno richiesto, a favore e a difesa dell'Italia, come ad esempio durante la guerra etiopica.

Da ultimo la Santa Sede è preoccupata per la propaganda anticattolica e antilatina, che si conduce strenuamente in Alto Adige. Pare che persone ed anche donne, rientrate in quelle province dalla Germania, abbiano manifestato il fermo proposito di combattere la religione cattolica con l'intento di sradicare quella credenza dall'animo delle popolazioni.

Il cardinale Pacelli non ha detto a monsignor Pucci cose che non si sapessero, all'infuori dell'asserita propaganda anticattolica nella provincia di Bolzano della quale non mi è stato finora fatto cenno dalla Segreteria di Stato2 .

Il punto più serio della doglianza pontificia è quello che si riferisce all'esaltazione dell'ideologia nazista. È un tasto questo che la Segreteria di Stato tocca spesso nelle conversazioni che ha con me. Il cardinale ed i suoi collaboratori hanno un unico pensiero in materia ed io temo che questa circostanza possa assurgere a grave difficoltà, più avanti, nell'imminenza e durante la visita del Fi.ihrer. Se fosse ritenuto possibile adattare, in quella circostanza, il linguaggio della nostra stampa all'esigenza che ho segnalato, sono convinto che un grosso scoglio sarebbe rimosso e, certamente, sarebbe dalla Santa Sede e dal Pontefice, personalmente, apprezzatissimo lo sforzo fatto dal R. governo, in una contingenza particolarmente delicata, per armonizzare l'espressione dei sentimenti del popolo italiano verso il popolo tedesco e il suo Fi.ihrer, con il riguardo dovuto alla sensibilità della Corte Pontificia in un punto che la tocca così da vicino.

Per parte mia, già due volte, conversando con il cardinale Segretario di Stato di quello di cui ora si discorre, gli ho detto, facendomi ascoltare, che grande era la sua responsabilità per l'azione tranquillizzatrice che egli, più di ogni altro, era in grado di svolgere con efficacia particolare presso il Papa. Nello stesso senso ho parlato al cardinale Pizzardo e al cardinale Maglione con il quale ultimo ho rapporti di amicizia da vent'anni. Il porporato mi ha promesso di parlare al Papa. Analoga azione svolgerò presso altri influenti porporati perché al Pontefice giungano voci autorevoli atte a bilanciare influenze avverse.

149 2 Nel corso di questo colloquio -avvenuto il 12 febbraio -Ciano aveva confermato all'ambasciatore polacco che al ministro Beck sarebbero state usate «le maggiori cortesie» durante il suo soggiorno in Italia in modo che la visita potesse «rappresentare una manifestazione palese della cordiale amicizia a cui si improntano i rapporti italo-polacchi» (T. 141/14 R. del 14 febbraio per Varsavia). 150 1 Non rintracciato.

151

L'AMBASCIATORE AD ANKARA, GALLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. 274/143. Ankara, 14 febbraio 1938 (per. il 23).

Miei telegrammi n. 21 e 22 del 12 c.m. 1

A quanto telegrafato a V.E. credo utile aggiungere qualche dettaglio.

Aras tornato da Ginevra ha iniziato la sua esposizione col farmi notare la grave atmosfera che egli vi aveva trovato «quasi di vigilia di guerra» sopratutto per il sentimento degli uomini responsabili francesi presi da un vero panico. In tali condi

178 zioni, egli continuava, tutte le complicazioni sono possibili proprio per opera di quelli che le temono. Si era adoperato per calmarle, sopratutto aveva agito su Eden per indurlo ad iniziare colloqui con Roma per la questione mediterranea, essendo sua convinzione che la tranquillità assicurata in Mediterraneo era maggiore garanzia di pace in Europa che un miglioramento di rapporti fra Londra e Berlino per il quale i colloqui erano, secondo assicurazioni dategli da Eden, già molto avanzati.

Alla sua partenza da Ginevra l'atmosfera era un poco più calma e egli credeva che così continuerebbe ancora, nella fiducia di un concreto risultato dei colloqui italo-britannici che si erano già iniziati.

Gli ho fatto osservare che se la atmosfera era inquieta ciò dipendeva proprio dalla Francia. Gli aiuti formidabili che essa dava in uo.mini e materiale bellico alla Spagna Rossa, la sua alleanza con i soviet e le manovre di Litvinov per contrariare qualsiasi ragionevole accordo sulla Spagna, ecc., si imperniavano sulla azione di Parigi. Era qui che si doveva cercare la ragione prima e permanente del malessere europeo, del quale non si poteva negare la esistenza per quanto non fossi davvero così pessimista come egli era. Gli facevo però notare che doveva ritenere che il panico durasse ancora in Francia se proprio pochi momenti prima di entrare da lui avevo letto nel Temps del 7, un articolo Sang Froid sul quale attiravo la sua attenzione 2 .

Egli si è poi diffuso ampiamente per dimostrarmi che aveva svolto una pressante opera di persuasione su Eden per la ripresa dei colloqui con l'Italia sulla situazione mediterranea. Egli aveva svolto ad Eden tutti gli argomenti più efficaci. È tale sua affermazione che mi ha condotto a supporre che egli avesse opportunamente adoperato ed adattato quello della difesa che l'Italia troverebbe nell'organizzazione dell'Africa Mediterranea e di cui ho riferito a V.E. con mio rapporto n. 113/62 del 20 gennaio 3 . A questa ipotesi ero indotto anche dalla circostanza che qualche cosa di analogo egli ha detto anche ad altri colleghi di Ankara. Ora non vi è dubbio che se Aras abbia esposto ad Eden tale sua tesi essa non può non avere fatto qualche impressione e ciò posso tanto più credere se ripenso al compiacimento col quale questo ambasciatore di Inghilterra 4 ebbe circa un anno addietro a riferire che Aras lo aveva assicurato che malgrado il risultato della questione abissina l'Inghilterra non aveva perduto un briciolo del suo antico ed incrollabile prestigio.

Comunque, sempre secondo l'esposizione di Aras, Eden da lui avvicinato già al primo giorno del suo arrivo a Ginevra non dette risposta ai suoi incitamenti che due giorni dopo. Sicché era giusto pensare che egli si era messo in contatto con Londra ed autorizzato da sir Neville Chamberlain lo aveva assicurato che i colloqui fra Italia ed Inghilterra riprenderebbero.

Egli aveva comunicato ad Eden, come a Delbos e Litvinov, il proposito turco di chiudere la questione abissina riconoscendo l'Impero. Si era così accordato con Eden che parallelamente ai colloqui italo-inglesi, egli in seno alla Intesa Balcanica e durante la riunione di Ankara avrebbe proposto di prendere atto della volontà turca di addivenire al riconoscimento dell'Impero (su una formula analoga a quella

151 Vedi D. 63.

polacca)" mentre in pari tempo la Intesa Balcanica prenderebbe atto anche del desiderio italiano di aderire alla Conferenza di Montreux. Così, diceva Aras, si farebbe un secondo passo e poi si arriverebbe all'effettivo scambio delle dichiarazioni, dando cioè tempo alle conversazioni Roma-Londra di arrivare presso alla conclusione.

Ho subito obiettato ad Aras quanto segue:

a) La formula che egli si riservava propormi dopo averla studiata con Eden era estremamente delicata. Niente che potesse toccare la nostra suscettibilità avrebbe potuto essere da me anche soltanto trasmesso a V.E. In ogni caso senza il consenso esplicito di V.E., non era possibile che la Intesa Balcanica prendesse atto del nostro desiderio di aderire a Montreux. Non vedevo del resto bene i rapporti fra questa nostra adesione e la Intesa Balcanica.

b) Se dovevo riconoscere, come riconoscevo, l'interesse turco al chiarimento della situazione mediterranea, non vedevo nessun rapporto fra questa e la questione del riconoscimento dell'Impero. La seconda questione riguardava unicamente e soltanto l'Italia insieme ai singoli Stati. Se la Turchia voleva addivenire al riconoscimento io non credevo che V.E. avrebbe potuto mai accettare alcuna riserva ed alcun legame con discussioni che si possono svolgere fra V.E. ed il governo inglese. O il riconoscimento la Turchia voleva farlo, o no, s'intende quello di diritto, non quello di fatto che noi consideravamo già avvenuto. Non vi erano fasi intermedie ulteriori.

c) Che significava poi dar tempo alle conversazioni Roma-Londra? L'esperienza passata dimostrava che era Londra a non volerne la conclusione, ma a legame sempre il risultato finale a nuovi fatti sopraggiunti nel frattempo. Era come quel soldato che avendo avuto promessa di partire in licenza dopo che avesse tolto dal cortile i sassi più grossi, si sentiva continuamente osservare ad ogni ispezione che vi erano sempre sassi più grossi di quelli che restavano, e non poteva partire mai.

Egli mi aveva detto che l'Inghilterra voleva la soluzione di tre questioni: Libia, propaganda dalla Radio Bari, questione spagnola. Non avevo alcuna idea di queste questioni che esorbitavano interamente dalla mia competenza. Ma a titolo personale potevo principalmente rammentargli: l) che la subordinazione militare egiziana all'Inghilterra e la presenza di truppe inglesi nel Canale modificava sostanzialmente la situazione del Mediterraneo e dell'accesso al Mar Rosso con decisioni bilaterali che avevano alterato l'accordo internazionale del 1888C>; 2) che la Radio Bari trasmetteva notizie di fatti e non altro. Cosa avremmo dovuto dire della propaganda anti-italiana di ogni genere che dalla impresa abissina in poi trova il suo centro alimentare proprio a Londra? 3) quanto alla Spagna occorreva cercare a Parigi e Mosca le cause di un mancato accordo, non a Roma.

d) Aras ha finito con l'ammettere che egli non voleva affatto attendere la conclusione delle conversazioni italo-inglesi, solo incoraggiare l'Inghilterra a concludere, che la dichiarazione da farsi in occasione della riunione della Intesa Balca

1937 autorizzando il consolato generale di Milano a considerare il territorio dell'Etiopia come apparte nente alla sua competenza territoriale (vedi serie ottava, vol. VI, D. 47). 151 6 Convenzione di Costantinopoli del 29 ottobre 1888 tra Germania, Austria-Ungheria, Spagna, Francia, Gran Bretagna, Italia, Paesi Bassi. Russia e Impero ottomano relativa al regime del Canale di Suez (MARTENS, serie seconda, vol. XV, pp. 557-566).

nica sarebbe definitiva, e sostanziale. Gli atti da scambiarsi poi sarebbero «pura forma», e dipenderebbero anche dalla nostra volontà procedervi subito o no.

In realtà, come è del resto provato da tutti i colloqui di questo anno, Aras ha costantemente promesso il riconoscimento di diritto, tentando poi costantemente nella attuazione del suo proponimento in relazione alla situazione itala-inglese 7 . Ho del resto sempre affermato all'E.V. che ogni miglioramento effettivo e concreto dei rapporti italo-turchi sarebbe sempre subordinato, nel pensiero di Ankara, al miglioramento dei rapporti itala-britannici. Quando del riconoscimento dell'Impero Aras ebbe a parlarmi la penultima volta, mi limitai ad ascoltarlo proprio per fargli sentire che il ritornello ormai lo conoscevo, non avevo nulla da aggiungere da parte mia, spettava al governo turco decidere o no quello che credeva essere il suo interesse.

Un altro punto di lunga discussione è stata la attitudine della Turchia a Ginevra. Ho sostenuto ad Aras che egli aveva mancato di decisione e di chiarezza specie nelle dichiarazioni quanto all'articolo 16 nel comitato dei 28. Egli si è dilungato a dimostrarmi il contrario, concludendo che appena le circostanze lo consentissero, mi farebbe conoscere il testo dei documenti che provano la fedeltà della Turchia alla amicizia italiana.

Ho replicato precisandogli che l'azione anglo-franco-russa in seno alla S.d.N. tendeva a creare una situazione fittizia che mettesse sempre il Covenant dalla loro parte e così contare sulla S.d.N. come su di un organo ausiliario e potenzialmente sostenitore delle tre grandi Potenze cosidette democratiche. La Turchia con gli altri piccoli Stati che non avevano il coraggio di dichiarare apertamente il proprio dissenso, alimentavano una atmosfera malsana e pericolosa che era proprio quella che egli aveva trovato arrivando a Ginevra e che troverebbe sempre arrivando colà. Atmosfera ben diversa da quella serena, calma ed operosa che esisteva a Roma e Berlino.

Così è terminato il nostro lungo dibattito di ieri l'altro.

150 2 Si veda in proposito il D. 456. 151 1 Vedi D. 134.

151 2 L'articolo sosteneva che, di fronte ai mutamenti avvenuti il 4 febbraio nelle sfere dirigenti tedesche che sembravano aver accresciuto la pericolosità della Germania nazista, la Francia doveva conservare la calma e rafforzare i legami della solidarietà nazionale che restava la migliore garanzia della pace.

151 4 Sir Percy Loraine.

151 5 Il riconoscimento de .file t o dell'Impero italiano era stato effettuato dalla Polonia l'Il gennaio

152

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, ALL'AMBASCIATORE AD ANKARA, GALLI

T. 140/18 R. Roma, 15 febbraio 1938, ore l.

Telegrammi di V.E. n. 21 dell'Il corrente e n. 22 del 12 corrente 1 .

Non incoraggi Aras nei suoi discorsi.

Per sua norma posizione italiana può così riassumersi:

l) questione riconoscimento Impero da parte Turchia non ha, né può avere, nessun legame con trattative itala-inglesi;

2) nessuna difficoltà, tosto che Turchia abbia riconosciuto Impero, a dare nostra adesione a Montreux. Adesione italiana avverrebbe con formula analoga a quella giapponese 2;

3) non sollecitiamo riconoscimento Impero, considerando questione come destinata a risolversi automaticamente; 4) ostenti il più assoluto disinteresse nei confronti di Aras e dei suoi ondeggianti programmi.

151 7 Sic. 152 1 Vedi D. 134.

153

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, AL MINISTRO A VIENNA, GHIGI

T. S.D.N. 143/15 R. 1 Roma, 15 febbraio 1938, ore 15,45.

V.S. potrà far conoscere a codesto governo che i risultati del convegno di Berchtesgaden sono qui considerati come i logici e inevitabili sviluppi della situazione esistente tra i due Stati tedeschi.

L'operato di Schuschnigg è pertanto approvato e totalmente compreso.

154

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, GRANDI

T. PERSONALE 144/31 R. l Roma. 15 febbraio 1938, ore 17,25.

Dopo aver conferito col Duce, posso farti rapidamente il punto, anche per tua norma nei contatti che avrai con codesto governo:

l) Le conversazioni che hanno avuto luogo tra te ed Eden 2 sono state apprese col più vivo interesse; 2) Si è constatato come in esse tutti i campi siano stati ormai preliminarmente esplorati;

giapponesi. la seguente dichiarazione: «l sottoscritti Plenipotenziari del Giappone dichiarano, a nome del loro Governo, che le disposizioni della presente Convenzione non modificano in nulla la posizione del Giappone quale Stato non membro della Società delle Nazioni, sia nei riguardi del Patto della Società delle Nazioni, sia nei riguardi dei trattati di mutua assistenza conclusi nel quadro del Patto e che il Giappone conserva una piena libertà di apprezzamento per quanto, negli articoli 19 e 25, concerne tale Patto e tali trattati». 153 1 Minuta autografa di Ciano. 154 1 Minuta autografa di Ciano. 154 2 Vedi D. 138.

3) Si conferma che, esaurita la questione dell'evacuazione dei volontari e del riconoscimento dei diritti di belligeranza a Franco, noi siamo pronti a riprendere a Roma le conversazioni con la Gran Bretagna, sulle note basi3.

Per tua notizia aggiungo che per quanto concerne il problema dei volontari e della belligeranza sono in corso le consultazioni con Berlino e Salamanca 4 .

152 2 Nel testo della Convenzione di Montreux era stata inserita, sopra la firma dei plenipotenziari

155

L'AMBASCIATORE A MOSCA, ROSSO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. 752/278. Mosca, 15 febbraio 1938 (per. il 21).

La Pravda di ieri ha pubblicato un documento che riveste una certa importanza. Si tratta di una lettera di Stalin che definisce l'attitudine dell'U.R.S.S. nei confronti del movimento socialista internazionale.

Mi sono astenuto dal fare segnalazioni telegrafiche sull'argomento perché ho supposto che ampie informazioni in proposito sarebbero pervenute a V.E. attraverso il servizio delle Agenzie Telegrafiche. Mi affretto invece ad inviare la traduzione francese del documento quale è apparsa sul Journal de Moscou odierno.

Come V.E. potrà rilevare, la lettera di Stalin è in risposta ad una lettera inviatagli da un piccolo gerarca di provincia per sottoporgli certe dispute dottrinarie da lui avute con dei camerati locali e per chiedere il responso del sommo gerarca.

Val la pena di esaminare in quali precisi termini è stata impostata la questione.

Il compagno lvanov, discutendo coi compagni Ourojenko e Kazelkov, sostiene che il successo del socialismo nell'V .R.S.S. non sarà completo fin quando esisteranno ai suoi confini degli Stati borghesi interessati a restaurare il capitalismo nell'Unione Sovietica. I suoi interlocutori lo contraddicono, affermando invece che la vittoria del socialismo nell'U.R.S.S. è oramai completa e definitiva. Essi arrivano fino ad accusare l'Ivanov di trotzkismo ed a minacciarlo di espulsione dal partito. Il compagno Ivanov si appella allora al compagno Stalin chiedendogli di pronunciarsi sulla controversia: ciò che Stalin si affretta di fare con la sua «risposta al compagno Ivanov» qui acclusa.

Stalin si pronuncia nettamente in favore della tesi del compagno lvanov, respingendo quella dei suoi contradditori. La sua argomentazione, sviluppata in quattro colonne di prosa molto prolissa, si può brevemente riassumere come segue. Il problema della vittoria del socialismo nell'U.R.S.S. presenta due aspetti: uno interno ed uno internazionale. Come problema interno, il successo della rivoluzione è da considerarsi raggiunto quando sia stato solidamente instaurato nell'U.R.S.S. un regime socialista fondato sulla distruzione della vecchia borghesia e sulla for

mazione di una nuova società senza classi. Sotto questo aspetto si può affermare che la vittoria del socialismo nell'U.R.S.S. è oramai completa e definitiva.

Nei riguardi esterni, invece, il successo non potrà considerarsi definitivo se non quando sia stato eliminato qualsiasi pericolo di intervento militare straniero diretto alla restaurazione di un regime borghese nell'U.R.S.S. Ora, questo pericolo sussiste tuttora per il semplice fatto che l'U.R.S.S. è circondata da Stati capitalisti; sussiste anche per la ragione specifica che i nemici esterni, come ad esempio i fascisti, si tengono pronti a cogliere la prima occasione favorevole per attaccare l'U.R.S.S. a mano armata e per abolire il regime sovietico nelle regioni che essi riuscissero ad occupare.

Il problema non è adunque stato ancora risolto nei riguardi esterni. L'U.R.S.S. deve pertanto preoccuparsi di risolverlo. In quale modo? Credo opportuno citare a questo punto le parole testuali di Stalin: «Il secondo aspetto del problema non può essere risolto che mediante gli sforzi uniti del proletariato internazionale e di tutto il popolo sovietico. Occorre sviluppare e fortificare le relazioni proletarie internazionali fra le classi lavoratrici dell'U.R.S.S. e le classi lavoratrici dei Paesi borghesi; occorre organizzare l'aiuto politico della classe operaia dei Paesi borghesi a favore della classe operaia del nostro Paese per l'eventualità di un'aggressione militare contro l'U.R.S.S. e contemporaneamente organizzare in tutte le forme l'aiuto della classe operaia del nostro Paese a favore di quella dei Paesi borghesi. Occorre rafforzare energicamente la nostra Armata Rossa, la Flotta Rossa, l'Aviazione Rossa, la Società degli amici della difesa. Occorre mantenere l'intero nostro popolo pronto ad una mobilitazione contrò il pericolo di un'aggressione militare, in modo che nessun avvenimento fortuito, nessuna manovra dei nostri nemici esterni possa coglierci di sorpresa ... ».

Dal lungo documento staliniano emergono adunque due postulati:

l) il regime comunista sorto dalla rivoluzione bolscevica non può considerarsi perfettamente sicuro se non quando cessi di essere circondato da Paesi capitalisti; 2) per difendersi, l'U.R.S.S. deve agire d'accordo e con l'aiuto delle forze del proletariato internazionale.

Salta subito agli occhi il fatto che con queste due affermazioni Stalin viene in sostanza a rinnegare la sua vecchia tesi del «socialismo in un solo Paese» per aderire invece alla tesi trotzkista della «rivoluzione socialista mondiale». Naturalmente egli non vuole ammettere la contraddizione e si sforza di spiegare questo voltafaccia dottrinario con un sottile «distinguo». Trotzkji e compagni -egli dice -negavano la possibilità di :instaurare il socialismo nel nostro Paese senza il previo successo della rivoluzione capitalista nei Paesi borghesi. Noi sostenevamo il contrario ed i fatti ci hanno dato ragione, tanto è vero che oggi esiste nell'U.R.S.S. un perfetto regime socialista.

Senonché subito dopo Stalin deve ammettere che questo regime non può sentirsi totalmente sicuro senza l'appoggio del proletariato internazionale e con ciò viene in ultima analisi a convalidare la tesi trotzkista.

Più che tale disquisizione polemica di interesse oramai storico e retrospettivo, il punto importante è quello in cui Stalin afferma in sostanza che l'U.R.S.S. deve incoraggiare il movimento della massa proletaria mondiale e sostenerne l'azione, per esserne a sua volta sostenuta. Egli proclama con ciò una politica di intervento negli affari interni degli altri Stati, politica il cui obiettivo vuole ovviamente essere il successo della rivoluzione socialista mondiale.

Queste dichiarazioni non mancheranno di suscitare un certo sgomento nei Paesi democratici, dove molta gente si illudeva che la politica «nazionalista» di Stalin tendesse a separarsi sempre più da quella della Comintern, rinunziando gradualmente al programma di azione sovvertitrice internazionale. La «lettera al compagno Ivanov» dovrebbe aprire gli occhi anche a chi non vuole vedere, visto che è lo stesso Stalin che afferma pubblicamente ed esplicitamente la necessità per Mosca di appoggiarsi al proletariato mondiale.

Per l'Italia, che ha sempre veduto chiaro nelle intenzioni del Cremlino, le dichiarazioni di Stalin non possono rappresentare una sorpresa. Aggiungo che a mio modesto avviso esse non sono destinate a marcare alcun mutamento sostanziale della politica sovietica. Ho detto in più di una occasione che l'U.R.S.S. non vuole -e forse, anche volendolo, oggi non potrebbe-rinunciare all'obiettivo rivoluzionario mondiale che è stato il postulato fondamentale della rivoluzione bolscevica. La lettera di Stalin mi conferma in questa opinione in quanto mostra che i dirigenti di Mosca continueranno a sfruttare il fattore internazionale in forma ora meno, ora più palese a secondo della convenienza e delle opportunità del momento politico.

Rimane a chiedersi quali siano state le ragioni che possono aver determinato Stalin a fare in questo momento le sue dichiarazioni. Siamo qui nel campo delle pure ipotesi ma io mi azzardo a prospettare due possibili moventi: uno di politica interna, e cioè quello di conciliarsi gli elementi rimasti fedeli alla originaria dottrina di Lenin; l'altro di carattere internazionale, e cioè quello di incoraggiare il movimento comunista all'estero con una esplicita promessa di appoggio da parte dell'U.R.S.S ..

l54 3 Di queste istruzioni Ciano fece cenno all'ambasciatore Perth durante un colloquio informale avvenuto lo stesso giorno. In quell'occasione Ciano ribadì di considerare Roma come la sede più adatta per le conversazioni italo-britanniche e si mostrò ottimista circa la possibilità di trovare una soluzione alla questione del ritiro dei volontari. Si veda in proposito il resoconto dell'ambasciatore Perth in BD, vol. XIX, D. 532. 154 4 Vedi DD. 132, 146, 181, 182 e 194.

156

IL MINISTRO A TIRANA, JACOMONI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

RAPPORTO RISERVATISSIMO S.N. Tirana. 15 febbraio 1938 1•

Il generale Sereggi che con ogni probabilità giungerà a Roma venerdì mattina ha incarico dal Re di portare a V.E. comunicazione ufficiale del suo fidanzamento. Egli ha inoltre istruzioni di presentire V. E. circa l'eventuale sua buona disposizione a presenziare quale testimonio le sue nozze. A quanto ho potuto comprendere il Re terrebbe molto a questa prova di benevolenza da parte dell'E.V. ma per tema di un rifiuto il generale Sereggi si propone di sondare prima il terreno presso il commendator Anfuso.

Veduta la cosa da Tirana non mi appaiono motivi per rifiutare l'offerta.

Non conoscendo tuttavia il pensiero di V.E. ho ritenuto bene di esprimere al generale Sereggi dubbi circa la possibilità di un soggiorno anche brevissimo di V.E. a Durazzo in vista del viaggio di Hitler a Roma, e di altri probabili precedenti impegni di V.E. per la fine del mese di aprile.

Sempre nei riguardi del matrimonio, il generale Sereggi si propone anche di pregare V.E. di voler dire, ove ne apparisse la necessità, una sua alta parola in Vaticano, affinché questo riponesse fiducia nelle sue disposizioni a venire incontro, una volta celebrato il matrimonio civile, ai desideri della Santa Sede anche nei riguardi del matrimonio religioso secondo il rito cattolico, desiderio che gli sarebbe estremamente difficile di soddisfare oggi che i musulmani d'Albania sono in vivo allarme e sospetto per il matrimonio di lui con una cattolica.

Il generale Sereggi infine si ripromette di comunicare a V.E. alcune informazioni di carattere politico che interessano i Balcani ed il Vicino Oriente.

Fra l'altro egli desidera far partecipe V.E. della sensazione avuta dal Re che il signor Metaxas terrebbe molto, in contrasto coi sentimenti anglofili del Sovrano greco, ad iniziare una politica di avvicinamento all'Italia. Questa sensazione egli avrebbe avuto (e per debito di lealtà, vorrebbe comunicare a V.E.) in occasione delle note proposte fattegli fare da Metaxas di un patto di non aggressione.

Pur assicurando che sarebbe stata gradita la comunicazione, ho espresso, a titolo personale, al generale Sereggi l'idea che per parte mia non credevo che l'informazione avrebbe potuto destare particolare interesse e l'ho anzi messo in guardia di evitare quanto possa apparire come preparazione a successivi approcci per la conclusione del patto di non aggressione albano-greco 2 .

156 1 Manca l'indicazione della data di arrivo.

157

IL CONSOLE GENERALE A MONACO DI BAVIERA, PITTALIS, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. 1508/146. Monaco di Baviera, 15 febbraio 1938 (per. il 17).

Ho cercato di indagare come l'opinione pubblica della capitale del nazionalsocialismo abbia reagito di fronte all'avvenimento dell'incontro di Hitler con Schuschnigg.

Ma è ormai difficile poter parlare di opinione pubblica in ambienti come questi, ove, a parte il riserbo e la disciplina naturale di ogni tedesco, si delinea ogni giorno più la tendenza ad astenersi da qualsiasi apprezzamento, anche per la vera e propria difficoltà di arrivare, in questa come in altre occasioni, a formarsi una propria esatta opinione sugli avvenimenti.

Così, come già ad esempio recentemente per gli eventi dal 4 febbraio, anche questa volta si è notato il consueto disorientamento, ed un sempre più chiuso riserbo da parte di ogni elemento locale, anche più o meno responsabile, riserbo appena dissimulato da una vastissima innegabile curiosità di conoscere la materia vera del colloquio.

Come naturale, non hanno mancato di affacciarsi egualmente più o meno timide e più o meno contraddittorie, le ipotesi sul contenuto di esso e sui suoi risultati. Ma, nell'attesa chiarificazione delle imminenti dichiarazioni del Fiihrer al Reichstag, la verità è che nessuno si può considerare anche lontanamente sicuro

della verosimiglianza di tali ipotesi e perciò e tanto più ognuno tende a riserbare il proprio giudizio.

Se, tuttavia, in tanta oscurità di opinione pubblica, un dato appare in questi primi giorni in qualche modo più netto e visibile, si è quello di un certo generale pessimismo sulla portata dell'incontro.

Pessimismo che, se in un primo tempo può sorprendere, può nondimeno trovar la sua spiegazione, da parte dei locali ambienti più ortodossi del nazionalsocialismo, anche nella netta antipatia e nel disprezzo professati per la persona di Schuschnigg, da essi considerato come un «baciapile infido ed antitedesco» verso il quale quindi quasi a malincuore si constata qualsiasi gesto di considerazione da parte del Fuhrer.

E non bisogna dimenticare che elementi più spinti ed agitati erano stati tenuti qui proprio in questi ultimi tempi (come del resto ho avuto occasione di riferire) sotto la pressione di una speranza in colpi di stato primaverili nei confronti dell'Austria, speranza di cui essi scorgerebbero il tramonto all'orizzonte del colloquio di Berchtesgaden.

In quegli ambienti locali, per contro, che, più tiepidi per il socialnazionalismo, maggior considerazione nutrono verso la persona del Cancelliere austriaco, una tale considerazione appunto li spinge a ritenere che la fermezza di Schuschnigg non possa aver ceduto alle pretese del suo interlocutore ed a trame la conclusione che l'incontro non possa, di conseguenza, aver giovato al desiderato e desiderabile miglioramento di atmosfera fra Austria e Germania.

Questo diffuso pessimismo che mi sembra potere registrare qui in questi primi tre giorni dall'incontro e che pare essersi rafforzato anche nella considerazione della secchezza del comunicato ufficiale 1 , mi appare tanto più notevole in quanto invece, secondo quello che mi viene riferito subito al di là della frontiera austro-bavarese, e particolarmente nel finitimo Tirolo, che è tanto permeato di nazismo, la notizia del colloquio ha suscitato una certa soddisfazione ed un certo ottimismo. Colà si è stati portati a ritenere, fra l'altro, che esso possa aprire le possibilità a quelle immissioni di rappresentanti nazisti nel Gabinetto austriaco che--vero cavallo di Troia -dovrebbero dare presto o tardi in mani hitleriane le redini dell'intero governo 2 .

156 2 Il documento ha il visto di Mussolini e !"annotazione a margine: <<Si».

158

IL MINISTRO A VIENNA, GHIGI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S.N.D. 858/33 R. Vienna, 16 febbraio 1938, ore 1,35 (per. ore 7).

Questo governo è giunto approvazione definitiva noto protocollo 1 che rimane segreto.

comunicato ufficiale, più articolato, fu pubblicato contemporaneamente a Vienna e a Berlino il 15 febbraio. Per il testo dei due comunicati si veda Re/a::ioni Internazionali, p. 125. 157 2 Il documento ha il visto di Mussolini. 158 1 Vedi D. 147.

Comunicato di cui al mio telegramma 32 2 è stato diramato ore 10.

A mezzanotte Consiglio dei ministri è tuttora riunito per deliberare circa mutamento da apportare alla compagine governativa, oltre quello previsto.

157 1 Riferimento al comunicato ufficiale diramato subito dopo l'incontro di Berchtesgaden. Un secondo

159

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S.N.D. URGENTISSIMO 864/40 R. Berlino. 16 febbraio 1938, ore 12,25 (per. ore 13,45).

Iersera ho partecipato al consueto pranzo annuale del Fiihrer ai capi missione.

Subito dopo il pranzo, il Fiihrer mi fece -primo tra i diplomatici presenti --chiamare a sé per informarmi delle linee generali dell'accordo raggiunto con l'Austria che tuttavia non ripeto dato che ormai (esse rispondono del resto a quelle già annunziatemi lunedì da Ribbentrop) 1 sono praticamente di pubblica ragione.

Nel pregarmi di portare quanto precede a conoscenza del Duce e deli'E.V., il Fiihrer disse che egli era particolarmente soddisfatto dell'accordo, sia perché esso conferisce una nota di ottimismo a tutta la situazione internazionale generale, sia perché è stato raggiunto contro il desiderio della Francia e dell'Inghilterra, anzi a dispetto delle pressioni in contrario da esse esercitate su Vienna.

Ne profittai subito per ribadire quanto avevo già fatto comunicare al Fiihrer da Ribbentrop circa attitudine italiana nei riguardi Inghilterra (telegramma di V.E.

n. 27 del 9 corrente) 2

Hitler mostrò esserne già al corrente, a sua volta osservando essere evidente che Inghilterra continuava nei suoi tentativi alternati di indebolimento asse Roma-Berlino.

Richiestogli quale sarebbe stato contenuto suo discorso del 20, Cancelliere del Reich mi ha risposto che non conterrà sorprese di sorta ma ribadirà e sottolineerà chiaramente le amicizie della Germania.

Il Fiihrer ha anche parlato con molto compiacimento del suo viaggio in Italia, dichiarando che, salvo un ulteriore studio di dettagli che si riserva fare quanto prima, egli lo accetta nelle sue linee generali quale è. Ha anche mostrato di orientarsi per arrivo in Italia verso la data del tre maggio.

Il Fiihrer mi è sembrato in forma e già sollevato dalle preoccupazioni di questi ultimi giorni.

158 2 T. s.n.d. 857/32 R. del 15 febbraio. Il ministro Ghigi comunicava che fino a quel momento-ore 20-il governo austriaco non aveva ancora deciso se approvare il protocollo di Berchtesgaden ma che intanto era stato preparato il comunicato da diramare in caso di accettazione.

159 1 Vedi D. 148.

159 2 Vedi D. 109. che è dell'S febbraio.

160

L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, PRUNAS, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

Parigi, 16 febbraio 1938.

Questa opinione pubblica concorda nel ritenere che Schuschnigg, nonostante suo coraggio, abbia finalmente piegato di fronte a presunte, perentorie richieste tedesche. Assunzione Seyss-Inquart al ministero Interno rappresenterebbe acceleramento processo assorbimento Austria.

Pressoché tutti i giornali francesi si sforzano interpretare avvenimenti come destinati reagire sfavorevolmente su posizione Italia. Molti affacciano possibilità che ad atteggiamento italiano corrispondano precise contropartite da parte tedesca.

Delbos avrebbe consultato governo britannico su possibilità di una qualche azione concertata franco-inglese, sia pure di carattere puramente teorico, in appoggio Austria. Iniziativa, se c'è stata, è immediatamente caduta. È implicito riconoscimento che senza Italia ogni possibilità azione nell'Europa danubiana è in definitiva preclusa.

161

L'INCARICATO D'AFFARI A BUDAPEST, FORMENTINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 893 R. Budapest, 16 febbraio 1938 (per. il 17).

Ho avuto modo di intrattenere questo direttore generale degli Affari Politici, Bessenyey, al suo ritorno dalla Polonia, circa le conversazioni svoltesi a Varsavia 1 . Ciò anche per sondare alcune voci che hanno circolato in vari ambienti della capitale provocate dalla seguente frase «le forti e profonde relazioni fra i due Paesi entreranno decisamente sul terreno della politica realistica» dell'ufficioso Pester Lloyd.

Si erano fatte congetture che un patto militare segreto sarebbe stato concluso fra Ungheria e Polonia, per lo stabilimento di una frontiera comune fra i due Paesi attraverso la Rutenia, in caso di eventuali complicazioni europee. Non ho trovato conferme a tale voce, né negli ambienti politici, né in quelli militari ed è ormai opinione comune che nulla di scritto sia uscito dalle conversazioni di Varsavia. Che peraltro con Beck si sia parlato oltre che delle minoranze, e di questioni di carattere generale (mio telegramma per corriere n. O17 del 5 corrente) 2 , della Cecoslovacchia in modo particolare si può dedurre da una frase che questo direttore

dal ministero alle ambasciate a Berlino e Londra con T. per corriere 2666/c. P.R. del 19 febbraio. 161 1 Durante la visita del Reggente Horthy. Vedi D. 114. 161 2 Non rintracciato.

generale degli Affari Politici ha voluto insinuarmi. Egli mi ha infatti detto che il ministro di Cecoslovacchia a Budapest 3 si era lamentato, in tono risentito, a questo ministero degli Esteri, che durante la visita di Horthy in Polonia la Cecoslovacchia era stata completamente dimenticata «come se la frontiera comune fra Polonia ed Ungheria fosse già stata realizzata». Egli non ha oltre precisato su questo argomento dilungandosi invece a dimostrarmi, con frasi generali, come si sia avuto modo di constatare nel popolo polacco un maggior sentimento di amicizia, di quello che era stato preveduto e che su questa base si sarebbero poggiate le auspicate sempre più solide relazioni di amicizia fra i due popoli. Mi ha confermato quindi la speranza che un giorno la Polonia potrà esercitare la sua reale influenza su Bucarest per un pacifico regolamento della questione minoritaria ungaro-romena. Ciò peraltro sarebbe potuto avvenire non appena si potesse giungere in Romania a stabilire un governo poggiato su solide basi e capace di offrire non solo garanzie di stabilità, ma anche di svincolarsi dalle forti pressioni dell'Inghilterra, della Francia e della Russia. A tale proposito gli risultava che la Russia avrebbe già fatto comprendere al governo romeno che, nel caso esso intendesse mutare la linea di condotta politica finora seguita nei riguardi della Francia e della Russia, la questione della Bessarabia potrebbe ridivenire di viva attualità.

160 1 Il documento inviato da Parigi non è stato rintracciato. Qui se ne pubblica il testo ritrasmesso

162

NOTA N. 14 DELL'INFORMAZIONE DIPLOMATICA

Roma, 16 febbraio 1938.

Recenti polemiche giornalistiche hanno potuto suscitare in taluni ambienti stranieri l'impressione che il Governo Fascista sia in procinto di inaugurare una politica antisemita. Nei circoli responsabili romani si è in grado di affermare che tale impressione è completamente errata e si considerano le polemiche come suscitate soprattutto dal fatto che le correnti dell'antifascismo mondiale fanno regolarmente capo ad elementi ebraici.

Gli ambienti responsabili romani ritengono che il problema ebraico universale lo si risolve in un modo solo: creando in qualche parte del mondo, non in Palestina, lo Stato ebraico; Stato nella piena significazione della parola, in grado quindi di rappresentare e tutelare per le normali vie diplomatiche e consolari tutte le masse ebraiche disperse nei diversi Paesi. Dato che anche in Italia esistono degli ebrei, non ne consegue di necessità che esista un problema ebraico specificatamente italiano. In altri Paesi gli ebrei si contano a milioni, mentre in Italia sopra una popolazione che attinge ormai i 44 milioni di abitanti la massa degli ebrei oscilla tra le 50-60 mila unità.

161 Milos Kobr. 162 1 Come risulta dal Diario di Ciano (alla data del 15 febbraio), il documento fu redatto personalmente da Mussolini: Ciano vi fece aggiungere, «per salvaguardare le nostre relazioni con gli arabi», la precisazione che uno Stato arabo non doveva essere creato in Palestina.

Il Governo Fascista non ha mai pensato né pensa di adottare misure politiche, economiche, morali, contrarie agli ebrei, in quanto tali, eccettuato ben inteso nel caso in cui si tratti di elementi ostili al Regime.

Il Governo Fascista è inoltre risolutamente contrario a qualsiasi pressione diretta

o indiretta per strappare abiure religiose o assimilazioni artificiose. La legge che regola e controlla la vita delle comunità ebraiche ha fatto buona prova e rimarrà inalterata.

Il Governo Fascista si riserva tuttavia di vigilare sulla attività degli ebrei venuti di recente nel nostro Paese e di far sì che la parte degli ebrei nella vita complessiva della Nazione non risulti sproporzionata ai meriti intrinseci dei singoli e all'importanza numerica della loro comunità.

163

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, GRANDI

LETTERA PERSONALE SEGRETA 1558. Roma, 16 febbraio 1938.

Dal mio telegramma del 15 2 avrai rilevato ancora una volta qual è qui lo stato d'animo e le conseguenti intenzioni circa l'intesa con Londra. Non avrei nulla da aggiungere se nel frattempo non si fosse verificato il fatto nuovo che, se non modifica la situazione nel fondo, determina pur sempre l'utilità di un aggiornamento di tattica. Il fatto nuovo è il Convegno di Berchtesgaden, con quanto ne è risultato. La nazificazione dell'Austria può ormai considerarsi, se non completata certamente molto avanzata. Ciò era previsto. Così come adesso è facile prevedere che nuovi sbalzi in avanti dell'offensiva nazista si verificheranno ancora. Quando? Questa è la domanda, cui la risposta appare difficile. Ed è proprio in relazione a questa incertezza che deve venir esaminata la situazione delle trattative itala-britanniche. Per usare una formula del Duce, come sempre efficacissima, oggi ci troviamo nell'intervallo tra il quarto ed il quinto atto della vicenda austriaca. Quando il quinto atto comincerà? Non è possibile prevederlo. Ma non è affatto da escludere che i tempi si accelerino.

Questo intervallo, e solo questo intervallo, può essere utilizzato per le trattative tra noi e Londra. Oggi, eventuali concessioni o transazioni rientrano nel normale gioco del dare e dell'avere della diplomazia e, se si comincia a trattare, nessuno potrà in alcun modo parlare di pressioni alla porta o di acqua alla gola. Ma domani, qualora l'Anschluss fosse un fatto compiuto, qualora la grande Germania dovesse ormai gravitare sulle nostre frontiere con la mole crescente dei suoi settanta milioni di uomini, allora per noi diverrebbe sempre più difficile concludere o soltanto parlare con gli inglesi perché non si potrebbe evitare all'interpretazione mondiale di scorgere nella nostra politica di avvicinamento con Londra un'andata a Canossa sotto la pressione tedesca.

Perciò sembra venuto il momento in cui bisogna dare un colpo di acceleratore alla conclusione di quei pourparlers che finora si sono rivelati statici e quindi inutili. Chiarisco subito un punto: non è che il Duce sia oggi più ansioso di ieri di stringer la mano agli inglesi. Come ieri è desideroso di un'intesa, se questa è possibile: come ieri è pronto ad affrontare qualsiasi prova, anche la più dura, se ciò appare necessario. La conclusione dei pourparlers può quindi essere positiva

o negativa. Non spetta solo a noi di assumerci una tale responsabilità: gli inglesi dovranno averne la congrua parte. Ma bisogna che una conclusione ci sia, e ci sia rapidamente. Perché se nuovi ritardi dovessero ancora venire causati dal bizantinismo dei pregiudizi e delle pregiudiziali, se nel frattempo la marcia nazista in Austria dovesse compiere il progresso definitivo e metterei davanti al fatto compiuto, allora non esisterebbe più l'alternativa e noi dovremmo indirizzare definitivamente la nostra politica in un senso di netta, aperta, immutabile ostilità contro le Potenze occidentali.

Tanto ti comunico per tua norma di condotta. Sono certo che troverai il modo di far capire agli inglesi quando e come ti parrà più utile ed indicato, che se vogliamo compiere uno sforzo per cercare di condurre in porto la pericolante navicella delle nostre relazioni, bisogna deciderci a farlo presto, poiché il tempo stringe e non tutte le carte del gioco possono rimanere sempre e soltanto nelle mani nostre e in quelle loro 1 .

163 1 Ed. in L'Europa verso la catastrofe, pp. 245-246. 163 2 Vedi D. 154.

164

IL CAPO DELLO STATO SPAGNOLO, FRANCO, AL CAPO DEL GOVERNO, MUSSOLINI

LETTERA. Burgos, 16 febbraio 1938 1 .

Recibi vuestra carta del dos del corriente 2 en la que me expone vuestra preocupaci6n por la prolongaci6n de la guerra, por los peligros que esto encierra, asi como vuestro anhelo porque podamos dar pronto y victorioso término a la lucha empefiada.

Il giorno successivo, Ciano chiese a lady Chamberlain -allora in visita a Roma -di far pervenire a Chamberlain un messaggio per fargli presente l'estrema importanza del fattore tempo: un accordo poteva ora essere agevole ma in Europa stavano accadendo cose che potevano renderlo impossibile. Il testo del messaggio -· telegrafato dall'ambasciatore Perth a Eden -è in BD, vol. XIX, D. 543. 164 1 Questa lettera fu sicuramente antidatata. Come risulta dal Diario di Ciano, essa fu consegnata a Mussolini soltanto il 4 marzo, con un ritardo, rispetto alla lettera di Mussolini del 2 febbraio di cui era risposta, che non aveva mancato di suscitare molta irritazione a Roma (vedi D. 231). 164 2 Vedi D. 87.

y o desearia llevar a vuestro animo la fé que tengo en el término victorioso de la campana, fundamentada sobre realidades firmes, consecuencia de ano y medio de victorias y de lucha continua, en la que no hemos descansado un solo dia, ni se ha perdido tampoco, por nuestras tropas, tiempo que no fuera aprovechado.

El episodio de Teruel, que no encerraba en si mas que un pequeno retraso en nuestra marcha, nos demuestra con su impresion en el mundo internacional y en la misma Italia, la seguridad conque tenemos que caminar. Ha bastado un mediocre éxito, local y momentaneo, de nuestros adversarios, en un extremo de la linea deslealmente guardarlo, para que instantaneamente haya disminuido la fé en el fina! victorioso.

Constituyo una verdadera locura para los rojos el desencadenar una ofensiva careciendo de los elementos necesarios para explotar el éxito, agotando en ella sus reservas, sus mejores Unidades y sus depositos de municiones lo que nos facilitara notablemente nuestras operaciones futuras.

Ni el tiempo con sus rigores, paralizando nuestra primera accion sobre Teruel e impidiéndonos recoger su fruto, evito el desgaste y descalabro del Ejército rojo.

Objetivo principal de la guerra es destruir al Ejército enemigo y esta destruccion le alcanza no solo con las operaciones en que por nuestra iniciativa y maniobra se logra la pérdida de algunas de sus Unidades y se coronan los objetivos geograficos de segura repercusion mora!, sino tambien con el desgasto terrible que una ofensiva fracasada empareja; lo que nos ofrecera ocasion para la persecucion y poder completar, la denota de su Ejército.

La lentitud en el comienzo de nuestras operaciones respondio a obstaculos insuperables que impusieron el retraso: Al término de la guerra en Asturias, que nuestra propaganda exploto y que fué una realidad, no podia publicarse, que en las ingentes montanas asturianas quedaban nucleos de tropas rojas resistiendo, en algunos lugares algun batallon completo, los que vendiendo caras sus vidas hubo que reducir y desarmar bajo un tiempo de lluvia y nieve.

Esto condiciono y retraso la salida de las tropas asturianas hacia el centro.

La destruccion de vias férreas y puentes también limito la capacidad de iransporte de nuestras comunicaciones retardando el movimento de los cien mil hombres que teniamos que desplazar.

Nuestras tropas del Norte estaban solo en una pequena parte entrenadas en la guerra de movimiento, las mas solo habian tenido el aprendizaje de la guerra de trincheras, y las que habian operado en seis meses de combates continuo y sin un solo dia de descanso, necesitaban especial atencion, cubrirles sus bajas y reponerles sus faltas.

El estado de la artilleria, en su casi totalidad impuso un repaso en los Parques y talleres. Todo se hizo en un tiempo verdaderamente reducido dada la magnitud de la

empresa.

Estas son las razones principales del retraso que parece inaccion.

Estoy de acuerdo con vuestras opiniones. En mis calculos nunca ha pesado la posibilidad de un derrumbamiento expontaneo de la retaguardia enemiga. Siempre he contado con lograrlo con la victoria aplastante y la destruccion del Ejército enemigo. Ahora bien, conviene conozcais cual es la realidad de nuestros adversarios y la propia, pese a la habil propaganda roja: En el campo rojo quedaban en el mes de Febrero del pasado aiio 700 millones de pesetas oro, en menos de un aiio habian dilapidarlo el resto, basta unos 4.000 que importaba el oro arrebatado de los Bancos y el producto de los robos a particulares. Hoy no queda de aquellos absolutamente nada. La falta de viveres y la de materias primas para las industrias de guerra !es obliga a traer unos y otras del extranjero. Esto justifica el hambre y la penuria de municiones que se apercibe ya en la zona enemiga.

La anarquia es por otra parte tanta, que en las zonas que recientemente ocupamos no hay siembra lo que ha de aumentar sus necesidades. En esta situaci6n, sumando las continuas derrotas, con el estado de agotamiento en todos los 6rdenes, no es de extraiiar que, como consecuencia de una victoria nuestra, se pueda producir el desmoronamiento de lo que sòlo el terror mantiene.

En nuestro !ado la situaci6n mejora de dia en dia, nuestro sistema interno de viveres es perfecto, de nada se carece y en la organizaci6n de nuestra industria nos es permitido llegar a fabricar la casi totalidad de las municiones necesarias a nuestro materia!. El Ejército, en medio de la batalla, ha mejorado su dotaci6n, organizaci6n y doctrina y el espiritu es muy elevado.

La guerra se gan6 definitivamente en el Norte y se rematan1 y hara efectiva en el Centro.

Si el enemigo no pudo nada cuando las Brigadas Internacionales poseian dureza y capacidad ofensiva, disponian de tanques, y en el Norte un Ejército de cien mi! hombres, fuertes y bien armados nos obligaba a distraer mas de un cuarto de nuestras fuerzas, disponiendo ellos a su vez de todos los Altos Hornos, las minas de hierro y de carb6n y siderurgicas de Espaiia ~Qué va a poder hoy, en que la situaci6n de primeras materias es desesperada, sin oro, sin producci6n, agotada en gran parte la cantera de internacionales y su Ejército esta descorazonado y con la baja mora! por los continuos fracasos?

Los Legionarios Italianos, en Espaiia, tienen dos valores: Uno efectivo, constituido por la potencia de los 40.000 hombres que forman este Cuerpo de Ejército, excelente para la maniobra; y otro importantisimo y mora!, ya que cotizados en el mundo, su permanencia en Espatìa come un acto de solidaridad mora! con nuestra Naci6n, su ausencia habra de causar, en el orden internacional, una impresi6n de alejamiento, pués s6lo este rumor ha sido cxplotado para animar a los rojos y pretender fortalecer el frente comunista.

Si importante es el papel de estas tropas y grande su peso en la situaci6n generai, pués constituye un Cuerpo de Ejército que contribuye a aumentar nuestra superioridad de efectivos, mas importante todavia es el de la Aviaci6n por ser el nervio de nuestra caza y parte importante de la total potencia aérea.

Yo estoy resuelto a dar la batalla o batalla~ definitivas que esperais y de la que ha sido un heraldo la victoriosa desarrollada en el Alfambra, aunque una maniobra amplia tropiece con las dificultades naturales de las operaciones en estos meses del aiio en los que el tiempo es tan variable y duro que las tropas sufren enormemente las inclemencias de los temporales y limitan notablemente las acciones, asi como la persecuci6n y destrucci6n del enemigo.

De todas maneras no descansamos, ni descansaremos, para dar las batallas que nos ofrezca la ocasi6n esperada de destruir al enemigo y derrumbar su retaguardia.

Mucho agradezco vuestro deseo de ayudarnos y la mejor forma que encuentro de hacerlo es la de aumentar el numero de antitanques, el de ametralladoras y fusiles ametralladores, asi como alguna artilleria de que el Generai Berti tiene nota, lo que permitini aumentar la potencia de fuego de nuestras grandes unidades que hoy es el 50 por l00 de las normales y aumentar tambien el numero de nuestras Divisiones de maniobra con dos Cuerpos de Ejército mas por reducci6n de los efectivos en los frentes fijos.

163 3 Ciano diede notizia all'ambasciatore Perth dell'invio di questa lettera nel corso di un colloquio informale, avvenuto la sera del 16 febbraio, durante il quale sollecitò l'inizio delle trattative con Londra «anche in vista di possibili futuri avvenimenti» di cui non volle precisare la natura. Si veda in proposito il resoconto dell'ambasciatore britannico in BD, vol. XIX, D. 538 e l'annotazione contenuta nel Diario di Ciano alla data del 17 febbraio.

165

IL MINISTRO D'AUSTRIA A ROMA, BERGER-WALDENEGG, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

APPUNT0 1 . Roma, 16 febbraio 1938.

Il Cancelliere ha fatto tutto quello che era in suo potere nell'interesse del mantenimento dell'Accordo dell'l l luglio e della stabilizzazione nell'Europa Centrale. Egli è andato al limite.

Le concessioni principali fatte dal Cancelliere sono:

l. Nomina del sig. Seyss-Inquart.

2. -Una larga amnistia che comprende sia «bruni» che «rossi» e fa eccezione solo per gli «emigrati». 3. -Revoca delle misure prese in passato contro i nazi, specialmente per quanto riguarda pensioni, assegni ecc. Resta esclusa tuttavia la riassunzione in servizio.

Il Fiihrer riconosce da parte sua:

a) il mantenimento integrale dell'Accordo dell'l l luglio;

b) il principio della non immistione negli affari interni dell'Austria.

Hitler accetta che i «nazionali» entrino a far parte del Fronte Patriottico. Il Fronte Patriottico richiede ai «nazionali» che essi riconoscano l'Austria e la costituzione di Dollfuss. I «nazionali» mettono come condizione che essi siano accettati su piede di uguaglianza.

Tutte le notizie relative ad altre combinazioni sono false.

Il Cancelliere ritiene che tutto questo costituirà la base per uno sviluppo normale dei rapporti dell'Austria con la Germania 2 .

Cancelliere Schuschnigg al ministro d'Austria a Roma per comunicazione a S.E. il ministro degli Esteri». Il documento fu consegnato dal ministro Berger-Waldenegg direttamente a Ciano (si veda CIANO, Diario, alla data del 16 febbraio). 165 2 Il documento ha il visto di Mussolini. Al termine del documento vi è la seguente annotazione autografa di Ciano: «Nel colloquio da me avuto con Berger gli ho fatto cenno all'opportunità per l'Austria di dare l'adesione al Patto Anticomintern. Il mondo vi ravviserebbe un gesto da Stato sovrano. Berger concorda e avanzerà opportunamente il suggerimento al suo Governo».

165 1 Sul documento vi è la seguente indicazione: «Appunto relativo ad un telegramma diretto dal

166

IL MINISTRO A VIENNA, GRIGI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. SEGRETO 669/381. Vienna, 16 febbraio 1938 (per. il 18).

Precorsa corrispondenza e da ultimo mio telegramma n. 35 1 .

Come ho a suo tempo riferito a V.E., il Cancelliere federale ed il dottor Schmidt si sono recati a Berchtesgaden il 12 corrente in seguito a invito giunto loro la sera del 10 quando già credevano l'iniziativa Schmidt-von Papen definitivamente aggiornata.

A tale incontro i due ministri austriaci sono andati senza un preciso programma e dopo conversazioni abbastanza generiche con l'ambasciatore von Papen.

Come V.E. sa, giunti a Berchtesgaden si sono trovati di fronte ad un elenco di precise richieste e l'atteggiamento del Fiihrer Cancelliere durante le nove ore di colloquio sarebbe stato -a dire di Schuschnigg e di Schmidt -così intransigente e improntato a così esplicita minaccia (tanto più se messo in rapporto con la presenza nella villa di Obersalzberg dei generali Keitel, Sperrle e von Reichenau) da indurre i ministri austriaci a ritenere di non avere altra alternativa, per evitare una decisione violenta, che di accettare le richieste germaniche soprattutto dopo aver ottenuto di eliminarne talune tra le più onerose.

Ho anche riferito che il Cancelliere federale avrebbe ottenuto a Berchtesgaden una dilazione di tre giorni prima di dare la sua accettazione definitiva. Durante questi tre giorni il Cancelliere si è mostrato piuttosto calmo e sereno, convinto di aver fatto un grandissimo sacrificio ma di avere con ciò risparmiato maggiori danni al Paese. La sua speranza, che egli mi ha naturalmente ripetutamente espressa, è ora che il protocollo segreto da lui firmato costituisca un punto di arrivo ed una base per l'avvenire e non il primo passo decisivo verso la fine dell'indipendenza austriaca.

Più agitati ed incerti sono stati i vicini collaboratori del Cancelliere, che hanno alternativamente sperato nella possibilità di rifiutare l'accettazione del protocollo

o di ottenere un ulteriore miglioramento nelle condizioni imposte dalla Germania, attraverso, magari, un intervento italiano presso il governo tedesco, come se ciò -a parte qualsiasi altra considerazione -fosse stato ormai possibile al Cancelliere federale.

Notevoli difficoltà sono state infine frapposte dal Presidente Miklas e da alcune personalità austriache, quale il borgomastro di Vienna, dottor Schmitz. Quanto precede spiega come all'accettazione definitiva delle condizioni avanzate da Hitler, questo governo sia giunto solo allo scadere estremo del termine. Ai fini della presentazione alla pubblica opinione dei provvedimenti presi e da prendere in conformità al protocollo segreto di Berchtesgaden sarebbe stato evi

dentemente molto preferibile che il riserbo più assoluto fosse stato mantenuto non solo, come è avvenuto, sulla forma degli impegni assunti, ma anche su almeno una parte della sostanza di essi e soprattutto sul modo con cui si è giunti agli impegni stessi. Purtroppo ciò non si è avverato. Debbo dire che questo non deve ascriversi al neoministro degli Esteri dott. Guido Schmidt, che anzi in tale occasione si è adoperato per la migliore «presentazione», ma piuttosto ad altri collaboratori del Cancelliere. Sta però il fatto che questo corpo diplomatico, in ciò facilitato anche da alcune recenti manifestazioni sociali che hanno facilitato le occasioni di incontrarsi, ha ottenuto larghe informazioni sull'andamento dei colloqui di Berchtesgaden. L'impressione dei diplomatici esteri sotto l'effetto di tali informazioni e dei provvedimenti oggi annunciati, impressione che essi hanno riferito alle rispettive Cancellerie, è pertanto che l'Austria abbia soggiaciuto ad una dura forma di ultimatum e a una seria intromissione nella sua politica interna. Si parla negli ambienti diplomatici di Brest-Litowsk, di Canossa e di principio della fine dell'indipendenza austriaca: ...

In possesso di tutti gli elementi è del resto inevitabile riconoscere che la giornata del 12 febbraio segna una grave e profonda menomazione dell'indipendenza di questo Paese.

Le forze della polizia sono poste da oggi agli ordini di un ministro effettivamente nominato d'accordo col governo tedesco e che quindi presumibilmente non potrà essere dimesso senza il previo consenso del governo medesimo. Il governo austriaco si è inoltre impegnato a consentire determinate attività politiche e in caso di divergenza circa tale impegno, ad affidare le trattative relative con la Germania al predetto ministro di fiducia tedesca. La sola sanzione che apparentemente rimane contro i nazionalsocialisti in guanto tali è l'esilio in Germania previo accordo dei due governi. Il Capo di Stato Maggiore e due alti funzionari vengono nominati d'accordo con la Germania. L'influenza tedesca nell'Esercito prevista dal protocollo è pure molto importante.

Come corrispettivo: affidamenti tedeschi di evitare ingerenze in Austria del partito nazionalsocialista tedesco e le promesse, sperate ed attese dichiarazioni di Hitler per il 20 corrente ...

Con tutto ciò, se le cose rimanessero sia pure al punto in cui sono oggi la partita non sarebbe forse ancora chiusa. Dopo troppe esitazioni e dopo troppe discussioni è uscito, stamane, un governo che non si presenta davvero troppo male. L'Esercito è ancora in mano al generale Zehner e soprattutto le forze della polizia rimangono agli ordini diretti del dottor Skubl. I capi nazisti più estremisti sono certamente altrettanto poco soddisfatti della nomina di Seyss-Inguart guanto lo sono i legittimisti. E se dopo l'amnistia e gli altri provvedimenti è probabile che i nazionalsocialisti riprendano animo e coraggio, non sembra però che il Seyss-lnquart, persona tranquilla e nella quale il Cancelliere afferma di avere fiducia, sia destinato proprio lui a spiantare l'Austria.

Ma la soluzione del problema rimane sempre e soltanto Berlino. E sulle intenzioni di Berlino e sulle alternative che nel pensiero di Berlino sembrano riservate all'Austria si è fin troppo chiaramente espresso l'ambasciatore von Papen in una seduta della Comunità di lavoro austro-tedesca, allorché ha dichiarato, stando a quanto riferisce la Politische Korrespondenz (mio bollettino stampa odierno) «nella mia attività di Ministro del Reich a Vienna ho cercato di far progredire il principio

dell'unità tedesca per via pacifìca e di impedire che il tragico della storia tedesca si accresca di una nuova catastrofe:•>.

È inutile che assicuri V.E. che in questa recente occasione come in ogni altra circostanza, ho cercato costantemente di attenermi alle direttive impartitemi dall'E.V. all'atto della mia partenza per Vienna.

P.S. Con mio telespresso odierno n. 383 2 riferisco circa le impressioni suscitate nei vari ambienti dagli avvenimenti di oggi3 .

166 1 T. 878/35 R. del 16 febbraio. Comunicava la composizione del nuovo governo austriaco che era presentato come «una formazione di concentramento di tutte le forze» nella quale alla nomina di Seyss-lnquart a ministro dell'Interno faceva riscontro la nomina del segretario del Fronte Patriottico, Zernatto, a ministro senza portafoglio.

167

IL MINISTRO A VIENNA, GHIGI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. 672/383. Vienna, 16 febbraio 1938 (per. il 19).

Mio rapporto segreto n. 381 in data odierna 1•

Ho l'onore di riferire sulle impressioni che il rimpasto del Gabinetto Schuschnigg ha suscitato nell'opinione pubblica austriaca. L'annuncio dell'andata di Schuschnigg a Berchtesgaden, anzittutto, aveva provocato grande emozione e fatto sorgere molte voci allarmistiche. Nella popolazione si era convinti che Hitler avrebbe posto all'Austria delle condizioni e nell'ansia di conoscere la loro entità ci si domandava anche cosa sarebbe avvenuto se non fossero state accettate. Si notava così un senso di panico e i giornali insistevano concordi, per frenarlo, sull'assicurazione che Schuschnigg non si sarebbe scostato dalle linee dell' 11 luglio e che nulla ci sarebbe stato dunque da temere per l'indipendenza dell'Austria.

Come nulla era trapelato dell'incontro prima di sabato, 12 febbraio. anniversario per curiosa coincidenza della rivolta socialista del 1934, così dal Ballhaus si mantenne gelosamente il segreto sui risultati dell'incontro stesso. Nei circoli giornalistici si credeva peraltro di potere individuare le richieste hitleriane nella pretesa di tre ministri: Interno, Giustizia e Difesa Nazionale. Diffusesi nella popolazione, queste voci suscitavano nuove apprensioni in quella parte di essa che è ostile al nazismo, mentre non accontentavano pienamente gli illegali ostili a Schuschnigg in via assoluta e per i quali Seyss-Inquart è persona troppo moderata.

Portati a conoscenza del pubblico, nella notte scorsa, il comunicato austro-tedesco2 e il rimpasto del gabinetto Schuschnigg, il primo ha raccolto ben poco interesse, mentre il secondo è stato fatto subito segno a disparati commenti. Questi si riflettono solo parzialmente sulla stampa che, sentendo avvicinarsi nuove e più severe norme di controllo, accenna a una maggiore disciplina e si astiene oggi da asprezze verso i nazionalsocialisti, limitandosi a esprimere

166 ì Il documento ha il visto di M ussolini. 167 1 Vedi D. 166. 167 1 Testo in Rcla::.ioni lnterna::.ionali, p. 125.

la speranza che venga raggiunta una collaborazione leale nel Fronte Patriottico di tutti gli elementi di buona volontà, insistendo al tempo stesso sulla riaffermazione dell'indipendenza austriaca e del monopolio politico costituito dal Fronte Patriottico stesso.

Il rimpasto del Gabinetto, secondo gli elementi più seri del seguito di Schuschnigg, in sostanza rafforza l'autorità del Cancelliere con il quale Hitler ha acconsentito di incontrarsi, dimostrandogli così un certo riconoscimento: inoltre, secondo i citati elementi, il compromesso raggiunto è l'unica forma di prolungare senza pericoli esterni la vita dell'Austria. Sull'efficacia delle nuove misure di conciliazione si dimostra peraltro generalmente uno scetticismo che neppure si tenta di celare. Per i nazisti, come si è detto, che reclamano un'influenza decisiva sul governo, il passo innanzi compiuto non è considerato sufficiente. Per quanto, chiamando nel gabinetto come Segretario di Stato per la protezione degli operai il metallurgico Watzek, Schuschnigg abbia cercato di dare soddisfazione anche alle correnti di sinistra che tuttora persistono nella massa lavoratrice, tali correnti vedono nei recenti eventi un nuovo scivolamento verso il nazionalsocialismo. Più delusi di tutti sono peraltro i clericali e i legittimisti: i primi per ragioni anche interne, data l'influenza che sentono di perdere sempre più nella direzione dello Stato federale, i secondi perché speravano da Schuschnigg un corso tutto affatto opposto, verso sinistra e con una maggiore tolleranza delle correnti ancora superstiti della vita di partito.

Soddisfatti sembrano invece quei circoli economico-industriali che auspicano buona armonia con la Germania e stretta collaborazione, rilevando le difficoltà che finora si sono opposte a questa, e d'altra parte la necessità per l'Austria di appoggiarsi alla potente industria tedesca. Sono pure contenti gli elementi che, nella burocrazia e nelle varie pubbliche amministrazioni, non vogliono compromettersi verso i nazisti, ma neppure dimostrare avversione ad essi, ritenendo il loro avvento al potere o addirittura l' Anschluss, una possibilità da non trascurare. Questi elementi desiderano essere fedeli al governo e contemporaneamente non dispiacere a quelli che potrebbero essere i componenti di un governo nuovo, in

. .

un prossimo avvemre.

Riassumendo, l'attitudine della maggioranza del popolo austriaco è ispirata in questo momento a un senso di grave attesa. Si comprende che si sta tentando un nuovo esperimento e che, se dovesse fallire, sempre più difficili riuscirebbero gli altri sotto le stesse premesse. Questo fa sperare agli amanti dell'ordine una maggiore disciplina della stampa e dei circoli veramente patriottici della popolazione. Anche se, come abbiamo visto, vari ambienti sono scontenti, al fondo di questa scontentezza è il riconoscimento che forse non si poteva fare altrimenti, e anche un senso di gratitudine per il Cancelliere Schuschnigg, che si pensa non abbia aderito a cuor leggero alla nuova situazione impostagli da una necessità che molti definiscono storica.

Mi pregio accludere una completa rassegna degli articoli comparsi dall'incontro di Berchtesgaden ad oggi sulla stampa viennese'.

166 1 Vedi D. 167.

167 3 Il documento ha il visto di Mussolini.

168

L'AMBASCIATORE A LONDRA, GRANDI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PERSONALE 909/122 R. Londra, 17 febbraio 1938, ore 20,02 (per. ore 1,36 del 18).

Desidero ad ogni buon fine informarti che avantieri Eden e Plymouth mi hanno fatto domandare se mi fosse pervenuta una risposta da Roma circa quanto era stato oggetto nostre conversazioni di martedì e giovedì scorso 1•

Ho fatto rispondere che evidentemente nessuna risposta poteva essermi ancora giunta, essendo i miei rapporti pervenuti a Roma nella giornata di sabato e dovendo essi formare oggetto attento esame da parte governo fascista nonché di successivi scambi vedute tra Roma e Berlino circa la proposta britannica concernente ritiro volontari.

Stamane giovedì, Eden mi ha fatto telefonare nuovamente pregandomi di andarlo a trovare in mattinata poiché desiderava parlarmi.

Poco dopo nota persona 2 è venuta a dirmi a nome di Chamberlain che avvenimenti austriaci avevano fatto profonda impressione negli ambienti del governo e che tuttociò rendeva di maggiore interesse esame della situazione dei rapporti italo-inglesi e l'opportunità di un definitivo chiarimento.

Ho fatto rispondere a Eden allegando un pretesto per rimandare nostro incontro a uno dei prossimi giorni.

Ho risposto a noto fiduciario di Chamberlain che ormai io consideravo esaurito scambio di vedute preliminari fra me e Eden e che quindi non rimaneva che fissare la data inizio delle conversazioni Ciano-Perth a Roma. Ho soggiunto che avvenimenti austriaci non (dico non) introducevano a mio avviso, alcun elemento nuovo nella situazione dei rapporti italo-inglesi e che sull'argomento dell'Austria il governo italiano non (dico non) aveva nulla da dire al governo britannico.

I motivi tattici di questa mia attitudine, sia con Eden, sia con Chamberlain, sono i seguenti:

l) Desidero prima di nuovi contatti, prendere visione anzitutto della lettera 3 da te cortesemente preannunziata;

2) Credo opportuno dare agli inglesi e particolarmente in questi giorni la netta impressione che noi siamo come siamo, tranquillissimi, che non abbiamo nessuna fretta e, poiché Eden tre giorni fa nel suo discorso di Birmingham 4 ha parlato delle necessità di andare adagio, da parte nostra di mostrare che pensiamo

lo stesso. Occorre evitare inoltre che il governo britannico abbia l'impressione che gli avvenimenti austriaci possano comunque fornire il pretesto per fare slittare su diverso terreno le progettate conversazioni italo-inglesi, soprattutto dopo la risposta grottesca data ieri ai Comuni da Eden, e cioè che l'Italia non aveva «ancora» consultato il governo britannico secondo quanto previsto dal Protocollo di Stresa.

168 1 Riferimento alla questione della formula del «progresso sostanziale» per il ritiro dei volontari stranieri dalla Spagna. Grandi ne aveva discusso giovedì IO febbraio con Eden (vedi D. 138); con Plymouth aveva avuto un colloquio in proposito il 9 febbraio (vedi D. 126) che però era mercoledì. 168 2 Riferimento all'avvocato Dingli. 168 3 Vedi D. 163. 168 4 In un discorso tenuto il 12 febbraio -e non il 14 come qui indicato-alla Associazione dei giovani conservatori, a Birmingham, Eden aveva sottolineato che la politica estera del governo britannico doveva mirare ad assicurare la pace anche per l'avvenire e che perciò nelle trattative non potevano essere sacrificati i principi per ottenere <<rapidi risultati che rischiano di non essere duraturi».

169

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 926/014 R. Berlino, 17 febbraio 1938 (per. il 18).

L'ultima conversazione avuta con Ribbentrop a proposito dell'incontro HitlerSchuschnigg1 mi ha convinto che l'incontro stesso non era affatto opera del nuovo ministro degli Esteri, ma bensì apparteneva ancora al periodo Neurath. Ho creduto quindi opportuno di avere un abboccamento con quest'ultimo.

Neurath mi ha effettivamente confermato che la preparazione dell'incontro era stata curata da lui. Egli aveva da molto tempo la sensazione che le cose a Vienna non andassero bene e che la situazione interna fosse più che mai incerta e gravida di pericoli. Se una qualche agitazione a sfondo nazista si fosse prodotta e qualche incidente ne fosse seguito, con una conseguente forte reazione da parte austriaca, nulla avrebbe potuto impedire, mi diceva Neurath, che si reagisse anche da parte tedesca, mettendo quindi il ministro degli Esteri e lo stesso Fiihrer di fronte ad imbarazzi e complicazioni internazionali.

Neurath ebbe quindi l'idea di un incontro fra i due uomini ma lo stesso Fiihrer per molto tempo resistette, mostrandosi incline a cedere soltanto dopo il suo ritorno a Berlino dalle vacanze natalizie e di capodanno. Fu così che in un primo momento, si pensò ad organizzare l'incontro per il giorno 25 di gennaio. Si stavano per incominciare allo scopo gli opportuni approcci, quando sopravvenne lo scandalo Blomberg. La cosa quindi automaticamente cadde.

Senonché, avendo poi il Fiihrer deciso, come completamento ai provvedimenti militari, di prendere anche dei provvedimenti nel campo politico e diplomatico ed avendo, tra l'altro, deciso il richiamo di von Papen (assolutamente inviso al Partito anche per le sue propensioni in materia di politica religiosa) questi fece presente l'opportunità che, prima del suo richiamo definitivo, l'idea dell'incontro, ormai maturatasi, fosse condotta a termine.

Il Fiihrer consentì ed ecco l'incontro di Berchtesgaden, i cui risultati permettono al Fiihrer di mantenere integri il quadro e lo spirito degli Accordi dell' 11 luglio e ciò contrariamente agli elementi estremisti del Partito che naturalmente continuano a desiderare soluzioni di forza.

Come conseguenza della nuova situazione, il barone von Neurath mi diceva che molto probabilmente tanto il Leopold quanto lo stesso Tavs saranno costretti

a rifugiarsi in Germania. Ciò creerà delle nuove reazioni da parte del Partito ma il Fuhrer sembra risoluto a resistere.

Nuovo ministro a Vienna in sostituzione di von Papen sarà quasi certamente il console generale Kriebl, uno dei primi diplomatici appartenenti al partito nazionalsocialista ma considerato tuttavia come elemento assai ragionevole e moderato.

Neurath mi ha confermato questa mattina che, in occasione della sua famosa visita a Berlino 2 , lord Halifax aveva chiaramente fatto intendere che l'Inghilterra avrebbe accettato per l'Austria quella qualunque soluzione che fosse piaciuta alla Germania, purché perseguita ed ottenuta pacificamente. Il governo tedesco non comprende quindi come mai l'Inghilterra abbia l'aria di scandalizzarsi per i risultati dell'incontro Schuschnigg-Hitler'·.

169 1 Vedi D. 148.

170

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 925/016 R. Berlino, 17 febbraio 1938 (per. il 18).

Mio telegramma n. 42 in data odierna 1•

Il R. addetto stampa, da me incaricato di ulteriori accertamenti in materia, mi riferisce che, secondo informazioni di questa legazione d'Austria, il partito nazionalsocialista tedesco non solo è insoddisfatto ma quasi furibondo della nuova soluzione conciliativa data alla questione austriaca e che soltanto il riguardo dovuto al Fiihrer -che ha personalmente avallato la soluzione stessa nelle sue conversazioni di Berchtesgaden -gli impedisce di manifestare pubblicamente il suo malcontento.

La ragione di ciò, sempre secondo le stesse fonti va ricercata nel fatto che il Seyss-Inquart, ora nominato ministro dell'Interno e della Pubblica Sicurezza in Austria, è stato sempre decisamente ostile al Leopold, capo dell'ala numericamente più forte e più radicale del nazionalsocialismo austriaco. Gli elementi più radicali del partito in Germania avrebbero voluto vedere lo stesso Leopold, e non altri, in una posizione dirigente in Austria e vedrebbero quindi con rammarico ogni eventuale successo dell'esperimento Seyss-Inquart. Non si esclude, quindi, che le più forti difficoltà alla riuscita dell'esperimento stesso vengano, direttamente o indirettamente, da quella parte.

Sempre negli ambienti della legazione d'Austria si diceva oggi che il dissenso fra «politici» e «radicali» tedeschi nei riguardi del nuovo accordo, sia senza paragone più forte di quello che fosse per l'Accordo dell'Il luglio.

169 2 Vedi D. 73, nota 2. 169 3 L'ultima parte di questo telegramma concernente le dichiarazioni di lord Halifax era ritrasmessa da Ciano all'ambasciata a Parigi con la seguente aggiunta: «Interesserebbe che tale notizia fosse conosciuta da codesti ambienti politici, senza però che risultasse che è stata messa in circolazione da noi» (T. 164/36 R. del 19 febbraio). 170 1 Il 16 febbraio, Ciano aveva chiesto ad Attolico -con T. 147/33 R. -di telegrafare circa le ripercussioni suscitate negli ambienti nazionalsocialisti dall'incontro di Berchtesgaden tra Hitler e Schuschnigg. Con T. 890/42 R. del 17 febbraio Attolico aveva risposto di ritenere che l'accoglienza fosse stata positiva, salvo che nei circoli estremisti. ostili a qualsiasi accordo perché desiderosi di giungere ad una soluzione totalitaria.

171

L'AMBASCIATORE A BRUXELLES, PREZIOSI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 977/ ... R. Bruxelles, 17 febbraio 1938 (per. il 21).

L'incontro Hitler-Schuschnigg, ed i conseguenti avvenimenti, hanno qui destato sorpresa e profonda impressione.

In un primo tempo si è creduto ed affermato che tanto Vienna quanto Berlino siano uscite dall'incontro di Berchtesgaden senza apprezzabili vantaggi e che Hitler e Schuschnigg si siano lasciati senza aver abbandonato le rispettive posizioni. Ma dopo la pubblicazione dei comunicati ufficiosi austriaci e tedeschi e dopo i provvedimenti presi dal Cancelliere Schuschnigg, l'opinione belga si è dimostrata unanime nel ritenere che Hitler abbia riportato un incontestabile e clamoroso successo e che l'Austria, specie dopo l'introduzione nel governo di elementi notoriamente filonazisti e il viaggio del nuovo ministro degli Interni a Berlino, sia ormai caduta in uno stato di vassallaggio nei confronti del Reich.

Per quanto riguarda la stampa, mentre gli organi democratici -e soprattutto quelli di estrema sinistra e quelli direttamente ispirati dal Quai d'Orsay -hanno cercato di drammatizzare gli avvenimenti, avvalorando ogni più dubbia e tendenziosa informazione ed ostentando allarme e pessimismo circa l'evoluzione che gli avvenimenti austriaci avrebbero potuto far subire a1la situazione europea e specialmente sud-orientale, gli organi conservatori si sono vivacemente levati contro l'infausta politica sanzionistica e contro il blocco delle Potenze dominate daJJ'ideologia antifascista, attribuendo a questi l'indiretta responsabilità di quanto è accaduto. È stato precisamente ricordato che la Germania si sarebbe ben guardata daJJ'agire come ha fatto nei confronti dell'Austria se non avesse avuto la sicurezza di una benevola neutralità italiana e della impotenza anglo-francese. Per i suddetti giornali è stata appunto la politica anti-italiana svolta dalle democrazie occidentali e da Ginevra che, favorendo l'affermarsi dell'asse Roma-Berlino, avrebbe in pari tempo favorito l'impresa tedesca sopra l'Austria. Alcuni giornali hanno inoltre espresso l'opinione che il Duce abbia, se non direttamente aiutato, per lo meno permesso, adottando un atteggiamento di indifferenza, la concretizzazione deJI'azione tedesca.

Senonché gli organi ufficiosi -e, primo fra tutti, l' Indépendance Beige -hanno mostrato di giudicare gli avvenimenti con la necessaria obbiettività. La suddetta Indépendance ha infatti rilevato che la situazione non andava drammatizzata, in quanto gli avvenimenti austriaci non rappresentavano che l'applicazione normale e fatale degli accordi stipulati fra i due governi interessati con l'istrumento diplomatico deJI'll luglio 1936.

È stato infine dato grande rilievo aJla nota pubblicata dalla Informazione Diplomatica 1 circa l'atteggiamento italiano nei confronti degli avvenimenti austriaci.

171 1 Vedi D. 173.

172

L'AMBASCIATORE A BRUXELLES, PREZIOSI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 978/010 R. Bruxelles, 17 febbraio 1938 (per. il 21).

Mio telegramma n. 20 1 .

Spaak mi ha pregato di passare da lui, desiderando mettermi al corrente della questione relativa al riconoscimento del nostro Impero.

Mi ha detto che l'ultimo Consiglio dei ministri aveva riconosciuto che la normalizzazione dei rapporti diplomatici italo-belgi doveva avvenire al più presto, dandogli mandato di accedervi, stante le note difficoltà di carattere interno, solo quando gli si fosse offerta una conveniente occasione. Egli aspettava con impazienza questa opportunità. Temeva intanto grandemente l'opposizione di taluni parlamentari, come il senatore Rolin (che ha minacciato di dimettersi dal partito), il deputato Brunfaut, ed altri; e si preoccupava pure della grave impressione che si sarebbe prodotta in Italia pel fatto degli eccessi che questi elementi avrebbero commesso contro il nostro Paese durante i dibattiti parlamentari, in seguito all'eventuale riconoscimento.

Come che sia, la remora non avrebbe oltrepassato due o tre settimane. In ogni caso, qualora in tale lasso di tempo non fosse intervenuta una decisione, la questione sarebbe stata immediatamente ripresa dal Consiglio dei ministri, le due opposte tendenze essendo ormai decise di sboccare ad una definitiva risoluzione, fosse pure a prezzo di una crisi ministeriale. Tuttavia egli confidava sempre in un favorevole componimento, specie se aiutato da eventuali felici concomitanze internazionali, atte a premere sulla riluttanza dei socialisti.

Ho risposto che io non vedevo, stante anche il non ostile atteggiamento della maggioranza dei socialisti, alcuno degli ostacoli cui egli aveva fatto allusione. Avevo anzi l'impressione che ogni indugio potesse ormai pregiudicare, apparendo ingiustificato, la sua stessa personale situazione politica.

Spaak ha risposto che se così fosse realmente stato egli avrebbe già provveduto alla nomina di un ambasciatore. La sua posizione era al contrario assai difficile ed il suo disagio era aggravato dal fatto che la Svezia, anziché precederlo, aveva ormai deciso di subordinare il suo riconoscimento soltanto a quello del Belgio. Della Finlandia non era poi neppure a parlare.

Per quanto concerneva i socialisti, egli non esitava a confidarmi che la direzione del partito gli aveva dato il benestare, alla vigilia stessa della sua partenza per Ginevra, solo nel caso in cui la Svezia e la Finlandia si fossero colà unite a lui (mio telegramma-filo n. 11)2.

Non essendo ciò avvenuto, egli aveva tenuto a riunire di nuovo due giorni fa (mio telegramma n. 21) 3 l'Ufficio Centrale socialista, per intrattenerlo sulla nuova

172 2 T. 412111 R. del 25 gennaio. Riferiva che, in Belgio, le difficoltà che si frapponevano al riconosci mento dell'Impero italiano sembravano superate, dato che anche i socialisti del gruppo Vandervelde si mostravano possibilisti. 172 3 T. 860/21 R. del 15 febbraio. Riferiva di avere appreso che erano state date istruzioni all'incaricato d'affari del Belgio a Roma di comunicare ufficialmente a Palazzo Chigi che il governo belga aveva deciso di normalizzare i rapporti diplomatici tra i due Paesi ma che la nomina dell'ambasciatore a Roma avrebbe subito qualche ritardo «per ragioni di opportunità».

situazione. Ne aveva ricevuto un nuovo mandato generico di fiducia: ma ecco che ieri sera una parte della sinistra socialista gli aveva notificato la sua vivissima opposizione al riconoscimento, esigendo una nuova riunione del predetto Ufficio Centrale. D'altra parte, i socialisti, che si dimostravano non contrari, erano in realtà tutti pronti a gettare, a riconoscimento avvenuto, ogni responsabilità sulle sue spalle: d'onde la sua estrema cura di interpellare, ad ogni passo, la direzione del partito, onde non restarne la vittima.

Ho voluto dilungarmi sulle cose dettemi da Spaak perché esse rivelano il suo vero stato d'animo. Egli è as~olutamente bene intenzionato; ha fatto realmente tutto il suo possibile per persuadere il governo svedese ad accompagnarsi a lui; e si è adoperato e si adopera con ogni impegno per trarre seco i socialisti. Senonché il timore di perdere la sua situazione in seno al proprio partito è talmente grande che egli va incessantemente alla ricerca di ogni avvenimento estero, che per poco gli appaia atto da una parte a sommare la responsabilità della sua iniziativa di fronte alle intimidazioni ricevute sovrattutto dalla Francia, e dall'altra a convincere i suoi compagni di partito dell'ineluttabilità del provvedimento. Ed il suo stato d'animo è tale che non è da escludere che egli possa financo finire col dare le sue dimissioni e ciò specie se il suo collega socialista delle Finanze sia per ricorrere anche lui, come ne corre voce, allo stesso sotterfugio, onde sottrarsi all'opposizione che gli minacciano i cattolici, nell'eventualità di nuovi oneri fiscali. A ogni modo ogni dubbio verrà definitivamente dissipato fra pochi giorni, la questione dovendo necessariamente venire a maturazione con lo scadere della remora delle due settimane, di cui è cenno innanzi.

Infine, nel corso della conversazione, Spaak mi ha chiesto, studiandosi visibilmente di non stabilire alcuna relazione fra la sua domanda e la questione del riconoscimento (mio telegramma per corriere n. 08) 4, notizie circa le conversazioni italo-inglesi, lo stato dei nostri rapporti con la Francia e la situazione in Austria.

172 1 Vedi D. 141.

173

NOTA N. 15 DELL'INFORMAZIONE DIPLOMATICA

Roma, 17 febbraio 1938.

L'incontro fra il Fiihrer e il Cancelliere Schuschnigg, e i mutamenti nella costituzione del suo Gabinetto ai quali il Cancelliere ha proceduto in questi giorni, hanno offerto a una parte della stampa internazionale occasione per assurdi e talora ridicoli commenti sull'atteggiamento dell'Italia di fronte a questi avvenimenti e sulle conseguenze che essi potranno avere sulla situazione politica dell'Europa centrale.

È bene, però, mettere in chiaro alcuni fatti e alcuni dati, che meglio di ogni induzione valgono a fare intendere quella che è stata ed è la posizione e l'azione del Governo fascista.

Negli ambienti responsabili italiani l'incontro di Berchtesgaden e le decisioni del Cancelliere Schuschnigg sono considerati come il naturale svolgimento delle relazioni tra la Germania e l'Austria, quali esse furono poste dall'accordo dell'li luglio 1936, sulle basi di una mutua e sincera collaborazione tra i due Paesi, collaborazione che fu salutata con aperto favore dal Governo italiano come l'inizio di un'era di pacificazione tra due popoli, che sono profondamente legati fra loro dalla razza, dalla lingua e dalle comune cultura.

L'accordo dell' 11 luglio fissava il carattere essenziale delle relazioni austrotedesche nella precisa dichiarazione dell'Austria di «essere uno Stato tedesco» e doveva logicamente, come in questi due anni costantemente è avvenuto, preparare la via a un'intesa tra l'Austria e la Germania, fondata sopra una realtà che non poteva essere da alcuno disconosciuta.

Immaginare l'indipendenza dell'Austria in permanente funzione antigermanica, come pretenderebbero ad esempio taluni ambienti francesi, è semplicemente assurdo.

È stato merito della politica italiana avere compreso il significato e la portata dell'accordo dell'Il luglio in tutta la sua pienezza. Questa è stata l'azione svolta con continuità e con coerenza dall'Italia nelle riunioni tripartite di Vienna, nel novembre 1936, e di Budapest, nel gennaio di quest'anno, e che ha trovato nella dichiarazione comune del 12 gennaio 2 la sua precisa formulazione.

Il Governo fascista ha sempre considerato e considera che la cordiale convivenza e la stretta collaborazione fra i due Stati tedeschi non solo rispondono a quelle che sono le condizioni immutabili della realtà, ma a quelli che sono gli essenziali interessi di pace e di tranquillità nell'Europa centrale.

Questi interessi l'Italia ha costantemente preservati e difesi contro tutti i tentativi di provocare e di sviluppare nell'Europa centrale i germi di un conflitto, e per questo essa ha seguito e appoggiato l'opera che, in pieno accordo con essa, il Cancelliere Schuschnigg ha coraggiosamente perseguita, il che gli dovrebbe valere la simpatia di quanti in Europa sono veramente favorevoli a una politica d'intesa e di pace.

172 4 Vedi D. 141, nota l. 173 1 La nota fu redatta da Ciano.

174

IL MINISTRO A PRAGA, DE FACENDIS, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 910/23 R. Praga, 18 febbraio 1938, ore 2 (per. ore 3,20).

Telegramma V.E. n. 148 del 16 corrente 1 .

Qui si dichiara esser ottimisti circa raggiunto accordo austro-germanico e sono state date istruzioni ai rappresentanti cecoslovacchi all'estero di considerare e far considerare avvenimenti con serenità. In realtà, però, sfere ufficiali e maggioranza opinione pubblica sono seriamente preoccupati e vedono buio l'avvenire del Paese.

174 1 Con T. 148/c. R. del 16 febbraio indirizzato alle legazioni a Belgrado, Budapest e Praga, Ciano aveva chiesto di riferire su le impressioni degli ambienti governativi circa i risultati dell'incontro di Berchtesgaden tra Hitler e Schuschnigg.

Si ritiene che accordo sia risultato imposizione di Hitler cui Schuschnigg ha dovuto sottomettersi. Ciò toglie ultime illusioni circa esitazioni del nazismo pel raggiungimento integrale sue finalità. Messo in rapporto incontro Berchtesgaden con avvenimento 4 febbraio, si riconosce «Hitler ha agito fermamente e coraggiosamente secondo piano preciso e particolareggiato». Epperò, mentre si mostra soddisfazione per nuova fase stabilità (anche se provvisoria) nei rapporti austro-tedeschi, si resta in malsicura attesa sviluppi che potrà assumere politica nazista verso Cecoslovacchia.

Si rileva con amarezza come atteggiamento Italia metta ormai fine a tutte le speculazioni circa sincerità collaborazione italo-tedesca in relazione questione austriaca. A tale proposito, mentre alcune correnti si indugiano ancora a mettere in evidenza pericoli per Italia espansionismo germanico, altre rimproverano questi governanti l'asservimento di Praga a Parigi ed a Londra il cui egoismo politico ha «lancia t o Italia nelle braccia Germania».

Si attendono ansiosamente le dichiarazioni di Hitler pel 20 2 , e quelle di Schuschnigg pel 24 corrente3 .

173 2 Vedi D. 35.

175

L'AMBASCIATORE A VARSAVIA, ARONE, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 923/28 R. Varsavia, 18 febbraio 1938, ore 13,10 (per. ore 17,30).

I recenti avvenimenti d'Austria vengono esposti qui con palese nervosismo. Mi risulta che a questo ministero degli Affari Esteri si è molto preoccupati. Lo stesso Beck aveva creduto fino a qualche giorno fa che i mutamenti nelle cariche direttive in Germania non dovessero avere almeno per il momento ripercussioni di carattere esterno. Oggi si reputa invece che, data l'attuale situazione europea, essa avrà ormai agio di svolgere in Austria un programma Metodico di assorbimento, ritenuto qui pregiudizievole alla Polonia.

176

L'AMBASCIATORE A MOSCA, ROSSO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 924/28 R. Mosca, 18 febbraio 1938, ore 13,18 (per. ore 17,30).

Stampa locale, evidentemente ispirata, interpreta recenti avvenimenti austriaci come tappa decisiva verso Anschluss.

Asserita capitolazione di Schuschnigg attribuita a due fattori principali:

I. Collusione fra Hitler e M ussolini basata su promessa di appoggio reciproco nel Bacino Danubiano e nel Mediterraneo;

2. Negato appoggio dell'Inghilterra oramai disposta accettare come inevitabile annessione tedesca dell'Austria.

174 2 Vedi DD. 195 e 204. 174 3 Vedi D. 234.

177

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. URGENTISSIMO 9i 9/45 R. Berlino. 18 febbraio 1938, ore 14,49 (per. ore 15,20).

Da buona fonte giornalistica tedesca si riferisce che gli accordi del 12 febbraio sarebbero suscettibili di ulteriori importanti sviluppi. Così, fra due mesi si procederebbe ad un nuovo rimpasto ministeriale con ulteriore aumento del numero dei ministri nazionalsocialisti: si arriverebbe all'inserzione di un blocco dei nazionalsocialisti austriaci nel Fronte Patriottico che a sua volta sarebbe epurato degli elementi più ostili al nazionalsocialismo.

Sviluppi altrettanto importanti si avrebbero poi nel campo economico mediante attuazione di una serie di provvedimenti intesi preparare una specie di unione economica doganale. Le due valute, senza essere unificate, verrebbero messe fra loro in un rapporto costante. Accordo inoltre sarebbe concluso per lo scambio oltre che di merci basiche, anche di operai: ciò che dovrebbe facilitare attezzamento tecnico dell'Austria mediante concorso tedesco.

Nessun provvedimento invece, almeno per ora, sarebbe preso nel campo militare. Mi riservo controllare. Vedrà intanto V.E. se non sia il caso di controllare anche Vienna 1•

178

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, AL MINISTRO A VIENNA, GHIGI

T. S.N.D. 156/16 R. 1 Roma, 18 febbraio 1938, ore 16.

Da fonte sicura risulta che negli ambienti politici francesi viene detto, attribuendo agli austriaci l'origine della notizia, che il Duce avrebbe consigliato il

R. del 18 febbraio). 178 1 Minuta autografa di Ciano.

Cancelliere a fare le note concessioni alla Germania. Ciò è inesatto. Noi ci siamo limitati a dire che l'operato del Cancelliere era da noi «approvato e totalmente compreso» soltanto dopo che egli ci aveva fatto conoscere quanto ormai era stato deciso dato che non esisteva per lui alternativa di sorta 2 . Prego V. S. far presente quanto precede e far conoscere a codeste Autorità che è opportuno che nei colloqui col ministro di Francia 3, sia chiarito questo punto 4.

177 1 Lo stesso giorno, l'ambasciatore Auolico telegrafava di avere accertato in un colloquio con von Weizsacker che le voci di un'unione doganale austro-tedesca non avevano fondamento ma che sarebbe stato creato a Vienna un ut1ìcio incaricato di trattare gli affari economici tra i due Paesi. Risultava anche esserci l'intenzione di rendere più stretti i rapporti tra i più alti ufficiali dei due eserciti (T. 937/50

179

L'INCARICATO D'AFFARI A BUDAPEST, FORMENTINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 930/16 R. Budapest, 18 febbraio 1938, ore 16,30 (per. ore 19,30).

Telegramma di V.E. 148/c. del 16 corrente 1 .

Nei circoli governativi parlando con persone aventi veste ufficiale si mostra credere che i risultati dei colloqui fra Schuschnigg e Hitler rappresentino una transazione fra le parti nel rispetto dei due principi dell'indipendenza dell'Austria e del riconoscimento dell'unità tedesca. Le decisioni di Berchtesgaden non rappresenterebbero che un logico sviluppo dell'Accordo dell' 11 luglio 1936 col quale vennero fissate le basi della collaborazione austro-tedesca e sono pertanto salutate come il consolidamento di una intesa raggiunta fra due Nazioni amiche dell'Ungheria. Tali idee hanno avuto riscontro anche nella stampa ufficiosa.

Mi risulta peraltro che il linguaggio tenuto da vari membri del governo in conversazioni confidenziali con amici o in ambienti a loro vicini è alquanto differente. Si crede infatti in generale che Schuschnigg abbia dovuto subire una vera e propria imposizione da parte Hitler e che quanto è avvenuto rappresenti il primo grande passo verso Anschluss. L'azione della Germania sarebbe stata in un certo senso facilitata anche dall'attitudine dell'Italia e dell'Inghilterra distratte ed assorbite da altri problemi.

Senza pensare che situazione creatasi in Austria possa avere delle conseguenze immediate in Ungheria, si sconta però fin da ora il pericolo che essa potrà rappresentare in un prossimo avvenire (mio telegramma per corriere 018 del 9 corrente)Z.

Si attendono comunque gli annunziati prossimi discorsi di Hitler3 e Schuschnigg4 nei quali questi circoli governativi sperano saranno contenute dichiarazioni tranquillizzanti.

178 1 Gabriel Puaux. 178 4 Si vedano per il seguito i DD. 189 e 199. 179 1 Vedi D. 174, nota l. 179 2 T. per corriere 747/018 R. del 9 febbraio. Riferiva che nelle alte sfere militari ungheresi i recenti mutamenti in Germania avevano destato apprensione perché si temeva che l'accentramento del comando delle Forze Armate nelle mani di Hitler e di esponenti nazisti potesse preludere ad un intervento in Austria e, in un secondo tempo, in Ungheria.

179 4 Vedi D. 234.

178 2 Vedi D. 153.

179 3 Vedi DD. 195 e 204.

180

L'AMBASCIATORE AD ANKARA, GALLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 943/28 R. e 944/29 R. Ankara, 18 febbraio 1938, ore 21 (per. ore 2 del 19).

Telegramma di V.E. n. 18 del 14 corrente 1• Stamane Numan mi ha detto a titolo personale di aver preparato un suo progetto di deliberazione da approvarsi da Intesa Balcanica.

Ha premesso che non si voleva prendere di fronte Inghilterra, né urtare sovieti, però si desidera realmente ed effettivamente mettere parola «fine» a questione abissina per quel che la riguardava ed incoraggiare Inghilterra a fare altrettanto. Mi ha poi letto lunghissimo progetto di deliberazione dove con frasi diluite si parla dei rapporti con Intesa Balcanica, con grandi Potenze e sua posizione Mediterraneo. Si passa quindi alla questione abissina, all'applicazione sanzioni ed alla situazione attuale nei riguardi dell'Impero, già riconosciuto dalla Jugoslavia e che Romania si prepara a riconoscere, per affermare che Grecia e Turchia, le quali hanno già Trattato di amicizia con l'Italia 2 , vogliono uniformare questa loro amicizia alla nuova situazione etiopica. Si unisce poi tale desiderio al desiderio italiano aderire a Montreux in uno spirito generale di collaborazione.

Sforzo evidente delle varie circonlocuzioni adoperate è quello di lasciar comprendere la volontà del riconoscimento dell'Impero senza esprimerlo a chiare note.

Ho risposto a Numan che non mi era possibile dirgli subito tutta mia opinione senza rileggere io stesso e riflettere attentamente sulla complessa dichiarazione così piena di sottigliezze e di sfumature. Come prima impressione potevo osservare che se la Turchia temeva offendere o turbare i sogni dell'Inghilterra essa poteva rimandare sua decisione, né i rapporti italo-turchi sarebbero per questo mutati. Noi eravamo grati se si addiveniva a tale riconoscimento, ma non impazienti. Non comprendevo però quale rapporto vi fosse tra relazioni italo-inglesi, da inserire nella dichiarazione circa riconoscimento Impero (lo ha subito riconosciuto ed ha cancellato frasi relative). Non ero poi ben sicuro che, pur confermandogli nostra intenzione di aderire a Montreux dopo il riconoscimento dell'Impero, V.E. avrebbe accettato che vi fosse, come nel caso presente, un abbinamento fra i due atti. Inoltre, la dichiarazione della Intesa Balcanica supponeva un atto successivo di comunicazione all'Italia. Quale era quello cui pensava la Turchia e quando lo farebbe?

Numan, dopo avermi risposto che atto successivo potrebbe essere una immediata dichiarazione di Aras a V.E. che questione Abissinia era chiusa per la Turchia (come la dichiarazione polacca) oppure presentazione nuove credenziali ambasciatore di Turchia a Roma, ha concluso riesaminererebbe di nuovo con Aras il progetto di dichiarazione e me lo sottoporrebbe lunedì venturo.

In attesa nuovo testo, gli ho detto, non telegraferò ancora niente a Roma.

180 2 Si veda per il trattato tra Grecia e Italia il D. 131. nota 3 c per il trattato tra Italia e Turchia il

D. 63, nota 3.

Richiamo attenzione di V.E. su mio telespresso 14 corrente n. 274/143 3 e telegramma per corriere n. 010 che arriverà costà martedì 22 4•

180 1 Vedi D. 152, che è del 15 febbraio.

181

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. RISERVATO 935/49 R. Berlino, 18 febbraio 1938, ore 21,49 (per. ore 23,15).

Telegramma di V.E. 2290/31 del 13 corrente 1 . Istruzioni che delegato tedesco a Londra riceverà saranno seguenti:

l. Iniziare la discussione sul numero l;

2. Data sicura impossibilità dell'accettazione del numero l, passare al n. 2, il quale però nella formulazione tedesca si differenzia dalla nostra in modo da rendere opportuna una preventiva presa di contatto Grandi-Woermann (vedi mio telegramma n. 35) 2 ;

3. Tenere presente cifra massima del 33 per cento, per quanto qui non si

ritenga che nelle prossime sedute si giunga a discussioni sulla cifra.

182

L'AMBASCIATORE A SALAMANCA, VIOLA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 942/27 R. Salamanca, 18 febbraio 1938, ore 24 (per. ore 4,30 del 19).

Franco apprezzando moltissimo cortesia dell'E.V. di presentirlo in merito questioni di cui al telegramma di V.E. n. 132 1 mi ha pregato comunicare quanto segue:

l. Egli ha sempre ritenuto che riconoscimento diritti beJiigeranza non debba dipendere da ritiro volontari. Tale punto di vista del resto, a quanto risultavagli,

180 o Vedi D. 151. 180 4 Con T. per corriere 1035/010 R. del 17 febbraio, l'ambasciatore Galli chiedeva conferma che il punto 2 delle istruzioni di cui al D. 152 dovesse essere inteso nel senso che un 'adesione dell'Italia alla Convenzione di Montreux poteva avere luogo soltanto dopo il riconoscimento dell'Impero da parte della Turchia, così da marcare che le due questioni non erano collegate fra loro. 181 1 Vedi D. 146, nota 5. 181 2 T. 779/35 R. dell'li febbraio relativo ad un colloquio con von Weizsacker. Circa la «seconda eventualità», von Weizsacker aveva parlato di ohhliKo anziché di jàcoltà lasciata alle commissioni di avvicinare le parti per determinare i «termini» entro cui eseguire i rimpatri dei volontari. 182 1 Sic. Leggasi 138, qui pubblicato come D. 146.

211 era condiviso dal R. governo, motivo per cui non riteneva doveroso insistere su argomenti a favore sua tesi.

Franco desidera però segnalare la speculazione già in atto nella stampa della Spagna Rossa ed in quella simpatizzante di altri Paesi democratici, tendenti a fare apparire la decisione del ritiro dei volontari della zona nazionale come un affievolimento dei vincoli di solidarietà esistenti tra Spagna Nazionale e suoi alleati; egli vorrebbe pertanto attirare attenzione del R. governo sulla opportunità di non prestarsi a tali manovre.

2. Egli reputa in ogni modo che converrebbe ottenere prima serie garanzie che volontari evacuati da zona rossa non vi ritornino, l'esperienza avendo dimostrato che le garanzie offerte da Comitato non intervento sono state finora illusorie.

Stabilito il momento in cui si dovrebbe effettuare ritiro volontari, converrebbe decidere di evacuarne uguale numero dalle due parti, giacché il criterio del ritiro proporzionale rappresenterebbe soltanto un vantaggio per i Rossi data l'organizzazione delle Brigate Internazionali la quale consente il camuffamento delle nazionalità.

I tre sistemi proposti, a suo avviso, non permettono di conoscere la portata dell'impegno da contrarre, per cui sarebbe preferibile che il numero dei volontari da ritirare venisse fissato dal Comitato di non intervento e sottoposto all'approvazione del governo nazionale prima di giungere ad un accordo definitivo.

183

IL MINISTRO A BELGRADO, INDELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 972/010 P.R. Belgrado, 18 febbraio 1938 (per. il 21 ).

Telegramma di V .E. n. 148/c. del 16 corrente 1•

Questi circoli governativi dimostrano, e fanno dimostrare dalla stampa ufficiosa, la migliore comprensione dei risultati dell'incontro di Hitler col Cancelliere austriaco. In sostanza, essi considerano che la soluzione intervenuta, per quanto possa essere discutibile nei riguardi dell'interesse jugoslavo, offre almeno indiscutibile vantaggio, e cioè di far guadagnare tempo allontanando, sul momento, situazioni acute e soluzioni indesiderabili. Infatti, se qui sono incrollabilmente fermi, per ragioni di principio, sulla posizione anti-absburgica, all'Anschluss sono invece rassegnati, come ad avvenimento inevitabile. Del resto, l'azione di propaganda tedesca, allo scopo di creare terreno, sembra non abbia esitato, durante il viaggio dei giornalisti jugoslavi che hanno accompagnato Stojadinovié in Germania, a far loro rilevare, perfino, una similitudine di situazioni fra Jugoslavia e Bulgaria come fra Germania ed Austria. Sta in fatto, però, che, tutto malgrado, si sente negli stessi ambienti governativi e parlamentari una notevole preoccupazione per gli eventuali sviluppi della politica inaugurata col recente convegno dell'Obersalzberg.

Dato anche il tono pesante di una parte dei commenti della stampa tedesca qui si pensa che dopo l'Austria potrebbe venire la volta della Cecoslovacchia e che, d'altra parte, in Jugoslavia le grosse collettività tedesche sono in via di rapida e importante organizzazione e politica ed economica.

Non più tardi di stamani a questo ministero degli Esteri mi si è parlato di recenti comunicazioni ricevute da codesto ministro di Jugoslavia, dopo un colloquio avuto in argomento con V.E. 2

Mi è stato dichiarato che è stata constatata con grande soddisfazione una perfetta identità del modo di considerare la presente situazione Berlino-Vienna e l'eventualità di sviluppi futuri. Ed è su questo ultimo punto che ho notato espressioni di particolare sollievo.

183 1 Vedi D. 174, nota l.

184

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, AL CAPO DEL GOVERNO, MUSSOLINI

APPUNTO SEGRETO. Roma, 18 febbraio 1938.

Ho avuto un colloquio col Principe d'Assia in relazione al viaggio del Fi.ihrer. Mi ha detto che Hitler, messo a conoscenza delle linee generali del programma, ha manifestato la sua intera approvazione. In via riservata ha aggiunto che potrebbe darsi che il Fi.ihrer, terminata la permanenza ufficiale, volesse trattenersi ancora privatamente alcuni giorni in Italia in una località marina o montana. Di tale eventuale decisione saremmo informati per tempo, per facilitare il soggiorno, del quale per ora il Fi.ihrer non ha fatto parola con nessuno ed il cui progetto prega di mantenere ancora assolutamente riservato.

Col Principe d'Assia abbiamo parlato anche della situazione che si è prodotta dopo i recenti avvenimenti in Austria. Dato che il Principe d'Assia avrà l'opportunità di vedere domani sera (19 febbraio) il Ministro von Ribbentrop, ho creduto di precisargli in via personale ed amichevole tre punti.

l) La reazione ufficiale italiana nei confronti dell'incontro Schuschnigg-Hitler e relative conseguenze è nota al Governo tedesco che certo vi avrà riconosciuto una cordiale e concreta prova di amicizia.

Il Principe d'Assia ha detto che in realtà il nostro atteggiamento aveva determinato un'approvazione entusiastica negli ambienti tedeschi.

2) Ciò premesso dovevo però francamente fargli rilevare che il modo in cui si erano svolte le cose non poteva riuscirei del tutto gradito. Dati gli stretti legami che corrono fra i due Paesi dell'Asse, tenuta presente la esemplare dirittura della nostra politica nei confronti della Germania, considerati gli accordi verbali esistenti in merito all'Austria che contenevano l'impegno di non fare niente senza reciproca consultazione, noi avevamo tutte le buone ragioni per pensare che il Fiihrer, prima di procedere ad un incontro dalle così importanti conseguenze, ci avrebbe opportunamente informati e richiesti di far conoscere il nostro avviso. Naturalmente era opportuno che questa mia osservazione fosse tenuta presente per il futuro dal Governo tedesco. Tenevo a far rilevare che noi non avevamo mai mancato di informare anche nei più piccoli particolari il Governo del Reich di questioni che erano ben !ungi dall'avere per i tedeschi una importanza così grande come quella che il problema austriaco ha per l'Italia.

3) L'impressione degli avvenimenti recenti era stata indubbiamente profonda in tutto il mondo. Però, ai fini del bilancio generale, aveva ancora grandissima importanza il modo col quale il Fiihrer si sarebbe espresso in merito nel suo prossimo discorso. Mi auguravo che in questo discorso venisse parlato esplicitamente della indipendenza dell'Austria. Siamo tutti d'accordo nel riconoscere che la Germania ha fatto un passo innanzi molto notevole nell'accrescimento della sua influenza in Austria. Ciò nonostante è bene che venga dichiarato che l'Austria continua ad esistere come Stato indipendente, poiché la minaccia di un assorbimento definitivo dell'Austria determinerebbe nell'opinione pubblica mondiale, reazioni che oggi non è facile prevedere, né prudente far sorgere.

II Principe d'Assia, che ha manifestato opinioni molto moderate nei confronti del problema austriaco, mi ha detto che non mancherà di esprimersi in modo opportuno con Ribbentrop. Personalmente, dopo aver anche parlato con Goring, il quale non era ancora completamente al corrente dell'accaduto e che ha dichiarato essere stato il Fiihrer il promotore e il realizzatore dell'incontro di Berchtesgaden, il Principe d'Assia ritiene che il Reich sosterà sulle posizioni raggiunte senza, almeno per un certo tempo, sferrare nuove offensive contro l'indipendenza, ormai assai limitata, dell'Austria. Teme però che la situazione interna dell'Austria sia suscettibile di nuovi e gravi sviluppi 2 .

183 2 Su tale colloquio non è stata trovata documentazione ma nel Diario di Ciano vi è, sotto la data del 17 febbraio, questa annotazione: «Ieri sera pranzo a casa con molti diplomatici. Ho parlato con Christié della situazione austriaca. A cuore aperto: Italia e Jugoslavia sono in una identica posizione di fronte al pangermanesimo. Loro peggio di noi: perché sono meno forti e perché non hanno una così salda barriera naturale di frontiere. Comunque non c'è niente da fare. Ma poiché il pollastro austriaco è caduto, o quasi, nella pentola tedesca prima del necessario, è indispensabile che i legami tra Roma e Belgrado vengano ancora rafforzati e conviene tenere presente che anche l'Ungheria e la Polonia si trovano in situazione analoga. Christié era d'accordo. Penso che bisogna ormai studiare un'alleanza con la Jugoslavia. L'Asse onzzontale potrà permettere l'esistenza dell'Asse verticale». 184 1 Ed. m L'Europa veno la cata\trofe, pp. 247-249.

185

IL MINISTRO A BELGRADO, INDELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

RAPPORTO SEGRETO URGENTE 967/308. Belgrado, 18 febbraio 1938 (per. il 22).

Si va qui intensificando la campagna contro Stojadinovié, ed uno degli argomenti preferiti e popolari continuano ad essere le condizioni degli allogeni nel nostro confine che, si pretende, rimarrebbero senza notevoli mutamenti, malgrado il Patto di Belgrado.

Il Presidente vorrebbe poter essere in grado di troncare questa campagna che può divenire seriamente nociva per le direttive del Patto, facendo una qualche dichiarazione soddisfacente in occasione delle prossime discussioni parlamentari sulla politica estera del governo, che avranno luogo, prevedibilmente, nei primi giorni di marzo.

Sembra che, in occasione della visita a Roma di Stojadinovié, sarebbe stata considerata, con V.E. un'identità di situazione fra gli allogeni dell'Alto Adige e quelli della frontiera istriana, identità che, peraltro, attualmente, ad accertamenti compiuti, non sarebbe risultata completa.

Tale identità di situazione sarebbe, indubbiamente, se effettiva, un termine soddisfacente per l'opinione pubblica. È da considerare, peraltro, che, per il futuro potrebbe venire a creare un argomento -sia pure formale -di solidarietà jugo-tedesca nei nostri riguardi.

Stojadinovié, in argomento di tale estrema delicatezza, e di ordine esclusivamente interno nostro, non intende, naturalmente, formulare alcun desiderio concreto. Egli si limita a far chiedere a V.E. se non sarebbe possibile un qualche «gesto» che valesse, nell'imminenza degli attacchi parlamentari, a neutralizzare, in qualche modo, la manovra. Ha esperimentato, ad esempio, l'effetto favorevole prodotto dal fatto che egli, vario tempo addietro, abbia ricevuto ed ascoltato alcuni esponenti della minoranza ungherese. È vero che le due situazioni non sono identiche ed offrono tutt'al più delle analogie. Comunque ho creduto di capire che se si potesse qui sapere che dei contatti diretti sono stati favoriti fra Roma e gli allogeni, mediante, ad esempio, una chiamata a rapporto alla Capitale di qualcuno degli esponenti allogeni -uomini nuovi, di tempi nuovi -del confine giulio, per un benevolo esame delle situazioni locali, la cosa potrebbe produrre qui un favorevole effetto. Certo è che, nelle condizioni presenti, a noi preme di neutralizzare, in quanto possibile, questo residuo veleno di cui dispongono i numerosi interessati a che il nuovo stato di cose fra Italia e Jugoslavia non si consolidi: la situazione degli allogeni del confine. Argomento che tocca, in primo luogo, la Slovenia, che, fra il confine austriaco e quello del Nevoso, presenta per noi, oramai, nelle circostanze che vanno delineandosi, un'importanza di primissimo piano.

In questo ordine di idee, ho creduto potermi permettere. come ho l'onore di fare, di segnalare all'E.V. quanto sopra 1 .

184 2 Il documento ha il visto di Mussolini.

186

L'AMBASCIATORE A LONDRA, GRANDI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 933/127 R. Londra, 19 febbraio 1938, ore l (per. ore 2).

Iersera tardi, Chamberlain m1 ha fatto telefonare che desiderava parlarmi stamane alle ore Il ,30.

Ho risposto che mi sarei trovato stamane a Downing Street e nel frattempo ho provveduto con mezzo aereo straordinario in modo che corriere speciale, contenente istruzioni preannunziatemi da V. E. 1 e che sarebbe giunto a Londra soltanto nella tarda mattinata, potesse partire da Parigi all'alba o arrivare a Londra prima del mio incontro col Primo Ministro.

Conversazione fra me e Chamberlain, alla quale Eden era presente, è durata dalle ore 11,30 fino alle ore 13 ed è stata ripresa alle 15 fino alle 16. Durante la discussione sono stati toccati i principali argomenti che interessano rapporti italo-inglesi e inevitabilmente i recenti avvenimenti austriaci. Chamberlain si è assai dilungato su questo punto domandandomi se ero in grado di precisargli punto di vista italiano.

Ho risposto sulle linee della lettera di istruzioni di V.E., illustrando in tutta la sua portata il pensiero di V.E. Ma per le considerazioni esposte nel mio telegramma 122 2 ho creduto opportuno e necessario dichiarare nel modo più formale che rifiutavo discutere col governo britannico tale argomento. Ho messo bene in chiaro e siamo rimasti d'accordo che, ove governo britannico lo vorrà, esso preciserà, e noi da parte nostra faremo altrettanto, che questo punto non è stato oggetto della nostra conversazione odierna.

Passando all'argomento delle conversazioni italo-inglesi, io ho insistito perché esse siano immediatamente iniziate ed abbiano luogo a Roma. Eden ha cercato dapprima subordinarne l'inizio ad un preliminare scambio di vedute sulla questione austriaca; poi ad un preventivo chiarimento sostanziale della attitudine italiana sulla questione spagnola; ed infine a quelli che saranno i risultati delle prossime riunioni del Comitato.

Circa sede delle conversazioni, Eden ha insistito ripetutamente perché abbiano luogo a Londra, appoggiato su questo punto anche da Chamberlain, il quale mi ha nuovamente illustrato i motivi per i quali egli personalmente preferirebbe (vedere mio telegramma n. 87) 3 che tali conversazioni abbiano inizio a Londra salvo esaminare durante svolgimento delle medesime, opportunità trasferirle a Roma.

Chamberlain ha anche prospettato la possibilità che il ministro Ciano si recasse a Londra su invito del governo britannico per la firma dell'eventuale accordo.

Sul primo punto, sul punto cioè della necessità improrogabile che conversazioni siano iniziate immediatamente e che esse abbiano luogo a Roma e non (dico non) a Londra, mi sono battuto fermamente dimostrando a Chamberlain che ormai non (dico non) era più possibile per il governo fascista procrastinare e tanto meno condizionare l'inizio di questa conversazione alla soluzione di problemi i quali o non (dico non) entrano nel quadro previsto delle conversazioni medesime ovvero costituiranno la sostanza di esse.

Invio per corriere 4 notizie dettagliate sulla discussione che è stata prolungata e vivace. Ma anticipo sin da ora conclusione onde V.E. possa darmi le sue successive istruzioni.

Siamo giunti al seguente accordo di massima:

Il governo britannico comunicherà a codesto ambasciatore istruzioni di iniziare a Roma conversazioni Ciano-Perth. Il governo fascista comunicherà che è d'accordo sulla formula proposta dal governo britannico circa volontari e belligeranza (vedere mio telegramma n. 102 del 12 febbraio) 5 .

Le due comunicazioni dovranno essere simultanee. Conversazioni italo-inglesi avranno così inizio senza così attendere che tale formula, dopo approvazione italiana, venga discussa e accettata dal Comitato.

Io mi sono riservato naturalmente di sottoporre questo accordo di massima all'esame e all'approvazione del Duce e di V.E. e di dare una risposta definitiva per lunedì 21 corrente.

Chamberlain si è riservato da parte sua sottoporre accordo stesso all'esame e all'approvazione del Gabinetto convocato espressamente domani mattina e di darmi una risposta definitiva pure per lunedì 21 corrente.

185 1 Il documento ha il visto di M ussolini.

186 1 Vedi D. 163. 186 2 Vedi D. 168. 186·1 Vedi D. 117. 186 4 Vedi D. 193.

187

L'AMBASCIATORE A LONDRA, GRANDI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. URGENTE 938/128 R. Londra, 19 febbraio 1938, ore 0.55 (per. ore 4 ).

Ho veduto stasera Woermann, il quale naturalmente mi ha domandato se potevo dirgli qualche cosa del mio colloquio con Chamberlain 1 del quale dà notizie la stampa serale.

Ho risposto che ero ben lieto di farlo. Ho detto a Woermann:

l) che colloquio era avvenuto per iniziativa del Primo Ministro;

2) che Chamberlain mi aveva parlato dei recenti avvenimenti austriaci e che io avevo dichiarato di non (dico non) voler discutere tale argomento;

3) che Chamberlain aveva quindi parlato delle note conversazioni Ciano-Perth, previste nello scambio di lettere Mussolini-Chamberlain in una conversazione luglio u.s. 2 e che esame di tale argomento era rimasto tuttavia allo studio preliminare senza conclusione definitiva da ambo le parti;

4) che Chamberlain mi aveva anche intrattenuto e sollecitato nostra risposta sulla nota formula proposta dal governo inglese per volontari e belligeranti e che a questo proposito io ho risposto a Chamberlain che detta formula è tuttora oggetto di esame e di consultazioni fra Roma e Berlino, e che governo italiano non avrebbe mancato di far conoscere suo punto di vista al riguardo.

187 1 Vedi DD. 186 e 193. 187 2 Vedi serie ottava. vol. VII, D. 127.

186 5 Vedi D. 139.

188

L'AMBASCIATORE A TOKIO, AURITI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 951/143 R. Tokio, 19 febbraio 1938. ore 18.(}5 (per. ore 15).

Si ha ragione di ritenere che i militari giapponesi non vogliano ormai estendere maggiormente le operazioni militari in Cina e che abbiano quindi rinunciato fra l'altro a Canton. ma che intendano rendere effettivo il possesso del territorio occupato.

Si nota invece un acceleramento di preparativi contro la Russia. Ne è causa un analogo acceleramento russo, il quale ha tanto più attratto qui l'attenzione in quanto in contrasto con lo scarso aiuto sovietico alla Cina 1•

189

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO AL MINISTRO A VIENNA, GHIGI

T. 161/17 R. 1 Roma, 19 febbraio 1938, ore 20,25.

Mio n. 16 2 .

Poiché stampa internazionale continua a fare cenni nel senso di cui al mio telegramma suddetto, e si parla da parte di taluno di abbandono e di pressioni fatte da parte nostra sull'Austria per indurla ad aderire alle richieste tedesche bisogna che Schuschnigg metta in chiaro. nel suo prossimo discorso, quale è stato il ruolo giocato dal nostro Paese in tutta questa vicenda. Cioè:

l) che Schuschnigg ci ha informati con precisione della sua andata a Berchtesgaden quando il viaggio era stato già deciso aggiungendo di non essere a conoscenza del programma di discussione;

2) che Schuschnigg ci ha dato notizia dei risultati raggiunti quando, non esistendo alternativa, ci faceva sapere che avrebbe senza meno dovuto accettarli.

Auriti ribadiva che tutto dipendeva invece dal fatto che i giapponesi ora si ispiravano «ad un concetto militare nuovo>>. per cui avevano rinunciato ad un'ulteriore avanzata in profondità per consolidarsi invece nei territori occupati (T. 12021161 R. e T. 12031162 R. del 3 marzo). 189 1 Minuta autografa di Ciano. 189' Vedi D. 178.

Tutto ciò sarà bene che venga dal Cancelliere messo in chiaro nel suo discorso, naturalmente nella forma che riterrà del caso ma che dovrà una volta per tutte far cessare la ridda di informazioni assurde e romanzate che riempiono i giornali francesi e secondo le quali i tanto disperati quanto inesistenti appelli telefonici del Cancelliere al Duce sarebbero rimasti senza risposta 3•

188 1 Circa gli sviluppi della situazione in Cina, l'ambasciatore Cora faceva osservare, successivamente, che alcuni mutamenti avvenuti negli alti comandi nipponici in Cina dimostravano come. nonostante gli importanti successi ottenuti sul piano militare, la politica giapponese fosse andata incontro ad un completo insuccesso perché si era alienata la simpatia di importanti personalità cinesi e aveva dato l'impressione di incertezza e di disaccordo tra gli esecutori (T. 11711124 R. del l" marzo).

190

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 973/018 R. Berlino, 19 febbraio 1938 (per. il 21).

Per quanto mi è dato discernere dal contegno dei rispettivi rappresentanti a Berlino, così l'Ungheria come la stessa Polonia sarebbero preoccupate dei progressi dell'influenza tedesca in Austria.

Mentre l'Ungheria vede con molto favore il migliorarsi, spontaneo e naturale, dei rapporti austro-tedeschi, essa non può approvare il metodo drastico ed anzi evidentemente comminatorio perseguito dalla Germania nei riguardi dell'Austria. Essa è poi francamente contraria ad ogni forma di Anschluss.

Quanto alla Polonia essa, attraverso la similarità dei tentativi intesi a creare in Austria una situazione interna analoga a quella creata a Danzica, incomincia a intravedere anche una similarità di possibili risultati finali, a lei evidentemente sgradevoli non meno per la loro essenza che per il loro ritmo.

Riferisco le impressioni dei rappresentanti di Polonia e di Ungheria, trattandosi di due Paesi amici della Germania. Lascio immaginare quelle degli altri.

191

COLLOQUIO DEL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, CON L'AMBASCIATORE DI GRAN BRETAGNA A ROMA, PERTH 1

APPUNTO. Roma, 19 febbraio 1938.

L'ambasciatore Lord Perth mi ha detto che non aveva avuto ancora nessuna istruzione in merito alle eventuali conversazioni italo-inglesi, ma che invece doveva richiamare con urgenza l'attenzione del Governo Fascista sulla questione di due

191 1 Ed. in L'Europa verso la catastrofe, pp. 278-279.

posti militari italiani stabilitisi entro il territorio del Kenya e del Sudan da alcuni mesi e dei quali il Governo britannico chiedeva «l'immediato ritiro». Lasciava in proposito una Nota Verbale scritta 2 .

Ho detto all'ambasciatore che assumerò le informazioni del caso, ed avendogli fatto rimarcare. in forma incidentale, che mi sembrava che troppa grande importanza venisse attribuita alla cosa, l'ambasciatore mi ha detto che anche egli si sarebbe limitato a trasmettere la richiesta agli Uffici del Ministero se non avesse ricevuto dirette e personali istru;:ioni dal Segretario di Stato di presentare la protesta personalmente e di usare la formula adottata.

Tanto credo utile riferire poiché può forse avere un notevole significato, essendosi ciò verificato il giorno dopo dei colloqui Grandi-Chamberlain-Eden 3 .

Prima di ritirarsi l'Ambasciatore Britannico mi ha domandato se avessi avuto notizie relative ai colloqui di ieri e circa l'eventuale inizio delle conversazioni. Lo ho molto succintamente informato di quanto ci era stato riferito da Grandi. Lord Perth ha confermato il suo desiderio di poter presto iniziare le trattative, desiderio che in questi ultimi tempi mi ha sempre calorosamente ripetuto 4 .

189 3 Si veda per il seguito il D. 199.

192

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, GRANDI

LETTERA PERSONALE SEGRETA lOTI. Roma, 19 febbraio 1938.

Per tua opportuna e riservata conoscenza, ti invio qui unita la copia di un recentissimo sintomatico telegramma circolare di Eden ai rappresentanti britannici accreditati presso gli Stati membri dell'Intesa Balcanica 1•

Dopo averne preso visione, vorrai provvedere a che non resti traccia costà di questa mia comunicazione.

191 ·1 Vedi DD. 186 e 193. 191 4 TI documento ha il visto di Mussolini. Dal Diario di Dingli (§ 86) risulta che la sera del 19 febbraio Grandi fece sapere a Chamberlain che Ciano era rimasto assai meravigliato per il fatto che lord Perth fosse stato incaricato da Eden di intrattenerlo personalmente su una questione di nessuna importanza «che normalmente sarebbe stata trattata da un secondo segretario» e che per di più l'ambasciatore avesse usato nell'occasione un linguaggio particolarmente duro. Per il significato dato da Ciano al passo britannico come tentativo di Eden «di imbrogliare le carte e ributtare i negoziati in alto mare». si veda CIANO, Diario, sotto la data dal 19 febbraio. 192 1 Allegato alla lettera c'è il testo di un telegramma, con data l l ottobre, inviato da Eden ad Atene e ad Ankara e ripetuto a Roma, Belgrado e Bucarest con cui si informava che dal Foregn Offìce era stato fatto presente al ministro di Grecia l'inopportunità che, specie in occasione della prossima riunione dell'Intesa Balcanica, qualche governo «ricorresse ad azioni precipitate» circa il riconoscimento dell'Impero italiano, questione nella quale si ntencva opportuno procedere tutti uniti. Al ministro di Grecia era stato anche smentito che, in occasione di un colloquio avuto a Ginevra con Riistii Aras, Eden avesse lasciato capire di non avere niente in contrario a che la Turchia procedesse al riconoscimento, questione che -si ribadiva per il momento non si voleva invece affrontare. I rappresentanti britannici ad Atene c ad Ankara erano incaricati di esprimersi in questo senso prima della riunione dell'Intesa Balcanica.

191 1 Non pubblicata.

193

L'AMBASCIATORE A LONDRA, GRANDI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. SEGRETO l 023/466. Londra, i9 febbraio i938 (per. il 26) 2 .

A seguito del mio telegramma cifra n. 127 di ieri sera 3, invio stamane ulteriori dettagli sul mio incontro di ieri col Primo Ministro.

Per comprendere esattamente i motivi che hanno determinato questo incontro, e il modo con cui esso si è svolto occorre tenere anzitutto presente gli avvenimenti di politica interna e internazionale di queste ultime settimane e precisamente:

l) L 'acutizzarsi dei dissensi fra le due correnti nel Gabinetto britannico, l'una favorevole ad un accordo coll'italia (Chamberlain), la seconda contraria ad un accordo coll'Italia (Eden).

2) La ripercussione suscitata in inghilterra dagli avvenimenti austriaci di questi giorni.

È in questo clima politico che va collocato il mio incontro di ieri con Chamberlain, e di questo clima politico occorre tener presente per valutare di questo incontro il contenuto, le conclusioni e le ripercussioni nella politica interna britannica.

Come ho informato nel mio telegramma n. 122 di avantieri sera 4, mercoledì, 16 corrente, e di nuovo giovedì 17 corrente, Eden ha sollecitato una mia visita al Foreign Office dicendo che aveva necessità di parlarmi. Ho risposto che non potevo, ed ho aggiunto essere comunque preferibile attendere per il nostro colloquio nuove istruzioni da Roma che mi risultavano essere già in viaggio per Londra. Giovedì 17 corrente Eden ha telefonato di nuovo insistendo per vedermi e parlarmi nella mattinata stessa. Mi sono di nuovo schermito allegando addirittura come pretesto che ero impegnato ad una partita di golf (io odio il golf ma fingo di giocarlo quando occorre). Desideravo infatti che Eden capisse chiaramente che io non volevo recarmi al Foreign Office e conferire con lui in queste giornate, durante le quali la politica internazionale sembra dominata dalle notizie degli avvenimenti austriaci, ed una mia visita ad Eden nelle giornate di mercoledì e giovedì, sarebbe stata facilmente sfruttata, direttamente

o indirettamente, dal Foreign Office per costruire in margine ad essa il facile e desiderato canard di «consultazioni» italo-inglesi in conseguenza degli avvenimenti austriaci. Ciò avrebbe facilitato Eden a uscire dalla posizione di palese imbarazzo in cui egli si trova da tre giorni ai Comuni, ed avrebbe gettato un'ombra sull'asse Roma-Berlino. L'una e l'altra cosa costituivano l'evidente obiettivo di Eden. Ed io, in considerazione appunto di ciò, ho ritenuto opportuno reagire alla sua manovra.

Ho anche informato V.E. che, dopo essermi rifiutato, col pretesto di cui sopra, di recarmi al Foreign Office, è venuto a trovarmi nel pomeriggio di giovedì sir Joseph Bali, Segretario Generale del Partito Conservatore, uomo di fiducia di

193 2 Manca l'indicazione della data di arrivo. 193 3 Vedi D. 186. 193 ~Vedi D. 168.

Chamberlain e che dal mese di ottobre u.s. funziona da collegamento diretto e «segreto» fra me e Chamberlain. Sir Joseph Bali col quale dal 15 gennaio sono in contatto si può dire quasi giornaliero mi ha detto di essere incaricato da Chamberlain di farmi presente l'opportunità di non sottrarmi al colloquio sollecitato da Eden, in quanto che «era assai probabile» (queste sono le testuali parole di Bali) che lo stesso Primo Ministro Chamberlain intervenisse al colloquio. Ho illustrato a Bali le ragioni per cui ritenevo da parte mia di dover evitare in questi giorni un incontro con Eden. Io non potevo assolutamente prestarmi, ho detto, a nulla che potesse essere eventualmente .\fruttato in Inghilterra e fuori d'Inghilterra come manovra contro l'asse Roma-Berlino e contro quella che è la solidità dei rapporti tra l'Italia fascista e la Germania nazista. Se il Primo Ministro riteneva opportuno avere un personale contatto con me, io ero sempre pronto a recarmi a Downing Street in qualsiasi momento. Bali ha riferito subito a Chamberlain, e più tardi nella serata, alle ore 20, è giunto all'ambasciata direttamente dagli Uffici di Downing Street, l'invito telefonico di Chamberlain di recarmi all'indomani alle 11.30 per un colloquio col Primo Ministro.

Ho ritenuto opportuno premettere questi precedenti di fatto necessari per inquadrare il colloquio.

Chamberlain mi ha accolto assai cordialmente ed ha incominciato col dirmi che egli aveva ritenuto opportuno che anche il ministro degli Esteri Eden assistesse a questo incontro.

Ho risposto naturalmente che io ero lieto di ciò.

Dopo le solite premesse di carattere generale introduttivo che gli inglesi sono soliti fare sempre, esattamente come i cinesi e come i turchi quando hanno qualcosa da dire che a loro preme particolarmente, Chamberlain ha puntato direttamente con queste parole nella sostanza delle cose: «La situazione dell'Europa e soprattutto le notizie degli avvenimenti in Austria durante questi ultimi giorni, sono molto disturbing, non vi pare?»

Ho risposto a Chamberlain, molto tranquillamente, che non da pochi giorni bensì da molto tempo la situazione dell'Europa è disturbing. E non ho aggiunto altro.

Chamberlain è rimasto per un po' silenzioso come aspettando che io dicessi di più. Poi egli stesso, visto che io continuavo a rimanere silenzioso, ha affrontato l'argomento spinoso, e cioè l'Austria. Egli ha detto che gli avvenimenti austriaci, e cioè le notizie pervenute a Londra circa la improvvisa azione tedesca di violenta nazificazione dello Stato austriaco, avevano avuto in Inghilterra la più seria e sgradevole ripercussione. «L'azione tedesca contro l'Austria, Chamberlain ha continuato, è evidentemente destinata a produrre mutamenti nell'equilibrio europeo e vi è da domandarsi che cosa rimane oggi e soprattutto cosa rimarrà domani, fra poco, dell'indipendenza austriaca. Questa esiste ancora formalmente, ma è chiaro che se la Germania procederà, come sembra determinata a farlo, sulla strada iniziata affrettando i tempi della nazificazione dell'Austria, l'indipendenza austriaca sarà tra non molto compromessa in un modo definitivo e per sempre». Chamberlain ha continuato dicendo che l'attitudine italiana di fronte agli avvenimenti austriaci era in questi giorni oggetto di particolare attenzione e anche di illazioni e interpretazioni le più diverse e contraddittorie. «Io stesso-ha detto Chamberlain-pure rendendomi conto di molte cose, non riesco a comprendere quest'atteggiamento "passivo" dell'Italia. Vi sarei sinceramente grato se voi poteste spiegarmelo e illuminarmi».

Ho risposto a Chamberlain che la pos1z10ne dell'Italia era semplice, chiara e rettilinea, nella questione austriaca come in tutto il resto, e che pertanto ritenevo superfluo procedere a tale richiesta illustrazione. «D'altra parte--ho continuatoio non ho su questo punto istruzioni dal mio governo, né mi sento autorizzato a parlare di questo argomento che non ha nulla a che vedere colle progettate conversazioni itala-britanniche e sul quale io non desidero, comunque, entrare in discussione di sorta».

Chamberlain ha allora detto di avere ricevuto un telegramma di lord Perth da Roma, nel quale questi informava di una breve conversazione avuta col ministro Ciano\ durante la quale il ministro Ciano aveva accennato ad una lettera di istruzioni inviata a Londra all'ambasciatore Grandi 6 . Lord Perth aggiungeva di aver desunto dalle parole del ministro degli Esteri italiano che in tale lettera si parlava dei recenti avvenimenti austriaci.

Chamberlain mi ha domandato se effettivamente io avevo ricevuto delle istruzioni e se potevo comunicare il loro contenuto.

Ho risposto a Chamberlain che avevo, precisamente pochi momenti prima di recarmi a Downing Street, ricevuto una lettera di istruzioni dal mio ministro, ma che nessuna comunicazione formale io ritenevo di dover fare al governo britannico e, comunque, mi rifiutavo di discutere il problema dell'Austria.

A questo punto è intervenuto Eden osservando che dopo tutto l'Italia non ha mai denunciato gli impegni di Stresa nei quali era prevista una consultazione fra Italia, Francia e Inghilterra sul problema austriaco.

Ho replicato seccamente a Eden che fra Stresa e gli avvenimenti austriaci di oggi erano intercorsi esattamente tre anni, durante i quali si erano verificati alcuni avvenimenti di una sufficiente importanza internazionale che davano da se stessi, con chiara evidenza, le ragioni della differenza tra l'attitudine italiana nell'aprile 1935 e l'attitudine italiana nel febbraio 1938, e che nessuno meglio di lui, Eden, poteva comprendere tutto ciò.

Chamberlain è intervenuto in questo mio primo battibecco con Eden dicendo che egli si rendeva conto della mutata situazione e anche del mio formale rifiuto a discutere col governo britannico il problema dell'Austria. «Ma è pur necessario -Chamberlain ha continuato --che io, come Primo Ministro della Gran Bretagna, allo scopo di prendere una decisione definitiva su quella che sarà la politica britannica nei confronti dell'Italia, e perché io possa rendermi esatto conto delle prospettive dei futuri rapporti itala-britannici e della convenienza o meno, per l'Inghilterra, di un accordo effettivo coll'Italia, abbia con voi, nella vostra qualità di ambasciatore d'Italia, un chiarimento preciso, in questo momento. La situazione lo rende necessario ed urgente. Domani sarebbe forse troppo tardi. lo non vi domando di discutere il "problema dell'Austria". Voi vi siete rifiutato testè a farlo ed io mi rendo conto dei motivi che determinano il vostro rifiuto. Ma questo non vuol dire che voi non possiate e non vogliate aiutarmi a comprendere le ragioni dell'odierna attitudine italiana di fronte agli avvenimenti austriaci di questa settimana. L'attitudine italiana -Chamberlain ha continuato -ha dato, come vi ho detto, motivo alle supposizioni e inter

193 s Vedi D. 163, nota 3. 193 6 Vedi D. 163.

pretazioni più diverse. Il governo britannico è stato informato, ad esempio, e l'importanza dell'informazione avuta è tale che il governo britannico non può trascurarla, (a questo punto Chamberlain ha guardato in faccia Eden) dell'esistenza di un accordo segreto fra il Fiihrer e il Duce, per il quale l'Italia avrebbe dato il suo preventivo assenso all'intervento tedesco e nazista nella politica interna austriaca ed al conseguente progressivo assorbimento dell'Austria, in cambio di determinati e specifici impegni da parte tedesca di secondare determinati disegni dell'Italia nel Mediterraneo e in Europa. Mi occorre sapere in un modo preciso da voi che cosa vi è di vero in tutto ciò».

Ho risposto a Chamberlain che l'informazione data al governo britannico erafalsa.

Chamberlain ha replicato dicendomi che potrebbe darsi anche che io, come ambasciatore a Londra, non conoscessi tutti i particolari delle relazioni fra Roma e Berlino per cui egli era costretto a domandarmi se questa smentita recisa io la facevo in senso assoluto, per diretta conoscenza dei fatti, ovvero soltanto as far as I know.

Ho risposto a Chamberlain che gli smentivo nel modo più reciso ed assoluto, in base a quanto mi risultava proprio dalle comunicazioni fattemi stamani da V.E., qualsiasi notizia del genere.

Chamberlain si è mostrato visibilmente soddisfatto di questa mia risposta ed ha guardato di sfuggita Eden, il quale non si è mosso. Chamberlain ha ripetuto egli stesso le mie parole di smentita, dicendo che desiderava essere certo di avere compreso esattamente e alla lettera quanto io avevo dichiarato. Egli ha continuato dicendo che egli prendeva atto con soddisfazione della mia smentita, e si sentiva autorizzato in base ad essa a considerare quindi come falsa e tendenziosa l'informazione pervenuta al governo britannico. «Ciò nonostante -ha continuato Chamberlain ·-vi sono alcuni punti e aspetti per i quali l'attitudine di "ostentata passività" dell'Italia di fronte ai gravi avvenimenti austriaci degli scorsi giorni rimane incomprensibile ed io ho bisogno. sempre allo stesso scopo di definire la politica inglese in vista di un possibile chiarimento defìnitivo delle relazioni italobritanniche di rendermi conto più a fondo delle ragioni che hanno determinato l'attitudine italiana e di quella che è in questo momento la posizione dell'Italia».

Ho risposto a Chamberlain che non avevo nessuna difficoltà a fare ciò, tanto più -ho detto --che non si tratta se non di ripetere, elencandoli nella loro successione cronologica e nella loro conseguenza di causa ed effetto, avvenimenti da tutti conosciuti.

Ho cominciato col ricordare rattitudine dell'Italia fascista di fronte al progetto Curtius-Schober di Zollvercin austro-tedesco nel 1931. Le buone relazioni fra l'Italia e la Germania anche in quel periodo e la collaborazione italo-tedesca in materia di disarmo, abolizione delle riparazioni e revisioni dei Trattati, non impedirono al Duce di schierarsi decisamente contro questo progetto di unione, economica in apparenza, ma di fatto politica della Germania coll'Austria. Ho ricordato successivamente la tenace, costante, personale azione del Duce per dare vita, uno dopo l'altro, ai vari protocolli italo-austriaci attraverso i quali il Duce ha, con considerevoli sacrifici di carattere economico e finanziario, alimentato giorno per giorno i centri di resistenza austriaca alla minaccia tedesca e dato coscienza e virilità alla floscia coscienza patriottica dell'Austria. Tutto ciò --ho continuato -avendo sistematicamente contro, in questa opera di raddrizzamento politico interno austriaco, la Francia e i suoi alleati i quali, accecati da un meschino livore antifascista e anti-italiano, hanno sempre cercato di ostacolare direttamente o indirettamente l'azione che il Duce stava conducendo in Austria, in definitiva nel comune vantag

gio. La Francia e i suoi satelliti si sono rivelati in definitiva, e soprattutto in questi ultimi anni, gli alleati più efficaci dei medesimi disegni tedeschi. Ho ricordato l'aperta protezione data dal Duce al Cancelliere Dollfuss, l'assassinio avvenuto in circostanze a tutti ben note di quest'ultimo, la mobilitazione italiana al Brennero nel luglio 1934, mentre la Francia e l'Inghilterra, preoccupate a chiacchiere della questione austriaca ma assai prudenti nei fatti, si limitavano ad un compiacimento «verbale» per le misure adottate dall'Italia, e di cui si guardarono bene dal seguire l'esempio. Tutta l'Europa sa che se il complotto, iniziatosi coll'assassinio di Dollfuss, fu scongiurato e l'indipendenza austriaca allora salvata, ciò si deve esclusivamente alle divisioni italiane in armi ai confini austriaci. Poi è venuto, nell'aprile 1935 la Conferenza di Stresa coi suoi Protocolli e simultaneamente l'inizio del conflitto italo-etiopico con tutto il seguito da tutti conosciuto. Mentre l'Inghilterra e la Francia si dichiaravano, nei protocolli diplomatici, pronte insieme all'Italia a garantire l'indipendenza austriaca, la stessa Inghilterra e la stessa Francia promuovevano e attuavano quelle «sanzioni» che sono state un'autentica guerra in atto di 52 Nazioni contro l'Italia, allo scopo esclusivo di infliggere all'Italia, col pretesto di una guerra economica, una vera e propria sconfitta militare e politica.

«Dopo il trionfo delle armi italiane in Africa e la vittoriosa resistenza dell'Italia alle sanzioni, Inghilterra e Francia, invece -ho continuato -di prendere subito atto di questa realtà e cercare, per quanto possibile di ricucire quella che era stata la solidarietà di Stresa, hanno, con ogni sorta di pretesti, primo fra tutti il pretesto dell'intervento italiano in Spagna, sempre più palesemente dimostrato la volontà determinata di un'azione politica ostile al cento per cento contro l'Italia fascista. Quello che oggi -ho concluso -sta accadendo in Austria è la conseguenza diretta della politica inglese e francese di questi ultimi tre anni. Le Potenze occidentali sono state certamente i più validi alleati del programma espansionistico della Germania nazista e hanno la responsabilità di quanto sta accadendo in Austria. La spiegazione dell'attitudine italiana di fronte agli odierni avvenimenti austriaci non deve quindi ricercarsi in assurdi "complotti" fra Roma e Berlino, ma soltanto nella politica di Londra e di Parigi».

Chamberlain mi ha ascoltato attentamente mostrando di non sgradire affatto questa specie di filippica, sia pure condensata in una semplice elencazione cronologica di fatti e avvenimenti e poiché Eden ha fatto cenno di parlare Chamberlain è intervenuto dicendo: «Non mi sembra il caso, in questo momento, di entrare a discutere di responsabilità. Potrei forse anche dirvi che non posso condividere certi giudizi da voi dati. Ma esaminiamo il presente. Qual'è in questo momento e soprattutto quale sarà nel futuro la posizione dell'Italia di fronte, non soltanto agli avvenimenti austriaci ma soprattutto agli altri maggiori problemi europei? Sino a qual punto deve considerarsi compromessa l'indipendenza austriaca dall'azione tedesca iniziata quattro giorni or sono? È proprio certo che non si può arrestare o almeno ritardare questa azione tedesca diretta al completo assorbimento dell'Austria?».

Ho replicato a Chamberlain ripetendo che io non intendevo discutere col governo britannico la questione austriaca e che egli doveva limitarsi a prendere atto della mia netta smentita circa l'esistenza di asseriti contratti o accordi fra Germania e Italia circa l'Austria. «Ma poiché -ho continuato -voi mi ponete dei quesiti circa la posizione dell'Italia nella politica generale dell'Europa, io sono pronto ad esporvi, sulla base delle istruzioni ricevute stamane da Roma, il pensiero del governo fascista».

Ho creduto infatti che fosse venuto il momento nella mia conversazione con Chamberlain di fare ciò, e sulla base delle istruzioni ricevute di porre al governo britannico in termini di cruda nettezza la posizione dell'Italia dopo gli avvenimenti austriaci di questi giorni, allo scopo di dimostrare l'urgenza di addivenire ad un rapido accordo totalitario e definitivo coll'Italia fascista, colla premessa indispensabile del riconoscimento da parte britannica dell'Impero Italiano in Etiopia. Ho detto testualmente a Chamberlain che la netta smentita che avevo dato all'esistenza di un accordo segreto di carattere europeo fra la Germania nazista e l'Italia fascista si riferiva al presente, ma non al futuro. La futura posizione dell'Italia di fronte al problema generale della pace europea e dell'assetto futuro dell'Europa dipende esclusivamente, ho detto, da quella che sarà, nell'immediato futuro, l'attitudine effettiva della Gran Bretagna verso l'Italia. Fino a questo momento l'attitudine della Gran Bretagna è stata deliberatamente ostile all'Italia. Tutto il popolo italiano è conscio e convinto di questa verità, che del resto l'azione e l'iniziativa britannica si incaricano di confermare giorno per giorno. Gli avvenimenti austriaci di questa settimana hanno impresso, non vi è dubbio, un movimento accelerato al dramma europeo. Nessun Paese può più a lungo attendere. L'Italia da parte sua non può più aspettare e domanda di sapere subito, e una volta per sempre, a fatti e non a parole, se l'Inghilterra intende rimanere un Paese nemico ovvero se è decisa a porre fine a questo capitolo dei rapporti italo-britannici che dura da tre anni, e addivenire ad un accordo totalitario, definitivo, senza zone d'ombra o ragioni di future frizioni o diffidenze coll'Italia fascista. «Non si deve credere -ho detto a Chamberlain, esprimendomi con le stesse parole di V.E., poiché di più efficaci non avrei potuto trovarne -che il Duce sia oggi più ansioso di ieri di stringere la mano all'Inghilterra. Come ieri egli è desideroso di un'intesa se questa è possibile: come ieri egli è pronto ad affrontare qualsiasi prova, anche la più dura. La conclusione dei pour-parlers può quindi essere positiva o negativa. Non spetta solo all'Italia di assumersi una tale responsabilità: l'Inghilterra deve prenderne una congrua parte. Ma bisogna che una conclusione vi sia e vi sia rapidamente. Poiché se nuovi ritardi venissero ancora causati, allora per l'Italia non esisterebbe più l'alternativa e il Duce dovrebbe indirizzare definitivamente la politica italiana in un senso di netta, aperta, immutabile ostilità contro le Potenze occidentali».

Chamberlain ha mostrato di ascoltare con ancora maggiore attenzione queste mie parole e ha detto: «Desidero essere sicuro che ho inteso esattamente quanto voi mi avete detto e cioè che qualora non si addivenisse subito ed immediatamente ad un chiarimento definitivo della situazione dei rapporti fra Italia e Inghilterra, l'Italia si sentirebbe ormai irrimediabilmente costretta a scegliere una volta per sempre e in modo definitivo una posizione politica e degli impegni che possono risultare ostili alle grandi Potenze occidentali».

Ho risposto che era così e che egli aveva esattamente capito.

Chamberlain ha guardato Eden ed ha ripreso domandandomi quali erano i suggerimenti pratici che, secondo il mio avviso, potevano portare in questo momento a dei positivi risultati fra Italia e Inghilterra.

Ho risposto: «L'inizio immediato di conversazioni ufficiali a Roma, senza ulteriori procrastinazioni o condizioni pregiudiziali: siano queste condizioni dichiarate apertamente, ovvero mascherate e poscia ripresentate apparentemente in forma diversa, ma identiche nella sostanza».

A questo punto Eden è uscito dal silenzio ostile mantenuto sino allora ed è intervenuto direttamente e con tono aspro, nella discussione fra me e Chamberlain. Eden ha cominciato col dire che questo problema dell'apertura ufficiale delle conversazioni itala-britanniche è stato, come il Primo Ministro sapeva, oggetto di parecchie conversazioni nella settimana scorsa tra lui e l'ambasciatore d'Italia. «Evidentemente -Eden ha continuato -tra la scorsa settimana e oggi vi è un fatto nuovo, e cioè l'Austria, e soprattutto il fatto nuovo che il governo italiano, almeno a quanto dichiara l'ambasciatore Grandi, rifiuta di discutere sulla base dei Protocolli di Stresa il problema austriaco. L'attitudine italiana -Eden ha continuato -almeno sino a che essa non sia ulteriormente chiarita impone al governo britannico di ritornare su quelli che sono stati alcuni punti già raggiunti nelle mie conversazioni con Grandi durante la scorsa settimana. Occorre retrocedere al punto di partenza, ed occuparci a fondo, preliminarmente ad ogni altro problema, del problema dell'Austria. Poiché le conversazioni itala-britanniche devono coprire tutti i punti di malinteso fra i due Paesi, è chiaro -ha continuato Eden -che la questione austriaca deve essere esaminata con precedenza sulle altre. Ora l'ambasciatore Grandi ha dichiarato che egli si rifiuta di discutere questo problema ... ».

Di fronte a queste parole di Eden, Chamberlain ha dato visibili segni di disappunto e di irritazione ma non ha detto nulla.

«Dopo il problema austriaco-Eden ha continuato-vi è la questione della Spagna. È inutile e pericoloso, occorre dirlo in modo chiaro, fingere di ignorare questo problema di importanza fondamentale e pregiudiziale nelle relazioni itala-britanniche. Quale è l'utilità di conversazioni ufficiali fra Roma e Londra, se prima non è intervenuto un accordo preciso e raggiunta una soluzione soddisfacente della questione spagnola? Nel gennaio 1937 è stato concluso un accordo fra Inghilterra e Italia il quale si è dimostrato nella pratica realtà sterile e inutile, soltanto perché la questione spagnola è stata in tale accordo soltanto adombrata, non cioè discussa e regolata in modo da evitare che potesse nel futuro costituire motivo di eventuali frizioni e contrasti fra i due Paesi. Dichiarare aperte delle conversazioni ufficiali fra Roma e Londra, senza un preventivo accordo sulla questione spagnola, significa fare nascere delle pericolose illusioni o prospettive esagerate sul futuro corso dei negoziati itala-britannici, peggiorando in definitiva, come è già avvenuto precisamente dopo la conclusione del Gentlemen's Agreement del gennaio 1937, la situazione dei rapporti itala-britannici. Ciò soprattutto se il governo italiano intende mantenere la sua pregiudiziale sine-qua-non, e cioè che un eventuale accordo itala-britannico deve includere il riconoscimento britannico della sovranità italiana in Etiopia. Aprire dei negoziati ufficiali dopo aver dichiarato da parte nostra che abbiamo accettato la pregiudiziale italiana del riconoscimento dell'Etiopia, senza che l'Italia abbia preso nessun impegno corrispondente per l'Austria e per .!!! Spagna, significa avere dato già all'Italia tutto quello che l'Italia domanda, senza da parte nostra nessuna garanzia di corrispettivo».

Eden si è indugiato a questo punto in una ricostruzione assolutamente arbitraria di quello che è stato il conflitto spagnolo durante quest'anno: «In gennaio vi è stata la firma del Gentlemen's Agreement, e qualche settimana dopo 60 mila volontari italiani sono stati inviati in Spagna. Nel luglio dopo lo scambio di lettere Chamberlain-Mussolini e l'accordo per l'apertura di conversazioni itala-britanniche, abbiamo avuti gli incidenti nel Mediterraneo, i quali hanno perturbato nuovamente e gravemente l'atmosfera dei rapporti italo-inglesi. Occorre determinare dunque, innanzitutto, una situazione tale che garantisca che queste «malaugurate coincidenze» (parole testuali di Eden) non abbiano più a verificarsi. Nelle presenti condizioni e circostanze il governo britannico non può addivenire a nessun accordo coll'Italia, e soprattutto a un accordo che riconosca di diritto la sovranità italiana sull'Etiopia».

Ho replicato a Eden in tono fermo che non potevo a meno di essere sgradevolmente sorpreso per queste sue parole e ho aggiunto che ero pronto a discutere con lui da cima a fondo, alla presenza di Chamberlain, in tutti gli aspetti, nessuno escluso, e in tutte le fasi, il problema spagnolo e le sue ripercussioni assolutamente artificiose nei rapporti italo-britannici. Ma credevo superfluo di fare ciò nei limiti di quella che era la conversazione di oggi, sempre disposto e pronto tuttavia a farlo in qualsiasi momento. Desideravo, comunque, contestare nel modo più formale alcune affermazioni di Eden, contrarie alla più elementare verità. E cioè: la lettera Ciano-Drummond allegata al Gentlemen's Agreement del 2 gennaio copriva tutto il campo e risolveva implicitamente tutte le possibili questioni o interrogativi che, in conseguenza del conflitto spagnolo, potevano eventualmente sorgere nelle relazioni italo-britanniche.

Ho ricordato a Chamberlain (cosa che vale la pena di ripetere perché gli inglesi amano scordare) che il governo fascista prima e dopo il Gentlemen's Agreement ha chiesto insistentemente e invano nel Comitato di non intervento l'applicazione di misure per impedire l'afflusso di volontari stranieri in Spagna. Alle mie denunce contro la Russia che stava organizzando a Madrid la Brigata Rossa antifascista e faceva affluire da ogni parte volontari rossi in l spagna, il delegato britannico Plymouth rispondeva in Comitato plenario che l'afflusso di volontari stranieri non era contemplato nell'accordo di non-intervento. È stato soltanto dopo e in conseguenza dell'afflusso di volontari russi, francesi, inglesi e cecoslovacchi, ecc. e la formazione della Brigata Rossa Internazionale dimostratasi di una efficienza tutt'altro che trascurabile e tale da arrestare di fronte a Madrid la vittoriosa avanzata di Franco, che sono partiti dall'Italia i Legionari al solo scopo di controbilanciare l'intervento già pericolosamente in atto da parte dell'antifascismo internazionale a fianco dei social-comunisti spagnoli.

Ho ricordato a Eden le sue dichiarazioni del 17 marzo 1937 ai Comuni nelle quali egli stesso ha dichiarato che al governo britannico risultavano essere i volontari delle due parti in Ispagna «JÌn numero uguale». «Se dunque il cosiddetto "spirito" del Gentlemen's Agrcement del gennaio 1937 è stato turbato, la responsabilità -ho detto --di questo asserito turbamento non è dell'Italia bensì degli alleati e associati dell'Inghilterra medesima, l'azione sabotatrice dei quali il governo britannico ha sempre cercato indirettamente o direttamente di aiutare.

Una situazione analoga -ho continuato-si è verificata nel mese di agosto». Ho citato a questo punto le stesse parole di Eden ai Comuni del 17 marzo 193T colle quali egli ha ammesso l'enorme afflusso di materiale e di aiuti giunti proprio nei mesi di luglio e di agosto ai Rossi spagnoli da parte della Russia sovietica, «il che rendeva naturalmente --ho continuato -necessario da parte del governo di Salamanca una drastica ed efficace azione marittima per impedire questo grave contrabbando. Vi sono è vero delle "coincidenze" per usare le parole di Eden, ma

193 Sic. Le dichiarazioni di Eden alle quali si fa qui riferimento furono fatte nella seduta del 1° novembre 1937.

queste non sono fra pretese contraddizioni dell'attitudine italiana: una strana e significativa coincidenza si è invece verificata sempre tutte le volte che le relazioni itala-inglesi si incamminavano sulla strada di un positivo miglioramento, fra le iniziative prese successivamente per un accordo itala-britannico e iniziative prese immediatamente dall'antifascismo internazionale (antifascismo britannico incluso) per un intervento grave e scandaloso a fianco dei Rossi spagnoli e per montare simultaneamente una campagna artificiosa di menzogne contro l'Italia al solo scopo di distruggere e far naufragare tutti i tentativi d'accordo fra l'Inghilterra e l'Italia. L'Italia ha il diritto di domandare se molte delle iniziative prese arbitrariamente durante il conflitto spagnolo dai governi di Londra, Parigi e Mosca, ad esempio l'Accordo di Nyon, non nascondevano un programma determinato di un'azione militare direttamente ostile all'Italia in limiti e in proporzioni che uscivano dai limiti e dalle proporzioni del conflitto spagnolo e che facevano ricordare con strana e sintomatica coincidenza le recenti esperienze ginevrine del blocco sanzionista contro l'Italia.

L'Italia fascista, vale la pena di ripeterlo ancora una volta, è oggi a fianco del generale Franco -ho continuato -per le stesse ragioni e in circostanze assolutamente analoghe a quelle per le quali un secolo fa l'Inghilterra mandava il Duca di Wellington e le truppe inglesi in Spagna a combattere a fianco degli spagnoli e contro i francesi. Una volta liberata la Spagna dalla prepotente invasione francese il Duca di Wellington se ne andò ritenendo di avere salvaguardato gli interessi dell'Inghilterra per il solo fatto di avere salvato l'indipendenza della Spagna».

Chamberlain è intervenuto fra me e Eden dicendo che gli sembrava inutile continuare in polemiche di questo genere, ma che la cosa più conveniente era invece quella di esaminare con uno spirito equanime da ambo le parti le possibilità di un chiarimento effettivo e definitivo fra i due Paesi, cercando di rimuovere le reciproche difficoltà con un senso di reciproca fiducia da ambo le parti. Evidentemente la questione spagnola non poteva essere aprioristicamente esclusa dall'esame dei problemi che interessano le relazioni itala-britanniche. Il governo fascista non aveva (Chamberlain ha detto rivolgendosi a Eden) mai inteso di voler escludere l'esame di alcun problema che interessa i due Paesi, e quindi non aveva escluso l'esame del problema spagnolo. Altre questioni naturalmente dovranno essere esaminate, a mo' di esempio: reciproca situazione nel Mediterraneo, forze in Libia, reciproche posizioni nel Mar Rosso, ecc. «Quello che il governo fascista domanda -ha continuato Chamberlain sempre rivolto a Eden -è che noi dichiariamo che l'Inghilterra riconosce la sovranità italiana sull'Etiopia, e che si passi poscia all'esame di tutti i problemi che dovranno formare oggetto dell'accordo generale fra i due Paesi, accordo del quale il riconoscimento dell'Etiopia deve, naturalmente, costituire parte integrante. Io sono d'accordo e accetto ciò. L'Italia domanda inoltre che non siano poste condizioni o pregiudiziali, e che si discutano tutti i problemi insieme e sullo stesso piano. Non vedo in che cosa ciò possa pregiudicare gli interessi britannici, e non vedo come il governo britannico possa non accogliere questo punto di vista dell'Italia».

Eden non ha affatto mostrato di gradire queste dichiarazioni di Chamberlain e rivolgendosi direttamente al Primo Ministro -come se io non fossi presente --ha ribattuto che egli non vedeva come potevano essere armonizzati lo svolgimento contemporaneo di conversazioni itala-britanniche e i lavori del Comitato di non intervento. «Occorreva anzitutto--Eden ha continuato-attendere che il Comitato di non intervento giungesse ad un accordo finale con determinati impegni da parte di tutti i governi partecipanti sul problema fondamentale ancora in discussione, e cioè sul ritiro dei volontari stranieri in Spagna, ma occorreva soprattutto, pregiudizialmente ad ogni accordo, che i volontari stranieri fossero effettivamente partiti dalla Spagna. Finché ciò non fosse avvenuto -Eden ha continuato --non vedo quale utilità potrebbero avere dei negoziati ufficiali italo-britannici, i quali non possono non essere influenzati direttamente dall'andamento e da quelli che saranno in definitiva i risultati delle prossime discussioni nel Comitato di non intervento. Su questo terreno nessuna concreta buona volontà si è rivelata da parte italiana. L'Italia continua a tergiversare e non ne fa mistero. Per esempio -ha continuato Eden -l O giorni or sono, io ho sottoposto all'ambasciatore Grandi una formula di compromesso sulla questione volontari-belligeranza~. e su altre questioni Plymouth ha pure intrattenuto l'ambasciatore d'Italia 9• Da IO giorni noi aspettiamo una risposta. È l'ambasciatore Grandi in grado di comunicarci la risposta del governo fascista alla formula britannica?».

Ho ribattuto seccamente a Eden ricordandogli che tre sere fa a Birmingham egli ha dichiarato la necessità di andare adagio 111 • Il governo fascista lo aveva preso in parola. L'esame della formula britannica è oggetto in questo momento di attento esame fra Roma e Berlino.

Chamberlain è intervenuto a questo punto coll'aria questa volta di essere effettivamente seccato ed ha detto rivolto a Eden: «Tutto questo sta bene, ma non bisogna dimenticare che fra le vostre conversazioni della settimana scorsa con Grandi e oggi vi sono dei fatti nuovi in Europa: e questi fatti nuovi invece di fare retrocedere le cose al punto di partenza debbono farci riflettere e indurci a considerazioni precisamente opposte». Quindi rivolgendosi a me direttamente: «Vi pongo una domanda precisa: voi credete effettivamenle che il fatto di dichiarare pubblicamente che le conversazioni previste nello scambio di letterefra me e il Duce smw ufjìcialmente aperte potrebbe, come voi dite, determinare di per se stesso un'atmosfera favorevole e contribuire di per se stesso ad una rapida conclusione di un accordo generale fra i due Paesi?».

Ho risposto a Chamberlain che lo credevo.

Chamberlain ha ripreso: «Sta bene. Ritengo che sarebbe utile noi riprendessimo la nostra conversazione oggi nel pomeriggio, onde darmi modo di consultarmi col mio ministro degli Esteri circa quanto ha fatto oggetto del nostro colloquio. Se credete, potremmo riprendere oggi la conversazione alle 15».

Ho risposto che stava bene e così ha avuto termine la conversazione della mattinata.

Alle 3 del pomeriggio il colloquio è stato ripreso.

Chamberlain ha cominciato subito dicendomi che egli aveva esaminato attentamente la situazione insieme al ministro Eden ed era venuto nella conclusione di

accettare il mio punto di vista, subordinatamente all'approvazione concorde del Gabinetto, che egli si riprometteva di convocare immediatamente per l'indomani sabato, allo scopo di sottoporre ai suoi colleghi quanto era stato oggetto della nostra discussione di oggi tra lui Chamberlain. l'ambasciatore d'Italia e Eden. «Il Gabinetto -ha continuato Chamberlain --deve essere messo al corrente da me del

193 H Vedi DD. 138 e 139. 193 y Vedi D. 126. 193 Ju Vedi D. 168. nota 4.

230 contenuto dettagliato di queste nostre discussioni, e trarre le sue decisioni ultime e definitive. Io domanderò al Gabinetto di essere autorizzato ad annunciare che le note conversazioni itala-britanniche sono state iniziate ufficialmente senza attendere la soluzione preventiva di problemi determinati o altre condizioni pregiudiziali. Allo scopo di facilitare la mia azione diretta ad ottenere una unanime decisione del Gabinetto domando tuttavia al Duce di esaminare se egli può dichiararsi d'accordo sulla formula britannica proposta da Plymouth e da Eden circa il particolare argomento in discussione in seno al Comitato di non intervento concernente la belligeranza e i volontari, e ciò -Chamberlain ha continuato -in vista di un prossimo e completo accordo italo-britannico, da concludersi rapidamente e per il quale si è già raggiunta fra i due governi un'intesa preventiva e generale sui punti fondamentali. Si procederebbe quindi -ha continuato Chamberlain -nel modo seguente: inizio ufficiale delle conversazioni itala-britanniche simultaneamente alla comunicazione da parte italiana che il governo fascista è d'accordo col governo britannico sulla formula da presentarsi successivamente al Comitato di non intervento per la discussione e eventuale approvazione».

Ho domandato a Chamberlain di precisarmi se egli intendeva con ciò che le conversazioni sarebbero cominciate subito, e senza attendere l'esito che la proposta britannica potesse, comunque, avere in seno al Comitato di non intervento.

Chamberlain ha risposto che io avevo interpretato esattamente.

Ho replicato a Chamberlain che io non conoscevo ancora che cosa il Duce e V. E. pensassero della formula volontari-belligeranza proposta da Plymouth e da Eden nelle nostre conversazioni della settimana scorsa. E che pertanto io non potevo prendere alcun impegno definitivo prima di avere consultato V.E. e avuto ulteriori istruzioni.

Chamberlain mi ha risposto che si rendeva conto di questa mia difficoltà e che da parte sua egli desiderava, prima di dare egli stesso una risposta di accettazione definitiva di questo progetto d'accordo, di illustrare al Gabinetto le ragioni che gli avevano suggerito questa decisione ed averne l'approvazione. Egli proponeva quindi che io telegrafassi a Roma in modo da essere in grado di dare una risposta a lui, Chamberlain, entro lunedì. Egli entro lunedì, e cioè dopo la riunione del Gabinetto, si riservava analoga conferma da parte sua.

Ho assicurato Chamberlain che non avrei mancato naturalmente di sottoporre a V. E. la sua proposta nei termini da lui indicati e che mi riservavo di dargli una risposta entro lunedì, secondo le istruzioni che avrei ricevuto dal mio governo. Ad ogni buon fine ho creduto opportuno, non foss'altro che allo scopo di far «pesare» un'eventuale accettazione da parte italiana della proposta di compromesso sul punto volontari-belligeranza presentataci IO giorni fa da Plymouth e da Eden, di illustrare a Chamberlain, a titolo personale, le ragioni per cui io ritenevo tale formula assai svantaggiosa, dato che essa, in determinate eventualità, poteva giocare, con una eccessiva discriminazione, a vantaggio o a danno di una delle due parti in Spagna. Occorreva pertanto andare guardinghi da parte del governo fascista prima di accettare la formula stessa. «Appunto per ciò -ho detto -il governo fascista ha ritenuto opportuno procedere ad un attento ed accurato esame di tutte le eventualità. Tale formula -ho continuato -significa che i membri del Comitato si impegnano di accettare preventivamente, mediante una combinazione a scatto automatico, i risultati dei lavori delle due Commissioni inviate in !spagna. Ora è evidente che da parte nazionalista l'accertamento del numero dei volontari sarà facile in quanto che i volontari stranieri sono facilmente individuabili nelle unità legionarie. Le Autorità rosse di Barcellona, appunto in vista di una possibile inchiesta di carattere internazionale, hanno proceduto da tempo al formale scioglimento della Brigata internazionale disseminando i componenti della medesima nelle varie unità delle milizie rosse spagnole. Ciò renderà il compito della Commissione incaricata di accertare il numero dei volontari stranieri, anche ammettendo la pregiudiziale della buona fede assoluta, assai difficile e complesso e potrà prestarsi facilmente a degli errori. Se le Commissioni accertassero un numero di volontari uguale dalle due parti, la formula britannica non darebbe luogo ad inconvenienti, ma ove ad esempio le Commissioni accertassero un numero di volontari rossi inferiore al numero dei volontari da parte nazionalista, una differenza relativamente piccola nel computo numerico potrebbe, in certe eventualità, giocare in un modo ingiustamente sfavorevole nei riguardi di Franco e al di là delle stesse clausole contemplate dal Piano britannico del 16 luglio 11 e della Risoluzione del Comitato di non intervento del 4 novembre 12 . Occorreva -ho continuato --che io illustrassi tutto ciò a Chamberlain a scanso fin d'ora di responsabilità per i futuri possibili inconvenienti e anche perché non si dovrà in seguito imputare all'Italia se tali inconvenienti si verificheranno per colpa di altre Potenze. Tanto più occorre ripetere tutto ciò -ho detto da ultimo -data la tendenza manifestata chiaramente dal ministro Eden di considerare i risultati collettivi del Comitato di non intervento come suscettibili di modificare in senso positivo o negativo le trattative itala-britanniche. Il che praticamente significa ---ho ripetuto -riconoscere preventivamente che terze Potenze possono sempre ad ogni momento compromettere il risultato delle trattative italo-britanniche, ovvero ammettere una ipotesi ancora più assurda che, per raggiungere un accordo coll'Inghilterra, l'Italia dovrebbe trovarsi costretta ad accettare tutte le condizioni che la Russia e la Francia pensassero di chiedere e di avanzare nel Comitato di non intervento, non foss'altro che allo scopo di silurare preventivamente, e mentre si svolgono, i negoziati italo-britannici».

Chamberlain mi ha ascoltato dicendomi che era per lui un po' difficile seguire dettagliatamente le formule complicate e astruse che spuntavano successivamente dalle cavillose discussioni in seno al Comitato di non intervento, ma che ad ogni modo egli apprezzava nel giusto valore il senso generale di quanto io gli avevo detto ed era certo, Chamberlain ha concluso guardando Eden c rivolgendosi quasi con aria un po' beffarda a quest'ultimo, che anche il ministro degli Esteri faceva altrettanto.

«Occorre adesso -ha ripreso Chamberlain --metterei d'accordo sul luogo dove si svolgeranno le trattative ufficiali, che dovranno essere naturalmente le più rapide possibili».

Ho risposto che non vedevo come potessero esservi dubbi al riguardo. I negoziati ufficiali debbono svolgersi a Roma.

Chamberlain mi ha replicato che egli era perplesso circa la sede di Roma. Egli sinceramente preferiva -Chamberlain ha detto -che tali conversazioni continuassero qui a Londra, dove erano già cominciate di fatto nel corso della settimana al Foreign Office e continuate oggi a Downing Street. «Anche se si è convenuto chiamarle preliminari e esplorative-Chamberlain ha continuato -non vi è dubbio che si è già entrati in molti aspetti nel vivo e nella sostanza dei problemi in discussione. Sul riconoscimento da parte britannica della sovranità italiana in Etiopia,

193 11 Sic.: del 14 luglio. Testo in BD. vol. XIX. D. 38. 12

193 Testo ihid.. D. 277.

232 non c'è più questione. Vi confermo oggi che il governo britannico non insiste più sull'obiezione comunicata a suo tempo al governo italiano nei mesi di settembre 13 , ottobre 14 e dicembre 15 u.s. e cioè che il riconoscimento da parte britannica della sovranità italiana in Etiopia non poteva essere incluso nel quadro del nostro accordo. Io accetto, ripeto, la richiesta italiana che il riconoscimento da parte britannica della sovranità italiana sull'Etiopia debba far parte integrante del futuro accordo itala-britannico. Anche in materia di propaganda anti-britannica il governo britannico ha receduto dalla dichiarazione fatta di considerare quest'ultima come una questione pregiudiziale, e accetta il punto di vista italiano di esaminare in sede di trattative generali le manifestazioni che da una parte e dall'altra possono turbare l'atmosfera amichevole fra i due Paesi. Il ministro Eden mi ha riferito del resto che su questo argomento è già stata iniziata la discussione, da una parte e dall'altra, durante le conversazioni della scorsa settimana. Altre questioni di indubbia importanza non ancora toccate rimangono, e tutte insieme potrebbero essere discusse qui a Londra. Io stesso eventualmente potrei prendervi parte personalmente allo scopo di affrettare l'esito di tali conversazioni nel caso sorgessero difficoltà».

Eden è intervenuto affermando che egli per parte sua riteneva assolutamente necessario che le conversazioni ufficiali -se queste, Eden ha sottolineato, dovranno effettivamente avere luogo e quando avranno luogo -continuino in tutti i modi a svolgersi a Londra. Eden ha aggiunto che la sede di Londra appariva tanto più naturale in quanto che è a Londra che si svolgono e si svolgeranno le discussioni del Comitato di non intervento ed era evidente che qualsiasi eventuale conversazione itala-britannica avrebbe dovuto procedere di pari passo coi lavori del Comitato di non intervento.

Ho risposto dicendo che apprezzavo le ragioni per cui il Primo Ministro riteneva preferire la sede di Londra, ma che non potevo accettare invece le ragioni che inducevano il ministro Eden a considerare necessaria la scelta di Londra e non Roma. «Quanto Eden aveva detto mi convinceva vieppiù --ho continuato -della opportunità se non della necessità che le conversazioni abbiano luogo a Roma, come era stato previsto sin dal luglio u.s. Proprio perché -ho detto -Londra è la sede dei lavori del Comitato di non intervento, è opportuno che le trattative si svolgano a Roma, fuori cioè e indipendentemente dai lavori del Comitato di non intervento. Io non posso accettare-ho detto--la tesi già sostenuta stamani dal ministro Eden secondo la quale l'esito delle trattative itala-britanniche dovrebbe dipendere dai risultati collettivi del Comitato di non intervento. Ciò significherebbe, ripeto, lasciare ad esempio alla Russia e alla Francia il diritto, ad ogni momento, di fare naufragare le trattative itala-britanniche attraverso una azione sabotatrice e delle assai troppo facili manovre nel Comitato londinese. Il governo fascista è disposto a discutere di qualsiasi argomento che possa interessare direttamente i rapporti itala-britannici, ma è chiaro che esso non può far dipendere, né subordinare la sua attitudine e la sua buona volontà alla cattiva volontà di terze Potenze notoriamente ostili all'Italia, le quali hanno l'ovvio interesse di opporsi ad un qualsiasi accordo fra l'Inghilterra e l'Italia. Ciò significherebbe, in altre parole, fare la Russia e la Francia arbitre delle conversazioni itala-britanniche, il che è assurdo. Se questo intende il ministro Eden

193 14 lhid., D. 387, allegato. 193 15 Riferimento al colloquio Eden-Grandi del 2 dicembre 1937. ihid., D. 645.

è bene fin d'ora chiarire questo punto in un modo esplicito e pregiudiziale. E se così fosse io dovrei trarre la conclusione che il governo britannico non ha nessuna seria intenzione di arrivare a dei risultati positivi. Questo sia detto, del resto, non soltanto per quanto riguarda l'asserita connessione fra le conversazioni itala-britanniche e i lavori del Comitato di non intervento, ma anche e sopratutto per tutte quelle che potranno essere eventuali discussioni italo-inglesi sulla questione spagnola. Pretendere che l'Italia soltanto per creare condizioni favorevoli ad un accordo con l'Inghilterra modifichi la sua politica di appoggio al generale Franco, oppure rinunci a controbilanciare lo scandaloso intervento specialmente da parte russa e francese, significherebbe, in altre parole, che il governo britannico non è alla ricerca delle basi per un accordo definitivo coll'Italia, ma soltanto tenta di immobilizzare l'Italia, di favorire l'intervento francese e russo e in definitiva di aiutare i Rossi spagnoli. Specialmente in questi ultimi tempi-ho continuato-l'intervento francese ha assunto proporzioni talmente scandalose da rendere di nuovo veramente difficile la posizione dell'Italia in quella che è la sua necessaria e doverosa assistenza ai Nazionalisti spagnoli. Non credo -ho continuato -che il governo fascista possa più a lungo tacere sopra questa sempre maggiore intensificazione dell'intervento francese in Spagna».

Chamberlain mi ha risposto dicendomi che per quanto riguarda sia la questione dei volontari, sia tutte le altre questioni in materia di non intervento è chiaro che il governo britannico intende sempre riferirsi a un preciso criterio di reciprocità per ambo le parti, senza discriminazioni di sorta fra Salamanca e Barcellona. Per quanto riguarda più specificatamente la questione dei volontari, Chamberlain ha aggiunto «quando io dico volontari stranieri intendo i volontari di ambedue le parti».

Siamo tornati a questo punto, dopo questa digressione necessaria, al problema della sede dove le discussioni itala-britanniche dovranno aver luogo.

Io ho di nuovo insistito per Roma dimostrando con ovvi argomenti e a più riprese la necessità che tali conversazioni si svolgano nella capitale italiana. Vi è un accordo preciso su questo punto tra il governo britannico e il governo italiano, da tutti conosciuto e non vi è dubbio che il pubblico italiano rimarrebbe assai perplesso nell'apprendere che all'ultimo momento e per ragioni non facili a spiegarsi questo accordo è stato modificato. Ciò rischierebbe di creare subito un'atmosfera non favorevole a queste conversazioni.

Eden è intervenuto dicendo che non si poteva parlare di un accordo vero e proprio intervenuto fra il governo britannico e il governo italiano per la sede di Roma; se ne era parlato come di una possibilità, ma non credeva che un accordo vero e proprio ci fosse.

Chamberlain un po' imbarazzato, ha detto che effettivamente egli non ricordava se ciò era stato discusso durante le conversazioni del luglio con me 16 .

Ho replicato dicendo che se ne era discusso e che Chamberlain aveva allora consentito a che le conversazioni, le quali allora sembravano imminenti, avessero luogo a Roma. «Del resto-ho aggiunto-sono in grado di poter documentare ciò».

Ho tratto a questo punto due documenti che ad ogni buon fine avevo portato meco, e cioè il promemoria in data 6 agosto 1937 1 ~ consegnato dall'ambasciatore Drummond al ministro Ciano, e il resoconto di una successiva conversazione tra

l'incaricato d'affari inglese a Roma e il ministro Ciano del 27 settembre 1937 18• In ambedue i documenti il governo britannico conferma che la sede delle prossime conversazioni è Roma e non Londra.

Chamberlain ha preso visione di questi documenti, e poscia mi ha detto che si sarebbe potuto trovare una via di mezzo e cioè continuare le conversazioni iniziate a Londra, salvo poi esaminare durante il corso delle medesime l'opportunità di trasferirle a Roma. Oppure, ha continuato Chamberlain, il governo britannico potrebbe rivolgere un invito al conte Ciano per una sua visita a Londra e il ministro Ciano potrebbe in questa occasione concludere egli stesso le conversazioni e firmare l'accordo.

Ho risposto che il ministro Ciano avrebbe senza dubbio apprezzato questo invito del Primo Ministro britannico e che, in circostanze favorevoli, ero sicuro che egli sarebbe stato lieto di aderire all'invito medesimo. Ma che nelle circostanze attuali tutto rendeva obiettivamente preferibile che nulla fosse modificato del programma già fissato, e cioè che lo svolgimento delle conversazioni previste nello scambio di lettere Chamberlain-Mussolini avesse luogo a Roma, secondo gli accordi personalmente presi fra me e Chamberlain nel nostro incontro del luglio scorso.

Anche a questo punto, come alla fine della discussione al mattino, Chamberlain mi ha rivolto direttamente le domanda seguente: «Voi dunque effettivamente credete che il fatto che queste trattative si svolgano a Roma possa influire favorevolmente sull'esito delle medesime?».

Ho risposto che senza dubbio era così. Chamberlain ha concluso che stava bene per Roma, e su questo il colloquio è finito.

Di questi due colloqui, durati complessivamente tre ore, ho fatto e invio subito a V.E. questa fotografia coscienziosa e particolareggiata, perché ritengo che nessuna impressione e nessun commento potrebbe riprodurre i vari aspetti della situazione politica di queste giornate meglio e più efficacemente che il quadro documentario di questo mio incontro con Chamberlain e Eden, nel suo svolgimento cronologico, nei passaggi e fasi successive, nelle domande e risposte, nelle polemiche e battute fra Chamberlain, Eden e il sottoscritto.

È certamente questa discussione di ieri una delle più paradossali e straordinarie alle quali mi sia mai occorso di prendere parte.

Chamberlain e Eden non erano un Primo Ministro e un ministro degli Esteri che discutevano con un ambasciatore di un Paese straniero una delicata situazione di carattere internazionale. Erano, e si rivelavano di fronte a me, al di fuori e al di sopra di ogni convenzione protocollare, due nemici di fronte l'uno all'altro e come due galli, in una vera e propria attitudine di combattimento. Le domande e i quesiti postimi man mano da Chamberlain, erano tutti -nessuno escluso -intenzionalmente a me posti allo scopo di avere determinate risposte, che valessero a smentire e a smantellare le posizioni dialettiche e polemiche sulle quali evidentemente Eden aveva in precedenza costruito o tentato di giustificare, contro lo stesso Chamberlain e davanti ai suoi colleghi di Gabinetto, la sua miserabile politica anti-italiana e anti-fascista.

Eden, da parte sua, non ha mostrato alcun ritegno a scoprirsi in pieno davanti a me, quale egli è sempre stato, e quale io sempre ho descritto che egli è, un nemico irriducibile del fascismo e dell'Italia.

193 !H Di tale colloquio non si è trovata documentazione.

Alla fine di questi colloqui di tre ore i due uomini che io avevo di fronte mi hanno dato l 'impressione, non cancellabile, che al di là delle parole, delle argomentazioni, delle polemiche e delle stesse questioni discusse, essi stavano giocando,

o almeno si preparavano a giocare, il gioco grosso del loro destino futuro nel governo e nel Partito Conservatore, e si precostituivano le armi polemiche per la riunione del Gabinetto che ha luogo in questi momenti mentre scrivo il presente rapporto, riunione che potrebbe essere per loro una battaglia definitiva e risolutiva.

Chamberlain infatti, nel rivolgermi direttamente le sue domande non attendeva da me -ciò era visibile -se non quelle particolari e determinate risposte che gli erano utili come munizioni contro Eden. Di ciò mi sono reso immediatamente conto e ho cercato naturalmente di dare a Chamberlain tutte quelle munizioni che ritenevo potessero a tale scopo essergli utili. Non vi è dubbio che a tale riguardo si sono rivelati preziosi i contatti stabiliti in precedenza fra me e Chamberlain, attraverso il suo uomo di fiducia, Bali. Per esclusivo interesse di cronaca, informo V.E. che ieri sera dopo l'incontro a Downing Street, Chamberlain mi ha segretamente mandato il suo uomo (ci siamo dati l'appuntamento in un banale taxi di piazza) per dirmi che «mi salutava cordialmente, che aveva apprezzato le mie dichiarazioni assai utili per lui, e che confidava tutto sarebbe all'indomani andato per il meglio».

Non vorrei neppure lasciare in V.E. un 'impressione, che alcune dichiarazioni fatte da Chamberlain nel corso della discussione potrebbero suggerire, e cioè che Chamberlain abbia in mente qualche piano di resistenza alla Germania sulla questione austriaca. Ritengo di poter escludere ciò. L'attitudine inglese di fronte agli avvenimenti austriaci è stata e credo rimarrà quella che ho sempre segnalata a V.E. e cioè un'attitudine che chiamerò di «indignata rassegnazione». Su questo punto delle relazioni anglo-tedesche a seguito degli avvenimenti austriaci tornerò più tardi, con un esame a parte.

Non è ad ogni modo la Germania o l'Austria il terreno di battaglia fra Chamberlain e Eden, in questo momentq. E soltanto l'Italia. Chamberlain vuole mettere la parola «fine» al capitolo «etiopico», riconoscere l'Impero italiano e concludere coll'Italia di Mussolini un accordo duraturo basato sul rispetto e sull'amicizia reciproca. Eden vuole continuare nella sua politica di rancore e di vendetta, preparare le condizioni, a scadenza più o meno lunga, della guerra coll'Italia, e atteggiarsi-come sta facendo --ad una specie di Pitt redivivo contro il Napoleone d'Italia.

Dire che Chamberlain avrà un compito facile sarebbe dire cosa inesatta. Eden ha con sé la piazza, ossia la «bestia storica» sempre in agguato in una larga corrente del popolo britannico, le sinistre, l'antifascismo e la massoneria francese, che vedono in lui il capo del futuro Fronte Popolare britannico.

Per tutta la giornata di oggi, sabato 19 corrente, l'atmosfera politica di Londra e alla Camera dei Comuni è la stessa delle giornate che precedettero la crisi Hoare-Laval del dicembre 1935.

Esattamente come allora, nel dicembre 1935, è sull'Italia e soltanto sul terreno della politica coll'Italia che sono oggi, nel febbraio 1938, eccitati e divisi le fazioni e gli spiriti.

Churchill, nemico personale di Chamberlain, sta di nuovo radunando stamane i deputati conservatori di sinistra per dichiarare la sua solidarietà con Eden e cercare di sobillare un pronunciamento ai Comuni a favore di quest'ultimo.

Speriamo che questa solidarietà di Churchill porti a Eden la stessa fortuna che la solidarietà di Churchill portò, nei giorni dell'abdicazione, all'ex Re Edoardo VIII. Da parte sua Chamberlain ha mobilitato e sta mobilitando la City, i deputati di destra e del centro, e tutte le forze politiche a sua disposizione. Non si può certamente dire che la situazione manchi stamane di autentico interesse e di drammaticità. Ma il vecchio Chamberlain, non vi è dubbio, ha mostrato di avere la pelle di cuoio duro come i suoi antenati scarpari di Birmingham. Speriamo che questa volta sia proprio la volta buona 19 .

19 febbraio «Alle ore 18 Dingli mi ha di nuovo telefonato e mi ha detto che il Primo Ministro aveva pregato Bali di far pervenire il seguente messaggio a Grandi. Il Primo Ministro inviava un particolare saluto a Grandi, dopo il colloquio di ieri al n. IO. Il Primo Ministro pregava Grandi di adoperarsi in ogni modo perché la risposta di Roma a quanto aveva formato oggetto del colloquio "a tre" di ieri fosse favorevole. Dingli, per conto suo, ha aggiunto che questo messaggio del Primo Ministro poteva essere, a suo avviso, messo in relazione con 'le voci che circolavano insistentemente stasera secondo le quali gravi dissensi si erano manifestati nella riunione di oggi del Gabinetto, a tal punto che si parlava di una possibile crisi ministeriale. Nell'eventualità di una tale crisi, era evidente che la posizione del Primo Ministro sarebbe stata rafforzata qualora la risposta dell'Italia fosse stata favorevole.

Alle ore 20, a seguito delle istruzioni di V.E., che nel frattempo aveva parlato per telefono col conte Ciano, ho avuto una nuova conversazione telefonica con Dingli e gli ho detto che Grandi ricambiava il cordiale saluto del Primo Ministro e che lo assicurava che non avrebbe tralasciato nulla per cercare di giungere a una favorevole soluzione. Grandi non era ancora in grado di dargli delle assicurazioni formali ma poteva dirgli fin d'ora che a Roma erano ben disposti e che egli, Grandi, sperava di poter dare lunedì una risposta favorevole».

L'appunto di Casardi così prosegue alla data di domenica 20 febbraio:

«Ore lO mattino. Dingli mi ha telefonato e mi ha detto che Bali aveva comunicato al Primo Ministro quanto Grandi lo aveva incaricato di fargli sapere. Il Primo Ministro si era mostrato molto soddisfatto ma aveva aggiunto che avrebbe gradito di sapere fino a che punto si poteva sperare in una risposta affermativa di Roma. Gli affidamenti datigli da Grandi gli erano utilissimi in vista della seconda riunione del Gabinetto oggi pomeriggio alle 15. Era però evidente che, se egli avesse potuto avere una certezza assoluta che la risposta sarà favorevole, la sua posizione sarebbe stata ancora migliore. Bali ha anche fatto presente, evidentemente su analogo suggerimento del Primo Ministro, che sarebbe opportuno che la stampa italiana di domani non presentasse gli avvenimenti di oggi come un trionfo delle dittature sulle democrazie.

Ho subito comunicato quanto precede a S.E. l'ambasciatore; gli ho fatto presente che Dingli aveva già dato a Bali il massimo delle assicurazioni possibili nel senso che Grandi aveva fondate .1peranze di dare una risposta favorevole lunedì e che quindi si trattava ora di dare una "assicurazione formale" che la risposta sarà affermativa. Ho fatto anche rilevare a S.E. che da Roma non era ancora giunto nessun telegramma che comunicasse l'accettazione del Governo Fascista dell'accordo di massima raggiunto venerdì scorso nell'incontro "a tre". D'altra parte, se egli intendeva rispondere alla domanda del Primo Ministro urgeva farlo subito, in modo che Bali potesse comunicarla al Primo Ministro, prima delle 15, ora fissata per la riunione del Consiglio dei ministri. S.E. l'Ambasciatore mi ha risposto che, malgrado che le istruzioni scritte di Roma non fossero ancora giunte, egli prendeva su di sé di dare fin da quel momento "assicurazioni formali" che la risposta italiana sarà favorevole. e cioè che il Governo Fascista accetta l'accordo di massima concretato fra il Primo Ministro, Eden c Grandi venerdì scorso. L'ambasciatore mi incaricava di far pervenire questa risposta a Bali il più presto possibile».

Come risulta dall'appunto, Casardi era in grado di fare la comunicazione a Bali in tempo utile perché Chamberlain potesse utilizzarla in sede di Consiglio dei ministri. L'appunto prosegue:

«Alle ore 19 Dingli mi ha telefonato all'ambasciata dicendo che il Primo Ministro desiderava una precisazione e cioè se l'assicurazione formale da me data questo pomeriggio a Bali a nome dell'ambasciatore doveva intendersi nel senso che il governo italiano accettava la formula britannica per i volontari-belligeranza proposta da Eden. Dingli ha aggiunto che il Primo Ministro desiderava che questo punto fosse ben chiaro perché, se egli avesse potuto dare subito assicurazioni in questo senso, due ministri che avevano manifestato il proposito di dimettersi non l'avrebbero più fatto e pertanto la crisi si. sarebbe limitata alle dimissioni del solo Eden. Era pertanto d'importanza vitale che il Primo Ministro avesse subito una risposta in proposito.

Ho subito risposto a Dingli che non vi era nessun dubbio su questo punto, che l'assicurazione formale data nel pomeriggio concerneva appunto l'accettazione da parte dell'Italia della formula proposta da Eden. A seguito di questa ulteriore, tempestiva assicurazione gli altri due ministri hanno effettivamente ritirato le loro dimissioni».

193 1 Ed. in L'Europa verso la catastrojÌ!, pp. 249-278.

193 11 Vedi serie ottava, vol. VII, D. 313.

193 16 I h id., D. 127. 193 l" Jhid., D. 195, allegato.

193 19 Il documento ha il visto di Mussolini. Gli sviluppi seguiti al colloquio tra Chamberlain, Eden e Grandi del 18 febbraio sono registrati in un appunto redatto da Casardi ad uso interno dell'ambasciata e conservato nelle Carte Grandi:

194

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, ALL'AMBASCIATORE A SALAMANCA, VIOLA

T. S.N.D. 166/66 R. 1 Roma, 20 febbraio 1938, ore 15.

Suo 27~.

È stata presa attenta nota di quanto V.E. comunica circa eventuale evacuazione dei volontari. Conviene ch'ella faccia sapere che, indipendentemente dallo sviluppo delle discussioni nel Comitato di non intervento, noi riteniamo che si dovrà, ad un certo punto, procedere al ritiro, magari parziale, dei nostri volontari, dato che il Generalissimo non se ne è più valso, da troppo tempo, per operazioni belliche. Questa inerzia produce sulle truppe quelle reazioni che V.E. ben conosce e mi ha segnalato, reazioni che sono qui comprese e condivise. Dato dunque che l'impiego bellico delle truppe è stato, almeno per ora, scartato, ci sembra che la loro evacuazione possa essere vantaggiosamente utilizzata quale moneta di scambio nelle trattative in corso.

Attraverso il Comando sono poi giunte richieste di ingentissimi quantitativi di armi per le forze spagnole. Non è possibile dare le artiglierie domandateci. Per quanto concerne invece mitragliatrici, fucili mitragliatori, armi portatili e munizionamento potremmo parzialmente accedere alla richiesta di Franco a condizione però che tali forniture, che fanno parte integrante del nostro armamento, ci vengano pagate subito ed in valuta, in modo da permetterei l'immediato rimpiazzo.

Di quanto precede informi anche il generale Berti.

195

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER TELEFONO 959/ ... R. Berlino, 20 febbraio 1938, ore 22, 15.

Ho trasmesso a ministero Cultura Popolare brani più importanti del discorso del Fiihrer 1 . Inoltre invio con corriere di domani 2 ulteriori precisazioni ed impressioni. Ne riassumo qui appresso punti principali nel campo politica estera:

I) Rinnovata vibrata critica alla Società delle Nazioni. Germania, coerente politica realistica, riconoscerà Manciukuò.

2) Netta aspra intonazione anti-britannica e polemica contro Eden e deputati inglesi accusati, questi ultimi, di inframmettenza in questioni interne tedesche. Richiesta colonie rivolta unicamente a Inghilterra.

194 2 Vedi D. 182. 195 1 Del 20 febbraio al Reichstag. Testo in Rela::.ioni lnterna::.ionali. pp. 141-147. 195 2 Vedi D. 204.

3) Violenta e continua polemica contro giornalisti stranieri accusati diffusione false notizie su Germania, poiché campagna diffamatoria straniera costituisce sabotaggio pericoloso per pace. Germania reagisce con aumento armamenti.

4) Riaffermazione valore amicizia italo-tedesca, consacrata da recente visita Duce in Germania e sua esaltazione in funzione anti-bolscevica, con particolare accenno necessità vittoria della Spagna Nazionale.

5) Previsioni maggiori sviluppi triangolo Roma-Berlino-Tokio sempre in funzione anti-bolscevica.

6) Affermazione diritto Germania preoccuparsi sorte dieci milioni tedeschi viventi in due Stati limitrofi e separati dal Reich da ingiusti trattamenti contro loro volontà.

7) Compiacimento per raggiunto accordo con Austria, che permette ulteriore sviluppo campo politico, culturale, economico. 8) Da notare, inoltre, rarissimi accenni a Francia, nessuna menzione del Belgio e scolorito riferimento ai buoni rapporti con Ungheria, Bulgaria, Jugoslavia.

194 1 Minuta autografa di Ciano.

196

L'AMBASCIATORE A LONDRA, GRANDI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. URGENTISSIMO 961/133 R. Londra, 20 febbraio 1938, ore 22,40. (per. ore l del 21). Eden dimessosi.
197

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, A TUTTE LE RAPPRESENTANZE DIPLOMATICHE

T. 18575/c. P.R. Roma, 20 febbraio 1938.

Porto a conoscenza di V.E. (della S.V.) che per ordine del Duce si è costituita sotto mia presidenza una Commissione permanente per rimpatrio degli italiani all'estero allo scopo facilitare e coordinare quelle correnti di connazionali che manifestano o manifesteranno intenzione rientrare in Patria. In attesa delle dettagliate istruzioni che vi farò pervenire, date avviso uffici dipendenti che, per evidenti ragioni di ordine e praticità di esecuzione, rimpatri dovranno verificarsi per zone ed in periodi successivi armonizzando esigenze locali con quelle nazionali. Per la zona in cui codesta ambasciata (legazione) è stata compresa limitarsi per ora alla istituzione immediata di un registro nel quale siano inscritti col massimo di dati esplicativi (stato di famiglia, condizioni economiche, professione, idee politiche, ecc.)

coloro che chiedono rimpatrio. Avvertire che R. governo non garantisce stabilimento rimpatriandi nella città o villaggio nativo e riservasi invece destinarli in qualunque località del Regno e Impero o colonie dove organi corporativi avranno disposto per loro sicuro impiego. Bisogna evitare, salvo casi specialissimi, rimpatri minorati fisici e tarati morali preferendosi previa accertata capacità lavorativa quanti possiedono un peculio, quelli atti alle armi e capi famiglie numerose. Incoraggiare al massimo coloro che possiedono mezzi finanziari sufficienti a riprendere in Italia

o colonie attività produttive.

198

L'AMBASCIATORE A LONDRA, GRANDI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PERSONALE SEGRETO 963/135 R. Londra, 21 febbraio 1938 ore 2,43 (per. ore 5,15).

Ad ogni buon fine informo che oggi pomeriggio 1 alle ore 16 sono stato richiesto urgentemente da Chamberlain se potevo anticipargli notizie favorevoli all'accoglimento da parte del governo italiano dell'accordo di massima concretato venerdì scorso 2• Chamberlain ha soggiunto, per il tramite della nota persona di fiducia appositamente inviata da Downing Street, che discussione Gabinetto stava in quel momento entrando nella sua fase più delicata e decisiva e che una comunicazione favorevole da parte italiana, qualora giungesse tempestivamente, avrebbe notevolmente aiutato lui Chamberlain, a superare la crisi.

Tenendo presente la nostra conversazione telefonica di ieri, sabato', ho creduto di comunicare senz'altro a Chamberlain la risposta affermativa del governo fascista 4 .

Ho soggiunto che egli poteva servirsene in quel momento in seno al Gabinetto, ma che avrei comunque provveduto domani mattina, secondo nostre intese di venerdì a Downing Street, a fargli la comunicazione ufficiale da parte governo fascista 5 .

198 1 20 febbraio.

198 2 Vedi D. 193. 198 l Su questo colloquio telefonico non si è trovato nessun appunto ma nel Diario di Ciano vi è, sotto questa data. la seguente annotazione con riferimento alla crisi nel Gabinetto britannico sfociata nelle dimissioni di Eden: «Ho autorizzato Grandi a fare qualsiasi gesto che possa aggiungere una freccia alla faretra di Chamberlain». A questa telefonata si fa riferimento anche nell'appunto di Casardi richiamato nella nota seguente. 198 4 Per una più precisa ricostruzione di questa vicenda si veda l'appunto Casardi in D. 193, nota 19.

198 5 Il 21 febbraio Chamberlain leggeva ai Comuni la comunicazione fattagli pervenire da Grandi (vedi D. 203, allegato). Poiché un deputato dell"opposizione lo aveva interrotto per osservare che la risposta italiana era stata presentata dopo che si era saputo delle dimissioni di Eden, Chamberlain replicava che, su sua richiesta, l'ambasciatore Grandi gli aveva precisato di avere ricevuto la risposta da Roma la mattinata del 20. Chamberlain aveva aggiunto di avere fatto presente all'ambasciatore Grandi che il governo britannico considerava un regolamento della questione spagnola «come parte essenziale di qualsiasi accordo» e che, desiderando la Gran Bretagna ottenere l'approvazione della Società delle Nazioni. era di fondamentale importanza che nessuno potesse dire «che durante le conversazioni la situazione in Spagna era stata materialmente alterata, sia con l'invio di nuovi rinforzi. sia con la mancata esecuzione delle misure contenute nella formula britannica».

199

IL MINISTRO A VIENNA, GHIGI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. SEGRETO 991/39 R. Vienna, 21 febbraio 1938, ore 20,45. (per. ore 22 del 21). Mi riferisco al mio telegramma 37 1 .

Ho veduto stamane Cancelliere austriaco col quale mi sono espresso in conformità dell'istruzioni di V.E. di cui al telegramma 17.

Cancelliere ha mostrato rendersi conto opportunità prospettategli e proponesi includere nel suo discorso di giovedì frase nel senso desiderato per ristabilire verità deformata da stampa estera. Egli intenderebbe anche aggiungere accenno a rapporti itala-austriaci basati su Protocolli romani, i"'lnto più che dopo riunione Budapest non ha avuto occasione di parlare in pubblico di politica estera.

Cancelliere mi ha promesso per domani sera progetto frase in questione che telegraferò appena possibile con il mezzo più urgente onde mettere V.E. in grado di fare conoscere eventuali osservazioni.

Circa ultimo alinea telegramma di V.E. n. 16, non solo mi sono nuovamente espresso nel senso prescrittomi, ma ho avuto anche modo di constatare (durante una conversazione occasionale ed amichevole) che questo ministro di Francia è ormai perfettamente al corrente del reale svolgimento degli avvenimenti, salvo beninteso della materiale esistenza del Protocollo segreto.

200

L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, PRUNAS, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. URGENTE 989/33 R. Parigi, 21 febbraio 1938, ore 21, 10. (per. ore 1,10 del 22).

Discorso di Hitler 1 è stato accolto da questa opinione pubblica con relativa calma. Preoccupano sopratutto nette dichiarazioni in favore Spagna Nazionale e nei confronti 10 milioni tedeschi oltre frontiera.

Mi risulta che il Quai d'Orsay ha dato istruzioni alla stampa moderare tono e forma suoi commenti. Annunzio dimissioni Eden ha posto in secondo piano discorso Hitler ed ha suscitato dappertutto impressione enorme.

Diffidenza e addirittura l'ostilità contro Chamberlain sono evidenti. Questo ambasciatore di Inghilterra 2 ha avuto ieri lungo colloquio con Chautemps e Delbos presente l'ambasciatore di Francia a Londra. Sarebbero state fatte presenti a Phipps reazioni sfavorevoli che le dimissioni di Eden avrebbero certamente provocato in Francia dove l'ex ministro britannico passava come il più autorevole e più fermo sostenitore di uno stretto accordo fra i due Paesi.

Preoccupazioni di questi circoli politici e del Quai d'Orsay sono vivacissime. Nessuno si nasconde che l'allontanamento di Eden è, m pnmo luogo, una netta vittoria del Duce 3 .

199 1 T. 962/37 R. del 20 febbraio. Il ministro Ghigi aveva comunicato che. essendo Schuschnigg e Seyss-lnquart occupatissimi, solo all'indomani avrebbe potuto parlare con loro nel senso indicato da Ciano nei suoi telegrammi del 18 e del 19 precedenti (per i quali si vedano i DD. 178 e 189). 200 1 Vedi DD. 195 e 204.

201

IL MINISTRO A PRAGA, DE FACENDIS, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE ) 055/021 R. Praga, 21 febbraio 1938 (per. il 24).

Il discorso di Hitler 1 , dopo l'incontro di Berchtesgaden e suoi sviluppi, ha reso l'atmosfera cecoslovacca più pesante che mai. Una breve nota ufficiosa destinata a calmare gli animi ed ispirare coraggio conclude dicendo: «L'unica parola d'ordine in questo momento è resistere, nutrire piena fiducia nei nostri capi, non cedere alla pusillanimità, alla quale non abbiamo ceduto neppure nei momenti più difficili». Ma, parole a parte, il passo del discorso sui dieci milioni di tedeschi che vivono in due Stati confinanti col Reich e loro diritto di autodecisione ha sferzato anche l'ostentata impassibilità ceca che non può non sentire la gravità dell'ammonimento oggi tanto più paventato dopo il rude episodio austro-tedesco e l'atteggiamento dell'Italia verso la Germania.

Mi risulta infatti che le principali correnti della pubblica opinione sono vivamente impressionate dall'ascensione materiale e morale della Germania, dalla sensazione di forza che ne emana e dall'incontrastata marcia realizzatrice che ne consegue, mentre i protettori di Parigi e di Londra chiedono a Berlino informazioni senza sdegno né ira.

Preoccupatissimi si mostrano poi questi circoli francesi che andavano ancora sognando un 'Italia inchiodata al Brennero pel comodo delle democrazie pacifiste e si svegliano ora sotto l'incubo di decise richieste così poco confacenti con la mentalità di Versailles. Si ritiene infatti che a non lunga scadenza Hitler vorrà prendere più netta posizione anche verso la Cecoslovacchia e si spera che ciò non debba avvenire con un atto di violenza-nel quale caso a questa legazione di Francia si afferma che Parigi mobiliterebbe -·-ma in forma che permetta una possibile intesa fra Berlino e Praga.

Mi viene riferito che ancora oggi sono state fatte nuove insistenze da parte di questa legazione d'Inghilterra presso i dirigenti cechi perché non si esiti a fare concessioni alla Germania nei riguardi dei tedeschi dei Sudeti. Intanto, secondo

200 _; Il documento ha il visto di Mussolini. 201 1 Del 20 febbraio, vedi DD. 195 e 204.

quanto mi accennava questo ministro di Germania 2 , le note conversazioni tra Praga e Berlino per un miglioramento di atmosfera tra i due Paesi continuerebbero ad avere seguito anche dopo gli avvenimenti del 4 febbraio e la sostituzione di Neurath.

200 2 Sir Eric Philipps.

202

L'AMBASCIATORE A SALAMANCA, VIOLA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE l 092/030 R. Salamanca, 21 febbraio 1938 (per. il 25).

Nel corso di una conversazione col nuovo ministro dell'Interno Serrano Sufier, che essendo uno dei principali esponenti della Falange ha sempre seguito la politica estera di Franco, ho chiesto cosa ci fosse di vero nelle voci corse in questi giorni di passi fatti dal nuovo governo Chautemps per un avvicinamento alla Spagna Nazionale.

Egli mi ha detto che già nello scorso autunno avevano avuto luogo delle conversazioni a Parigi fra Chautemps e Quifiones de Leon per un ristabilimento di rapporti sulla traccia di quanto era stato fatto coll'Inghilterra. Conversazioni parallele avevano avuto luogo anche a San Sebastiano fra Sangroniz e quel console generale di Francia 1 che personalmente gode di una certa autorità e fiducia negli ambienti spagnoli. Tutto però era rimasto nel vago, sia perché da parte spagnola non esiste per l'avvicinamento alla Francia quell'interesse che ha spinto a concludere l'accordo con l'Inghilterra, sia perché la serie di incidenti ed atti ostili verificatisi in Francia a danno del governo di Franco (intensificato contrabbando a favore dei Rossi, caso Troncoso 2 , rifiuto al rilascio dei beni trafugati dai dirigenti rossi nelle province basche, sorvolo di aeroplani rossi da bombardamento su territorio francese, arresto ed espulsione di Nazionali spagnoli) aveva creata un'atmosfera contraria alle trattative.

Il preteso successo rosso di Teruel, ravvivando in Francia la speranza di una vittoria dei Rossi, aveva avuto l'effetto di sospendere ogni attività del governo francese per un avvicinamento.

Molto recentemente, coll'avvento del ministero Chautemps e dopo gli ultimi successi nazionali, si sono verificate nuove vaghe manifestazioni che fanno pensare a un desiderio di avvicinamento da parte del governo francese. Però il governo di Franco diffida più che mai della loro sincerità e comunque, prima di aderire a qualsiasi trattativa, intende avere piena garanzia ed essere sicuro di un completo cambiamento dell'atteggiamento francese e sopratutto della cessazione del contrabbando a favore dei Rossi.

201 Ernst Eisenlohr. 202 1 Emilc Lasmartres. 202 2 Il governatore militare di lrun, maggiore Julian Troncoso, era stato arrestato in Francia nel settembre 1937 perché coinvolto nel tentativo effettuato da un gruppo di nazionali spagnoli di impadro nirsi di un sottomarino appartenente ai governativi, che si trovava nel porto di Brest per riparazioni. L'episodio aveva dato luogo ad una protesta del governo di Burgos che per ritorsione aveva posto agli arresti domiciliari il console di Francia a Malaga, minacciandone anche l'espulsione, ed aveva preso misure restrittive per il traffico alla frontiera di lrun.

203

L'AMBASCIATORE A LONDRA, GRANDI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE SEGRETO .../037 1 . Londra, 21 febbraio 1938.

Stamane mentre mi accingevo a telefonare a Downing Street per dire a Chamberlain che io ero, secondo le intese di venerdì scorso 2 , in possesso della risposta del governo fascista, il Capo di Gabinetto di Chamberlain ha telefonato all'ambasciata perché mi fosse comunicato che il Primo Ministro desiderava parlarmi e mi attendeva alle Il a Downing Street.

Chamberlain mi è venuto incontro con un viso sorridente e tranquillo e con una espressione di uomo sicuro di sé e del fatto suo. Mi ha stretto la mano con particolare cordialità e mi ha detto subito che aveva ritenuto opportuno convocare a Downing Street, per assistere alla nostra conversazione di stamane, lord Halifax e il Segretario Permanente al Foreign Office, Cadogan, che erano già insieme a lui.

Ho detto a Chamberlain che, secondo gli accordi presi venerdì, ero latore della risposta che il Duce e V.E. mi avevano dato istruzioni di rimettergli e che gli ho consegnato (vedi allegato al presente rapporto).

Chamberlain ha letto il pezzo di carta che egli del resto conosceva benissimo fin da ieri mattina alle ore Il (anzi per essere più precisi sin da sabato pomeriggio ore 15) 1 e mi ha subito pregato di trasmettere al Duce ed a V.E. i suoi personali e vivi ringraziamenti per questo gesto che -egli ha detto -«io considero e apprezzo in tutto il suo significato come un contributo prezioso e amichevole da parte del Duce, che aiuterà il governo britannico e me personalmente a superare non soltanto le difficoltà abbastanza notevoli di queste giornate, ma anche a indirizzare decisamente la mia politica verso gli obiettivi che il Duce sa, primo sopratutto un accordo completo e definitivo con l'Italia. Vi prego da parte mia di informare il Duce e il conte Ciano che il Gabinetto, intendendo di fare un gesto corrispondente nei riguardi dell'Italia, ha deciso ieri all'unanimità, meno uno -(e qui Chamberlain con un significativo sorriso ha aggiunto specificando)meno uno, e cioè l'ex-ministro degli Esteri Eden che, con sommo nostro dispiacere, non si è sentito di uniformarsi alle decisioni unanimi dei suoi colleghi, di aprire senz'altro nella capitale italiana fra il ministro Ciano e l'ambasciatore britannico i negoziati previsti nello scambio di lettere tra me e il Duce del luglio scorso4 e che, per malaugurate circostanze, sono stati fino ad oggi ritardati. Di questa decisione sarà dato pubblico annuncio. Non appena l'ambasciatore britannico a Roma avrà preso contatto col conte Ciano e dichiarato aperti i negoziati, occorrerà che egli si rechi a Londra per avere le direttive e le istruzioni da me personalmente circa i vari punti e le varie questioni che dovranno formare oggetto dei negoziati medesimi. L'assenza di lord Perth sarà limitata allo stretto numero

203 2 Vedi D. 193. 203 ·1 Su questi avvenimenti si veda !"appunto di Casardi in D. 193, nota 19. 203-+ Vedi serie ottava, vol. VII, DD. 136. allegato, e 155, allegato.

di giorni indispensabile, e credo che il Duce e il conte Ciano non vedranno in ciò alcun inconveniente».

Ho risposto a Chamberlain che non avrei mancato di trasmettere subito questa comunicazione al Duce e a V.E. e che ero certo che il Duce e V.E. l'avrebbero accolta collo stesso spirito con cui Chamberlain aveva accolto la comunicazione del Duce di stamane. Per quanto riguarda la venuta di Perth a Londra per ricevere direttive, ho aggiunto che ciò mi sembrava naturale.

Chamberlain mi ha poi posto direttamente una domanda, facendomi perfettamente comprendere quale era la risposta che a lui occorreva io gli dessi di fronte a Halifax: «Desidererei di avere da voi confermato un fatto, e cioè se voi quando a nome del vostro governo avete anticipato a me personalmente, sabato nel pomeriggio e di nuovo domenica mattina, la risposta ufficiale dell'Italia conoscevate già

o no che il ministro Eden aveva presentato le sue dimissioni».

Ho risposto a Chamberlain confermandogli che quando gli ho anticipato la risposta italiana in via personale e indiretta, non conoscevo naturalmente nulla di quello che si riferiva alle dimissioni di Eden. «Le notizie di queste dimissioni non mi sono pervenute se non nel pomeriggio di domenica, e cioè quando i giornali hanno riportato questa notizia. D'altra parte -ho aggiunto -gli accordi presi fra noi venerdì, presente Eden, erano che soltanto stamane lunedì ci saremmo di nuovo incontrati per scambiarci ufficialmente risposte, voi del Gabinetto, ed io del Duce e del mio ministro degli Esteri».

Chamberlain è parso assai soddisfatto di questa risposta, ha guardato Halifax come per dire: «Vedete?» e ha continuato; «Grazie per avermi confermato questo, sul quale del resto non vi era dubbio». Dopo di che Chamberlain ha continuato: «Voi potete facilmente immaginare come la giornata di oggi ai Comuni sarà dura per me. So che sarò violentemente attaccato non solo dall'opposizione, ma anche da altri. Non importa, affronterò i miei nemici, e sono certo che "I shall go throught it". Io desidererei ad ogni modo riprendere stamane con voi qui, alla presenza di lord Halifax, alcuni dei punti che formarono oggetto delle nostre conversazioni del luglio scorso 5 e dei nostri due colloqui di venerdì u.s. ».

l" Punto -«Il governo britannico riconosce di diritto la conquista italiana dell'Etiopia e il riconoscimento della sovranità italiana in Etiopia farà parte integrante del futuro accordo. Ciò è inteso. Ma, come voi potete facilmente immaginare, io personalmente e il mio governo saremo oggetto oggi ai Comuni sopratutto degli attacchi più violenti da parte di una corrente tutt'altro che trascurabile della politica britannica, la quale per questo ci presenterà al pubblico britannico come dei traditori della Società delle Nazioni. Questa è la parola d'ordine sulla quale si tenterà di creare ogni possibile difficoltà d'ordine interno alla nuova politica estera di conciliazione da me voluta. Occorre quindi che io dichiari che questa decisione del governo britannico di riconoscere l'Impero italiano sarà portata a Ginevra. Comprendo benissimo che, dopo le esperienze di questi anni, ciò possa suscitar diffidenze e perplessità in Italia. Io vorrei pregare il Duce di non avere dubbi a tale riguardo. Dirò che il governo britannico porterà a Ginevra come nostra decisione e nostra

tnlZlativa chiara, netta e senza equivoci, la decisione e l'iniziativa di riconoscere l'Impero italiano, esattamente nello stesso modo come venne fatto per l'abolizione delle sanzioni. Non vi è quindi da dubitare sull'esito. Ma ciò permetterà a me di diminuire le difficoltà che dovrò affrontare di fronte alle critiche e agli attacchi che mi saranno rivolti».

2" punto -Spagna -«Il problema spagnolo nei suoi riflessi e nelle sue ripercussioni sui rapporti itala-britannici formerà oggetto delle conversazioni di Roma. Il Duce sa quale sproporzionata importanza l'opinione pubblica britannica è stata durante un anno portata a dare a questo problema. Ma io debbo oggi ai Comuni, per sventare la manovra dei miei nemici, parlare anche di questa questione. La comunicazione che voi mi avete testé fatto può essere la chiave dell'esito della mia battaglia d'oggi. Il Duce non ha escluso l'esame negli imminenti negoziati di nessun punto o questione che possa interessare tanto il governo italiano quanto il governo britannico. Esamineremo quindi anche questa questione nel quadro del futuro accordo e sono certo che, con un senso di fiducia e di comprensione delle reciproche difficoltà, noi troveremo insieme una soluzione nell'interesse di tutti, Spagna compresa. Per il momento quello che io chiedo al Duce è soltanto di far sì che non vi sia un ulteriore accrescimento, sopratutto nel momento in cui si iniziano e si svolgono i negoziati (i quali devono essere -Chamberlain ha aggiunto -i più rapidi e conclusivi possibili) di quello che si è chiamato più o meno esattamente l'intervento italiano in Spagna. Ciò mi creerebbe delle difficoltà assai considerevoli e darebbe troppe armi in mano a correnti che sono ostili a me non meno che al Duce medesimo. Esamineremo il problema spagnolo con uno spirito di conciliazione da ambo le parti e sono certo che alla fine non sarà difficile riscontrare che i nostri due punti di vista non sono così diversi come da un anno a questa parte, per ragioni che tutti conoscono, l'opinione pubblica europea è stata portata a credere».

Chamberlain ha continuato dicendo: «Nella nostra conversazione di venerdì scorso è stato anche, sebbene indirettamente, accennato ad un problema che è in questo momento il più attuale e delicato della politica europea, cioè l'Austria. Non crediate che io voglia trattare o discutere il problema dell'Austria. Voi vi siete rifiutato a farlo venerdì scorso e per ragioni di cui io valuto la delicatezza e la portata. Quello che mi interessa è che lord Halifax, qui presente, abbia, precisi e chiari, certi dati di fatto che in relazione agli avvenimenti austriaci sono risultati dalla nostra conversazione di venerdì. Voi avete, venerdì scorso, illustrato con molta franchezza le ragioni dell'attitudine italiana. Io non vi ho d'altra parte, con uguale franchezza, dissimulato che il governo britannico è veramente preoccupato di quello che è accaduto nel corso della scorsa settimana in Austria. Sotto la pretesa di un 'azione legittima noi abbiamo assistito nella settimana scorsa ad una vera e propria azione di violenza da parte della Germania nella politica interna austriaca. Vi ho detto venerdì che vi è realmente da domandarsi che cosa rimanga ormai dell'indipendenza austriaca. Vorrei precisare il mio pensiero: io non credo, come taluni ritengono, che si possa fare ancora qualcosa per l'Austria. Voi credete ad ogni modo che il governo fascista sia disposto o possa comunque essere indotto a modificare la sua attitudine "attuale" nei riguardi degli avvenimenti austriaci della scorsa settimana?».

Ho risposto a Chamberlain che il governo fascista considerava gli avvenimenti austriaci della scorsa settimana come una conseguenza e uno sviluppo degli Accordi austro-tedeschi del luglio 1936, conclusi coll'assenso preventivo dell'Italia. Ritenevo di poter dichiarargli che il governo fascista non ~dico non ~contempla assolutamente, e in nessun caso, una modificazione della sua attuale attitudine nei riguardi dell'Austria.

Chamberlain ha replicato: «La vostra risposta è chiara. Essa conferma quello che avete già detto venerdì, e chiarisce ulteriormente senza possibilità di malintesi la posizione dell'Italia. Confermo d'altra parte che io non ho mai pensato che sia possibile domandare all'Italia una eventuale modificazione della sua presente attitudine. Bisogna guardare in faccia le cose come sono. L'Austria è ormai perduta. Né il governo britannico ritiene di escogitare o proporre nulla, né all'Italia, né ad altri Paesi in relazione alla situazione austriaca. Il problema che si pone è un altro, e cioè quello di vedere se si può fare qualche cosa per persuadere la Germania a non ripetere nei confronti di altri Paesi, in un prossimo futuro, nel Centro Europa e nell'Europa Orientale, quanto essa ha già fatto e sta facendo nei confronti dell'Austria. L'Inghilterra è interessata, sia pure soltanto indirettamente. all'equilibrio e all'assetto pacifico dell'Europa Centro-Orientale. Noi sappiamo perfettamente quali sono i solidi vincoli di solidarietà fra l'Italia e la Germania. Come vi dissi nel luglio scorso, e più tardi pubblicamente affermai in novembre nel mio discorso al GuildhaJJI', io non soltanto non (dico non) ho in mente, e non l'ho avuta mai, la benché minima intenzione o disegno di fare alcunché che possa indebolire la solidarietà itala-tedesca. Al contrario, io considero l'asse Roma-Berlino come una realtà, la quale può costituire il pilastro forse più prezioso della pace europea. Desidero che il Duce sappia esattamente che oggi più che mai sono convinto di ciò. Questo mio convincimento è condiviso, sono lieto di confermarlo, dal mio amico lord Halifax. Io spero soltanto in una influenza efficacemente equilibratrice da parte del Duce ed in una sua azione di persuasione su Berlino per frenare quelli che eventualmente potrebbero essere nel futuro, dopo l'Austria, nuovi disegni tedeschi di capovolgimento o colpi di forza in Europa e particolarmente nell'Europa danubiana. Desidero d'altra parte che il Duce sappia oggi stesso che io, mentre ho come primo obiettivo un accordo solido e duraturo col Duce e coll'Italia fascista, ho, come secondo obiettivo, e non meno importante, un accordo duraturo e il più solido possibile con il Fiihrer e la Germania nazista. Considero l'accordo con l'Italia, l'accordo colla prima delle due Potenze dell'asse Roma-Berlino un passo indispensabile per giungere poscia all'accordo colla seconda Potenza dell'asse Roma-Berlino, e cioè la Germania. Vorrei anche conoscere da voi quali, a vostro giudizio, saranno in Germania le ripercussioni dei prossimi negoziati di Roma itala-britannici.

Voi conoscete il pensiero del vostro capo e forse potrete illustrare a lord Halifax ed a me se queste basi e questi criteri corrispondano a quello che è il pensiero del Duce e agli obiettivi della sua azione nel campo internazionale».

Ho risposto a Chamberlain che i problemi da lui accennati erano di tale vasta portata da esulare dalla mia competenza di rappresentante diplomatico a Londra.

203 c, Vedi ihid., D. 545, nota 2.

Quello che potevo dirgli, conoscendo perfettamente il pensiero del Duce attraverso le istruzioni e direttive da lui personalmente impartite, è che mi sentivo in grado di potergli dichiarare sin d'ora che le grandi linee di politica europea che egli, Chamberlain, aveva indicato come le basi della sua politica, coincidevano in gran parte con quelle stesse del Duce. Un accordo itala-britannico non può mancare evidentemente di influire in modo benefico su un miglioramento dei rapporti fra l'Inghilterra e la Germania, così come un accordo fra l'Inghilterra e la Germania non avrebbe mancato (e così sempre l'Italia ha inteso) di influire in un senso favorevole sul miglioramento delle relazioni itala-britanniche. L'asse Roma-Berlino è il pilastro fondamentale della politica italiana. Ho creduto opportuno a questo punto della mia conversazione con Chamberlain e Halifax, di riferirmi al Patto a Quattro e sopratutto al fatto che il Patto a Quattro fu presentato a Roma dal Duce ad un Primo Ministro britannico durante la visita di quest'ultimo a Roma, e che il Primo Ministro britannico difese questo piano alla Camera dei Comuni giudicandolo e presentandolo come l'unico piano possibile per mantenere la pace e la sicurezza d'Europa.

Ho ricordato anche a Chamberlain i dieci anni di collaborazione itala-britannica per risolvere uno dopo l'altro alcuni grandi problemi determinati dall'ultima guerra europea e l'azione equilibratrice che l'Italia e l'Inghilterra hanno sempre esplicato per una soluzione graduale, aderente alla realtà di questi problemi che sembravano dapprima insormontabili. Se questa azione concorde e comune fra l'Inghilterra e l'Italia è stata in un certo momento bruscamente interrotta questo non è avvenuto per iniziativa o volontà del Duce.

Circa il quesito particolare fattomi, ritenevo di poter assicurare tanto Chamberlain quanto lord Halifax che il governo di Berlino considerava con favore il miglioramento delle relazioni italo-britanniche allo stesso modo con cui il governo di Roma aveva sempre considerato con simpatia e con favore il miglioramento delle relazioni anglo-tedesche.

Chamberlain mi ha ascoltato e ha quindi detto che egli conosceva tuttociò, ma che desiderava fosse illustrato a lord Halifax direttamente dall'ambasciatore d'Italia. «Desidero -· Chamberlain mi ha testualmente dichiarato --che voi comunichiate queste parole al Duce da parte mia, prima che io mi rechi per la mia battaglia di oggi alla Camera dei Comuni. Dite al Duce che le basi del Patto a Quattro, cioè di un'armonica collabora~ione delle quattro Potenze occidentali, saranno le basi future della mia politica. Questo io dirò nettamente oggi nelle mie dichiara~ioni ai Comuni. La Russia è un Paese semiasiatico assai importante, ma non è certamente per salvare un'ipotetica collaborazione colla Russia sovietica che l'Inghilterra deve perdere di vista e compromettere quella che è la base unica della pace europea, e cioè la collabora~ione e l'intesa fiduciosa tra Inghilterra, Italia, Francia e Germania.

Dite che io conto sul suo ausilio prezioso, che io credo alla sua lealtà, alla sua amicizia e al suo sincero desiderio di pace. Gli domando d'altra parte di credere in modo assoluto alla mia lealtà, alla mia amicizia e al mio fermo desiderio di raggiungere una intesa su basi permanenti, fra le quattro Potenze europee. Ditegli anche che io considero da oggi aperto un nuovo capitolo delle relazioni fra Italia e Inghilterra e un'èra di collaborazione personale e feconda fra lui e me personalmente».

Ho assicurato Chamberlain che avrei trasmesso testualmente al Duce le sue parole.

ALLEGATO

Londra, 21 febbraio 1938.

The Italian Ambassador informs the Prime Minister that he has submitted to the ltalian Government the proposals suggested a t their meeting of last Friday and is glad to convey to him the Italian Government's acceptance of the British formula concerning withdrawal of volunteers and granting of belligerent rights.

203 1 Nella copia del documento qui pubblicata manca la data di arrivo e il numero di protocollo.

203 5 Vedi ihid., DD. 127 e 161.

204

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. RISERVATO 1212/408. Berlino, 21 febbraio 1938 (per. il 22).

Con mio fonogramma di ieri sera 1 ho riassunto i punti principali del discorso tenuto dal Cancelliere Hitler nel pomeriggio al Reichstag, discorso del quale ho inviato per via aerea, con mio telespresso n. 1210/407 2 i brani più salienti.

Mi sembra utile aggiungere ora qualche maggiore precisazione e riassumere le prime impressioni di questi ambienti nei confronti del discorso medesimo.

Come l'E.V. sa, questa seduta straordinaria del Reichstag era attesa all'interno ed all'estero con particolare interesse, dato anche che il 30 gennaio u.s., quinto anniversario dell'assunzione al potere del governo nazionalsocialista, il Reichstag, cosa del tutto inusitata, non era stato convocato. Gli avvenimenti, inoltre, importantissimi del 4 febbraio, e cioè il «cambio della guardia» nelle alte gerarchie dell'Esercito e del ministero degli Affari Esteri, nonché i risultati del colloquio Hitler-Schuschnigg, avevano prodotto uno stato d'animo ed una tensione di attesa quale raramente si era qui constatata.

La sala del Teatro Kroll, dove continuano a tenersi le sedute del Reichstag, era quindi al completo, con la presenza di oltre 700 deputati. Presente anche l'intero corpo diplomatico ad eccezione del nunzio apostolico 3 e dell'ambasciatore di Francia, il quale, secondo private dichiarazioni fatte ad amici nei giorni precedenti (e dopo taluni assaggi avuti dell'umore del Fi.ihrer in materia giornalistica la sera del 15) «aveva preferito non assistere ad un nuovo attacco contro il suo Paese e le sue istituzioni democratiche». Assente anche, non avendo ancora presentato le lettere credenziali, il nuovo ambasciatore degli Stati Uniti, signor Wilson.

Da parte tedesca assistevano tutte le principali Autorità del Reich, civili e militari. Il Gabinetto era al completo ad eccezione del dottor Schacht. Assente anche, naturalmente, il Maresciallo von Blomberg.

Il Presidente del Reichstag, Maresciallo Goring ha dato immediatamente la parola al Cancelliere il quale, iniziato il discorso alle ore 13,05, lo ha terminato alle

204 2 Non pubblicato. 204 3 Monsignor Cesare Orsenigo.

ore 15,55, parlando così esattamente ed ininterrottamente ben due ore e 50 minuti, battendo ogni suo precedente discorso, in durata e in lunghezza. Evidentemente, tutta la parte relativa agli sviluppi sociali ed economici della Germania, parte che ha occupato oltre un'ora di tempo, con la lettura di numerosissime statistiche, era stata preparata per il discorso che doveva essere tenuto il 30 gennaio. Si può quindi dire che la dichiarazione del Cancelliere sia stata la somma di due manifestazioni oratorie, delle quali l'una preparata da tempo, a mezzo anche dei competenti uffici, e l'altra, che porta un'impronta maggiormente personale, compilata negli ultimissimi giorni e forse nelle ultimissime ore. Le prime cartelle del discorso furono infatti licenziate per la traduzione solo alle 14,30, mentre ancora quando leggeva il Fiihrer interpolava spesso brani nuovi.

Il Cancelliere ha Ietto questo suo sesquipedale discorso, che nei giornali di stamane occupa ben 9 pagine, con voce quasi sempre vibrata e con uno sforzo fisico che smentisce ogni diceria ed ogni allarme circa la sua salute.

L 'uditorio, sempre tenuto conto della lenta reattività e del non eccessivo entusiasmo dello spettatore tedesco, ha risposto con indubbio calore. E particolarmente, cosa notevole, nei brani a carattere polemico ed in quelli nei quali il Cancelliere ha mostrato la sua decisione di voler mostrarsi sempre più il capo unico ed «autorizzato» del popolo tedesco. Si può anzi dire che l'uditorio stesso, mentre ha lasciato passare quasi sotto silenzio le parti relative agli sviluppi della politica estera del Reich, ha invece riservato la sua adesione piena ed intera a quelle parti che, sottolineando l'aumento della forza e della potenza germanica mettevano in evidenza la possibilità di una maggiore reattività avvenire contro i denigratori ed i nemici del terzo Rcich.

Non mi soffermo sulla parte relativa agli sviluppi economici raggiunti in Germania in cinque anni di regime nazionalsocialista. La lunga esposizione di dati e di cifre, relativi ai differenti rami della produzione e del consumo tedesco ed agli sviluppi della politica sociale del Regime, sono di se stessi sufficienti a dare un completo quadro della situazione. Si può anzi dire che, in un Paese nel quale da tempo non vengono pubblicati bilanci e non esistono discorsi iiJustrativi di ministri responsabili, il riassunto del Cancelliere appare di particolare interesse.

Sempre in materia di politica interna i brani del discorso relativi al sempre maggiore e crescente peso dell'idea nazionalsocialista nello Stato sono degni della maggiore attenzione. Occorre dire che il Cancelliere, in un argomento tanto delicato e all'indomani di una indubbia crisi quale quella del 4 febbraio, ha saputo molto abilmente compiere una tale evoluzione, senza suscitare i risentimenti delle parti che potevano essere più suscettibili. Le parole pronunciate per dimostrare come tutte le grandi organizzazioni dello Stato, a cominciare dal ministero degli Esteri e dall'Esercito sono sempre più permeate dal nazionalsocialismo, sono state particolarmente sottolineate dall'assemblea. E le frasi con le quali egli, molto felicemente, ha riassunto in sé il diritto di controllare e dirigere l'evoluzione stessa hanno sollevato una vera entusiastica dimostrazione.

Notevole, in tale parte, il caldo ringraziamento rivolto a von Blomberg e allo stesso von Fritsch, i quali «hanno lasciato l'Esercito, che deve a loro la sua ricostituzione, per ragioni di salute e per lasciare il posto ad elementi più giovani».

Passando alla politica estera va constatato che, in fondo, nella parte relativa alle relazioni esteriori della Germania quasi tutto il discorso --forse sotto l'impressione degli eccessi giornalistici esteri di questi ultimi 15 giorni -è apparso come una continua e dura polemica contro la stampa straniera accusata di diffondere voci false sulla situazione tedesca. Ma ancora più di questa circostanza, di carattere forse contingente, merita di essere sottolineato il fatto che, per la prima volta dopo molto tempo il Cancelliere ha abbandonato nei confronti dei rapporti tedeschi con l'estero l'atteggiamento collaborativo, pacifico e quasi pacifista che ha costituito la caratteristica dei suoi discorsi dal 7 marzo 1936 in poi. Questa volta le parole «pace», «amicizia», «contatti», «avvicinamenti» sono quasi scomparse. Viceversa le frasi relative all'aumentata potenza militare e civile del Paese, alla necessità di nuovi armamenti, all'opportunità di forti reazioni contro gli eventuali avversari, sono frequenti e insistenti.

Come ho accennato con il mio fonogramma di ieri sera i punti principali possono così riassumersi:

l) Riaffermazione dello spirito positivo e realistico che inspira la politica estera della Germania con conseguente reazione contro qualsiasi tentativo dei falsi dèi ginevrini. Conseguente riconoscimento del Manciukuò, realtà costituzionale e geografica e rinnovata dichiarazione che il Reich non rientrerà mai più nella Lega delle Nazioni. Riaffermazione della politica di neutralità adottata dal Reich nei confronti del conflitto in Estremo Oriente, conflitto che la Germania si augura di veder presto terminato con un accordo di pace e di comprensione tra i due grandi popoli gialli, con riconoscimento -fatto tuttavia in tono relativamente moderato -che il Giappone difende in Oriente la civiltà contro il bolscevismo.

2) Presa di posizione antibritannica. Dopo anni di ondeggiamenti, di temporeggiamenti, di infruttuosi contatti, la Germania si dichiara scontenta dell'atteggiamento della Gran Bretagna, nettamente accusata di favorire lo sviluppo di campagne denigratorie ai danni del Reich e di incomprensione nei riguardi delle necessità germaniche. Notevole al riguardo la chiara domanda di territori coloniali indirizzata unicamente verso Londra e l'assenza di qualsiasi frase propugnatoria in vista di possibili, amichevoli conversazioni future.

3) Riaffermazione del netto atteggiamento antibolscevico della Germania nazionalsocialista, decisa a non avere alcun contatto con Mosca, e disposta ad impedirne le iniziative pericolose per la civiltà del mondo. Ed, in tale cornice, riaffermazione del valore e dell'importanza dell'amicizia italo-tedesca, consacrata dalla recente visita del Duce in Germania. Previsione, sempre in tale campo, di maggiori sviluppi dell'azione del triangolo Roma-Bcrlino-Tokio ed accenno, questa volta forse più chiaro che in occasioni precedenti, alla necessità della vittoria della Spagna Nazionale.

4) Affermazione, e questo sembra essere il punto del discorso maggiormente significativo e maggiormente atto a creare reazioni oltre frontiera, tanto più essendo stato sapientemente infiorato da accenni alla autodecisione wilsoniana, del diritto morale della Germania di preoccuparsi della sorte dei dieci milioni di tedeschi i guaii vivono in due Stati limitrofi e sono stati separati dal Reich per trattati ingiusti e contro la loro volontà, per quanto la storia dimostri che essi si siano sempre trovati a fianco, in ogni circostanza, ai fratelli del Reich. Fino ad oggi, in sede ed in occasione tanto solenni, una così recisa affermazione non era stata fatta. Evidentemente, la riacquistata potenza militare del Paese ed il processo evolutivo di accentramento verificatosi all'interno, hanno permesso una così significativa presa di posizione.

5) Dopo queste premese, compiacimento per l'accordo raggiunto con l'Austria, accordo che promette ulteriori e maggiori sviluppi nel campo politico, culturale e economico. Per quanto il Cancelliere abbia sostanzialmente, nelle sue dichiarazioni, trattato l'Austria sopra un piede di parità con il Reich, riconoscendone praticamente le sue qualità di Stato sovrano, è mancata tuttavia nel discorso la riaffermazione precisa e ufficiale del rispetto alla «indipendenza» del Bund. Frase questa, come è noto, particolarmente attesa e si dice anche promessa e che poteva costituire la maggiore contropartita alle concessioni ottenute, nell'accordo di Berchtesgaden, dal Cancelliere austriaco. Notevole viceversa il ringraziamento caloroso rivolto al Cancelliere stesso, per lo spirito di comprensione dimostrato nel facilitare l'avvicinamento tra i due Paesi tedeschi.

6) Riaffermazione dei buoni rapporti con la vicina Polonia e della favorevole situazione attuale di Danzica, dovuta all'amministrazione nazionalsocialista della città ed al fatto che fortunatamente la S.d.N. si trova nell'impossibilità di provocare colà, con suoi interventi diretti, guai e difficoltà. Notevole anche, in proposito, la lode rivolta, per la sua azione di comprensione e di equità, al nuovo Alto Commissario4 della Città Libera.

7) Omissione in linea generale di ogni specifico commento e risalto ai rapporti tra la Germania e gli altri Stati oltre quelli precedentemente nominati. Brevissimi accenni alla Francia, con la quale la Germania non ha alcun problema di carattere territoriale, alla stessa Inghilterra, ed appena elencate l'Ungheria, la Bulgaria, la Jugoslavia ... Silenzio assoluto, nonostante il recente accordo di garanzia tra i due Paesi, nei confronti del Belgio.

In riassunto, quindi, nel campo della politica estera, nessun preannuncio di nuovi «colpi di scena» e di importanti novità, eccettuato forse il riconoscimento tedesco del Manciukuò e la nuova luce gettata sulla futura politica estera del Reich, che in fondo accetterà le sole limitazioni, imposte dal suo stesso riserbo e self restraint.

Tono generale dunque profondamente mutato, come ho sopra accennato, e in senso particolarmente tedesco, con però la dovuta riaffermazione del valore e del significato delle amicizie politiche e ideologiche che la Germania conta nel mondo.

Dato che il discorso del Cancelliere costituiva la prima parola ufficiale, dopo l'assunzione al ministero degli Affari Esteri del Reich, del signor von Ribbentrop, l'attesa di questi circoli diplomatici, nei confronti del discorso, era grandissima.

Le prime impressioni da essi riportate appaiono in genere inspirate ad un certo pessimismo. Il nuovo tono assunto dal Cancelliere, rivelante come la Germania si accorga del suo aumentato ~Jspecifico nel centro dell'Europa, preoccupa vivamente tutti i piccoli Paesi, i quali hanno avuto proprio in questi giorni, con il colloquio Hitler-Schuschnigg di Berchtesgaden, la misura della souplesse e della persuasività dei nuovi sistemi di politica estera inaugurata dal Terzo Reich.

Quanto all'Inghilterra, si è avuto la prova che siamo ancora ben lontani da possibilità di accordi diretti tra Londra e Berlino.

Il tutto insieme, se mi è permesso esprimere un'opinione al riguardo, gioca, nei nostri confronti, favorevolmente e presenta per noi un bilancio favorevole. Esso però impone anche a noi alcune considerazioni, e riflessioni, sulle quali mi permetterò sottoporre alla E.V. un prossimo rapporto 5 .

Allego il testo completo del discorso, il quale è stato diramato dall'agenzia ufficiosa Deutsches Nachrichten Bureau 6•

204 1 Vedi D. 195.

204 4 Karl Burckardt.

205

IL MINISTRO A VIENNA, GHIGI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. URGENTE 988/40 R. Vienna, 22 febbraio 1938, ore O ,lO (per. ore 9,30).

Commenti al discorso Hitler 1 in questi ambienti alla fine giornata possono

. .

nassumers1 come appresso.

Ambienti non ufficiosi, pur ammettendo tono misurato e cortese frasi riguardanti Austria del Cancelliere, constatano mancanza accenni esplicito riconoscimento dell'indipendenza austriaca, impegno non ingerenza, condanna illegalismo che erano attesi dall'opinione pubblica quale contropartita importanti concessioni questo governo.

204 ' Vedi D. 223. 204 r, Il documento ha il visto di Mussolini. Sul discorso di Hitler, Mussolini preparò la seguente Nota dell'Jnforma::ione Diplomatica, che decise poi di non pubblicare:

<<L'attenta lettura del testo integrale del discorso pronunciato dal Cancelliere del Reich, ha confermato la prima impressione riportata dai circoli responsabili romani. È nel complesso un documento di portata storica, con che si spiega la sua grande ripercussione in tutti i Paesi del mondo. N o n bisogna trascurare la prima parte del discorso, nella quale il Fuhrer ha tracciato il formidabile consuntivo del ! 0 quinquennio del suo regime, ma, naturalmente, è la parte dedicata alla politica estera che ha suscitato il maggiore interesse. Il Cancelliere per quanto riguarda la Società delle Nazioni, il Patto Anticomintern, le relazioni dell'Asse, il riconoscimento del Manciukuò, la rivendicazione delle colonie, i rapporti territoriali colla Francia è stato categorico. Nei circoli responsabili romani non ha destato alcuna sorpresa il tono forte del discorso. È il ·• tono" di una Germania ritornata potenza mondiale, evento contro il quale le menzogne e le calunnie di un giornalismo mercantile non possono nulla. L'Italia fascista non ha mai nutrito la stolta illusione che sarebbe stato possibile e utile di mantenere un popolo di 68 milioni di abitanti in uno stato di minorità permanente. L'Italia fascista non ha mai creduto che l'Austria potesse servire alle democrazie quale contraltare alla Germania. Questo non fu mai nel programma politico dei governanti austriaci da Seipel, a Schober, a Dollfuss. Coloro che in Francia troppo intenzionalmente ricordano l'atteggiamento dell'Italia nel luglio 1934, dimenticano che da allora ad oggi molta acqua è passata sotto i ponti del Tevere, della Sprea e del Danubio, che un Putsch è qualche cosa di molto diverso da un convegno di due Cancellieri rappresentanti di due Stati popolati da una sola razza: la tedesca. Più che rimasticare il passato val meglio preparare il futuro e prendere nota con soddisfazione come gli ambienti responsabili romani fanno --che il Fuhrer ha dichiarato di volere la pace e la collaborazione con tutti i popoli pronti a fronteggiare la minaccia che parte da Mosca contro la civiltà comune dell'occidente». 205 1 Vedi DD. 195 e 204.

Ambienti ufficiosi manifestano riguardoso compiacimento ed evitano pronunciarsi maggiormente in attesa discorso Cancelliere austriaco 2 .

Schuschnigg infine mi ha detto stamane d'essere «soddisfatto a metà».

206

IL CAPO DEL GOVERNO, MUSSOLINI, AL COMANDANTE DEL C.T.V., BERTI

T. UFF. SPAGNA 486 1 . Roma, 22 febbraio 1938, ore 11.

La fortuna passa ancora una volta vicino a Franco il che è inaudito nella vita di un uomo. Discorso di Hitler, dimissioni di Eden hanno provocato una specie di panico negli ambienti internazionali di sinistra ostilissimi a Franco e negli ambienti di Barcellona. È questo il momento in cui il tempo lavorerà a favore di chi non lo avrà perduto. È il momento di spingere a fondo le operazioni militari, impegnandovi i legionari italiani pei quali ripeto il dilemma: o combattono o tornano.

207

L'AMBASCIATORE A LONDRA, GRANDI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER TELEFONO 1005/144 R. Londra, 22 febbraio 1938, ore 15.

Ho inviato stanotte i resoconti dettagliati della discussione di ieri ai Comuni e in particolare il discorso di Chamberlain, quello di Eden e la replica di Chamberlain.

Non vi è dubbio che l'atmosfera della Camera dei Comuni specialmente all'inizio della seduta, era una atmosfera eccezionale di battaglia e le previsioni sull'esito della discussione incerte.

Nei soliti uffici della City dove si ricevono le scommesse la probabilità di un ministero di Eden era, prima dell'inizio della seduta, pagata al 30 per cento, 40 per cento.

I laburisti e liberali hanno organizzato davanti al Parlamento una dimostrazione di piazza a favore di Eden. I conservatori di sinistra, guidati da Churchill, si sono riuniti a mezzogiorno per appoggiare Eden.

Chamberlain recatosi a Westminster è passato tra il silenzio glaciale della folla. Eden è stato naturalmente oggetto di applausi e grida: «viva il nostro Primo Ministro». Un gruppo abbastanza notevole di dimostranti, in gran parte donne,

206 1 Minuta autografa di Mussolini.

sono riuscite a penetrare fino al grande corridoio dei Comuni, emettendo grida in favore di Eden.

Quando Chamberlain ed Eden sono entrati nell'aula essi hanno avuto pressoché uguale numero di applausi, il che ha dato subito la prova che i Comuni erano effettivamente finiti 1 , e la stessa maggioranza dei conservatori assai incerta.

Eden ha fatto un discorso cattivo e pietoso, interrotto ad ogni momento dagli applausi dell'opposizione. Tutta la tesi sostenuta da Eden per giustificare la sua opposizione ad un accordo sull'Italia in questo momento era basata sul suo sforzo di dimostrare la cattiva volontà delle pretese minacce dell'Italia.

Chamberlain ha fatto un discorso di una forza dialettica e di una abilità polemica di cui nessuno pensava egli sarebbe stato capace. Man mano che Chamberlain parlava, la maggioranza è andata riprendendosi ed alla fine del discorso si è mostrata nel complesso solidale, sebbene senza entusiasmo, col Primo Ministro.

Alla fine del discorso di Chamberlain l'impressione generale era che l'opposizione di Eden era compromessa ed il successo parlamentare di Chamberlain, malgrado i forti contrasti, andava delineandosi.

Non vi è dubbio che, a parte il miserevole contenuto del discorso di Eden, ha nociuto a quest'ultimo la marcata persistente manifestazione di appoggio con cui i laburisti sottolineavano le sue dichiarazioni. L'atteggiamento dell'opposizione a favore di Eden, ha fatto ad un certo punto riflettere molti dei conservatori che si erano precedentemente schierati con lui.

Successivamente però la battaglia è divenuta di nuovo dura per Chamberlain. Malgrado l'eccellente impressione fatta dal suo discorso, è sembrato ad un certo punto della discussione che le azioni di Eden riguadagnassero terreno e che uno spostamento di nuovo si determinasse in seno alla maggioranza in favore di Eden. Ciò soprattutto per opera di alcuni deputati conservatori, i quali non hanno esitato a prendere la parola attaccando Chamberlain, mentre assai debole è stata la difesa con la quale i seguaci di Chamberlain hanno cercato di reagire al tentativo di scindere nuovamente la maggioranza conservatrice. Ciò ha costretto Chamberlain, contrariamente a quanto previsto a riprendere la parola per difendersi direttamente dagli attacchi non solo dell'opposizione ma anche degli stessi conservatori.

Non vi è dubbio che l'annuncio fatto da Chamberlain ad un certo momento della discussione che il governo italiano aveva accettato la nota formula britannica per volontari e belligeranza, è valso tempestivamente a smantellare il piano dei suoi avversari ed ha dato a Chamberlain il modo di smentire in pieno le accuse di Eden e dei suoi seguaci contro l'Italia, determinando alla fine il successo di Chamberlain.

Il Primo Ministro ha cercato di concludere la discussione nella seduta di ieri, ma l'opposizione, con la solita manovra procedurale della mozione di censura, non glielo ha permesso. La discussione continua dunque oggi coi discorsi di Churchill e Lloyd George.

Ma nonostante l'asprezza degli attacchi che questi due nemici di Chamberlain rivolgeranno oggi indubbiamente al Primo Ministro ed il loro tentativo di sollevare

Eden dalla sua attuale posizione di svantaggio creando nuovi dissensi tra i conservatori, credo si possa ormai essere pressoché certi del risultato finale di Chamberlain. Ciò non fosse altro perché una sconfitta di Chamberlain porterebbe, come naturale conseguenza le elezioni generali, con sicuro conseguente sconquasso del partito conservatore e con l'avvento di una concentrazione di sinistra.

205 2 Vedi D. 234.

207 1 Sic. Si legga divisi.

208

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO

T. 168/40 R. Roma, 22 febbraio 1938, ore 23.

Le prossime conversazioni relative ai rapporti itala-britannici si svolgeranno secondo le indicazioni già in possesso di codesto governo e quindi -giusta le nostre precise richieste -esse saranno generali, saranno destinate a regolare tutti i punti controversi, nessuno escluso, e comprenderanno il pieno riconoscimento dell'Impero. Niente di più, né di diverso, né nel loro spirito, né nelle loro finalità.

La comunicazione fatta da Grandi a Chamberlain l, e a cui quest'ultimo si è riferito nel suo discorso ai Comuni 2 , riguarda come egli ha detto, il ritiro dei volontari, ed è stata fatta, secondo l'intesa avvenuta con codesto governo (conversazione telefonica del 19 corrente con codesta ambasciata)3 , e riguarda quindi l'accettazione di massima della formula inglese relativa alla determinazione del «progresso sostanziale» su una cifra base minima. Come noto, col ritiro dei volontari è direttamente collegato secondo il noto progetto britannico del luglio scorso -accettato a suo tempo tanto dal governo italiano quanto da quello tedesco -il riconoscimento dei diritti di belligeranza.

Le conversazioni avranno luogo a Roma e saranno iniziate nel corso della prossima settimana al ritorno dell'ambasciatore inglese, che è stato da me stamane per comunicarmi che egli partiva stasera per Londra per ricevere le istruzioni del suo governo.

Se, contrariamente alle intenzioni manifestate anche pubblicamente dJ Chamberlain, dovesse apparire come che sia l'intendimento di turbare l'asse Roma-Berlino, le conversazioni sarebbero naturalmente destinate a interrompersi e a cadere, giacché è fondamentale che la ripresa dei rapporti con la Gran Bretagna si faccia in piena armonia con le direttive che presiedono ai rapporti tra i nostri due Paesi.

Pregola vedere Ribbentrop e comunicargli quanto precede a mio nome 4 .

208 2 Vedi D. 198, nota 5. 208 3 Di tale conversazione non è stata trovata traccia scritta. 208 4 Per il seguito si veda il D. 214. Secondo quanto risulta dai documenti diplomatici tedeschi, Magistrati aveva avuto lo stesso 22 febbraio un colloquio con von Weizsiicker circa l'andamento delle trattative itala-britanniche. sulle quali, aveva sottolineato Magistrati, da parte italiana si desiderava che il governo tedesco fosse pienamente informato. Sul contenuto del colloquio si veda il promemoria di von Weizsiicker in DDT. vol. I, D. 122.

208 1 Vedi DD. 186 c 193.

209

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, AL CAPO DEL GOVERNO, MUSSOLINI

APPUNTO. Roma, 22 febbraio 1938.

Ho ricevuto l'Ambasciatore di Gran Bretagna Lord Perth, il quale, alla vigilia della sua partenza per Londra ove è stato chiamato per ricevere istruzioni relative al prossimo inizio delle conversazioni anglo-italiane, ha voluto prendere contatto diretto con me per esprimere la sua soddisfazione per la situazione che si è creata e che lui da molto tempo auspicava.

Mi ha chiesto, in via assolutamente personale e preliminare, se avessi alcuni suggerimenti da fare relativi all'agenda delle prossime conversazioni. Per parte sua riteneva che gli argomenti di discussione avrebbero dovuto essere quelli noti. Gli ho risposto che concordavo con lui. Gli stessi argomenti di discussione al momento del Gentlemen's agreement potevano formare oggetto di esame, tranne alcuni che nel frattempo si erano esauriti, come il problema delle Baleari e altri quale il problema della Spagna, che erano stati trasferiti ad altra sede. Naturalmente da parte italiana veniva aggiunta la questione del riconoscimento giuridico dell'Impero.

Lord Perth si è dichiarato d'accordo ed ha fatto riserva di aggiungere argomenti eventualmente suggeriti da Londra quali, ad esempio, i rinforzi militari nella Libia.

Alla fine delle discussioni Lord Perth prevede che il miglior modo per dare forma concreta all'accordo dovrebbe essere la redazione di un processo verbale, analogo a quello firmato a Berlino tra me e Neurath 2• In linea di massima mi sono dichiarato anch'io favorevole a tale forma di documento.

Lord Perth, che parte stasera per Londra, prevede di essere di ritorno martedì

o mercoledì della prossima settimana e desidera, in base alle istruzioni del suo Governo, iniziare subito i colloqui 3 .

210

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, AL MINISTRO A VIENNA, GHIGI

T. 169/18 R. 1 Roma, 23 febbraio 1938, ore 12,40.

Suo 49 2 .

Il Duce ha molto apprezzato nella forma e nella sostanza il brano del discorso che concerne l'Italia.

209 2 Riferimento al Protocollo italo-tedesco del 23 ottobre 1936 (testo in serie ottava, vol. V, D. 273). 209 3 Il documento ha il visto di Mussolini. 210 1 Minuta autografa di Ciano. 210 2 Riferimento errato: si tratta del T. 1019/43 R. con il quale il ministro Ghigi aveva trasmesso -per incarico di Schuschnigg -il passo concernente l'Italia che il Cancelliere intendeva inserire nel suo discorso del 24 febbraio al Bundestag.

Per quanto riguarda poi il problema austriaco nel suo aspetto essenziale, riteniamo che il Cancelliere debba riaffermare l'indipendenza austriaca, non come frutto di accordi e di garanzie di altri Stati ma come determinata dalla volontà e dalla decisione del popolo 3 .

209 1 Ed. in L'Europa verso la catastrofe, pp. 281-282.

211

L'AMBASCIATORE A LONDRA, GRANDI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 1186/041 R. 1 Londra. 23 febbraio 1938 (per. il 2 marzo).

Plymouth mi ha pregato oggi di passare da lui. Mi ha detto di aver ricevuto incarico da lord Halifax di mettersi in relazione con me, allo scopo di stabilire una più diretta collaborazione nei riguardi dei lavori del Comitato di non intervento.

Plymouth ha quindi dichiarato di aver appreso con soddisfazione della nostra accettazione della formula britannica relativa al «progresso sostanziale» 2• Vi era però un elemento che desiderava chiarire e cioè se questa accettazione avesse anche compreso un accordo sulla cifra base prevista nella formula stessa e, in caso affermativo, quale fosse questa cifra.

Ho detto a Plymouth che per rispondergli su questo punto era forse opportuno che io gli ricapitolassi brevemente quanto era stato detto al riguardo nei miei recenti colloqui con Eden e Chamberlain. Ho quindi spiegato come in occasione della mia conversazione con Eden dell'Il corrente (mio telegramma n. 101 dell'Il corrente) 3 questi si era riferito alle varie proposte alternative prospettatemi da Plymouth pochi giorni prima (mio telegramma n. 96 del 9 febbraio) 4 dichiarandomi che, per parte sua, il governo britannico faceva senz'altro sua la formula n. 3, formula che anzi mi aveva pregato di sottoporre in maniera particolare a V.E. In quell'occasione Eden mi aveva consegnato un promemoria (mio telegramma n. 102) 5 nel quale la cifra base per il «progresso sostanziale» veniva indicata come 15 o 12 mila. A mia volta avevo risposto facendo presente che: l0 ) tale cifra era ancora troppo alta e che, a mio avviso, non si doveva superare quella di nove-diecimila; 2°) che comunque l'accettazione di qualsiasi formula avrebbe dovuto essere subordinata al ritiro della pregiudiziale francese relativa alla data del ristabilimento del controllo; 3°) che occorreva tener presente le difficoltà che avrebbero incontrato le Commissioni nello stabilire con

Cancelliere austriaco che gli aveva dichiarato di condividere il punto di vista italiano e aveva assicurato che si sarebbe espresso in tal senso nel discorso che si accingeva a pronunciare davanti al Parlamento riunito in seduta plenaria (si veda il D. 234). 211 1 Sulla copia di questo telegramma contenuta nelle Carte Grandi vi è la seguente annotazione: «Portato a Roma da S.E. -26/2/38».

211 Vedi D. 198. 211 1 Vedi D. 138, che è del 12 febbraio. 211 4 Vedi D. 126, che è del IO febbraio.

211 Vedi D. 139.

258 esattezza il numero dei volontari combattenti coi Rossi. Su tutti e tre i punti Eden mi aveva in sostanza dato ragione, precisando che, per quanto riguardava la cifra base, il governo britannico era d'accordo su quella di nove-diecimila da me suggerita.

Ho quindi descritto a Plymouth come la questione della cosidetta «formula britannica» sia stata nuovamente discussa nel corso del colloquio a tre di venerdì scorso (mio rapporto n. 1023/466 del 19 corrente) 6 con Chamberlain. In questa occasione (ho spiegato a Plymouth) io avevo illustrato a Chamberlain le ragioni, già esposte a Eden, per cui dovevo fare le mie riserve circa la possibile accettazione da parte nostra della formula in questione. Chamberlain, senza entrare in questioni di dettaglio (che, egli aveva dichiarato, gli era un po' difficile di seguire non essendo addentro ai lavori del Comitato) mi aveva detto di apprezzare il senso generale di quanto gli avevo fatto presente. «Nel frattempo-ho concluso-mi è pervenuta l'autorizzazione del mio governo ad accettare la formula britannica. Di questa accettazione ho dato lunedì formale comunicazione al Primo Ministro. Non era certamente il caso nella mia conversazione con Chamberlain lunedì mattina, e cioè all'indomani della crisi nel Gabinetto britannico, e non è neppure oggi il caso, dopo le dichiarazioni che il Primo Ministro ha fatto ai Comuni? sulla base dell'accettazione da parte del governo fascista della "formula britannica", che io cerchi di impegnare il sig. Chamberlain su di una cifra che non ho di fatto discussa con lui specificamente e diversa da quella indicata nel promemoria consegnatomi dall'ex ministro degli Esteri. Sta tuttavia di fatto che nel discutere la questione con Eden, sono rimasto d'accordo che al mio governo avrei sottoposto la cifra di nove-diecimila, subordinata a sua volta ad una soddisfacente soluzione del problema della data del ristabilimento del controllo alla frontiera franco-spagnola. Mi rimetto quindi interamente al giudizio del Primo Ministro e vostro».

Plymouth mi ha ringraziato per questa mia comunicazione, mi ha detto che apprezzava la lealtà con cui gli avevo esposto la questione, ed ha concluso dicendo di essere sicuro di interpretare il pensiero del Primo Ministro dicendomi senz'altro che poiché i miei precedenti accordi con Eden si riferivano ad un compromesso raggiunto sulla cifra di nove-diecimila, colla condizione di accettazione da parte francese delle nostre richieste sul controllo, egli considerava che questa, e non quella iniziale proposta da Eden, fosse la formula effettivamente accettata dall'Italia. Egli si sarebbe messo ora in relazione con gli altri rappresentanti maggiormente interessati, per cercare di ottenere la loro adesione alla «formula britannica» in generale, ed alla cifra di diecimila in particolare. Plymouth mi ha chiesto quindi se, una volta risolta la questione del «progresso sostanziale» e quindi del ristabilimento del controllo terrestre, io prevedevo altri seri ostacoli verso un accordo definitivo sulla pratica applicazione del piano britannico approvato il 4 novembre scorso.

Gli ho risposto che da parte italiana egli poteva contare -come del resto sempre -sulla più leale collaborazione. Le altre difficoltà rimaste insolute, alcune fra le quali gravissime, come ad esempio quella derivante dalla riserva sovietica relativa al ristabilimento e rafforzamento del controllo, venivano solamente da parte russa. Vi era tuttavia l'aspetto finanziario del piano per l'evacuazione dei volontari

211 Vedi D. 193. 211 7 Vedi D. 198, nota 5.

che mi lasciava perplesso, in vista dell'alto costo previsto per l'esecuzione di esso nel progetto presentato da Hemming; ma si trattava di considerazioni di carattere finanziario, non di pregiudiziali politiche. Confidavo che su questo punto il Comitato avrebbe trovato il mezzo per alleggerire notevolmente, nell'interesse di tutti, l'onere finanziario del piano stesso.

Questo il mio colloquio con Plymouth. Vorrei ora aggiungere un breve commento.

Ho creduto utile ed opportuno in questa mia ripresa di contatti con Plymouth dopo la caduta di Eden, di riguadagnare, in relazione alla nota formula britannica, del terreno di vantaggio agli effetti di quelle che saranno le prossime discussioni nel Comitato. Si tratta di pure posizioni dialettiche, che possono essere utili al solo scopo di guadagnare tempo, inquantoché agli effetti pratici la differenza tra la cifra italiana di diecimila e la cifra inglese di dodicimila o quindicimila non è molta. Ma agli effetti di guadagnare del tempo sono sicuro che la discussione su questa differenza numerica si rivelerà utile e altrettanto la nostra riserva sul controllo. Mi risulta infatti che questo ambasciatore di Francia e l'ambasciatore di Russia, informati da Plymouth del nostro colloquio di stamane, hanno protestato, il primo allegando non essere possibile che il governo francese accetti la riserva italiana sul controllo, il secondo rifiutando di accettare sia la cifra di dodicimila sia quella di quindicimila. Il che darà luogo a inevitabili discussioni, esattamente cioè come è accaduto un mese fa, quando abbiamo avanzato la proposta di lasciare alle Commissioni facoltà di trattare direttamente colle due parti in Spagna, il che ci ha fatto guadagnare, attraverso le discussioni che sono seguite, esattamente cinque settimane.

Ho convocato oggi nel pomeriggio all'ambasciata gli incaricati d'affari di Germania e di Portogallo, in primo luogo per informarli del mio colloquio con Plymouth, in secondo luogo per far loro presente opportunità di comunicare subito senza ulteriori ritardi l'accettazione tedesca e portoghese della formula britannica, colle identiche riserve da me fatte, sia circa la cifra, sia circa la pregiudiziale del controllo.

Siamo rimasti d'accordo che tanto l'incaricato d'affari del Portogallo quanto quello di Germania si recheranno domattina da Plymouth per fargli tale comunicazione.

210 1 Il ministro Ghigi rispondeva con T. 1060/44 R. del 24 aprile di avere fatto la comunicazione al

212

L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, PRUNAS, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. 1730/1004. Parigi. 23 febbraio 1938 (per. il 25 ).

Vari giornali francesi hanno pubblicato negli scorsi giorni la notizia secondo cui l'Italia penserebbe di creare uno Stato ebraico in Etiopia, assegnando alle comunità che verrebbero ad impiantarsi nella nuova sede una adeguata porzione di territorio da sfruttare e da sviluppare.

Gli stessi giornali attribuiscono a tale progetto un movente economico ed uno politico: il primo consisterebbe, secondo loro, nell'interesse che avrebbe l'Italia ad attirare il capitale ebraico in Abissinia come fattore di potenziamento generale dell'Impero (si è accennato così a capitali di banche ebraiche americane); il secondo mirerebbe a svuotare di contenuto il piano inglese di spartizione della Palestina, la cui soluzione non era stata favorita dall'Italia specie per cattivarsi le simpatie del mondo islamico.

Georges Blumberg, in un articolo apparso nell'Ordre del 23 corrente, riprende tale notizia nel commentare la nota dell'Informazione Diplomatica sulla questione ebraica 1 e svolge gli argomenti sopraccennati in relazione alla situazione generale degli ebrei in Europa.

Unisco il ritaglio stampa riportante il testo dell'articolo in questione.

213

IL MINISTRO A BELGRADO, INDELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. RISERVATO 1038/330. Belgrado, 23 febbraio 1938 (per. il 25).

L'eco del discorso pronunziato da Hitler domenica al Reichstag 1 , nonostante il riserbo mantenuto in proposito dalla stampa jugoslava, è stata vasta e profonda in tutto il Paese. I giornali governativi della capitale che giorni or sono, e precisamente all'indomani del rimpasto del gabinetto austriaco, si erano ritenuti in dovere di prendere posizione in argomento e di dimostrare con una sincerità di accenti molto discutibile, una profonda comprensione per le aspirazioni tedesche in Austria, si sono limitati questa volta a riprodurre ampi estratti del discorso di Hitler astenendosi dal farli seguire da commenti propri. Tale riserbo può essere in parte giustificato dagli altri avvenimenti di politica interna ed estera che hanno assorbito l'attenzione di questa opinione pubblica, quali la nomina e l'insediamento del nuovo Patriarca serbo-ortodosso, le dimissioni di Eden e l'imminente riunione dell'Intesa Balcanica, ma non v'è dubbio che a determinarlo abbiano contribuito anche motivi di comprensibile perplessità. Ciò che sopratutto ha colpito questi circoli politici è stato il significativo accenno di Hitler ai dieci milioni di tedeschi viventi in due Paesi confinanti con la Germania, accenno immediatamente seguito dall'energica affermazione di voler tutelare nei confronti di chicchessia gli interessi e la dignità di queste propaggini in terra straniera del popolo tedesco. Si va pertanto accentuando nell'opinione pubblica jugoslava il senso di disagio manifestatosi all'indomani stesso dell'incontro di Hitler con Schuschnigg, disagio più che comprensibile in un Paese che in un giorno non lontano avrà la Germania alle sue frontiere ed in cui vive una minoranza tedesca omogenea e compatta che ha un peso non indifferente nella vita politica ed economica del giovane Regno. Questo senso di disagio sembra indurre gli uomini politici aventi

o meno dirette responsabilità di governo a considerare il patto firmato con l'Italia nel marzo scorso se non come un'ancora di salvezza, per lo meno come uno strumento suscettibile di più ampi ed efficaci sviluppi ai fini della sicurezza jugoslava di fronte al prevedibile dilagare del pangermanesimo nell'Europa Sud-orientale 2 .

213 1 Il 20 febbraio. Vedi DD. 195 e 204. 213 2 Il documento ha il visto di Mussolini.

212 1 Vedi D. 162.

214

IL CONSIGLIERE DELL'AMBASCIATA A BERLINO, MAGISTRATI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

LETTERA PERSONALE SEGRETA. Berlino. 23 febbraio 1938 (per. il 26).

Ho visto oggi, un po' a lungo, nel suo ufficio della Wilhelmstrasse, von Ribbentrop.

A seguito della tua istruzione, e per incarico dell'Ambasciatore, gli ho comunicato il testo del tuo, chiaro telegramma n. 40 1 relativo all'inizio delle conversazioni italo-inglesi.

Von Ribbentrop, nel ringraziare per la comunicazione stessa, mi ha detto di seguire la questione con grande interesse ed ha aggiunto che sarà, a suo tempo, grato se gli verranno forniti dati circa il contenuto della «agenda» che servirà di traccia alle tue conversazioni con Perth. A tale proposito mi ha chiesto qualche delucidazione sul significato della «generalità» delle conversazioni stesse, chiedendomi di indicargli quali siano tutte le questioni pendenti fra Italia e Inghilterra. Alla mia elencazione (riconoscimento dell'Impero, situazione nel Mediterraneo, questioni di stampa e di propaganda, ecc.) mi ha domandato se in quella eventuale agenda fosse compresa una qualche discussione sull'aumento delle nostre forze militari in Libia. Ho risposto che non ero in grado di dargli una spiegazione precisa ma che ritenevo che, potendo l'Italia aumentare quelle forze a suo piacimento, senza dar conto a nessuno, la questione, qualora oggetto di discussione, sarebbe rientrata in un quadro più vasto, quello della situazione nel Mediterraneo.

Passando alla situazione di Spagna, ho portato a sua conoscenza, in riassunto, il contenuto della nota lettera inviata dal Duce al Generalissimo Franco, a mezzo del Generale Berti, lettera che egli mi è apparso non conoscere, per quanto il Fiihrer, come sai, ne abbia il testo (via Goring) 2 •

Von Ribbentrop conviene assolutamente nell'idea che Franco debba trovare la soluzione della questione in una netta vittoria militare, senza lasciarsi cullare da illusioni di rivolte o dissensi nel campo avverso.

Venendo a trattare dell'accordo austro-tedesco, egli mi ha incaricato di far pervenire al Duce, per tuo mezzo, i profondi ringraziamenti del Governo nazionalsocialista per l'atteggiamento assunto dalla stampa e dalla pubblica opinione italiana nella questione: atteggiamento che contrasta con quello denigratorio assunto dalla stampa degli altri Paesi. Il Fiihrer ne è personalmente grato.

La stampa britannica si è portata in questi ultimi tempi molto male con la Germania. Certamente, anche nelle conversazioni italo-inglesi, non sarà facile, ha aggiunto, ottenere che la stampa britannica, o almeno una parte di essa, muti la sua campagna diffamatoria contro le cosidette «dittature».

214 2 La lettera è qui pubblicata come D. 87. Della lettera fu data copia al consigliere Magistrati perché ne comunicasse il contenuto al governo tedesco (vedi D. 87, nota 2) ma non è stata trovata documentazione circa il colloquio che -a quanto qui risulta -Magistrati ebbe a questo scopo con Giiring.

E, ritornando a parlare dell'Inghilterra, avendo io accennato alla circostanza che evidentemente l'iniziativa coraggiosa di Chamberlain era inspirata a «buona fede» mi ha chiesto cosa io intendessi per «buona fede del Signor Chamberlain».

Ho risposto che il Primo Ministro britannico, ben comprendendo i pericoli per l'Impero inglese di perseguire, sulla base di ideologie dimostratesi false e pericolose, una politica che avrebbe condotto a gravi crisi, ha evidentemente preferito vedere la realtà in faccia, buttando a mare Ginevra e sicurezza collettiva. Von Ribbentrop ha aggiunto di vedere nel ritiro di Eden un elemento veramente decisivo in tale campo.

Alla mia conferma che ad ogni modo da parte nostra, come non si era sollecitata alcuna ripresa di contatto con l'Inghilterra, così non si aveva alcuna ansia di giungere ad un risultato, dato che l'Impero italiano è una realtà e tutti dovranno inesorabilmente riconoscerlo, von Ribbentrop ha aggiunto che con gli Inglesi bisogna andare guardinghi e con i piedi di piombo. Ha chiesto in proposito se le conversazioni italo-inglesi dovessero portare ad un «nuovo» accordo ed in che forma. Gli ho ricordato l'esistenza del « Gentlemen's agreement».

Passando all'azione del triangolo Roma-Berlino-Tokio, mi ha detto di essere ora occupato nello studio dell'applicazione pratica dell'accordo stesso, in materia di propaganda anticomunista, accennandomi alla eventuale costituzione di un piccolo «comitato».

Circa la nomina del nuovo Ambasciatore del Reich a Roma, nulla di deciso. Il Fuhrer si riserva di esaminare la questione nei prossimi giorni.

Von Ribbentrop infine mi ha confermato che il Fuhrer ha trovato di suo pieno gradimento il testo del comunicato da pubblicarsi nei prossimi giorni in Italia e in Germania circa la sua visita italiana. Mi riservo di farti conoscere il giorno fissato per la pubblicazione stessa.

214 1 Vedi D. 208.

215

IL SEGRETARIO DELL'AMBASCIATA A LONDRA, CASARDI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, GRANDI

APPUNTO. Londra, 23 febbraio 1938.

Stamane alle 10 Dingli è venuto all'ambasciata a parlare con l'ambasciatore. Egli era solo ed ha spiegato che Bali, dopo gli attacchi di ieri alla Camera di Lloyd George contro il Primo Ministro, aveva ritenuto più prudente non venire stamane all'ambasciata. L'ambasciatore ha risposto che si rendeva pienamente conto di ciò.

Dingli ha detto che aveva un importante messaggio del Primo Ministro per Grandi. Il Primo Ministro ringraziava Grandi per tutto quello che aveva fatto nei giorni scorsi. Il Primo Ministro, colla linea di condotta da lui presa davanti al Parlamento ed al Paese, aveva messo in gioco la sua posizione personale e quella del Partito Conservatore; occorreva ora che l'accordo con l'Italia fosse rapido e completo. Se questo risultato non fosse raggiunto entro breve tempo, ciò significherebbe la sua sconfitta, quella del Partito al governo e, a breve scadenza, la guerra tra l'Italia Fascista e l'Inghilterra con un governo social-comunista. In confronto a questa gravissima alternativa le questioni di dettaglio del futuro accordo, comprese quelle relative al problema spagnolo, erano irrilevanti ed egli, Chamberlain, domandava al governo fascista di tenere presente ciò. La sorte personale del Primo Ministro, quella del Partito conservatore in Inghilterra e della pace dipendevano dall'esito delle imminenti conversazioni tra i due governi.

L'ambasciatore ha risposto che egli si rendeva pienamente conto di ciò. Egli fin da ieri nelle sue segnalazioni a Roma degli ultimi due giorni aveva già dato chiaramente questa impressione. Egli, l'ambasciatore, doveva comunque recarsi a Roma per la seduta del Gran Consiglio fissata per il 3 marzo p.v. e non avrebbe mancato di richiamare l'attenzione del suo Governo su quanto il Primo Ministro gli faceva comunicare.

A proposito della partenza dell'ambasciatore, Dingli ha aggiunto che il Primo Ministro, sapendo che essa era imminente, Io pregava di volerla rimandare almeno fino a sabato.

L'ambasciatore ha risposto che egli aveva in progetto di partire oggi stesso per trovarsi come d'abitudine a Roma qualche giorno prima della seduta. In vista del desiderio espresso dal Primo Ministro, Io assicurava fin da ora che egli non sarebbe partito fino a sabato e qualora il Primo Ministro Io avesse creduto opportuno, avrebbe anche rimandato la sua partenza a martedì prossimo, ultima data utile.

A questo punto, Dingli ha detto che l'offensiva di Lloyd George ieri sera ai Comuni era stata concertata preventivamente fra Lloyd George e Eden. Oggi vi saranno altre interrogazioni alla Camera da parte di deputati dell'opposizione sulla questione della comunicazione fatta da Grandi al Primo Ministro domenica scorsa dell'accettazione italiana dell'accordo di massima intervenuto nella riunione «a tre» del venerdì precedente. L'ambasciatore ha chiarito che non esisteva alcun «telegramma» da Roma al riguardo e che tutto si era svolto per telefono. L'ambasciatore ha aggiunto che egli si teneva a completa disposizione del Primo Ministro per dichiarare quello che il Primo Ministro avesse creduto utile per facilitarlo a chiarire in qual modo ed in quale momento era avvenuta la comunicazione dell'accettazione italiana. Dite al Primo Ministro-ha aggiunto l'ambasciatore-che io sono a sua completa disposizione.

Dingli ha detto che il Primo Ministro, per rispondere all'offensiva di Eden e dei suoi seguaci, si preparava a controattaccare dando le prove dell'azione partigiana di Eden nella questione spagnola. L'ambasciatore ha detto che per parte sua si teneva a completa disposizione di Chamberlain.

216

L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, PRUNAS, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 1076/35 R. Parigi, 24 febbraio 1938, ore 20,05 (per. ore 23,30 ).

Continua assoluto disorientamento.

Esposizione fatta da Delbos alla Commissione degli Esteri è stata incerta ed oscura.

È annunziato per venerdì e sabato un grande dibattito di politica estera alla Camera dei Deputati con dichiarazioni di Chautemps, Delbos e dei capi dei maggiori gruppi parlamentari. Non sembrerebbe da prevedere almeno per il momento, contrariamente voci corse, crisi di governo. L'allontanamento di Eden, assertore delle concezioni politiche francesi in seno al Gabinetto britannico ed il brusco colpo timone inferto da Chamberlain continuano a suscitare allarmi vivissimi. Sopratutto preoccupa la possibilità che il nuovo orientamento inglese implichi politica di pericolose concessioni in favore della Germania.

Pressioni sono fatte a Londra per sollecitare una presa di posizione britannica nei confronti della Cecoslovacchia e per ottenere possibilmente inclusione questione austriaca nell'ordine del giorno delle discussioni italo-inglesi. Mi risulta che il Quai d'Orsay è al corrente dei propositi scambiati fra Hitler e Halifax a Berlino nei confronti dell'Austria, di cui al telegramma di V.E. n. 36 1 .

Flandin e il suo gruppo continuano la vigorosa campagna in favore di una politica realistica nei riguardi delle Potenze autoritarie. In conformità degli ordini di V. E. 2 , gli ho fatto incidentalmente sapere che i suoi articoli sono stati apprezzati. Ne è rimasto palesemente soddisfatto.

217

L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, SUVICH, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. l 086/53 R. Washington, 24 febbraio 1938, ore 20,49 (per. ore 7,15 de/25).

Riassumo reazioni locali ad ultimi avvenimenti europei manifestatesi con ritardo per assenza Presidente e ricorrenza festività nazionale.

Movimento Gabinetto austriaco considerato primo momento come assoluta dedizione Austria a Germania e fase prima per definitiva occupazione dell'Austria. Oggi visione più tranquilla su possibilità resistenza Austria, tuttavia si ritiene nuova situazione costituire grande successo Hitler che prepara egemonia Germania regioni danubiana e balcanica.

Fra ipotesi fatte su contropartita avuta dall'Italia, in primo tempo si è parlato alleanza militare.

Discorso Hitler 1 avuto pessima stampa che ha criticato tono da dominatore usato, mancanza garanzie indipendenza Austria, velata minaccia Cecoslovacchia, tendenza espansionista attraverso tutela minoranze tedesche estere e affermazioni blocco italo-tedesco-giapponese con particolare riguardo sua attività pacifica 2 .

Anche qui commenti discorso Hitler sopraffatti da notizie relative crisi Gabinetto inglese e allontamento Eden, il che viene qui considerato francamente vittoria M ussolini, Hitler.

216 2 Ciano aveva incaricato Prunas, il 4 febbraio, di far sapere a Flandin che l'articolo contro la guerra da lui pubblicato su Paris Soir era stato letto a Roma con interesse ed era molto piaciuto (T. per corriere l 08/25 R.). 217 1 Del 20 febbraio. Vedi DD. 195 e 204. 217 2 Sic.

In genere si parteggiava, in principio, per tesi Eden contro quella Chamberlain, che primo momento è stato vivamente criticato; oggi si fa strada qualche autorevole riconoscimento del ragionevole atteggiamento da parte Chamberlain.

Si fanno varie previsioni su possibili punti oggetto dei negoziati prevalendo impressioni ottimiste su loro conclusione dato che l'Inghilterra è già compromessa su questioni riconoscimento Impero.

Circoli ufficiali si màntengono riservatissimi e uomini responsabili politica americana rifiutano finora qualsiasi dichiarazione su avvenimenti europei. Tuttavia appare manifesto che mossa Inghilterra ha portato fiero colpo tendenza interventista su base solidarietà democrazie, che è stata ultimo tempo, se pure non del tutto confessata, politica ufficiale questo governo.

Ho ragione di dubitare che gli Stati Uniti siano stati previamente informati il che spiega tono gradatamente decrescente dichiarazioni su possibile accordo generale, di cui ai miei rapporti n. 6201136 del 19 gennaio scorso' e 1179/252 l o corrente 4 e 1578/331 17 corrente 5 .

Situazione attuale serve tuttavia da certo lato a fautori armamenti che proclamano che isolamento in cui America viene a trovarsi costituisce necessità essa pensi casi propri intensificando proprio riarmo.

216 1 Vedi D. 169, nota 3.

218

L'AMBASCIATORE A BRUXELLES, PREZIOSI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 1140/012 R. Bruxelles, 24 febbraio 1938 (per. il 28).

Mio telegramma n. 25 1 .

Il discorso pronunciato ieri da Spaak in seno al consiglio generale di questo partito socialista merita particolare attenzione perché esso conferma le frequenti confidenze che questo ministro degli Esteri mi è andato facendo specie in questi ultimi mesi.

Di fronte all'offensiva dei socialisti estremisti ed alla vivissima azione svolta dal Fronte Popolare francese e dalle logge massoniche di Francia e del Belgio (i cui rappresentanti si sono recentemente in segreto riuniti presso questo borgomastro Adolfo Max) contro la politica di indipendenza belga ed il riconoscimento del nostro Impero, Spaak ha assai opportunamente ed avvedutamente portato la discussione sulla falsa posizione che la socialdemocrazia internazionale è andata

217 4 Non rintracciato. 217 5 Relativo ad un colloquio con il Segretario di Stato, Hull. che aveva «parlato della situazione generale sulle linee della sua ben nota teoria della stabilità economica premessa per la pace politica». L'ambasciatore Suvich aveva avuto l'impressione che da parte di Hull ci si aspettasse qualche incorag giamento al suo programma. Il documento ha il visto di Mussolini. 218 1 T. l051125 R. del 23 febbraio. Riferiva che, alla direzione del partito socialista, Spaak aveva sostenuto la necessità di riconoscere l'Impero italiano e aveva dichiarato che si sarebbe dimesso qualora il partito non avesse approvato una sua decisione in tal senso.

pericolosamente prendendo nei riguardi delle Nazioni totalitarie. Spaak ha pronunziato un coraggioso discorso, di cui addito i principali punti:

l) Sarebbe criminale lasciar credere al popolo la possibilità di fondare la politica belga sulla S.d.N. e la sicurezza collettiva. L'attaccamento dei socialisti a Ginevra data solo dall'ammissione dell'U.R.S.S. alla S.d.N., mentre la sicurezza collettiva tende a trasformarsi in un pericoloso blocco di Stati democratici. Anzi, sotto il pretesto di difendere la sicurezza collettiva, un gran numero di socialisti belgi «scivola verso il sistema di alleanza militare dei Paesi democratici». Questa politica, promossa soprattutto dai comunisti, porta direttamente alla guerra. Difatti «si arriva pian piano all'idea della guerra preventiva e punitiva, inculcando nelle masse la convinzione che la guerra potrebbe esser liberatrice». In tali condizioni si deve assolutamente smettere dall'opporre il blocco democratico a quello autoritario, tanto più che la democrazia, dal fatale urto che ne deriverebbe, non ne riuscirebbe vincitrice.

2) Il Belgio si rifiuta a praticare una politica ideologica. Esso intende mantenersi fedele ad una politica realistica di indipendenza, tenuto anche conto dell'importanza dell'elemento fiammingo e dei suoi desiderata.

La discussione, anche per quanto riguarda il riconoscimento del nostro Impero, su cui ho riferito separatamente, è stata rinviata alla prossima settimana. È da prevedersi che Vandervelde si opporrà nel modo più strenuo a Spaak. Questi, come ho già segnalato, può fin d'ora contare su di un notevole numero di seguaci; ma non è da attendersi una vera e propria scissione, sia perché Vandervelde ha dimostrato volerla ogni costo evitare, e sia perché Spaak, malgrado le coraggiose odierne dichiarazioni, non mancherà di ricorrere a ripieghi trasformistici fin quando non avrà la certezza assoluta d'una sua propria schiacciante maggioranza.

217 1 Vedi D. 58.

219

L'AMBASCIATORE A SALAMANCA, VIOLA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S.N.D. PER CORRIERE 1191/032 R. Salamanca, 24 febbraio 1938 (per. il 2 marzo).

Mio telegramma n. 32 1 .

Avendo fatto presente a Franco che governo fascista-indipendentemente da discussioni circa non intervento -stava considerando convenienza di ritirare almeno parzialmente truppe volontarie posto che esse da molti mesi non venivano impiegate e che ritiro poteva invece essere utilmente negoziato anche nello stesso interesse di Franco, questi mi ha detto rendevasi conto delle esigenze internazionali che prima o dopo avrebbero reso necessario il ritiro ma desiderava dimostrare che non sarebbe giusto ascrivere la necessità del ritiro al mancato impiego dei volontari.

Egli è preparato a subire questa eventualità, tant'è vero che un mese fa ha disposto la chiamata di una classe cioè circa quarantamila uomini già in corso istruzione e che potranno andare in linea verso metà marzo: meglio sarebbe evidentemente -egli ha osservato -che essi non servissero a sostituire i volontari.

Per giustificare la non partecipazione delle nostre divisioni alle operazioni di guerra da Santander in poi, Franco si è rifatto alla storia degli avvenimenti di questi ultimi mesi esponendomi le ragioni di ordine militare che, dopo la caduta delle Asturie, lo hanno costretto dapprima a ritirare e poi a sospendere le offensive in Aragona e su Madrid, obbligandolo poi a rispondere all'iniziativa nemica su Teruel e a dare colà la battaglia conclusasi oggi in maniera disastrosa per i Rossi.

Non riferisco, in dettaglio, la esposizione giustificativa di Franco, perché egli mi ha detto di averne fatto oggetto di una lettera personale al Duce 2 in risposta a quella del Duce inviatagli a mezzo di Berti'.

Il Generalissimo ha insistito sulla sua costante preoccupazione di non impiegare le divisioni volontarie se non in operazioni di sicuro successo e soddisfazione per il nostro prestigio militare; ha sempre pensato che le vite dei volontari italiani non potevano essere sprecate in azioni anonime di usura o di tamponamento; ha dovuto inoltre tener conto che anche il più insignificante infortunio guerresco, ove fossero coinvolte le nostre truppe, avrebbe avuto ripercussioni enormi per la speculazione che se ne sarebbe fatta negli ambienti internazionali interessati; tuttociò importava poco quando si fosse trattato di spagnoli. Ritiene che il Duce condivida tali suoi criteri e preoccupazioni circa impiego nostre truppe volontarie. Comunque il C.T.V. è stato degnamente rappresentato a Teruel con la sua artiglieria che ha avuto parte brillantissima nell'azione e ha potentemente contribuito al successo. Del resto le divisioni italiane, anche colle armi al piede rappresentano un elemento militare, politico e morale di grandissimo peso nella condotta della guerra e assolvono in ogni momento una funzione importantissima per i seguenti motivi.

Sono espressione tangibile della solidarietà ideale e dell'appoggio dell'Italia fascista; per ciò soprattutto il loro ritiro -com'egli ha rilevato altre volte -è desiderato dalle correnti internazionali avverse e sarà sfruttato come indice di affievolimento di tale solidarietà.

La loro presenza in vaste zone delle immediate retrovie ove esse si muovono e si irradiano coi loro servizi è garanzia di sicurezza e di tranquillità.

Esse costituiscono una riserva preziosissima che, per la sua perfezione organica e di armamento, ha un valore qualitativo molto superiore alla sua efficienza numerica, e come tale è uno strumento che accresce notevolmente le possibilità dei Nazionali, potendo essere usato così per sviluppare a fondo una azione vittoriosa come per ristabilire-se proprio fosse necessario-una situazione compromessa; la presenza di questo agguerrito strumento e l'incognita circa il suo uso è per il nemico motivo permanente di inquietudine e di perplessità.

Per quanto Franco mi abbia sempre testimoniato sincera gratitudine e ammirazione per i nostri legionari non l'ho mai udito parlare come oggi con tanta calorosa convinzione dell'apporto che essi conferiscono alla sua causa e del pregiu

dizio che gli deriverebbe dal loro allontanamento. Egli, che mi aveva ricevuto con aspetto raggiante parlandomi subito dei tre punti che con gli odierni avvenimenti la causa nazionale spagnola marcava a suo favore: conquista Teruel, dimissioni Eden, discorso Hitler (mi disse che le dimissioni di Eden valevano molte Teruel), era poi alla fine del colloquio alquanto depresso. Evidentemente egli depreca il ritiro dei volontari: non solo agli effetti militari, ma anche, e più, a quelli politici.

Non so fino a che punto Franco abbia potuto condividere l'opinione corrente in certi ambienti spagnoli «che noi ci battevamo qui soltanto per i nostri interessi mediterranei e che, come tali, eravamo vincolati alle sorti di questa guerra»: Franco è senza dubbio un uomo leale ed anche un sentimentale; ma è certo che la prospettiva di un ravvicinamento italo-inglese lo porta logicamente a preoccuparsi di quella che potrà essere la nuova fisionomia dei nostri rapporti con il suo governo e del nostro intervento in Spagna. E questa preoccupazione avrà effetti salutari.

Come ho riferito con mio telegramma odierno n. 32 Franco doveva avere oggi pomeriggio un colloquio con Berti espressamente da lui convocato al fronte di Teruel per studiare operazione da effettuarsi prossimamente dal C.T.V. Su ciò riferirà direttamente il nostro generale; comunque convegno è conseguente a colloquio avuto dal Generalissimo con Berti nei giorni scorsi e non va messo in relazione con comunicazione da me fattagli la notte scorsa.

219 1 Con T. 1081/32 R. del 24 febbraio, l'ambasciatore Viola aveva dato notizia del colloquio avuto con Franco e riferito che il generale Berti aveva comunicato al Generalissimo quanto Mussolini gli aveva telegrafato (vedi D. 206).

219 2 Vedi D. 164. 219 3 Vedi D. 87.

220

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, AL MINISTRO A BELGRADO, INDELLI

LETTERA 207089/68. Roma, 24 febbraio 1938.

Ho esaminato attentamente la tua lettera del 18 febbraio n. 3081, relativa alla condizione degli allogeni al confine itala-jugoslavo.

È da escludersi senz'altro l'idea di contatti diretti con gli allogeni, sia perché non esisterebbe un esponente degli allogeni con cui si potrebbe utilmente parlare, ma sia soprattutto -e questo è decisivo -perché un tal metodo risentirebbe di procedure democratiche e parlamentari che non sono assolutamente ammissibili.

La questione da te sollevata verrà tuttavia esaminata -prendendo anche opportuni contatti al riguardo col Ministero dell'Interno -coll'intendimento di venire incontro al desiderio espresso, se ciò possa effettivamente giovare a Stojadinovié e rafforzarne la posizione quantunque la situazione degli allogeni non appaia tale da giustificare reclami o lamentele.

Tu puoi intanto far sapere a Stojadinovié che, ove egli avesse dei suggerimenti da fare -e naturalmente restando inteso che egli li farebbe a titolo personale e non per un qualunque diritto al riguardo -saremmo sempre lieti di esaminarli collo spirito più amichevole e colla maggiore comprensione possibile.

220 1 Vedi D. 185.

221

IL SOTTOSEGRETARIO ALL'AFRICA ITALIANA, TERUZZI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

N. 105018. Roma, 24 febbraio 1938 (per. il 25).

Il R. ministero dell'Interno ha dato comunicazione allo scrivente di un telespresso 1 con cui codesto ministero degli Affari Esteri segnalava alcune informazioni fornite, in data 19 gennaio, dalla R. legazione in Bucarest, circa i provvedimenti adottati in Romania a carico degli ebrei.

In tali informazioni si accenna alla speranza degli ebrei romeni di potersi trasferire in Abissinia.

Si ritiene opportuno far presente a codesto R. ministero che, a prescindere da considerazioni politiche d'ordine internazionale, questo R. ministero non ritiene in alcun modo che convenga consentire una eventuale immigrazione di masse ebraiche, di qualsiasi nazionalità, nei territori dell'Impero, poiché si verrebbe con tale immigrazione ad aggiungere, ai molteplici culti già esistenti nell'A.O.l., un nuovo culto che non gioverebbe certamente, dato il suo aperto contrasto d'ordine politico con quello islamico e anche con quello monofisita, alla pacificazione dei nostri ambienti indigeni. D'altra parte, è da tener presente che tali nuclei ebraici continuerebbero ad essere influenzati da correnti politiche internazionali a noi ostili.

Questo R. ministero si limiterà quindi ad esaminare caso per caso eventuali domande di ebrei romeni e potrà consentire, ove se ne presenti l'opportunità, l'ingresso in A.O.I. soltanto a qualche professionista o commerciante isolato, ma non a gruppi, che possano andare a costituire nei nostri territori nuclei ebraici di qualche entità.

222

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. RISERVATISSIMO 1289/438. Berlino, 24 febbraio 1938 (per. il 25).

Il consigliere della R. ambasciata ha avuto occasione di avere una conversazione con il ministro 1 e con il consigliere di questa legazione ungherese nei riguardi del discorso del Cancelliere Hitler al Reichstag il 20 u.s., particolarmente nei riguardi delle impressioni suscitate dalle dichiarazioni relative ai tedeschi viventi oltre la frontiera del Rei c h 2 .

222 1 Dome Sztojay. 222 2 A questo proposito, l'incaricato d'affari, Formentini, aveva telegrafato che il discorso di Hitler non aveva calmato i timori dei circoli governativi e dell'opinione pubblica ungheresi già da lui segnalati in precedenza (vedi D. 179). A Budapest, si sperava che le dimissioni di Eden facilitassero un'avvicina mento itala-britannico che forse avrebbe potuto costituire «un freno alla pressione germanica nel bacino danubiano» (T. 032/17 R. del 23 febbraio).

Gli ungheresi sembrano nutrire qualche preoccupazione al riguardo, ben comprendendo come qualora il grande Reich dovesse estendere le sue frontiere fino alla terra magiara, la situazione dello Stato ungherese non sarebbe delle più facili. Per ripetere una frase detta dal consigliere von Ghyczy «Davide non può dormire sonni tranquilli presso Golìa».

Dinanzi a una tale situazione gli ungheresi hanno dimostrato un grande interessamento alle eventualità di sempre maggiori contatti tra Polonia, Ungheria e Jugoslavia, i quali tre Stati, qualora uniti da saldi vincoli di amicizia, formerebbero una protezione dell'Europa Orientale tanto nei confronti di minacce dall'Est quanto per impedire eccessive espansioni germaniche dall'Ovest'.

221 1 Rapporto 175/66 del 19 gennaio, non pubblicato.

223

IL CONSIGLIERE DELL'AMBASCIATA A BERLINO, MAGISTRATI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

LETTERA PERSONALE SEGRETA. Berlino, 24febbraio 1938 (per. i/28).

Ti scrivo a nome e per incarico dell'Ambasciatore, tuttora ammalato, il quale, ora che appare possibile fare un primo consuntivo del discorso del Fi.ihrer al Reichstag 1 , desidera farti pervenire un breve commento alla parte delle dichiarazioni relative ai rapporti con l'Italia.

Come avrai notato, il Fi.ihrer, pur senza definire con la classica parola di «Asse» le relazioni che uniscono Roma e Berlino, non ha mancato di dare opportuno rilievo all'importanza per la Germania di avere in Europa una grande Nazione amica. Egli però ha inquadrato, per così dire, quelle relazioni in una cornice a sfondo ideologico, più che politico. Il valore e l'importanza infatti dei rapporti tra i due Stati sono nel discorso unicamente lumeggiati nel campo della collaborazione anti-bolscevica. Cosa del resto che è avvenuta anche per il caso del Giappone ed in generale di tutto il triangolo Roma-Berlino-Tokio.

Se nel discorso stesso si trovano ripetute allusioni all'amicizia dei tre Paesi, esse sono sempre ed unicamente, ripeto, in quel campo e non vi si fa mai accenno all'eventualità di un'azione politica comune che sia al di fuori della difesa contro la minaccia bolscevica.

La stessa, bella, significativa e molto opportuna, esaltazione dell'opera, di valore secolare, compiuta dal Duce con il salvamento della civiltà europea attraverso la vittoria della rivoluzione fascista, fa parte unicamente di questo quadro antibolscevico.

Ho voluto riferirti una tale impressione perché occorre non perdere di vista come, con una tale pubblica ed ufficiale dichiarazione, particolarmente interessante all'indomani della nomina del Signor von Ribbentrop a Ministro degli Affari Esteri, i tedeschi abbiano mostrato di indicare su quale piano essi vedano svolgersi e svilupparsi i rapporti italo-germanici. In altre parole essi vedono questa collaborazione

223 1 Del 20 febbraio, sul quale si vedano i DD. 195 e 204.

dapprima nel campo ideologico anticomunista e solamente in un secondo momento e quale conseguenza (ad esempio nel caso della guerra di Spagna, sulla quale, per la prima volta, il Fiihrer ha fatto una netta, positiva e opportuna dichiarazione) in quello più propriamente politico. In ciò essi sembrano differenziarsi da noi che vediamo quella collaborazione più in un campo politico che non ideologico o almeno non distinguiamo l'una dall'altra.

Un esempio è indubbiamente costituito dall'intonazione nettamente «tedesca» qui data al problema austriaco, al di fuori di collaborazioni politiche con terzi Stati. Intonazione che potrebbe ripetersi per tutto il complesso della questione danubiana 2 .

222 3 Il documento ha il visto di Mussolini.

224

IL VICE COMANDANTE DEL C.T.V., FRUSCI, AL CAPO DELL'UFFICIO SPAGNA, PIETROMARCHI

LETTERA 1• 2

Sono stato per 6 giorni all'osservatorio del Generale Vigo n per la reconquista di TerueP. Tutto procede a gonfie vele! Come vede, caro Conte, il mio ottimismo aveva buone basi.

Ho la forte impressione che possa prodursi il crollo militare entro la data indicata dal nostro Ministro Conte Ciano: non oltre il 30 giugno 4 .

225

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, ALL'AMBASCIATORE AD ANKARA, GALLI

T. l 77/21 R. Roma, 25 febbraio 1938, ore 23,30.

Non è affatto il caso, per varie, evidenti ragioni, di parlare di «approvazione» al progetto di «dichiarazione» dell'Intesa Balcanica 1• A parte le osservazioni fatte da V.E., salta agli occhi l'inopportunità del ricordo delle sanzioni e soprattutto della riaffermazione della loro legittimità, nonché il tentativo di sminuire la ragione di essere e la portata della decisione jugoslava del marzo dell'anno scorso per il riconoscimento dell'Impero d'Etiopia.

224 1 Di questa lettera è stato trovato, nelle carte di Gabinetto, solo l'estratto qui pubblicato. 224 2 Il documento non è datato. Si colloca, presumibilmente, intorno al 24 febbraio. 224 3 Teruel era stata riconquistata dai Nazionali il 22 febbraio. 224 4 Il documento ha il visto di Mussolini. 225 1 Con T. 1052/31 R. del 23 febbraio, l'ambasciatore Galli aveva comunicato di aver ricevuto dal Segretario Generale del ministero degli Esteri turco il testo di un progetto di dichiarazione per il riconoscimento dell'Impero che si intendeva sottoporre al Consiglio dell'Intesa Balcanica del 26-28 febbraio. L'ambasciatore aveva espresso alcune osservazioni critiche e fatto precise riserve circa l'appro vazione da parte del governo italiano.

Da quanto ella telegrafa devo dedurre il preciso proposito turco di averci consenzienti o quanto meno di equivocare sul nostro atteggiamento relativamente ad una «dichiarazione», con cui si cerca di accomunare alla posizione della Turchia verso l'Italia, la posizione di altri Stati, specialmente della Jugoslavia, che hanno rapporti con noi improntati e ben altra cordialità di amicizia.

Ella si attenga pertanto alle istruzioni che le ho impartito col mio telegramma

n. 18 del 15 corrente 2 .

223 2 Il documento ha il visto di Mussolini.

226

L'INCARICATO D'AFFARI A LISBONA, LA TERZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 1188/30 R. Lisbona, 25 febbraio 1938 (per. il 2 marzo).

Mio telegramma per corriere n. 238/9 in data l o corrente 1 .

Persona molto vicina a questa rappresentanza diplomatica spagnola mi ha detto che ritardo di Nicolas Franco nel raggiungere sua residenza Lisbona deve interpretarsi come una «manovra» governo di Burgos e desiderio predetto inviato non giungere in Portogallo che allorché sarà avvenuto il tanto atteso riconoscimento da parte di questo governo.

Attuale cambiamento situazione politica internazionale spingerebbe ancora di più spagnoli ad insistere nell'atteggiamento assunto circa tale questione.

Tale ritardo però non è molto gradito a questi circoli governativi, i quali vedono in ciò una poco leale esecuzione del noto accordo dello scorso dicembre 2 , relativo alla scambio di agenti speciali fra i due Paesi, e all'infuori del «riconoscimento» 3 .

227

L'AMBASCIATORE A VARSAVlA, ARONE, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

RAPPORTO 476/146. Varsavia, 25 febbraio 1938 (per. il 28).

Alla vigilia del viaggio a Roma di questo ministro degli Affari Esteri ritengo opportuno di accennare ad alcuni aspetti dell'attuale momento internazionale nei riflessi della politica estera polacca.

226 1 Non rintracciato. 226 2 Si veda in proposito serie ottava, vol. VII, DD. 661 e 728 e, in questo volume, il D. 14. 226 3 Da Salamanca, l'ambasciatore Viola telegrafava di ritenere che il ritardo di Nicolas Franco nel raggiungere il suo posto di agente a Lisbona non fosse dovuto ad una manovra del governo spagnolo ma al desiderio dello stesso Nicolas Franco di attendere il riconoscimento del governo nazionale da parte del Portogallo, così da essere accreditato a Lisbona come ambasciatore (T. per corriere 1494/035 R. del 9 marzo).

Indubbiamente l'imminente visita ha luogo (beninteso se nel rapido succedersi degli avvenimenti internazionali non interverranno altri fattori nuovi) in un momento alquanto diverso da quello in cui è stata preparata e sotto certi aspetti più favorevole ai fini di una collaborazione italo-polacca. È chiaro che nel momento attuale la Polonia ha la sensazione di un indebolimento, per ragioni diverse, dei suoi due alleati Francia e Romania e in conseguenza può essere portata, senza pure impegnarsi, a cercare maggiori contatti in direzione dell'asse Roma-Berlino. D'altra parte, l'allontanamento di Eden, di cui sono noti i rapporti personali che intratteneva con Beck, e gli sviluppi della crisi inglese lasciano a questo ministro degli Affari Esteri la possibilità di una maggiore libertà di manovra. Vi è poi negli accenni fatti da Chamberlain ad eventuali chiarimenti nella situazione dei rapporti tra le quattro grandi Potenze una ragione di rinnovata preoccupazione per un'eventuale rinascita di Patto a quattro. È presumibile che di questo argomento Beck ne intratterrà V.E.

Un altro argomento che sarà certamente toccato da questo ministro degli Affari Esteri è la situazione austriaca, alla quale la Polonia va sempre più interessandosi. Come ho già riferito a Y.E. 1 , non è per essa scevra di serie preoccupazioni; se può qui apparire un male minore che la Germania guardi piuttosto al Sud che alle frontiere orientali, non può certamente la Polonia restare indifferente di fronte all'eventualità di un grave squilibrio dell'Europa danubiana a tutto profitto della Germania.

Riguardo al punto di vista polacco circa l'impossibilità di aderire al Patto anticomunista, non posso che confermare quanto ho già riferito a V.E. con le mie precedenti comunicazioni 2 .

Circa infine l'atteggiamento della Polonia verso la S.d.N., V.E. conosce esattamente il pensiero del ministro Beck, il quale potrà ora, dopo la scomparsa di Eden, esprimersi ancora più liberamente'.

225 2 Vedi D. 152.

228

L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, SUVICH, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. 1899/40 l. Washington, 25 febbraio 1938 (per. il 9 marzo).

Ho trasmesso con telegramma n. 53 del 24 febbraio u.s. 1 le impressioni qui prevalenti sugli ultimi avvenimenti europei. Mi preme ora chiarire un altro aspetto della situazione come vista da qui.

Prevale in molti circoli politici e giornalistici l'impressione che il Primo Ministro Chamberlain si sia risolto ad iniziare dei negoziati con gli Stati del gruppo fascista in seguito al pronunciato atteggiamento isolazionista manifestatosi al Congresso nelle discussioni tuttora in corso sul programma addizionale per le Forze Armate. Ricordo fra l'altro che il senatore Johnson ha posto ripetutamente e perentoriamente la questione al Segretario di Stato se c'erano accordi di qualsiasi specie nel campo militare particolarmente navale fra gli Stati Uniti d'America e la Gran Bretagna. Il Segretario di Stato Hull non ha potuto evitare di rispondere a domande così precise affermando che non c'era nessun impegno del genere. Ricordo che il senatore Johnson all'epoca del conflitto etiopico prese posizione netta a favore dell'Italia contro le sanzioni.

Ritengo probabile che l'impressione sopra riportata abbia una base di fondamento in quanto l'Inghilterra può aver avuto l'impressione di non dover contare su un intervento attivo dell'America in vista degli umori qui prevalenti. È un fatto che la recente crisi inglese ha lasciato uno strascico di malintesi e di malumori fra gli Stati Uniti e la Gran Bretagna.

Qui si accusa la Gran Bretagna di aver tradito la causa della democrazia e d'altra parte i locali circoli inglesi dimostrano risentimento per tali attacchi americani affermando che è colpa dell'assenteismo americano se l'Inghilterra ha dovuto scegliere la via che oggi sta battendo.

Un discorso di questi giorni del Segretario all'Interno, Ickes, radio-diffuso in Inghilterra, contenente un'invocazione alla solidarietà dei Paesi anglo-sassoni per la difesa della democrazia contro le minacce degli Stati fascisti, è stato qui considerato generalmente inopportuno ed intempestivo e gli attacchi al detto Segretario non sono mancati, né nella stampa, né nel Congresso. Da informazioni avute risulta che tale discorso era stato concordato qualche tempo addietro quando la situazione era diversa, ma che essendosi già distribuiti alla stampa i relativi press releases, il discorso tuttavia, pur nella nuova situazione, ha dovuto essere tenuto.

Non perciò ritengo che la tendenza a un sempre maggiore avvicinamento fra l'Inghilterra e gli Stati Uniti sarà abbandonata, ma non c'è dubbio che il processo ha subito una sosta e anzi ha fatto qualche passo indietro.

Senza voler esagerarne l'importanza, debbo mettere in rilievo che a tale atteggiamento del Congresso, contrario a una presa di posizione dell'America contro gli Stati fascisti, non è estranea la considerazione del voto degli itala-americani che potrà pesare nelle prossime elezioni. È un fatto che ho potuto constatare personalmente nelle mie frequenti visite alle collettività italiane in questo Paese, come governatori, senatori e rappresentanti cerchino di accarezzare il gruppo elettorale itala-americano e di accattivarsene le simpatie. Fra i vari gruppi etnici esistenti in questo Paese, l'italiano, pur non essendo il più numeroso, è forse quello che ha maggiore influenza nella politica interna dell'America.

Mentre gli altri gruppi etnici più numerosi come l'anglosassone, lo scandinavo, il polacco, il francese ed anche l'irlandese appartengono a Paesi che perseguono su per giù le stesse ideologie degli Stati Uniti d'America, l'italiano ed il tedesco appartengono a Paesi che seguono un'ideologia del tutto contrastante, e quindi necessita, per avere il voto di questi elettori, un lavoro particolare di blandizia elettorale.

Fra i due però -il tedesco e l'italiano -il primo, anche se più numeroso e meglio organizzato, conta meno, perché la tendenza nazista è neutralizzata dalle forti correnti anti-naziste esistenti fra i tedeschi d'America e dall'ostilità dei cattolici e degli ebrei contro il regime di Hitler.

II gruppo italiano invece può dare effettivamente l'impressione di una discreta unità spirituale.

Per non essere frainteso non voglio sostenere che noi potremmo contare sulla massa degli italiani in un conflitto sia pure ideologico fra l'Italia e gli Stati Uniti, ma tale elemento italiano può invece farsi sentire quando si tratti di sostenere una tesi come quella della neutralità dell'America, che risponde ad un interesse americano qui molto sentito e molto diffuso.

227 1 Vedi D. 175. 227 2 L'ambasciatore Arone riferiva con T. per corriere 1136/021 R. del 25 febbraio che ancora di recente Beck aveva risposto negativamente ad un sondaggio effettuato dall'ambasciatore del Giappone circa la possibilità di un'adesione della Polonia al Patto Anticomintern. Beck aveva ripetuto che, data la sua situazione geopolitica, la Polonia doveva limitarsi a considerare il pericolo comunista «dal punto di vista interno e a fronteggiarlo con le proprie forze con la massima energia». 227 1 Il ministro degli Esteri polacco, Beck, fu in visita ufficiale a Roma dal 6 al IO marzo e si trattenne poi privatamente in Italia fino al 14. Sui colloqui da lui avuti con Mussolini e con Ciano non è stata trovata documentazione: in proposito si veda il Diario di Ciano alle date del 6, 7, 8, 9, IO e 14 marzo. 228 1 Vedi D. 217.

229

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, ALL'AMBASCIATORE AD ANKARA, GALLI

T. PERSONALE J78/22 R. Roma, 26 febbraio 1938, ore 1,30.

Trovi modo di prendere contatto con Stojadinovié 1 , e si esprima, opportunamente a mio nome in conformità contenuto mio telegramma 21 2 .

230

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO

T. S.N.D. ]81/48 R. 1 Roma, 26 febbraio 1938, ore 13.

Indipendentemente da quelle che saranno le decisioni del Comitato del non intervento, Mussolini è disposto a ritirare tutte le nostre forze dalla Spagna perché esse sono costrette ad una umiliante inerzia, che il Duce non intende più oltre tollerare. Nonostante le nostre continue insistenti richieste, il Corpo Volontario è tenuto lontano da ogni operazione militare. Stamani il Duce ha ordinato all'aviazione delle Baleari di astenersi dal partecipare ad ogni azione fino a nuove disposizioni e queste non verranno date se prima non saranno anche impiegate le truppe volontarie.

Informare di quanto precede codesto governo 2 .

229 2 Vedi D. 225. 230 1 Minuta autografa di Ciano. 230 2 Si veda per il seguito il D. 245.

229 1 Ad Ankara per la riunione del Consiglio dell'Intesa Balcanica.

231

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, AL COMANDANTE DEL C.T.V., BERTI

T. UFF. SPAGNA 516 1 . Roma, 26 febbraio 1938, ore 13.

Il Duce è molto irritato col Comando spagnolo per la inesplicabile volontà di tenere le nostre truppe lontane dalle operazioni. Intanto ha dato ordine all'aviazione delle Baleari di astenersi da ogni azione sino a nuove disposizioni e queste non verranno impartite se prima Franco non metterà in azione le truppe del Corpo Volontario.

Ne informi pure il Generalissimo e, a titolo personale, aggiunga che a Roma fa pessima impressione il fatto che egli non abbia ancora risposto alla lettera di cui ella fu latore 2 . Non si lascia una lettera del Duce ~e quale lettera ~per alcune settimane senza risposta'.

232

L'AMBASCIATORE AD ANKARA, GALLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 1127/35 R. Ankara, 26 febbraio 1938, ore 15,45 (per. ore 19).

Mio telegramma n. 33 del 24 corrente 1•

Stojadinovié, che ho chiesto vedere subito iersera dopo suo arrivo, mi ha detto che Aras gli aveva consegnato noto progetto 2 dicendogli che io concordavo interamente. Mi chiedeva se veramente V.E. lo approvava, non intendendo fare alcunché che non fosse gradito a V.E.

Gli ho risposto che ero estremamente sorpreso. Avevo dichiarato nettamente a Numan che non potevo raccomandare progetto a V.E. per ragioni generali e per ragioni di dettaglio; che poi governo turco facesse ciò che credeva, ma non aveva da aspettarsi nostra approvazione. Gli ho anche fatto rilevare altra indelicatezza già commessa da Numan che mi aveva affermato che progetto era già in mano degli alleati balcanici, mentre quanto egli mi diceva provava il contrario.

Stojadinovié mi ha risposto che aveva infatti trovato strano il consenso di

V.E. sul progetto e me ne ha fatto ampia critica corrispondente alla mia con in più, fra l'altro, il rilievo che miglioramento rapporti tra Francia e Jugoslavia non esisteva, anzi producevasi il contrario.

231 2 Vedi D. 87. 231 1 Per la risposta di Franco si veda il D. 164. 232 1 T. 1067/33 R. del 24 febbraio. Riferiva su un colloquio avuto con il Segretario di Stato agli Esteri, Menemencioglu, al quale aveva espresso un giudizio del tutto negativo sul progetto di dichiara zione per il riconoscimento dell'Impero italiano. 232 2 Vedi D. 225, nota l.

Gli ho allora risposto che specie nelle condizioni presenti non sollecitiamo riconoscimento. Ma se Turchia voleva far approvare un suo progetto e se egli voleva interessarsene, potevo dirgli, a titolo personale e senz'alcuna istruzione da parte di V.E., che quanto più esso fosse breve, esplicito e simpatico per noi tanto meglio sarebbe ed egli ne avrebbe il merito.

Qualche ora dopo, nel ricevimento serale, ho fatto rilevare ad Aras mio stupore per affermazioni di N uman e gli ho ripetuto mia conversazione del giorno prima che ho creduto utile far conoscere anche a Metaxas.

231 1 La minuta è autografa di Ciano.

233

L'AMBASCIATORE AD ANKARA, GALLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 1128/36 R. Ankara, 26 febbraio 1938, ore 21,09 (per. ore 23,45).

Mio telegramma n. 35 1•

Per effetto della immediata resistenza di Stojadinovié e della mia reazione vivace di ieri sera a seguito della falsa affermazione di Aras, Numan è venuto personalmente verso le undici in Cancelleria per sottopormi nuovo progetto totalmente modificato e sostanzialmente accettabile.

Gli ho detto che mi sentivo di trasmetterlo a V.E. e di dire la mia opinione personale ben diversa dalla precedente. Vi erano ancora due o tre punti che a mio giudizio domandavano ancora qualche ritocco formale, ma essi interessavano principalmente Jugoslavia (rapporti balcanici con Francia e nuove credenziali ministro jugoslavo).

«Lasciamo queste osservazioni a Stojadinovié» ha detto allora Numan.

E vi ho convenuto. Ma ho subito informato Stojadinovié (già in seduta) e l'ho pregato di portarvi tutta la sua attenzione per ogni ulteriore miglioramento, aggiungendogli che V.E. contava sulla sua cooperazione affinché progetto corrispondesse interamente a interessi comuni.

Dato il gesto di contrizione di Numan ed il fatto che nuovo testo è in fondo buono (eliminate quasi tutte le disquisizioni teoriche, non si parla più di sanzioni, questione Sangiaccato scompare, questione etiopica considerata inesistente -· non figura più il «virtualmente» -, necessità greco-turca riconoscere Impero espressa in pieno, ecc.) non ho creduto potermi rifiutare del tutto da qualche esame di dettaglio e da esporgli mio giudizio modificato. Solo per mantenermi nel quadro delle istruzioni, di cui al telegramma di V.E. 22 2 ho modificato 2 punti a fine di rinviare altre modificazioni utili all'opera di Stojadinovié.

Stojadinovié mi ha ora (ore 17) fatto sapere che aveva modificato in maniera soddisfacente punto relativo nuove credenziali ministro di Jugoslavia e si adoperava per altre modificazioni.

233 1 Vedi D. 232. 233 è Vedi D. 229.

234

IL MINISTRO A VIENNA, GHIGI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. 807/468. Vie1ma, 26 febbraio 1938 (per. il 28).

Il discorso pronunciato dal Cancelliere Federale dottor Schuschnigg giovedì, 24 febbraio 1 , nella maggior sala del parlamento della vecchia monarchia, riaperta per la circostanza innanzi alla riunione plenaria degli organi legislativi e consultivi austriaci, ha rivestito particolare solennità e potrei dire grandiosità. La vasta aula era adornata da drappi rosso-bianco-rossi e da fiori: potenti riflettori concentravano fasci di luce sulla tribuna degli oratori. Sotto il posto del Cancelliere Federale era collocato un busto di Engelbert Dollfuss.

La seduta, il cui ordine del giorno era composto da un unico punto, dichiarazioni del Cancelliere, si è aperta alle ore 19, in un'atmosfera di intensa attesa e di gravità. L'emiciclo era gremito dai membri della Dieta federale e dei vari corpi consultivi, dai gerarchi del Fronte Patriottico convenuti dalle province e da numerosi funzionari dello Stato federale. Le tribune erano affollatissime. In quella del corpo diplomatico si trovavano tutti i capi missione compreso l'ambasciatore von Papen ritornato apposta da Berlino. Nell'aula, avente una capacità normale di 540 persone, si era fatto posto per 1200.

Schuschnigg è stato accolto al suo ingresso, da una vibrante e lunga manifestazione. Tutti sono sorti in piedi. Aperta la seduta, il Presidente della Dieta, conte Hoyos, diede la parola al Cancelliere che salì alla tribuna accolto da nuovi applausi. Come il ministro Zernatto, vice-capo del Fronte Patriottico e il borgomastro di Vienna Schmitz, capo regionale dell'organizzazione, anche il Cancelliere indossava la divisa grigia del Fronte.

Schuschnigg ha cominciato a parlare con voce bassa, e appariva fortemente commosso. Tutto il discorso, durato quasi due ore, è stato pronunziato con un tono di calma fermezza che si accendeva soltanto nei vari punti in cui l'oratore riaffermava l'indipendenza austriaca e la volontà di conservarla. Schuschnigg alzava il timbro della voce e scandiva bene le parole tutte le volte che accennava «al comune popolo tedesco» con l'evidente intenzione di marcare questi passi perché venissero ben percepiti anche dai radio-ascoltatori lontani. L'assemblea era propensa a sottolineare ogni frase che potesse venire interpretata come critica alla Germania ma Schuschnigg troncava immediatamente tali reazioni con· un gesto della mano, proseguendo subito il discorso. Così esso è stato seguito dal pubblico con caldo entusiasmo ma anche con attenta disciplina. I passi relativi all'Italia sono stati caldamente applauditi. Le ovazioni hanno interrotto più volte le parole del Cancelliere e la chiusura del discorso, in cui si riaffermava la certezza della vittoria, è stata sommersa da una dimostrazione frenetica, dominata peraltro dall'ultima frase di Schuschnigg: «Fino alla morte, rossobianco-rosso: Austria!».

Il discorso del Cancelliere ha indubbiamente segnato un risveglio ed ha costituito un sollievo per la maggioranza dell'opinione pubblica austriaca, mentre gli avvenimenti di questi giorni, durante i quali malgrado la libertà di cui hanno goduto, i nazionalsocialisti sono riusciti solamente nella Stiria ad inscenare dimostrazioni imponenti, ha rianimato gli animi vacillanti dei dirigenti austriaci (l'appellativo non si riferisce al Cancelliere che si è invece sempre mostrato pieno di serenità e di equilibrio) e li ha indotti a maggior ottimismo circa la proporzione numerica fra «nazisti» e «patriottici».

Certo, la situazione è tutt'altro che facile ed è piena di molte ed oscure incognite. Il Fronte Patriottico, anche nelle località più sicure, anche nelle manifestazioni più riuscite, è apparso quello che è: una resistenza ben più che una forza.

La preoccupazione, la sfiducia, il timore oltre che nel campo israelita ove raggiungono il panico, sono pur grandi anche in vari altri ambienti. Molti, che pur appartengono all'aristocrazia ed all'alta borghesia e sono affezionati con tenace sentimento alla vecchia Austria, cominciano a domandarsi a che valga, dopo tante sofferenze, continuare a vivere nella incertezza e senza speranza.

Più solida sembra invece la resistenza delle masse contadine cattoliche, ed è pure interessante di quelle operaie, sulle quali il discorso del Cancelliere coi suoi numerosi accenni a nuove previdenze sociali e a nuovi lavori, e la quasi drammatica dichiarazione che nella deprecata ipotesi di una separazione fra lntelligenz e lavoratori egli sarebbe stato con questi ultimi, ha suscitato molta favorevole impressione.

Il problema interno più grave e attuale è quello della pacificazione, della inserzione dei nazisti nel Fronte Patriottico, dei limiti legali delle loro attività, specialmente in rapporto alla fedeltà al governo degli ordini esecutivi dell'esercito, dell'amministrazione, della polizia, della gendarmeria.

Ma se questo rimane il problema più grave, quello più urgente era di disperdere l'atmosfera di smarrimento che si andava formando nel Paese. E a questo primo compito il Cancelliere Federale ha pienamente corrisposto, se si deve giudicare dagli elementi esterni che offre oggi la situazione austriaca.

Dopo i primi giorni, nei quali la polizia ha lavorato con molto tatto, dimostrandosi tollerante fino al limite del possibile, lasciando in certo modo sfogare gli elementi nazisti radicali, ostili alla conciliazione, e riuscendo ad evitare seri incidenti, il governo sembra ora deciso a riprendere del tutto in mano la situazione ed ad applicare il divieto di riunione di recente emanato.

Il borgomastro di Graz, che aveva issato giovedì sul palazzo del municipio la bandiera della croce uncinata, è stato mandato in congedo.

Sono stati proibiti i canti e le insegne naziste e in queste e in altre misure minori sembra di poter constatare la fedeltà del nuovo ministro dell'Interno, il social-nazionale Seyss-lnguart.

La stampa --come ho già rilevato in mie precedenti comunicazioni -mantiene nei riguardi della Germania un tono corretto e in molti giornali anche cordiale. I fautori di un accordo austro-tedesco si augurano vivamente che questo atteggiamento della stampa continui, rilevando quanto l'indisciplina di certi giornali abbia contribuito, soprattutto nel recente passato, ad accrescere la tensione fra i due Paesi di lingua tedesca. In questo senso Schuschnigg ha insistito nelle istruzioni date ieri ai direttori di tutti i quotidiani di Vienna e della provincia convocati alla Cancelleria Federale. «L'Austria è uno Stato tedesco, l'Austria farà

una politica tedesca, ma non romperà i ponti con il resto del mondo», ha detto fra l'altro Schuschnigg ai giornalisti. «Dove si presenteranno contrasti locali, non li si coprirà o abbellirà, ma neppure si dovrà esagerarli. Conservare la disciplina e raccogliere tutte le forze costruttive nel Fronte Patriottico: questa è la meta e questo il cammino».

Il governo federale si è creato un nuovo strumento per mantenere la disciplina di stampa con il decreto emanato ieri sera che commina gravi pene di polizia (ammende fino a duemila scellini e pene di reclusione fino a tre mesi) contro chi di proposito o per dolosa trascuranza metta seriamente in pericolo, mediante pubblicazioni, la pace interna o i buoni rapporti dell'Austria con un altro Stato.

È palese l'intenzione del Cancelliere di dare per guanto è possibile un'interpretazione esatta agli accordi di Berchtesgaden, non estensiva, cioè, ma neppure restrittiva. Tale linea ha inspirato le direttive impartite dallo stesso Schuschnigg ai gerarchi del Fronte Patriottico, di cui ha presieduto ieri una riunione alla presenza del vice-capo del Fronte, ministro Zernatto, e del ministro degli Esteri Schmidt, come pure quelle date dal ministro dell'Interno Seyss-lnquart ai direttori per la sicurezza di tutta l'Austria, convocati alla presenza del Segretario di Stato Skubl.

La fase di reazione acuta, positiva o negativa, agli accordi di Berchtesgaden ed ai discorsi di Hitler e di Schuschnigg, sembra dunque in Austria superata, così che la situazione interna, pur serbando le sue incognite non lievi, si presenta avviata a sviluppi più lenti e meno pericolosi.

L'organismo permane in verità molto debole, ma il cuore continua a battere, e, se non sopravverranno complicazioni esterne o provocate dall'estero, è da ritenersi che potrà riprendere le sue funzioni vitali 2 .

234 1 Testo in Rc!a::ioni Internazionali. pp. 178-183.

235

APPUNTO DEL CAPO DEL GOVERNO, MUSSOLINI

27 febbraio 1938.

a) Spetta in primo luogo all'Austria il compito di mostrare coi fatti che vuole essere e restare indipendente.

b) L'Austria non può essere che il 2° Stato tedesco in Europa e questo condiziona il carattere delle sue relazioni coll'altro grande stato tedesco d'Europa: la Germania.

c) Considerare in funzione an ti-germanica l'indipendenza dell'Austria significherebbe provocare l' Anschluss.

d) È nell'interesse dell'Italia che l'Austria resti uno stato indipendente: tale interesse però non è tale che meriti di essere difeso con una guerra e nemmeno col capovolgimento delle nostre posizioni politiche nei confronti della Germania.

veda il Diario di Ciano alla data del 25 febbraio. 235 1 Minuta autografa di Mussolini.

e) L'Italia è contraria alla restaurazione degli Asburgo, perché-fra l'altro invece di conservare, distruggerebbe l'indipendenza dell'Austria.

f) Poiché l'Italia scarta l'eventualità di opporsi colla forza all' Anschluss, è chiaro che se tale evento deve verificarsi, è meglio che non si faccia contro l'Italia.

g) Bisogna realizzare che un intervento armato dell'Italia per sollevare la corrente degli austriaci contraria all' Anschluss, determinerebbe un fronte unico austro-germanico contro l'Italia.

h) La massa germanica grava già sul Brennero e colle propagini più ostili.

234 2 Il documento ha il visto di Musso!ini. Per le reazioni di Mussolini al discorso di Schuschnigg si

236

L'AMBASCIATORE A MOSCA, ROSSO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. RISERVATO 921/349. Mosca, 27 febbraio 1938 (per. il 7 mar:::o ).

In una conversazione avuta col mio collega giapponese e durante la quale si è parlato anche delle dimissioni di Eden, il signor Shigemitsu mi ha confidato risultargli in modo sicuro che delle divergenze politiche fondamentali si erano rivelate fra Chamberlain ed il suo ministro degli Affari Esteri prima ancora che la questione dei negoziati con l'Italia provocasse la crisi delle dimissioni. Queste divergenze concernevano la politica di Estremo Oriente e consistevano non soltanto in una diversa opinione sui metodi da impiegare, ma in un disaccordo molto netto sulle stesse direttive della politica britannica di fronte al Giappone.

Secondo quanto mi ha riferito l'ambasciatore Shigemitsu, all'ultima riunione di Ginevra Litvinov avrebbe posto crudamente a Eden ed a Delbos il dilemma:

o accordarsi senza ritardo con l'U.R.S.S. per un intervento attivo contro il Giappone o adattarsi al fallimento definitivo dell'idea della sicurezza collettiva. L'U.R.S.S. era pronta a muoversi se si muovevano le altre due Potenze. Se queste invece continuavano a rimanere inerti, il governo sovietico si sarebbe disinteressato nell'avvenire di qualsiasi programma di collaborazione e si sarebbe regolato unicamente secondo le proprie idee e le proprie convenienze.

A questa specie di ultimatum Eden avrebbe risposto subito dichiarandosi personalmente favorevole ad un'azione concertata. Senonché, avendo comunicato a Londra il contenuto del colloquio con Litvinov, Chamberlain gli avrebbe ingiunto di ritirare gli affidamenti dati e di non prendere alcun impegno col rappresentante sovietico. Analogo avvertimento sarebbe stato dato contemporaneamente dal presidente del Consiglio Chautemps al ministro Delbos.

Secondo il mio collega giapponese, il dissidio principale fra Chamberlain ed Eden si sarebbe adunque verificato a proposito della questione cinese; quello per le trattative con l'Italia, sorto più tardi, avrebbe assunto una forza acuta soltanto pel fatto che Eden ne aveva voluto prendere pretesto per rompere in modo sensazionale col Primo Ministro che aveva impedito l'accordo societario da lui abbozzato con Litvinov e Delbos a Ginevra.

Sebbene essa non abbia oggi che un semplice valore retrospettivo, ho creduto interessante riferire a V.E. la versione giapponese sulle ragioni intime della crisi ministeriale britannica, quale mi è stata esposta confidenzialmente dal collega Shigemitsu. Questa versione spiegherebbe anche la successiva manifestazione della politica sovietica, fatta con la nota «lettera al compagno Ivanov» di Stalin 1• Infatti, è molto verosimile che il recente appello al proletariato mondiale sia stato una conseguenza del rifiuto opposto da Chamberlain all'appello di Litvinov a Ginevra.

237

L'AMBASCIATORE IN CINA, CORA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 1157/121 R. e 1174/122 R. Shanghai, 28 febbraio 1938, ore 13 (per. ore 22 del l o marzo).

Ho avuto a Hong-Kong un colloquio con T.V. Soong, il quale mi ha confidato che egli avrebbe possibilità diventare capo del Governo Centrale ma di non sapersi ancora decidere se assumere tutta le responsabilità opartecipare più o meno attuale governo a cui non risparmia le critiche in particolare ai due cognati.

Egli mi ha pure confidato di esser stato avvicinato due volte da emissari del generale Matsui ed ha espresso desiderio sapere da me fino a che punto Giappone sarebbe stato disposto modificare proposte già note 1 aggiungendo che le informazioni avrebbero potuto avere un grande peso nelle sue decisioni.

Gli ho risposto che non ero in grado di dare precisazioni in materia ma che dai contatti avuti con i giapponesi in vista di mia andata Hong-Kong avevo riportato impressione che malgrado note dichiarazioni essi non sarebbero rimasti sordi a eventuali ragionevoli proposte pace governo nazionale cinese e che essi comunque erano disposti a favorire una cooperazione economica nella zona e nel retroterra di Shanghai.

Lo incitai a rendersi conto delle conseguenze inevitabili del prolungamento della presente situazione ed a persuadere i suoi colleghi a fare al Giappone delle proposte che potessero effettivamente essere prese come base trattative.

Egli rimase a lungo pensieroso ma non seppe decidersi a manifestare in forma concreta il suo pensiero: mi disse però che lui avrebbe potuto essere a capo di un governo come di un altro per fare la pace e che in questo caso sarebbe stata una pace sincera e senza restrizioni mentali e che per lui Chiang Kai-shek come persona non contava di fronte all'interesse del Paese. Comunque Cina disponeva ancora di risorse finanziarie per un anno e sarebbe stato molto meglio spenderle per continuare la guerra piuttosto che per pagare indennità di guerra al Giappone se questo insistesse su tale richiesta. Aggiunse infine che sarebbe partito l'indomani per Hankow ed avrebbe convocato ministri per metterli al corrente della nostra conversazione. Infatti l'indomani egli partì e mi fece poi sapere che i ministri rimanevano irremovibili nelle loro primitive posizioni.

Finora il signor Soong non ha accettato il ministero delle Finanze offertogli sotto la presidenza di Kung ma sembra certo che egli sia destinato ad avere parte importante nei destini questo Paese. Sua presenza governo è anche desiderata per porre termine scandalosa corruzione famiglia Kung sulle cui gesta ho avuto martedì nuovi edificanti particolari.

Comunicato Roma e Tokio 2 .

236 1 Vedi D. 155. 237 1 Vedi D. l.

238

L'AMBASCIATORE A MOSCA, ROSSO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 1145/32 R. Mosca, 28 febbraio 1938, ore 14,50 (per. ore 18).

Annunziasi grande nuovo processo contro il cosidetto gruppo trotzkisti di destra e personalità molto note ed anche stimate negli ambienti politici. Atto di accusa è redatto in termini generici la cui inconsistenza supera quella dei processi precedenti. Si ha impressione che terrore di Stalin sia diretto da forza cieca dominata ormai unicamente da livori personali e da incontrollata mania di persecuzione.

Notizie divulgate dalla stampa odierna hanno provocato enorme impressione in questi circoli diplomatici e giornalistici stranieri.

239

L'AMBASCIATORE AD ANKARA, GALLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 1146/39 R. Ankara, 28 febbraio 1938, ore 15,30 (per. ore 18,20).

Miei telegrammi n. 36 1 e 37 2 . Da comunicato finale riunione Intesa Balcanica 3 si rileva che esame situazione europea presente non ha condotto ad alcuna conclusione.

Dichiarazione relativa Impero (conosciuta iersera durante ricevimento e che è stata telegrafata la notte scorsa da Stefani Speciale) ha fatto molta impressione riuscendo, visibilmente, non a tutti gradita.

Comunicato contiene inoltre decisione stabilire con generale Franco rapporti di fatto come quelli inglesi. Per incidente di Madrid è stato deciso passo collettivo in vista di ottenere soddisfazione ma ciò non figura nel testo reso noto.

239 1 Vedi D. 233. 239 2 T. 1126/37 R. del 26 febbraio. Comunicava di aver ricevuto da Stojadinovié il testo della dichiara zione finale approvata dal Consiglio dell'Intesa Balcanica. 239 3 Testo in Relazioni Internazionali, pp. 176-177.

Autografo di Mussolini del documento n. 235.

Circa Società delle Nazioni, sentimento comune dei convenuti è che Stati minori debbano trovarsi a Ginevra nelle stesse condizioni delle grandi Potenze dominanti nella Lega delle Nazioni e non essere considerati in condizioni di inferiorità. Frasi che seguono vogliono rappresentare anzitutto solidarietà con Romania in questione minoranze. Comunicato menziona, infine, che Turchia e Grecia hanno studiato e presentato un progetto di trattato addizionale alla intesa cordiale 4 ; il trattato ha anche finalità militari (hanno paura della Bulgaria e dell'Italia, mi ha detto Stojadinovié). Contenuto non era iersera ancora ben noto, ma delegati greci e turchi si riuniranno nuovamente oggi, per parafare accordo.

Influenza e autorità Presidente del Consiglio jugoslavo sono state determinanti e decisive in ogni argomento.

Aras si è assunto l'incarico di persuadere Bulgaria agire concordemente con Intesa Balcanica e desistere in questo momento riarmo che condurrebbe discredito domande turco-greche (abolizione zona demilitarizzata, Patti bilaterali non aggressione). «Ho preferito lasciare a lui tale compito», mi ha detto Stojadinovié, stanotte al momento lasciare Ankara ripartendo con Metaxas.

Presidente del Consiglio jugoslavo vedrà Kiosseivanov durante percorso bulgaro e poi dopo elezioni visiterà Sofia, certo con altri pensieri e finalità.

Sintesi riunione è: sentimento generale prevalenza dell'asse Roma-Berlino cui Jugoslavia aderisce fermamente; fatto che Società delle Nazioni ha avuto colpo di grazia da Premier inglese; assoluta superiorità in seno Intesa Balcanica della Jugoslavia e Stojadinovié; formazione 5 in seno Intesa Balcanica di uno Stato che quando aderisce a quello dei gruppi verso il quale vanno le maggiori sue simpatie farà pendere la bilancia; conferma definitiva dell'esistenza di contromisure di difesa già in pieno atto da parte del gruppo più debole e minacciato.

237 2 Si veda per il seguito il D. 270.

240

L'INCARICATO D'AFFARI A BUDAPEST, FORMENTINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. URGENTE 1150/19 R. Budapest, 28 febbraio 1938, ore 18,58 (per. ore 21 ,lO).

Miei telegrammi: 16 del 18 corrente 1 e 17 del 23 corrente 2•

Stampa ufficiosa nei commenti discorso Schuschnigg 3 ha mantenuto attitudine assunta dopo accordo Berchtsgaden e dopo discorso Hitler 4 . Si è continuato, infatti, a commentare ed a illustrare, con molti aggettivi, la sincerità e la conciliazione fra i due Stati tedeschi.

239 5 Sic. 240 1 Vedi D. 179. 240 2 Vedi D. 222, nota 2. 240 1 Del 24 febbraio. Vedi D. 234. 240 4 Del 20 febbraio. Vedi DD. 195 e 204.

In verità, dopo discorso Cancelliere austriaco, circoli governativi hanno attinto nuova fiducia e molte persone non sono più così misteriose come prima a manifestare qualche reale sentimento. Parole di Schuschnigg non sono considerate come destinate a presentare all'Austria ed al mondo, nella forma più rosea, la dura realtà di una prima realizzazione tedesca verso l'Anschluss ma si crede che esse constituiscano effettivamente il monito di un uomo deciso a non andare oltre le concessioni già fatte.

Sono state accolte con viva soddisfazione le frasi rivolte al Duce e alla politica italiana ed è anche oggetto di grande favorevole interesse la recente notizia pubblicata dai giornali di un prossimo viaggio di Schuschnigg a Roma, dietro invito del Capo del governo.

Anche questo vice-ministro degli Affari Esteri, che ho avuto occasione di incontrare ad un ricevimento presso il Reggente Horthy, ha voluto parlarmi della questione austriaca. Egli mi ha detto essere sua impressione che i colloqui di Berchtesgaden, tenuto naturalmente conto delle circostanze e delle proporzioni degli uomini che si trovavano di fronte, possono considerarsi più un successo di Schuschnigg che non del Cancelliere germanico. Gli consta infatti che Goring si sarebbe mostrato non molto contento delle decisioni da essi scaturite che avrebbero disilluso gli elementi più spinti del nazismo decisi a compiere una più rapida avanzata in Austria. Il barone Apor crede Schuschnigg in buona fede ed è sua convizione che il discorso da lui pronunciato, del quale mi ha fatto rilevare il palese peso datone dalla stampa tedesca, metterà i nazisti al potere nella difficile situazione di arrestarsi di fronte ai limiti da lui posti o di perdere la fiducia di Hitler. Comunque egli credeva che un eventuale assorbimento dell'Austria da parte tedesca, se ciò fosse realmente nelle loro intenzioni, gli sembrerebbe, allo stato attuale delle cose, incontrare maggiori ostacoli.

Apor ha concluso col dirmi che manteneva di fronte allo svolgersi degli avvenimenti una attitudine di osservazione e di attesa.

239 4 Vedi D. 131.

241

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE RISERVATISSIMO 1196/021 R. Berlino, 28 febbraio 1938 (per. il 3 marzo).

A seguito del mio telegramma n. 56 1 , posso confermare che le impressioni relative al discorso tenuto dal Cancelliere Schuschnigg a Vienna il 24 u.s. 2 sono state qui, sostanzialmente, nettamente sfavorevoli.

241 Vedi D. 234.

Si è avuta infatti la sensazione che il Cancelliere austriaco, preoccupato dai risultati pratici dell'incontro di Berchtesgaden, abbia voluto sopratutto attirare di colpo e nuovamente l'attenzione del mondo sull'importanza della indipendenza del suo Paese. E particolarmente notato è stato, dagli ascoltatori radiofonici, il tono vibrante, e veramente insolito nella sua oratoria, con il quale egli ha proclamato la necessità dell'unione nazionale di tutti gli austriaci.

Oggetto inoltre di commenti sfavorevolissimi è stata la parte del discorso dedicata agli sviluppi dell'economia austriaca, parte che è stata interpretata quale contraltare al noto ampio esame dell'economia del Reich fatto dal Fiihrer nel suo discorso al Reichstag. Effettivamente devesi credere che il Fiihrer, con quell'esposizione di dati e di cifre, evidentemente preparata per il mancato discorso del 30 gennaio, e cioè prima dell'incontro di Berchtesgaden, non avesse alcuna intenzione di mostrare agli occhi degli austriaci i benefici economici ottenuti dal regime nazionalsocialista in Germania. Le parole quindi del Cancelliere Schuschnigg in tale campo sono state ritenute inspirate a polemica non simpatica.

Formalmente, come ho già indicato con il mio telegramma surriferito, è stato qui mantenuto il più assoluto silenzio.

Oltre la pubblicazione del riassunto del discorso diramato a mezzo del Deutsches Nachrichten Bureau ed in taluni giornali, ad esempio nell'Angriff, volutamente accorciato nelle parti relative alla indipendenza austriaca, nessun commento è apparso. L'istruzione data alla stampa è stata «non parlarne e sopratutto non parlarne male». I giornali hanno in blocco preferito attenersi alla prima formula ed hanno assolutamente taciuto. La stessa Politische Diplomatische Korre~pondenz, voce ufficiosa della Wilhelmstrasse, che, come l'E.V. conosce, commenta giornalmente qualsiasi avvenimento di politica estera che tocchi la Germania, ha ignorato il discorso di Vienna.

241 1 T. 1103/56 del 25 febbraio. Comunicava che fino a quel momento non vi erano, da parte tedesca, commenti al discorso di Schuschnigg, anche perché i maggiori esponenti nazionalsocialisti si trovavano a Monaco per celebrare l'anniversario della fondazione del partito.

242

IL MINISTRO A PRAGA, DE FACENDIS, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 1197/022 R. Praga, 28 febbraio 1938 (per. il 3 marzo).

Il febbraio '38 resterà per la cronaca cecoslovacca il mese, finora, di più penosa ansia e di più vive emozioni. Il risveglio brusco dinanzi alla nuova Germania di Hitler, concretatosi di anno in anno nella forma opprimente di un incubo pauroso, è diventato panico ad ogni manifestazione della crescente potenza del III Reich. I capi predicano la calma e preannunziano pace e vita alla Cecoslovacchia ma i gregari temono gli eventi e dubitano dell'avvenire dello Stato. Piuttosto che esercitarsi come altrove a fantasiose trovate, qui al 4 febbraio nazista fu data, senza farsi illusioni, l'interpretazione esatta che comportava l'evoluzione in atto di una rivoluzione costruttrice e di questa si attendeva dopo l'affermazione all'interno la riaffermazione all'estero.

L'accordo di Berchtesgaden accolto come una opportuna chiarificazione dei rapporti fra Berlino e Vienna, anche dopo il luglio '36 notoriamente in difficile gestazione, fu peraltro appreso quale una vittoria della Germania sempre più forte e disimpegnata da pastoie esterne.

Quale che possa essere la coraggiosa difesa del Cancelliere Schuschnigg, nessuno ignora che l'indipendenza della Repubblica federale dipende innanzitutto dall'atteggiamento delle Potenze e però in questi ambienti il punctum saliens della crisi austro-germanica del 12 febbraio si è polarizzato nell'atteggiamento dell'Italia. Insomma, non si voleva decidersi a credere, nonostante tutto, che l'Italia collaborasse lealmente con la Germania e che la questione austriaca non dovesse formare più ragione di antagonismo fra Roma e Berlino. Sembra perfino strano, ma è così, c'era ancora gente che vedeva l'Italia incatenata al Brennero perché poi gli avvoltoi d'occidente le dilaniassero il fegato. Berchtesgaden è perciò servito oltretutto ad un salutare realismo in quanto ha dato a questi politicanti e non solamente a loro la testimonianza tangibile, se pure era necessaria, di quella verità imprescindibile che è l'asse Roma-Berlino, relegando fra gli armamenti fuori uso i cosidetti fronti di Ginevra, di Stresa e simili.

D'altra parte, non si è trascurato di pensare che Hitler avendo dal 7 marzo '36 in qua tratto i maggiori profitti dalla situazione di Roma verso Parigi e Londra in seguito all'impresa etiopica, volesse non tardare a ricavarne ogni altro possibile vantaggio prima che i preannunziati negoziati fra l'Italia e l'Inghilterra potessero liquidare le loro controversie e il loro antagonismo a scapito dell'appoggio italiano alla Germania.

L'indipendenza dell'Austria e l'esistenza della Cecoslovacchia possono difficilmente disgiungersi, si può perciò intendere quali siano i timori di Praga per questo variopinto Stato e suoi tre milioni e mezzo di tedeschi contemplati dal Fiihrer fra i dieci milioni di connazionali «che soffrono fuori i confini del Reich» e che lo stesso von Papen certo non esclude dall'auspicato Bund in cui, secondo la sua intervista, dovrebbero riunirsi gli ottanta milioni di tedeschi.

A parte il plauso e gli applausi al coraggioso ed onesto discorso di Schuschnigg1 , a parte il compiacimento per l'interessamento inglese e a parte la soddisfazione per le decise dichiarazioni di Delbos a favore dell'Austria e in difesa della Cecoslovacchia 2 , i cechi, che pur ne traggono in questi ultimi giorni sollievo per il loro spirito e per la loro sorte, fidano soprattutto se non unicamente sul noto elemento psicologico attribuito all'Europa d'oggi e cioè che nessuno fra grandi e piccoli vuole la guerra, che nessuno vorrà assumere la responsabilità di una nuova conflagrazione che sarebbe la rovina della civiltà europea; e poiché senza guerra, dicono essi, la Cecoslovacchia non si sfascia, c'è ancora fiato per respirare. Svanito il mito societario, unico mezzo per evitare la guerra è l'accordo fra le Potenze; le trattative fra l'Italia e l'Inghilterra sono perciò seguite col maggiore interesse e col massimo favore anche se in margine non mancano rimpianti per il signor Eden, paladino dell'ortodossia democratica e antitotalitaria.

242 2 Nel suo discorso del 25 febbraio alla Camera, Delbos aveva dichiarato che la Francia non poteva disinteressarsi della sorte dell"Austria perché l'indipendenza austriaca era «un elemento indispensabile dell'equilibrio europeo\> ed il problema austriaco era un «problema di sicurezza e di onore internazio nali». Quanto alla Cecoslovacchia, Delbos aveva confermato che «gli impegni della Francia verso la Cecoslovacchia sarebbero, ove il caso si presenti. scrupolosamente osservati».

Senonché, nell'intravvedere la possibilità che, pur senza recedere dalle rispettive posizioni abbinate, le Potenze con o senza quel patto «di cui nessuno parla ed a cui tutti pensano» possano mettersi insieme per esaminare e risolvere le questioni controverse, sopravviene il timore che l'Inghilterra possa cedere nei problemi centro-europei e che la Francia possa trovarsi isolata, e allora anche per questa ragione, oltre quelle di carattere più generale, mentre Delbos riconferma la volontà della Francia di osservare lealmente il patto franco-sovietico, qui si richiama l'analogo patto ceco-sovietico e si afferma che la Russia non può essere tagliata fuori dalle discussioni europee.

Parlando con Krofta recentemente, mi capitava di accennare ancora al pregiudizio che, a mio avviso, aveva apportato alla Cecoslovacchia il patto con Mosca. Il ministro degli Esteri, che appare in questi giorni come una cariatide curva per troppo peso, sollevandosi quasi con energia mi diceva:

-Noi non vogliamo diventare una colonia della Germania.

-Ma la Francia dice che farebbe la guerra per la Cecoslovacchia.

-La Francia non basta ed io le assicuro che senza la minaccia della Russia la Germania a quest'ora sarebbe andata ben oltre.

242 1 Del 24 febbraio, vedi D. 234.

243

IL MINISTRO A VIENNA, GHIGI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

RAPPORTO SEGRETO 808/469. Vienna, 28 febbraio 1938 (per. il 3 marzo).

Come ho riferito all'E. V. 1 , il discorso di giovedì scorso del Cancelliere Schuschnigg, che ha avuto vasta e profonda ripercussione in questo Paese e, in pari tempo, il confronto, almeno numerico, tra le dimostrazioni dei nazisti-che hanno usufruito per qualche giorno di una quasi completa libertà di azione -e quelle dei «patriottici», apparso -tranne che in Stiria -favorevole a questi ultimi, hanno notevolmente contribuito a rassicurare gli animi vacillanti e fortemente depressi dei fautori del governo e dell'indipendenza.

La situazione interna resta tuttavia molto delicata. Se, date anche le energiche misure prese dal governo, l'ordine pubblico può dirsi a tutt'oggi assicurato, resta pur sempre il fatto che a Graz, seconda città dell'Austria e nel suo territorio, per tacere di Linz e di qualche altro centro, i nazisti in masse imponenti e bene organizzate e inquadrate hanno dominato la piazza e che verso di loro si sono manifestate le simpatie della grande maggioranza della popolazione.

E l'incertezza, l'inquietitudine, il timore da me segnalati in precedenti comunicazioni, sono tutt'altro che scomparsi in tutti quegli ambienti circa i quali sono in grado di avere dirette o indirette notizie.

D'altra parte non si ignora certo in Austria che il discorso del Cancelliere Schuschnigg è stato accolto freddamente dalla stampa del Reich e quanto meno da

questi ambienti tedeschi, i quali gli rimproverano soprattutto non sufficiente calore verso la persona del Fiihrer, alcune punte semi-polemiche nei riguardi della Germania, enfasi soverchia nell'affermazione del «separatismo» austriaco, mancanza di un cordiale appello ai nazionalsocialisti.

Tutto questo è più o meno vero.

Il Cancelliere Schuschnigg non ha forse saputo o voluto dire alcune cose che non sentiva, né ha potuto completamente nascondere la sua personale amarezza per l'imposizione e le minacce subite a Berchtesgaden. Ma sopratutto egli ha ritenuto indispensabile di rivolgere un appello al Fronte Patriottico depresso ed impaurito per riaffermare il principio della speciale missione dell'Austria, della volontà di indipendenza del popolo austriaco, e della vitalità politica ed economica del Paese.

Né mancano, d'altronde, nel suo discorso, gli accenni deferenti alla persona del Fiihrer o la solenne dichiarazione della decisa volontà di rispettare gli impegni assunti e mantenere la «pace germanica».

Comunque sta il fatto che molti nazisti austriaci, che forse si attendevano

o speravano la completa capitolazione di Schuschnigg di fronte a Hitler, manifestano la loro delusione per le dichiarazioni del Cancelliere e giungono fino a sostenere che il discorso di giovedì e la successiva linea di condotta del governo hanno annullato in gran parte gli effetti dell'incontro di Berchtesgaden. Né molto dissimile è in verità il linguaggio tenuto con noi da questa legazione di Germania, come riferisco con telespresso odierno n. 485 2 .

In queste condizioni il compito del Cancelliere Federale si presenta eccezionalmente arduo, e non meno arduo appare quello del nuovo ministro degli Interni, il Seyss-lnquart, di cui V.E. conosce le peculiari attribuzioni conferitegli dagli accordi di Berchtesgaden.

Che il governo riesca, o pensi soltanto di riuscire, ad inserire la totalità degli «illegali» di ieri nel Fronte Patriottico, e farveli quindi restare in pace ed armonia fino alla loro vecchiaia, è senz'altro da escludere, per l'irriducibilità assoluta delle premesse e degli ideali che separano i nazionalsocialisti dai «patriottici». Il programma massimo del governo potrebbe al più consistere nel tentativo di scindere il nazionalsocialismo austriaco in due parti, di cui quella «moderata» conservasse i suoi principi più o meno all'acqua di rose ma collaborasse effettivamente col Fronte Patriottico e col governo mentre gli intransigenti rimarrebbero esposti ai rigori della legge: il programma minimo, in una specie di armistizio che tenendo tranquilli per un po' di tempo i nazisti, ed evitando incidenti e quindi pretesti tedeschi di intervento, consentisse intanto a Schuschnigg di rinvigorire un poco il Fronte Patriottico, e all'Austria di prendere fiato.

Ma anche quest'ultimo programma è tutt'altro che di facile realizzazione.

Il Cancelliere Schuschnigg, parlandomi confidenzialmente ieri sera della situazione, non se ne dissimulava la delicatezza, ammetteva l'attrazione esercitata dalla Germania su parte della popolazione e prevedeva inevitabili ulteriori difficoltà interne. Lo preoccupa notevolmente la persistente disoccupazione che spinge i senza lavoro nelle file dei malcontenti. Né d'altra parte-egli aggiungeva-gli è possibile portare fino a fondo l'azione da lui intrapresa per vivificare le forze del Fronte

Patriottico e dei fautori dell'indipendenza, per la necessità di tener fede agli impegni assunti e di usare i dovuti riguardi alla Germania ed al nazionalsocialismo. Ma ben più che la situazione interna, ciò che veramente angustia questo governo sono le intenzioni della Germania. E su queste, né il Cancelliere, né il suo ministro degli Esteri nutrono illusioni

o dubbi di sorta. Essi sono persuasi che gli accordi di Berchtesgaden, che per Schuschnigg dovrebbero costituire l'estremo limite delle concessioni, non rappresentano invece per Hitler che un punto di partenza. La presenza a Salisburgo, nella dimostrazione nazista avvenuta dopo il discorso del Fiihrer\ di alcune migliaia di tedeschi del Reich provenienti da altre frontiere non sarebbe che un indizio fra tanti.

Schuschnigg e Schmidt non si mostrano tuttavia pentiti di essersi recati a Berchtesgaden il 12 u.s. avendone riportata la convinzione che senza tale incontro ed il relativo modus vivendi, il Fiihrer si sarebbe deciso a breve scadenza a fare un gesto di forza.

Come V.E. sa, il Cancelliere Federale ed il ministro degli Esteri sono tornati da Berchtesgaden molto profondamente impressionati del loro incontro con Hitler. Già due o tre volte il dottor Schmidt è ritornato meco col discorso su quella giornata, ripetendomene il racconto, ed arricchendo anche la versione, da me a suo tempo riferita a V.E., di qualche ulteriore particolare ... Il Fiihrer, il cui linguaggio era ad un tempo inspirato e fortemente minaccioso, avrebbe affermato la superiorità della Germania su tutti gli altri Stati d'Europa, dichiarato essere sua missione di riunire sotto una sola bandiera tutto il popolo tedesco, espresso infine la convinzione della ineluttabilità di una guerra europea e la speranza e la minaccia ad un tempo di non dover condurre il suo popolo a combattere contro i fratelli tedeschi dell'Austria.

Più recentemente -sempre stando a quanto mi ha riferito il dottor Schmidt -von Ribbentrop avrebbe detto a Seyss-Inquart, in occasione della sua visita a Berlino, che il Fiihrer si è prefisso l' Anschluss come uno scopo supremo della sua vita; se egli non riuscirà a realizzarlo, -avrebbe aggiunto il ministro degli Esteri germanico, -forse l' Anschluss non avverrà mai più.

In tale stato di cose, di fronte a tale atteggiamento, quale rimedio, quale speranza di salvezza, vedono i governanti austriaci?

Naturalmente, le Potenze, e prima di tutte e sopra tutte l'Italia!

Come V.E. sa, il Cancelliere ha impostato nel suo discorso, secondo anche il punto di vista che V.E. mi aveva dato incarico di manifestargli 4 , il problema fondamentale dell'Austria presentando l'indipendenza del Paese non come in relazione ad accordi o garanzie internazionali, ma come prodotto della volontà del popolo austriaco.

E circa tale punto, debbo aggiungere che il Cancelliere ha tenuto sempre un linguaggio riservato, riguardoso e molto corretto. E mentre ha manifestato grande soddisfazione e profonda riconoscenza ad ogni manifestazione dell'interessamento del Duce o dell'E.V. e non ha mancato di esprimere altresì a più riprese la sua gratitudine per l'atteggiamento simpatico della stampa italiana, ha sempre evitato di portare il discorso sulla possibilità d'interventi italiani o internazionali a favore dell'indipendenza austriaca limitandosi a fare talora trasparire il suo pensiero.

Una volta soltanto, in una recente occasione, il dottor Schuschnigg ha avuto un accenno più diretto, allorquando, dopo essersi espresso con grande devozione e ammirazione nei riguardi del Duce, mi ha detto che sarebbe per lui un grande aiuto, anche ai fini interni, se il Duce, avendo occasione in avvenire di parlare di politica estera, credesse di rivolgere all'Austria una frase di simpatia e di amicizia. Schuschnigg ha però subito aggiunto che si rendeva conto della situazione internazionale e dei nostri rapporti con la Germania e che non avrebbe voluto riuscire inopportuno o creare imbarazzi, per cui mi pregava di considerare le sue parole come dette a me amichevolmente e personalmente perché io ne facessi uso soltanto se e quando lo ritenessi del caso.

Più apertamente invece il ministro degli Esteri Schmidt che pure si è dichiarato in passato e si dichiara tuttora fautore di strette intese con la Germania, ed è stato magna pars delle conversazioni che hanno portato all'incontro di Berchtesgaden, manifesta talvolta, a me, beninteso in conversazioni confidenziali ed amichevoli, e probabilmente a qualche altro diplomatico, l'intimo pensiero di questo governo al riguardo; e cioè che l'Austria, se sarà lasciata in balìa della Germania, non potrà a lungo resistere alla pressione tedesca, sia che si difenda con energia, perché in tal caso la Germania interverrà dal di fuori con la forza, sia che si sottometta ad una nuova serie di ulteriori richieste germaniche, perché in tal caso l'ingerenza del Reich all'interno diverrà tale da determinare in breve tempo la fine dell'indipendenza austriaca.

Il dottor Schmidt non nasconde quindi l'avviso che l'Austria sarà in grado di conservare la sua indipendenza e di vivere in armonia e collaborazione con il Reich solamente se la Germania sarà persuasa od indotta ad accontentarsi delle posizioni raggiunte a Berchtesgaden e ad arrestarsi a tale soluzione «tedesca» se pure non «totalitaria» del problema austriaco.

Questa opinione è del resto, come V.E. sa, intimamente radicata in questi ambienti politici governativi per i quali l'atteggiamento dell'Italia continua ad essere alla base delle loro speranze e dei loro timori.

Naturalmente, anche coloro che-in questi ambienti-più vivamente auspicano interventi esteri, debbono pur riconoscere che l'indipendenza di un Paese, per essere veramente tale, deve essere voluta e non imposta, e che i trattati internazionali e le baionette straniere non possono a lungo costituirne il solo presidio se non vi corrisponda la decisa volontà dei suoi abitanti. Essi affermano peraltro che il popolo austriaco, se lasciato a se stesso, non chiederebbe nella sua maggioranza che di essere indipendente. Fra una minoranza dinamica ed attiva che desidera l'annessione alla Germania ed agisce energicamente in tal senso ed un'altra minoranza meno compatta ma più numerosa che vuole pure decisamente l'indipendenza del Paese, vi è, -a loro dire, -una larga parte della popolazione che è favorevole all'indipendenza, ma che, fluttuante e depressa per i lunghi anni di sventura, mentre non domanderebbe di meglio che schierarsi col governo se avesse la persuasione -per effetto dell'atteggiamento delle Potenze -che l'Austria continuerà a esistere nella sua forma attuale, tanto meno oserà invece di opporsi al movimento annessionista quanto più si andrà ingenerando la sensazione che la situazione internazionale consentirà alla Germania di realizzare in breve tempo e con ogni mezzo i suoi fini.

È quindi inutile aggiungere che le notizie sulle relazioni itala-britanniche e sui prossimi negoziati sono qui seguite con il massimo interessamento da questa opinione pubblica e da questo governo, il quale segretamente spera che da un eventuale accordo italo-inglese possa derivare una situazione internazionale che, pur mantenendo intatto l'asse Roma-Berlino della cui solidità si è ormai anche qui -più

o meno a malincuore -generalmente convinti, si presenti però più favorevole all'Austria ed alla conservazione della sua indipendenza 5 .

243 1 Vedi D. 234.

243 2 Vedi D. 244.

243 3 Del 20 febbraio. Vedi DD. 195 e 204. 243 4 Vedi D. 210.

244

IL MINISTRO A VIENNA, GHIGI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. RISERVATISSIMO 841/485. Vienna, 28 febbraio 1938 (per. il 3 marzo).

Mio rapporto in data 28 corrente n. 469 1• Come ho riferito con il mio sopracitato rapporto, questi ambienti germanici sono stati delusi e sfavorevolmente impressionati dal discorso del Cancelliere Schuschnigg.

I funzionari di questa legazione di Germania non nascondono la loro opinione che il Cancelliere, con un discorso tutto impostato sull'affermazione della indipendenza austriaca e contenente, a loro giudizio, accenni non abbastanza caldi nei riguardi di un'intima collaborazione con la Germania abbia compromesse le possibilità di distensione presentate dall'accordo di Berchtesgaden.

Assai esplicito è stato, ad esempio, conversando col primo segretario di questa

R. legazione, l'incaricato d'affari di Germania, il quale, dopo aver tessuto gli elogi del ministro Seyss-Inquart-uomo, a suo dire, calmo, ponderato e dotato di vero senso politico -ha definito invece il Cancelliere «un pavido, incapace di rendersi conto delle reali esigenze del momento». Schuschnigg, dopo aver promesso a Berchtesgaden di concedere assoluta parità di diritti politici ai nazionalsocialisti tenterebbe ora di far macchina indietro e con tale tattica riprodurrebbe, aggravandola, la critica situazione antecedente al suo incontro con Hitler. A dire del signor von Stein, il Capo del governo federale, senza lasciarsi ossessionare dal timore che la Germania nutra attuali propositi annessionisti dovrebbe sinceramente e lealmente tendere la mano a Hitler instaurando così in Austria una vera politica di pace. Ma ciò Schuschnigg non sarebbe assolutamente capace di fare.

In modo analogo si è espresso col R. addetto militare il suo collega germanico 2 . Trascrivo qui appresso quanto mi ha confidenzialmente riferito il tenente colonnello Mondini:

«Personalità germanica che a Vienna riveste carica ufficiale, mi ha fatto le seguenti "confessioni".

Anzitutto ha cercato di svalutare le misure pro-nazi prese dal Cancelliere Schuschnigg: ha detto che la partenza di Jansa è cosa naturale e prevista da lungo tempo ed esclusivamente dovuta al compimento dei prescritti anni di servizio, mentre per

244 1 Vedi D. 243. 244 2 Wolfgang Muff.

quanto riguarda il cambiamento del ministro, il Cancelliere Schuschnigg ha "ingannato" Hitler: si era convenuto di immettere il dottor Seyss-lnquart nel ministero allora esistente, invece sono stati cambiati altri membri, introducendo nella compagine ministeriale autentici rappresentanti del socialismo (confesso che questo particolare mi era sfuggito, trattandosi di nomi nuovi e poco conosciuti). In sostanza, Seyss-Inquart è venuto a far parte di un ministero che ha diversa intonazione del precedente e nel quale si sono voluti mettere dei contrappesi alla sua azione.

Ha soggiunto che non si può parlare di conciliazione fino a quando "saranno mantenuti al loro posto i vari Skubl (capo della polizia), Hornbostel, Ludwig (funzionario del ministero degli esteri, notoriamente di sentimenti antinazisti), ecc. che finora hanno svolto azione antinazista non solo per obbedienza agli ordini, ma per intima convinzione. Quello che ha finito di guastar tutto -ha detto -è stato il discorso del Cancelliere Schuschnigg, che anche per il tono col quale è stato pronunciato, si è dimostrato aspro, senza alcuna parola cortese verso Hitler, anzi con qualche punta ironica a suo riguardo (ad esempio, dicendo che avrebbe esposto delle cifre, ha invitato l'uditorio a non spaventarsi, con chiara allusione alle quasi due ore di numeri di Hitler). Il discorso ha dimostrato che Schuschnigg, incoraggiato dall'eco suscitata a Londra e a Parigi dall'incontro di Obersalzberg, dalle manifestazioni verificatesi in quei parlamenti, ha ripreso coraggio, si è quasi pentito di aver fatto delle concessioni, ha chiaramente mostrato di averle fatte di malavoglia e ha dato prova lampante che in lui manca lo spirito, l'animus per una vera e sincera collaborazione". Non mi ha ripetuto quello che altre volte mi ha detto essere necessario, per una intesa duratura, che anche Schuschnigg si ritiri a vita privata. Ha concluso col dire che la situazione è tornata tesa come prima o quasi.

Per conto mio, tornando all'interpretazione della "pace tedesca", ritengo che i tedeschi e i nazisti austriaci cerchino ogni pretesto per dimostrarsi scontenti, avendo l'interesse che un motivo di controversia ci sia sempre, per poter chiedere sempre altre concessioni. Non si può, però, negare che il pretesto il Cancelliere Schuschnigg non lo abbia offerto.

Circa la preparazione dell'incontro di Berchtesgaden il mio interlocutore mi ha detto che a Vienna essa è stata opera esclusiva e segreta del ministro von Papen e dell'addetto militare, all'insaputa di tutti gli altri membri della legazione, che ne hanno avuta conoscenza quando tutto era già stato deciso (e ciò ha suscitato qualche comprensibile malumore). Questo lascia credere che, come si è anche detto, lo spunto finale per l'incontro dei due Cancellieri sia stata la questione militare: a questo proposito si dice che il colloquio si sia iniziato alquanto bruscamente con la presentazione da parte di Hitler a Schuschnigg della copia fedele, riprodotta sopra una carta topografica, della parte del piano di guerra austriaco relativa all'ipotesi di guerra contro la Germania ed avrebbe detto: "ecco di che cosa si occupa il vostro Stato Maggiore". Il mio interlocutore, al quale in tono scherzoso, ho riferito questa notizia, ha sorriso senza né smentire, né confermare.

Portato poi sulla questione degli accordi militari è scivolato sull'argomento, cambiando prontamente discorso. E ciò, nel corso della conversazione è avvenuto più di una volta» 3 .

244 ' 11 documento ha il visto di Mussolini.

243 5 Il documento ha il visto di Mussolini.

245

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

LETTERA SEGRETA 1356. Berlino, 28 febbraio 1938 1 .

Come ti ho comunicato telegraficamente stamane con il mio n. 60 2 , non ho mancato di far portare senza indugio a conoscenza di von Ribbentrop, tuttora assente da Berlino, a mezzo di von Weizsacker, le notizie contenute nel tuo telegramma n. 48 3, relativo all'impiego delle nostre forze volontarie in Spagna.

Magistrati ha avuto in proposito, ed in tale occasione, una conversazione, che mi sembra utile riferirti, con il direttore generale degli Affari Politici della Wilhelmstrasse.

Questi lo ha informato che nella giornata di sabato l'Ambasciatore di Spagna, Marchese di Magaz, aveva chiesto di vederlo con urgenza e gli aveva domandato quale fosse esattamente la posizione attuale del Governo del Reich nei confronti della questione del ritiro dei volontari dalla Spagna, in relazione con i lavori del Comitato di Londra.

Yon Weizsacker, dopo aver esposto al Marchese di Magaz le ultime battute delle discussioni londinesi ed i motivi per i quali la Germania aveva seguito l'esempio italiano nel dare la sua approvazione al noto progetto n. 3\ aveva approfittato dell'occasione per far comprendere al suo interlocutore come fosse assolutamente necessario conoscere ora esattamente le intenzioni del Governo di Salamanca sulla condotta della guerra, proprio perché la questione dei volontari sembrava avvicinarsi ad una fase di minore incertezza e di maggiore precisazione.

Il Marchese di Magaz dichiarava allora che Franco sarebbe stato disposto ad esaminare la possibilità di un ritiro di volontari che servono nelle formazioni di Fanteria ma che avrebbe fatto presente la necessità di trattenere in Spagna, per tutta la durata delle future operazioni, gli «specializzati». Ed esprimeva la speranza che la Germania avrebbe compreso un tale punto di vista ed avrebbe quindi autorizzato i suoi volontari «specializzati» a rimanere in Spagna.

V o n Weizsacker rispondeva che il Governo del Rei c h attendeva di conoscere maggiori precisazioni circa le vere idee di Franco nei riguardi della soluzione del conflitto di Spagna. In tale senso veniva poi inviato dalla Wilhelmstrasse un telegramma di istruzioni per l'Ambasciatore von Stohrer perché questi, a sua volta, tenesse più o meno lo stesso linguaggio al Governo di Salamanca.

Yon Weizsacker ha concluso la conversazione dicendo che egli si propone di far presente a von Ribbentrop, il quale sarà di ritorno a Berlino, da Monaco, questa sera, l'opportunità che vi sia uno scambio di idee italo-tedesche sull'argomento della guerra di Spagna per concordare una linea d'azione comune nei confronti del Governo di Salamanca.

245 2 T. s.n.d. 1142/60 R. del 28 febbraio con il quale l'ambasciatore Attolico riferiva di avere fatto la comunicazione di cui era stato incaricato ed annunciava l'invio di un rapporto in proposito. 245 1 Vedi D. 230. 245 4 Vedi D. 203.

245 1 Manca l'indicazione della data di arrivo.

246

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, AL CONSIGLIERE DELL'AMBASCIATA A BERLINO, MAGISTRATI

LETTERA 1929. Roma, l" marzo 1938.

Credi possibile che nei due mesi che ci separano dalla visita di Hitler, egli faccia un qualsiasi gesto, magari di portata contingente e ridotta, che valga a diminuire l'irritazione del Mondo Cattolico?

Se lo credi, cerca di provocarlo 1 .

247

L'AMBASCIATORE AD ANKARA, GALLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. 361/183. Ankara, r marzo 1938 (per. i/9).

Già molti giorni prima di arrivare ad Ankara 1 Stojadinovié mi aveva fatto sapere a mezzo del suo ministro che durante questo suo soggiorno non avrebbe ricevuto nessun rappresentante straniero all'infuori di me e dell'ambasciatore di Germania perché entrambi eravamo stati a Belgrado e suoi amici personali.

Infatti, già il primo giorno del suo arrivo qui ho avuto con lui un primo colloquio, e poi gli ho parlato ancora in altre due successive occasioni. Oltre quanto egli mi ha detto e che si riferisce agli argomenti della attuale riunione della Intesa Balcanica, riferisco a V.E. alcune altre affermazioni di Stojadinovié non prive di interesse.

lo -Sono stato assai contento di sapervi a Roma.

Stojadinovié-Conservo un ricordo indimenticabile di quelle giornate. I rapporti con l'Italia sono ormai basati solidamente ed incrollabilmente. S.E. Ciano ha mostrato una rapida e pronta comprensione della quale sono stato colpito. I miei rapporti con lui sono di schiettissima amicizia che darà ogni miglior frutto.

Io-Credete che nei rapporti italo-jugoslavi si potranno fare altri passi e quando?

Stojadinovii· -Siamo sulla buona strada e del resto i nostri amici del Nord pensano a farceli fare 2 . Io -Siete venuto volentieri ad Ankara? Stojadinovii·-Era indispensabile. Ma ormai avvezzo ai viaggi a Roma c Berli

no, questi (ironicamente) non mi fanno più effetto. Ma non venire avrebbe dato l'impressione come di un mio disdegno. Io -Quale è la situazione della Bulgaria?

247 1 Per la quinta sessione del Consiglio dell'Intesa Balcanica del 26-28 febbraio. 247 ' Queste parole sono state sottolineate tre volte.

Stojadinovié -La Bulgaria è la fessura dell'Intesa Balcanica. Si vuole fare uno sforzo per indurla se non ad entrare nella Intesa Balcanica almeno a camminare parallelamente. In ogni caso a rinunciare a certe sue esigenze. Ho passato l'incarico ad Aras. Non voglio assumermi tale compito. Perché chiedere la parità degli armamenti? Che si armi senza dirlo. Ottenere la parità significa dovere concedere alle esigenze turco-greche. La Bulgaria deve attendere. Ma è e resterà il grande spauracchio di greci e di turchi.

Io -Siete soddisfatto della situazione interna? Mi rallegro per il risultato delle elezioni al Senato.

Stojadinovié -La situazione interna è ottima. Macek è meschinissima persona in quotidiano ribasso. Con la elezione di Gavrilo a Patriarca, egli è un mio grande vecchio amico, il conflitto con la Chiesa Ortodossa è placato. Mai il Paese è stato così tranquillo come ora3 .

246 1 Per la risposta si veda il D. 251.

248

L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, SUVICH, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. 2003/422. Washington, ] 0 marzo 1938 1•

Avevo già comunicato col rapporto n. 910/183, del27 gennaio u.s. 2 che l'ambasciatore germanico, preoccupandosi delle forme assunte in questo Paese dalla propaganda nazista e delle reazioni qui provocate, aveva mandato a Berlino il segretario dell'ambasciata, Scholz, per spiegare la esatta situazione prospettando la necessità di porre un freno alla detta propaganda.

Oggi compare su tutti i giornali in prima pagina la notizia che l'ambasciatore Dieckhoff ha comunicato al Segretario di Stato l'ordine del governo tedesco per tutti i cittadini germanici di staccarsi dalle organizzazioni naziste tedesco-americane.

È chiaro che il governo germanico non poteva ingerirsi direttamente nella organizzazione nazista del signor Kuhn, in quanto si tratta di un partito costituito da cittadini americani che sono liberi di manifestare la loro opinione, e quindi la forma scelta era l'unica possibile per dare una sconfessione da parte del governo germanico alle organizzazioni naziste di America. Il fatto che ci siano pochissimi cittadini germanici (qualcuno afferma nessuno) aderenti alle organizzazioni suddette non rende che più significativo il gesto di sconfessione del governo tedesco.

L'ambasciatore germanico ha voluto dare al suo passo una certa solennità rivolgendosi direttamente al Segretario di Stato e dando pubblicità a tale suo passo, come a voler indicare un impegno preciso del governo tedesco di non favorire la propaganda nazista in America.

Indipendentemente dal problema generale delle reazioni qui provocate dalla propaganda nazista in America che dà ragione del passo odierno dell'ambasciata germanica, non escludo che ci sia qualche connessione fra detto atteggiamento e l'episodio di spionaggio avvenuto in questi giorni, in cui pare coinvolta la Germania.

Un commento della catena Scripps-Howard si augura che il passo del governo germanico sia seguito dall'Italia e dalla Russia.

Per quanto riguarda l'Italia, noi non abbiamo nulla da dire perché la nostra politica è stata differente da quella tedesca e non si può rimproverare al governo italiano dopo la scioglimento della Lega Fascista del Nord America, di aver fatto apertamente della propaganda fascista.

Se gli strali sono stati appuntati anche contro di noi, ciò dipende dal fatto che si è confusa l'attività del nazismo con quella del fascismo e che noi ci siamo attirati molte delle antipatie che erano dirette contro la Germania.

Oggi tuttavia si arriva all'assurdo quando si chiede da noi di seguire l'esempio tedesco. Se tale falsa concezione dell'attività fascista in America dovesse avere delle altre manifestazioni, si potrà presentare l'opportunità di qualche chiarimento. In un precedente mio rapporto confidenziale mi esprimevo nei seguenti termini riguardo ad un possibile movimento fascista affidato agli i tal o-americani: «Rimane da considerare l'altro sistema: l'eventualità cioè di creare un partito fascista in America sul tipo di quanto hanno fatto i tedeschi. Dico subito che nel momento attuale io sono contrario a questa soluzione per le seguenti ragioni:

l) I tedeschi, che hanno seguito questo sistema, hanno moltissime seccature e continui incidenti col governo americano e minacce di proibizioni e inchieste, mentre noi fino ad ora siamo stati relativamente tranquilli. La situazione creata qui dal nazismo tedesco-americano preoccupa vivamente questa ambasciata tedesca ed in questi giorni è andato a Berlino il segretario dell'ambasciata, dottor Scholz, uomo di idee naziste molto accese, per indurre, a quanto ho capito, il governo tedesco ad abbandonare completamente alla propria sorte questo partito nazista tedesco-americano del signor Kuhn.

La linea di difesa adottata dal governo tedesco contro le continue accuse ed attacchi di cui è fatto oggetto per tale attività nazista in America, è quella che si tratta di una iniziativa che parte da cittadini americani con la quale il governo tedesco non ha nulla in comune. Naturalmente nessuno crede a tali affermazioni, e quindi sorgono tutte le seccature di cui ho parlato più sopra.

2) È molto probabile che con tale sistema il fascismo venga affidato in cattive mani. Purtroppo -bisogna tenere conto della realtà -le nostre collettività nel campo politico hanno una assoluta deficienza di uomini atti a funzioni direttive; quelli che si mettono in vista sono molte volte i più bacati e gli arrivisti. Oggi abbiamo la garanzia del controllo esercitato dalle Autorità consolari, sempre in forma discreta, e dal fiduciario dei Fasci all'Estero; domani in questo Partito Fascista autonomo prevarrebbero gli elementi di indisciplina che anche oggi qua e là spuntano e che si mettono a posto soltanto con non poca fatica.

3) Questo Partito Fascista italo-americano che non potrebbe avere che un numero relativamente molto modesto di iscritti, segnerebbe netta la distinzione fra i fascisti e i non fascisti. Di fatto oggi le collettività tedesche sono divise nettamente nei due campi e si trovano in ogni angolo d'America i gruppi tedeschi anti-nazisti, più numerosi dei gruppi nazisti, che hanno naturalmente con loro la simpatia della popolazione americana.

Per quanto riguarda gli italiani, all'infuori di New York dove c'è qualche gruppo di anti-fascisti, il problema non esiste. Ci sono fascisti simpatizzanti, gli orecchianti e gli indifferenti, ma una vera e propria opposizione organizzata non c'è. Al Partito Fascista italo-americano, che è stato subito individuato, controllato e combattuto e che non solo non esercita nessuna influenza, ma tutto quanto fa viene interpretato a svantaggio del governo tedesco 3».

L'esito dell'esperimento tedesco e l'atteggiamento del governo germanico non possono che confermarmi in tale mia idea 4 .

247 3 Il documento ha il visto di Mussolini. 248 1 Manca l'indicazione della data di arrivo. 248 2 Non pubblicato. Il suo contenuto è qui indicato.

249

L'AMBASCIATORE AD ANKARA, GALLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 1187/46 R. Ankara, 2 marzo 1938, ore 13,30 (per. ore 17 ).

Mio telegramma n. 41 1• Dopo parafato, trattato greco-turco 2 subito pubblicato ieri contrariamente affermazioni precedenti.

Esso appare a prima lettura meno impegnativo di quello di intesa cordiale del 19333 e meno importante degli accordi base della Intesa Balcanica. Dà perciò la netta impressione di essere una copertina diretta l) a sanzionare in seno all'Intesa Balcanica una posizione particolare greco-turca, 2) a giustificare gli accordi militari greco-turchi, della cui esistenza nessuno dubita e naturalmente con delle sue finalità antibulgare. Ma la maggioranza dei miei colleghi ritiene anche che essi si riferiscano all'Egeo con carattere quindi anti-italiano.

È da rilevare che tanto Stojadinovié quanto Comnen mi hanno dichiarato che pur registrato nel comunicato l'esistenza di questo accordo essi si erano riservati tuttavia di esaminarlo in momento successivo e farvi le loro eventuali osservazwm.

248 4 Questo rapporto fu ritrasmesso all'ambasciata a Berlino con telespresso 210709 dei 24 marzo, con l'aggiunta che la Direzione Affari Transoceanici concordava «con il giudizio espresso dall'amba sciatore Suvich circa un possibile movimento fascista affidato agli italo-americani». 249 1 T. 1156/41 R. del 28 febbraio. Dava notizia dell'avvenuta parafatura del trattato tra Grecia e Turchia il cui contenuto non era stato ancora reso noto ma che secondo notizia di buona fonte sarebbe stato accompagnato da un accordo militare segreto che, concernendo anche l'Egeo, sarebbe stato di grande interesse anche per l'Italia. 249 2 Trattato tra Grecia e Turchia addizionale al trattato di amicizia, neutralità, conciliazione ed arbitrato del 30 ottobre 1930 e al Patto di intesa cordiale del 14 settembre 1933 (testo in MARTENS, vol. XXXVI, pp. 682-684 ). Il trattato fu siglato il 28 febbraio 1938 e sottoscritto il 27 aprile successivo. 249 3 Vedi D. 131, nota l.

248 3 Sic.

250

L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, PRUNAS, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. 1975/1147. Parigi. 2 marzo 1938 (per. il 4).

Il grande dibattito di politica estera alla Camera 1 , disordinato, incerto, contraddittorio, è stato tuttavia dominato da due reazioni precise:

l) Reazione anti-Chamberlain in primo luogo. Giunto immediatamente dopo il discorso di Hitler e gli avvenimenti di Berchtesgaden, il nuovo orientamento della politica estera britannica ha provocato qui contrasto e diffidenza vivissimi. Le ragioni sono ovvie. Tutte le tradizionali concezioni francesi di sicurezza collettiva, Società delle Nazioni, ecc. sono sembrate bruscamente abbandonate. La strada di sempre maggiori e più pericolose concessioni in favore della Germania improvvisamente aperta. L'appoggio britannico in Europa Orientale e Centrale pressoché escluso. Tutto il dibattito alla Camera è pieno di più o meno cauti ma evidentissimi accenni anti-Chamberlain. Quasi tutta la stampa e quasi tutti gli oratori hanno intonato l'elogio di Eden. Naturalmente nessuno ha posto, pone e porrà mai in dubbio la necessità, nonostante tutto, di una continuata, stretta collaborazione franco-britannica. Ma l'indipendenza e l'autonomia della politica estera francese è stata riaffermata, anche di fronte alla Gran Bretagna, e di proposito deliberato sono state ribadite tutte le vecchie formule di quella politica. Lo stesso ordine del giorno di fiducia (che ha raccolto, anche per questo motivo, 439 voti favorevoli contro 2 contrari e 163 astensioni) è stato concepito in tern1ini di voluta e deliberata marca eden i an a: «La Camera approva le dichiarazioni del governo e confida in esso per la tutela della dignità nazionale e per assicurare il mantenimento e il rispetto dei trattati nel quadro della sicurezza collettiva e della Società delle Nazioni». Persino il Temps, che è pur così cauto e fumoso nell'espressione dei suoi giudizi, scrive: «Non essere interdetto pensare che, forse, nelle serie circostanze che attraversiamo, una Camera francese avrebbe potuto e dovuto dar prova, nell'elaborazione di un ordine del giorno, di minor fedeltà a una tradizione di conformismo desueto e di invecchiato verbalismo».

2) Violenta reazione antigermanica. Reazione unanime, di cui si sono fatti interpreti, salvo Flandin, tutti gli oratori inscritti. La Germania ha certamente riperduto in pochi giorni il terreno che era venuta lentamente ed entro certi limiti riacquistando in larghe zone della opinione pubblica francese. Automaticamente i tentativi dei Baldur von Schirach, Scapini, Brinon, François Poncet, ecc. sono stati ricollocati in terzo e quarto piano. Automaticamente sono scomparse sui giornali le frasi fino a ieri correnti, secondo le quali l'acceleratore per l'imminente colpo di forza da parte delle Potenze autoritarie dovrebbe trovarsi a Roma, il freno a Berlino. Il discorso di Flandin, che è stato tutto sommato il più autorevole e il più ascoltato, avrebbe certamente riscosso l'approvazione, esplicita o implicita,

di tutta la Camera se si fosse limitato a toccare il tasto italiano, come del resto per tre quarti ha fatto.

Anche la reazione antigermanica e la sua violenza hanno ragioni evidenti. L'annunziata protezione dei dieci milioni di tedeschi d'oltre frontiera, riaffermata qualche giorno prima del gesto britannico (interpretato qui anche in termini di abbandono dell'Europa Centrale e Orientale da parte dell'Inghilterra) preoccupa, e nel modo più serio, tutti i francesi, sopratutto in ragione dei precisi impegni di assistenza militare con la Cecoslovacchia.

3) Tanto la reazione anti-Chamberlain, quanto la reazione antigermanica, non si sono affatto allargate in reazione anti-italiana, come sarebbe stato da presumere, sia in ragione dell'asse Roma-Berlino, sia dei precedenti, sia delle specifiche circostanze italiane che hanno motivato le dimissioni di Eden. E che ciò sia avvenuto non mi pare attribuibile al proposito o soltanto al proposito di dissociare l'asse Roma-Berlino, bensì alla circostanza che è sembrato al governo e all'opinione pubblica francese di scorgere una sia pur cauta reazione italiana all'atteggiamento tedesco nei confronti dell'Austria e, per conseguenza, nel fattore austriaco, non tanto un terreno di dissidio italo-tedesco, ma, piuttosto, un presunto terreno di comune interesse italo-francese. Ciò che è in pratica la stessa cosa, ma con motivazioni logiche differenti.

Tutti gli accenni in favore di un riavvicinamento franco-italiano, di cui al mio rapporto odierno n. 197311145 2 , vanno certamente interpretati, in parte sulla base di questa presunta reazione da parte nostra ai recenti fatti austriaci, in parte alla circostanza che, data la riconosciuta necessità di una continuata cooperazione franco-britannica, è senza dubbio più agevole per questo governo seguire Chamberlain sul terreno di un riavvicinamento con l'Italia, piuttosto che su quello di un eventuale riavvicinamento con la Germania.

4) È certamente da presumere che la reazione anti-Chamberlain, tutt'altro che sopita, avrà qui ulteriori sviluppi. Se ne fanno interpreti sopratutto Blum sul socialista Populaire, Péri sulla comunista Humanité, Paul Reynaud un po' dappertutto. Secondo costoro la Francia, pur mantenendo la necessaria collaborazione inglese, deve riasserire la sua vecchia politica di sicurezza e tentare di imporla, se possibile, anche contro Chamberlain. Se è vero che la Francia ha bisogno dell'Inghilterra-dicono-è altrettanto vero il contrario e che è precisamente l'esercito francese che copre il riarmo britannico. Tanto Blum, quanto Reynaud hanno pressocché apertamente posto le loro candidature al governo. Né è da escludere che riescano a scalarlo. Sembra comunque certo che la politica del Primo Ministro britannico, troverà qui, sopratutto nei riguardi tedeschi, ostacoli non lievi e spettatori tutt'altro che compiaciuti.

5) Di fronte a queste diverse tendenze, il governo Chautemps ha adottato un atteggiamento intermedio e di compromesso, com'è naturale in un governo di questo genere, le cui basi parlamentari restano, nonostante l'imponenza del voto recente, aleatorie e fragilissime.

Riaffermazione, cioè, per le ragioni accennate, delle vecchie formule politiche francesi (sicurezza collettiva, Società delle Nazioni, patto franco-sovietico, impegni cecoslovacchi, ecc.) ma, in pari tempo, riaffermazione della necessità, oggi in certo modo contradditoria, della più stretta cooperazione franco-britannica. Atteggiamento di attesa nei confronti delle iniziative Chamberlain: attesa diffidente e sospettosa nei riguardi tedeschi, approssimativamente imparziale nei nostri.

250 1 Del 25-26 febbraio.

250 2 Non pubblicato. Riportava le dichiarazioni fatte durante il dibattito da Delbos, da Chautemps e da diversi deputati, tutti favorevoli -con l'eccezione di Paul Reynaud -ad una distensione nei rapporti itala-francesi. Il documento ha il visto di Mussolini.

251

IL CONSIGLIERE DELL'AMBASCIATA A BERLINO, MAGISTRATI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

LETTERA PERSONALE SEGRETA. Berlino, 2 marzo 1938 (per. il 4).

Accuso ricevuta della tua n. 1929 del lo marzo 1 e desidero assicurarti che, presentandosi l'occasione, non mancherò di agire nel senso indicato.

Mi sembra utile però far presente fin da ora che nel complesso, in questi ultimi due mesi, il regime nazionalsocialista ha moderato alquanto i suoi attacchi anti-cattolici, evidentemente proprio in previsione ed in funzione del viaggio del Cancelliere in Italia. Riassumo qui appresso:

l) La critica fatta al nazionalsocialismo, in termini alquanto aspri, dal Pontefice nel suo discorso al Sacro Collegio in occasione della presentazione degli auguri natalizi, il 24 dicembre 1937 2 , è rimasta senza risposta o reazione, ed è stata passata sotto silenzio.

2) Il discorso del Cancelliere Hitler al Reichstag il 20 febbraio', discorso durato ben tre ore e che ha toccato, in tono polemico e forte, tanti argomenti, non contiene assolutamente accenni alla questione dei cattolici in Germania.

3) Tutti gli uomini politici del regime, nei discorsi tenuti negli ultimi due mesi, a cominciare dallo stesso dottor Goebbels, hanno passato a loro volta sotto silenzio il problema e hanno sospeso i loro attacchi contro il Clero cattolico.

4) Nessun processo «scandalistico» contro religiosi è stato fatto in questi ultimi tempi. 5) La stampa da tempo non contiene articoli sull'argomento. Perfino i fogli estremisti, quali il famoso Sclnvarze Korps appaiono, in materia, in tono minore.

6) Il Cancelliere Hitler non ha mancato all'inizio dell'anno di far pervenire i suoi auguri al Pontefice e di parlare con questo Nunzio Apostolico, al ricevimento della presentazione degli auguri di capodanno, in termini simpatici e molto deferenti verso la persona del Pontefice stesso. Al Te Deum, inoltre, celebratosi nella cattedrale cattolica di Berlino per la festa dell'incoronazione del

251 2 Testo in Relazioni lnterna::ionali, pp. 15-16. 251 1 Vedi DD. 195 e 204.

Pontefice l'11 febbraio, il Cancelliere si è fatto ufficialmente rappresentare dal barone von Neurath.

Sono evidentemente atteggiamenti più formali che sostanziali, ma di essi va tenuto debito conto anche da parte degli ambienti cattolici italiani. Se non altro rivelano una certa volontà, proprio in previsione del viaggio a Roma, di non peggiorare la situazione.

P.S. Aggiungo che il giorno 20 u.s. nella Chiesa della Guarnigione di Berlino, è stato consacrato Vescovo, con grande solennità, da S.E. il Nunzio Apostolico ed alla presenza dei Rappresentanti di tutte le Forze Armate, Monsignor Rarkowski, che assume il titolo di Vescovo dell'Esercito (Armee-Bischof o Feld-Bischoj). Così è stata favorevolmente risolta, e favorevolmente per i Cattolici, una questione abbastanza delicata e importante per l'assistenza cattolica nell'Esercito 4 .

251 1 Vedi D. 246.

252

L'AMBASCIATORE IN CINA, CORA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 1223/125 R. Shanghai, 3 marzo 1938. ore 0,09 (per. ore 21.25).

Con riferimento telegramma da Tokio 120 1 , mi sembra che affermazione militari giapponesi di cui all'ultimo capoverso sia alquanto azzardata e comunque contrastante con atteggiamento circoli locali giapponesi. Infatti, è ormai manifesta loro preoccupazione per una ripresa economica per la quale malgrado tutto è necessaria collaborazione capitali stranieri.

Oltre quanto ho riferito circa comunicazioni fatte da Ito 2 , ho saputo in confidenza dal noto finanziere Sassoon che una personalità venuta appositamente dal Giappone lo aveva avvicinato richiedendogli suo intervento per la emissione di un prestito aggiungendo: «I nostri aJieati non hanno capitali e noi ne abbiamo effettivo bisogno». Sassoon rispose che l'attitudine del generale Matsui minacciante occupazione settlement doganale, ecc. non era certo quella più adatta per incoraggiare partecipazione capitale estero.

Dopo qualche giorno Matsui veniva richiamato e da allora attitudine giapponesi sembra diventata più calma e ragionevole. Essi si saranno resi conto che da soli non sono in grado per ora di cavarsela e che bisogna tenere conto potenzialità organizzazione esistente e ostilità generale.

Notizie che pervengono a questi circoli finanziari internazionali sarebbero assai preoccupanti sulle condizioni finanziarie del Giappone. Persino alcune personalità

Pignatti il 4 marzo 1938 XVI». 252 1 Vedi D. 125, nota 2. 252 2 Vedi D. 125.

industriali giapponesi non nascondono loro malcontento per la cessata esportazione e per le difficoltà che essi incontrerebbero nei loro rapporti con le Autorità navali e militari in Cina.

Ambienti anglosassoni favorevolmente predisposti qualora perduri mutato atteggiamento giapponese nei loro riguardi. Comunicato Roma e Tokio.

251 4 Il documento ha il visto di Mussolini. Sul documento è annotato: «Consegnatane copia a S.E.

253

IL MINISTRO A BUCAREST, SOLA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 1266/03 R. Bucarest, 3 marzo 1938 (per. il 7 ).

Con telegramma per corriere dell'8 febbraio n. 129 1 l'E.V. mi ha manifestato essere più opportuno di avviare questo governo verso un accordo diretto con l'Ungheria, anziché verso un accordo Ungheria-Piccola Intesa.

Faccio presente che queste istruzioni non corrispondono con quelle in possesso di questo mio collega d'Ungheria, che aspetta il momento propizio per riprendere il negoziato Ungheria-Piccola Intesa. Tali direttive gli sono state riconfermate di viva voce a Budapest ove è stato proprio testé chiamato a conferire.

Da mia parte non mi sono sentito autorizzato a metterlo al corrente delle nuove istruzioni impartitemi, in attesa che il R. governo giudichi se non debba manifestarle previamente a Budapest.

Ritengo poi mio dovere far presente che, mentre le istruzioni contenute nel telegramma dell'8 febbraio avrebbero potuto trovar favorevole orecchio presso il governo del tempo (Goga), non credo che uguale accoglienza esse potrebbero trovare presso il governo formatosi il 12 febbraio e del quale fa parte, come ministro ad interim degli Affari Esteri, il signor Tatarescu, già Presidente del Gabinetto liberale che promosse e portò abbastanza avanti, durante la conferenza di Sinaia (agosto 1937) e durante la sessione di Ginevra del settembre 1937, le conversazioni tra Piccola Intesa ed Ungheria.

In occasione, infatti, della prima udienza accordatami dal signor Tatarescu nella sua veste di ministro ad interim per gli Affari Esteri, egli ha portato di sua iniziativa il discorso sull'Ungheria dicendomi essere precisa intenzione del governo romeno di riprendere al più presto, e cercar di mandare a buon fine, i negoziati tra la Piccola Intesa e l'Ungheria sulle linee previste dalle conversazioni di Sinaia e di Ginevra. Egli sapeva, mi ha spontaneamente detto, quale parte predominante l'Italia avesse avuto in quella presa di contatto; se ne rallegrava e contava anche in avvenire non solo sul nostro appoggio, ma anche sulla nostra mediazione.

Tatarescu ha rivendicato l'iniziativa di tale negoziato al suo precedente Gabinetto ed ha ricordato che le trattative si erano imbattute sulla difficoltà per la Romania di risolvere, previamente, con le minoranze ungheresi talune spinose questioni. «Questo ostacolo -egli ha detto -è ora parzialmente superato grazie all'utile opera nonché al coraggio di Goga nel prendere contatto con le minoranze magiare e concludere con esse il noto cartello elettorale».

Benché il signor Tatarescu goda la meritatissima fama di essere il più sfacciato mentitore che esista in Romania, pur tuttavia mi è sembrato sincero nell'auspicare la ripresa del negoziato suddetto, anche perché egli stima che in un regime di assoluta censura il governo sarebbe ora meno esposto agli attacchi della stampa mangiaungheresi. D'altra parte, qui si comincia a comprendere che solo un avvicinamento con l'Ungheria può assicurare alla Romania l'utile contro-assicurazione di Roma e di Berlino nel caso la Francia dovesse dichiarare completo forfait. Tengo però subito ad aggiungere che fino a quando tale forfait, cioè l'abbandono delle alleanze orientali, non sarà diventato un fatto compiuto, escludo che un governo la cui politica estera sia guidata dal signor Tatarescu, voglia iniziare una conversazione diretta con Budapest, senza cioè passare attraverso i buoni uffici della Piccola Intesa.

Il problema dei rapporti fra Ungheria e Romania comincia ad essere qui veduto con una certa chiarezza: ed in fondo il segreto pensiero di questa gente, e forse anche del signor Tatarescu, è quello di servirsi dell'accordo a Quattro, fra l'Ungheria cioè ed i tre Stati della Piccola Intesa, come di un trampolino per lanciarsi poi, al momento opportuno, nella direzione di Budapest. Si spiega così anche la soddisfazione del signor Tatarescu per l'avvenuto accordo elettorale fra Goga e le minoranze magiare.

Il mio collega Bardossy, nonostante le dimissioni di Goga, ritiene che il cartello elettorale abbia rappresentato un apprezzabile passo verso un'era di migliore convivenza tra le popolazioni della Transilvania, e come un gesto che ha spianato qualcuna delle difficoltà che si opponevano alla realizzazione dell'accordo politico. Il signor Bardossy, pur condividendo la mia diffidenza nei riguardi del signor Tatarescu (pel maledetto vizio della bugia), mostrasi tuttavia, per la prima volta, alquanto fiducioso circa l'esito delle future trattative.

Da mia parte non prenderò iniziative: è dal novembre scorso che non ne prendo, e tanto meno potrei prenderne ora che le mie istruzioni non collimano con quelle del rappresentante della Nazione più direttamente interessata 2 .

l) Il governo italiano ha veduto e vedrebbe con favore un accordo ungaro-romeno per le minoranze ungheresi;

2) circa la sua portata cd estensione (se debba essere subito quanto più esteso possibile o se invece debba procedersi per gradi) e circa il modo con cui sia più conveniente raggiungere un tale accordo, il governo italiano non può che rimettersi direttamente al governo ungherese;

3) a nostro avviso sarebbe tuttavia preferibile che l'accordo potesse raggiungersi, per varie evidenti ragioni, con una trattativa diretta fra l'Ungheria e la Romania; così è avvenuto tra noi e la Jugoslavia.

Comunque, quello che a noi importa -ritengo che codesto governo sia dello stesso avviso -è di giungere ad una distensione dei rapporti tra Ungheria e Romania».

253 1 Vedi D. 112.

253 2 Questo telegramma fu ritrasmcsso a Budapest con T. per corriere 235 R. del 15 marzo e con la seguente aggiunta: «Quanto precede per sua informazione e per sua opportuna norma con codesto ministro degli Esteri, al quale vorrà far presente quanto già altre volte esposto e che cioè:

254

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S.N.D. 1212/63 R. Berlino, 4 marzo 1938, ore 0,50 (per. ore 2,40).

Pomeriggio Hitler ha ricevuto, accompagnato da Ribbentrop, ambasciatore d 'Inghilterra.

Conversazione è avvenuta su richiesta Henderson e si è svolta seguenti punti:

l) Possibili accordi circa riduzione armamenti. Cancelliere del Reich ha dichiarato che armamenti germanici sono particolarmente rivolti contro Russia e che oggi più che mai sarebbe quindi pericoloso ridurli.

2) Ambasciatore ha chiesto, a nome suo governo, qualche specificazione circa politica tedesca verso Cecoslovacchia e Austria.

Cancelliere del Reich, dopo aver dichiarato che campagna stampa inglese, falsificatrice degli accordi Berchtesgaden, lo aveva penosamente sorpreso, ha ripetuto concetto che Germania non può disinteressarsi destino 10 milioni di tedeschi e che si tratta di un «diritto di famiglia».

3) Problema colonie.

Henderson non ha presentato alcuna proposta concreta, accennando solo alla possibilità della presenza della Germania in un Atto del Congo 1 riveduto.

Al che Cancelliere del Reich ha chiesto a sua volta, senza alcuna risposta, se Inghilterra stesse già preparando accordi con i Dominions per restituzione alla Germania delle sue colonie.

Ribbentrop prega considerare queste notizie quali riservate alla personale esclusiva conoscenza del Duce e di V.E.. Henderson ha preso infatti impegno che governo britannico non avrebbe per parte sua portato dettagli della conversazione a conoscenza del governo francese.

Ribbentrop partirà per Londra martedì prossimo in visita di congedo (due giorni)Z.

255

L'INCARICATO D'AFFARI A BUDAPEST, FORMENTINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. URGENTE 1232/21 R. Budapest, 4 mar::o 1938, ore 21,15 (per. ore 0,10 del 5).

Mio telegramma n. 20 del 3 corrente 1 .

pp. 414-427). 254 2 Sul colloquio di Hitler con Henderson si vedano nel D. 259 le ampie informazioni date da von Ribbentrop al consigliere Magistrati. 255 1 T. 1209/20 R. del 3 marzo. Riferiva che anche a Budapest si attribuiva alla visita di Kanya, giunto a Vienna il 2 marzo, «un carattere privato e informativo». Sui contatti avuti dal ministro degli Esteri ungherese con Schuschnìgg sì veda anche ìl D. 264.

Da colloquio occasionale avuto ieri con questo viceministro degli Affari Esteri ed oggi con questo direttore generale degli Affari Esteri, ho avuto impressione che Kanya, dal suo viaggio a Vienna abbia tratto convinzione della decisione di Schuschnigg a lottare per indipendenza austriaca. Tuttavia, nonostante che attuale maggioranza popolazione austriaca sembri favorevole Cancelliere avendo egli saputo agire anche su elementi di sinistra, si crede che il problema sia solo momentaneamente procrastinato.

Stampa locale ha anche pubblicato che a Vienna si è parlato di una possibile nuova riunione dei rappresentanti degli Stati firmatari dei Protocolli di Roma. Tale voce mi è stata precisata dal barone Bessenyey nel senso che Schuschnigg aveva detto a Kanya di avere chiesto al governo italiano di fargli conoscere la propria attitudine nei riguardi dell'attuale situazione austriaca e che non appena avesse ricevuto una risposta lo avrebbe informato.

254 1 Atto generale della Conferenza di Berlino del 26 febbraio 1885 (MARTENS, serie seconda, vol. X,

256

IL MINISTRO A GEDDA, SILLITTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. SEGRETO 1246/36 R. Gedda, 4 marzo 1938, ore 23 (per. ore ll,20 del 5).

Segretario di Stato per gli Affari Esteri, Hamza, mi ha detto che attuali conversazioni italo-inglesi che rappresentano grande vittoria diplomatica del Capo del governo italiano, sono seguite col maggiore interesse e simpatia per l'Italia da parte degli arabi. Questi, a suo dire, temono che intesa a favore dell'Italia su contrastanti interessi italo-inglesi sia raggiunta con sacrifici degli interessi arabi.

Poiché arabi contano su appoggio governo italiano, Re lbn Saud desidererebbe ricevere assicurazione ufficiale da parte nostra circa mantenimento degli accordi segreti del 1927 fra l'Italia e l'Inghilterra concernenti Penisola arabica 1 .

Ibn Saud, inoltre, confidando che nelle conversazioni di Londra l'Italia sosterrà interessi arabi in Palestina, desidererebbe conoscere quanto governo italiano creda comunicargli al riguardo.

Particolarmente gradita, poi, gli riuscirebbe dichiarazione pubblica che S.E. Capo del governo potesse fare in proposito. Ibn Saud infine desidererebbe conoscere quanto di vero ci sia nella notizia diffusasi che il governo italiano abbia proposto nuovo Stato ebreo fuori della Palestina.

Ho assicurato Fuad Hamza, ansioso di avere da Roma una risposta, che avrei subito riferito V.E. riaffermando lealtà politica italiana verso lbn Saud e mondo musulmano, di cui governo fascista ha dato tante prove tangibili.

256 1 Riferimento all'accordo itala-britannico del 7 febbraio 1927 relativo alle questioni arabe e del Mar Rosso. Testo in BD, seria lA, vol. II, D. 469, allegato.

257

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO

T. PER CORRIERE 204 R. Roma, 4 marzo 1938.

Incaricato affari britannico ha avuto istruzioni dal suo governo di farmi seguente comunicazione verbale: «Come conseguenza delle conversazioni che ebbero luogo in Germania durante la visita di lord Halifax 1 , governo britannico ha esaminato quale procedura fosse da adottare nell'interesse della pacificazione dell'Europa. Come primo passo governo britannico ha ritenuto utile fare dei sondaggi a Berlino allo scopo di stabilire su quali linee fosse possibile di giungere ad una soluzione dei vari problemi esistenti, compresa la questione coloniale, l'Europa Centrale e il disarmo. Sono state mandate istruzioni in questo senso all'ambasciatore britannico a Berlino, ma nella presente fase non è stato formulato alcuno schema preciso. L'ambasciatore britannico vede il Cancelliere tedesco oggi tre marzo 2 .

Incaricato affari britannico ha aggiunto che comunicazione aveva carattere segreto. Prego V.E. portare confidenzialmente a conoscenza di Ribbentrop quanto precede a mio nome.

258

IL MINISTRO A BELGRADO, INDELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 1265/011 R. Belgrado, 4 marzo 1938 (per. il 7).

Da persona che ha assistito, al seguito di Stojadinovié, alla recente riunione dell'Intesa Balcanica ad Ankara 1 , mi è stato riferito che il Presidente ha dovuto sostenere un assai lungo dibattito per ottenere che nel comunicato finale 2 della riunione, a proposito dell'accreditamento dei ministri jugoslavo e romeno «presso Sua Maestà il Re d'Italia, Imperatore d'Etiopia» venisse abbandonata la proposta avanzata da parte romena di aggiungere «conformemente all'uso stabilito» e adottata invece la frase «in conformità della nuova Costituzione italiana».

Stojadinovié avrebbe dichiarato alto e chiaro che, dopo aver tranquillamente subìto le reazioni più o meno violente di Parigi e di Londra per il riconoscimento dell'Impero italiano, non aveva la minima intenzione di rimettere in discussione l'argomento -facendo cosa poco gradita a noi -in seno all'Intesa Balcanica. Egli sarebbe rimasto, comunque, male impressionato delle pavide oscillazioni romene.

Vedrò il Presidente, che è occupatissimo per preparare ambiente e discorso alla Skupcina per la politica estera, nei prossimi giorni.

257 2 Vedi D. 254. 258 1 Del 25-27 febbraio. 258 2 Il testo del comunicato è in Relazioni Internazionali, pp. 176-177.

257 1 Del 17-21 novembre 1937. Su di essa si veda serie ottava. vol. VII, DD. 596, 602, 607. 610 e 616.

259

IL CONSIGLIERE DELL'AMBASCIATA A BERLINO, MAGISTRATI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

LETTERA PERSONALE SEGRETA 1 . Berlino, 4 marzo 1938 (per. il 6).

Ho visto ieri sera, subito dopo l'udienza data dal Fiihrer a questo Ambasciatore britannico, Sir Nevile Henderson, il Signor von Ribbentrop. Ti abbiamo telegrafato, nella serata stessa, le prime informazioni da lui datemi circa quel colloquio 2 . Mi sembra utile ora riferirti per intero la nostra conversazione.

l) Conversazioni itala-inglesi. Ho ripetuto a von Ribbentrop quanto avevo già detto a von Weizsacker3, sulla base della tua lettera 4 contenente le note dichiarazioni di Chamberlain a Grandi sul valore e l'importanza dell'Asse Roma-Berlino e ho posto in pari tempo in rilievo come, dopo una tale dichiarazione, le prossime conversazioni di [Roma restassero] in una giusta ed intonata atmosfera nei confronti di Berlino. Von Ribbentrop ha preso [atto] con soddisfazione ma non ha mancato in pari [tempo] di [chiedere] ancora una volta quali siano, a nostro modo di vedere, le vere ragioni ed i fini, più o meno reconditi, che hanno spinto il Governo di Londra ad iniziare, attraverso non poche difficoltà interne, le conversazioni con l'Italia. Gli ho ripetuto i noti argomenti sull'opportunità di porre le basi, in Inghilterra, ad una politica maggiormente realistica e ho concluso dicendo che proprio a lui von Ribbentrop, già Ambasciatore presso la Corte di San Giacomo, non mancavano certo gli elementi per giudicare esattamente circa l'atteggiamento britannico.

2) Conversazioni anglo-tedesche. Von Ribbentrop mi ha fatto un largo riassunto, per personale e riservata conoscenza del Duce e Tua, della conversazione HitlerHenderson svoltasi in sua presenza.

La richiesta dell'Ambasciatore britannico di avere un diretto scambio di idee con il Cancelliere datava da un certo tempo. Gli avvenuti mutamenti nel Governo del Reich e la preparazione del discorso di Hitler al Reichstag del 20 avevano fino ad ora impedito che l'udienza avesse luogo.

La conversazione è stata alquanto ampia ed ha toccato i tre seguenti punti: a) Eventuale riduzione degli armamenti. L'ambasciatore ha chiesto se, in vista delle tante iniziative internazionali relative alla umanizzazione della guerra,

259 2 Vedi D. 254. 259 3 Su questo colloquio, avvenuto il 28 febbraio, non è stata trovata documentazione negli archivi italiani. Su di esso si veda l'appunto redatto da von Weizsiicker (in DDT, vol. I, D. 130) dal quale risulta che, su istruzioni di Ciano, Magistrati informò il direttore generale degli AlTari Politici della Wilhelmstrasse circa il contenuto del colloquio avuto da Grandi con Chambcrlain il 21 febbraio (per il quale si veda il D. 203). 259 4 Non rintracciata. Allegato al promemoria di von Ribbentrop su questo colloquio (in DDT, vol. I,

D. 136) vi è un appunto, consegnato al ministro degli Esteri tedesco da Magistrati, che a quanto sembra era unito alla lettera di Ciano. Si tratta della traduzione in tedesco di un promemoria che Chamberlain avrebbe consegnato a Grandi durante il colloquio del 21 febbraio nel quale il Primo Ministro britannico dichiarava che non era sua intenzione tentare di indebolire l'asse Roma-Berlino e che considerava un accordo con l'Italia come un primo passo necessario per giungere ad una intesa anche con la Germania. Dell'appunto di Chamberlain, però, non è stata trovata traccia negli archivi italiani, né ad esso si fa cenno nel telegramma con cui Grandi riferiva sul colloquio con Chamberlain.

alla restrizione dei bombardamenti, etc., la Germania [sentisse di] poter considerare l'eventualità di un qualche accordo capace di frenare la corsa degli armamenti.

Il Cancelliere ha risposto che la Germania, qualora tutti gli Stati di Europa sinceramente decidessero di raggiungere un risultato in quel campo, sarebbe la prima a dichiararsi favorevole. Ma oggi la situazione è diversa dato che sull'Europa preme sempre la minaccia sovietica, contro la quale, ha aggiunto, è rivolta la maggior parte degli armamenti tedeschi. È inutile che l'Inghilterra sostenga di essere capace di ottenere dalla Russia un'adesione in tale materia. È evidente che i governanti sovietici sono in malafede ed una loro promessa sarebbe destinata a non essere mantenuta: in tali condizioni il Reich non può oggi considerare l'opportunità di una qualsiasi riduzione dei propri armamenti.

h) Situazione ai confini sud-orientali del Reich. L'Ambasciatore ha dichiarato al Cancelliere che il Governo di Londra sarebbe oltremodo grato se potesse ottenere una qualche precisazione circa gli intendimenti ed i metodi che il Governo del Reich ha adottato ed intende adottare nei confronti della situazione della Cecoslovacchia e dell'Austria.

Il Cancelliere ha risposto in forma alquanto esplicita, dicendo che gli accordi austro-tedeschi ed i risultati dell'incontro di Berchtesgaden stavano a dimostrare la [volontà] della Germania di trattare la questione in una forma[... ] e di collaborazione, sempre compresa però in un quadro [degli interessi] delle genti di razza tedesca sui cui destini [ ... ] estranei non [possono] tentare con mezzi più o meno [subdoli] di influire. Hitler ha fatto una carica a fondo [contro l'atteggiamento] della stampa britannica che ha fatto [di tutto] per snaturare e compromettere i risultati dell'incontro di Berchtesgaden. È bene che si sappia-ha aggiunto Hitler all'Ambasciatore-che quanto io ho dichiarato al Reichstag è esattamente il pensiero del Governo tedesco il quale non può disinteressarsi alle sorti di dieci milioni di tedeschi, viventi oltre le sue frontiere. È una questione che va regolata tra tedeschi, trattandosi «di affari e di diritto di famiglia». Frase questa, tra parentesi, che von Ribbentrop mi ha detto averti già detto a Roma, durante la sua visita dello scorso novembre.

Cosa direbbe mai l'Inghilterra se la Germania volesse dire una sua parola nelle questioni che eventualmente sorgessero tra Londra e l'Irlanda? Egualmente l'Inghilterra deve vedere con occhio benevolo le soluzioni conciliative e di evoluzione tra Paesi con popoiazioni di sangue tedesco e non già compiere opera di sobillazione e di zizzania, come la sua stampa ha cercato di fare dopo Berchtesgaden.

c) Questione delle colonie. L'Ambasciatore. con una certa sorpresa dei suoi interlocutori, non ha presentato alcun progetto o piano in materia. Si è limitato a chiedere se la Germania vedesse con piacere una sua eventuale partecipazione ad una qualche intesa destinata ad una riaffermazione o ad una [...] pratica applicazione dell'Atto firmato a Berlino il [26 febbraio] 1885 sullo sviluppo del commercio e della civiltà [in alcune] regioni africane e sulla libera navigazione del [Congo] e del Niger 5 .

Un tale accenno non è piaciuto al Cancelliere il quale ha a sua volta chiesto a Sir Nevile, senza naturalmente ottenere risposta, se la Gran Bretagna stesse veramente trattando con i suoi Dominions allo scopo di risolvere la questione mediante la restituzione alla Germania dei suoi antichi possedimenti coloniali africani.

259 ' Vedi D. 254. nota l.

A tale proposito von Ribbentrop, commentando la domanda del Fi.ihrer, mi ha detto che la linea tedesca in materia è oggi più che mai decisa e categorica: ottenere cioè la restituzione, pura e semplice, delle sue antiche Colonie.

La conversazione quindi, ha concluso von Ribbentrop, non ha portato, in definitiva, alcun elemento nuovo, ma può aver servito a chiarire ancora una volta agli Inglesi il pensiero e l'atteggiamento del Fi.ihrer. Ad una mia domanda, ha risposto che con probabilità, la conversazione stessa non avrà per adesso alcun seguito, non sembrando costituire il primo anello di una catena. Egli, ad ogni modo, nella sua prossima visita londinese di commiato che avrà luogo tra il martedì ed il venerdì della prossima settimana, non intende riprendere il tema della conversazione di Berlino con i maggiori uomini politici britannici. [Desidera] anzi che tu personalmente sappia come egli intenda ridurre la [sua] visita a Londra ad un puro atto di [cortesia] da parte dell'ambasciatore partente, senza compiere alcun gesto che si [ ... ] alla sua nuova situazione di Ministro degli Affari Esteri del Reich.

Von Ribbentrop, come abbiamo telegrafato, prega di non dare alcuna diffusione alle informazioni sulla conversazione di Henderson, inviateti con questa mia. Lo stesso Henderson ha preso impegno che ai francesi non verranno fornite che informazioni di carattere molto vago ed ha in proposito inviato, in copia, a von Ribbentrop il breve anodino riassunto che egli si ripromette dare al collega FrançoisPoncet, Ambasciatore di Francia.

3) Nomina del nuovo Ambasciatore del Reich a Roma. Ho chiesto a von Ribbentrop se vi fosse qualche cosa di nuovo. Egli mi ha detto che, a seguito della mia conversazione con von Weizsacker di lunedì scorsor', egli aveva parlato nuovamente con il Fi.ihrer perché una decisione venisse presa al più presto. Con tutta probabilità la nomina sarà fatta conoscere prima della sua partenza per Londra e cioè entro martedì. Ad ogni modo possiamo essere sicuri che il nuovo Ambasciatore sarà già a Roma per il 15 marzo. Non ha fatto nomi. Da vari indizi però, e data la circostanza che von Ribbentrop mi ha dato il nome di Frank tra quelli dei Ministri che accompagneranno il Fi.ihrer in Italia, dovrei desumere che oggi il candidato più in vista è il Segretario di Stato von Mackensen. Scelta che sarebbe senza dubbio buona, per varie ragioni.

P.S. Ti interesserà anche conoscere che stamane il Fi.ihrer ha ricevuto, in udienza di congedo, il nostro R.Addetto Aeronautico, Ten. Col. Teucci, il quale lascerà domani definitivamente Berlino. La cosa ha avuto un carattere di eccezione perché fino ad oggi il Cancelliere non aveva mai ricevuto gli Addetti militari stranieri partenti.

Con Teucci Hitler, in forma molto cordiale, ha fatto accenno ai rapporti di amicizia tra la Germania e l'Italia e ha aggiunto: «Quest'amicizia non si romperà. In momenti difficili, durante la crisi etiopica, gli altri hanno fatto di tutto per porci contro l'Italia. L'Inghilterra ci fece anche accenno al suo disinteresse nei confronti della questione austriaca, purché noi avessimo chiuse le porte alle richieste italiane. La verità è che noi dobbiamo stare uniti per non essere mangiati dagli altri. E l'ho fatto chiaramente comprendere ieri anche all'Ambasciatore britannico»-.

259 1' Vedi nota 3. Nell'appunto redatto da von Weizsacker non si accenna alla questione del nuovo ambasciatore di Germania a Roma. 259 -Il documento ha il visto di M ussolini.

259 1 Il documento è danneggiato dall"umidità.

260

L'AMBASCIATORE A SALAMANCA, VIOLA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S.N.D. 1243/41 R. Salamanca, 5 marzo 1938, ore 2 (per ore 9).

Telegramma di V.E. 88 1• Ho intrattenuto questo ministro degli Affari Esteri e Nicolas Franco sul contenuto del telegramma in riferimento.

Nicolas ha rimandato partenza e frattanto le amministrazioni interessate stanno preparando progetto sistemazione dei rapporti crediti e debiti fra l'Italia e la Spagna che sarà sottoposto quanto prima al R. governo.

A sua volta questo governo aveva ricevuto telegramma di Conde che aveva vivamente impressionato.

Richiesta ulteriori forniture sarà ridotta al minimo indispensabile e progetto contemplerà regolamento arretrati, quota anno 1938, ed eventuali nuove forniture secondo effettive possibilità di questo governo.

Jordana, premettendo che mi parlava per espresso incarico del Generalissimo, ha fatto caldo appello al governo fascista perché voglia considerare necessità ed urgenza accogliere l'ultima richiesta di materiale bellico nel minimo che si indicherà. Mi ha pregato far presente a V.E. che la situazione militare è giunta al punto critico in cui, se i nazionalisti potranno disporre prontamente dei mezzi necessari per mantenere il vantaggio preso dopo Teruel, la guerra sarà risolta in breve tempo; se invece sarà data al nemico la possibilità di approfittare dei rifornimenti stranieri che ininterrottamente continuano a pervenirgli, è da temere un ristabilimento dell'equilibrio delle forze.

Il recente preannunzio del ritiro dei volontari e le condizioni ora da noi poste per ulteriori forniture di materiali, hanno prodotto in questo governo la sensazione che il governo fascista cominci a disinteressarsi del tutto e si orienti verso rapida soluzione della questione spagnola. Tale sensazione è confermata più chiaramente da quanto mi è stato detto da Jordana a nome di Franco.

Quest'ambasciatore di Germania secondo le istruzioni ricevute da Berlino. ha annunziato ieri a Franco l'eventualità del prossimo ritiro dei volontari e dal suo colloquio ha riportato impressione di analoga preoccupazione del Generalissimo nei riguardi della Germania.

Come già ho avvertito (mio telegramma per corriere 032) 2 tale preoccupazione potrà essere salutare come stimolante per una più decisiva condotta della guerra e potrà anche favorire la valorizzazione del nostro apporto. Ma nell'istesso tempo converrebbe da parte nostra dare al riguardo qualche assicurazione per evitare il determinarsi e diffondersi di uno stato d'animo a noi sfavorevole specialmente con riguardo all'avvenire.

Ad ogni modo coi predetti miei interlocutori ho creduto dover regolare il mio linguaggio nel senso che la questione della sistemazione pagamenti è indipendente da qualsiasi considerazione politica; si tratta per noi di una imprescindibile necessità.

Per quanto riguarda reintegrazione delle nostre scorte vive, questione già da lungo tempo è stata posta nei suoi veri termini al governo nazionale e si trova ora acutizzata per inadempienza da parte di questo.

260 1 Non rintracciato. 260 2 Vedi D. 219.

261

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, AL MINISTRO A BELGRADO, INDELLI

T. 201/30 R. Roma, 5 marzo 1938, ore 2,30.

Veda Stojadinovié e gli esprima mia soddisfazione per azione amichevole da lui svolta in seno Intesa Balcanica ad Ankara 1 .

262

IL CAPO DEL GOVERNO, MUSSOLINI, ALL'AMBASCIATORE A SALAMANCA, VIOLA

T. S.N.D. PERSONALE 205/96 R. Roma, 5 marzo 1938, ore 15,35.

Consegni seguente messaggio a Franco.

«Caro Generalissimo ho letto con la più grande attenzione la vostra lettera 1 e sono rimasto perfettamente convinto su quanto mi dite. Sono altresì lieto di constatare l'identità delle nostre vedute circa lo sviluppo della guerra che sotto la vostra guida di grande soldato e di lungimirante politico si concluderà con una fulgida definitiva vittoria. La nuova forte Spagna di domani, della quale voi avete gettato le salde fondamenta, nascerà dalla vittoria. Per quanto concerne le truppe legionarie, approvo quanto mi dite circa il loro impiego. Si può sempre attraverso le procedure di Londra ritardarne il rimpatrio o iniziarlo in misura modesta ma poiché questa eventualità del rimpatrio esiste io sono sicuro che Voi accoglierete al momento opportuno il desiderio dei legionari che è quello di combattere una buona decisiva battaglia. Vi prego di non nutrire preoccupazioni per quanto concerne lo sviluppo delle conversazioni italo-inglesi. Esse saranno necessariamente lente, ma desidero dirvi subito con la più grande chiarezza che non acconsentirò a nulla che possa direttamente o indirettamente, moralmente o materialmente, compromettere la vostra causa alla quale ho dato e darò sino in fondo il mio aiuto, rammaricandomi che le condizioni economiche dell'Italia e i pericoli della situazione europea non mi consentano di fare di più. Vi rinnovo caro Generalissimo i mtet auguri e i miei amichevoli camerateschi saluti. Arriba Espaiia».

261 1 Per la quale si veda il D. 258. 262 1 Vedi D. 164.

263

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, ALL'INCARICATO D'AFFARI A BUDAPEST, FORMENTINI

T. 207/27 R. Roma, 5 marzo 1938, ore 24.

Suo telegramma n. 21 1 .

Notizia di una possibile nuova riunione dei rappresentanti degli Stati firmatari dei Protocolli di Roma, insussistente. Nessuna richiesta del genere di quella riferitale da Bessenyey è stata rivolta da Schuschnigg al governo italiano.

Quanto precede per sua informazione ed eventuale norma di linguaggio con codesto governo.

264

IL MINISTRO A VIENNA, GHIGI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 1342/026 R. Vienna, 5 mar::o 1938 (per. il 10).

Mio telegramma per corriere n. 025 del 5 corrente 1•

I colloqui che il ministro degli Affari Esteri ungherese ha qui avuto con il Cancelliere Federale Schuschnigg e con il ministro degli Esteri Schmidt sono stati di carattere prevalentemente informativo.

Come avevo riferito col mio telegramma n. 53 del l o marzo 2 , questo incaricato d'affari d'Ungheria 3 mi aveva accennato a preoccupazioni nutrite dal governo di Budapest circa la situazione austriaca quale è venuta ad essere dopo i noti colloqui di Berchtesgaden. Evidentemente il ministro degli Esteri ungherese ha desiderato assicurarsi personalmente delle intenzioni future e delle possibilità di resistenza di questo governo.

Secondo quanto mi risulta, il Cancelliere Schuschnigg avrebbe assicurato Kanya che egli si sente padrone della situazione interna anche se questa si presenta assai delicata e complessa. Il Cancelliere avrebbe inoltre affermato la sua decisione di resistere fino all'ultimo alle pressioni della Germania ribadendo il concetto che le concessioni fatte a Berchtesgaden debbono essere considerate anche dal Reich come un punto di arrivo e non già come un punto di partenza.

A Kanya il signor Schuschnigg non avrebbe tuttavia taciuto alcune sue intime preoccupazwm. La prima è che la Germania, inappagabile nei suoi desideri verso l'Austria, continui ad onta della politica ufficiale di conciliazione a fornire sottomano aiuti

264 1 T. per corriere 1271/025 R. del 3 marzo. Riportava il comunicato ufficiale con cui si rendeva noto che il ministro degli Esteri ungherese, Kanya. era giunto a Vienna il giorno precedente «per una breve visita privata>> durante la quale si sarebbe incontrato con il Cancelliere Schuschnigg e con il ministro degli Esteri, Schmidt. 264 2 T. 1167/53 R. del 1° marzo. Riferiva sull'argomento qui indicato. 264 ' Arno Bobrik.

314 ed incoraggiamenti alla corrente nazionalsocialista più estrema, quella corrente cioè che vorrebbe il riconoscimento integrale del partito nazionalsocialista come tale e che pertanto corrode non solo le basi della conciliazione ma anche la stessa dolfussiana Costituzione del maggio 1934.

La seconda è che Hitler, incoraggiato dall'innegabile successo della maniera forte, voglia ripetere a breve scadenza il colpo di Berchtesgaden ponendo nuove e più onerose condizioni all'Austria.

Una terza e non minore preoccupazione, infine, il Cancelliere avrebbe nei riguardi della stessa situazione interna. Schuschnigg non si nasconderebbe infatti il pericolo di complicazioni nel caso, sempre possibile, di gravi conflitti tra gli agenti dell'ordine e le masse nazionalsocialiste. Queste ultime si sono finora comportate correttamente e disciplinatamente, financo a Graz dove sono in riconosciuta mag-gioranza. Ma che cosa avverrebbe -si sarebbe chiesto il Cancelliere -se i nazi trascendessero ad atti di violenza provocando così la necessaria reazione da parte delle forze di polizia? E quali sarebbero soprattutto le conseguenze di scontri cruenti tra gendarmi e nazisti o tra nazisti e patriottici? Si potrebbe ancora, allo stato delle cose, impedire un intervento germanico?

Queste, in succinto, le confidenze di Schuschnigg a Kanya.

Il ministro delli Affari Esteri ungherese avrebbe inoltre approfittato del suo incontro con il Cancelliere Federale per esaminare lo stato attuale delle relazioni economiche tra Austria e Ungheria; relazioni che stanno passando un momento difficile, derivante soprattutto dal fatto che anche nell'anno testé decorso il rapporto di scambio tra i due Paesi, fissato in 100:150 a favore dell'Ungheria non ha potuto realizzarsi. Ciò principalmente per il noto atteggiamento assunto dall'Ungheria nella fornitura di grano, del quale essa come nei riguardi di altri Paesi avrebbe voluto ottenere il pagamento in divise pregiate (il che è stato assolutamente rifiutato dall'Austria), o quantomeno, un prezzo che compensasse in certo qualmodo ·il mancato introito di valute estere.

Secondo quanto mi è stato da buone fonti riferito, tra Kanya e Schuschnigg si sarebbe ora convenuto di riprendere tra breve le trattative commerciali e di continuarle fino a quando non si sarà trovata una soluzione soddisfacente di tale problema. Il che non appare però facile dato che l'Austria non può assorbire una maggiore quantità di grano ungherese se il prezzo rimane di circa il venti per cento superiore a quello del mercato mondiale, né d'altro lato può e desidera l'Austria procedere a maggiori acquisti in Ungheria di altre merci finché permane l'attuale corso del clearing austro-ungherese (l 00 pengo = 113 scellini).

263 1 Vedi D. 255.

265

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

LETTERA PERSONALE RISERVATISSIMA. Berlino, 5 marzo 1938 (per. iliO).

In questi giorni, il nostro R. Addetto Aeronautico, Ten. Col. Teucci, ha preso congedo qui, prima di rientrare definitivamente nel Regno, dalle principali Autorità tedesche. Egli è stato così ricevuto dal Fuhrer, da Goring e dal Generale Milch. Penso che egli avrà occasione a Roma di referirti in proposito.

Stimo utile frattanto informarti che, parlando della situazione austro-tedesca, il Generale Milch si è così espresso: «Una tale questione ha carattere tedesco e non deve essere decisa da altri. Qualora l'Inghilterra o un altro Paese intendessero sbarrarci il cammino, ciò sarebbe motivo di guerra. Lo ha detto lo stesso Fuhren>.

Una tale affermazione mi sembra interessante perché da essa si può desumere come effettivamente i tedeschi giudichino una qualsiasi soluzione della questione austriaca come di loro esclusiva pertinenza 1•

266

IL MINISTRO AD ATENE, BOSCARELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. 1476/214. Atene, 5 marzo 1938 (per. il IO).

Fra le deliberazioni del Consiglio dell'Intesa Balcanica, nella sua ultima riunione ad Ankara, oltre quelle di carattere generale e comune ai quattro alleati, ve n'è una che concerne esclusivamente la Grecia e la Turchia e sulla quale credo utile esporre a V.E. qualche considerazione, frutto di mie precedenti osservazioni, sulle quali ho anche riferito con rapporto n. 8989/1095 del 24 novembre 1937 1 e con telegramma per corriere n. 096 del 27 novembre 1937 2 , e di conversazioni avute in questi giorni con i miei colleghi e con questo Sottosegretario degli Affari Esteri (il Presidente del Consiglio, Metaxas, fermatosi in Tracia lungo il viaggio di ritorno non sarà ad Atene che posdomani -vedi mio telespresso odierno n. 1404/2053). Intendo alludere al trattato addizionale greco-turco, siglato ad Ankara il 27 febbraio scorso e di cui la firma avrà luogo ad Atene nel prossimo aprile\ in occasione della visita del Presidente del Consiglio turco, signor Gelai Bayar, come ho in precedenza riferito col mio telecorriere n. 016 del 10 febbraio u.s. 5

Dinanzi a questo documento, al quale tanta pubblicità è stata fatta in questo Paese, viene fatto di domandarsi da guaii necessità esso è stato determinato e a guaii fini esso miri. È infatti ciò che tutti, qui nell'ambiente diplomatico, si sono domandati e hanno domandato a questo Sottosegretario di Stato, signor Mavrudis, il quale ha trovato una formula assai sbrigativa qualificando l'atto di superfluo e solo dovuto alla predilezione o addirittura alla mania attuale di patti e convenzioni internazionali più o meno platonici.

266 1 Non rintracciato. 266 2 Il ministro Boscarelli riferiva che l'ostentato silenzio sull"argomento del ministro di Gran Bretagna -in precedenza sempre molto aperto con lui --faceva ritenere verosimile che raccordo greco-turco fosse stato incoraggiato dal governo britannico.

266 ·Riferiva sul difficile momento che stava attraversando la situazione interna della Grecia. 266 4 Si veda in proposito il D. 249. 266 5 Vedi D. 131.

La risposta è invero troppo semplice. Il trattato addizionale, nella sua formulazione attuale, non aggiunge, in realtà, nulla a quanto era già consacrato nel trattato greco-turco d'amicizia neutralità e conciliazione del 30 ottobre 1930 6 e nel patto greco-turco d'intesa cordiale dell4 settembre 1933 7 , ch'erano ancora ambedue lontani dalla scadenza, né fornisce ai due contraenti alcuna garanzia supplementare nei riguardi di quella che è la loro situazione come membri della Società delle Nazioni, e quindi partecipi delle garanzie offerte dal Covenant, e come firmatari di convenzioni analoghe con le Nazioni confinanti.

Per spiegare quindi questa nuova convenzione non basta credo, riferirsi alla «mania» dei patti. Dalle indagini da me esperite e dalla concorde opinione di qualche collega bene informato, ritengo che si possa, senza allontanarsi troppo dal vero, formulare la seguente ipotesi:

Il nuovo trattato greco-turco, negoziato e preparato, probabilmente dietro suggerimento o con l'incoraggiamento dell'Inghilterra, nelle circostanze e con gli intendimenti esposti nel mio rapporto n. 1095, doveva nel pensiero dei due contraenti avere scopi ben più specifici e contemplare sopratutto la sicurezza mediterranea, con speciale riguardo ad una comune azione in caso di conflitto con l'Italia.

Mutata in queste ultime settimane la situazione ed attenuatasi la tensione nel Mediterraneo, i due contraenti si sono trovati dinanzi all'alternativa o di firmare un atto che avrebbe potuto ripercuotersi sui loro rapporti presenti e futuri con l'Italia o )asciarlo cadere.

Secondo quanto il mio collega bulgaro 8 ritiene di poter affermare, da parte turca si propendeva per questa seconda soluzione. Ma qui sono intervenute ragioni di politica interna che hanno indotto i greci ad insistere per la stipulazione di un atto sia pure sotto altra forma e entro limiti più ristretti.

Come ho avuto occasione di riferire a V.E. (miei telespressi nn. 536/62 e 1404/205 rispettivamente in data 29 gennaio e 5 marzo corrente) 9 , il signor Metaxas è stato fatto segno in questi ultimi mesi ad attacchi ripetuti dell'opposizione, la quale nei libelli e nei manifesti fatti circolare in gran numero, ha soprattutto preso di mira la politica estera del governo, cui è fatto carico di avere lasciato la Grecia esposta, da una parte all'inimicizia dell'Italia e dall'altra alle sorprese degli slavi del Sud, fraternamente pronti dopo il patto bulgaro-jugoslavo a dilagare verso l'Egeo.

Poter presentare al popolo greco, in queste condizioni, un patto (alla generalità del pubblico, nella ridda dei patti del dopoguerra, riesce difficile di poter vedere se un atto di questa specie rappresenti poi effettivamente qualcosa di nuovo o sia una inutile ripetizione di generiche promesse già consacrate in altri documenti internazionali), era per il governo un'arma di difesa non trascurabile contro i suoi avversari e un mezzo atto a galvanizzare il popolo piuttosto malcontento e scosso dalle critiche degli oppositori.

266-Vedi D. 131, nota l. 266 H Dimitri Chichmanov. 266 9 Con il telespresso 536/62 del 29 gennaio il ministro Boscarelli aveva riferito che dopo un lungo periodo di calma si notavano segni di fermento nella situazione interna della Grecia dove si andavano diffondendo voci negative circa le sorti del governo e della stessa monarchia.

Qualunque sia l'esattezza di queste mie induzioni, esse trovano elementi di appoggio e di conferma nello sfruttamento che qui si è voluto fare del «successo greco» ad Ankara: il signor Metaxas è stato presentato come un trionfatore e per il suo ritorno ad Atene si preparano manifestazioni, cortei, indirizzi di omaggio, pubbliche attestazioni di benemerenza. Egli stesso, fermatosi in diverse città della Tracia e della Macedonia occidentale, vi ha pronunciato discorsi infiammati, in cui il tema della difesa dell'integrità del territorio nazionale, specialmente minacciato in quella delicata zona di frontiera, è svolto a ripetizione.

Tutto ciò perché nel Patto addizionale siglato ad Ankara la Turchia si è impegnata ad osservare la neutralità (dico la neutralità!) in caso di aggressione di una terza Potenza contro la Grecia quando esiste già un accordo precedente per cui Grecia e Turchia si garantiscono mutualmente la comune frontiera tracia e quindi esiste l'obbligo per la Turchia, non di restare neutrale, ma d'intervenire militarmente in caso d'invasione del territorio greco alla frontiera settentrionale?

Non è dunque certo alla salvaguardia della frontiera tracio-macedone che nel pensiero del governo greco poteva mirare l'Atto addizionale: non resta che l'altra ipotesi, quella delle frontiere marittime e dell'aggressione da parte di una Potenza mediterranea che nella fattispecie è difficile individuare al di fuori dell'Italia. Ma, anche in questo caso, il patto nella sua formulazione attuale si rivela inutile e improduttivo, in quanto l'ipotesi della neutralità in caso di aggressione, da qualunque parte essa venga, è contemplata dal Trattato di neutralità, conciliazione arbitrato ed amicizia del 30 ottobre 1930, ancora in vigore ed espressamente tenuto in vita e prorogato dall'Atto addizionale di Ankara.

Le induzioni che precedono e per le quali non posso naturalmente offrire a V.E. alcuna sicura garanzia di esattezza, potrebbero chiarire i lati scuri e le sproporzionate ripercussioni interne in Grecia di questo recentissimo episodio dei rapporti greco-turchi.

In prosieguo di tempo sarà forse possibile conoscere se ciò che precede risponde alla realtà degli avvenimenti. Mi riprometto intanto di riferire ulteriormente a V.E. dopo avere visto il generale Metaxas 10 .

265 1 Il documento ha il visto di Mussolini.

266 6 Vedi D. 249, nota 2.

267

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, BASTIANINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

APPUNTO. Roma, 6 marzo 1938.

L'Ambasciatore d'Argentina è venuto da me in assenza di V.E. per esprimermi le personali condoglianze del Presidente della Repubblica per la morte di Gabriele d'Annunzio.

266 111 Il documento ha il visto di Mussolini.

Dopo che l'ho ringraziato gli ho domandato qualche notizia a proposito dell'Incaricato d'Affari che lo sostituirà 1 e che mi pareva di avere incontrato a Lisbona.

Si è venuti con ciò a parlare della situazione dell'Ambasciata d'Argentina a Roma che Cantilo ritiene si normalizzerà in breve tempo per l'arrivo di un nuovo Ambasciatore. Mi ha detto che è sua intenzione proporre al Presidente della Repubblica di dare senz'altro al suo successore le credenziali indirizzate al Re Imperatore tanto più che si sarebbe potuto precisare che questo non significava un riconoscimento dell'Impero. Gli ho fatto osservare che qualora una tale riserva dovesse esserci espressa, non la credevo per mio conto utile ai buoni rapporti italo-argentini tanto più che noi non richiediamo riconoscimenti a nessuno di uno stato di fatto che è definitivo.

Cantilo mi ha allora precisato meglio il suo pensiero dichiarando che non a noi verrebbe espressa una tale riserva, ma che nel caso in cui l'opposizione in Argentina attaccasse il Governo per l'accreditamento del nuovo Ambasciatore al Re Imperatore, l'Argentina si conterrebbe come il Cile precisando che il principio americano del non riconoscimento delle conquiste ottenute a mezzo della guerra restava intatto.

Cantilo ha continuato dicendo che a tale principio l'Argentina non può non restare fedele anche per quanto si riferisce agli altri continenti, trattandosi di un principio universale. Egli teneva a mettere in rilievo che nel modo di agire dell' Argentina non vi era mai stato alcunché di ostile all'Italia.

Il riconoscimento della nuova situazione in Etiopia non può essere, a suo avviso, che l'effetto di un altro gesto collettivo della Società delle Nazioni il cui Consiglio riunendosi nel prossimo maggio potrebbe benissimo, secondo il suo pensiero, dichiarare che, pur restando fermi i principi per i quali si era giunti alle sanzioni, si deliberava, nel superiore interesse della pace europea, di riconoscere lo stato di fatto in Etiopia.

In tal caso-egli ha accentuato, l'Argentina sarà ben felice di uscire dalla sua riserva, cosa invece che le sarebbe difficilissima se la Lega delle Nazioni si limitasse a lasciar liberi i propri aderenti di regolarsi separatamente e non prendesse la deliberazione collettiva di riconoscere l'Impero.

268

IL MINISTRO A L'AJA, TALIANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. 373/169. L'Aja, 7 marzo 1938 (per. il l 5 ).

La crisi che attraversa attualmente la politica europea ha distolto in parte l'attenzione di questi ambienti dal conflitto in Estremo Oriente per quanto esso possa essere in rapporto indiretto con la difesa delle Indie Olandesi.

Le maggiori difficoltà interne del Giappone sarebbero causate, secondo quanto qui si ritiene, dalla lotta tra gli interessi dei gruppi civili e quelli militari. Così, ci si

meraviglia non poco come il partito democratico alla Dieta abbia potuto opporsi energicamente alla legge di mobilitazione nazionale data la proporzione assai elevata dei militari a tendenze autoritarie. Inoltre, la situazione militare in Cina si presenterebbe assai più complessa di quanto non si creda. Dopo le vittorie di Peking, Tientsin, Shanghai, Nanking, si era in certo modo ritenuto che il conflitto volgesse al suo termine, invece tende a svilupparsi in una forma sempre più vasta, per cui non è errato ritenere che le armate giapponesi trovansi ad essere prigioniere dell'immensa estensione del territorio cinese. Vero è che la Cina dispone di un esercito troppo debole per poter contare su di una resistenza di lunga durata, ma nel frattempo una rilevante parte delle armate nipponiche resta logicamente impegnata non solo, ma per forza di cose, sparpagliata su uno scacchiere vastissimo. La tattica di Chiang Kai-shek è chiara: guadagnar tempo in quanto questo lavora per lui.

Secondo altre voci, il conflitto tra esercito e marina, è un conflitto di supremazia nel quale l'esercito non avrebbe di mira che il nord della Cina per poter poi far fronte ai soviet, mentre la marina avrebbe come obiettivo i territori del sud della Cina, cioè le zone d'influenze europee e specialmente inglesi, francesi e forse anche olandesi.

La rapidità del riarmo delle Potenze occidentali pone il Giappone nell'obbligo di ottenere al più presto una vittoria terrestre definitiva, il che accentua le rivalità e le divergenze tra esercito e marina. Nel primo vi sono elementi non disposti ad avventure troppo arrischiate e che sinceramente si augurano la cessazione delle ostilità in Cina al fine di consolidare la difesa degli interessi nipponici nella Cina settentrionale, e migliorare quell'organizzazione nazionale che permetterebbe a sua volta un rafforzamento interno ed esterno del Giappone; nella seconda invece predominerebbero elementi a tendenze più radicali e quindi assai più pericolosi non solo per la condotta generale delle operazioni, ma anche per le conseguenze politiche che ne potrebbero altresì derivare al Giappone stesso.

Ne consegue che il governo centrale si adopererebbe per comporre, con non lievi difficoltà, le divergenze esistenti tra gli alti comandi dell'esercito e della flotta per cui, oltre alle difficoltà inerenti al conflitto in atto, si rileverebbe nell'azione politica giapponese una incertezza di scopi e di direttive che potrebbe, in un non lontano avvenire, essere causa di una forte crisi, sia nel governo di Tokio, sia negli alti comandi.

267 1 L'ambasciatore Cantilo era stato nominato ministro degli Esteri il 20 febbraio precedente.

269

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, AL MINISTRO A GEDDA, SILLITTI

T. SEGRETO 211/29 R. Roma, 8 marzo 1938, ore 1,15.

Suo telegramma n. 36 1 .

V.S. potrà assicurare codesto governo che governo italiano non intende affatto raggiungere accordo italo-inglese con sacrificio degli interessi arabi, o comunque

modificando le direttive della politica italiana nei riguardi della Penisola arabica. Al contrario, come pel passato, così anche in avvenire, caposaldo fondamentale della politica italiana nel Mar Rosso è e resta il mantenimento della piena ed assoluta indipendenza e sovranità degli Stati arabi del Mar Rosso.

Quanto notizia secondo la quale governo italiano avrebbe proposto nuovo Stato ebreo fuori della Palestina, essa trova evidente origine nella Nota dell'Informazione Diplomatica in data 16 febbraio 2 pubblicata su tutti i giornali e diffusa in riassunto dalla Radio Bari, e di cui ad ogni buon fine le trasmetto testo integrale con telegramma in chiaro in pari data, quantunque talune parti non interessino direttamente mondo arabo. Tale Nota, pur non costituendo un impegno di governo, espone autorevolmente le vedute italiane circa la questione della costituzione dello Stato ebreo in Palestina; e non dubito che sarà costì vivamente apprezzata 3 .

269 1 Vedi D. 256.

270

L'AMBASCIATORE IN CINA, CORA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S.N.D. 1309/136 R., 1314/137 R. Shanghai, 8 marzo 1938, ore 12 e 1327/138 R. (per. ore 21,30 del 9 ).

Dirigenti cinesi devono avere continuato riflettere mie conversazioni Hong Kong 1 perché Wang Ching-wei dapprima e poi Kung hanno convocato Alessandrini (al quale avevo dato istruzioni insistere ufficialmente sulle necessità che fosse ormai la Cina a fare conoscere sue eventuali richieste) e gli hanno manifestato chiaramente desiderio intervento di V.E. che conosce l'Estremo Oriente e ispira fiducia ai cinesi a scopo di mediazione conflitto.

Il primo «ufficiosamente» quale presidente del servizio politico ha detto in sostanza:

l) Cina non può chiedere pace apertamente perché ciò provocherebbe disordini esercito;

2) Chiang Kai-shek non ritiene trattare direttamente con il Giappone;

3) trattative potrebbero essere avviate segretamente attraverso terza Potenza se le due parti facessero conoscere loro richieste minime;

4) si desidera quindi la mediazione.

5) Governo cinese disposto concessioni ma vuole assicurazione mediatori che tali sacrifici siano gli ultimi.

269 3 Sillitti rispose con T. segreto 1363/41 R. del IO marzo: «Ho dato assicurazioni questo governo nei termini precisi del telegramma segreto n. 29. Fuad Hamza ha molto apprezzato comunicazione R. governo. pregandomi presentare a V.E. suoi più vivi ringraziamenti, aggiungendo ritenere sicuro che Ibn Saud appena avrà conoscenza comunicazione stessa non mancherà esprimere sua soddisfazione». 270 1 Vedi D. 237.

Kung è stato meno esplicito. Riassumo sue dichiarazioni: l) Governo cinese si è reso conto ragioni riconoscimento Italia della Manciuria e crede che vecchio sentimento di amicizia dell'Italia per la Cina non sia spento; 2) Spera che medesima ne dia prova assumendo, eventualmente con Germania, mediazione; 3) Mediazione dovrebbe consistere nel prendere iniziativa indicando condizioni pace giusta e onorevole e procedere e farle accettare dalle due parti.

La Cina accetterebbe: l) Riconoscimento Manciuria sotto forme analoghe a quelle dell'Irlanda; 2) Cooperazione economica; 3) Atteggiamento anti-Comintern (su questo punto è stato vago).

Cina non accetterebbe: l) Altri regimi territoriali speciali; 2) Pagamento indennità.

Ciò mi sembra insufficiente. Kung era piuttosto agitato dicendo aver dovuto tener conto elementi intransigenti ma ha aggiunto manteneva sue dichiarazioni dopo averle elencate e ripetute «a scanso di equivoci». Egli desidera una risposta al più presto possibile.

Come accennato precedentemente, non mi sembra che i cinesi si rendano ancora conto della situazione e le loro proposte non sono tali da poter sperare una efficiente presa di contatto con l'altra parte. Comunque queste aperture costituiscono un notevole progresso su tutte le altre.

Circa il Giappone, il signor Ito ebbe a dirmi che il «suo governo non sarebbe stato sordo a eventuali ragionevoli proposte» anche se queste avessero dovuto provenire dal governo di Chiang Kai-shek. Ma dopo d'allora, egli è stato richiamato e non ho ancora visto suo successore.

Certo che il Giappone se non si estende e non è proclive a prepararsi occupa-· zione militare per lunghi anni dovrebbe avere interesse ormai venire ad un accordo per non distruggere completamente il suo migliore mercato o gettarlo definitiva··· mente nelle spire anarchia bolscevismo".

269 2 Vedi D. 162.

271

IL MINISTRO AD ATENE, BOSCARELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 1307/16 R. Atene, 8 mar::.o 1938, ore 20,50 (per. ore l del 9).

Metaxas, ritornato ieri l'altro da Ankara, mi ha detto essere lieto che il Consi-· glio dell'Intesa Balcanica sotto la sua presidenza aveva potuto «risolvere» la que

stione etiopica adottando la formula polacca, ed ha aggiunto che sperava che tale soluzione sarebbe riuscita gradita all'Italia; in ogni caso la conferenza si era tenuta in costante contatto con l'ambasciatore Galli che gli era sembrato soddisfatto.

Senza rispondergli direttamente, gli ho chiesto se poteva dirmi, per mia informazione personale, in quale maniera il governo greco intendeva dare seguito alla decisione della conferenza a tale riguardo. Egli mi ha detto di non potermi dare una risposta precisa non avendo ancora accordi definitivi con la Turchia. Come mia riservata notizia però poteva dirmi che il riconoscimento sarebbe avvenuto in una delle tre seguenti maniere:

l) Cambiando i rappresentanti dei due Paesi a Roma, per munirli di credenziali intestate al Re Imperatore; 2) Cambiando le credenziali degli attuali rappresentanti; 3) Facendo una comunicazione al riguardo al governo di Roma.

Dal tenore della conversazione di Metaxas, credo poter dedurre che il riconoscimento sarà probabilmente fatto dai due Paesi attraverso una delle due prime formule 1•

270 2 Per il seguito si veda il D. 302.

272

IL MINISTRO A BELGRADO, INDELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 1384/0 12 R. Bdgrado, 8 marzo 1938 (per. l'll ).

Parlandomi oggi del trattato addizionale greco-turco 1 , che gli è stato presentato ad Ankara, Stojadinovié mi ha detto che egli ha evitato, insieme a Comnen di pronunciarsi ed ha chiesto due mesi di tempo per far conoscere ai contraenti il suo pensiero in proposito. Di ritorno a Belgrado lo ha subito sottoposto all'esame di questo Stato Maggiore Generale. A Stojadinovié è stato fatto comprendere ad Ankara che il trattato sarebbe diretto unicamente a costituire una misura precauzionale contro l'Italia. Egli mi ha dichiarato di avere, peraltro, la netta e giustificata impressione che si intende prendere tali misure non solo contro l'Italia, ma anche e contemporaneamente contro la Jugoslavia e la Bulgaria. Ad Ankara greci e turchi si sarebbero espressi, del resto, in modo assai poco cordiale nei riguardi bulgari. Stojadinovié è, naturalmente, fermamente deciso a continuare nella via che si è prefissa, di avere, cioè, con Sofia i più stretti rapporti, intensificando in ispecie quelli economici che sono di speciale importanza. Mi ha detto che l'unione dei due Paesi è nel cuore di tutti gli jugoslavi. Egli, peraltro, non pensa che sia giunto, né sia per giungere prossimamente, il momento di agitare la questione, che sarà

Circa la scelta della formula, si veda il D. 428, nota 2. 271 1 Vedi D. 249.

compito della futura generazione. Attualmente, mi ha detto, abbiamo una questione croata da «digerire». Non è il caso di aggiungervi una situazione bulgara-specie d'interessi anche personali bulgari -da sistemare. Quanto all'Intesa Balcanica, egli vede con molta serenità questa scissione sostanziale che il patto greco-turco rende sempre appariscente. Considera che l'Intesa Balcanica non fa che tornare alla sua formazione originale, che è stata quella di un'intesa greco-turca. Ciò che sembra impressionarlo spiacevolmente è il pavido ed oscillante atteggiamento della Romania. Ho avuto impressione che egli segua, ciò stante, i colloqui in corso fra

V.E. e Beck con specialissimo interesse, in vista di una possibile sistemazione centro-europea, alla quale la Jugoslavia potrebbe partecipare con orientazione più netta e più conforme ai suoi speciali ed attuali interessi.

271 1 Il riconoscimento dell'Impero da parte della Grecia e della Turchia aveva poi luogo il 4 aprile.

273

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, AL CAPO DEL GOVERNO, MUSSOLINI

APPUNTO. Roma, 8 marzo 1938.

Lord Perth ha iniziato il colloquio dichiarando di essere autorizzato dal Governo britannico ad aprire le conversazioni ai fini di realizzare un accordo tra il suo Paese e l'Italia, ed ha aggiunto di essere lieto di rimettermi un messaggio personale di Halifax (Allegato n. l).

Ho ringraziato del messaggio ed ho assicurato che non avrei mancato di far pervenire al più presto una risposta al ministro degli esteri della Gran Bretagna.

Continuando il colloquio preliminare, Lord Perth ha tenuto a ripetermi, a nome del suo Ministro degli Esteri, che l'intervista concessa al Negus 2 non doveva assumere nessun particolare rilievo. Il Governo britannico, nella situazione attuale, non può esimersi dall'aver contatti col rappresentante dell'ex-impero etiopico, né poteva respingere una richiesta di udienza da parte del Negus. Noi avremo certo rilevato che la stampa ha fatto passare sotto silenzio questo avvenimento. Ho risposto prendendo atto della dichiarazione, ma aggiungendo che per parte mia non ero del tutto di accordo nel ritenere che la richiesta di udienza del Negus doveva venire accettata. Comunque facevo rilevare che anche la stampa italiana, secondo il desiderio espresso dal Governo inglese, si era astenuta dal polemizzare in materia, per quanto l'avvenimento non fosse sfuggito all'attenzione generale ed avesse determinato, particolarmente in Francia, commenti assurdi e in ogni caso sgradevoli.

Lord Perth mi ha parlato della propaganda esercitata dalla radio di Bari ed in genere dalla stampa ed ha pregato che durante il corso delle trattative una tale azione di propaganda venga limitata da parte nostra. Halifax ha già per suo conto rivolto un appello alla stampa britannica, salvo naturalmente quella di opposizione, affinché non vengano svolte campagne anti-italiane. Ho fatto rilevare a Lord Perth che già da alcune settimane il tono della nostra stampa si è sostanzialmente modificato ed anche la radio svolge un'attività che non può dar luogo a rilievi.

Perth ha detto che anche un cambiamento di tono nei confronti della Francia sarebbe di utilità ai fini delle prossime trattative. Tale suggerimento era da considerarsi comunque personale. Ho risposto che le polemiche tra noi e la Francia sono determinate piuttosto da ragioni ideologiche in considerazione del carattere del Governo francese: ciò rende evidentemente più difficile una modifica del nostro atteggiamento. Per quanto concerne i problemi internazionali, tranne quello spagnolo, non esistono motivi di diretta polemica tra l'Italia e la Francia. Continuando nella conversazione preliminare, Lord Perth mi ha detto che il problema cui l'opinione pubbiica britannica annette la maggiore importanza è quello della evacuazione dei volontari dalla Spagna. Sarebbe perciò necessario realizzare quanto prima un concreto progresso in tale questione. A titolo personale suggeriva la possibilità di evacuare le nostre forze dalle Baleari, dato che, a suo avviso, un simile gesto sarebbe destinato ad avere la più larga e favorevole eco nella opinione pubblica britannica. Gli ho risposto che, come è noto, noi non abbiamo forze terrestri alle Baleari e che, almeno fino ad ora, le discussioni del Comitato di Non Intervento hanno preso in considerazione soltanto le forze terrestri. Se dei reparti aerei si trovano alle Baleari, si tratta di aviazione legionaria nella quale il materiale è italiano e gli equipaggi misti. Comunque mi pareva che una tale proposta non potesse venir presa in considerazione. Lord Perth non ha insistito. Continuando nella conversazione preliminare egli mi ha ripetuto che il Governo britannico tiene a dare all'eventuale accordo tra i due Paesi il carattere di un gesto destinato a facilitare la generale pacificazione europea. Ho risposto che anche noi condividevamo tale punto di vista.

Lord Perth mi ha quindi rimesso l'Agenda delle conversazioni anglo-italiane (Allegato n 2). Nell'accettarla gli ho fatto presente che io mi riservavo di aggiungere quegli argomenti che il Duce avesse eventualmente ordinato di discutere.

Abbiamo quindi proceduto all'esame degli undici punti che costituiscono l'Agenda.

l) Spagna. Dì tale argomento l'esame è stato rinviato al capoverso Il, in connessione col riconoscimento dell'Impero italiano di Etiopia.

2) Conferma degli accordi mediterranei del 1937 compreso lo scambio di note. Ho detto a Lord Perth che non vedevo obiezioni, da parte nostra, a confermare quanto avevamo sottoscritto lo scorso anno.

3) Estensione degli articoli concernenti lo statu quo mediterraneo alle altre Potenze mediterranee. Lord Perth si è riservato di sottoporre una formula colla quale verrebbe praticamente dichiarato che l'Italia e l'Inghilterra accetterebbero con piacere una dichiarazione delle Potenze Mediterranee nel senso dei capoversi 4 e 5 del Gentlemen's Agreement. I capoversi in questione suonavano così: «Il Regno Italiano il Governo di S.M. del Regno Unito ... escludono ogni proposito di modificare, o, per quanto li riguarda, di vedere modificato lo statu quo relativo alla sovranità nazionale dei territori nel Bacino del Mediterraneo; si impegnano al rispetto dei loro reciproci interessi e diritti in tale zona».

Ho domandato a Lord Perth quale concetto avesse ispirato questo suggerimento inglese. Egli mi ha risposto che si trattava unicamente di aggiungere una garanzia al mantenimento della pace e dell'equilibrio mediterraneo.

Pur riservandomi ogni risposta dopo aver ricevuto gli ordini del mio Capo, ho fatto rilevare a Lord Perth che un simile invito apriva la strada a quel Patto Mediterraneo che, per il suo carattere di sicurezza collettiva, non incontrava le simpatie del Governo italiano. Ho aggiunto che per parte nostra non avevamo bisogno di una simile dichiarazione, dati gli accordi che ci legano cogli altri Stati Mediterranei, completati, dopo la firma del Gentlemen's Agreement, col Patto di Belgrado3 che ha consacrato le ottime relazioni tra l'Italia e la Jugoslavia. Ho infine fatto rilevare che una simile richiesta alle altre Potenze sarebbe stata oggetto di controversie nei confronti del Governo spagnolo, poiché, mentre noi abbiamo formalmente riconosciuto il Governo di Franco e soltanto il Governo di Franco, gli Inglesi mantengono invece rapporti diplomatici ufficiali col Governo rosso di Barcellona. Lord Perth ha dovuto ammettere la fondatezza di quest'ultimo rilievo e si é riservato di riferire al suo Governo.

4) Forze italiane in Libia. Lord Perth ha premesso che a tale argomento il Governo britannico annette la maggiore importanza. Pur senza avanzare una richiesta specifica e formale il Governo inglese chiede a noi l'assicurazione di diminuire le forze dislocate in Libia. Ho risposto a Lord Perth riservando ogni decisione in merito al Duce: a titolo personale ho aggiunto che il concentramento delle forze in Libia doveva venire considerato come una conseguenza e non come la causa della frizione tra Italia e Gran Bretagna. Il Governo inglese aveva a suo tempo concentrato nel Mediterraneo la Home Fleet: a preparativi militari è stato risposto con preparativi militari.

5) Scambio di informazioni militari. Questo era un suggerimento di S.E. Grandi che il Governo britannico accoglieva con simpatia, essendo disposto a concertare con noi un periodico scambio di informazioni circa le forze del Mediterraneo e del Mar Rosso. In via preliminare ci rimetteva un promemoria concernente prossimi movimenti di forze britanniche (Allegato n. 3).

6) Trattato navale. Il Governo britannico chiede al Governo fascista l'adesione al Trattato navale+, poiché ritiene una tale adesione vantaggiosa per la pacificazione generale e di grande effetto morale. Tale effetto sarà particolarmente e benevolmente risentito negli Stati Uniti.

7) Palestina. Mentre il Governo britannico si impegnerà al rispetto degli interessi italiani in tale regione, chiede la cessazione dell'attività di agenti italiani o al servizio dell'Italia colà residenti e desidera ottenere dal Governo italiano un impegno di astenersi da ogni tentativo di creare difficoltà al Governo britannico nel decidere circa la politica e l'amministrazione della Palestina. In altre parole Lord Perth ha detto che dall'impegno pel mantenimento dello statu quo nel Mediterraneo deve venire esclusa la Palestina, qualora dovessero in tale zona verificarsi modifiche sulla base del rapporto Peel. Su questo punto ho formulato le più ampie riserve (Allegato n. 4).

273 ·' Riferimento agli accordi tra Italia e Jugoslavia del 25 marzo 1937 (in serie ottava. vol. VI, D. 340). 273 4 Riferimento al Trattato per la limitazione degli armamenti navali tra Stati Uniti. Francia. Gran Bretagna, Canada, Australia, Nuova Zelanda e India del 25 marzo 1936 (in MARTFNS, vol. XXXIV. pp. 679-710), completato dagli accordi del 17luglio 1937 tra Gran Bretagna e Germania (ibid. pp. 710-745) e tra Gran Bretagna e U.R.S.S. (ihid., pp. 745-760).

8) Richieste analoghe a quelle per la Palestina vengono avanzate anche per la Siria.

9) Arabia. Lord Perth mi consegna una formula secondo cui i due Governi si impegnano, per quanto li concerne, di non far niente che possa disturbare lo statu qua territoriale in Arabia nonché di astenersi dal ricercare una posizione privilegiata sulle coste arabiche del Mar Rosso (Allegato n. 5). Tale formula è giudicata da Lord Perth conforme agli accordi già esistenti in merito tra l'Italia e l'Inghilterra 5 .

lO) Propaganda. Lord Perth si riserva di sottopormi uno schema di formula relativo alla cessazione di ogni attività di propaganda anti-britannica. Tale formula gli dovrà venire dal Governo di Londra.

11) Questione etiopica.

a) Riconoscimento dell'Impero. Lord Perth mi consegna una formula nella quale è detto: «Se un accordo è raggiunto in tutte le principali questioni esistenti fra il Governo di Sua Maestà e il Governo italiano, il Governo britannico, non appena possibile, farà passi a Ginevra al fine di rimuovere gli ostacoli che si oppongono al riconoscimento della sovranità italiana sull'Etiopia» (Allegato n. 6).

Tra le questioni esistenti, Lord Perth mette nettamente la questione spagnola e dice che l'accordo potrà considerarsi raggiunto quando si sarà realizzato un concreto progresso nella questione della evacuazione dei volontari.

Ho fatto rilevare a Perth che mi pareva di scorgere una netta differenza tra quanto egli mi comunicava e quanto precedentemente ci era stato comunicato da Londra. Salvo errori, il signor Chamberlain aveva richiesto, per aprire le conversazioni con noi, una dichiarazione di accettazione da parte nostra della formula britannica relativa al ritiro dei volontari. Tale accettazione era stata da noi comunicata. Adesso invece si parlava di progresso sostanziale nell'effettivo ritiro dei volontari. Ciò poteva determinare un notevole ritardo dipendendo non soltanto da noi e dalla nostra buona volontà, bensì dalla volontà di tutti i membri del Comitato di non intervento. Domandavo pertanto a Perth:

l) che cosa intendeva con precisione per concreto progresso nella evacuazione dei volontari; 2) che cosa avrebbe il Governo britannico inteso di fare, se tra l'eventuale intesa tra i due Governi sui vari punti sottoposti al nostro esame e la soluzione del problema spagnolo fosse intercorso un certo periodo di tempo; 3) quando e come il Governo britannico intendeva portare a Ginevra il problema del riconoscimento dell'Impero.

Lord Perth mi ha risposto: per quanto concerne il primo punto che egli non era in grado di darmi precisazioni e che pertanto avrebbe a sua volta posto il quesito a Londra; per il secondo punto che un accordo eventualmente raggiunto tra l'Italia e l'Inghilterra avrebbe potuto essere tenuto in sospeso fino al momento della soluzione richiesta per il problema spagnolo; magari rendendo di pubblica ragione quanto fatto; che infine il Governo britannico intendeva portare il problema del riconoscimento dell'Impero alla prossima riunione del Consiglio della Società delle Nazioni che avrà luogo a Ginevra nel maggio prossimo.

Su tutti questi punti ho formulato le più ampie riserve. Anche Lord Perth si è riservato di chiedere maggiori istruzioni al suo Governo.

b) Frontiere dell'Impero. Il Governo britannico proponeva di rinviare la discussione per la delimitazione dei confini dopo il riconoscimento della sovranità italiana nell'Etiopia. Nel frattempo potrebbe realizzarsi una intesa di bon voisinage.

c) Lago Tana. Il Governo britannico chiede che venga da parte nostra riaffermato il riconoscimento degli interessi inglesi in tale regione, così come precedentemente fu fatto(!.

d) Reclutamento di armati indigeni. Il Governo britannico ci chiede di confermare l'assicurazione data nella nostra nota diretta a Ginevra il 29 giugno 1936, nel senso che l'Italia è per suo conto favorevole ad accettare il principio che gli indigeni non debbano essere obbligati ad altro servizio militare che non sia quello della Polizia locale e della difesa territoriale (Allegato n. 7).

e) Trattamento dei missionari in Abissinia. Il Governo britannico chiede che venga applicato l'articolo 11 del Trattato di San Germano che conferisce libertà di propaganda religiosa ai missionari di ogni confessione pur sottoponendoli al controllo dell'autorità politica e delle leggi locali.

f) Interessi generali del commercio britannico in Etiopia. Siccome il trattato di commercio del 1883 ~ si estende al Regno e alle Colonie, il Governo britannico chiede che esso, una volta realizzato il riconoscimento giuridico dell'Impero, si estenda all'Impero stesso.

Questi i punti contenuti nell'Agenda. Infine Lord Perth ha sollevato il problema concernente la persona di Tafari: pur non volendo includere un tale argomento in quelli ufficialmente avanzati per la discussione, Lord Perth mi ha lasciato intendere che il Governo britannico è desideroso di conoscere le nostre intenzioni nei riguardi del predetto signore.

Ho risposto che non potevo comunque in via ufficiale prendere in considerazione un tale argomento. Parlavo quindi a titolo strettamente personale e cominciavo col dirgli che in Italia si nutre il più profondo disprezzo per questo individuo che dopo aver determinato un conflitto, ha disertato il suo posto sottraendo denaro e proprietà al popolo abissino. La sorte di questo disertore non ci interessava. Escludevo quindi nel modo più formale ed assoluto che il Governo italiano fosse comunque disposto a fare qualsiasi concessione politica nei confronti dell'ex Negus, così come a permettere a lui ed ai suoi discendenti di tornare in Etiopia. Lord Perth mi ha domandato allora se saremmo stati disposti a venire incontro alle sue necessità economiche. Gli ho

273 r. L "Italia aveva riconosciuto i preminenti interessi della Gran Bretagna e dell'Egitto sul bacino del Nilo e sul regolamento delle sue acque e dei suoi affluenti con il trattato anglo-franco-italiano del 13 dicembre 1906 (testo in Trattati c Conven::irmi, vol. XVIII, pp. 920-926). Successivamente, con lo scambio di lettere del 14-20 dicembre 1925, il governo italiano, nel confermare gli impegni precedenti, si era anche impegnato, nel caso in cui il governo di Addis Abeba avesse riconosciuto all'Italia una zona di influenza economica esclusiva nella parte occidentale dell'Etiopia, «a non costruire sulle sorgenti del Nilo Azzurro e del Nilo Bianco e dei loro tributari cd aftluenti alcuna opera che possa in modo sensibile modificare il loro defluire entro il fiume principale». Il 3 aprile 1936, il governo italiano aveva dato assicurazioni a Londra di voler rispettare «i trattati concernenti gli interessi britannici in Etiopia» (vedi serie ottava, vol. III, DD. 561 e 593) e quelle assicurazioni erano state confermate da Ciano all'ambasciatore Drummond il 31 dicembre 1936 al momento di concludere il Gentlemen "s Agreement (si veda BD, vol. XVII. D. 526). 273-Trattato di commercio e navigazione tra Gran Bretagna e Italia del 15 giugno 1883 (Tratlali e conven::ioni, vol. IX, pp. 261-273).

detto che tale questione appariva di secondaria importanza e che forse avrebbe potuto venir presa in considerazione a seconda dell'atteggiamento di Tafari.

Siamo rimasti d'accordo con Lord Perth che un secondo incontro avrà luogo quando nuove e più dettagliate istruzioni gli saranno pervenute da Londra. Pertanto egli prenderà l'iniziativa del prossimo incontro 8 .

ALLEGATO

IL SEGRETARIO DI STATO AGLI ESTERI BRITANNICO, HALIFAX, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

LETTERA PERSONALE. [Londra], 3 mar::.o 1938.

I am taking the opportunity of Lord Perth's return to Rome to send Your Excellency by him this personal message of greeting. I am prompted to do so not only because I have just assumed the office of His Majesty's Principal Secretary of State for Foreign Affairs, but also because the moment coincides with the opening of conversations which in ali sincerity I trust will herald the rebirth of that old friendship between our two countries which up till recently has been a cardinal factor in the policy of both.

ALLEGATO 2

LIST OF SUBJECTS FOR THE AGENDA OF ANGLO-ITALIAN CONVERSATIONS

l) Spain; 2) Re-affirmation of Mediterranean Agreements, including exchange of Notes of January, 1937; 3) Extension of stalus quo portion of Mediterranean Declaration to other Mediterranean Powers;

4) Italian forces in Libya;

5) Exchange of military information;

6) N ava! Treaty;

7) Palestine;

8) Syria;

9) Arabia;

IO) Propaganda generally;

Il) Abyssinian questions:

a) Recognition of Italian sovereignty;

b) Bon voisinage agreement pending fina! settlement of frontiers, namely, Sudan-Abyssinia frontier, Kenya-Abyssinia frontier, British Somaliland-Abyssinia frontier, British Somaliland-Italian Somaliland fronticr;

c) Lake Tsana;

d) Raising of native armies;

e) Treatment of missionaries in Abyssinia;

f) Generai British interests, trade, etc. in Abyssinia.

273 B Il documento ha il visto di Mussolini.

ALLEGATO 3

STATEMENT RELATING TO THE MOVE OF CERTAIN UNITS TO THE MEDITERRANEAN

l. The projccted Army movcments to the Mcditerranean are as follows:

a) l st Light Thank Battalion t o Egypt.

Numbers involved -approximately 470 ali ranks.

Date of sailing-18th March. 1938.

Noticc of this move appeared in the Press at the end of January.

h) Drafts to bring units at present forming part of the garrison of Egypt up to their authorised establishments.

Numbers involved approximately 600 ali ranks.

Date of sailing: before the end of Aprii.

c) One infantry brigade (of three battalions) and ancillary troops to be stationed in Palestine.

Numbers involved approximately 1.300 all ranks.

Date of sailing: dependent on the provision of accomodation. probab1y 111 s1x

months' time. d) One fie1d company R.E. Numbers involved approximate1y 120 ali ranks. Date of sailing: dependent on the provision of accomodation, probab1y m six months' time.

2. The projected Air Force movements are as follows:

a) One fighter squadron will be despatched to Egypt with the necessary reserve aircraft and personne1 about the end of Aprii. b) Two light bomber squadrons with the necessary reserve aircraft and personnel will be despatched early in May.

c) The necessary additiona1 ground personne1 for the maintenance of the increased force in Egypt. together with some additional aircraft to bring units now in Egypt up to approved establishments, will 1eave England between Aprii and July.

N.B. These squadrons form part of the 12 squadrons which it was announced in a statement in March, 1936, were to be 1ocated at convenient p1aces on the strategie air routes overseas.

Three of these squadrons have already been despatched overseas in the course of the last two years, for instance, to Singapore and Kenya. Others will be despatched in the course of the next two years to such p1aces as Cey1on and the Far East.

ALLEGATO 4

(Formula)

PALESTINE

His Majesty's Government desire to obtain from the Roya1 lta1ian Government an undertaking that they will refrain from any attempt to create difficulty for His Majesty's Government either in the framing of policy for or administration of Pa1estine.

ALLEGATO 5

(Formula)

ARABIA

The two Governments agree so far as they are concerned to do nothing to disturb the territorial status quo in Arabia, and that neither of them will seek to obtain for itself a privileged position on the Arabian coast of the Red Sea.

ALLEGATO 6

(Undertaking) "DE JURE" RECOGNITION

If agreement is reached on ali the outstanding questions between His Majesty's Government and the Royal Italian Governmcnt, His Majesty's Government will at the earliest opportune moment take steps at Geneva with a view to removing the existing obstacles in the way of the recognition of Italian sovereignty over Ethiopia.

ALLEGATO 7

(Formula)

RAISING OF NATIVE ARMIES

The Italian Government re-affirm the assurance which they gave in their Note to the League of Nations on June 29th, 1936, that Italy on her side was willing to accept the principle that natives should not be compelled to other military duties than !oca] policing and territorial defence.

273 1 Ed. in L'Europa verso la catastrofe, pp. 282-291. 273 2 Il 2 marzo, l'ambasciata di Gran Bretagna aveva comunicato che il Negus aveva chiesto di essere ricevuto da lord Halifax, probabilmente allo scopo di protestare contro un eventuale riconoscimento dell'Impero italiano. e che lord Halifax. mentre si vedeva obbligato a riceverlo per non dare argomenti all'opposizione, chiedeva di non dare importanza alla cosa e di evitare polemiche di stampa. Ciano aveva assicurato che la notizia sarebbe stata ignorata dai giornali italiani ma aveva fatto notare che se l'episodio fosse stato conosciuto in Italia per altra via vi avrebbe provocato una «sinistra impressione» (appunto di Gabinetto del 2 marzo).

273 5 Vedi D. 256, nota l.

274

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, AL CAPO DEL GOVERNO, MUSSOLINI

APPUNTO. Roma, 9 marzo 1938.

Il R. Ministro in Vienna ha comunicato che il Cancelliere Federale è partito alla volta di Innsbruck dove stasera alle ore 19 terrà agli aderenti del Fronte Patriottico, un discorso che verrà ritrasmesso per radio alle ore 21, e nel corso del quale annuncerà la decisione del Governo Federale di procedere al plebiscito; che avrà luogo domenica prossima 1•

Il R. Ministro in Vienna aggiunge che il Cancelliere Federale è giunto a tale determinazione dopo aver valutato esattamente tutti gli elementi della situazione e convinto che il ricorso al plebiscito popolare sia ancora la soluzione migliore per uscire dall'attuale situazione.

Secondo le notizie raccolte da Ghigi e che egli non ha modo di controllare, Schuschnigg farà conoscere alla radio anche il testo del quesito che sarà sottoposto al referendum popolare e che ad un dipresso suona come segue: «Siete vm per un'Austria, indipendente, cattolica, sociale, che lavora per la pace?».

274 1 13 marzo.

275

IL MINISTRO A VIENNA, GHIGI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 1326/67 R. Vienna, 9 marzo 1938, ore 21,35 (per. ore 3,15 del 10).

Come ho riferito telefonicamente 1 , Cancelliere austriaco ha deciso indire per domenica prossima plebiscito nazionale, dandone annunzio stasera suo discorso lnnsbruck".

Idea plebiscito è già da lungo tempo, come V.E. sa, agitata in questi ambienti e alcuni collaboratori Cancelliere avrebbero voluto indirlo subito dopo discorso 24 febbraio. Ritengo che Cancelliere, dopo molta esitazione e sebbene si preoccupi anche ripercussione su atteggiamento Germania, vi si sia finalmente deciso quasi improvvisamente come ultima ratio, dato rapido evolvere situazione interna.

Governo austriaco conta, o mostra contare, su grande maggioranza ma molti conoscitori dell'ambiente sono meno ottimisti: è tra altro sintomatico che questo ministro Francia, profondo conoscitore Paese e fautore plebiscito fino 15 giorni fa, sia oggi molto preoccupato.

Appello urne costituisce evidentemente ultima carta giocata da Cancelliere austriaco per situazione interna ed estera. Una netta vittoria gli darebbe naturalmente la forza per mantenere ordine Paese e ridarebbe fiducia fautori indipendenza. Se invece plebiscito, pur risultando favorevole governo austriaco, rilevasse grossa percentuale contraria e palese inferiorità alcune province, sarebbe soltanto aggiornato processo in corso. Una sconfitta infine segnerebbe fine indipendenza austriaca.

Esito dipende da masse incerte che stanno fra due minoranze opposte, dall'efficacia degli appelli Cancelliere e della campagna che dovrà svolgersi in questi tre giorni, periodo però sufficientemente lungo perché anche nazisti, di qua e di là della frontiera, possano scendere in campo con tutte le loro forze.

Resta ultima ipotesi: che anche nazionalsocialisti attirati da ulteriori concessioni accettino votare formula plebiscitaria. In questo caso sarebbe soltanto rinnovato l'equivoco attuale, ma forse con rafforzamento, sia pure temporaneo, autorità del Cancelliere.

275 2 Testo in Rehcioni Interna=ionali, pp. 223-224.

275 1 Vedi D. 274.

276

LA LEGAZIONE D'AUSTRIA A ROMA AL CAPO DEL GOVERNO, MUSSOLINI

ZL. 100 Roma, 9 marzo 1938.

Il colonnello Liebitzky si onora di telefonare da Vienna:

Il Cancelliere Federale De Schuschnigg ringrazia vivamente per il consiglio pregevole 1 . Quando è arrivato questo consiglio, era già deciso di fare il plebiscito, perché la situazione interna è adesso meglio che forse più tardi. Un cambio della decisione non più possibile, perché altrimenti segno di debolezza. Il plebiscito non è diretto contro Germania o contro nessuno nell'interno e corrisponde alle direttive inaugurate il dodici febbraio. Il Cancelliere ha bisogno una prova della volontà austriaca per la indipendenza e un incitamento della popolazione e attende un buono successo 2 .

277

IL CONSIGLIERE DELL'AMBASCIATA A BERLINO, MAGISTRATI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

LETTERA PERSONALE SEGRETA. Berlino, 9 marzo 1938 (per. 1'11 ).

Ieri sera, pochi minuti prima della sua partenza per Londra, von Ribbentrop mi ha pregato di passare a vederlo. Mi ha detto:

l) La decisione finale circa la nomina del nuovo Ambasciatore del Reich a Roma 1 non è stata ancora presa dal Fiihrer ed è stata rinviata al ritorno di von Ribbentrop da Londra e cioè al 13 o 14 p.v.

2) Per conoscenza personale del Duce e tua, egli desidera far sapere che il Fiihrer ha l'intenzione di rispondere per iscritto ai quesiti (disarmo, situazione delle minoranze tedesche, problema coloniale) posti dal Signor Nevile Henderson nella sua conversazione del 3 u.s. 2• Probabilmente una tale comunicazione, che non verrà data alla stampa e che sarà consegnata per uso strettamente confidenziale del Governo di Londra, prenderà la forma di un memorandum.

due volte l'addetto militare austriaco, Liebitzky, venuto a comunicargli che il Cancelliere Schuschnigg aveva l'intenzione di bandire un plebiscito sull'indipendenza dell'Austria. Mussolini aveva incaricato il colonnello Liebitzky di far sapere a Schuschnigg che egli sconsigliava il plebiscito. 276 2 Il documento ha il visto di Mussolini. 277 1 Con T. 175/45 R. del 25 febbraio, Ciano aveva incaricato l'ambasciatore Attolico di far presente al governo tedesco che nell'imminenza delle conversazioni italo-britanniche e per la preparazione del viaggio in Italia di Hitler sarebbe stata «molto opportuna e desiderata» la nomina del nuovo ambascia tore a Roma. 277 2 Vedi i DD. 254 c 259.

Tale documento viene compilato in questi giorni e, secondo le istruzioni del Fiihrer, deve essere fatto in accordo con il Governo di Roma. Von Ribbentrop conta lunedì prossimo o martedì di darmene le linee principali perché siano portate a Tua conoscenza. In linea generale esso non si scosterà molto dalle risposte del Fiihrer che ti ho riferite nella mia lettera precedente, relativa alla conversazione Hitler-Henderson3 .

276 1 Secondo un'annotazione contenuta nel Diario di Ciano, il 7 marzo Mussolini aveva ricevuto per

278

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, AL MINISTRO A HSING-KING, CORTESE

T. 3525/16 P.R. Roma, 10 mar::o 1938 ore 11,40.

Compiti missione economica sono stati così stabiliti:

l) Conclusione regolare trattato amicizia commercio navigazione tra l'Italia e Manciukuò che potrebbe uniformarsi di massima, salvo particolari adattamenti, a trattato attualmente in vigore tra Italia e Giappone 1•

Su questo punto è necessario conoscere punto di vista del governo di Tokio e governo mancese, tenendo presente che da parte italiana non si sarebbe alieni, qualora ciò potesse facilitare trattative, di adottare anche altro tipo di trattato generale che fosse ritenuto costà più schematico.

A questo scopo legazione Bangkok è stata invitata trasmettere urgenza V.S. copia recente trattato italo-siamese2 .

2) Conclusione accordi commerciali tra Italia e Giappone e Manciukuò basati su scambi bilanciati, e convenzioni relativi pagamenti. Tali accordi potrebbero essere separatamente conclusi con ciascuno dei due Paesi o potranno assumere carattere tripartito tenendo conto che in ogni caso compensazione dovrà realizzarsi tra Italia da un lato e Giappone Manciukuò insieme dall'altro. Loro schema prevede quantitativi determinate merci quale base iniziale scambio e ne regola progressivo svolgimento.

Prodotti offerti dall'Italia sono principalmente meccanici, chimici, armamento contro ritiro semi oleosi, olii vegetali ed animali, cascami tessili ed altri. Anche su questo punto prego far conoscere pensiero codesto governo.

3) Studio da parte esponenti industriali appositamente delegati, delle possibilità di partecipazione italiana a valorizzazione Manciukuò e Nord Cina ed eventuale attuazione di iniziative private su base telegrammi n. 300 :l e n. 23 4 inviati ambasciata Tokio.

278 1 Accordo tra Italia e Giappone del 30 dicembre 1937, addizionale al trattato di commercio e di navigazione fra l'Italia e il Giappone del 25 novembre 1912 (testo in Trattati e convenzioni, vol. LI, pp. 529-533). Il testo del trattato del 1912 è ihid., vol. XXII, pp. 253-269. 278 2 Trattato di amicizia, commercio c navigazione fra Italia e Siam del 3 dicembre 1937 (testo in Trattati e convenzioni, vol. LI, pp. 438-457). 278 ·1 Vedi D. 55. 278 4 V. D. 32.

Prego V.S. procedere su tutto quanto precede a scambio di vedute con S.E. Auriti, prendere contatti con competenti Autorità e riferire ogni elemento atto chiarire impostazione trattative prima partenza missione fissata 8 aprile.

Comunicato anche Tokio.

277 1 Il documento ha il visto di Mussolini.

279

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO

T. 219/58 R. 1 Roma, IO marzo I938, ore I9,45.

Durante tutta la cns1 austriaca, m1Z1ata col Convegno di Berchtesgaden, il governo austriaco non ha fatto alcun passo verso l'Italia, né alcuna richiesta.

A proposito del plebiscito e siccome si potrebbe spargere la voce che il Duce lo abbia consigliato o suggerito, V.E. deve sapere e far sapere, qualora ciò apparisse necessario per ristabilire la verità dei fatti, che il Duce, pur non volendo intervenire negli affari interni dell'Austria, ha nettamente sconsigliato il p le bisci t o 2 .

280

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. RISERVATO 1351/68 R. Berlino, IO marzo 1938, ore I9,59 (per. ore 2I,25). Seguito mio telegramma n. 67 1•

Solo nella stampa del pomeriggio sono apparse prime notizie del noto discorso del Cancelliere austriaco sul plebiscito 2• Commenti sono tutti brevi e sfavorevoli e si ispirano alla constatazione che plebiscito anche formalmente è illegale e il suo responso non costituisce affermazione sincera.

Le impressioni di tutti gli ambienti tedeschi, che appaiono essere stati assolutamente sorpresi da iniziativa Cancelliere austriaco, continuano ad essere cattive. Circoli diplomatici si mostrano a loro volta preoccupati.

279 2 Vedi D. 276, nota l. 280 1 T. 1331/67 R. Riferiva che in Germania il discorso pronunciato a Innsbruck da Schuschnigg per annunciare il plebiscito era, per il momento, «assolutamente ignorato»: ciò faceva ritenere che i massimi dirigenti tedeschi non avessero ancora deciso la loro posizione. 280 2 Vedi D. 275.

Questo ministro Austria mi informa che probabilmente noto nazionalsocialista austriaco Leopold, oggi giunto in Germania, sarà assunto in servizio presso la Cancelleria personale di Hitler.

279 1 Minuta autografa di Ciano.

281

IL MINISTRO A VIENNA, GHIGI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 1352/73 R. Vienna, 10 marzo 1938, ore 20,26 (per. ore 21,JO).

Mi riferisco mio telegramma n. 67 1•

Alla Cancelleria Federale si fanno i seguenti pronostici sul plebiscito:

l) esso potrà svolgersi regolarmente ed il Cancelliere avrà la maggioranza; 2) se nazionalsocialisti decidessero di astenersi o di boicottarlo, potrebbe verificarsi situazione delicata in Stiria e forse anche in Carinzia; 3) se nazisti, consapevoli della dimostratasi minoranza, decidessero di votare per il plebiscito al fine di annullarlo praticamente, si avrebbe pur sempre vittoria morale del Cancelliere con aumento prestigio interno ed estero; 4) resta l'ipotesi, qui assai paventata, di un colpo di forza da parte della Germania per impedire lo svolgimento del plebiscito o quantomeno suo intervento in caso di scontri cruenti tra nazisti e patriotti.

282

IL MINISTRO A VIENNA, GHIGI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. URGENTE 1358/74 R. Vienna, 10 mar:':o 1938, ore 20.10 (per. ore 22,15).

Mio telegramma n. 71 1•

Nazisti austriaci non hanno ancora deciso ufficialmente loro atteggiamento circa partecipazione plebiscito. Seyss-Inquart si è finora astenuto da ogni manifestazione pubblica in proposito, limitandosi esprimere parere privatamente che formula plebiscitaria non è giuridicamente corretta poiché essa mette in causa esistenza dello Stato e non si può quindi votare senza compiere azione perseguibile penalmente.

Questa legazione di Germania (che prevede maggioranza favore Cancelliere), cerca togliere fin da ora valore plebiscito sostenendo, analogamente a Seyss-Inquart, che plebiscito non è legale, che non è adeguatamente preparato, che manca la garanzia della segretezza del voto e che quindi non sarà espressione veridica della volontà popolare.

281 1 Vedi D. 275. 282 1 Non rintracciato.

283

L'IMAM YAHYA AL CAPO DEL GOVERNO, MUSSOLINI

T. 1413 R. 1 Roma, 10 marzo 1938 (per. il 12).

In occasione dell'inizio delle trattative anglo-italiane porto i miei più vivi auguri e formulo voti ad ambo le Parti per la loro riuscita. A nessuno sfugge il fatto che qualora il dissidio fra le due Potenze dovesse perdurare oltre, si avrebbe una continua minaccia contro la pace, la vita e l'integrità di tutto il mondo civile. Conviene dunque alle due Alte Parti di fare dei sacrifici per la salvezza dell'umanità e per la salvaguardia della fratellanza nel mondo. Che Iddio non voglia che questo nostro secolo sia un secolo di rovina e di carneficina tra gli abitanti della terra e tra i fratelli. Fra i voti che io formulo ad ambo le Parti è anzitutto quello che in queste trattative venga esaminata con particolare cura ed attenzione la situazione palestinese da parte delle due Nazioni giacché in questa terra si assiste oggi ad un continuo massacro, anzi ad una specie di guerra civile senza che vi siano stati dei delitti da provocare questo stato di cose. Si tratta soltanto di una difesa legittima e di una salvaguardia degli interessi della Patria, delle proprie donne, delle proprie case e delle proprie terre.

È noto ad ogni persona che è al corrente della situazione che la fondazione di uno Stato ebraico nella terra palestinese sacra tanto ai musulmani che ai cristiani non può assolutamente costituire un fattore di pace e di tranquillità nel mondo, ma sarà una fonte perenne di discordie e di malintesi che non mancheranno presto o tardi a far sentire le loro tristi conseguenze fino a provocare discordie e crisi tra le Potenze del Mar Mediterraneo, rinnovando così i tristi tempi in cui la Palestina e la Siria erano teatro di sanguinosi conflitti. Ritengo perciò opportuno che la sicurezza e la libertà nel Mar Mediterraneo siano mantenute anche per l'avvenire e ciò per il bene e la tranquillità tanto dell'Italia che deil'Inghilterra nonché per la sicurezza e la pace di tutte le Potenze islamiche rivierasche. Sono pertanto costretto nella mia qualità di Sovrano musulmano e di Re fra quelli più avanzati in età del mondo arabo, di richiamare l'attenzione dell'Italia e dell'Inghilterra sui massacri che avvengono in Palestina, in questo Paese situato in un punto molto delicato del litorale mediterraneo. Nel chiedere ciò io non faccio che il mio dovere religioso e civile di monarca arabo. Prego pertanto questi due Stati di avere a cuore la salvezza di questa terra e la protezione degli abitanti di questo Paese oppresso ed acciaccato. In nome della generosità umana io attendo un'accoglienza favorevole a questa mia voce supplichevole che emana da un cuore pieno di umanità. Io chiedo questo in nome della stessa umanità. E prego che si ripristini la pace e la vita in Palestina.

283 1 11 messaggio venne trasmesso dal dottor Passera a Sanaa.

284

L'UFFICIO DI GABINETTO AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

APPUNTO. Roma, 11 marzo 1938.

Il Ministro Ghigi telefona da Vienna alle ore 12,35 quanto segue:

«Seyss-Inquart, come avevo già comunicato in mattinata, non è partito. Egli è ancora a Vienna, dove nel frattempo è arrivato l'altro Ministro nazionale GlaiseHorstenau, il quale si trovava in Germania per una conferenza.

Si ritiene che Glaise-Horstenau sia stato ricevuto nella scorsa notte da Hitler. Fatto sta che Seyss-Inquart, il quale ieri sera era d'accordo sul plebiscito, ha ora completamente cambiato avviso.

Questa mattina Seyss-Inquart ed altri capi nazionalsociaiisti austriaci hanno comunicato a Schuschnigg che se egli effettuerà il plebiscito provocheranno in Austria un movimento. Tale stato di cose mi fa pertanto supporre che i nazionalsocialisti austriaci svolgano un piano già preordinato, che tende a mettere il Cancelliere federale di fronte ad una irrimediabile situazione.

Viene confermata la notizia di stamane che in Baviera, e specialmente a Monaco, si stiano formando grandi concentramenti di truppa. Tale notizia aumenta le già gravi apprensioni del Cancelliere Federale.

Dallo stato d'animo che ho rilevato nella Cancelleria Federale e dalle notizie che continuano a pervenire, si è confermata l'impressione che nei pomeriggio le truppe del Reich varcheranno la frontiera austriaca».

285

IL MINISTRO A VIENNA, GHIGI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER TELEFONO 1433/8 R. Vienna, 11 marzo 1938, ore 14. (numerazione speciale).

Il Cancelliere mi ha fatto fare una comunicazione del seguente tenore. È esatto che il ministro Glaise-Horstenau è stato ricevuto questa notte a Berlino. Il suo alto interlocutore ha avuto un'esplosione d'ira e gli ha dato varie istruzioni.

Questa mattina alle Il, Glaise-Horstenau e Seyss-Inquart, dopo essere stati alla legazione di Germania, hanno presentato al Cancelliere un ultimatum scadente alle 13 di oggi per ottenere i seguenti punti:

l) Rinunciare alla consultazione popolare;

2) Fare un plebiscito tra 4 o 5 settimane basato sull'articolo 65 della Costituzione;

3) Procedere a varie nomine di nazisti nelle cariche provinciali ed altre concessioni.

I due ministri hanno aggiunto che qualora tali condizioni non fossero accettate essi si sarebbero dimessi ed hanno dichiarato che in tal caso i nazisti si sarebbero opposti al plebiscito di domenica. È stata usata anche la parola Putch.

Il Cancelliere dopo avere anzitutto eliminato termine dell'ultimatum impostogli ha proposto il seguente compromesso: l) Tenere ugualmente la consultazione popolare di domenica prossima sulle basi già fissate. 2) Emettere tuttavia una scheda che, pur votando «si» per il quesito posto, possa esprimere sfiducia per il Cancelliere. 3) Fare più avanti un secondo plebiscito basato questo sull'articolo 65 della Costituzione.

I due ministri si sono riservati di considerare le controproposte di Schuschnigg. Il Cancelliere ha pregato di comunicare a V.E. quanto precede e di chiedere se il Duce credesse di potere, in qualche modo, farsi intermediario in questa questione.

286

IL MINISTRO A VIENNA, GHIGI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER TELEFONO 1436/9 R. Vienna, 11 marzo 1938, ore 15,10. (numerazione speciale).

Il Cancelliere mi ha fatto testé conoscere che, malgrado tutte le concessioni fatte e gli affidamenti dati ai ministri Seyss-Inquart e Horstenau, il ministro Seyss-Inquart gli ha risposto poco fa che, ove, alle 15, non fosse stato in possesso dell'accettazione del Cancelliere alle condizioni da lui poste, avrebbe dovuto considerarsi come persona non più adatta a rivestire le funzioni attribuitegli dall'accordo di Berchtesgaden.

Il Cancelliere ha accettato ed ha deciso di rinviare sine die il plebiscito previsto per domenica prossima.

Egli desidera far pervenire di urgenza al Duce il seguente messaggio:

Il Cancelliere, sotto la minaccia di una guerra civile e di una invasione militare cede alla pressione perché vuole evitare ad ogni costo spargimento di sangue. A questo si è disposto dietro la condizione assoluta che i dirigenti nazisti garantiscano il ristabilimento immediato dell'ordine e della tranquillità nel Paese.

Il Cancelliere sarebbe molto grato di conoscere se il Duce approva tale suo atteggiamento.

287

IL VICE CAPO DI GABINETTO, ANFUSO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

APPUNTO. Roma, 11 marzo 1938.

Alle ore 15,30 il Ministro Ghigi ha telefonato da Vienna quanto segue:

Il Direttore Generale degli Affari Politici austriaco ha telefonato da parte del Cancelliere che il ministro Seyss-Inquart, dopo aver avuto l'accettazione del Cancelliere, l'ha telefonata a Goring.

Questi ha risposto che non basta più e che occorrono le dimissioni di Schuschnigg in giornata e la sua sostituzione con Seyss-Inquart. Il Cancelliere prega Ghigi di mettersi in contatto col Duce.

Alle ore 15,40.

Il Ministro Ghigi, che è rimasto in linea, aggiunge che ha ricevuto altra comunicazione, secondo la quale il termine «in giornata» viene ridotto ad un'ora che si aggira verso le 16,30.

Se il Cancelliere Schuschnigg non si dimette per tale ora succederà ... quel che succederà. Schuschnigg insiste nel pregare Ghigi di mettersi in contatto col Duce dal quale gradirebbe avere un consiglio 1 .

288

IL VICE CAPO DI GABINETTO, ANFUSO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

APPUNTO. Roma, 11 marzo 1938.

Alle ore 17,20 l'incaricato d'Affari di Francia, al quale avevo fissato un appuntamento con S.E. il ministro per le ore 18,30, mi ha fatto la seguente comunicazione:

«Le sarei grato se in vista della gravità della situazione austriaca e dell'ultimatum presentato al cancelliere Schuschnigg, che scade alle 17, volesse anticipare la mia intervista con S.E. Ciano allo scopo di permettermi di concertarmi con Lui in relazione all'appello che il Cancelliere Federale austriaco ha rivolto a Parigi, a Londra e a Roma».

Prese istruzioni da S.E. il Ministro, ho risposto quanto segue all'incaricato d'Affari di Francia:

«S.E. Ciano Le fa sapere che noi non intendiamo concertarci con la Francia e con l'Inghilterra a proposito della situazione austriaca. Se Lei non ha altra comunicazione da fare, S.E. la dispensa dal venire all'appuntamento già fissato per le ore 18,30».

Il Signor Bionde! ha replicato: «alors, vous dites rien à concerter». Gli ho risposto: «le vous répète: rien à concerter». Il Signor Bionde! mi ha allora detto che avrebbe preso istruzioni da Parigi,

dopo avute le quali mi avrebbe fatto sapere se sarebbe o meno venuto all"appuntamento delle 18,30 1•

287 1 A questo proposito vi è nel Diario di Ciano la seguente annotazione. sotto la data del 9 marzo: [Schuschniggj «ci ha chiesto tramite Ghigi il da farsi. Ho più volte conferito col Duce. Non possiamo assumerci da qui la responsabilità di consigliarlo in un senso o nell'altro. Quindi agisca secondo la sua coscienza». Non si è trovata documentazione circa il momento c il modo in cui fu risposto al Cancelliere austriaco. 288 1 A questo documento è allegato un secondo appunto di Anfuso del seguente tenore: «Alle ore 18,10 l'Incaricato d'Affari di Francia mi ha fatto chiamare da un Segretario dell'Ambasciata, il quale mi ha comunicato quanto segue: Etant donné ce que Vous avez communiqué à M. Bionde!, il préfère ne pas déranger Son Excellence Ciano -Il marzo XVI».

289

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. RISERVATO URGENTISSIMO 1383/71 R. Berlino, 11 marzo 1938, ore 18,04 (per ore 18,55).

Stamane ha avuto luogo presso il Cancelliere del Reich riunione alla quale hanno assistito Neurath e Papen.

È stato deciso di far chiedere al Cancelliere austriaco, a mezzo Seyss-Inquart, di rinviare di due settimane il plebiscito. Nelle prime ore del pomeriggio è partito in aeroplano per Vienna fiduciario del Fiihrer Keppler latore di tale domanda.

Contemporaneamente, perché il Duce e V.E. fossero perfettamente informati della situazione, è partito per Roma in apparecchio principe di Assia 1•

Situazione, in caso di rifiuto di Schuschnigg, è qui considerata grave.

Von Papen, che ha visto Magistrati nel pomeriggio, si mostra molto preoccupato ed afferma che unica soluzione sarebbe dimissioni di Schuschnigg. Frattanto movimenti militari alla frontiera si confermano. Questo ministero della Guerra ha comunicato al nostro addetto militare che si

tratta di misure precauzionali «per qualsiasi evenienza».

Assicuro di aver portato a conoscenza questo ministero Affari Esteri contenuto telegramma di V.E. n. 58 2 opportunamente giunto perché effettivamente cominciavano sorgere voci nel senso che il plebiscito avesse avuto approvazione del Duce.

Ribbentrop rientrerà stasera a Berlino in apparecchio da Londra.

290

IL MINISTRO A VIENNA, GRIGI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER TELEFONO 1437/10 R. Vienna, 11 marzo 1938, ore 18,50. (numerazione speciale).

Questa Cancelleria Federale informa che il signor Keppler, insieme all'incaricato d'affari di Germania si sono recati dal Presidente Federale per domandargli la composizione di un governo avente alla testa il signor Seyss-Inquart e almeno due terzi di membri nazisti. Hanno inoltre chiesto la ricostituzione del partito nazista austriaco. La Cancelleria aggiunge che il Presidente Federale avrebbe avuto tempo fino alle ore 19,30 per decidere.

289 1 Latore del D. 296. 289 2 Vedi D. 279.

291

IL MINISTRO A VIENNA, GHIGI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER TELEFONO 1439/12 R. Vienna, Il marzo 1938, ore 20,20. (numerazione speciale).

Cancelliere Federale mi informa che in seguito a duplice ultimatum del signor Keppler e dell'addetto militare germanico, generale Muff1 , il Presidente Federale si è rifiutato di congedare il Cancelliere Schuschnigg limitandosi, d'accordo con lui, a dare ordine alle truppe federali di non opporsi all'ingresso delle truppe germaniche. Perciò il Presidente ed il Cancelliere Federale aspetteranno a Vienna l'arrivo dei germanici.

Secondo quanto ritiene la Cancelleria Federale, le truppe del Reich, forti di circa duecentomila uomini starebbero già passando la frontiera.

Nota. La prima idea di dare le dimissioni, che verso le ore 18 sembravano sicure, è stata poi modificata con quella di attendere un ultimatum direttamente dai tedeschi anzichè dai nazisti austriaci. Secondo quanto mi consta tale idea sarebbe stata suggerita da questo ministro di Francia.

292

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO

T. 222/59 R. Roma, 11 mar:::.o 1938, ore 21.

Ho detto a questo incaricato d'affari di Germania:

l) che fin da lunedì il Duce, informato ufficiosamente dell'intenzione di Schuschnigg di fare il plebiscito, lo ha sconsigliato 1 ;

2) che oggi l'incaricato d'affari di Francia ha chiesto di vedermi d'urgenza per «concertarsi» sull'appello del Cancelliere Federale austriaco rivolto a Parigi, Londra e Roma. Io ho fatto rispondere che noi «non intendiamo concertarci con la Francia e l'Inghilterra a proposito della situazione austriaca e che se non aveva altre comunicazioni da fare lo dispensavo dal venirmi a vedere». Il signor Bionde! dopo aver preso istruzioni da Parigi ha risposto che dato il tenore della mia comunicazione rinunciava alla sollecitata udienza 2 .

Di quanto precede danne notizia anche direttamente, alla pnma occaswne, a codesto governo.

291 Vedi D. 290. 292 1 Vedi DD. 276 e 279. 292 2 Su tuttociò si veda il D. 288.

293

IL MINISTRO A VIENNA, GHIGI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER TELEFONO 1442/18 R. Vienna, Il marzo 1938, ore 21. (numerazione speciale).

Situazione governo non risulta mutata. Il Presidente Federale come è noto si è rifiutato accettare ultimatum nonchè accogliere dimissioni presentategli da Schuschnigg. Contemporaneamente, ha dato ordine alle truppe di non resistere alla eventuale invasione germanica. Questa non avendo ancora avuto luogo non vi è alcun cambiamento in queste ultime due ore. Come ho già riferito, ministro Interni Seyss-lnquart ha assunto per conto proprio mantenimento dell'ordine nel Paese.

Continuano nel centro di Vienna grandi manifestazioni di giubilo con fiaccolate e bandiere naziste.

294

L'INCARICATO D'AFFARI A SOFIA, DANEO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 1391/20 R. Sofia, II marzo 1938, ore 22,30 (per. ore 1,20 del 12).

Mio rapporto n. 356 1•

Questo direttore generale Affari Esteri 2 mi ha detto che Kiosseivanov lo ha autorizzato confermarmi che Bulgaria considera questione riconoscimento Impero come superata.

Credenziali prossimo ministro di Bulgaria a Roma saranno indirizzate Re Imperatore e uguale piena formula verrà usata nella risposta reale alla presentazione credenziali ministro Talamo.

Presidente del Consiglio gradirebbe tuttavia che stampa italiana nel commentare avvenimento non lo ponesse in relazione con recenti analoghe decisioni Intesa Balcanica, considerandolo come logico corollario confermante atteggiamento Bulgaria al riguardo 3 .

294 2 Stoyan Petrov-Chomakov. 294 1 Su richiesta di Ciano (T. 226/23 R. del 13 marzo). l'incaricato d'affari, Daneo, comunicava poi di avere avuto assicurazione da parte dello stesso presidente del Consiglio bulgaro che la formula usata, sia nella risposta reale alla presentazione delle credenziali del ministro Talamo, sia nelle credenziali del prossimo ministro di Bulgaria a Roma, sarebbe stata «Re d'Italia e Imperatore d'Etiopia» e non soltanto «Re Imperatore» (T. 1501/21 R. del 14 marzo).

294 1 Non rintracciato.

295

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO

T. PER CORRIERE 223 R. Roma, II marzo 1938.

Per informazione di codesto governo può dire a Ribbentrop, a mio nome, che comunicato conclusivo visita Beck (pubblicato dai giornali del lO) 1 rispecchia fedelmente natura e portata visita, la quale, pur senza portare ad accordi od intese specifiche, ha di fatto marcato un rafforzamento nella cordialità dei rapporti tra i due Paesi e confermata la concordanza generale di vedute e il proposito di tenersi in rapporto per le questioni di comune interesse.

296

IL CANCELLIERE DEL REICH, HITLER, AL CAPO DEL GOVERNO, MUSSOLINI

LETTERA SEGRETA 1 . Berlino, Il marzo 1938 2 .

In un'ora fatale mi rivolgo a Lei, Eccellenza, per darLe notizia di una decisione, la quale appare imposta dalle circostanze ed è ormai immutabile.

Negli ultimi mesi, con crescente preoccupazione, ho visto come tra Austria e Cecloslovacchia venisse a poco a poco formandosi una relazione la quale, già in tempo di pace per noi difficilmente sopportabile, doveva però in caso di una guerra imposta alla Germania diventare causa della più seria minaccia per la sicurezza del Reich.

Nel corso di questi accordi lo Stato austriaco cominciò a munire gradualmente tutte le frontiere di sbarramenti e jòrtificazioni. Lo scopo non poteva essere altro che:

l) attuare ad un determinato momento la restaurazione: 2) mettere in opera, anche contro la Germania, se necessario, il peso di una massa in ogni caso di 20 milioni di uomini.

Precisamente gli stretti vincoli tra Germania e Italia hanno esposto il nostro Reich, come del resto era da aspettarsi, ad immancabili attacchi. incombe a me la responsabilità di non lasciare sorgere nell'Europa Centrale una situazione la quale forse, proprio in causa della nostra amicizia con l'Italia, potrebbe un giorno condurre a gravi complicazioni. Questo nuovo orientamento della politica dello Stato austriaco

296 1 Il testo qui pubblicato è quello della traduzione effettuata dagli uffici di Palazzo Chigi. 296 2 Questa lettera fu consegnata a Mussolini dal principe d'Assia la sera dell'Il marzo. Le parti qui riprodotte in corsivo non furono rese pubbliche.

non corrisponde però in alcun modo al vero desiderio e alla volontà del popolo austriaco.

Da anni i tedeschi dell'Austria vengono violentati e maltrattati da un regime privo di qualsiasi base legale. Le sofferenze di innumerevoli persone tormentate non hanno limiti.

La sola Germania ha accolto finora più di 40 mila fuggiaschi i quali dovettero abbandonare il loro Paese sebbene la stragrande maggioranza degli abitanti dell'Austria condivida pienamente la loro ideologia e le loro convinzioni politiche.

Allo scopo di rimuovere una tensione che diveniva sempre più insopportabile, mi sono deciso a compiere un estremo tentativo col Signor Schuschnigg onde raggiungere un accordo per stabilire in modo definitivo la completa uguaglianza di tutti dinanzi alla legge.

In occasione del nostro colloquio di Berchtesgaden ho richiamato nel modo più serio l'attenzione del signor Schuschnigg sul fatto che la Germania non è disposta:

l) a lasciare che una Potenza militare nemica si formi ai suoi confini, tanto più che tali piani sono in netta contraddizione con la vera volontà del popolo austriaco;

2) ho richiamato l'attenzione del signor Schuschnigg sul fatto che la Germania non può alla lunga tollerare che in Austria una sparuta minoranza maltratti la maggioranza di idee nazionali. Io stesso sono un figlio di questa terra. L'Austria è il mio Paese e dagli ambienti dei miei propri famigliari io so quali tribolazioni e quali sofferenze la stragrande maggioranza di questo popolo, che nutre idee nazionali, debba sopportare.

Ho attirato la sua attenzione sul fatto che è per una grande Potenza impossibile, posso anzi dire essere questo l'unico caso del mondo, tollerare che genti dello stesso sangue, della stessa origine e partecipi di un comune passato storico, siano proprio per queste ragioni perseguitate, maltrattate, e private dei loro diritti.

Inoltre ho messo il Signor Schuschnigg al corrente che, nel caso non venisse ristabilita la parità di diritti di tutti i tedeschi dell'Austria, un giorno noi saremmo costretti ad assumere la protezione di questi fratelli abbandonati da tutti.

Le richieste da me avanzate erano più che moderate.

Infatti, secondo tutti i principi della ragione, del diritto e dell'equità, sì, persino secondo i principi di una formalistica democratica, il Signor Schuschnigg avrebbe dovuto dare le dimissioni col suo Gabinetto, onde cedere il posto ad un Governo effettivamente sostenuto dalla fiducia di un popolo.

lo non ho preteso ciò. Mi accontentai di una serie di assicurazioni che in avvenire nel quadro delle leggi austriache-sia pure ingiustamente introdotte -ma tuttavia esistenti nell'attuale momento, tutti gli abitanti di questo Paese, venissero ugualmente trattati, ugualmente favoriti o ugualmente svantaggiati, e che infine nel campo militare si creasse una certa sicurezza affinché un giorno lo Stato austriaco non diventasse una succursale della Cecoslovacchia.

Il signor Schuschnigg mi ha dato solenne assicurazione e ha conchiuso un accordo in tale senso.

Sin dal primo momento non ha rispettato questo accordo.

Oggi poi egli si è lasciato andare ad un nuovo colpo contro lo spirito di questo accordo con l'indire una cosidetta consultazione popolare la quale rappresenta una vera derisione di qualsiasi plebiscito.

Le conseguenze di questa nuova progettata violenza della maggioranza popolare sono quelle temute.

Il popolo austriaco insorge ora definitivamente contro la continuata oppressione, e da ciò risulta ineluttabilmente la necessità di nuove violenze. Di conseguenza i rappresentanti di questo popolo oppresso, tanto nel Governo Federale quanto nelle altre Corporazioni, si sono ritirati.

Da avant'ieri questo Paese si riavvicina in modo crescente all'anarchia.

Nella mia responsabilità di Fiihrer e Cancelliere del Reich tedesco, ed anche come figlio di questa terra, non posso assistere più a lungo inerte a questo sviluppo degli avvenimenti.

Sono deciso a ristabilire ormai nel mio Paese ordine e tranquillità e dare alla volontà popolare la possibilità di decidere del proprio destino in modo inequivocabile, chiaro ed aperto a suo giudizio.

Che il popolo austriaco possa quindi forgiare da sé il proprio destino! Qualunque sia il modo in cui tale voto debba realizzarsi, una cosa ora io desidero assicurare a Lei, Eccellenza, in modo solenne, a Lei, quale Duce dell'Italia Fascista:

l) Non scorga in questo atto altro che un atto di legittima difesa nazionale e quindi un'azione, che ogni uomo di carattere al mio posto compirebbe nel medesimo modo. Anche Lei, Eccellenza, non potrebbe agire diversamente, se fosse in giuoco il destino di italiani. Ed io, come Fiihrer e come nazional-socialista, non posso fare altrimenti.

2) In un'ora critica per l'Italia io Le ho dimostrato la fermezza delle mie disposizioni interiori. Non dubiti che, anche nell'avvenire, nulla sarà mutato a questo riguardo.

3) Qualunque possa essere la conseguenza dei prossimi avvenimenti, io ho tracciato una netta frontiera tedesca verso la Francia e ne traccio ora una, altrettanto netta, verso l'Italia. È il Brennero.

Questa decisione non verrà mai né discussa né attaccata. Questa decisione non l'ho presa nell'anno 1938 ma subito dopo la fine della Grande Guerra e non ne ho mai fatto un mistero.

Mi perdoni, La prego, Eccellenza, in primo luogo la fretta di questa lettera e la forma di questa comunicazione. Gli avvenimenti sono sopraggiunti inaspettati per tutti noi. Nessuno aveva sentore dell'ultimo passo del signor Schuschnigg, neppure i suoi colleghi di Governo, ed io avevo sperato sempre fino ad oggi che forse all'ultimo momento fosse possibile un'altra soluzione.

Mi rammarico profondamente di non poterLe parlare personalmente in questi momenti per dirLe tutto ciò che sento 1 .

295 1 Testo in Relazioni Interna:::iona/i, p. 196.

296 1 Circa l'accoglienza di Mussolini, si veda il Diario di Ciano alla data del 12 marzo dal quale risulta che fu considerata come particolarmente importante «la precisa dichiarazione sul riconoscimento del Brennero come frontiera italiana>> e che Mussolini incaricò subito il principe d'Assia di informare Hitler che <<l'Italia segue con assoluta calma gli eventi>>. Secondo un accenno contenuto nel rapporto di Magistrati del 14 aprile qui pubblicato come D. 487 la risposta di Mussolini fu comunicata dal principe d'Assia per telefono intorno alle ore 22 dello stesso Il marzo.

297

IL MINISTRO A VIENNA, GHIGI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER TELEFONO 1447/21 R. Vienna, 12 marzo 1938, ore 0,40. (numerazione speciale).

Mio fonogramma n. 19 1 . Seyss-Inquart non è stato nominato Cancelliere ma è per ora incaricato degli affari di governo.

Il Presidente Federale ha invece accettato le dimissioni del dottor Schuschnigg, ma si è rifiutato di sostituirlo con Seyss-Inquart, limitandosi ad affidare a quest'ultimo, come il ministro dell'Interno, la direzione degli affari di governo.

Negli ambienti della Presidenza Federale si teme ora un movimento di piazza diretto ad obbligare il Presidente Federale a nominare Seyss-Inquart Cancelliere, ovvero a rassegnare le proprie dimissioni.

L'annunciato discorso di Seyss-Inquart è rinviato a più tardi.

298

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, CROLLA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 1392/229 R. Londra, 12 marzo 1938, ore 1,18 (per ore 4,35).

Mio telegramma n. 223 1•

Senso di vasto allarme per incalzanti sviluppi situazione austriaca è andato qui progressivamente aumentando da ieri a stasera.

Avvenimenti vengono seguiti di ora in ora con febbrile interesse e commentati con crescente ansietà in questi circoli politici e diplomatici.

Corbin si è oggi recato due volte al Foreign Office per urgenti consultazioni col governo britannico. Mi risulta che Chamberlain, il quale aveva oggi a colazione Ribbentrop, gli ha fatto presente che attuale azione tedesca in Austria, oltre che a suscitare profonda preoccupazione governo inglese e avere inevitabili ripercussioni su tutto il complesso problema della pacificazione, non manca di far sentire suoi rincresciosi effetti sui rapporti anglo-tedeschi.

297 1 T. 1445/19 R. (numerazione speciale) dell'Il marzo. Trasmetteva il comunicato ufficiale con cui veniva annunciato che-su richiesta germanica -era stata affidata a Seyss-Inquart «la direzione degli affari di governo». 298 1 T. 1357/223 R. del IO marzo. Riferiva di avere appreso da fonte giornalistica che il governo britannico si proponeva di fare un passo a Berlino per far presente l'opportunità di non turbare la libertà di espressione del popolo austriaco.

299

IL MINISTRO A VIENNA, GHIGI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER TELEFONO 1452/26 R. Vienna, 12 marzo 1938, ore 10,05. (numera::ione speciale).

Reparti germanici hanno varcato stamane frontiera. R. console generale Innsbruck mi conferma che alle ore 9,30 un reggimento di fanteria germanico è entrato a Salisburgo.

Oggi è giunto Vienna Himmler con alcuni funzionari della polizia germanica. Non mi è invece stata confermata presenza a Vienna di Hess che è riportata da alcuni giornali locali.

300

L'INCARICATO D'AFFARI, A LONDRA, CROLLA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 1417/230 R. Londra. 12 mar:::o 1938, ore 14,35 (per. ore 17,20).

Consiglio dei ministri britannico riunitosi stamane, dopo seduta durata circa due ore ha diramato seguente comunicato ufficiale: «Gabinetto ha discusso avvenimenti Austria ed è stato informato che una protesta nei termini più energici è stata fatta a Berlino. Primo Ministro e Segretario di Stato per gli Esteri avevano precedentemente fatto analoghe rimostranze a Herr von Ribbentrop1 . Si è constatato che azione del governo tedesco non poteva avere effetto più perturbatore sulle relazioni anglo-tedesche e sulla pubblica fiducia in Europa. Governo britannico si mantiene nel più stretto contatto con governo francese e dedica continua attenzione alla situazione. Ministri rimangono a disposizione nelle vicinanze di Londra durante week-end e il Gabinetto si riunirà nuovamente in ogni caso lunedì prossimo» 2 .

301

IL MINISTRO A VIENNA, GHIGI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER TELEFONO 1456/30 R. Vienna, 12 marzo 1938, ore 16,15. (numerazione speciale).

Centoventi apparecchi da bombardamento, da caccia e da ricognizione hanno atterrato al campo di Aspern presso Vienna. Un battaglione di fanteria aerea sbarcato all'aeroporto stesso ha occupato militarmente aeroporto.

300 2 Il documento ha il visto di Mussolini.

Una divisione germamca è in marcia tra Linz e St. Polten ed è attesa in giornata a Vienna.

Il Cancelliere Seyss-Inquart ha ordinato lo scioglimento del Fronte Patriottico. Sono stati sostituiti con nazionalsocialisti i più alti funzionari dei governi provinciali.

Giornali pomeriggio pubblicano in prima pagina il proclama odierno del Cancelliere del Rei c h 1• Ad Innsbruck durante la notte sono stati operati molti arresti di capi e gregari

del Fronte Patriottico e funzionari governativi. A Vienna hanno luogo cambiamenti nelle direzioni dei principali giornali. L'agenzia Telegraph Company comunica che per oggi pomeriggio è annunciato

il passaggio di Hitler attraverso la città di Salisburgo. Hitler partirebbe da Strasswalchen e in automobile attraverserebbe la città per proseguire per Berchtesgaden.

300 1 Vedi D. 298.

302

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, ALL'AMBASCIATORE IN CINA, CORA

T. S.N.D 225/85 R. Roma, 12 marzo 1938, ore 14.

Telegrammi di V.E. nn. 136 a 138 1•

Aperture fattele sembrano troppo vaghe ed indeterminate per poter costituire base di una nostra mediazione. Abbiamo comunque preso contatto con Berlino 2 e mi riserbo ulteriori comunicazioni.

Prego comunicare Tokio.

303

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S.N.D. PER CORRIERE 1486/025 R. Berlino, 12 marzo 1938 (per. il 14).

Io essendo ancora convalescente, Neurath è venuto questa mane a vedermi personalmente per mettermi al corrente degli avvenimenti austriaci, di cui egli

è stato, col Fiihrer e con Géiring, il Deux ex machina. Curioso che tutta questa burrasca austriaca si sia svolta nell'assenza del ministro degli Esteri von Ribbentrop, il quale anzi, avendo chiesto ieri di tornare, fu dal Fiihrer espressamente pregato di restare a Londra fino a completo svolgimento del suo programma originale.

Il barone von Neurath mi ha così informato del messaggio inviato ieri dal Fiihrer al Duce 1 e della risposta avutane 2 , mostrandosi felice dell'alta comprensione della situazione mostrata nell'occasione dall'Italia.

Secondo Neurath, la situazione si è venuta sviluppando quasi da sé, inattesamente e improvvisamente. Schuschnigg ha il torto di aver voluto sabotare gli accordi di Berchtesgaden così come in fondo aveva sabotato quelli dell'Il luglio. La situazione divenne già tesa dopo il discorso Schuschnigg3 , ma si sarebbe ancora potuta salvare senza la malaugurata idea del plebiscito che, mentre costituiva una sfida aperta al Reich, dall'altra, attraverso i disordini che veniva a fomentare, forniva alla Germania l'occasione, temuta e sperata allo stesso tempo, per un intervento.

L'ordine di mobilitazione (due corpi di armata) fu dato giovedì sera, ma ancora ieri alle cinque si credeva in base alle informazioni di Seyss-Inquart che non sarebbe stato necessario di ricorrere all'invio effettivo di truppe. Senonché alle 8 p.m. e anzi più tardi, Seyss-lnquart fece sapere che tutto tornava a pericolare e che l'uso della forza si rendeva quindi indispensabile.

Ho chiesto, a titolo personale, al barone von Neurath se si rendeva conto -mettevo da parte naturalmente l'Italia -che agli occhi dei terzi era proprio l'invio di truppe quello che avrebbe costituito l'oggetto maggiore di scandalo. Egli mi ha risposto che se ne rendeva conto benissimo e ha anzi aggiunto che aveva cercato di evitarlo quanto più possibile: egli stesso peraltro aveva dovuto cedere di fronte alle ultime invocazioni di Seyss-Inquart. Le truppe tedesche del resto erano state accolte da quelle austriache fraternamente e festosamente, talora quasi trionfalmente. Era intenzione inoltre del governo tedesco di ritirarle al più presto e possibilmente prima dello stesso plebiscito, il quale si sarebbe svolto verso il l O aprile.

Richiesto da me quale ora fosse il programma ulteriore della Germania in Austria, von Neurath ha ammesso non escludere che il Fiihrer si proponga di instaurare in Austria un regime di «unione personale». Particolare interessante: Hitler, che aveva perso la cittadinanza austriaca, la ha in questi giorni già riacquistata.

Hitler è intanto partito per Monaco. Entro un paio di giorni egli si recherà a Linz per deporre una corona di fiori sulla tomba dei propri genitori. Forse, ma questo non si sa, andrà in un secondo momento a Vienna.

Prego considerare quanto sopra, anche per la fonte da cui proviene, come confidenzialissimo. Non telegrafo per filo anche perché non ancora in possesso di un cifrario veramente ermetico.

303 2 Vedi D. 296, nota 3. 303 " Del 24 febbraio, per il quale si veda il D. 234.

301 1 Il proclama annunciava l'ingresso in Austria delle armate germaniche per garantire al popolo austriaco la possibilità di decidere il proprio destino con un «vero plebiscito» (testo in Relazioni 111/erna~iona/i, p. 229). 302 1 Vedi D. 270. 302 2 I telegrammi dell'ambasciatore Cora qui in riferimento erano trasmessi con telespresso 2093321125 del 14 marzo ad Attolico con l'incarico di metterne al corrente la Wilhelmstrasse e di riferire poi sul punto di vista tedesco. Sul relativo passo compiuto presso von Ribbentrop si veda il D. 354.

303 1 Vedi D. 296.

304

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO AL CAPO DEL GOVERNO, MUSSOLINJI

APPUNTO. Roma, 12 marzo 1938.

Questa mattina alle ore 11 ha avuto luogo il secondo colloquio con l'Ambasciatore di Gran Bretagna, Lord Perth. Riprendendo alcuni punti della discussione che aveva avuto precedentemente luogo, egli mi ha comunicato:

l) Che il Governo britannico non era ancora in grado di farmi conoscere con precisione che cosa intendeva per «sostanziale progresso» nel ritiro dei volontari. Non appena possibile Lord Perth mi avrebbe dato maggiori spiegazioni. Per parte mia gli ho risposto che noi, allorché avevamo significato la nostra adesione alla formula britannica, lo avevamo fatto in piena buona fede e animati dalla migliore volontà. Quindi era nostra intenzione di poter tradurre in pratica quanto di massima era stato concertato. Ma facevo rilevare all'Ambasciatore britannico che non solo da noi e da loro dipendevano i lavori del Comitato di non Intervento e che quindi avrebbe potuto presentare grave svantaggio il far dipendere i risultati delle conversazioni itala-britanniche dai progressi più o meno realizzati in seno al Comitato di non Intervento stesso. Lord Perth ha concordato e mi ha detto che è proprio su questo punto che il Governo britannico ha portato la sua attenzione.

2) Per quanto concerne la riserva da me formulata sulla opportunità di invitare le altre Potenze mediterranee a manifestare la loro solidarietà per il mantenimento dello statu quo nel Mediterraneo, Lord Perth mi informava che il Governo britannico aveva deciso di mettere temporaneamente da parte tale questione. Io ho detto che, poiché su questo punto ritenevo la opposizione italiana di carattere definitivo, suggerivo al Governo britannico di non voler più tornare su questa proposta.

Lord Perth mi ha infine rimesso una proposta di formula per quanto concerne lo scambio di informazioni militari 2 . Mi sono riservato di sottoporla all'esame dei nostri esperti.

Lord Perth mi ha anche detto che nei primissimi giorni della prossima settimana giungerà a Roma il signor Rende!, esperto britannico per le questioni concernenti la Palestina, la Siria e l'Arabia. Egli prenderà contatto col nostro rappresentante, da me indicato nella persona del signor Guarnaschelli. Abbiamo concordato con Lord Perth che nei primi giorni della prossima settimana anche noi cominceremo l'esame, punto per punto, delle questioni in discussione.

Ho richiamato l'attenzione di Lord Perth sul fatto che l'Inghilterra si propone di sottoporre all'esame del Consiglio della Società delle Nazioni la questione del riconoscimento dell'Impero. Ho domandato quale programma avrebbe l'Inghilterra nel caso che il Consiglio facesse delle difficoltà. Lord Perth mi ha detto di non essere in grado di rispondere, ma che comunque della soluzione di tale problema assumeva la completa responsabilità il Governo britannico.

Prima di !asciarmi Lord Perth mi ha chiesto il nostro punto di vista nei confronti della situazione austriaca e mi ha comunicato la qui unita copia del telegramma diretto dal Foreign Office all'Ambasciatore britannico a Berlino 3 . Ho risposto a Lord Perth sulla linea della dichiarazione preparata per la seduta di questa notte al Gran Consiglio 4 . L'ho anche informato dell'arrivo di un messaggio personale del Fiihrer diretto al Duce\ contenente punti molto importanti circa la questione austriaca, specialmente in rapporto alle relazioni italogermaniche.

ALLEGATO

FORMULA PER GLI SCAMBI DI INFORMAZIONI MILITARI

His Majesty's Government in the United Kingdom and the Italian Government agree that in the month of January each year a reciproca! exchange of information shall take piace through the Service Attaches in London and Rome regarding any major prospective administrative movements or redistribution of their respective naval, military and air forces in the Mediterranean and Red Sea. Such an exchange of information will not necessarily preclude the occasionai communication of supplementary military information should either party consider that the politica! circumstances of the moment made it desirable.

The two Governments further agree to notify each other in advance of any decision to provide new naval or air bases in the Mediterranean East of longitude 19 degrees East and in the Red Sea or the approaches thereto.

ALLEGATO 2

SEDUTA DEL GRAN CONSIGLIO DEL 12 MARZO XVI COMUNICAT0°

Il Ministro degli Affari Esteri ha riferito sull'andamento soddisfacente dei due primi colloqui con l'Ambasciatore di Gran Bretagna a Roma.

Jl Gran Consiglio ne ha preso atto emettendo nel contempo il voto che le ulteriori conversazioni conducano a realizzare un accordo conforme all'interesse dei due Paesi e tale da eliminare ogni motivo di contrasto fra loro.

304 .J Allegato 2. 304 5 Vedi D. 296. 304 1' Minuta autografa di Mussolini.

304 1 Ed. in L'Europa verso la carasfrofe. pp. 292-294. 304 2 Allegato l.

304 1 Non pubblicato. Il documento è riprodotto in BD, serie terza. vol. I. D. 39.

305

IL CONSIGLIERE DELL'AMBASCIATA A BERLINO, MAGISTRATI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

LETTERA PERSONALE 1 . Berlino, 12 marzo 1938 (per. il 14).

Affido a Maria 2 che si reca a Roma, in aereo, per alcuni giorni, queste prime notizie ed impressioni circa le «Idi di Marzo» austriache.

Tu conosci tutte le varie battute intercorse tra l'incontro Schuschnigg-Hitler del 12 febbraio, a Berchtesgaden, e l'annuncio del plebiscito, dato dal Cancelliere del Bund a Innsbruck la sera di mercoledì 9 u.s.

Qui quell'annuncio costituì per tutti una vera sorpresa e, dato il preoccupante silenzio mantenuto dalle sfere del Governo e del Partito nella mattina di giovedì 10, si comprese immediatamente che esso aveva suscitato una netta ostilità, con conseguenze imprevedibili. In altre parole, quella discesa della valanga per la china iniziata a Berchtesgaden prese senz'altro un'inclinazione definitiva verso il precipizio.

Nel pomeriggio di giovedì, mentre la stampa a seguito della conferenza tenutasi presso il Ministero della Propaganda iniziava, per quanto in termini ironici e con impaginazioni limitate la sua critica alla forma ed al contenuto del plebiscito, venivano impartite le prime istruzioni di carattere militare «per qualsiasi evenienza» al Corpo d'Armata di Monaco ed alle Forze Aeree colà dislocate.

Così nelle prime ore della notte tra il giovedì ed il venerdì a Monaco si notavano le prime requisizioni di mezzi automobilistici ed i primi concentramenti.

Nelle ore antimeridiane di venerdì aveva luogo presso il Cancelliere, a Berlino, una riunione, alla quale presero parte con Goring il Ministro von Neurath (il quale nell'assenza di von Ribbentrop, ha ripreso in questi giorni la direzione della politica estera), di von Papen e di altri, tra i quali, chiamati quali corrieri straordinari, il Principe Filippo d'Assia e Keppler.

Nella riunione, come avrai appreso dallo stesso Principe Filippo, venne deciso di inviare a Vienna, a mezzo di Keppler, a Seyss-Inquart, perchè egli a sua volta ne trasmettesse il contenuto a Schuschnigg, la chiara richiesta di rinviare senz'altro ad altra epoca il plebiscito già indetto per domenica 13. Contemporaneamente, a mezzo di una sua lettera\ il Cancelliere informava di tutto il Duce chiedendogli esplicitamente le garanzie a te note.

Gli eventi sono così precipitati in pochissime ore e già la Radio di Vienna, alle ore 20, poteva dare, con le dimissioni di Schuschnigg, l'appello di Seyss-Inquart.

l vari Rappresentanti diplomatici qui residenti, nettamente sorpresi davanti avvenimenti, sono rimasti, nel complesso, letteralmente esterrefatti.

Proprio ieri sera essi erano, quasi tutti, riuniti al Circolo dell'Aeronautica, per un grande pranzo e ballo offerti da Goring. Ti assicuro che sembrava di assistere all'ultimo atto di « Lucrezia Borgia» 4 .

305 2 Maria Ciano, moglie del consigliere Magistrati. 305 l Vedi D. 296. 305 4 Riferimento all'avvelenamento collettivo nell'opera di Gaetano Donizetti.

Goring è giunto con ritardo, facendo aumentare il nervosismo. Nel frattempo avevo avuto occasione di informare Sir Nevile Henderson delle parole pronunciate da Seyss-Inquart alla Radio circa l'eventualità di ingresso di truppe tedesche in Austria. Egli appariva completamente disorientato, e così tutti i suoi numerosi colleghi.

Goring è giunto, dopo le lO, molto emozionato, e, nel salutare i presenti, ha tenuto ad informarmi subito dell'arrivo a Roma del Principe Filippo e delle assicu·· razioni date dal Fuhrer al Duce. E, dopo una nuova sua assenza, informandomi dell'avvenuta comunicazione telefonica tra il Fuhrer e il Duce ha aggiunto: «<l Fuhrer e la Germania nazionalsocialista non dimenticheranno mai quanto oggi il Duce ha fatto. Se potevano ancora esistere in Germania dei diffidenti verso l'Asse Roma-Berlino, oggi possiamo dire che esso è divenuto incrollabile». E poi, passando ai dettagli degli avvenimenti, [mi ha] posto al corrente delle misure militari ordinate per [l'ingresso] in Austria delle truppe poste sotto il comando del generale Bock. Comandante l'Armata di Dresda, e per la dislocazione[ ... ] Forze Aeree, comandate dal Generale Sperrle quello [che] come ricorderai [ha] trascorso vari mesi in Spagna.

Trattando [ ... ] assicurazioni precise [date] dal Fuhrer al Duce [circa] l'Alto Adige, ha aggiunto che erano state date disposizioni perché nel Tirolo, all'arrivo delle truppe tedesche, siano assolutamente evitate manifestazioni o inscrizioni che facciano allusioni ai Tedeschi dell'Alto Adige.

Ha aggiunto infine che da parte polacca si era già avuta notizia del «disinteressamento» alla questione. Alla Cecoslovacchia il Maresciallo stesso, a mezzo del Ministro Mastny, che appariva addirittura sconvolto, ha dato personalmente larghe assicurazioni. Quanto all'Inghilterra, Goring ha avuto un colloquio durato esattamente oltre un'ora, tra le 11 e mezzanotte, con l'Ambasciatore Henderson, alla fine del quale il Maresciallo mi informava che l'Inghilterra si preparava a presentare una formale protesta. E così la Francia.

In realtà le due proteste erano già giunte alle 23 al Barone von Neurath, a mezzo di due lettere, firmate l'una dall'Ambasciatore di Francia François-Poncet e l'altra dal Primo Segretario dell'Ambasciata britannica, Kirckpatrick, ambedue scritte evidentemente in fretta e furia e con riferimento solamente a quanto era avvenuto nelle ore pomeridiane della giornata e non già all'ingresso di truppe nel territorio austriaco.

Ad ambedue, come ti abbiamo telegrafato", la Germania risponde oggi stesso in senso negativo. Oggi Berlino, con le case imbandierate, [ ... ] una animazione festiva. Il Fuhrer è partito lasciando a Goring la direzione degli affari.

Il futuro Plebiscito, a quanto sembra, e a quanto mi appare anche confermato da tal une parole del proclama odierno di Hitler ai Tedeschi 6 , avrà luogo sulla formula dell'elezione del nuovo Capo della Repubblica austriaca: Capo che, con ardita innovazione costituzionale, ossia con un'unione personale di due Presidenze di Repubbliche, sarà lo stesso Hitler.

L'impressione e la soddisfazione nei riguardi del nostro atteggiamento sono stati vivi e profondi. Effettivamente si erano già diffuse in taluni ambienti voci secondo le quali il Plebiscito sarebbe stato consigliato a Schuschnigg da noi. I tuoi

telegrammF, opportunamente e tempestivamente giunti, hanno fatto morire quelle voci nel nascere.

Sono convinto che effettivamente sull'animo del Cancelliere la decisione italiana, dato che di tutti gli uomini di Stato o politici stranieri egli per una sola persona ha un metus reverentialis, e cioè per Benito Mussolini, ha prodotto una grande e grata soddisfazione.

Oggi, con questo avvenimento, e questo ne è il [lato] positivo, il nostro Paese è divenuto [veramente] il [primo] grande creditore della Germania nazionalsocialista.

P.S. Aggiungo circa le eventuali proteste per quanto [accaduto] che, secondo quanto mi dice il mio collega americano 8 , l'Ambasciatore degli Stati Uniti ha ricevuto chiara [istruzione] da Washington di «non» associarsi a passi franco-inglesi 9 .

305 1 Il documento è danneggiato in più punti dall'umidità.

305 5 Con T. 1420/73 R. del 12 marzo, non pubblicato. 305 r, Vedi D. 301, nota l.

306

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, ALL'INCARICATO D'AFFARI A BUDAPEST, FORMENTINI

T. 227/32 R. Roma, 13 marzo 1938, ore 2.

Veda Kanya e gli dica confidenzialmente a mio nome che riteniamo che l'atteggiamento assunto dal Cancelliere Schuschnigg specie dopo l'incontro di Berchtesgaden e in particolare l'improvvisa decisione di indire un plebiscito e il modo con cui il plebiscito stesso era stato indetto, siano state le cause determinanti dell'improvviso precipitare della situazione. L'Italia ha mantenuto anche in questa fase dei rapporti austro-tedeschi un'attitudine assolutamente obiettiva, astenendosi dall'intervenire negli affari interni dell'Austria.

Non abbiamo mancato tuttavia di suggerire amichevolmente a Vienna di seguire un atteggiamento che tenesse conto del fatto che l'Austria era, al pari della Germania,

305 Vedi DD. 279 e 292. 305 8 P.B. Gilbert. 305 9 Il documento ha il visto di Mussolini.

Sull'occupazione dell'Austria riferiva lo stesso giorno anche l'addetto militare a Berlino, Marras, che dopo aver esaminato gli aspetti militari dell'operazione così concludeva:

«Con la soluzione della questione austriaca, la Germania ha risolto audacemente, di sorpresa c rapidamente un problema importante. Essa ha scelto abilmente il momento opportuno e col successo riportato ha fatto completamente dimenticare la crisi del 4 febbraio.

La coscienza della propria potenza e di quelli che la Germania, più o meno giustificatamente ritiene propri diritti, si è enormemente sviluppata.

I procedimenti seguiti sono caratteristici ed improntati all'esercizio della violenza e appoggiati alla esplicazione di pretesi diritti. Tali procedimenti devono essere tenuti presenti, perché essi sono nelle linee fondamentali quelli stessi applicati nel marzo '36 per l'occupazione della Renania. Essi si ripeteranno ancora, se elementi nuovi non verranno a contenere l'espansione germanica.

Le successive tappe, del programma tedesco, sono la soluzione della questione cecoslovacca e quella del corridoio polacco. In queste tappe potrà entrare anche il problema dell'Alto Adige, che è sempre desto.

L'occupazione dell'Austria pone anche in primo piano il problema della egemonia politica nella Penisola balcanica, la quale rappresenta uno degli obiettivi della politica tedesca, come elemento essenziale per un eventuale conflitto europeo» (Marras al Ministero della Guerra, rapporto n. 433 del 12 marzo). Il documento è tratto dall'archivio dell'Ufficio Storico dello Stato Maggiore dell'Esercito.

Stato tedesco. Tra l'altro, avendoci Schuschnigg presentito alcuni giorni fa circa il suo proposito di indire un plebiscito, gli fu risposo in senso nettamente negativo.

Naturalmente abbiamo seguito e seguiamo gli avvenimenti di Vienna, per se stessi e per le loro possibili ripercussioni nel campo internazionale, con la massima attenzione. Intanto tengo a far sapere a Kanya e a Daranyi che la nuova situazione in Austria non può, in ogni caso, che aumentare la cordialità e la portata dei rapporti italo-ungheresi, sia nel campo politico che in quello economico.

307

L'AMBASCIATORE A VARSAVIA, ARONE, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 1467/44 R. Varsavia, 13 mar::o 1938, ore 15,15 (per ore 19,40 ).

Col precipitare degli avvenimenti austriaci 1 va difTondendosi in questi circoli politici e militari la sensazione che l'amicizia italo-polacca è destinata ad assumere sviluppi concreti sempre maggiori. Si osserva, infatti, che i due Paesi hanno nuovi interessi da tutelare essendo ormai anche geograficamente avvicinati dalla comunanza di frontiera col Reich.

Odierna ufficiosa Gazeta Polska nel commentare avvenimenti austriaci, pur constatandone ineluttabilità, rileva la fine delle «chimeriche utopie sicurezza e garanzia collettiva» e necessità per Stati contare solo su propria forza e su «chiare e precise alleanze che siano costituite nell'interesse delle due parti contraenti».

308

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO ALL'AMBASCIATO RE A BERLINO, ATTOLICO E AL MINISTRO A VIENNA, GHIGI

T. 229/60 R. (Berlino) e 229/32 R. (Vienna). Roma, 13 marzo 1938, ore 18.

Prefetto Bolzano telegrafa quanto segue: «Persona di fiducia mi informa da Innsbruck che passaggio reparti esercito germanico diretti Brennero salutati dalla folla con delirante entusiasmo sarebbe interpretato localmente in funzione anti-italiana in quanto presenza truppe tedesche al Brennero costituirebbe risposta Hitler

356 all'invio delle divisioni italiane al Brennero nel luglio 1934. Un fuoruscito nazista rimpatriato ha stamane arringato folla con allusione al "Sud Tirolo" aggiungendo che iniziata marcia sarebbe continuata contro tutti e contro tutto. Opinione diffusa facilmente rilevabile ovunque ad Innsbruck è che plebiscito era stato indetto intesa governo italiano e frustrato tempestivo intervento Hitler. Stato d'animo notoriamente anti-italiano popolazione lnnsbruck si manifesta ora senza ritegno».

Fatti segnalati ove fossero esatti sarebbero evidentemente spiacevoli e andrebbero evitati. Prego tenerne opportunamente parola con codesto governo. Telegrafato Berlino e Vienna 1•

307 1 L 'ambasciatore Aro ne aveva riferito il giorno precedente che gli avvenimenti austriaci stavano producendo una sensazione profonda nell'opinione pubblica polacca, mentre il governo e i circoli ufficiali non nascondevano la loro preoccupazione. Quanto agli ambienti militari, sempre molto diffidenti nei riguardi della Germania, essi non esitavano a indicare gli avvenimenti austriaci come «un segnale di allarme di cui la Polonia doveva tenere il massimo conto» (T. 1430/42 R. del 12 marzo).

309

IL MINISTRO DEGLI ESTERI CIANO, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO

T. 230/61 R. Roma, 13 marzo 1938, ore 17,30.

Prego V.E. far sapere al Fi.ihrer che il Duce ha molto apprezzato il messaggio inviatogli tramite il principe d'Assia 1 e lo ringrazia. Ha apprezzato pure che il Fi.ihrer abbia autorizzato pubblicazione 2 .

310

IL MINISTRO A VIENNA, GHIGI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 1469/79 R. Vienna, 13 marzo 1938, ore 19 (per. ore 23,25).

Come riferito telefonicamente, fra le molte voci assurde che circolano in questo momento di entusiasmo ed eccitazione popolare mi viene segnalata sopratutto in provincia anche quella che Italia sarebbe in procinto di cedere territorio altoatesino per completa unione popolo tedesco.

Alcuni giornalisti francesi che si sono affrettati domandare notizie al riguardo a nostri giornalisti hanno ricevuto risposta che si meritavano.

Console d'Italia Graz ha dichiarato che in quella città voce ha assunto stamane maggior diffusione, tanto da determinare richiesta notizie presso quel consolato e da esser annunziate poi alla folla da oratore improvvisato, provocando piccola dimostrazione 1 .

309 1 Vedi D. 296. 309 2 Si veda per il seguito della questione il D. 335. 310 1 In proposito si veda anche il D. 323.

Successivamente alla mia comunicazione telefonica, console generale Innsbruck mi ha a sua volta segnalato che mentre iersera hanno avuto luogo colà varie manifestazioni irredentiste con l'incitamento alle truppe entrate in città a procedere più innanzi, verso ore 14 di oggi invece medesima voce, sparsasi assieme a quella della venuta di Hitler, ha provocato grande dimostrazione con grida di riconoscenza all'Italia sotto il palazzo del Capitano provinciale, il quale ha telefonato al console d'Italia per chiedere se vi era anche prova di amicizia per la cessione Alto Adige.

Anche un comandante brigata Innsbruck ha fatto analoga richiesta.

Ho dato istruzioni del caso ai consolati dipendenti tenuto presente situazione, eccitazione animi e lettera di Hitler al Duce 2 , la quale appena sarà qui da tutti conosciuta, gioverà più di ogni altra cosa a fare cessare le stupide voci e le assurde speculazioni.

A Klagenfurt, dove già si è sparsa la voce che lettera Hitler contiene garanzie frontiera Brennero, ciò viene trovato più che naturale e si manifestano uguali sentimenti gratitudine per atteggiamento italiano.

308 1 Per il seguito si veda, da Berlino, il D. 317.

311

L'INCARICATO D'AFFARI A BUDAPEST, FORMENTINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. URGENTE 1477/29 R. Budapest, 13 marzo 1938, ore 19,45 (per. ore 0,30 del 14).

Telegramma di V.E. n. 32 1•

Mi sono espresso con Kanya nel senso del telegramma di V.E. surriferito pregandolo di rendere edotto di quanto gli dicevo anche il Presidente del Consiglio. Egli ha aderito di buon grado e mi ha pregato di ringraziare V.E. per la comunicazione che ha mostrato di gradire vivamente rilevando specialmente le affermazioni contenute nell'ultima parte del telegramma.

Kanya mi ha detto che, a suo parere, Schuschnigg aveva perduto dopo Berchtesgaden il suo senso politico e diplomatico delle cose e che su questo punto tanto il suo discorso quanto il plebiscito costituivano atti assolutamente intempestivi. Egli mi ha aggiunto che in Ungheria, all'infuori di preoccupazioni negli ambienti finanziari ebraici, si erano accolti avvenimenti austriaci con tranquillità.

Il discorso essendo poscia scivolato sull'attuale situazione della Cecoslovacchia, Kanya mi ha detto, confermando mie precedenti impressioni (mio telegramma n. 28 di ieri) 2 che, sebbene domanda per atteggiamento comune verso la Germania non gli fosse ancora giunta, (ma che certamente gli sarebbe richiesta), gli erano già state inviate persone a titolo privato per sondare terreno.

311 1 Vedi D. 306. 311 2 T. 1428/28 R. del 13 marzo. Comunicava di avere appreso che da parte cecoslovacca si stavano facendo dei sondaggi a Budapest in vista di concordare un atteggiamento comune nei confronti della Germania ma che, per il momento almeno, il governo ungherese non aveva raccolto quelle aperture, fidando su le sue buone relazioni con la Germania e su la garanzia costituita dall'amicizia dell'Italia.

Kanya mi ha poscia chiesto se ero al corrente dello stato attuale delle trattative italo-inglesi. Ho risposto negativamente. Egli ha voluto allora dirmi che esse sono seguite da Ungheria e che ne auspicava il pronto esito favorevole con ansia per quell'immancabile ripercussione che, a suo dire, potranno certamente avere nella politica danubiana.

310 2 Vedi D. 296.

312

IL CANCELLIERE DEL REICH, HITLER, AL CAPO DEL GOVERNO, MUSSOLINI

T. 1495 R. Linz Donau, 13 marzo 1938 (per. il 14).

Mussolini io non dimenticherò mai questo.

313

COMUNICATO SULLA SEDUTA DEL GRAN CONSIGLIO DEL FASCISMO

Roma, 13 marzo 1938.

Il Gran Consiglio del Fascismo, sotto la Presidenza del Duce, ha tenuto la terza riunione dell'Anno XVI E.F. il 12 marzo, alle ore 22, nel Palazzo Venezia, presenti: Balbo, De Bono, De Vecchi, Federzoni, Costanzo Ciano, Galeazzo Ciano, Solmi, Di Revel, Bottai, Rossoni, Lantini, Alfieri, Buffarini, Volpi, Tringali, Marinelli, Grandi, Acerbo, Russo, De' Stefani, Muzzarini, Cianetti, Angelini, Farinacci; Segretario: il segretario del Partito.

Il Gran Consiglio del Fascismo, dopo aver ascoltato la relazione fatta dal ministro degli Affari Esteri sugli avvenimenti austriaci e aver preso conoscenza degli ampi, diligenti rapporti inviati dai nostri rappresentanti all'estero, in base ai quali ha potuto rendersi conto giorno per giorno dello sviluppo della situazione nei suoi esatti particolari, rileva che il Governo federale austriaco non informò il Governo italiano dei risultati del convegno di Berchtesgaden e delle iniziative che lo hanno seguito, che a fatto compiuto.

Comunque, da parte sua, il Governo italiano era, per evidenti ragioni, deciso a non intervenire in nessuna forma nella politica interna austriaca e negli sviluppi di un movimento di carattere nazionale, di cui si poteva facilmente prevedere il logico epilogo.

Il Gran Consiglio rileva in maniera particolare che il plebiscito, convocato improvvisamente dal Cancelliere Schuschnigg, non solo non fu suggerito, ma fu nettamente sconsigliato dal Governo italiano, non appena avutane conoscenza, sia per il modo sia per la sostanza e per la forma 1•

Il Gran Consiglio considera quanto è avvenuto in Austria come il risultato di uno stato preesistente e l'aperta espressione dei sentimenti e delia volontà del popolo austriaco, confermata in modo non equivocabile dall'imponenza delle manifestazioni pubbliche con le quali gli avvenimenti sono stati salutati.

Il Gran Consiglio prende atto col più profondo interesse di una lettera che, in data Il marzo, il Fiihrer ha diretto al Duce 2 , concernente gli avvenimenti austriaci, in relazione ai rapporti italo-germanici, lettera che sarà resa di pubblica ragione.

Il Gran Consiglio prende atto, inoltre, della ripulsa opposta dal Governo fascista all'invito francese per concertare un'azione 3 che, per essere senza basi e senza scopo, sarebbe valsa soltanto a rendere più difficile la situazione internazionale, e approva la linea di condotta adottata dal Governo fascista di fronte agli avvenimenti austriaci, ispirata a una realistica valutazione della situazione in rapporto agli interessi nazionali.

Il ministro degli Affari Esteri ha riferito sull'andamento soddisfacente dei due primi colloqui con l'ambasciatore di Gran Bretagna a Roma4 . Il Gran Consiglio ne ha preso atto, emettendo nel contempo il voto che ulteriori conversazioni conducano a realizzare un accordo conforme all'interesse dei due Paesi e tale da eliminare ogni motivo di contrasto fra loro.

Il Segretario del Partito ha svolto successivamente la sua relazione sull'attività del Partito e della G.l.L. Hanno parlato: Bottai, Farinacci, Alfieri, Galeazzo Ciano, Buffarini. Il Duce ha riassunto la discussione. Il Gran Consiglio del Fascismo ha quindi approvato il seguente ordine del giorno:

«Il Gran Consiglio del Fascismo, udita la relazione Starace sull'attività del Partito e sull'inquadramento, il carattere, gli sviluppi della G.I.L., ne approva pienamente l'operato e saluta con entusiasmo i quadri e le masse della G.I.L., sicura forza al servizio della Rivoluzione fascista».

La riunione ha avuto termine alle ore l ,30. Il Gran Consiglio del Fascismo si riunirà nuovamente alle ore 22 del 14 marzo XVI E.F.

313 1 Vedi D. 276, nota l.

314

LA DIREZIONE GENERALE AFFARI D'EUROPA E DEL MEDITERRANEO AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

APPUNTO. Roma, 13 mar::.o 1938.

Il R. Ministro in Vienna ha telefonato alle ore 20,30 per informare delle dimissioni del Presidente Miklas e della emanazione di un Decreto del Governo Federale austriaco 1 che all'articolo lo suona come segue: «l'Austria è un Land del Reich tedesco». Gli articoli seguenti del detto Decreto dànno le norme di un

313 Vedi D. 296. 313 ·1 Vedi D. 288. 313 ~ Vedi DD. 273 e 304. 314 1 Testo in Relcòoni Interna~ionali, p. 231.

360 Plebiscito che è indetto per il lO aprile e al quale parteciperanno gli austriaci tedeschi uomini e donne che abbiano compiuto i 20 anni.

315

IL MINISTRO A VIENNA, GHIGI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 1480/85 R. Vienna, 14 marzo 1938, ore 2,45 (per. ore 7,25).

Miei telegrammi n. 79 1 e 80 2 . Nota voce diffusa molti centri provincia ha provocato fermento e dimostrazioni. Sua origine deve attribuirsi a locali elementi nazionali. Anche il telegramma

Hitler al Duce 3 veniva tendenziosamente interpretato. Autorità austriache, in amichevoli contatti con Autorità consolari, hanno provveduto opera chiarificatrice in talune località a mezzo della radio.

A Linz sono stati operati alcuni arresti (mio telegramma chiaro 84) 4• Agenzie ufficiali hanno pubblicato altresì chiarimento telegramma Hitler che trasmetto con telegramma anzidetto.

In seguito azione sopra accennata, voci e fermento sono cessati -a quanto mi viene riferito da consolati dipendenti -a Innsbruck, Graz e altri centri, e persistono solo in alcune località minori. Ritengo che essi cesseranno del tutto a Vienna e provincia questa mattina, quando saranno pubblicati dalla stampa comunicati sopra accennati nonché testo Stefani lettera Hitler al Duce parimenti diramata questa notte da agenzie ufficiali.

316

IL CAPO DEL GOVERNO, MUSSOLINI, AL CANCELLIERE DEL REICH, HITLER

T. 233 R. Roma, 14 marzo 1938, ore 14.

Mio atteggiamento è determinato dall'amicizia fra i nostri due Paesi consacrata nell'Asse.

315 2 T. 1470/80 R. dell3 marzo. Comunicava che a Innsbruck le Autorità avevano smentito pubblica mente le voci di una annessione del Sud Tirolo. 315 1 Vedi D. 312. 315 4 T. 1478/84 R. del 14 marzo. Riportava il comunicato diramato il giorno precedente dall'Agenzia U!Ticiale austriaca con il quale veniva chiarito che il telegramma inviato da Hitler a Mussolini si riferiva a «l'ammirevole atteggiamento tenuto da Mussolini nei giorni dell'avvento al potere del nazionalsociali smo in Austria». Un secondo comunicato aveva reso noto che un esponente del Fronte Patriottico era stato arrestato per aver diffuso voci sul Sud Tirolo allo scopo di creare difficoltà tra Germania e Italia. Il documento ha il visto di Mussolini.

315 1 Vedi D. 310.

317

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 1514/76 R. Berlino, 14 marzo 1938, ore 14,16 (per. ore 16,30).

Partiti ora per Vienna in apparecchio Ribbentrop e Weizsacker. Comunicheranno personalmente Hitler contenuto telegramma di V.E. n. 61 1•

Al tempo stesso attireranno nuovamente attenzione Autorità del Partito contenuto telegramma di V.E. n. 602 , perché sia assolutamente evitata ... 3.•. qualsiasi allusione ai tedeschi dell'Alto Adige.

Questione, a seguito di precedenti passi fatti da questa R. ambasciata, è stata già oggetto di conversazioni tra la Wihelmstrasse e ministro Hess il quale ha assicurato tutto il suo appoggio nel senso da noi desiderato.

318

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, AL CONSIGLIERE DELL'AMBASCIATA A BERLINO, MAGISTRATI

T. S.N.D. PERSONALE 234/62 R. Roma, 14 marzo 1938, ore 16,25.

Fai presente costì, nella maniera migliore, come apparirebbe opportuno anche nello stesso interesse germanico che venisse evitata ogni misura vessatoria nei confronti di Schuschnigg. Il consertirgli di lasciar l'Austria oltre a produrre ovunque una buona impressione verrebbe visto simpaticamente qui dove Schuschnigg fu considerato con rispetto c dove si apprenderebbe con soddisfazione che egli ha avuto la libertà di lasciare il Paese 1•

319

L'AMBASCIATORE A MOSCA, ROSSO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 1503/34 R. Mosca, 14 marzo 1938 1•

Primo commento sovietico sugli avvenimenti austriaci fatto da Pravda odierno (telegramma stampa 9) affetta tono molto calmo come di un osservatore disinteressato.

317 2 Vedi D. 308. 317 1 Nota dell'Ufficio Cifra: «due gruppi indecifrabili». 318 1 Si veda per il seguito il D. 324. 319 1 Manca !"indicazione dell'ora di partenza e di arrivo.

Quasi tutto articolo del giornale è destinato dimostrazione delle responsabilità del governo inglese per aver incoraggiato aggressione con sua politica incerta e remissiva. Nessuna menzione dell'Italia e neppure minimo accenno alla attitudine della Russia.

È ovvio che questo governo considera annessione dell'Austria come fatto compiuto che nulla potrà ormai modificare 2 .

317 1 Vedi D. 309.

320

IL MINISTRO A PRAGA, DE FACENDIS, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 1568/029 R. Praga, 14 marzo 1938 (per. il 17).

Ministro Krofta commentando Anschluss ha messo in rilievo più grave situazione in cui viene a trovarsi Cecoslovacchia ormai completamente accerchiata dalla Germania nei cosiddetti Paesi storici (Boemia-Moravia) con un prolungamento di frontiera ceco-germanica di 350 km e relative necessità di difesa. Ha inoltre accennato alle molteplici difficoltà che si presenteranno per sistemare, dopo l'avvenuta annessione, l'ampia rete di interessi esistenti tra l'Austria e la Cecoslovacchia.

Ripetute formali assicurazioni di buona volontà e di non inamichevoli intenzioni sarebbero state date al ministro di Cecoslovacchia a Berlino da Neurath da parte del governo germanico ed in assenza di Ribbentrop dal sottosegretario Mackensen, assicurazioni confermate dallo stesso Goring «a nome del Cancelliere Hitler» e contemporaneamente a Praga da questo ministro di Germania. Krofta in tali assicurazioni vede piuttosto un mezzo per calmare le apprensioni ed evitare complicazioni internazionali senza trame sicuro affidamento «per ciò che potrà succedere fra sei mesi od un anno».

Parlando della ripercussione nelle cancellerie europee, il ministro degli Esteri ha detto non essere ancora esplicito l'atteggiamento della Francia che al momento della crisi austriaca si è trovata senza governo.

Il Foreign Office, e per esso Halifax, si sarebbe mostrato al ministro di Cecoslovacchia a Londra 1 irritato nei riguardi della Germania. Avrebbe proposto di far pervenire una nota a Berlino in cui sarebbe dato atto delle formali dichiarazioni fatte da Neurath, Mackensen e Goring al ministro di Cecoslovacchia a Berlino, dichiarazioni che la Gran Bretagna assumerebbe quale solenne promessa della Germania nei riguardi della Cecoslovacchia. Krofta ha commentato: «ma questo a noi non basta».

L'U.R.S.S. avrebbe fatto sapere che ove necessario manterrà esistenti impegni di assistenza militare.

1176/464 del 15 marzo). 320 1 Jan G. Masaryk.

Belgrado e Bucarest, sempre secondo Krofta, non sarebbero molto soddisfatte pur mantenendo un contegno prudentemente riservato. In tutta la Cecoslovacchia regna ordine completo.

319 2 L'ambasciatore Rosso tornava sull'argomento il giorno successivo per sottolineare che la stampa sovietica insisteva nell'attribuire la responsabilità degli avvenimenti austriaci quasi esclusivamente alla politica britannica: le Jzvestia avanzava addirittura l'ipotesi che nei recenti contatti tra lord Halifax e von Ribbentrop la Gran Bretagna avesse dato il suo benestare all'annessione dell'Austria (telespresso

321

IL CAPO DI GABINETTO, DE PEPPO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

APPUNTO. Roma, 14 marzo 1938.

L'Incaricato d'Affari del Belgio è venuto stamani per chiedere ufficialmente il gradimento del Governo italiano alla nomina del Conte André de Kerchove de Denterghem come Ambasciatore del Belgio in Italia.

A titolo puramente personale ho ricordato all'Incaricato d'Affari che le lettere dovevano essere indirizzate a Sua Maestà il Re d'Italia Imperatore di Etiopia. Il Conte du Chastel mi ha risposto che ciò era pacifico e che risultava del resto anche esplicitamente dal telegramma che egli aveva ricevuto in proposito dal suo Governo.

Mi ha rimesso l'accluso curriculum vitae dell'Ambasciatore del Belgio 1•

322

L'AMBASCIATORE A BUENOS AIRES, GUARIGLIA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

RAPPORTO RISERVATISSIMO 1608/822. Buenos Aires, 14 marzo 1938 (per. il 4 aprile).

Con riferimento al mio telegramma n. 42 del 16 febbraio u.s. 1 ed al successivo rapporto n. 1114/614 del 18 stesso mese 2 , ho l'onore di informare V.E. che

364 continuo ad astenermi dal fare in questi ambienti politici accenni alla questione del riconoscimento dell'Impero da parte dell'Argentina. Cio non soltanto perché non ho ricevuto in proposito ordini da V.E. ma anche perché sono convinto che convenga evitare di dar l'impressione che la questione presenti per noi un interesse sproporzionato alla così meschina importanza di questo Paese nella politica mondiale. Importanza diminuita ancora di molto in seguito all'abbandono da parte nostra della Società delle Nazioni ed al marasma in cui questa è ora piombata.

D'altra parte è evidente che, dopo i cambiamenti avvenuti a Londra, questo governo riceverà, a tempo opportuno, dal governo inglese il permesso di seguirne l'esempio.

In tali condizioni, è logico che il prossimo o lontano cambiamento di posizione dell'Argentina nei riguardi del riconoscimento dell'Impero non debba da noi essere sollecitato, né quanto meno ispirare nel nostro Paese alcun sentimento di gratitudine sia pure verbale, giacché il gesto argentino, quando avverrà, non avrà certo alcun valore di spontaneità, né costituirà una prova speciale di amicizia verso l'Italia.

Malgrado il riserbo che io mi sono imposto, cominciano però a giungermi, da parecchie parti, affermazioni ufficiose delle intenzioni del nuovo governo argentino di riconoscere ~bontà sua ~il fatto compiuto.

Mi consta che queste intenzioni possono attribuirsi ad alcuni membri del nuovo governo, quali specialmente il signor Alvarado, attuale reggente del ministero degli Esteri, ed il signor Groppo, ministro delle Finanze.

Il nuovo ministro degli Esteri, signor Cantilo, quando giungerà a Buones Aires, troverà quindi un ambiente abbastanza favorevole ad un mutamento dell'atteggiamento argentino nei nostri riguardi e se egli non ne approfitterà, sarà o per mancanza di buona volontà da parte sua o perché non ne avrà ricevuto il permesso dai suoi padroni di Ginevra, di Londra e di Parigi.

Ignoro se V.E. abbia creduto di toccare con lui l'argomento ma dalla cronaca giornalistica delle manifestazioni ufficiali, non certo meritate, di cui è stato oggetto il signor Cantilo in Italia, rilevo che egli non ha fatto la benché minima dichiarazione che possa impegnarlo nella questione del riconoscimento dell'Impero.

A prova però delle disposizioni più favorevoli gui esistenti (naturalmente dopo quanto è avvenuto a Londra), segnalo l'accluso articolo del giornale cattolico El Pueblo". Dopo aver accennato che la nomina del successore del signor Cantilo all'ambasciata in Roma mette in primo piano la questione del riconoscimento dell'Impero da parte dell'Argentina, il giornale dice di sapere che esistono ora possibilità che l'Argentina segua l'esempio di quanto hanno già fatto altri Stati americani e più recentemente, gli Stati balcanici ed il Belgio. El Pueblo aggiunge che nei centri ben informati locali si afferma che la famosa dichiarazione del 2 agosto 1932 4 non costituisce un ostacolo al riguardo, poiché essa concerne

322 4 Dichiarazione sottoscritta da 19 Paesi americani in occasione del conflitto tra Bolivia e Paraguay con la quale si stabiliva di non riconoscere qualsiasi mutamento territoriale derivante da quel conflitto che fosse stato ottenuto con mezzi non pacifici, né le acquisizioni territoriali ottenute mediante l'occu pazione o la conquista realizzata con la forza delle armi.

solamente il continente americano. D'altra parte gli stessi ambienti rileverebbero che la decisione argentina potrebbe appoggiarsi ai deliberati della Conferenza Interamericana di Buenos Aires 1936, la quale unanimemente adottò la risoluzione di non immischiarsi nei problemi europei. (Sarebbe facile osservare che questi argomenti erano validi anche prima d'ora e che il governo argentino avrebbe potuto giovarsene se lo avesse voluto)! Ad ogni modo il giornale conclude che «all'arrivo del nuovo ministro degli Esteri la questione potrà favorevolmente decidersi nel senso suddetto, mentre la situazione internazionale ed i precedenti già esistenti giustificherebbero pienamente il passo che si propone di fare il governo nazionale: ciò che avrebbe grande ripercussione sui rapporti spirituali, culturali, politici e commerciali tra le due Nazioni latine». El Pueblo non manca di ricordare a tale proposito che «oltre un milione e mezzo di italiani e più del triplo di discendenti d'italiani vivono in Argentina e vi hanno creato una corrente di ideali e d'interessi come non esiste una eguale in America».

Il nazionalista La Fronda, nell'editoriale odierno che pure accludo", riprende, in tono anche più energico, l'argomentazione di cui sopra e, mentre afferma che i rapporti dell'Argentina con l'Italia sono talmente stretti che non sarebbe ammissibile che l'ambasciatore argentino a Roma fosse sostituito da un incaricato d'affari, invita le sfere dirigenti a non sacrificare interessi fondamentali a principi astratti.

A conferma poi delle mie considerazioni di cui sopra, segnalo a V.E. in modo particolare l'acclusa corrispondenza da Parigi apparsa ieri nella Prensa. Essa è un prodotto tipico della mentalità dei dirigenti argentini, tanto che non esiterei ad affermare che sia stata ispirata direttamente dal signor Cantilo o da suoi emissari. Vale la pena di tradurne integralmente una parte:

«Il caso dell'Etiopia, a differenza di casi similari e comuni all'Inghilterra ed alla Francia, si è complicato più del necessario per due motivi molto speciali: la fretta del signor Mussolini affinché le Nazioni approvino senza esitare ciò che l'occupazione prolungata finisce sempre con l'imporre, e la guerra di ideologie che tiene separato ed agitato il mondo. Per ciò che concerne l'Argentina, Paese di lunga e inalterabile tradizione pacifista, la politica da seguire dipenderà dal giro che prenderanno gli avvenimenti. Se il signor Chamberlain, come è da augurarsi, giungerà a concludere un patto di intesa con l'Italia, l'odierna spinosa questione dell'Impero Romano verrà risolta nella forma che affannosamente si ricerca a Londra, trattandosi di conciliare il fatto compiuto, e che pare irrimediabile, con le formule giuridiche che si credevano inviolabili. In tal senso si può affermare che il signor Chamberlain lavora per dare soddisfazione a tutte le coscienze che rimangono fedeli alle norme di pacifica convivenza internazionale. Quando una Nazione come l'Argentina conta nel suo onorato patrimonio la pratica dell'arbitraggio, formula quasi evangelica in virtù della quale la vittoria non dà diritti e che è consacrata nell'ultimo patto anti bellico 6 che si rifiuta di riconoscere le conquiste territoriali avvenute con le armi, non potrà essere lei a concedere attenuanti per gli atti di

322 6 Riferimento al Trattato di non aggressione e conciliazione del l O ottobre 1933 (Patto Saavedra Lamas). Testo in MARTENS, vol. XXXII, pp. 655-664.

suprema violenza. Ma se tutte le Nazioni finiranno con riconoscere di fatto l'annessione dell'Abissinia all'Italia, ciò non vuoi dire che l'Argentina non cercherà, allora, il mezzo di conciliare il suo idealismo con i dettami della realtà, così come essa è e non come la sognano i poeti.

Intanto l'ambasciata argentina rimarrà affidata ad un incaricato d'affari. La circostanza che il signor Cantilo sia il nuovo ministro degli Esteri, potrebbe aver la virtù di semplificare il complesso problema, dato che si tratta di un diplomatico che ha avuto numerose conversazioni col signor Mussolini sulla politica europea. Vuoi dir molto che due negoziatori abbiano mantenuto rapporti affabili e continuati. La buona volontà per comprendersi e tollerarsi, tante volte invocata e delusa, è stata sempre il segreto della solida amicizia fra l'Argentina e l'Italia».

In altri termini, l'Argentina è disposta a conciliare il suo idealismo (!) coi dettami della realtà, quando l'Inghilterra avrà cambiato di politica. E questa «comprensione» dei nostri interessi è il segreto della solida amicizia itala-argentina! È difficile riscontrare nel passato o nel presente nella stampa argentina una più ingenua confessione dello stato di vassallaggio in cui si trova l'Argentina di fronte all'Inghilterra, nonché una maggiore improntitudine nel definire l'amicizia (!) itala-argentina.

Come V.E. rileverà pure dall'articolo di El Pueblo, fra i candidati ad ambasciatore a Roma vi sarebbe anche il signor Enrique Larreta, il più grande letterato argentino, che ha declinato anteriormente la carica di ministro degli Esteri.

Altro candidato, oltre il signor Garcia Mansilla, sarebbe il dott. Carlos Alberto Pueyrredon, il quale fu a Roma con la missione Ramos Mejia e che, sebbene abbia sposato una sorella di Saavedra Lamas, ostenta sentimenti filofascisti e filoitaliani.

Debbo infine richiamare l'attenzione di V.E. sulla circostanza che, col prevedibile cambiamento politico da parte dell'Argentina nei riguardi del riconoscimento dell'Impero, c'è da aspettarsi che questo governo ritorni all'attacco, con nuove insistenze, per indurci a riaprire il flusso della nostra emigrazione verso l'Argentina.

Sollecitazioni in tal senso, direttamente ed indirettamente, continuano a pervenirmi da più lati. Come V.E. sa, è questo il punto di maggiore sensibilità nei nostri rapporti con l'Argentina. Da quando mi trovo qui, sempre più mi confermo nell'impressione che uno dei fattori determinanti dell'atteggiamento argentino nella questione etiopica fu appunto la considerazione che la conquista dell'Impero avrebbe precluso ogni possibilità di ripresa di una corrente emigratoria italiana verso questo Paese.

Ho avuto varie volte occasione di manifestare a V.E. il mio pensiero in proposito. Oggi, dopo aver sperimentato e conosciuto più profondamente questo Paese, sono più che mai convinto che non esiste alcuna convenienza per indurci, anche quando l'Argentina avrà riconosciuto con una tardiva resipiscenza il nostro Impero, a deflettere dalla nostra attuale linea politica in materia di emigrazione 7 .

322 Il documento ha il visto di Mussolini.

321 1 Non pubblicato. 322 1 T.883/42 R. del 16 febbraio. Guariglia faceva presente che, nel valutare l'attendibilità delle assicurazioni circa il riconoscimento dell'Impero che l'ambasciatore Cantilo avrebbe dato sicuramente al momento di lasciare Roma per assumere le sue funzioni di ministro degli Esteri, occorreva tenere presente che Cantilo era un fautore della Società delle Nazioni. 322 2 L'ambasciatore Guariglia aveva espresso la convinzione che la scelta di Cantilo come ministro degli Esteri nel nuovo governo argentino significava «la continuazione della politica ginevrina di Saavedra Lamas. attenuata soltanto dalla diversa personalità del nuovo ministro». Quanto, poi, al problema che sarebbe sorto al momento di intestare le lettere credenziali del nuovo ambasciatore di Argentina a Roma. Guariglia cosi si esprimeva: «Mi permetto soltanto affermare il mio convincimento che nel giudicare da parte nostra la convenienza o meno di sospendere provvisoriamente la permanenza in sede dei rispettivi Capi Missione. non debbano menomamente giuocare le abituali considerazioni di amicizia italo-argentina. Queste considerazioni, in molta parte illusorie, formano uno dei più diffusi luoghi comLmi della nostra letteratura politica ma in realtà non porterebbero a conseguenze, né migliori, né peggiori. quali che fossero i provvedimenti che l'E. V. decidesse di prendere nei riguardi delle rispettive rappresentanze diplomatiche».

322 1 Non pubblicato.

322 5 Non pubblicato.

323

IL CONSOLE A GRAZ, TORELLA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

Graz, 14 marzo 1938.

Mi onoro riferire qualche particolare delle dimostrazioni provocate dalla nota voce di un grazioso dono dell'Alto Adige a Hitler.

La voce è corsa con rapidità fulminea nella folla che gremiva le strade in attesa delle truppe tedesche. Qua e là qualcuno dava !'«annuncio» alla folla, che accoglieva la «notizia» con entusiasmo addirittura frenetico. Si sentiva gridare: «Il Siid-Tirol è libero. Il Siid-Tirol è libero!» «Ora ci farà restituire anche il Siid-Steiermark» (La Stiria del Sud, cioè la zona di Marburgo annessa alla Jugoslavia). La «notizia» veniva gridata nei caffé, comunicata per telefono, ecc., suscitando entusiasmo e acclamazioni.

Manifestazioni analoghe a Klagenfurt e a Villacco.

Che una simile voce abbia potuto diffondersi e trovar credito anche fra persone serie e ragionevoli può spiegarsi soltanto con lo stato di esaltazione in cui tutti vivono qui in questo momento, assistendo ad avvenimenti che fino a qualche giorno fa nessuno avrebbe creduto possibili, a così breve scadenza e con tale rapidità di sviluppi.

In simili circostanze era da temere che, dopo l'entrata delle truppe germaniche, allo sciogliersi della folla, qualche colonna o gruppo venisse a dimostrare davanti al R. consolato e che vi fossero altre dimostrazioni per festeggiare !'«avvenimento».

Mi è sembrato quindi opportuno provocare un immediato chiarimento, che avesse la maggiore diffusione possibile. Sull'azione svolta ho già riferito. La comunicazione diffusa dalla radio di Graz, udita nelle strade e nei locali pubblici e ripetuta nella stampa di oggi, ha fatto cessare immediatamente la voce ed ha ricondotto tutti al senso della realtà. I giornali pubblicano sotto il titolo «Voci irresponsabili», un chiarimento che emana dal governo provinciale, in cui è detto che la voce in questione <<era stata evidentemente diffusa allo scopo di turbare i cordiali ed amichevoli rapporti fra l'Italia ed il Reich, che si sono così chiaramente manifestati proprio in questi giorni».

La lettera di Hitler al Duce 2 e la notizia dell'identificazione e dell'arresto dei propalatori della voce a Linz hanno fatto sparire ogni superstite ombra di dubbio e definitivamente chiuso l'incidente, che non lascerà strascichi.

Da tutti si manifesta la più viva riconoscenza per la linea di condotta adottata dal Duce di fronte agli ultimi sviluppi della situazione austriaca, e una simpatia per il nostro Paese, a cui non eravamo abituati.

Il comunicato del Gran Consiglio\ la lettera e il telegramma di Hitler 4 , sono stati pubblicati in grande rilievo e hanno fatto profonda impressione.

della ritrasmissione effettuata dal ministero all'ambasciata a Berlino e al ministero dell'Interno con telesrresso 211039 del 26 marzo. 323 Vedi D. 296. 323 3 Vedi D. 313. 323 4 Vedi D. 312.

323 1 L'originale di questo documento non è stato rintracciato. Il testo che qui si pubblica è quello

324

IL CONSIGLIERE DELL'AMBASCIATA A BERLINO, MAGISTRATI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S.N.D. PERSONALE 1521/77 R. Berlino, 15 marzo 1938, ore 14,10 (per. ore 15,30).

Tuo 62 1•

Ho veduto stamane Goring. Schuschnigg si trova tuttora nella sua casa sotto sorveglianza. Per ora, ignorandosi ancora tutte reazioni estero, appare qui non consigliabile concedere permesso che egli si rechi all'estero. In un secondo tempo ciò non è escluso. Ad ogni modo nulla sarà fatto contro di lui.

Schmidt è stato ieri a Berlino ed ha avuto conversazioni con Goring. Sua collaborazione offerta a Seyss-Inquart e probabilmente el).trerà nella diplomazia quale ambasciatore del Reich.

325

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 1569/026 R. Berlino, 15 marzo 1938 (per. il 17 ).

Ricevo in questi giorni continue visite di colleghi. Devo dire che anche fra coloro che mostrano maggiore realismo e comprensione regna tuttora una grande emozione. Non parlo dei soliti pessimisti uso François-Poncet che predicono una guerra europea fra sei mesi. Ma la grandissima maggioranza disapprova l'uso della forza in una impresa che, fra l'altro, non ne avrebbe avuto alcun bisogno. V'è in molti Paesi: Polonia, Ungheria, Jugoslavia, Svizzera (non parlo naturalmente della Cecoslovacchia) come un senso istintivo di apprensione che dà al fatto austriaco il valore di un utile e quasi provvidenziale avvertimento.

Si osserva pure che la forma totalitaria ed estrema data alla fusione dei due Paesi costituisce anch'essa un errore: risulta di molti austriaci rifugiati qui che, pronti a plaudire ad una unione personale, non celano il loro disagio, e il loro disappunto di fronte ad una situazione che annulla al cento per cento ogni loro individualità. Né, da ultimo, si approva la scelta dei rappresentanti del nazismo metropolitano inviati in questo primo momento in Austria, essendo essi, specie il Gauleiter Biirckel, noti per la loro intransigenza e per il loro estremismo.

Tutti sono però disposti ad ammettere che la fine dell'Austria è stata affrettata dalla cecità di Schuschnigg. Se egli voleva resistere, perché non farlo a Berchtesgaden, in un momento di patente crisi morale della Germania? Perchè è ormai evidente, per chiunque abbia vissuto qui le settimane della crisi Blomberg, che se a Berchtesgaden

ci furono minacce esse costituivano un hluff. Ritornato a Vienna perchè sabotare l'accordo? Perché, infine, arrivare -col plebiscito -alla provocazione?

Quanto all'opinione pubblica in Germania, bisogna constatare che, salvo qualche preoccupazione prussiana di un possibile spostamento verso il Sud del centro di gravità del Reich, la Germania intera, compresi i tiepidi del regime, sono pervasi di entusiasmo e fierezza. Entusiasmo e fierezza --tuttavia-che mal si vede come possano essere, almeno nella stessa direzione, alimentati nel futuro 1•

324 1 Vedi D. 318.

326

L'INCARICATO D'AFFARI A BUDAPEST, FORMENTINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 1583/029 R. Budapest, 15 mar::o 1938 (per. il 17).

La nuova situazione creatasi dopo l'assorbimento dell'Austria da parte della Germania ha, in un primo tempo, rinforzato le speranze di quei gruppi militari

«Ho già accennato al visibile orgoglio di questi ambienti militari per i risultati raggiunti. Questo orgoglio si basa anche sulla coscienza dell'aumento di potenza e di prestigio che la Germania trae dall'assorbimento dell'Austria.

Da una parte è da considerare il consolidamento interno della tendenza estremista che si è affermata con la crisi del 4 febbraio c che ha messo rapidamente al suo attivo un cosi grande successo. Come pure è da considerare che. nel campo interno. questi risultati hanno fatto dimenticare completamente all'esercito l'allontamento di alcuni capi che godevano di molto prestigio.

Dall'altra parte sono da considerare la pressione e l'influenza crescenti che la Germania ingrandita c potentemente armata esercita su piccoli Stati con essa confinanti. Questa influenza crescente assicura alla Germania il controllo del bacino danubiano e le apre la via verso la Penisola Balcanica.

La situazione attuale dell'apparato militare germanico. tuttora in crisi di sviluppo. rende ancora la Germania impropria a sostenere una guerra mondiale, ma le condizioni interne della Francia e della Russia hanno escluso l'eventualità di un intervento.

I risultati raggiunti confermeranno la Germania hitleriana nella sua linea politico-militare. Sviluppare al massimo gli armamenti per profittare con la minaccia della violenza, di ogni possibile occasione. Nuovi obiettivi che si presentano a scadenza più o meno breve: Cecoslovacchia, corridoio polacco, Memel.

Nei nostri riguardi, la lettera del Fiihrer-che i giornali tedeschi non hanno pubblicato -contiene una assicurazione espliçita per l'Alto Adige. Sul valore effettivo di tale dichiarazione non conviene fare molto assegnamento. E caratteristico della mentalità dei tedeschi di torcere con cavilli e sofismi le situazioni c di creare in se stessi una particolare psicosi che li porta ad attribuire agli avversari l'inosservanza degli accordi. Non si dimentichi che nella Feldherrnhalle. la grande loggia degli eroi, di Monaco figura tra gli scudi dedicati alle terre irredente anche quello del Siid-Tirol.

Esce fuori dal quadro di queste considerazioni esaminare la nuova situazione militare creatasi ai nostri confini e delle disposizioni che essa richiede.

Per mia parte ritengo solo necessario mettere in evidenza che caratteristica dell'azione militare tedesca è quella dell'azione fulminea basata sull'impiego improvviso delle unità tenute permanentemente su piede prossimo a quello di guerra e su radunate rapidissime con mezzi motorizzati.

A tali procedimenti è necessario opporre una copertura permanente con unità di effettivi molto solidi e bene appoggiate a un conveniente sistema difensivo, che costituisca anche base per l'azione offensiva>>.

370 ungheresi che appoggiavano una pronta risoluzione della questione cecoslovacca. Si è parlato di un'azione in tal senso per l'estate prossima non appena la Germania avrà portato a buon punto l'organizzazione dell'Austria. Le truppe ungheresi avrebbero in tal caso dovuto eventualmente collaborare con le forze tedesche. Si è detto anche che, non avendo la Germania voluto prendere accordi di carattere operativo, i due eserciti avrebbero dovuto entrare in azione attraverso i rispettivi tratti di frontiera tenendo il contatto, ad un dipresso, lungo la linea Presburgo-confine moravo-sloveno.

Buona parte degli ambienti militari ungheresi avrebbe visto di buon occhio una pronta risoluzione del problema di cui sopra giacché temono che la Cecoslovacchia, presa dal timore, finisca cf>! fare alle minoranze tedesche concessioni tali da far rimandare ogni progetto germanico al riguardo.

Si pensa pure che, né l'Inghilterra, e nemmeno la Francia, se l'azione fosse imminente, sarebbero in grado di intervenire in favore di Praga. In quanto alla Romania ed alla Jugoslavia, che questi ambienti militari considerano pronte sempre ad intervenire in favore della Cecoslovacchia, si ostenta di contare sulla possibile azione politica di Berlino, dati i vincoli di amicizia ed il prestigio che la Germania, già gode presso il governo di Belgrado.

Negli ultimi giorni peraltro ci si mostra molto più riservati su questo argomento poiché si teme che dietro l'esperienza attuale, per cui la Germania, annettendo l'Austria ha incorporato anche la provincia del Burgenland staccata dall'Ungheria dal Trattato del Trianon, un'eventuale divisione della Cecoslovacchia potrà avvenire solo in funzione degli interessi e degli appetiti tedeschi.

Gli ambienti militari ungheresi riescono tuttavia difficilmente a celare una forte preoccupazione pel fatto che questo Paese, d'ora innanzi, non potrà fare a meno di subire una notevole pressione, sia politica che economica, da parte della Germania. Si prevede già che tale pressione si risentirà in modo particolare sulla industria ungherese, specie quella che si dedica alla costruzione del materiale bellico, ancora giovane ed assai meno organizzata di quella del nuovo vicino. Un certo senso di disagio è causato dal fatto che gli sbocchi verso Occidente sono ora custoditi dalla Germania, mentre prima i centri militari, più al contatto con le analoghe sfere austriache, potevano tranquillamente organizzare transiti di armi ed altro materiale bellico proveniente in gran parte dall'Italia.

Si teme inoltre un riattivarsi della propaganda tedesca tra le numerose ed attive minoranze esistenti in questo Paese e già da tempo sostenute dalla varie organizzazioni dei tedeschi all'estero che fanno capo a Berlino. Il riattivarsi delle agitazioni nei gruppi minoritari tedeschi, specie delle regioni più prossime al confine austriaco, sarebbe già visibile in varie località, ad appena pochi giorni dal precipitare degli avvenimenti austriaci.

A Sopron, per esempio, dove esiste una forte colonia tedesca, hanno già avuto luogo, il 14 corrente, manifestazioni di entusiasmo e di solidarietà alle truppe tedesche. Sono state esposte numerose bandiere con la croce uncinata ed organizzati dei cortei nelle vie di quella città, nonostante i provvedimenti presi dalle locali autorità di polizia, preoccupate per tali moti.

Da quanto mi ha fatto conoscere il R. addetto militare anche fra i Levente (Associazione ungherese a carattere premilitare) abitanti la fascia di frontiera verso l'Austria, si sarebbe notata una certa agitazione. Una certa influenza sull'opinione dei circoli militari avrebbe anche avuto la propaganda che in questi giorni vanno svolgendo gli ebrei i quali, oltre a dipingere a fosche tinte la possibilità di un futuro asservimento economico dell'Ungheria alla Germania, non tralasciano di cercare di dimostrare come l'Austria abbia perduto l'indipendenza anche perché abbandonata dall'Italia e che quest'ultima potrebbe un giorno fare altrettanto nei riguardi dell'Ungheria.

In sostanza questi ambienti militari stanno passando un periodo di disorientamento in relazione alla rapidità dello svolgersi degli avvenimenti e della incerta situazione politica internazionale.

Non ho mancato in ogni occasione ed in via confidenziale, anche per il tramite di questo R. addetto militare, di far giungere negli ambienti militari parole di incoraggiamento mettendo in rilievo il particolare valore che assume in questo momento l'amicizia dell'Italia per l'Ungheria.

325 1 Sulla realizzazione dell'Anschluss e sulle sue conseguenze tornava anche l'addetto militare a Berlino. Marras in un suo rapporto al ministero della Guerra del 14 marzo (n. 439). Marras. che naturalmente si so!Termava sugli aspetti militari, osservava che sotto questo profilo l'operazione era stata condotta in modo perfetto ma aggiungeva che il successo era dovuto soprattutto alla scelta del momento politico che in partenza aveva fatto escludere che qualcuno si muovesse in aiuto dell'Austria. Circa le conseguenze, Marras così concludeva;

327

L'UFFICIO TERZO DELLA DIREZIONE GENERALE AFFARI D'EUROPA E DEL MEDITERRANEO AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

APPUNTO. Roma, 15 marzo 1938.

CONVERSAZIONI ITALO-INGLESI: PALESTINA

l) L 'Italia ha diritto di intervenire circa le sorti della Palestina, in quanto:

a) quale Potenza mandante, essa insieme con le altre principali Potenze alleate ed associate ha affidato alla Gran Bretagna l'esercizio del mandato palestinese:

h) la Carta del mandato, approvata anche dall'Italia, stabilisce particolari limitazioni all'azione della Potenza mandataria in Palestina, limitazioni delle quali l'Italia è beneficiaria: l'eguaglianza economica, l'attribuzione dei Luoghi Santi e il carattere degli apprestamenti militari. A proposito di questi ultimi l'art. 17 del Mandato dice: «L'Administration de la Palestine peut organiser par recrutement volontaire !es forces nécessaires au maintien de la paix et de l'ordre, ainsi qu'à la défense du pays, sous le contròle du Mandataire, mais elle n'aura pas le droit de faire usage de ces forces à d'autres fins que celles énoncées ci-dessus, à moins que le Mandataire ne l'y autorise.

L'Administration de la Palestine ne lèvera ni entretiendra de force militaire, navale ou aéerienne qu'aux fins susdites. Aucune disposition de cet artide n'empèchera l'Administration de la Palestine de participer aux frais d'entretien des forces militaires du Mandataire en Palestine. Le Mandataire disposera en tout temps du droit d'utiliser !es ports, voies ferrées et moyens de communication de Palestine pour le passage des forces armées et le transport du combustible et des approvisionnements».

La lettera del mandato va inquadrata nel sistema generale, secondo il quale la Palestina era destinata a diventare Stato indipendente e le fortificazioni eventuali servire alla Palestina, e non all'Inghilterra.

c) Il Gentlemen's Agreement itala-britannico del 2 gennaio 1937 stabilisce che le due Parti «escludono ogni proposito di modificare o, per quanto li riguarda, di vedere modificato lo statu quo relativo alla sovranità nazionale dei territori nel Bacino del Mediterraneo; e si impegnano al rispetto dei loro reciproci interessi e diritti in tale zona».

2) La sorte della Palestina è oggi l'argomento che più interessa tutto il mondo arabo e musulmano.

Ora, l'Italia ha numerosissime popolazioni musulmane nelle sue colonie e in più ha importantissimi interessi che la legano a tutti i Paesi musulmani del Mediterraneo. Non pare quindi possibile prescindere dalle ripercussioni che il suo atteggiamento nella quistione palestinese avrà su queste popolazioni e su questi interessi. Andrà pertanto evitato qualunque atteggiamento che possa essere in contrasto con tale situazione e colle direttive della politica musulmana dell'Italia.

3) Gli Inglesi chiedono per la Palestina che «il Governo italiano si astenga da ogni tentativo di creare difficoltà al Governo britannico nel decidere circa la politica e l'amministrazione della Palestina». In altre parole che dall'impegno pel mantenimento dello statu quo nel Mediterraneo venga esclusa la Palestina qualora dovessero in tale zona verificarsi delle modifiche sulla base del rapporto Peel, o altro del genere.

4) Si potrebbe osservare agli Inglesi:

a) che dall'impegno richiestoci dovrebbe essere escluso il diritto, per l'Inghilterra (e per lo Stato o gli Stati che si organizzeranno in Palestina), di compiere in Palestina apprestamenti militari che non abbiano carattere difensivo, in modo che qualunque sia per essere la sorte territoriale della Palestina, l'equilibrio strategico militare del Mediterraneo non venga. ad essere modificato. È vero che le presenti conversazioni non si estendono agli armamenti militari ma qui si tratta di territorio che si trova in una particolare situazione giuridica per il fatto che l'Italia è Potenza mandante;

b) che, in più, l'impegno richiestoci ~ e pur restando chiaramente inteso che la sua applicazione avverrebbe bona jìde ~ dovrebbe essere formulato per modo da tener conto dei rapporti dell'Italia col mondo islamico e della necessità di presentazione di tale impegno ai Sovrani e ai popoli islamici. Su questa necessità l'interesse italiano e quello inglese non dovrebbero, del resto, essere del tutto contrastanti, dato che anche l'Inghilterra ha essa stessa l'interesse a conciliarsi l'opinione islamica.

5) L'Inghilterra potrebbe essere richiesta di presentarci una formula che tenga conto di quanto precede [a) e b)].

La formula dovrebbe mantenere il carattere negativo suggerito dagli Inglesi stessi. L'impegno italiano dovrebbe cioè consistere nell'astenersi dal creare difficoltà come proposto; ed essere fondato sul fatto che la futura sistemazione della Palestina dovrà avvenire conformemente ai principi del mandato e agli scopi per i quali il mandato fu istituito. Dal che deriva che la formula da adottare non potrà prescindere dal fatto:

a) che la sistemazione che l'Inghilterra darà alla Palestina dovrà avvemre d'accordo colle popolazioni locali;

b) che gli Inglesi non dovranno creare in Palestina apprestamenti militari; c) che gli interessi italiani saranno protetti.

6) Un eventuale accordo italo-inglese per la Palestina dovrebbe quindi comportare anche per quanto riguarda gli interessi italiani:

a) il rispetto e il consolidamento degli interessi italiani (missioni, scuole ecc.). (In proposito l'Ambasciatore inglese ha già detto che il Governo britannico è pronto ad impegnarsi al rispetto degli interessi italiani);

b) la partecipazione italiana nella sistemazione della questione dei Luoghi Santi. È questo un argomento particolarmente a cuore della Santa Sede;

c) l'attribuzione all'Italia del Cenacolo (Santuario su cui Casa Savoia vanta da tempo diritti e che l'ultimo Sultano, con apposito firmano, cedette a S. M. Vittorio Emanuele III);

d) il riconoscimento che le proprietà etiopiche in Palestina sono di spettanza della chiesa copta etiopica e non della chiesa copta egiziana 1 .

328

L'AMBASCIATORE AD ANKARA, GALLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. 447/225. Ankara, 15 mar~o 1938 (per. il 22).

Col mio telegramma per corriere n. 013 del Il marzo u.s. 1 ho informato J'E.V. della probabilità della visita di Aras a Budapest per l'autunno venturo.

Nel darmene conferma, questo ministro di Ungheria mi ha aggiunto nel modo più confidenziale, che tale visita era sollecitata dallo stesso Aras il quale da più tempo lo spingeva a considerare la eventualità di una accessione e di un appoggio, in un qualsiasi modo, dell'Ungheria alla Intesa Balcanica, poi anche alla conclusione con la Grecia di un patto simile a quello che esiste già fra Turchia ed Ungheria 2 • Questo ministro di Ungheria mi ha aggiunto che egli non aveva ancora fatto parola di ciò al suo governo, ma si riservava di esporre la sua opinione a Budapest in occasione del suo imminente congedo (parte stasera).

Sono evidenti gli scopi che Aras (sfruttando la tradizionale funzione antislava dell'Ungheria) persegue: a) nuova iniezione alla esangue Intesa Balcanica, b) controassicurazione nei riguardi della Jugoslavia cercando di creare magari anche una solidarietà militare con l'Ungheria per il temutissimo giorno in cui la minaccia di un definitivo accordo jugoslavo-bulgaro tendesse a stabilire nei Balcani la preponderanza politica slava.

328 Non rintracciato. 328 2 Trattato di neutralità, conciliazione ed arbitrato tra Ungheria e Turchia del 5 gennaio 1929 (MARTFNS. vol. XXIX, pp. 372-377).

Fino ad ieri non era egualmente chiaro un corrispondente interesse ungherese. Dalla annessione dell'Austria in poi, se la Ungheria ha ogni possibile motivo per essere quanto più possibile in accordo con la Germania, sia per profittare di futuri mutamenti territoriali in Cecoslovacchia e così risolvere il suo massimo problema irredentista, sia per tentare di reclamare il Burgenland, essa per altro non deve obliare una necessità futura e permanente: evitare cioè di lasciarsi soffocare dalla Germania. Perciò un accostamento alla Jugoslavia (che con l'Italia è naturale barriera a possibili nuove espansioni storiche del germanesimo) attraverso la Piccola Intesa potrebbe rappresentare un temporaneo mezzo tattico per parare a tale minacciosa soffocazione.

Si tratta per ora di un abbozzo di idee informi delle quali occorre attendere ogni sviluppo. Ma mi sembrava doveroso farle conoscere a V.E.

Prego peraltro di tenere molto riservata tale mia conversazione col signor De Mariassy che ha dichiarato farmi tale comunicazione solo a titolo personale e confidenziale. AI signor De Mariassy sempre a titolo personale, ho espresso ogni possibile dubbio e riserva della convenienza di favorire il progetto di Aras, non trovandovi alcuna contropartita per l'Ungheria.

Post scriptum: Il signor Mariassy alla stazione dove mi ero recato a salutari o mi ha confidato con la preghiera di non fare il suo nome come fonte della notizia, che aveva avuto poco prima un lungo colloquio con l'Ambasciatore di Francia Ponsot. Questi gli aveva lungamente parlato e con estremo favore del progetto di Aras, aggiungendo che la Francia lo avrebbe appoggiato ed avrebbe anzi fatto prossimamente dei passi a Budapest per premere sul governo ungherese perché si arrivi ad una conclusione conforme le idee turche.

È evidente in questo complesso progetto la intenzione francese di costituire nuclei di resistenza antigermanici 1 .

327 1 Sul documento vi è la seguente annotazione: «Visto da S.E. il Ministro che autorizza a parlare nel modo indicato a Rende! -16/3 D(e Peppo]».

329

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, CROLLA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. 1472/668. Londra, 15 mar::o 1938 (per. il21).

Col mio telegramma n. 215 1 ho segnalato a V.E. il programma e il carattere della visita di Ribbentrop a Londra. Il ministro degli Esteri del Reich ha voluto dare alla sua visita in Inghilterra una presentazione «tranquilla» quasi cercando di scoraggiare fin daJI'inizio ogni aspettativa esagerata ed ogni eccessivo rilievo deJia

329 1 T. 1313/215 R. dell'8 marzo. Crolla aveva riferito che, secondo quanto gli aveva detto il consigliere dell'ambasciata di Germania, Woermann, non erano da attendersi risultati politici importanti dalla visita di von Ribbentrop a Londra. Probabilmente von Ribbentrop avrebbe toccato i possibili temi delle future conversazioni anglo-tedesche --pacificazione europea, disarmo, colonie -oltre alla cessa zione della campagna di stampa antitedesca in Gran Bretagna.

stampa. Egli veniva-così diceva la stessa ambasciata di Germania-per liquidare affari personali e salutare i suoi amici. Fra gli amici, vi erano naturalmente anche Chamberlain e Halifax e intrattenendosi in visita di congedo con questi due personaggi, Ribbentrop avrebbe approfittato per scambiare «incidentalmente» qualche idea sul possibile auspicato riavvicinamento anglo-tedesco.

Già una settimana prima dell'arrivo di Ribbentrop, negli ambienti inglesi, ma specialmente in quelli più ostili alla Germania come pure negli ambienti francesi di Londra, andavano serpeggiando voci secondo le quali gli stessi tedeschi avrebbero avuto pochissima premura di iniziare conversazioni col governo britannico. Si diceva, per esempio, che il governo del Reich aveva spinto innanzi la questione «pregiudiziale» della cessazione della campagna di stampa con le stesse intenzioni dilatorie con le quali Eden, a un certo punto, aveva cercato di condizionare l'inizio delle trattative anglo-italiane alla cessazione della cosidetta propaganda anti-britannica della Radio Bari. I più maligni insinuavano anzi che la Germania, dopo gli accordi di Berchtesgaden desiderasse «condurre in porto» (o meglio, liquidare per sempre) la questione austriaca, prima di iniziare le conversazioni con Londra, per poter così avvicinare l'Inghilterra su un altro piede e dopo aver eliminato dal gioco una importante carta di possibili mercan teggiamen ti.

Da parte inglese del resto non si dimostrava neppure una particolare fretta. Si sapeva che i tedeschi avrebbero portato in prima linea la questione coloniale, sulla quale le conversazioni minacciavano di arenarsi fin dall'inizio. E l'ambasciatore Henderson aveva detto infatti a Hitler e Ribbentrop pochi giorni prima, che la questione coloniale non era ancora «matura» per una proficua discussione.

Cosicché, l'interpretazione che veniva qui sussurrata -e che traspariva anche da certi articoli di redattori diplomatici ispirati dal Foreign Office-sulla visita di Ribbentrop, si riassumeva nei termini seguenti: visita a carattere più «formale» che «sostanziale». Desiderio del governo britannico e particolarmente del Primo Ministro Chamberlain di dimostrare che esso non recedeva dalle sue prime intenzioni di condurre parallelamente i negoziati con Roma e con Berlino. Corrispondente desiderio del governo del Reich di mostrare alla propria opinione pubblica e al mondo che le conversazioni anglo-italiane erano accompagnate da conversazioni parallele anglo-tedesche. Dietro questo apparente parallelismo, era visibile a tutti la profonda diversità. Da una parte, fra Londra e Roma, si intendeva fare sul sei-io; dall'altra, fra Londra e Berlino, per ora almeno, solo darsi l'aria di fare.

Questa è la cornice entro la quale Ribbentrop è comparso mercoledì 9 marzo sulla ribalta di Londra. Ma contemporaneamente al suo arrivo, i giornali annunziavano la decisione di Schuschnigg di indire un plebiscito in Austria e la questione austriaca andava perciò assumendo un'inattesa intensità di rilievo. Al ricevimento dato giovedì IO da Ribbentrop, l'argomento di cui tutti si intrattenevano con profonda ansia era il plebiscito e la possibile paventata reazione di Hitler. Ribbentrop, bersagliato dalle domande, cercava di nascondere sorridendo il suo fastidio e il suo imbarazzo.

I contatti da lui avuti con Chamberlain e Halifax, giovedì e venerdì, sono stati profondamente influenzati, come era naturale, dalla questione austriaca. Non si poteva discutere sul serio nessun altro argomento. Halifax ha tentato, giovedì, di intrattenere per circa un'ora Ribbentrop (che era andato a trovarlo) sui noti argomenti delle future conversazioni anglo-tedesche; e cioè:

l) campagna di stampa;

2) colonie;

3) Europa Centro-Orientale;

4) disarmo, e in particolare proibizione del bombardamento aereo.

A quanto mi riferisce Woermann, sul primo argomento Ribbentrop ha «alleggerito» la posizione presa, spiegando che il governo del Reich, nel sollevare la questione degli attacchi di stampa, non intendeva farne una pregiudiziale all'inizio delle future conversazioni con l'Inghilterra.

Sul secondo argomento, Halifax ha detto che non vi era nulla di urgente e che si sarebbe potuto parlare di colonie «anche fra 5 o 6 anni». Reazione di stupore di Ribbentrop, rimasta senza controrisposta da parte inglese, e conseguente passaggio del colloquio al terzo argomento.

Anche qui, profluvio di discorsi e di assaggi da ambedue le parti, con la costante preoccupazione di evitare qualunque parola concreta o impegnativa.

Sul quarto argomento (bombardamenti aerei in particolare) Halifax e Ribbentrop hanno impegnato--al dire di Woermann-una lunga e inconclusiva discussione sulla portata e sul significato della nota proposta di Hitler. «È la Germania disposta a dare il buon esempio e a stringere un accordo con noi inglesi -ha chiesto Halifax-per la reciproca proibizione del bombardamento aereo?». «No, ha risposto Ribbentrop, ci vuole un accordo generale». «Russia compresa?» ha replicato Halifax. «Certo, ha ribadito Ribbentrop, ma devo anche aggiungere che degli impegni assunti dal governo sovietico noi tedeschi non ci fidiamo affatto». -«E allora? ... ».

Ribbentrop ha visto Chamberlain solo venerdì a colazione. A tavola non si è parlato di politica. Alla fine della colazione Chamberlain ha ricevuto un telegramma di allarme da Vienna e ha chiamato in disparte Ribbentrop e Woermann per parlare della situazione austriaca. Chamberlain ha usato un linguaggio molto franco, netto, duro, tagliente (mio telegramma n. 229) 2 . Ribbentrop non poteva che ascoltare con altrettanta inflessibile determinazione. La sua assenza da Berlino, in un momento così decisivo, gli consentiva di evitare di apparire come il principale ispiratore dell'azione tedesca in Austria, pur condividendone la piena responsabilità.

A voler dunque tirare le somme, sulla strada, ancora lunga, del riavvicinamento anglo-tedesco, la visita di Ribbentrop -che all'inizio poteva sembrare una tappa innanzi, sia pure più apparente che reale -, ha finito col rivolgersi, per la coincidenza con la crisi austriaca, in un vero e proprio passo indietro.

Coi miei fonogrammi stampa dei giorni scorsi ho segnalato a V.E. il tono generale dei commenti di questi giornali sugli avvenimenti austriaci. Tono di indignazione irritata al quale si mescola un profondo allarme per l'avvenire della pace europea e il timore che la Germania, incoraggiata dal successo del suo ultimo

«colpo di forza», ne voglia a scadenza prossima tentare un altro sulla Cecoslovacchia. A conclusione di queste riflessioni, ritorna il tema obbligato del riarmo britannico, tanto più imperativo ed urgente quanto più la situazione si presenta piena di pericolose e forse imminenti incognite. È su questo tema del resto che Chamberlain ha imbastito il suo discorso di ieri sera alla Camera dei Comuni (miei telegrammi n. 232-233)1 .

L'occupazione tedesca dell'Austria è indubbiamente un colpo dato alla politica di Chamberlain in favore di un tentativo di riavvicinamento alla Germania. Un deputato conservatore mi diceva essere un peccato che l'uscita di Eden dal Gabinetto non fosse avvenuta o 6 mesi fa, o soltanto oggi. Nel primo caso, si sarebbe forse evitato-a suo dire--quanto è accaduto in Austria; nel secondo caso Eden e la sua politica ne avrebbero fatte le spese, e la sua cacciata dal Gabinetto sarebbe apparsa come una giusta espiazione.

La controffensiva societaria iniziata da certa stampa francese (vedi articoli di Pertinax o di Madame Tabouis) per sostenere che la principale responsabilità degli avvenimenti austriaci era la politica di Chamberlain «debole verso i dittatori», è stata ripresa tanto nei giornali conservatori inglesi più o meno legati a Eden (vedi

Yorkshire Post e Dai/y Telef{raph), quanto --naturalmente -nei giornali liberali e laburisti di opposizione. Questa controffensiva, le cui punte estreme hanno tentato anche di impostare il problema di un rimaneggiamento del Gabinetto Chamberlain, ha trovato ieri alla Camera dei Comuni il suo più autorevole portavoce nella persona di Winston Churchill che è notoriamente nemico del Primo Ministro.

È forse opportuno a questo proposito che io riferisca a V.E. che, nei giorni scorsi, da parte di vari deputati conservatori e di amici di Chamberlain, mi è stata segnalata la prevedibile recrudescenza di attacchi contro le «dittature» e in favore dei miti ginevrini della «Sicurezza collettiva», prendendosi a pretesto gli avvenimenti austriaci. Codesti deputati di destra si preoccupavano delle legittime ripercussioni che attacchi del genere avrebbero potuto avere all'estero, ed esprimevano la speranza che il governo italiano, comprendendo le difficoltà in cui si trova lo stesso Chamberlain, avrebbe fatto ogni sforzo per mantenere inalterata, nonostante tutto, l'atmosfera in cui si svolgono le conversazioni di Roma.

Continuando a tàre la rassegna delle ripercussioni in Inghilterra degli avvenimenti austriaci, non si può tacere la soddisfazione provata da certi elementi di estrema destra, e particolarmente dai membri dell'Imperia/ Policy Group, per l'abbandono -che a loro avviso sarebbe definitivo --da parte dell'attuale Gabinetto e dello stesso Primo Ministro, di ogni intenzione di trattare con la Germania la questione coloniale. -« Thank God far it!» -mi diceva ier l'altro Kenneth de Courcy --«almeno la scomparsa dell'Austria porterà qualche buon risultato. Il Primo Ministro ci ha assicurati che le conversazioni con la Germania sono state rinviate indefinitamente, e che comunque delle colonie non si parlerà mai più. La Germania ha ormai avuto la sua colonia: l'Austria!».

329 ·1 T. 1516/232 R. del 14 marzo e 1518/233 R. del 15 marzo con cui Crolla aveva riferito sul dibattito avvenuto ai Comuni circa la crisi austriaca. A conclusione del suo discorso, Chamberlain aveva dichiarato che era intenzione del suo governo rivedere il piano di riarmo alla luce degli ultimi avvenimenti e delle loro ripercussioni. Se ne veda il testo in Rela::.ioni lnterna::.ionali. pp. 232-233.

Non si possono tuttavia prendere troppo alla lettera queste affermazioni, comprensibili in un momento di vasta indignazione popolare, e alle quali fanno già riscontro sottili accenni di certi giornali (fra gli altri il Times di stamane), che~ quasi per mitigare la presente irritazione tedesca ~vanno spiegando che l'atteggiamento del governo britannico non è stato ispirato da una opposizione assoluta all'Anschluss, ma piuttosto e soltanto dall'opposizione ai metodi violenti coi quali l'Anschluss è stato effettuato. Comunque, Woermann, che ho visto oggi, non esclude che~ una volta calmatosi il presente stato d'animo --sia possibile al governo del Reich riprendere qualche contatto con Londra, anche sulla questione coloniale.

Nei riguardi dell'Italia, le reazioni immediate di questi ambienti politici sono state varie e contraddittorie nella prima fase di generale disorientamento provocato dalla sorpresa per gli improvvisi sviluppi della crisi austriaca.

Tutti gli sguardi, venerdì e sabato scorso, sono stati puntati sull'Italia. Le voci più impensate e assurde sono state messe in giro c smentite dai fatti nello spazio di poche ore. «L'Italia--si domandavano alcuni~ si unirà alle Potenze Occidentali per protestare a Berlino?». O anche, e più spesso: «L'Italia era forse d'accordo con la Germania e avrà forse ottenuto da Hitler qualche promessa di compenso (dove?) per il suo disinteressamento delle sorti dell'Austria?».

A poco a poco, i cervelli disorientati ed esaltati hanno cominciato a vedere la realtà semplice e lineare. In questo Paese, dove la confusione dei miti e delle parole ha annebbiato da vari anni la mente del pubblico, tornava difficile, ma anche gradita, dopo tanti incubi, la visione del realismo politico dell'Italia.

E allora, è stato un accorrere e un affaccendarsi a trovare conferme di questa così ovvia realtà; un molteplice affermare e ripetere che le conversazioni di Roma non solo debbono procedere indisturbate, ma anche più spedite, e condurre presto ad una intesa, e ad un'intesa molto più stretta di quella dapprima prevista, fra l'Italia e l'Inghilterra. In sostanza dunque, gli avvenimenti d'Austria hanno accelerato, in tutte le persone intelligenti e responsabili, la spinta a mettersi d'accordo con l'Italia: individuando in tale accordo una somma di interessi collimanti anche maggiore di quella che qui appariva qualche settimana addietro.

D'altra parte, a fianco di questi frettolosi e pur tardivi convertiti, non si possono ignorare le reazioni della grande massa opaca e inintelligente che costituisce per il suo peso morto una parte importante dell'opinione pubblica inglese. Questa massa bestiale, abituata a muoversi sotto lo stimolo di fanatismi elementari, trae ~come lezione degli avvenimenti ~proprio la conclusione opposta a quella che la logica vorrebbe. E comincia già ad agitare --ma con scarso successo ~ il panno rosso della «diffidenza vero i dittatori» e della inutilità di negoziare con «le Potenze totalitarie» le quali ~per un misterioso assioma politico ~ dovrebbero essere incapaci di mantenere la parola data. Agitazione, come ho detto, di scarso rilievo, ma destinata a dare qualche fastidio a Chamberlain.

A parte queste increspature d'acqua dovute alla bufera scoppiata a Vienna, nel problema della riconciliazione italo-britannica è venuta ad aggiungersi o ad acuirsi da parte inglese, una preoccupazione nuova. È la preoccupazione che deriva dalla possibilità di ulteriori «colpi di mano» della Germania in Europa. La Cecoslovacchia, si osserva, è legata alla Francia. Se la Francia si crede in dovere di intervenire un giorno in suo aiuto, l'Inghilterra sarà fatalmente trascinata anch'essa. E allora quale sarà l'atteggiamento dell'Italia? Si potrà essere almeno sicuri della sua neutralità?

Queste e simili preoccupazioni mi sono state fatte presenti, nei giorni scorsi, da parte di deputati conservatori inglesi, come pretesi elementi o contributi ad una «vera» chiarificazione anglo-italiana. Codesti deputati dichiaravano non voler attentare all'asse Roma-Berlino, ma soltanto chiarire gli impegni dell'Asse di fronte ad una possibile futura aggressione tedesca.

Questo è, all'ingrosso, il quadro delle reazioni che gli avvenimenti ultimi hanno finora provocato negli ambienti inglesi.

Al di sopra di queste reazioni, Chamberlain continua a svolgere la sua politica che per ora si concentra nel riavvicinamento coll'Italia, ma che non esclude in avvenire un tentativo di distendere anche i rapporti con la Germania in vista di assicurare un periodo di pace all'Europa. Non vi è dubbio che la scossa provocata dagli avvenimenti austriaci lo indurrà a fare ogni sforzo per raggiungere quell'accordo con l'Italia che -primo grande successo della sua politica -dovrebbe anche contribuire a rafforzare nel Paese la sua posizione personale e quella del Gabinetto.

328 3 Il documento ha il visto di Mussolini.

329 2 Vedi D. 298.

330

IL CONSIGLIERE DELL'AMBASCIATA A BERLINO, MAGISTRATI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

LETTERA 1• Berlino, 15 marzo 1938.

Situazione dei cattolici. Entrati a parlare di questo argomento, ho trovato il Maresciallo particolarmente ben disposto.

Il problema dei Cattolici -ha cominciato a dire -cambia certamente ora fisionomia nel Reich. Occorre non dimenticare che mentre gli Evangelisti aumentano solamente di mezzo milione, i Cattolici aumentano di 5 milioni e mezzo, e tutti veri e di profonda tradizione. Il Cancelliere Hitler vede benissimo tutto ciò ed è veramente propenso ad avviarsi su una strada che porti ad una pacificazione religiosa del Reich, sempre naturalmente a condizione, chiara e precisa, che Religione e Politica siano due cose nettamente distinte. Hitler guarda avanti e non indietro. Quello che è stato è stato. Quello che conta è l'avvenire. Ne sarà una prova una grande amnistia generale che il Cancelliere, con ogni probabilità, concederà.

Devo dirvi in proposito-e qui egli ha preso un aspetto grave e deciso -·che si avvicina il momento della «definitiva e grande chance» del Vaticano per una netta chiarificazione con il Reich tedesco. Se il Vaticano, anziché piangere sulle sorti di un'Austria definitivamente sparita e tentare resistenze di carattere politico attraverso il Clero austriaco, prende invece la decisione di far comprendere che è bene che i Cattolici austriaci siano anche degli ottimi tedeschi, cittadini del Reich, la chiarificazione non appare difficile.

Sappiamo benissimo che nel Clero austriaco, e specialmente tra gli alti Prelati, e cioè tra i Vescovi vi sono nemici dichiarati del Nazionalsocialismo. È bene che essi comprendano la nuova situazione. Anche qui noi non vogliamo martiri, ma evidentemente non siamo disposti a transigere. Viceversa il secondo «appello» del Cardinale Innitzer 2 appare buono.

A questo punto mi è sembrato opportuno, data anche la tua lettera in materia 3 , di sentire un po' le idee di Goring, sempre in tema di rapporti tra Vaticano e Reich, nel quadro del prossimo viaggio del Fiihrer in Italia. E gli ho in proposito detto che, dato il carattere cattolico totalitario del popolo italiano («e questa è la vostra fortuna», egli mi ha interrotto}, evidentemente un viaggio di Hitler che si svolgesse in un momento di particolare tensione tra Vaticano e Reich e che, in altre parole, avvenisse, da parte tedesca, in uno spirito ed in un atteggiamento «anti-vaticano», sarebbe destinato a gettare un qualche velo di sincero dispiacere sul grande entusiasmo del Popolo stesso.

Goring ha risposto che egli comprende perfettamente la situazione. «Del resto ~ha aggiunto~ da mesi non si svolge qui alcuna battuta anti-cattolica. Come voi sapete, le nostre Magistrature avevano istruito ben 900 processi a carico di membri di Ordini religiosi, accusati particolarmente di traffico di divise. Orbene il Fiihrer ha dato ordine di tutto sospendere. Certamente, e specie se il Vaticano non vorrà fare una crociata contro di noi in tema austriaco, da parte nostra nulla verrà fatto in senso anti-cattolico, anzi, data anche la nuova situazione del Reich alla quale ho sopra accennato, tutto fa prevedere il contrario. Non credo, però, ad ogni modo, almeno per ora, che si possa mai giungere alla possibilità di una visita di Hitler al Pontefice».

Qui Goring mi ha parlato con una certa simpatia e deferenza della persona del Papa, che egli ebbe occasione di conoscere nella primavera del 1933. Nel ricordare i dettagli di detta conversazione, che ebbe particolarmente per tema il Comunismo, Goring mi ha però detto di aver avuto la vaga impressione che il Pontefice non faccia una grande differenza tra Bolscevismo e Nazionalsocialismo.

330 1 L'originale di questa lettera non è stato rintracciato. Il testo qui pubblicato è un estratto consegnato all'ambasciatore Pignatti perché ne desse notizia alla Segreteria di Stato vaticana (si veda in proposito il D. 365).

331

L'AMBASCIATORE IN CINA, CORA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S.N.D. 1572/146 R. Shanghai, 16 marzo 1938, ore 12,30 (per. ore 2,50 del 17).

Assicuro che prima ancora di ricevere telegramma di V.E. n. 85 1 , ma dopo che io gli avevo già fatto presente che proposte cinesi mi sembravano troppo vaghe e generiche, Alessandrini ha avuto un nuovo colloquio con vice ministro (che aveva già assistito altro colloquio) il quale gli ha confermato che Chiang

331 Vedi D. 302.

Kai-shek approva pienamente tentativo ottenere mediazione Italia aggiungendo che governo cinese desidera seguire il tramite di una sola Potenza facendo ora aperture solo a noi. Se questa via riservata fallirà si rivolgerà ad altra Potenza. Vice ministro ha riconosciuto che proposte Kung erano effettivamente troppo vaghe: ciò perché egli ha parlato prima volta di proposte cinesi e perché è Primo Ministro.

A nome Wang Ching-wei ha assicurato che governo cinese desidera vivamente discutere tramite Italia su seguenti punti:

1) riconoscimento Manciuria;

2) cooperazione economica;

3) eventuali trattative su regime speciale Mongolia nord Cina zona Shanghai

purché Giappone precisi almeno di che regime si tratterebbe; 4) eventuali trattative su pagamento di una certa indennità. 5) sistemazione questione patto antibolscevico.

Wang Ching-wei attende ansiosamente un'ulteriore risposta governo italiano per comunicarla Chiang Kai-shek. Se realmente governo cinese si propone trattare sulla base predetta sarebbe forse per la prima volta possibile intravvedere una via soluzione conflitto.

Secondo impressioni raccolte in questi circoli giapponesi, se governo cinese si sbarazzerà realmente comunisti sarà possibile ottenere per Cina condizione di pace più favorevole.

Comunicato Tokio.

330 2 Riferimento all'appello diffuso il 13 marzo del cardinale Innitzer che invitava i fedeli a ringraziare Dio perché i grandi mutamenti politici in Austria erano avvenuti senza spargimento di sangue. 330 Vedi D. 246.

332

L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, PRUNAS, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. URGENTE 1550/53 R. Parigi, 16 marzo 1938, ore 14 (per. ore 16,30).

Preoccupazioni francesi si accentrano su Cecoslovacchia e su situazione spagnola creata da vittoriosa avanzata nazionalisti spagnoli.

Blum e Paul-Boncour 1 hanno ancora una volta riconfermato a Praga impegno francese assistenza militare prevista trattato 1925. Comitato permanente difesa nazionale è stato ieri convocato per esame modalità esecuzione comuni misure militari che potrebbero essere richieste in caso eventuale aggressione tedesca contro Cecoslovacchia. Tali decisioni sono state portate a conoscenza del governo britannico presso il quale continuano essere esercitate pressioni per indurlo ad una più

esplicita politica di solidarietà con la Francia in Europa Centrale. Ultimo discorso Chamberlain ha deluso 2 .

Avvenimenti spagnoli provocano, d'altra parte, abituali pressioni ambienti estremisti per sostanziali modificazioni sedicente politica «non intervento» da parte del governo francese.

Riaffiorano chiacchiere allarmistiche su presunto sbarco nuove truppe tedesche.

Quai d'Orsay e Stato Maggiore si preoccupano sopratutto, sia del probabile afflusso grosse masse miliziani fuggiaschi in territorio francese, sia eventuale presenza grossi nuclei italiani e tedeschi in Catalogna e sulla frontiera Pirenei. Ciò che non mancherebbe di suscitare qui seri allarmi.

La situazione dei Rossi spagnoli è giudicata gravissima. È probabile da parte di questo governo un tentativo di mediazione probabilmente appoggiato dall'Inghilterra. Corre voce da ieri che offerte di pace separata sarebbero state fatte a Salamanca da parte delle Autorità catalane. Le offerte sarebbero state respinte da Franco e misure precauzionali sarebbero in procinto di essere adottate da parte francese sulla frontiera dei Pirenei. Sarebbero imminenti movimenti flotta verso porti catalani per caso disordini e richieste protezione.

332 1 Il 13 marzo era stato costituito un governo con presidente Blum e Paul-Boncour agli Esteri.

333

L'INCARICATO D'AFFARI A BUDAPEST, FORMENTINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. URGENTE 1554/31 R. Budapest, 16 marzo 1938, ore 17,20 (per. ore 19).

Mio telegramma n. 29 del 13 corrente 1•

Ho veduto questo direttore generale degli AtTari Politici il quale mi ha parlato della comunicazione da me fatta, a nome dell'E.V. al ministro degli Affari Esteri, di cui al telegramma cui mi riferisco.

Dopo avermi detto che Ungheria fa grande assegnamento su sempre maggiore consolidamento dei vincoli di amicizia con l'Italia, mi ha accennato ad una possibilità, senza necessità di fare una politica contro il Reich, di stabilire una «diga» con la Polonia e la Jugoslavia che egli considera unica alternativa per ovviare ad un ulteriore espansionismo germanico. Mi ha aggiunto che l'Ungheria contava a tale riguardo sul prestigio dell'Italia. Una autorevole azione dell'E.V. sarebbe stata, al suo dire, particolarmente necessaria verso la Jugoslavia nei confronti della quale l'Ungheria non aveva mai tralasciato occasione per migliorare le proprie relazioni.

slovacchia erano quelli che «ogni membro della Lega ha verso ogni altro membro» e di fronte alle repliche dell'opposizione si era rifiutato di fare «premature dichiarazioni su una questione di così grave importanza». Sul discorso di Chamberlain si veda anche il D. 329, nota 3. 333 1 Vedi D. 311.

332 2 Chamberlain aveva dichiarato ai Comuni che gli obblighi del governo britannico verso la Ceco

334

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO

T. S.N.D. PERSONALE 239/64 R. 1 Roma, 16 mar::o 1938, ore 21,30.

Mentre l'avanzata italiana in Aragona assume sempre più il carattere di un colpo decisivo alla Spagna Rossa, cominciano a giungere notizie, d'altronde non controllate, che Francia ed Inghilterra si preparerebbero ad inviare mezzi ed uomini in aiuto del governo di Barcellona.

Se così fosse, l'Italia invierebbe e su larga scala aiuti a Franco. lnformatene pure codesto governo 2 .

335

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO

T. 242/65 R. Roma, 16 mar::o 1938, ore 23.

Si informi per quale ragione lettera del Fi.ihrer al Duce 1 non è stata pubblicata da giornali tedeschi e faccia sapere che sua pubblicazione riuscirebbe molto gradita. Telegrafi 2 .

336

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, A TTOLICO, E AL MINISTRO A VIENNA, GHIGI

T. 243/66 R. (Berlino) e 243/34 R. ( Vienna). Roma, 16 mar::o 1938, ore 23,30.

(Per Berlino) Ho telegrafato a Ghigi quanto segue:

(Per tutti) Prego V.S. rientrare immediatamente in Italia avvertendo codeste Autorità che ella ha avuto istruzioni di partire e di chiudere la legazione. Per le pratiche inerenti all'effettiva chiusura della legazione ella potrà lasciare costì uno

o più funzionari, a sua scelta, e quella parte del restante personale della legazione che ella riterrà indispensabile. Il resto dei funzionari e del personale dovrà rientrare

334 2 Attolico rispondeva con T. s.n.d. 1579/80 R. del 17 marzo di avere effettuato la comunicazione a von Ribbentrop, il quale gli aveva dichiarato di non ritenere che il governo francese avesse davvero l'intenzione di aggravare ulteriormente la situazione. 335 1 Vedi D. 296. 335 2 Si veda per la risposta il D. 344.

con lei o subito dopo. L'ordine di partenza immediata si estende naturalmente agli addetti militari. Dia istruzioni ai consolati dipendenti che, d'ora innanzi, si considerino alle dipendenze della R. ambasciata in Berlino.

(Per Berlino) Dia comunicazione a codesto ministro degli Esteri di quanto precede.

334 1 Minuta autografa di Ciano.

337

L'INCARICATO D'AFFARI A BUDAPEST, FORMENTINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 1582/028 R. Budapest, 16 marzo 1938 (per. il 17 ).

Mio telegramma n. 31 odierno 1•

Ho avuto occasione d'incontrare oggi questo ministro di Jugoslavia il quale mi ha detto di aver visto ieri Kanya che gli avrebbe manifestato la sua convinzione che Ungheria, specie in questo momento, deve contare su amicizia Italia. Vukcevié ha avuto peraltro sensazione che questo governo, sotto impressione avvenimenti austriaci, tenga a far risaltare vincoli di amicizia già esistenti col Reich. Questo spiegherebbe la sollecitudine con cui l'Ungheria attraverso il suo ministro a Berlino, si era affrettata ad esprimere al Fiihrer gli auguri più fervidi in occasione dell'unione dell'Austria al Reich e la speranza che fra i due Paesi continuino ad essere mantenuti amichevoli rapporti.

Parlando dei rapporti ungaro-jugoslavi il signor Vukcevié ha tenuto a mettere in rilievo, contrariamente a quanto manifestato in questi ambienti governativi, le difficoltà che essi comportano specialmente a causa della mentalità ungherese non incline ad abbandonare del tutto alcuni postulati revisionistici ed alla tendenza a porre ulteriori trattative in relazione ad una rottura dei vincoli che ancora legano la Jugoslavia agli altri Stati della Piccola Intesa.

338

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, AL CAPO DEL GOVERNO, MUSSOLINI

APPUNTO. Roma, 16 marzo 1938.

Ha avuto luogo nel pomeriggio di ieri il terzo colloquio con l'Ambasciatore di Inghilterra. Egli ha condotto seco il signor Rende!, esperto dei problemi arabo-palestinesi. L'ho messo in contatto con i nostri funzionari per discutere particolareggiatamente tali questioni.

338 1 Ed. in L'Europa verso la catastrofe. pp. 294-296.

Lord Perth mi ha consegnato le formule proposte dagli inglesi relative alla propaganda, al trattamento dei missionari in Etiopia, al Lago Tana e al commercio britannico nell'Impero. Mi sono riservato di esaminarle e di sottoporle al giudizio del Duce.

Con Lord Perth abbiamo quindi parlato del punto 1° dell'Agenda: cioè della Spagna. Egli mi ha di nuovo ripetuto la sua proposta di ritirare le forze dalle Baleari. Gli ho risposto che noi non avevamo forze terrestri alle Baleari. Mi ha fatto cenno all'aviazione. Ho detto che questo è un argomento mai discusso dal Comitato di Non Intervento e non compreso nella formula britannica per il ritiro dei volontari: quindi non deve venire sollevato in sede di conversazioni italo-britanniche. Lord Perth ha lasciato cadere l'argomento. Mi ha chiesto allora la facoltà di ripetere al suo Governo l'assicurazione che l'Italia non sta mandando e non manderà nuovi contingenti di volontari in Spagna. Gli ho dato conferma. Mi ha chiesto inoltre di confermargli l'assicurazione data al tempo del Gentlemen's Agreement e cioè che una volta raggiunta la vittoria da parte delle truppe di Franco, l'Italia non intende mantenere forze militari in Spagna. Gli ho dato conferma.

Poiché nessuna formula è stata ancora proposta per la Spagna, abbiamo proceduto all'esame degli altri punti.

Tanto Lord Perth quanto io abbiamo manifestato l'accordo sul punto 2° dell'Agenda e cioè la conferma del Gentlemen's Agreement così come risulta dall'Accordo del 2 gennaio 1937.

Di comune intesa non si è più parlato dell'invito a terze Potenze a dichiarare il loro favore al mantenimento dello statu quo.

Forze italiane in Libia -Lord Perth mi ha detto che l'opinione pubblica britannica attribuisce a questa questione la più grande importanza. Il Governo britannico fa presente al Governo fascista il suo desiderio di vedere opportunamente ridotte le nostre forze in Libia. Secondo le informazioni che ha il Governo britannico, si troverebbero in Libia adesso due Corpi d'Armata metropolitani e un Corpo d'Armata indigeno. Il Governo britannico desidererebbe che un Corpo d'Armata venisse ritirato o che venissero ridotti di forze in modo molto sensibile. L'Ambasciatore britannico ha aggiunto che un ritiro sia pure limitato di forze in fase di trattative, sarebbe di grande aiuto al suo Governo di fronte all'opinione pubblica.

Ho detto a Lord Perth che il Governo fascista era in linea di massima disposto a prendere in considerazione la eventualità di ridurre le forze, ma che non ero in grado di dargli alcuna risposta prima di aver preso precise istruzioni dal Duce.

Per i punti 5 e 6 relativi allo scambio di informazioni militari e alla nostra adesione al Trattato Navale, ho detto a Lord Perth che attendo di conoscere i suggerimenti degli esperti e le decisioni del Duce.

Abbiamo concordato con l'Ambasciatore britannico di incontrarci nuovamente venerdì alle 18,30 per procedere nella discussione 2 .

337 1 Vedi D. 333.

338 2 Il documento ha il visto di Mussolini. Nel quadro delle.trattativc per un accordo itala-britannico, un quarto colloquio tra Ciano e l'ambasciatore Perth ebbe luogo il 18 marzo. Su di esso non è stata trovata documentazione nell'archivio italiano. Si veda in proposito BD. serie seconda, vol. XIX, D. 631, nota l, da cui risulta che argomento principale di tale colloquio fu la questione spagnola.

339

IL SEGRETARIO DI STATO DELLA SANTA SEDE, PACELLI, AL CAPO DEL GOVERNO, MUSSOLINI

LETTERA 938/38. Città del Vaticano, 16 marzo 1938 (per. il 18).

Ho l'onorifico e gradito incarico di significarLe che il Santo Padre è rimasto molto soddisfatto e consolato per le cose che il Rev.mo P. Tacchi-Venturi è venuto a dirGli a nome di Vostra Eccellenza 1 , e soprattutto per la Sua azione moderatrice presso il Cancelliere del Reich germanico, Signor Hitler, e per il di Lei intervento contro la continuazione della politica di persecuzione religiosa in Germania. Sua Santità ha tanto più apprezzato questo passo di V ostra Eccellenza, perché compiuto alla vigilia della venuta del Signor Cancelliere a Roma.

L'Augusto Pontefice è stato pure lieto di apprendere che Vostra Eccellenza ha accolto con compiacimento la nomina dell'Eminentissimo Signor Cardinale Pietro Boetto ad Arcivescovo di Genova.

340

L'AMBASCIATORE AD ANKARA, GALLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. 449/227. Ankara, 16 marzo 1938 (per. il 22).

Unione dell'Austria alla Germania.

Emozione formidabile. Ma evento non inatteso. Lo si aspetta anzi, a vero dire, dal 1919. Però la sensazione che l'incauta decisione di Schuschnigg precipitava gli eventi fu qui a molti palese. Certo ad Aras. Questi varie volte nell'ultimo volgere degli eventi mi aveva detto la sua impressione sul profittare della Germania della prima occasione utile per decretare l' Anschluss. Anche dopo il suo ultimo passaggio da Budapest. E mi espresse la sua rinnovata inquietudine non appena fissato il plebiscito.

Ciò non diminuisce riflessione e preoccupazione. A fare il giro dei volti dei miei colleghi vi si trova riflessa tutta la nuova situazione europea. Tranquillo l'inglese, egli sa già da Londra che il fatto è considerato compiuto che nessuna opposizione verrà mossa, ma si continuerà il riarmo. Ha confidato subito che l'lnghilterra non prenderà nessun impegno preventivo per la Cecoslovacchia. Inquieto ed agitato più del solito il francese alla ricerca di nuove difese e di nuove combinazioni per un impossibile accerchiamento della Germania (vedi postilla al mio telespresso n. 447/225 del 15 corrente) 1 e più che mai preoccupato del sempre

più certo trionfo di Franco minaccioso del rifornimento nero alla metropoli 2• L'ungherese lieto, vede la possibilità dell'approssimarsi della soluzione degli ungheresi della Cecoslovacchia e perciò strettissimi legami con Berlino; si rende conto però del rinnovato ardore del mezzo milione di tedeschi di Ungheria cui occorrerà concedere nuovi diritti e nuove autonomie, guarda sospettoso al pericolo di una futura soffocazione del suo Paese sicché a parare questo potenziale pericolo Budapest dovrà rinserrare i suoi legami con la Jugoslavia e l'Italia. La realtà della situazione jugoslava è quella che mi disse qui Stojadinovié: i rapporti italo-jugoslavi dovranno a dato momento progredire. Infatti le Caravanche diventano la nostra prima linea di difesa verso la Carinzia. Dietro di essa saranno sempre più vivi i 500 mila tedeschi di Croazia e Slovenia mentre in pari tempo il sommarsi del commercio austriaco al germanico darà a Berlino schiacciante padronanza di quel mercato (presso al 75 per cento). Sicuri e fieri i tedeschi hanno fatto loro il motto del Duce: molti nemici, molto onore. Entusiasti gli austriaci (nella legazione su tre funzionari due erano notoriamente nazisti). La colonia austriaca di Ankara composta di un centinaio di tutte scelte persone (fra altri il notissimo compositore Hindernitz che dirige qui il conservatorio) va ad unirsi alla tedesca di quasi trecento, sicché influenza e propaganda del germanesimo in tutti gli organi di governo ed in tutte le branch.e della attività turca, legata ora ad una unica disciplinata direttiva sarà grandemente accresciuta. (Poco più forte invece il commercio, ché il turco-austriaco è molto limitato; però è creditore sicché il clearing debitore turco-germanico verrà automaticamente ad essere di qualche poco alleggerito). Il polacco, professionale, giudica assai tempestivo l'incontro recente di V.E. con Beck, comprende la funzione della Polonia aumentata di importanza nella nuova situazione che si determina in Europa e nelle prospettive nuove che possono presentarsi alla Grande Germania («il problema coloniale per il tedesco è piuttosto problema di lusso, il vero obiettivo storico della Germania è allargarsi progressivamente a tutti i territori dove sono tedeschi» ripeto con lui), sicché se l'allargamento verso Sud abbisognava del consentimento italiano, yuello verso Est abbisognerà del polacco. La recentissima affermazione di Hitler per il corridoio (la più esplicita che egli abbia mai pronunciato) è interpretata come prodromo di quei nuovi più intimi legami tedesco-polacchi che faciliteranno la soluzione di problemi dell'Est o del Nord-Est. Disfatto è il cecoslovacco.

Tale è il rapido sintetico panorama del piccolo cerchio di diplomatici ankarioti (dove è il sovietico?) nel quale per altro si riflettono tutte le preoccupazioni come si intravedono le direttive del movimento di assestamento imposto dalla nuova Germania.

Aras a tutti proclama (ed anche a me) stòlido e vano opporsi, ancor più progettare nuovi piani di accerchiamento (allora perché i progetti di accordo con Budapest sarebbero veduti con tanto favore dal rappresentante della Francia?), e spinge a risolvere i problemi che sono ancora sul tappeto perché nulla più divida l'Europa per il giorno in cui (egli fa ben sentire questa convinzione) la Germania vorrà risolvere il problema della Cecoslovacchia e la Francia non acconciandosi forse al nuovo destino, la guerra potrà apparire spaventosa all'orizzonte. Aggiunge

che persi per persi, distrutti per distrutti i cechi stessi potrebbero essere sospinti ad una provocazione determinante l'incendio. «Non contro la Germania, ma neanche di essa servi, però decisi ad evitare complicazioni. Plachiamo "noi" il Mediterraneo, (ci pensano i colloqui Ciano-Perth, gli ho risposto, saltando il "noi") rafforziamo i legami fra balcanici, evitiamo ogni controversia che possa impedirci di adottare un punto di vista comune se le necessità ad un certo momento lo impongano».

In queste frasi si riassume il pensiero suo espostomi con la consueta confusa prolissità. Quali riserve contiene e cosa c'è nell'ultima scatolina del suo cervello che somiglia al noto complicato giuochetto cinese?

Per certo egli non si esprime così col collega di Germania, col quale in via del tutto accademica e personale abbiamo enumerato i nuovi problemi comuni, specie la sorte degli accordi di Roma, del transito per Trieste. Ho lasciata in fondo al mio pensiero la domanda su quella maggiore propaganda nazista che si farebbe nell'Alto Adige (corona del Sud-Tirol nella Siegeshalle di Monaco) e sulla pressione verticale di 68 milioni di uomini che la parola di un Fuhrer può arrestare solo temporaneamente.

Ai colleghi che si affrettavano a domandarmi, quasi con commiserazione, che faceva l'Italia, quale sarebbe stato mai il suo fosco domani con sì grave spada sul capo e si mostravano improvvisamente teneri per una mala sorte che incombeva su quell'Italia che fino ad ieri avrebbero voluto vedere battuta in Africa e umiliata nel Mediterraneo, ho ad ogni altra opportuna ed intonata spiegazione aggiunto che l'Italia è nella felice situazione di non dovere attendere molti nuovi riarmi e di avere nella sua stessa casa gli uomini che occorrono alla sua difesa.

La stampa turca commenta ampiamente i recenti avvenimenti austriaci. Tali commenti si aggirano per di più sui punti seguenti:

l) Gli eredi dell'ex Impero austro-ungarico si sono sforzati solamente di impedire che gli Absburgo ritornassero a Vienna e con ciò hanno facilitato i piani tedeschi;

2) La Germania ha saputo approfittare della speciale situazione attuale, e cioè l'Italia legata dall'asse Roma-Berlino; la Francia troppo preoccupata a rimettere in sesto la sua situazione interna; l'U.R.S.S. concentrata nella crisi determinata dai nuovi processi; la Gran Bretagna occupata a riarmare e poco incline a prendere impegni precisi;

3) Gli avvenimenti austriaci hanno determinato il totale crollo dell'equilibrio delle forze in Europa. Occorrerà ora vedere come tale equilibrio potrà essere ricostituito, ma c'è da attendersi a grandi sorprese;

4) In sostanza si riconosce che I'Anschluss era una: fatalità storica, destinata

o prima o poi a verificarsi; 5) Non mancano naturalmente gli ammonimenti gratuiti all'Italia circa i pericoli di questa nuova situazione per il Brennero e l'Adriatico. Si insinua che l'atteggiamento passivo dell'Italia ha costituito per essa un gran sacrificio, pur

affermandosi che la politica di Mussolini è il frutto del «realismo di un uomo di Stato che accetta un risultato che non può rigettare»'.

340 .1 Il documento ha il visto di Mussolini.

339 1 Sul colloquio di Mussolini con padre Tacchi Venturi non si è trovata documentazione. 340 1 Vedi D. 328.

340 2 Sic.

341

L'INCARICATO D'AFFARI A BUDAPEST, FORMENTINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

RAPPORTO 1299/421. Budapest, 16 mar::o 1938 (per. il 17).

Come ho avuto l'onore di riferire all'E.V. col mio telegramma n. 27 dell'II corrente 1 , le prime notizie sugli avvenimenti austriaci che si erano diffuse a Budapest nel tardo pomeriggio dello stesso giorno, avevano destato in tutti gli ambienti profondissima impressione e gua e là anche spavento. In breve l'ambiente ebraico ed in particolare le redazioni dei giornali demoliberali diffusero in tutta la città un'atmosfera di allarme che invase ben presto anche gli altri strati della popolazione. Le edizioni straordinarie dei giornali ebraici contribuirono ad intensificare la sensazione di pericoli che non erano precisati, e se ne ebbe subito un effetto nei concitati discorsi che ne derivarono, specie nei caffè e locali pubblici frequentati dai giornalisti da una parte, e dall'altra nel fatto che le vie della capitale, di solito animatissime, apparvero vuote, anzi, nelle periferie, addirittura deserte. Nelle prime ore della notte gli ebrei, che avevano perduto ogni senso di realtà, diffusero come sicura la notizia che si doveva considerare prossimo lo scoppio di una guerra.

Gli effetti dello stato d'animo cui venne in tal modo trascinata la popolazione si manifestavano il giorno dopo nella ressa alle banche per il ritiro dei depositi e sopratutto nell'insistenza con cui si continuò a spargere in città notizie allarmanti. Ma gli effetti di tale stato d'animo si manifestarono anche nella diserzione dei locali pubblici e dei teatri da parte dell'elemento ebraico e anche su tutta la vita economica della capitale che attraversa ora un periodo stasi. Sono frequenti infatti le lagnanze in tal senso da parte specialmente degli artigiani e dei proprietari di negozi.

L'ambiente ebraico oggi ancora è tcrrificato: seguendo le proprie consuetudini, nell'atmosfera di ansia e di preoccupazione in cui si trova, si sfoga sopratutto con la diffusione di impressioni, giudizi e notizie che nulla hanno a che vedere con la realtà della situazione: particolari rimproveri sono mossi all'Italia, la quale avrebbe «abbandonato la povera Austria» e sopratutto «avrebbe dovuto intervenire sul Brennero», ma non mancano appunti anche all'Inghilterra e alla Francia per aver mantenuto il loro atteggiamento su di un piano puramente teorico. È generale convinzione dell'ambiente ebraico che Hitler entro pochi mesi e con gli stessi sistemi si annetterà la regione dei Sudeti in Cecoslovacchia e inizierà, nel medesimo tempo, l'azione per invadere anche l'Ungheria. A proposito dell'entusiasmo che il popolo austriaco dimostra per Hitler e per il nazionalsocialismo trovano espressioni ironiche quasi a considerarlo effetto di una manovra

390 politica e di una costnzwne; sottolineando che Schuschnigg pochi giorni fa era stato accolto con lo stesso entusiasmo ad Innsbruck.

L'ambiente cristiano si è dimostrato, malgrado la perplessità dei pnm1 momenti, più calmo e più cosciente della realtà della situazione. Non sono mancate, nei circoli cattolici, voci nostalgiche per l'azione di Schuschnigg in favore dell'indipendenza dell'Austria con accenni alla necessità per l'Ungheria di dimostrarsi cavalleresca di fronte agli uomini del passato regime qualora cercassero scampo in questo Paese, ma nel contempo trovavano espressione vaghi sospetti circa suggerimenti venuti a Schuschnigg dall'estero (forse da Praga) che lo avrebbero indotto ad agire in senso nettamente antigermanico. Gli stessi ambienti appaiono preoccupati da una parte per la sorte dei cattolici d'Austria (e da questo punto di vista, essendo fortemente influenzati dagli ebrei ha destato qui sorpresa l'atteggiamento dei cattolici austriaci), dall'altra per le sorti del Congresso Eucaristico Internazionale che avrà luogo alla fine di maggio. Si odono voci secondo le quali sarebbe forse opportuno che il Congresso non fosse tenuto anche per le deficienze che si manifestano nel campo dell'organizzazione dello stesso. Appaiono naturalmente abbattutissimi, tra i cattolici, i legittimisti.

Gli ambienti nazionalisti hanno accolto invece gli avvenimenti austriaci se non con entusiasmo, con favore e ciò per due ragioni: nell'azione energica e decisa di Hitler hanno visto confermati i metodi che vorrebbero instaurati in Ungheria; nell'unione di tutti i tedeschi -che costituisce un altro violento colpo inferto ai Trattati di pace-intravvedevano una speranza per la realizzazione dell'unione di tutti gli ungheresi. È degno di rilievo però il fatto che, proprio dagli ambienti nazionalisti, i quali avevano sempre dimostrato particolari simpatie per la Germania nazionalsocialista e da questa erano stati appoggiati, è stata sollevata in questi giorni l'idea della restituzione del Burgenland (qui chiamato «Ungheria occidentale») che alla fine della guerra era stato strappato all'Ungheria. In questi giorni sono stati distribuiti vari manifestini in tal senso, specie durante le manifestazioni dei gruppi nazionalisti in occasione della festa nazionale del 15 marzo.

Gli avvenimenti d'Austria hanno naturalmente avuto viva ripercussione sugli ambienti della minoranza tedesca d'Ungheria. Anche se finora non si è avuta alcuna presa di posizione da parte. dei suoi dirigenti, si registrano fenomeni che possono servire di base per un giudizio sugli effetti immediati degli avvenimenti e su quello che potrà essere il loro eventuale seguito. Nella mattinata di sabato nella città di Sopron sono state esposte numerose bandiere con la croce uncinata. I contadini tedeschi dei dintorni di Budapest sono giunti al mercato della capitale con carri ornati di bandiere ungheresi con l'emblema nazista. Tra la popolaziom; tedesca dei villaggi intorno a Budapest sono stati distribuiti manifestini col seguente testo «Non dimenticate la vostra lingua tedesca».

Come l'E.V. potrà rilevare, quest'opinione pubblica è ancora sotto le prime impressioni del rapido succedersi degli avvenimenti. Non mancherò di seguire attentamente, e di riferirne all'E. V., l'atmosfera che potrà in seguito formarsi 2 .

341 Il documento ha il visto di Mussolini.

341 1 T. 1404/27 R., che è del 12 marzo. Riferiva che gli avvenimenti austriaci avevano «fortemente impressionato>> l'opinione pubblica ungherese.

342

L'INCARICATO D'AFFARI A BUDAPEST, FORMENTINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

RAPPORTO 1300/422. Budapest, 16 marzo 1938 (per. il 17).

Gli ambienti politici ungheresi che verso la metà della settimana scorsa si trovavano ancora sotto l'impressione del discorso pronunciato a Gyor dal Presidente del Consiglio (mio rapporto n. 1157/376 deli'S marzo corrente) 1 per annunziare il grande piano quinquennale per la realizzazione del riarmo e la soluzione del problema sociale e stavano riordinando le loro file per assumere un atteggiamento di fronte al Gabinetto Daranyi ricostruito (anche perché il discorso del Presidente aveva, almeno per il momento, sepolto le speranze di un Gabinetto di concentrazione con partecipazione dei Partiti borghesi), sono stati colti di sorpresa dal precipitare della situazione austriaca. La svolta che gli avvenimenti avevano preso in Austria non era stata attesa, né dai circoli governativi, né dai partiti dell'opposizione, che sempre hanno dimostrato particolare sensibilità per quanto avveniva in Austria.

La notizia del plebiscito che era stato annunziato nel discorso di Innsbruck da Schuschnigg venne qui accolta con favore come apparve subito, sia dai commenti della stampa, sia da conversazioni e discorsi di uomini politici. Specialmente gli ambienti legittimisti e quella specie di «fronte popolare» che era venuto a formarsi nel corso degli ultimi anni tra i partiti dell'opposizione (Piccoli Possidenti, Partito Cristiano Unito e Partiti democratico e liberale con simpatie da parte del Partito socialista) ne esaltarono l'importanza con manifesta speranza che il plebiscito sarebbe riuscito una nuova decisiva prova della volontà del popolo austriaco di rimanere indipendente. Caratteristico ad esempio il fatto che l'ex deputato Zsilinszky, il quale negli ultimi anni era diventato paladino delle idee di questi ambienti politici dell'opposizione, la sera stessa in cui avveniva in Austria il tracollo degli avvenimenti, aveva pubblicato nel democratico Magyarorsàf{ un articolo in prima pagina col titolo a caratteri cubitali: « Schuschnigg avrà la vittoria!» Lo stesso giornale, a qualche ora di distanza, pubblicava un 'edizione straordinaria con le prime notizie sulle dimissioni di Schuschnigg e degli avvenimenti che ne seguirono.

La costernazione è stata generale: deputati di tutte le correnti apparvero in locali pubblici e nelle redazioni dei giornali in cerca di notizie: la frase che più spesso ricorreva nelle discussioni e nelle conversazioni era quella del «pericolo germanico». indistintamente sia negli ambienti vicini al governo, sia in quelli dell'opposizione. Negli ambienti governativi con un senso di maggiore disciplina, negli ambienti ebraici con un senso di vero e proprio terrore.

I primi a riaversi sono stati i circoli governativi: alla stampa vicina al governo, come ho già riferito sono state subito impartite disposizioni nel senso che dovevano essere evitate prese di posizione che comunque potessero riuscire poco simpatiche al Reich. Evidentemente in base alle informazioni pervenute nella serata di venerdì e nella mattinata di sabato al ministero per gli Affari Esteri, il governo ebbe ben presto il senso della reaìtà degli avvenimenti ed adeguò quindi il proprio atteggia

392 mento in tal modo: i deputati del Partito dell'Unità Nazionale difatti già nella mattinata di sabato apparvero, almeno fino ad un certo punto, tranquillizzati, anche se continuava ad apparire nelle loro espressioni una certa costernazione.

Il governo attese malgrado tutto fino alla mattina di domenica prima di prendere posizione. Nel corso della domenica poi ebbe luogo uno scambio di telegrammi tra il ministro per gli Affari Esteri Kànya ed il ministro per gli Affari Esteri austriaco Wolff: nei telegrammi entrambi manifestavano la speranza che anche in avvenire avrebbero potuto cooperare nell'interesse del mantenimento delle cordiali relazioni d'amicizia sempre esistita tra i due Paesi.

Anche tali telegrammi però ben presto apparvero sorpassati dagli avvenimenti. Oggi difatti i giornali pubblicano il seguente telegramma dell'Agen:cia Telegrafica Germanica (DNB) da Berlino:

«Il ministro d'Ungheria Sztojay nel pomeriggio di martedì ha fatto una visita al Sottosegretario di Stato agli Esteri Mackensen al quale ha fatto la seguente com umcazwne:

Il governo ungherese lo ha incaricato di:

l. esprimere al Fuhrer e Cancelliere i più fervidi auguri per l'unione dell' Austria al Reich e di sottolineare particolarmente quanto in Ungheria si sappia apprezzare il fatto che l'unione sia avvenuta senza spargimento di sangue;

2. -di dar espressione alla fortissima e fervidissima speranza che tra i due Paesi continueranno a sussistere buoni rapporti amichevoli di vicinato; 3. -di render noto al Fuhrer e Cancelliere la decisione del governo ungherese di trasformare la legazione d'Ungheria a Vienna in consolato generale».

È generale impressione negli ambienti del Partito dell'Unità nazionale che tale atteggiamento inspirato alla realtà dei fatti assunto dal governo ungherese sia dovuto in buona parte anche all'atteggiamento assunto in relazione agli avvenimenti austriaci dall'Italia.

Gli ambienti dell'opposizione sono rimasti e continuano ad essere abbattutissimi: ciò vale in particolar modo per gli ebrei e per i legittimisti. I cattolici, malgrado la loro alleanza in politica interna con gli ebrei e con i partiti demo-liberali, sono rimasti impressionati da una parte dall'atteggiamento dell'Osservatore Romano, dall'altra da quello del cardinal Innitzer di Vienna, ed in particolar modo dalla visita fatta da quest'ultimo a Hitler e dalle assicurazioni date al Fuhrer che i cattolici d'Austria avrebbero contribuito alla costruzione della nuova situazione. Gli ebrei ed i partiti che li rappresentano si astengono per ora da qualsiasi presa di posizione: non mancano voci però assai caratteristiche come ad esempio quella, secondo la quale l'onorevole Carlo Rassay (che nel 1919 era stato fervente sostenitore del «razzismo») avrebbe l'intenzione di abbandonare la direzione del quotidiano liberale Esti Kurir, che dirige da più di quindici anni e che è uno degli organi estremisti più esposti dell'ambiente ebraico. Malgrado questa fase di «neutralità» però gli ebrei ed i loro esponenti politici continuano ad essere immersi in una psicosi di terrore, dalla quale assai difficilmente riusciranno a liberarsi: nei loro giornali insistono sulla necessità per l'Ungheria di dimostrare la massima unità e. la massima disciplina di tutte le energie: non fanno però nei loro articoli alcun accenno al «pericolo germanico» o comunque opposizione all'ideologia nazionalsocialista o all'asse Roma-Berlino come spavaldamente avevano assai spesso fatto negli ultimi mesi.

È degno di rilievo invece l'atteggiamento assunto, con quella elasticità che l'ha sempre caratterizzato, dall'onorevole Echkardt, capo del Partito dei Piccoli Possidenti. In contrasto con tutti gli atteggiamenti mantenuti negli ultimi anni ed inspirati ad un netto indirizzo anglofilo e francofilo con tutte le derivazioni nella politica interna ungherese, l'onorevole Eckhardt domenica, in un comizio del suo Partito, dopo qualche frase di cavalleresca nostalgia per il regime Schuschnigg in Austria, ha tenuto a dichiarare nettamente: «Dalla situazione attuale possiamo trarre soltanto la deduzione che le relazioni e l'amicizia dell'Ungheria per l'Italia -se ciò è ancora possibile -devono essere riorganizzate su nuove basi in forma anche più stretta di quella esistita finora». Queste parole, mentre possono sembrare da una parte espressione di uno dei tanti «voltafaccia» di Eckhardt, sono però dall'altra anche espressione di una tendenza che, sia pure ancora confusamente e qua e là incoscientemente, va manifestandosi per così dire in tutti gli ambienti ungheresi, specie dopo le notizie apparse sulla stampa che hanno precisato l'atteggiamento dell'Italia. e ciò malgrado anche qualche tardivo tentativo di ambienti legittimisti ed ebraici di presentare l'Italia in senso poco favorevole.

Interessante altresì è l'atteggiamento assunto dagli ambienti nazionalisti ungheresi, specie da quei movimenti che finora erano considerati e definiti dalla stampa loro contraria «venduti alla Germania». Mentre da una parte tali ambienti come conseguenza di tutte le loro prese di posizione anteriori ed anche per convinzione hanno avuto subito preciso il senso della realtà della situazione austriaca e la hanno definita chiaramente negli articoli dei loro esponenti (onorevole Rajniss, onorevole Makkai, ecc.), dall'altra proprio in tali ambienti è sorta una reazione che non potrà non avere sviluppi degni di attenzione in avvenire. Ecaratteristico da questo punto di vista il discorso pronunziato pure domenica dall'onorevole Francesco Rajniss (considerato sempre esponente del nazismo in Ungheria) ad una riunione del «Fronte Nazionale» da lui costituito, nel quale ha detto tra l'altro: «In queste giornate storiche i nazionalisti ungheresi salutano liberamente, coraggiosamente e con gioia la nuova Austria nazionalista! Coloro che, presi dai timori degli ebrei e dei borghesi, vanno dicendo che ora seguirà la volta dell'Ungheria, sappiano che la Germania nazionalista non potrà mai offendere nei suoi diritti l'Ungheria nazionalista, e sappiano anche che qualsiasi cosa avvenisse intorno all'Ungheria nell'uragano di avvenimenti, anzitutto noi che siamo considerati venduti ai tedeschi, anzitutto noi nazionalisti sinceramente amici della Germania, ci porremmo innanzi ai fucili, perché soltanto attraverso ai nostri cadaveri sarà possibile toccare la terra che è rimasta all'Ungheria!» Nel medesimo tempo il «Fronte Nazionale» ed il Partito della Volontà Nazionale dell'ex maggiore Szàlasi hanno provveduto alla diffusione di manifestini nei guaii si esige la restituzione da parte della Germania del Burgenland (Ungheria occidentale) che l'Austria ha tolto all'Ungheria col trattato di San Germano.

Si è però generalmente alle prime manifestazioni: è difficile ancora formarsi un quadro preciso di quelli che potranno essere gli atteggiamenti dei vari partiti nei confronti degli avvenimenti austriaci: occorre attendere lo sviluppo della situazione internazionale e tener presente in ogni caso, per quanto riguarda in special modo l'Ungheria, l'intensa ed insistente propaganda che negli ultimi anni ha svolto la stampa ebraica contro la Germania e contro le aspirazioni pangermaniste e, come elemento di realtà, la propaganda che da parte tedesca è stata effettivamente svolta tra le minoranze tedesche d'Ungheria ed in genere, attraverso carte geografiche e pubblicazioni, che continuano ad inquietare gli ungheresi, malgrado ogni azione in senso contrario promossa da Berlino attraverso conversazioni diplomatiche e conferenze di personalità tedesche a Budapest.

Non mancherò di riferire in seguito sui mutamenti che l'annessione dell'Austria alla Germania porterà in questi ambienti politici 2 •

342 1 Non pubblicato, il suo argomento è qui indicato.

343

IL CONSOLE GENERALE A LUBIANA, GUERRINI MARALDI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. 260/166. Lubiana, 16 marzo 1938 (per. il 19).

Miei telegrammi alla R. legazione n. 6 e 7 del 14 corrente 1 .

Dopo l'allarme destato in questi ambienti dall'incontro inaspettato di Berchtesgaden, era subentrata, attraverso il discorso di Hitler 2 e quello di Schuschnigg3, una certa calma e l'opinione pubblica sembrava pian piano adattarsi al fatto compiuto dell'attività legale nazista in Austria.

La stampa locale, oramai convinta che non si potesse più contare sull'intervento dell'Italia per scongiurare il pericolo nazista in Austria si adoperava a far credere che il processo di pacificazione degli animi nella confinante repubblica federale stava normalizzandosi e che esso era dovuto in gran parte all'energico atteggiamento del governo francese 4 che, per bocca del suo presidente, aveva manifestato la ferma intenzione di difendere l'indipendenza austriaca. Si esaltava inoltre l'energico discorso del Presidente del Consiglio cecoslovacco Hodza S, il quale, dopo aver affermato che la Cecoslovacchia non temeva alcuna minaccia da parte del Reich, aveva con le sue parole ridato «coraggio e fiducia a più di un Paese, che in seguito al discorso di Hitler, aveva piegato la testa». Si metteva infine in rilievo l'effetto prodotto dal discorso stesso a Berlino, ove avrebbe chiarito l'atmosfera e raffreddato alcune teste troppo ardenti.

La stampa clericale, sopratutto, aveva pubblicato perfino che la posizione di Schuschnigg stava consolidandosi grazie all'appoggio delle masse operaie che, pur di non rimanere vittima del nazismo germanico, si sarebbero dichiarate disposte ad abbandonare gran parte delle loro ideologie democratico-radicali per seguire il Cancelliere Schuschnigg. L'idea del plebiscito indetto inaspettatamente aveva trovato calda accoglienza.

343 1 Non rintracciati. 343 2 Del 20 febbraio. Vedi DD. 195 e 204. 343 3 Del 24 febbraio. Vedi D. 234. 343 4 Durante il dibattito sulla politica estera del 25-26 febbraio alla Camera, il ministro degli Esteri, Delbos, aveva dichiarato che la Francia non poteva disinteressarsi delle sorti dell'Austria perché l'indi pendenza austriaca costituiva un elemento indispensabile dell'equilibrio europeo e il presidente Chau temps, nel suo intervento a chiusura del dibattito, aveva sottolineato il suo pieno accordo circa l'impor tanza che la Francia doveva assegnare ed assegnava alle vicende dell'Europa Centrale. 343 5 Del 4 marzo alla Camera. Testo in Relazioni Internazionali, pp. 200-201.

L'improvviso precipitare degli avvenimenti realizzatisi nella giornata di venerdì e sabato ha quindi provocato un'atmosfera di profonda perplessità non disgiunta da un senso di timore. Non solo si è considerata definitivamente compromessa la sorte degli sloveni della Carinzia, ma si è diffusa una certa apprensione anche per la Slovenia settentrionale ove i numerosi elementi tedeschi e tedeschizzanti non hanno saputo reprimere, alle prime notizie degli avvenimenti, il loro giubilo per l'avvenuta annessione dell'Austria al Reich.

È infatti opinione diffusa in questa regione, e non priva di fondamento, che il germanesimo cerchi una via di sbocco all'Adriatico, la quale, attraverso la Sloveni~ andrebbe a far capo a Susak. Non è neppure da ieri che il germanesimo ha cominciato a costruire il ponte verso l'Adriatico. A questo proposito è da porsi in debito rilievo il fatto che nella Slovenia oltre ai numerosi tedeschi e tedeschizzanti sparsi ovunque che guardano alla Germania come all'unica via di liberazione dai guai economici in cui versano (mio rapporto n. 2011127 del 23 febbraio s.m_)6 esiste anche una comunità tedesca forte di circa 25 mila persone, accentrata nel paese di Kocevje (Gottschee) c dintorni, distante appena una quarantina di chilometri da Susak e proprio alle spalle della nostra frontiera. Questa comunità costituita da tedeschi qui emigrati ai tempi di Maria Teresa ha mantenuto, attraverso il tempo, la sua compagine nazionale, è saldamente organizzata e favorevolmente orientata verso il nazismo.

Di fronte alla gravità degli avvenimenti, tutta l'attenzione era rivolta alle Potenze occidentali nella speranza di qualche passo energico. Si è però subito compreso che nessuna voce autorevole avrebbe potuto levarsi in quel momento capace, se non di evitare, almeno di ritardare gli avvenimenti: non da parte della Francia in piena crisi governativa, né dall'Inghilterra che, dopo la caduta di Eden, aveva mostrato di voler riprendere la via del realismo politico. L'atteggiamento acquiescente dell'Italia, se pur non ha mancato di suscitare in sulle prime qualche giudizio malevolo che l'ha tacciato di defezione, dagli ambienti politici intelligenti e ben pensanti è stato giudicato come la logica conseguenza della politica adottata dalla Francia e dall'Inghilterra nei confronti dell'Italia fino dalla guerra abissina, politica che ha condotto all'asse Roma-Berlino e che ha, per così dire, aperto la strada di Vienna alle truppe tedesche.

Le precisazioni nette del Fiihrer nella sua lettera al Duce c circa il carattere defìnitivo ed intangibile della frontiera con la Francia e con l'Italia ha suscitato preoccupazione per i confini non menzionati con la Cecoslovacchia e con la Jugoslavia. Si è ravvisato in esse il preannuncio che altri tedeschi sarebbero ben presto chiamati a far parte del Reich. Si è così pensato subito non solo alla sorella slava, la Cecoslovacchia, ma anche alla sorte dei distretti di Maribor e Celje, dove gli allogeni e l'influenza tedeschi sono anzi diffusi. A Maribor infatti sarebbero, fra l'altro, corse voci minacciose contro Koroseè, noto per la sua germanofobia, del quale si sarebbero invocate le dimissioni da ministro dell'Interno. A Lubiana invece da parte di questi ambienti giovanili clericali non sono mancati tentativi di dimostrazioni antigermaniche prontamente sedate dalla polizia. Un gruppo di studenti cattolici ha gridato contro Hitler e la Germania e ha tentato di dirigersi al consolato generale

343 1' Non pubblicato. 343 -Vedi D. 296.

d'Austria, ove era esposta la bandiera germanica con la croce uncinata. All'università un gruppo di giovani aveva manifestato l'intenzione di bruciare libri tedeschi.

La stampa locale, che si era limitata nei giorni dell'occupazione dell'Austria alla semplice cronaca, sta ora orientandosi e lascia apparire i primi apprezzamenti. Lo Slovenec, sempre in antitesi con la politica belgradese, si adopera a fare buon viso a cattivo giuoco, limitandosi a registrare corrispondenze da Londra e da Parigi in cui si parla dell'indignazione, ma anche dell'inazione delle democrazie occidentali con un accenno al passo poco felice compiuto a Berlino dalla diplomazia della Francia e della Gran Bretagna 8 . Invita malinconicamente il popolo a riflettere sulle innumerevoli garanzie che durante 20 anni del dopoguerra furono prestate al governo austriaco a tutela della sua indipendenza dalla Società delle Nazioni e dalle Potenze, le quali al momento decisivo non hanno saputo neppure opporre un tentativo di mediazione a favore dell'indipendenza della Repubblica federale.

Subentrate una maggiore serenità, lo Slovenec odierno, accennando ai principi espressi da Hitler circa le minoranze nazionali in occasione degli accordi con la Polonia e nel suo discorso del 20 febbraio u.s., esprime la speranza che gli sloveni della Carinzia, sotto il regime del Fiihrer, possano finalmente ottenere il riconoscimento di quei diritti che furono negati dalla defunta Austria.

Quanto all'atteggiamento dell'Italia la stampa cattolica riporta, fra l'altro, una dichiarazione fatta al Temps da una alta personalità del fascismo, secondo la quale la responsabilità dell'attuale situazione anzitutto va attribuita alle Potenze occidentali che hanno osteggiato l'Italia in occasione della guerra abissina rompendo così il fronte di Stresa. L'asse Roma-Berlino è stato voluto da Parigi e da Londra, anzi più che altro da Londra.

Il demomassonico Jutro organo d'opposizione, nazionalista ed unitarista integrale, fornisce fra l'altro alcuni particolari relativi alle preparazioni di un colpo di Stato da parte di alti ufficiali e prelati della Stiria, i quali avrebbero progettato di ricostruire la monarchia mettendo sul trono Ottone d'Asburgo. Accetta il fatto compiuto richiamando ognuno alla realtà dei fatti ed augurandosi di poter ottenere dalla grande Germania, per quanto concerne le minoranze slovene della Carinzia, quanto non fu possibile ottenere dalla piccola Austria. «Qui sarà provata per la prima volta l'amicizia così solennemente sottolineata poco fa a Berlino. Riteniamo poi che la Germania avrà comprensione per gli indistruttibili legami con i quali gli Stati della Piccola Intesa hanno unito la loro sorte comune nel concerto europeo ed intanto prendiamo nota con compiacimento delle tranquillizzanti dichiarazioni fatte dagli uomini di Stato tedeschi nei riguardi della nostra sorella la Cecoslovacchia».

Di fronte alla pressione tedesca alle Caravanche, il giornale fa appello all'unione di tutte le forze nazionali, ad una coscienza nazionale compatta, libera da influenze esterne e da discordie interne. Con evidente allusione al rivale separatista Slovenec, stigmatizza l'esagerato egocentrismo sloveno, diventato ora oggetto di speculazione politica, ammonisce la gioventù illusa di abbandonare le utopie di una «Slovenia indipendente» e conclude invocando l'unità e più saldi legami nazionali con i serbi e coi croati.

Questo console generale d'Austria 9 , col quale mi sono trovato anche ieri, mi ha detto di essere già in diretta corrispondenza con la legazione germanica a Belgrado e di aver avuto notizia da Vienna di essere stato temporaneamente confermato come console di Germania in questa città 111 •

342 2 Il documento ha il visto di Mussolini.

343 8 Riferimento alle note presentate la sera dell'Il marzo dagli ambasciatori di Francia e di Gran Bretagna a Berlino per protestare contro la violazione dell'indipendenza austriaca.

344

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 1595/81 R. Berlino, 17 mar::o 1938, ore 18,26 (per. ore 19,30).

Telegramma di V.E. 65 1•

Mancata pubblicazione in Germania lettera Hitler al Duce è stata fatta notare martedì a Goring e oggi a Ribbentrop. Ho anzi ritenuto opportuno confermare a quest'ultimo la cosa anche per iscritto.

Tutto fa prevedere che il Fiihrer riferirà linee principali lettera -particolarmente per quanto concerne frontiera Brennero -nel suo discorso di domani sera al Reichstag 2 .

345

L'AMBASCIATORE A VARSAVIA, ARONE, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 1594/49 R. Varsavia, 17 mar::o 1938, ore 19,15 (per. ore 21,30).

Ho avuto stamane con Beck lungo cordialissimo colloquio. Tra l'altro egli mi ha dettagliatamente parlato del conflitto con la Lituania 1 . A tale proposito ho creduto potergli comunicare a titolo informativo quanto

V.E. mi ha telegrafato con telegramma n. 247 di ieri 2 .

343 111 Il documento ha il visto di Mussolini.

Qualche giorno più tardi, il console generale Guerrini Maraldi tornava sull'argomento per sottolineare che, mentre nell'elemento tedesco della Slovenia gli avvenimenti austriaci avevano suscitato «un senso di giubilo e di sollievo>>, tra gli sloveni, profondamente cattolici, si diffondeva il timore delle ripercussioni che a causa dell'ideologia nazista si potevano avere sui confratelli abitanti nel territorio ex austriaco e sulla stessa Slovenia.

La massa slovena-osservava il console -«poco sicura di Belgrado, a cui guarda con nessuna simpatia, non sembra fidarsi della Germania c dell'Italia, la recente simpatia delle quali desta viva apprensione nei riguardi del suo futuro politico» (telespresso 279/180 del 23 marzo). 344 1 Vedi D. 335. 344 2 Sul quale si veda il D. 369. 345 1 Sul quale si veda il D. 399. 345 2 T. 247/c. R. del 17 marzo. Comunicava che il governo lituano aveva chiesto al governo italiano -come a quello delle altre grandi Potenze -di intervenire nella crisi che, dopo gli incidenti di frontiera, si stava delineando sempre più grave tra Polonia e Lituania in seguito alla richiesta del governo di Varsavia che la Lituania accettasse di ristabilire le relazioni diplomatiche tra i due Paesi, rotte fin dall'annessione di Vilna alla Polonia. Da parte italiana era stato risposto in maniera evasiva ed anzi era

Beck si è mostrato molto sensibile a tale comunicazione e mi ha pregato di ringraziare sentitamente V.E. per l'attitudine assunta nei riguardi della richiesta lituana, vedendo nella nostra risposta una chiara prova dell'amicizia italiana verso Polonia.

343 9 Herbert Schmidt.

346

L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, PRUNAS, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 1596/63 R. Parigi, 17 marzo 1938, ore 21,40 (per. ore 2,10 del 18).

Pressioni ambienti sinistra, urgenti appelli fatti personalmente da Negrin, passi rappresentanti diplomatici sovietici e spagnoli rossi si sono moltiplicati in queste ultime 24 ore per persuadere questo governo necessità accordare, anche in nome sicurezza francese, urgente appoggio alla barcollante repubblica spagnola. Anche in seguito nette dichiarazioni fatte ieri da Chamberlain 1 e reazione opposta da ambienti e stampa moderata, tali sforzi congiunti si sono tuttavia per il momento insabbiati. Tutte le mie informazioni concordano d'altra parte nel descrivere misure militari adottate e in preparazione tanto sulla frontiera dei Pirenei quanto sul mare, soltanto come misure di sicurezza e di precauzione. Apparizione eventuali forze italiane ed elementi tedeschi prossimità frontiera e nei porti catalani potrebbe indubbiamente essere sfruttata da quella parte opinione pubblica che richiede modificazione politica non intervento in nome presunta minaccia vitali interessi sicurezza Paese. Digestione vittoria Franco sarà comunque certamente laboriosa e difficile.

Dichiarazioni fatte stasera da Blum alla Camera dei Deputati2 , trasmesse per intero dalla Stefani, sono scialbe e incolori. Dibattito politica estera è stato rimandato a martedì prossimo. Seduta continua mentre telegrafo.

Gabinetto Blum è più che mai considerato dappertutto come semplice formazione transitoria di incapaci e di inetti destinato ad essere a brevissima scadenza sostituito da governo di larga unione nazionale già in preparazione dietro le quinte. Nomi di Herriot e di Daladier sembrano accogliere maggiori suffragi.

Campagna per un riavvicinamento coll'Italia si estende. Commissione affari esteri Senato si è ieri nettamente pronunciata, dopo dichiarazioni di Lavai e di Bérenger, in tal senso.

Consiglio dei Ministri ha oggi autorizzato spese di otto miliardi per difesa nazionale, spesa già prevista dal precedente Gabinetto.

Punti fermi posti ieri dal Duce 3 hanno profondamente impressionato.

Nervosismo questa opinione pubblica, ieri vivacissimo, dà segni acquetarsi.

stato fatto presente che, se la Polonia chiedeva di ristabilire i rapporti diplomatici, ciò indicava «una volontà pacifica» da parte di Varsavia. 346 1 Nel dibattito ai Comuni del 16 marzo sulla questione spagnola, Chamberlain aveva dichiarato -rispondendo alle accuse di Attlee -di non avere avuto nessuna conferma dell'invio di nuove forze straniere in appoggio a Franco e, nel respingere la richiesta di abbandonare il sistema di non intervento, aveva aggiunto di ritenere che il governo britannico avrebbe meglio servito gli interessi del Paese e la causa della pace tenendo la Gran Bretagna fuori del conflitto spagnolo. 346 2 Se ne veda il testo in Relazioni Internazionali, pp. 276-277. 346 3 Riferimento al discorso pronunciato il 16 marzo da Mussolini alla Camera (vedi D. 354, nota l).

347

L'AMBASCIATORE A VARSAVIA, ARONE, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 1598/53 R. Varsavia, 17 marzo 1938, ore 23,56 (per. ore 2,25 del 18).

Mio telegramma n. 48 1 .

Beck mi ha ripetuto stamane, nel modo più caloroso, sua p1ena soddisfazione per accoglienze ricevute in Italia. Mi ha parlato nei termini più alti della persona del Duce. Gli era poi profondamente grato per le personali cortesie usategli.

Beck constatava che dopo i colloqui avuti a Roma col Duce e con V.E., il terreno era stato definitivamente sgomberato da qualche piccolo malinteso del passato e le relazioni fra i due Paesi erano circondate dall'atmosfera la più favorevole. Egli vedeva nella nuova situazione politica europea creata dagli ultimi avvenimenti internazionali varie premesse per un ulteriore rafforzamento dei rapporti italo-polacchi. Egli prevedeva pure per la Polonia la possibilità di più stretta collaborazione anche coll'Ungheria e la Jugoslavia.

348

L'AMBASCIATORE A MOSCA, ROSSO,

AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 1597/40 R. Mosca, 17 mar::.o 1938, ore 24 (per. ore 6,30 del 18).

Mi risulta che questo pomeriggio Litvinov ha fatto ai giornalisti esteri convocati al Commissariato del popolo per gli Affari Esteri delle dichiarazioni che posso sostanzialmente riassumere come segue: «in vista gravità situazione europea creata da avvenimenti che interessano tutti i Paesi e che minacciano in modo particolare Cecoslovacchia e Lituania, governo sovietico prende l'inziativa convocare conferenza mondiale possibilmente sotto l'egida della Società delle Nazioni ma ove non sia realizza bile anche fuori Lega delle Nazioni» 1 .

1630/41 R. del 18 marzo).

347 1 T. 1557/48 R. del 16 marzo. L'ambasciatore Aronc riferiva di avere avuto una «affrettata conversazione» alla stazione con Beck di ritorno dall'Italia. Il ministro polacco. dopo avere espresso la sua soddisfazione per le conversazioni avute con M ussolini e con Ciano, da lui definite «interessantissime», aveva aggiunto che gli era stato particolarmente gradito e utile avere avuto, il 14. uno scambio di vedute con Ciano sugli ultimi avvenimenti. 348 1 L'ambasciatore Rosso telegrafava il giorno successivo per rettificare quanto aveva comunicato con questo telegramma: Litvinov aveva dichiarato ai giornalisti che l'Unione Sovietica era pronta a partecipare ad una conferenza mondiale degli Stati disposti ad esaminare la possibilità di un'azione collettiva contro le aggressioni ma non che avrebbe preso l'iniziativa per riunire tale conferenza (T.

349

L'AMBASCIATORE A BRUXELLES, PREZIOSI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 1692/018 R. Bruxelles, 17 marzo 1938 (per. il 21).

L'impressione e l'allarme suscitati dagli avvenimenti austriaci sono stati profondissimi.

In un primo tempo, i commenti delle sfere politiche e della stampa sono apparsi moderati e cauti, giustificandosi anzi l'azione tedesca con l'implicita provocazione che poteva costituire, per il Reich, l'iniziativa del plebiscito deciso da Schuschnigg.

In un secondo tempo, a mano a mano che l'azione tedesca si è andata sviluppando ed affermando, la stampa ha però assunto un tono assai meno discreto e in certi casi vivace.

L'Anschluss è stato considerato soprattutto sotto tre punti di vista:

l) La minaccia che esso può costituire per la pace europea, rendendo possibili e quasi fatali il Drang nach Osten, un conflitto con la Cecoslovacchia e un pericoloso rafforzamento della potenza e della posizione strategica del Reich;

2) lo sconvolgimento che esso unitamente alle ripercussioni del vittorioso affermarsi della Spagna nazionalista, provoca nell'ordine e nel preteso equilibrio stabilito in Europa dai trattati del dopoguerra;

3) le ripercussioni più o meno mediate che la situazione attuale può provocare nei riguardi del Belgio.

Oggetto di particolare attenzione e di preoccupazione è stato anche l'atteggiamento assunto dall'Italia nella circostanza, atteggiamento che, confermando la solidità dell'asse Roma-Berlino, ha dissipato anche l'ultima illusione di coloro che avevano creduto possibile un ritorno dell'Italia al fronte di Stresa e una rottura dell'Asse medesimo. Donde le vivissime recriminazioni della stampa moderata contro «lo spirito giacobino di Versaglia, la politica briandista, la pace teorica, l'ideologia societaria e il sanzionismo, che hanno preferito distruggere l'equilibrio europeo, anziché chiudere gli occhi sulla spedizione coloniale del Duce». Tale stampa si è elevata anche contro coloro che hanno criticato la pretesa indifferenza italiana di fronte all'azione tedesca, affermando che «se si voleva il miracolo del Brennero si doveva guadagnare l'amicizia italiana», che i negoziati italo-inglesi sono arrivati troppo tardi e che «se il cadavere imputridito di Ginevra non infestasse ancora l'atmosfera, si potrebbe tuttora sperare in un rovesciamento delle alleanze che permetterebbe di ristabilire l'equilibrio rotto dall'asse Roma-Berlino».

I giornali sono però unanimi nel ritenere che l'Anschluss, oltre a costituire già una minaccia per l'Italia, non sarebbe che un primo passo nella realizzazione dell'ulteriore programma espansionistico del Reich. Si insinua inoltre che, sulla base della stessa logica dell'intesa italo-tedesca, è da attendersi che l'Italia miri, a sua volta, a realizzazioni del genere, fondando sull'appoggio e sulla solidarietà di Berlino e che le sarebbero stati assicurati come contropartita all'accettazione dell' Anschluss.

Intanto, la possibilità di un'aggressione tedesca contro la Cecoslovacchia è qui tanto più profondamente temuta in quanto si paventa che il Belgio possa indirettamente venir trascinato in un conflitto_ Si rileva infatti che, ove la Francia dovesse entrare in campo trascinatavi dal meccanismo delle sue alleanze, l'esercito francese dovrebbe necessariamente passare o per la Svizzera o per l'Alsazia o per il Belgio e che poiché la Svizzera è assolutamente neutra e sul fronte d'Alsazia si stende l'equivalente tedesco del «muro Maginot», l'unica via libera sarebbe in definitiva quella del Belgio, tanto più che questo, in base alle stipulazioni dell'art. 16 del Covenant, verrebbe chiamato a concedere il famoso diritto di passaggio_

Tali preoccupazioni spiegano l'insistenza con cui non solo i circoli e gli organi ufficiosi ma anche la maggioranza dell'opinione affermano la necessità di applicare integralmente la politica di indipendenza e di neutralità volontaria, di fissare in modo definitivo e categorico l'interpretazione ufficiale belga dell'art. 16 del Covenant e di respingere nettamente ogni ulteriore tentativo degli zelatori della S_d_N_ e della sicurezza collettiva.

350

L'UFFICIO TERZO DELLA DIREZIONE GENERALE AFFARI D'EUROPA E DEL MEDITERRANEO AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

APPUNTO. Roma, 17 marzo 1938.

CONVERSAZIONI ITALO-INGLESI: ARABIA

Dai primi scambi di vedute con l'esperto britannico Sig. Rende! appare chiaro che gli inglesi, mentre sono disposti a confermare le Conversazioni di Roma del 1927 1 per la parte che riguarda l'indipendenza dello Yemen e della Saudia, intendono ottenere mano libera nell'Arabia Meridionale (Hadramaut)_

l. Essi ci chiedono a tal fine il riconoscimento di un Trattato anglo-turco del 19142 che fissava i limiti meridionali dell'impero ottomano alla linea indicata nell'unita cartina' e che, secondo l'intepretazione britannica abbandonerebbe agli inglesi la vasta zona compresa fra il Protettorato di Aden, il Sultanato di Mascate e il deserto_

Si basa su questo Trattato, ha dichiarato il Sig. Rende!, l'azione che da parte britannica è stata di recente intrapresa e verrà continuata e intensificata nell'Hadramaut per porre questa regione sotto il diretto controllo delle autorità coloniali inglesi.

2. Si osserva che il Trattato anglo-turco del 1914 non è stato riconosciuto né dalla Saudia, né dallo Yemen, che pure sono Stati successori della Turchia; né era noto a noi all'epoca delle Conversazioni di Roma, essendo stato pubblicato per la prima volta nel 1933_

350 2 Su di esso si veda serie ottava vol. VII, D. 70.

350 .1 Non pubblicata.

3. -D'altra parte le Conversazioni di Roma stabilivano anche per l'Arabia Meridionale, oltre che per i Paesi arabi del Mar Rosso, il reciproco impegno al rispetto della situazione esistente e il principio che le rispettive politiche italiana e britannica dovessero attuarsi «secondo uno spirito di amichevole cooperazione e svilupparsi secondo linee parallele benché indipendenti». - 4. -Allo stato attuale delle cose sembra difficile poter ottenere il ripristino della situazione preesistente.

Di fronte alla richiesta britannica sembra tuttavia che converrebbe da parte nostra cercare di indurre gli inglesi ad esaminare la possibilità di ristabilire fra interessi italiani e britannici nell'Arabia Meridionale l'equilibrio politico turbato per fatto britannico; e inoltre cercare di ottenere l'impegno che le zone di recente occupate dagli inglesi non vengano apprestate militarmente contro di noi, che eventuali giacimenti petroliferi vengano sfruttati in comune, che i nostri commerci con l'Hadramaut non vengano ostacolati, che sia ammessa la istituzione di un nostro Consolato neli'Hadramaut.

5. In ogni caso appare nostro interesse riaffermare i principi contenuti nelle suddette Conversazioni di Roma del 1927, sia aggiornandone il testo, sia concordando una formula adeguata 4 .

350 1 Vedi D. 256, nota l.

351

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO

LETTERA PERSONALE 2430. Roma, 17 marzo 1938.

Come tu avrai rilevato dalle notizie di stampa e come io stesso ti confermo, le trattative con l'Inghilterra si stanno svolgendo regolarmente e, come mi è dato di giudicare finora, assai favorevolmente.

Non credo ciò debba dispiacere ai tedeschi. Anch'essi hanno tutto l'interesse a che noi ci si intenda con Londra, né francamente riuscirei a stabilire alcuna

necessaria correlazione tra le conversazioni anglo-italiane e quelle eventuali anglogermaniche.

Comunque, a scanso di equivoci, è bene che tu tenga sempre contatti in merito col Governo del Reich e che tu faccia presente a chi di ragione i punti che qui di seguito ti esporrò e che confermano la nostra tesi.

l. Un accordo tra Italia e Gran Bretagna è destinato ad accentuare l'isolamento francese e di conseguenza ad indebolire tutto il sistema o i sistemi di carattere collettivo che nella Francia trovano appunto il loro esponente.

2. -La Germania non ha assolutamente niente da temere da un eventuale nostro accordo con Londra poiché ad esso daremo un carattere strettamente bilaterale e già allora, in fase di negoziati, abbiamo messo un veto a tutte quelle iniziative britanniche che tendevano alla realizzazione di intese aperte ad altre Potenze mediterranee. 3. -La Germania ha fini continentali e non «mediterranei». Su questo punto i tedeschi hanno sempre parlato chiaro e non soltanto è bene ma è necessario che sia così. Un accordo tra noi e l'Inghilterra ci renderà piu liberi nel continente e potremo quindi dare un maggiore appoggio agli sviluppi della politica continentale della Germania. 4. -Credo anche che un accordo anglo-italiano sia utile a sbloccare l'atteggiamento odierno della Gran Bretagna nei confronti di Berlino.

Questi ed altri eventuali argomenti potrai tenere presenti nelle tue conversazioni con i tedeschi.

Gli avvenimenti recenti hanno dato la prova alla Germania di come sia solida e operante la nostra collaborazione. Abbiamo adesso il diritto di attenderci sempre altrettanto. Ciò sarà certamente. D'altra parte tutti in Europa, tutti, nessuno escluso, debbono ricordarsi che le chiavi della situazione sono e rimarranno sempre a Roma. Non v'è dubbio che l'Italia fascista, con la sua forza e col peso del suo sistema di amicizie politiche, sistema che si delinea sempre più chiaramente e che si rafforza ogni giorno, è destinata a far traboccare quel piatto della bilancia, nel quale essa getterà la sua spada.

350 4 Sul documento vi è la seguente annotazione: «Visto da S.E. il Ministro, andare avanti-17/3 D[e Peppo]».

352

L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, SUVICH, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. 3459/534. Washington, 17 marzo 1938 (per. il 2 aprile).

Nei giorni passati gli avvenimenti d'Austria hanno costituito, come è naturale, il punto di maggiore interesse fra le varie questioni di politica estera.

Dovrei tuttavia dire che l'interesse è stato più di curiosità e di sensazione che profondamente sentito, in quanto il problema austriaco non appassiona il pubblico americano. Da un lato si tratta di un interesse troppo specificamente europeo, perché il pubblico americano lo senta, d'altra parte il governo di Schuschnigg non riscuoteva in questo Paese eccessiva simpatia in quanto lo si considerava un'espressione, sebbene in forma attenuata e sorta sotto la spinta delle circostanze, di quella tendenza dittatoriale che in questo Paese, come si sa, incontra la generale ostilità.

Tuttavia è innegabile che l'Austria e la sua lotta per l'indipendenza erano circondate da un'aureola di romanticismo che colpiva la fantasia di vaste classi della popolazione americana; d'altra parte, il fatto che il nemico della libertà austriaca era il nazional-socialismo germanico contribuiva ad aumentare queste correnti sentimentali a favore dell'Austria.

Il precipitare degli avvenimenti ha lasciato perplessi il governo e l'opinione pubblica americana, che pur attendendosi una pressione sempre maggiore del nazismo contro l'Austria, non credevano tuttavia che si sarebbe cercata l'improvvisa soluzione in un gesto di forza. Forse però la sorpresa qui è stata minore che in altri Paesi, perché al nazismo come è qui dipinto si attribuisce un programma di brutalità e si ha quasi l'aria di meravigliarsi se la Germania hitleriana non abbia ancora realizzato con la violenza tutti i suoi fini proclamati o supposti.

L'atteggiamento dei circoli ufficiali di fronte all'azione germanica in Austria è stato molto riservato; la posizione più spinta è stata quella presa dal Presidente il quale ha dichiarato ai giornalisti di non aver avuto nessuna informazione da parte austriaca sulla soppressione della sovranità del Paese; frase che è stata interpretata come una sua dichiarazione di non riconoscere, almeno per il momento, il fatto compiuto.

Ho riferito con telegramma n. 71 del 16 marzo u.s. 1 sulle questioni di ordine pratico che si presentano con carattere di immediatezza, ma quella che pare l'ipotesi più probabile, è che si attende di sapere che cosa faranno l'Inghilterra e la Francia prima di prendere una decisione.

Sebbene qui la questione del riconoscimento sia aggravata e complicata dalla teoria di Stimson, che non vuoi riconoscere le conquiste fatte con la forza, tuttavia mi pare poco probabile che gli Stati Uniti vogliano mettersi sulle spalle un terzo «non riconoscimento» in stridente contrasto con la realtà della situazione.

Io penso anzi che la questione del riconoscimento della conquista austriaca da parte germanica, che qui da qualche parte si è già detto sia analoga e quella dell'Etiopia e a quella del Manciukuò, possa facilitare anziché ostacolare il riconoscimento dell'Impero. La cosa naturalmente sarebbe diversa se qui si abbandonasse la tesi, affermata anche in via ufficiale, che la conquista sia stata fatta con la forza e si fosse disposti ad ammettere (ciò potrebbe avvenire dopo il plebiscito) che vi è stato un concorso di volontà da parte della popolazione austriaca.

Al riserbo dei circoli ufficiali si è contrapposta la più sfrenata campagna a base di illazioni sensazionali da parte della stampa. Le circostanze erano trop

po seducenti per non dar luogo alle più sfrenate speculazioni sulla politica in genere delle dittature e sui rapporti dell'asse Roma-Berlino. Mentre una piccola parte della stampa ha voluto vedere nei fatti d'Austria un piano diabolico tra i due Paesi totalitari per cui Mussolini avrebbe concesso a Hitler la conquista dell'Austria verso promessa di Hitler di aiutare l'Italia nel raggiungi mento dei suoi fini di espansione territoriale nel Mediterraneo, (è un argomento che ho sentito adombrare anche in qualche circolo vicino agli ambienti ufficiali), la maggioranza della stampa ha considerato che il colpo di Hitler in Austria sia giunto del tutto inaspettato all'Italia.

Il tono, potrei dire, generale dei commenti è stato quello che la mossa tedesca rappresentava una grave perdita di prestigio per l'Italia, nonché una minaccia per l'avvenire, che l'egemonia della Germania nell'Europa Centrale, Danubiana, Balcanica è fuori questione e che l'asse Berlino-Roma è profondamente intaccato.

Secondo detti commenti, la popolazione italiana sarebbe profondamente scossa e delusa e tutte le assicurazioni di carattere ufficiale non varrebbero a ristabilire la fiducia nelle promesse di Hitler, che cercherebbe di realizzare i suoi fini ulteriori quando si presentassero le circostanze favorevoli. A dar credito a tali voci hanno contribuito anche le corrispondenze arrivate da Roma che, per citare un esempio, sono giunte fino al punto da dire che l'amicizia della Germania era necessaria per l'Italia sperandosi così di evitare o almeno di allontanare le nuove pretese di Hitler sull'Alto Adige e su Trieste.

Il discorso del Duce 2 , che è stato qui largamente riportato nella sua linea dignitosa, ha messo un freno a queste speculazioni, togliendo il gusto della piccanteria alle fantasie sulla sorte dell'Asse, ed ora la stampa americana si è lanciata con grande voluttà alla ricerca di episodi sensazionali sulle brutalità, repressioni e persecuzioni degli austriaci da parte dei nazisti.

Nel frattempo però i recenti avvenimenti in Spagna e la situazione europea che ne deriva, dimostrano di essere quelli che terranno le prime pagine dei giornali nei prossimi giorni, mettendo gli avvenimenti d'Austria ---che ormai non possono offrire granché di nuovo -in seconda linea.

352 1 T. 1566/71 R. del 16 marzo. Riferiva che, secondo l'opinione prevalente a Washington, il governo degli Stati Uniti per il momento non avrebbe riconosciuto !"annessione dell'Austria alla Germania, limitandosi a prendere dei provvedimenti in rapporto alla nuova situazione di fatto. L'ambasciatore Suvich aggiungeva: «Prospetto fin da ora !"eventualità, nel caso si dovesse arrivare al riconoscimento di diritto, di agganciare la questione dell'Etiopia, dato che da varie parti, dal pubblico e dalla stampa, è stato accennato al parallelismo dei due casi».

353

lL CONSOLE GENERALE A INNSBRUCK, ROTINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. ]800/137. Innsbruck, 17 marzo 1938 (per. il 18).

Le precisazioni ufficiali che sono state date dagli organi responsabili e dalla stampa, in Italia ed in Germania, circa la sorte dell'Alto Adige, hanno fatto una pessima impressione nella città di Innsbruck ed in tutto il Tirolo. Moltissimi si

erano illusi che con l'entrata delle truppe germaniche nel territorio austriaco anche l'Alto Adige avrebbe avuto la soluzione integrale da essi vagheggiata.

Nelle vetrine della Wagnerische Universitiit Druckerei era stata esposta nel pomeriggio di ieri una carta geografica nella quale figuravano, segnate in bianco, tutte le regioni sulle guaii si appuntano adesso le aspirazioni germaniche. Fra tali regioni era indicato anche l'Alto Adige.

Conformemente alle assicurazioni avute dalle Autorità naziste, questa mattina la carta è stata ritirata 1 .

352 2 Del 16 marzo alla Camera. Vedi D. 354. nota L

354

IL CONSIGLIERE DELL'AMBASCIATA A BERLINO, MAGISTRATI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

LETTERA PERSONALE SEGRETA. Berlino, 17 marzo 1938 (per il 26).

Ho visto stamane von Ribbentrop, giunto ieri sera a Berlino, con il Fiihrer, da Vienna. Riassumo i punti principali della conversazione:

l) Discorso del Duce. Italia e Germania -Il discorso pronunciato ieri a Roma dal Duce 1 ha fatto qui una profonda impressione perché esso rappresenta la parola definitiva italiana sulla questione dell' Anschluss austro-tedesco. Tutti i Tedeschi quindi esprimono la loro profonda riconoscenza al Capo dell'Italia fascista.

Le giornate austriache del Fiihrer e l'adesione totalitaria delle popolazioni hanno chiaramente dimostrato come l'avvenimento sia veramente un fatto naturale che ha trovato la sua rapida e tempestiva soluzione. La cosa particolarmente notevole è stata l'assenza di qualsiasi incidente e di spargimento di sangue. A questo punto ho insistito presso von Ribbentrop, come già avevo fatto presso Goring, circa l'opportunità che venisse evitata qualsiasi misura coattiva nei confronti di Schuschnigg. Von Ribbentrop mi ha confermato che non aveva alcun sentore di eventuali misure e riteneva, anch'egli, che non se ne sarebbe fatto un martire. Mi ha anche accennato all'eventualità di un imminente matrimonio dell'ex Cancelliere del Bund.

Ho comunicato ufficialmente a von Ribbentrop, consegnandogli anche una comunicazione scritta, la nostra decisione di chiudere immediatamente la nostra R. Legazione in Vienna e di far passare i Consolati colà residenti alle dipendenze della R. Ambasciata in Berlino. Von Ribbentrop ha espresso i sentimenti di viva gratitudine del Governo del Reich per l'atto di amicizia.

353 Il documento ha il visto di Mussolini. 354 1 Nel suo discorso del 16 marzo alla Camera, tutto dedicato all'Anschluss, Mussolini aveva dichia rato che l'interesse dell'Italia all'indipendenza dello Stato austriaco aveva avuto sempre come presupposto che gli austriaci volessero l'indipendenza del loro Paese e aveva poi sottolineato particolarmente come l'Anschluss avesse costituito il più severo collaudo per l'Asse, sulla cui solidità nessuno ormai poteva dubitare. Il testo del discorso è in B. MussouNI, Opera Omnia, vol. XXIX, pp. 67-71.

Anche con von Ribbentrop ho accennato alla assoluta necessità che, data la mancata pubblicazione in Germania della lettera del Fiihrer al Duce 2 , venisse trovato modo, in forma per quanto possibile solenne, di ripetere la chiara affermazione relativa all'intangibilità della frontiera del Brennero. E ho anche a lui suggerito che tutto ciò potrebbe essere fatto, in sede adatta, domani sera nella seduta straordinaria del Reichstag.

Von Ribbentrop ha preso buona nota. riconoscendo la necessità della cosa. E, venendo a parlare della frontiera del Brennero e dell'Alto Adige ha dichiarato che: «Il Governo del Reich considera oggi passibile di internamento immediato in campo di concentrazione qualsiasi persona che, con la diffusione di false voci su tale argomento, cerchi di creare malintesi tra la Germania e l'Italia».

2) Situazione in Spagna -Ho portato a conoscenza di von Ribbentrop il nostro punto di vista. Ad un eventuale intervento franco-inglese, risponderemmo con aiuti su larga scala a Franco 3 .

Von Ribbentrop, pur avendo ricevuto ieri sera quelle notizie, provenienti da Parigi, che accennavano alla possibilità dell'intervento francese, non crede che il Governo di Léon Blum possa avviarsi su una tale pericolosissima strada.

(Aggiungo che viceversa ho trovato molto agitato questo Ambasciatore di Spagna, che ho incontrato alla Wilhelmstrasse e che parlava dell'invio alla frontiera spagnola di un Corpo d'Armata francese. Ho ritenuto opportuno dargli una iniezione di ottimismo, in base alle ultime informazioni pervenute).

3) Conversa;:ioni itala-britanniche -Ho portato a conoscenza di von Ribbentrop, con preghiera di informarne solamente il Filhrer, quanto ci hai comunicato circa la Tua prima conversazione con Lord Perth 4 .

Nei riguardi dei vari punti oggetti della conversazione, l'attenzione di von Ribbentrop è stata particolarmente attratta dalla questione della permanenza delle nostre truppe in Libia. Egli, ricordando quanto il Duce ebbe a dirgli nello scorso novembre 5 circa la grande importanza strategica, nel Mediterraneo, della Libia, mi ha ripetuto che anche il Flihrer pensa che le truppe italiane colà dislocate siano un po' la chiave di volta della situazione italiana, oggi fortissima, nel Mediterraneo.

4) Visita a Londra. Conversazioni anglo-tedesche -Von Ribbentrop mi ha comunicato, per conoscenza del Duce e Tua, vari dettagli della sua permanenza a Londra, dove egli si è recato in visita di congedo. Egli ha visto Halifax per due ore e Chamberlain ad una colazione. La conversazione con Halifax ha avuto luogo prima degli avvenimenti di Austria, quella con Chamberlain, proprio nella giornata di venerdì mentre essi si svolgevano.

Con Halifax vi è stato un largo giro d'orizzonte. Nulla di particolarmente nuovo, al di fuori della nota conversazione Hitler-Henderson del 3 marzo, la quale, come ricordi, ebbe nel complesso un tono negativo. «Gli Inglesi ---ha aggiunto von Ribbentrop -sembrano veramente desiderare la pace e non vo

354 ·1 Vedi D. 334. 354 4 Vedi D. 273.

354 .i Sul colloquio Mussolini-von Ribbentrop del 6 novembre 1937 si veda serie ottava, vol. VII, D. 523.

gliono quindi cacciarsi in avventure. Anche la prima reazione sugli avvenimenti austriaci è stata clamorosa molto più nella forma che nella sostanza». Parlando con Halifax von Ribbentrop ha elogiato la politica realistica di Chamberlain nei confronti dell'Asse Roma-Berlino e di Ginevra. «A tale proposito -ha ripetuto il mio interlocutore -vi prego di far sapere al Conte Ciano che a Londra ho messo bene in chiaro la grande importanza che noi attribuiamo alla politica dell'Asse Roma-Berlino».

Nei riguardi delle Colonie, nulla di nuovo. Tutto vago e sempre in alto mare. Quel progetto di Hitler (al quale ho accennato in una mia lettera precedente) 6 di rispondere agli Inglesi per iscritto, è stato rinviato a causa dei tanti avvenimenti degli scorsi giorni. Per ora quindi le conversazioni avranno una sosta e, in avvenire, verranno eventualmente riprese via Henderson, a Berlino.

Circa la stampa, von Ribbentrop ha ripetuto ad Halifax e messo in rilievo il disappunto tedesco nei confronti dell'atteggiamento ostile della stampa britannica. Lord Halifax ha svolto i soliti argomenti ed ha a sua volta fatto notare l'inopportunità di talune pubblicazioni tedesche relative alle rivendicazioni coloniali.

Nel complesso von Ribbentrop, anche attraverso le contingenze attuali, non è pessimista circa l'atteggiamento dell'Inghilterra. Ha aggiunto di aver espresso a Lord Halifax l'augurio che le attuali conversazioni itala-britanniche possano portare ad una chiarificazione.

5) Situazione in Estremo Oriente -Ho portato a conoscenza di von Ribbentrop le notizie contenute nei telegrammi dell'Ambasciatore Cora 7 circa la possibilità, a seguito di richiesta cinese, di una mediazione itala-tedesca nel conflitto.

Von Ribbentrop pensa anch'egli che le condizioni accennate dal Signor Kung siano assolutamente vaghe e insufficienti e tali da non fornire una base per una eventuale discussione. I Giapponesi sono molto più esigenti. In proposito Ribbentrop pensa che essi non abbandoneranno più le posizioni occupate a Shanghai ed appaiono sempre più propensi a coltivare l'idea di un Governo separatista nella Cina del Nord, e cioè mutatis mutandis, di un secondo Manciukuò.

Le conversazioni da lui avute con vari esponenti giapponesi hanno persuaso von Ribbentrop che in Giappone il conflitto futuro con la Russia sia ritenuto inevitabile. Difficile dire quando esso potrà scoppiare, se tra tre o cinque o dieci anni. Quello che è certo è che i Giapponesi desiderano avere il fianco assolutamente libero, senza timore di pressioni cinesi. Essi quindi hanno costantemente cercato, in tutto l'andamento dell'attuale conflitto, di distruggere la parte migliore dell'Esercito cinese per renderne impossibile la ricostituzione anche con aiuti stranieri. La creazione nella Cina del Nord di un altro Governo indipendente e cioè lo spezzettamento dell'unità cinese faciliterebbe sempre di più il programma antirusso del Giappone.

A conclusione della conversazione von Ribbentrop ha tenuto a ripetere, in termini molto calorosi, tutta la riconoscenza tedesca verso il Duce e mi ha pregato di farti pervenire i suoi personali e grati saluti 8 .

354 r, Vedi D. 277. 354 7 Vedi DD. 270 e 302. 354 ~ Il documento ha il visto di Mussolini.

354 2 In proposito si vedano i DD. 309. 335 c 344.

355

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, ALL'INCARICATO D'AFFARI A BUDAPEST, FORMENTINI

T. 249/33 R. Roma, 18 marzo 1938, ore l.

Mi riferisco al suo telegramma n. 29 1 .

In via di conversazione ella potrà dire alla prima occasione a Kanya che conversazioni con l'Inghilterra procedono normalmente in vista del ristabilimento di un'atmosfera di reciproca fiducia come è nel desiderio dei due governi.

Sempre in via di discorso, riconfermi pure che i nostri rapporti con l'Ungheria, come in genere nostri interessi nel Bacino danubiano, non sono affatto diminuiti. Essi restano sempre uno dei punti fondamentali della nostra politica.

356

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO

T. 253/71 R. Roma, 18 marzo 1938, ore 12,40.

Mie conversazioni con Perth continuano sui vari punti già indicati. Scambi di vedute mantengono però tuttora carattere generale. In modo più particolare ci siamo occupati tuttavia del problema del riconoscimento «di diritto» dell'Impero e della questione spagnola. In proposito ho confermato a Perth i ben noti punti di vista italiani.

Prego informare in relazione Ribbentrop a titolo confidenziale. Continuerò a tenerlo informato tosto che le conversazioni piglino un aspetto un po' più concreto. Ho poi indirizzato lettera personale a V.E., che giungerà con prossimo corriere e sulla quale richiamo specialmente attenzione 1 .

357

L'AMBASCIATORE PRESSO LA SANTA SEDE, PIGNATTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S.N.D. PER CORRIERE 1616/11 R. Roma, 18 marzo 1938 (per. stesso giorno).

Ho trovato, stamane, il cardinale Segretario di Stato in abbastanza buone condizioni di spirito. Egli era sotto l'impressione delle comunicazioni fatte dal Duce a padre Tacchi Venturi. Il Papa ne era stato molto consolato e aveva ordinato al cardinale Pacelli di scrivere al Duce, per ringraziarlo per l'azione moderatrice da lui svolta sul governo del Reich nei riguardi della questione religiosa 1 .

In questo favorevole stato d'animo era stato rafforzato dalle informazioni fornite iersera dall'E.V. al nunzio 2 . Il cardinale era in fiduciosa attesa delle ulteriori notizie e precisioni attese da Berlino.

Il cardinale Pacelli ha osservato tuttavia, che la sospensione dei processi e l'amnistia sono ottime cose, ma non sono sufficienti a togliere di mezzo il malessere che da molti mesi caratterizza le relazioni fra la Santa Sede ed il Reich. L'arma dei processi è ormai spuntata, ed all'estero e nella stessa Germania nessuno vi fa più gran caso. La Chiesa invece considera di sommo interesse, per la normalizzazione delle sue relazioni con il Reich, la questione della scuola e quella dell'Azione Cattolica. Quest'ultima sta particolarmente a cuore al Santo Padre.

Ma su questi due punti di principalissima importanza non si ha notizia di nessun miglioramento e le stesse dichiarazioni fatte dal maresciallo Goring al conte Magistrati1 non vi accennano, almeno nella forma come sono state riferite alla Segreteria di Stato da monsignor Borgongini.

Il cardinale, confermandomi ancora una volta l'alto apprezzamento e la riconoscenza del Pontefice per l'azione svolta dal Duce e dall'E.V. presso il governo del Reich, ha insistito perché, nel riferire all'E.V. la nostra conversazione, faccia presente il supremo interesse della Chiesa alle due questioni surriferite: la scuola libera e l'Azione Cattolica.

Nel corso della conversazione ho trovato modo di dire al cardinale Segretario di Stato che converrebbe che il Papa sorvegliasse il suo linguaggio, parlando delle cose d'Austria, specialmente con stranieri 4 . Il Porporato non mi ha chiesto di spieganni, segno evidente che è al corrente di intemperanze verbali del Pontefice.

Ma, ripeto, il Papa ha certamente mutato registro dopo la comunicazione del Duce che lo ha molto soddisfatto.

355 1 Vedi D. 311. 356 1 Vedi D. 351. 357 1 Vedi D. 339.

358

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, CROLLA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 1680/057 R. Londra, 18 marzo 1938 (per. il 21).

Nei giorni scorsi, in seguito alla crisi austriaca, vari rappresentanti stranieri a Londra sono venuti all'ambasciata d'Italia per cercare di ottenere informazioni e notizie sulla situazione generale. Tra i vari colloqui che ho avuto, credo utile segnalare particolarmente all'E.V. quanto mi è stato detto da questo ambasciatore di Polonia Raczynsky e dall'incaricato d'affari di Jugoslavia Milanovié.

marzo, vi è la seguente annotazione: «Ho detto al Nunzio che Gi:iring in un colloquio con Magistrati ha mostrato migliori disposizioni nei confronti della Chiesa ed ha parlato persino di una amnistia generale. Se sarà possibile, voglio, per evidenti ragioni, facilitare un tale ravvicinamento». 357 3 Vedi D. 330. 357 4 L'origine di questa osservazione è indicata da un appunto autografo dell'ambasciatore Pignatti del 17 marzo: «Il ministro De Peppo mi comunica la seguente intercettazione concernente una conver sazione del Santo Padre con l'ambasciatore d'Argentina Cantilo nominato ministro degli esteri.

Il Papa si è espresso così con Cantilo: "Noi abbiamo-ha detto Pio XI-perduto non solamente l'onore, ma anche ogni dignità. Tanto come italiano che come Pontefice ne provo la più dolorosa tristezza". La conversazione concerneva beninteso i recenti avvenimenti austriaci».

Raczynsky mi ha detto che aveva avuto istruzioni da Beck di tenersi in strettissimo contatto con la rappresentanza italiana a Londra, scambiando informazioni e giudizi su tutti gli odierni argomenti politici. Egli mi ha, tra l'altro, denunziato le manovre del Fronte Popolare francese per cercare di impigliare e trascinare il governo britannico in una politica di intervento in Spagna e le voci tendenziose lanciate da fonte francese, e compiacentemente raccolte da questi ambienti dell'opposizione, oltreché da una sezione di conservatori di sinistra facenti capo a Eden e Churchill, secondo le quali l'Italia, dopo l'occupazione tedesca dell'Austria, si preparerebbe ad intensificare la propria azione per assicurarsi vantaggi concreti in Spagna.

Tale azione rappresenterebbe una minaccia diretta alle linee di comunicazione britanniche e francesi. «Queste voci fantastiche, mi ha detto Raczynsky, io faccio di tutto per svuotarle e combatterle».

Gli ho risposto che ero perfettamente al corrente della manovra francese contro la quale stavo reagendo con ogni mezzo nei miei quotidiani contatti con questi ambienti politici. Raczynsky, alla fine del colloquio durato quasi un'ora, mi ha ripetuto che a suo avviso, anzi ad avviso del suo governo, l'attuale situazione non può portare che ad un riavvicinamento e ad una stretta collaborazione tra l'Italia e la Polonia, entrambe interessate a «rimettere in equilibrio l'Europa».

Milanovié si è intrattenuto con me sulla situazione austriaca e su tutti i principali problemi europei. Mi ha detto che era chiaro che il suo governo, in tutto il settore danubiano, non poteva ormai seguire se non una politica parallela a quella dell'Italia e che gli avvenimenti austriaci erano destinati a suo avviso a stringere maggiormente i legami già esistenti fra Roma e Belgrado. «L'opinione pubblica jugoslava, ha aggiunto, sta sempre più evolvendo verso un totale appoggio alla politica di Stojadinovié che è nettamente orientata verso l'Italia».

357 2 Di questo colloquio non è stata trovata documentazione. Nel Diario di Ciano, alla data del 17

359

LA DIREZIONE GENERALE AFFARI D'EUROPA E DEL MEDITERRANEO AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

APPUNTO. Roma, 18 marzo 1938.

MISSIONI RELIGIOSE

Con la formula propostaci gli inglesi chiedono che l'Italia applichi all'Etiopia l'articolo Il della Convenzione di San Germano del 1919 che dice:

«Les Puissances signataires ... protégeront et favoriseront, sans distinction de nationalité ni de culte, !es institutions et !es entreprises religieuses, scientifiques ou charitables, créés et organisées par !es ressortissants des autres Puissances signataires et des Etats, Membres de la Société des Nations, qui adhéreront à la présente Convention, qui tendront à conduire !es indigènes dans la voie du progrès et de la civilisation. Les missions scientifiques, leurs matériels et leurs collections seront égalcment l'objet d'une sollicitude spéciale.

La liberté de conscience et le libre exercice de tous les cultes sont expressément garantis à tous les ressortissants des Puissances signataires et à ceux des Etats, Membres de la Société des Nations, qui deviendront parties à la présente Convention. Dans cet esprit, les missionnaires auront le droit d'entrer, de circuler et de résider sur le territoire africain, avec faculté de s'y établir pour poursuivre leur oeuvre religieuse.

L'application des dispositions prévues aux deux alinéas précédents ne comportera pas d'autres restrictions que celles qui seront nécessaires au maintien de la sécurité et de l'ordre publics ou qui résulteront de l'application du droit constitutionnel de chacune des Puissances exerçant l'autorité dans les territoires africains».

La Convenzione di San Germano (che porta revisione all'Atto Generale di Berlino del 1885) 1 si riferisce al Bacino Convenzionale del Congo, dal quale sono esclusi i territori a nord del 5° parallelo.

L'A.O.I. pel fatto della sua ubicazione geografica è quindi esclusa, salvo un tratto relativamente piccolo della sua parte meridionale, dalla Convenzione di San Germano. La quale trova invece applicazione, per quanto ci riguarda, a tutta la parte meridionale della Somalia.

L'art. 11 di cui si tratta non si riferisce solo all'esercizio del culto da parte di missionari, ma anche a varie loro attività principalmente nel campo didattico ed educativo.

È d'altra parte nota l'attitudine da noi assunta per considerazioni d'ordine politico interno nell'Impero, nei confronti dell'attività delle missioni religiose straniere in A.O.I. Tale attitudine fu definita in data 18 giugno 1937 con lettera n. 220757/77 diretta da V.E. all'Ambasciatore britannico in Roma come segue:

«Il Duce, a cui la questione relativa alle missioni estere in A.O.I. era stata sottoposta, ha effettivamente stabilito di non affidare a stranieri, a qualsiasi religione essi appartengano, il compito di istituire scuole di qualsiasi grado nelle terre dell'Impero. La decisione ha carattere e risponde a criteri di ordine generale.

Se le dette missioni, all'infuori del campo scolastico, intendono svolgere opera di carattere umanitario ed assistenziale, una eventuale richiesta sarà esaminata a suo tempo, quando la questione giuridica del riconoscimento dell'Impero sarà un fatto compiuto».

Si potrebbe osservare agli inglesi che, per considerazione di ordine generale (tanto più in quanto, nella formula propostaci l'impegno che assumeremmo verrebbe necessariamente ad estendersi a tutte le missioni straniere), non crediamo di potere accettare la formula stessa così com'è redatta.

Tuttavia non avremmo difficoltà, analogamene a quanto è indicato nella citata lettera di V.E. del 18 giugno 1937, ad esaminare favorevolmente, una volta concluso l'accordo, quelle richieste che, da parte britannica, dovessero pervenirci per consentire ai missionari inglesi, nel numero che il Governo italiano crederà di autorizzare, di aprire stazioni religiose in A.O.I., escludendo beninteso ogni attività di carattere educativo.

In tal senso si potrebbe presentare una formula.

359 1 Vedi D. 254, nota l.

360

LA DIREZIONE GENERALE AFFARI D'EUROPA E DEL MEDITERRANEO AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

APPUNTO. Roma, 18 marzo 1938.

FORMULA CIRCA TRUPPE INDIGENE

La Nota italiana diretta in data 29 giugno 1936/XIV alla S.d.N. 1 conteneva, fra l'altro, la seguente frase:

«L'Italia è disposta ad aderire per parte sua al principio che gli indigeni non siano assoggettati a prestazioni militari che per assicurare la polizia locale e la difesa del territorio».

La Nota anzidetta, inviata poco dopo la proclamazione della sovranità sull'Etiopia, aveva lo scopo di attirare l'attenzione degli Stati societari ad una serena ed equa valutazione della situazione, di fornire taluni affidamenti circa la politica dell'Italia in Etiopia, e di fare così accettare dagli Stati societari il fatto nuovo creato dall'Italia in Etiopia.

Il Governo inglese ci chiede di riajjèrmare l'assicurazione contenuta nella Nota. Non si può parlare di riaffermare, visto che l'offerta allora fatta non è stata accettata e quindi stricto jure la si può considerare decaduta.

Circa il contenuto della richiesta fattaci si può osservare: a) che un impegno del genere di quello di cui si tratta non potrebbe essere accettato da noi se non quando esso fosse accettato da tutti gli altri Stati possessori di colonie o di protettorati o di altri territori a regime analogo o similare. Per questo la Nota del 29 giugno contiene l'inciso «per parte sua». b) che l'affidamento contenuto nella Nota italiana è limitato all'A.O.I. La formula inglese odierna ha portata invece generale e -accolta così com'è formulata -si presterebbe ad essere interpretata nel senso che essa è applicabile --senza la reciprocità -a tutti i territori coloniali italiani.

La formula proposta dovrebbe essere quindi modificata in conseguenza, e perciò tener conto sia della reciprocità di fronte agli Inglesi, sia dell'assunzione di analogo obbligo da parte delle altre Potenze coloniali in Africa.

361

L'ADDETTO NAVALE A TOKIO, GHE', AL MINISTERO DELLA MARINA

RAPPORTO SEGRETO 008/s (G 1/2). Tokio, 18 marzo 1938 2 .

La prima fase del conflitto nippo-cinese può dirsi virtualmente ultimata o tale almeno viene considerata qui dalle sfere ufficiali militari. Potere centrale cinese disperso e svalorizzato agli occhi della intera Nazione. Esercito quasi annientato: le famose armate indicate da quote così alte da rasentare

361 1 Il documento è tratto dall'archivio dell'Ufficio Storico della Marina Militare. 361 2 Sul documento non vi è l'indicazione della data di arrivo.

il grottesco (29a armata, 37a armata) e da far ricorrere il pensiero alle innumeri schiere degli antichi eserciti persiani -smembrate e derelitte -non sono più che orde fuggiasche in ogni direzione in cerca di vitto e di ricovero, o bande di briganti datisi alla rapina.

La capitale, tutti i nodi vitali della Cina del Centro e del Nord, le principali ferrovie, i porti, le dogane, cadute. E la flotta giapponese mantiene ancora un blocco strettissimo della costa da Canton allo Shantung paralizzando il traffico marittimo dell'avversario.

Pure la guerra, anche se non dichiarata, è ben !ungi dall'essere finita. E Chiang Kai-shek ridotto quasi all'essenza di un mito, vagante da un paese all'altro, introvabile per amici e nemici, si erge tuttora minaccioso di un non definibile pericolo.

Per cercare di illuminare la complessa situazione, senza divagare in considerazioni che potrebbero far perdere il valore dei suoi capisaldi, occorre serrarla in limiti ben precisi, e schematizzare gli argomenti essenziali che la costituiscono.

Essi possono ridursi a quattro, principali:

l) Quali sono le coordinate del punto, nello sviluppo della curva che rappresenta questa guerra? 2) A quale situazione si trova oggi di fronte il Giappone? 3) Quali saranno le immediate direttive politiche verso le Potenze straniere? 4) Quando e come la guerra giungerà alla sua conclusione?

La prima interrogazione trova già in parte la sua risposta in quanto sopra ho detto: non sono previste ulteriori e grandi operazioni militari, a meno che s'imponga un giorno lo sbarco a Canton. Si stabiliscono forti presidi permanenti, a rappresentare nuclei di difesa principale e si continuano a combattere ovunque sporadici tentativi di offesa cinese particolarmente aerea.

Massimo obiettivo oggi, è quello di porre l'ordine -il nuovo ordine giapponese -in tutti i territori occupati -costituire vari governi autonomi nelle singole province sotto la tutela nipponica -riorganizzare l'importante servizio bancario con l'intendimento di avvantaggiare l'economia nazionale-riprendere i commerci e ristabilire le correnti di traffico normali.

La seconda domanda contiene elementi molto complessi. La Cina incute oggi il timore del suo caos, della sua sterminata grandezza, dei suoi quattrocento milioni d'uomini, della sua passività, della sua stessa debolezza. Dinanzi a questa massa cartilaginosa, senza un cuore pulsante da potere colpire a morte, i giapponesi rimangono assai pensosi.

Una medusa sospesa ad un chiodo in qualunque suo punto, cade dopo un poco e riprende a muoversi. Tutti i metodi rigorosi dell'organizzazione giapponese, la loro precisione di lavoro, la successione razionale delle operazioni eseguite, che furono pregiati fattori di successo nella campagna bellica trascorsa, si trovano oggi svalorizzati quasi, davanti a quell'amorfo, inafferrabile, vago elemento da ordinare ed inquadrare prima di essere soggiogato e sfruttato.

La difficoltà del momento attuale e di quanto si sospetta nel prossimo futuro è talmente compresa dalle sfere dirigenti, che !ungi dall'alleviare le straordinarie pressioni finanziarie poste per la contingenza, si stanno prendendo oggi le misure precauzionali più rigorose in ogni campo interno ed estero per fronteggiare l'incerto avvenire. Più grave di tutte, quella della «mobilitazione nazionale» aspramente combattuta in questi giorni alla Camera dei Deputati e che condurrà inevitabilmente il Paese a divenire uno Stato totalitario.

La psicologia della massa, forse per lo stretto controllo sempre mantenuto sulla stampa, è stata lontana dall'apprezzare la gravità della situazione, durante tutto il conflitto.

La presa di Nanchino sembrava dovesse aprire alla Nazione le porte di «Sesamo» ed ogni modesto commerciante aveva la sensazione che fosse sufficiente correre in Cina per rimpatriarne carico d'oro.

La realtà dei fatti è stata alquanto dissimile dalle previsioni. Tutte le più dure difficoltà si sono drizzate indistintamente dinanzi, scisse nei loro elementi primi e più diversi, alcuni dei quali inerenti allo stesso territorio, altri alla presenza degli stranieri, che, pur indeboliti, costituiscono un fronte di resistenza non indifferente, altri infine a problemi di soluzione interni della Nazione propria.

L'attuale conflitto è stato sostenuto nella sua massima parte dall'Esercito e l'Esercito risiede oggi in Cina dispotico rappresentante'; in dubbia obbedienza al governo centrale.

Per la mentalità naturale di questa gente e per la tendenza della corrente predominante nel Paese, i militari oggi più che mai vogliono avere voce in capitolo in ogni campo delle energie nazionali. Ne risulta che i vari comandanti delle armate giapponesi in Cina si atteggiano più o meno a governatori delle rispettive regioni. Ma il loro operato a carattere autocratico e violento non sempre collima con le idee politiche più convenienti a Tokio, e spesso urta non soltanto le posizioni straniere con le quali è opportuno indulgere e sapersi destreggiare, ma anche danneggia gli stessi interessi giapponesi per mancanza di competenza.

Un poco per l'abbandono in cui la Cina era sempre stata lasciata, un poco per i danni che la guerra vi ha portato e molto per l'esodo degli abitanti da intere province, tutto l'immenso territorio è in condizioni veramente impressionanti. I comandanti militari, vedendo e pensando «guerra» sono naturalmente portati a progetti di costruzioni audaci d'ogni genere ed inerenti ad essa, progetti che comporterebbero spese enormi; mentre il trust delle varie e più svariate compagnie commerciali ed industriali, propende evidentemente per un immediato e più proficuo impiego di capitali. D'onde attriti. dissapori, preoccupazioni.

Le Autorità militari hanno fatto già molto, poiché può dirsi oggi che l'Esercito giapponese in Cina viva quasi sulle risorse locali come già gli eserciti mercenari di un tempo. Di più, pressoché intiere divisioni possono continuare le operazioni, senza bisogno di ulteriori rifornimenti, impiegando il vasto materiale di guerra ed il munizionamento catturato al nemico in fuga. Ma se questo è molto non è però tutto ed il governo conosce difficoltà economiche che i capi militari colà ignorano e particolarmente la necessità di temporeggiare con le Potenze straniere, -Lcitmotiv di Tokio -che i due capi superiori in Cina non possono trangugiare.

Fra le molte ragioni che hanno suggerito il richiamo da Shanghai del generale Matsui, questa deve essere tenuta presente come principalissima. Il comportamento di Matsui, sempre energico e talvolta spavaldo ed impulsivo, minacciava di rendere ancora più critiche le relazioni diplomatiche con l'Inghilterra, sempre rimaste assai tese.

Il generale Matsui non era però l'unico esponente di tale mentalità. Si può dire che una gran parte degli alti e giovani ufficiali distaccati sul continente ne condividevano e ne condividono le idee. Ostacolo non indifferente al rapido appia

361 Sic.

namento del grovigliato stato di cose in Cina. Malgrado i progressi fatti dal Giappone e la penetrazione della civiltà occidentale avvenuta qui in modo assai profondo, questo popolo moralmente è ancora in gran parte calafatrato nell'armatura delle sue vecchie tradizioni, che gli impediscono di molto comprendere e lo paralizzano in una quantità di movimenti.

Alle tradizioni si uniscono quei tali difetti insiti nella razza, che ebbi a segnalare a V.E. nel mio rapporto n. 13/S del 22 settembre 1936 4•

Ammalato di elefantiasi, il Giappone è pure ammalato di un egoismo e di uno spirito di accaparramento indicibili, che giungono a spingere -nell'intendimento di volere fare e fare, avere e avere,-il suo fervore di lotta e di vita ad uno stato di febbre.

Questa lotta è molteplice, perché non concerne soltanto il Paese in via di conquista, ma tutte quelle Potenze, che nel Paese stesso hanno vitali interessi da proteggere.

È logico per conseguenza considerare la terza domanda: Il Giappone, con una serie di provvedimenti saggi e coraggiosi, -per loro stessa confessione inspirati ai nostri, nel periodo delle sanzioni -è riuscito a salvare l'economia interna ed a proteggere sino ad oggi la sua valuta.

Però le caratteristiche della sua economia differiscono sostanzialmente dalle nostre ed i problemi che minacciano la sua finanza sono di diversa natura. La ricchezza del Giappone è basata quasi esclusivamente sulle sue capacità d'esportazione dei manufatti a basso prezzo di cui sino ad oggi aveva inondato i mercati del mondo. Ne deriva che se per impedire il crollo della sua valuta è costretto a limitare l'importo di tali materie prime, anche le sue esportazioni vengono a subire un danno notevole e duplice: come incasso di valute estera e come arresto delle sue fabbriche produttrici. È un rigido e serrato circolo chiuso di non facile soluzione.

Occorre riflettere che questa concatenazione è tale da moltiplicare le perdite secondo una progressione geometrica.

Nell'impasse presente in cui il Giappone si trova, esso ha bisogno vitale di capitali stranieri onde porsi in condizione di realizzare il piano gigantesco complesso di costruzioni ed organizzazioni, destinate a porre in valore la terra conquistata. Compagnie di navigazione, banchinamento di porti, dragaggio di canali, aperture di strade, costruzione di ferrovie, scavazione di miniere e via dicendo. Ognuno di questi progetti esige centinaia di milioni, e la impresa sul continente costa di già a tutt'oggi al Giappone la cifra impressionante di otto miliardi di yen (circa 45 miliardi di lire). I popoli simpatizzanti e quasi alleati, Italia e Germania, sono poveri. Ne deriva perciò che i forti capitali «semenza» -se è permessa tale locuzione -destinati a costituire in futuro il benessere del Giappone ed un suo primato economico dovrebbero essere forniti principalmente dall'America e dall'Inghilterra.

Non devesi però ritenere che tali capitali siano «indispensabili» per il raggiungimento del fine che qui si propongono. È questione di tempo. Un progetto può essere attuato in cinque anni od in cinquanta.

Compiendo un grave errore di apprezzamento della situazione e del valore morale di questo popolo, i non simpatizzanti preconizzano a breve scadenza catastrofi d'ogni genere. Ma il Giappone vincerà comunque la grande posta che è in giuoco. Si tratta di vedere a quale partito a breve od a lunga scadenza esso si atterrà, partito che influirà sensibilmente sulle immediate relazioni politiche con le grandi Potenze accennate.

Una prima corrente, la tradizionalista, più vecchia di idee e più ligia al vecchio patriottismo esclusivista, con l'ammiraglio Suetsugu come precipuo esponente, non vorrebbe ingerenze straniere, «Via tutti dall'Asia subito», «l'Asia al Giappone».

Una seconda corrente più moderna, direi più intelligente, vorrebbe temporeggiare. Non che la finalità del suo pensiero sia diversa -rilievo importantissimo da farema soltanto guadagnare tempo, rassodare le posizioni sul continente, raggiungere questo primo obiettivo a spese di terzi ed attendere la prossima occasione favorevole per debellare completamente gli invasori e far sgombrare l'Inghilterra dall'Oriente asiatico.

La tendenza che oggi prevale è quest'ultima, spalleggiata dal ministro degli Esteri, dall'ambiente di Corte, dai magnati del mondo finanziario e commerciale. Si fa qui quanto si può per smussare gli angoli con la grande antagonista e per raggiungere un modus vivendi possibile. Con l'America, le relazioni per breve tempo turbate dall'incidente del Panay 5 sono rientrate nella normalità e hanno ripreso quasi un senso cordiale. Tutto un sottile, astuto, e paziente lavorio diplomatico si sta compiendo, per convincere i capitalisti d'oltre oceano a far passare su questa riva centinaia di milioni di dollari. Sino ad ora i banchieri americani ed inglesi non hanno ceduto, conoscono i giapponesi ed i loro sistemi: la forma degli investimenti richiesti non comporterebbe mai la diretta cessione di sfruttamento di giacimenti minerari, o l'appalto di imprese varie, ma puramente la cessione di un prestito ad interesse sul quale abbandonare ogni diritto di amministrazione. È peraltro da attendersi che i giapponesi si trovino costretti ad abbassare le loro pretese attanagliati dal bisogno, e sarà del massimo interesse seguirli nei loro conati di riuscita.

Più gravi e complesse sono le relazioni con la Russia, ed il problema è giunto ad un punto tale da esigere forse una soluzione più rapida di quella che poteva essere considerata lo scorso anno.

Definita la partita militare con la Cina, i giapponesi comprendono che non potranno mai pensare ad un metodico e tranquillo sfruttamento delle regioni occupate sino a tanto che esisterà la minaccia sovietica in Estremo Oriente, con la potente base navale cd aerea di Vladivostok e le armate sibcriane in continuo aumento ed organizzazione. D'altra parte, un loro esercito forte di 24 divisioni, equipaggiato, allenato, pronto, si trova già sul continente. Le enormi spese per il suo trasporto e la sua preparazione sono state fatte. E ragioni d'indole interna non consigliano di richiamarlo anche parzialmente: accrescerebbe la disoccupazione e forse porterebbe in Paese elementi d'inquinamento sociale. Tutti i fattori concorrono a suggerire la sua utilizzazione in un immediato futuro, mentre perdura l'entusiasmo e la mentalità bellica nella nazione e prima che nel campo nemico migliorino le condizioni. Avevo già fatto cenno in precedenti rapporti a sintomi palesi di questa corrente d'idee: oggi essi si concretizzano in provvedimenti che lasciano pochi dubbi sulle intenzioni delle sfere dirigenti nipponiche. Dirò di più, che in aperti accenni fatti alla Camera dal ministro della Guerra in occasione della legge sulla «mobilitazione generale» questi ha detto che tale provvedimento non veniva preso per le contingenze attuali ma in previsione di «importanti operazioni future».

È da attendersi logicamente una mossa giapponese se non per la fine di quest'anno, nella primavera del prossimo.

La considerazione sopra esposta, interferisce naturalmente sulla risposta alla quarta domanda. Il Giappone non potrà considerarsi libero di agire in Cina a suo beneplacito sino a tanto che non si sarà impossessato della provincia marittima russa.

Sino a quel giorno uno stato di guerriglia continuo esisterà sul continente contro le masse di indigeni più varie, successivamente ribelli, sempre aiutate dalla Russia e dall'Inghilterra.

Eliminata la Russia, l'aiuto della seconda diverrà assai precario, poiché rimasta sola interessata in questa parte del mondo, essa dovrà seriamente pensare a difendere le proprie ed ultime posizioni rimastele.

360 1 Vedi serie ottava, vol. IV, D. 404.

361 1 Non pubblicato.

361 5 Vedi serie ottava, vol. VII. D. 736, nota 2.

362

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, CROLLA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 1658/248 R. Londra, 19 marzo 1938, ore 19 (per. ore 4 del 20).

Plymouth mi ha detto oggi che nelle scorse settimane egli era stato in frequenti contatti con questo ambasciatore di Francia per cercare di indurre governo francese ad accettare ristabilimento controllo terrestre ed appena possibile iniziare lavori Commissione Spagna. Questi contatti avevano portato alcuni mutamenti nell'atteggiamento francese, mutamenti però insufficienti -egli ha aggiunto -a credere ad una azione d'accordo che consentisse convocazione Comitato dei nove.

Negli ultimi dieci giorni, sia per la ripercussione in Francia degli avvenimenti austriaci, sia per lo stato di allarme prodotto dall'avanzata di Franco verso la Catalogna, sia infine per la crisi del Gabinetto francese, atteggiamento della Francia si era irrigidito e conversazioni su questione controllo terrestre erano state sospese.

Plymouth non era perciò in grado di prevedere quando sarà possibile convocare Comitato dei nove. Ma tuttavia il governo inglese, pur comprendendo lo stato d'animo francese, aveva intenzione riprendere appena possibile conversazioni sul controllo terrestre e sperava riuscire con la pazienza e la tenacia a condurre la Francia alla ragione.

363

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, ALL'AMBASCIATORE IN CINA, CORA

T. S.N.D. 254/89 R. 1 Roma, 19 marzo 1938, ore 22.

Telegramma di V.E. n. 146 2 .

Condizioni proposte da Wang Ching-wei sembrano costituire una possibile base di discussione. Non, ripeto non, sarei quindi alieno dall'assumere incarico

mediazione, qualora sia accertato che condizioni stesse rispecchiano effettivo pensiero del governo cinese.

Rimango in attesa di risposta telegrafica 3 .

363 1 Questo telegramma fu inviato anche a Tokio con n. di protocollo 254/101 R. 363 2 Vedi D. 331.

364

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO

T. S.N.D. 258/73 R. 1 Roma, 19 marzo 1938, ore 23.

Mio 64 2 . Confermo nostra precisa intenzione di intervenire in forma aperta in Spagna qualora forze francesi fossero inviate a Barcellona, invitate o meno dal governo rosso.

365

L'AMBASCIATORE PRESSO LA SANTA SEDE, PIGNATTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S.N.D. PER CORRIERE 1641/12 R. Roma, 19 marzo 1938 (per stesso giorno).

Il capo Gabinetto di V.E. mi ha dato conoscenza, ieri, delle informazioni riservate ricevute da Berlino, su di un colloquio del conte Magistrati con il Maresciallo Gèiring 1•

Ho comunicato stamane al cardinale Segretario di Stato le notizie surriferite. Egli ne ha avuto buona impressione, ma non si è pronunciato, desiderando prima parlare al Papa.

Il cardinale mi ha dichiarato di essere in grado di darmi subito le più ampie assicurazioni riguardo alle direttive politiche della Santa Sede nella questione austriaca. Il Porporato mi ha rimandato all'articolo de L'Osservatore Romano de! 15 corrente n. 61 che è stato voluto e direttamente ispirato da lui (mio telegramma per corriere n. 9 del 15 corrente) 2 . La Santa Sede non farà politica, ma difenderà strenuamente gli interessi religiosi.

364 1 Minuta autografa di Ciano. 364 2 Vedi D. 334. 365 1 Vedi D. 330. 365 2 Nell'articolo Di fi"onte ai fatti a firma del conte Della Torre, ci si domandava se la persecuzione nei confronti dei cattolici si sarebbe arrestata al vecchio confine, risparmiando il popolo austriaco così profondamente cattolico. L'ambasciatore Pignatti aggiungeva risultargli confermato che la Santa Sede aveva come direttiva di fare «ogni sforzo per la tutela degli interessi religiosi, scartando qualsiasi interferenza nelle questioni politiche>>, per cui -concludeva l'ambasciatore--«se il Reich darà prova di moderazione nella questione religiosa, non dovrebbe incontrare difficoltà da parte della Santa Sede>>.

Come ho riferito sopra, il Segretario di Stato ha preso atto con palese vivo compiacimento delle dichiarazioni fatte al conte Magistrati dal Maresciallo Goring, ma ha osservato che, intanto, la campagna di stampa contro la Chiesa e la Persona stessa del Papa, imperversa più che mai e le scuole cattoliche vengono chiuse in blocco.

La Chiesa è pronta e ben disposta a cogliere il momento opportuno per un'opera di pacificazione e di riavvicinamento con il Reich, ma aspetta ormai i fatti. Essa ha dichiarato da tempo e ripetutamente, di essere pronta a trattare, ma le sue offerte non hanno avuto seguito, come non è stata mai data risposta alle sue note.

Rivedrò il cardinale Pacelli domani domenica o lunedì 21 dopo il suo colloquio con il Papa3 .

363 3 Vedi i DD. 385 e 393.

366

L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, PRUNAS, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 1673/084 R. Parigi, 19 marzo 1938, ore 21.

Continuano vivacissime pressioni questi ambienti sinistra per indurre governo a più o meno radicale modificazione politica non intervento in Spagna 1•

Dibattito politica estera, che era stato fissato per martedì prossimo sarà molto probabilmente rinviato a una data da fissarsi ulteriormente. Ministro Esteri ha tuttavia acconsentito, di fronte ad insistenze capi gruppi parlamentari, a fornire settimana prossima alla Commissione Affari Esteri della Camera, tutte le informazioni utili in materia di politica estera in generale e, più particolarmente, sull'atteggiamento che governo conta adottare di fronte alla situazione in Spagna e in Europa Centrale.

Boncour avrebbe esplicitamente promesso che Parlamento non sarà in nessun caso posto-per quel che riguarda Spagna-dinnanzi a fatto compiuto. Dichiarazioni ministro pare abbiano avuto tono e forma rassicuranti.

Mi risulta che Senato, Esercito e Marina sono sfavorevoli abbandono politica non intervento da parte francese.

Stamane, Echo de Paris, organo Stato Maggiore, pubblica breve nota in cui si afferma fra l'altro: «Le voci più fantastiche (occupazione Minorca, sbarco in Catalogna, ecc.) sono state poste in circolazione questi giorni sull'eventualità di un intervento di truppe francesi in Spagna. Siamo in grado di precisare che nessuna misura adottata giustifica simili ipotesi. Il rafforzamento dei posti di frontiera si impone per consentirci di arrestare qualunque truppa straniera, a qualunque nazionalità essa appartenga, che tentasse penetrare in territorio francese, e a farle deporre le armi».

365 ·1 Si veda il D. 373. 366 1 In realtà, il governo francese aveva già rimesso in vigore con due decreti in data 16 e l7 marzo --non pubblicati nel Journal Ojjiciel -le deroghe al principio di non intervento -precedentemente abolite-che consentivano la riesportazione verso la Spagna del materiale «in transito internazionale». Su ciò si veda DDF, vol. IX, p. 812. nota l.

Dichiarazioni fatte da generale Franco all'agenzia Havas 2 su integrità territorio spagnolo e statuto 3 Mediterraneo, cui tutta la stampa ha dato largo spazio, rassicurano questa opinione pubblica.

Con telespresso a parte 4 trasmetto notizie circa movimenti truppe raccolte da questo R. addetto militare.

367

IL CONSOLE A BRATISLAVA, LO FARO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 1763/5 R. Bratislava, 19 marzo 1938 (per il 24).

Mio telegramma n. 3 del 12 marzo u.s. 1

Profondo contraccolpo provocato -malgrado calma apparente -fra popolazioni al di qua dei Carpazi dal brusco realizzarsi Anschluss ha dato riprova fragilità compagine cecoslovacca, creando nel contempo pure in ambienti finora ligi Praga stato d'animo attesa eventi risolutivi anche in Cecoslovacchia.

Situazione Slovacchia e Rutenia -alle spalle esercito che alle frontiere specie verso Austria intensitìca apprestamenti difensivi e rifornimenti munizioni --sembra pertanto (a meno di misure fortemente repressive che potrebbero tuttavia essere controproducenti) essere destinata a sfuggire sempre più controllo Praga ed essere più agevolmente manovrata dalle influenze polacca, ungherese e tedesca nel senso da me per ultimo segnalato col telespresso n. 604 del l o marzo u.s. 2

Partito autonomista Hlinka crede trovare nella gravità situazione nuova conferma convenienza sua intransigenza per risparmiare Slovacchia rischi cui Praga è esposta, mentre suggerimenti polacchi. che mi risulta sarebbero connessi anche con risultati visita Beck a Roma, lo incoraggerebbero ad avviare agitazione sul terreno indipendenza nazione slovacca.

Minoranze ungheresi Slovacchia e Rutenia sono dominate impressione rapido approssimarsi realizzazione aspirazioni nazionali. Ambienti dirigenti di esse, pur condividendo e coltivando tale impressione, non riescono celare apprensione che presenza esercito germanico frontiera sud-ovest Cecoslovacchia dia maggiore forza invadenza tedesca nella Slovacchia (per ultimo mio telespresso n. 136/7 del 14

366 " Il 18 marzo, Franco aveva dichiarato all'agenzia llavas che il suo governo non aveva alcuna intenzione di mutare l'equilibrio del Mediterraneo ed aveva indicato come una necessità per tutti l'accordo tra i popoli mediterranei. «Ho fiducia -aveva detto poi Franco che la comprensione della Francia e della Gran Bretagna (una collaborazione con la Gran Bretagna è gia abbozzata) darà alle nostre relazioni future con quelle Potenze una cordialità che non avrebbe dovuto mai essere perduta>>. Franco aveva aggiunto, intìne. che il numero dei volontari stranieri nelle file dei Nazionali da oltre un anno era diminuito del venti per cento. 366 1 Sic. Evidentemente status quu. 366 -1 Non pubblicato. 367 1 T. 1425/3 R. del 12 marzo. Riferiva che l'avanzata in territorio austriaco delle truppe germaniche aveva provocato «una generale e profonda preoccupazione prevalentemente negli ambienti ungheresi>>. 367 " Non rintracciato.

gennaio u.s.) 1 . Anschluss affretterebbe revisione Trianon, ma in condizioni meno vantaggiose di quelle previste date immediate possibilità di manovra anche al di qua dei Carpazi che si offrono ora alla politica germanica, a parte la naturale forza di attrazione sulle minoranze tedesche, specie di Bratislava e dintorni, che attraverso atteggiamento subito preso dalla Karpathendeutsche Parrei fanno già sentire desiderio essere preservate dal Reich confinante contro mire magiare.

Anche dalla Rutenia -dove posizioni influenza ungherese sono più forti ed attività polacca e ungherese abbastanza armonizzate -giungono notizie di un forte contraccolpo in senso anticeco degli avvenimenti di Austria.

Prevale convincimento dinamismo Italia fascista essere sola residua seria forza europea in grado controbilanciare pangermanismo, e che Roma, anche abbandonando suo destino Boemia e Moravia, non potrebbe non far sentire fin d'ora il suo interesse per futura conformazione regioni comprese fra catena Carpazi e Danubio e dove dovrà stabilirsi continuità territoriale (Rutenia) e collegamento spirituale cattolico (Slovacchia) fra Polonia e Ungheria, e di queste -attraverso la Jugoslavia -con l'Italia.

Alla concorde fiducia nella politica italiana si connettono tuttavia divergenti speranze: mentre ambienti ungheresi sottolineano accresciuto nostro interesse ad una forte Ungheria carpatico-danubiana, in quelli slovacchi autonomisti si spera invece nell'assistenza della Polonia per far prevalere nell'atteggiamento italiano una equa armonizzazione delle rivendicazioni nazionali magiare con l'affermazione della nazione slovacca.

368

IL MINISTRO A BUDAPEST, VINCI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

APPUNTO. Roma, 19 marzo 1938.

Tenendo presente che base della politica italiana è l'asse Roma-Berlino, e che entro esso la nostra direttiva politica nell'Europa Centrale dovrà essere quella di raggiungere una sempre più stretta intesa con Belgrado, Budapest, Varsavia e Bucarest, ripeterei a Kanya quanto gli è stato già detto da Formentini: 1 i recenti avvenimenti in Austria non possono che aver ribadito i nostri legami d'amicizia che è nella nostra intenzione di rendere sempre più intimi e cordiali.

Poiché i Protocolli di Roma debbono considerarsi formalmente decaduti, potrei intanto dire a Kanya che restano immutate almeno nello spirito se non nella forma le clausole di essi che riguardano l'Ungheria. Sarà il caso di dar nuova forma agli Accordi con l'Ungheria riportandosi magari al Patto di amicizia del 1927 2 da aggiornare.

368 1 Vedi DD. 306 e 311. 368 2 Trattato di amicizia, conciliazione ed arbitrato tra Italia e Ungheria del 5 aprile 1927 (in Tra/lati c convcn::ioni, vol. XXXVII. pp. 195-202).

Desidererei conoscere se posso fin da ora suggerire a Kanya di fare un viaggio di cura in Italia (Abano, per esempio) dove S. E. il Ministro potrebbe incontrarlo e quale sarebbe l'epoca migliore.

Circa la Jugoslavia, riferirei il telegramma di Indelli circa il discorso di Daranyi a Gyor 3 .

Circa la Romania mi riferirò alle note istruzioni 4•

Riferirò l'ottimo risultato del convegno con Beck a Roma 5 .

Desidererei conoscere se vi sono altre comunicazioni da fare al Ministro degli Affari Esteri ungherese in merito a questioni danubiane. Intensificherò la mia azione di propaganda in ogni campo. Ho esposto idee concrete agli uffici competenti sulle varie questioni (nomina di un alto personaggio italiano a Presidente dell'Istituto di Cultura; sussidi al Fascio di Budapest, senza fondi, introduzione del Libro Italiano in Ungheria) ma soprattutto ritengo che sarebbe utilissimo, anche per risolvere varie questioni di dettaglio, come quella del riconoscimento della nostra scuola, di rivedere ed aggiornare tutta la convenzione culturale itala-ungherese.

Mi permetto raccomandare a S.E. il Ministro una decisione favorevole su queste questioni.

Mi renderò conto a Budapest delle tendenze e degli atteggiamenti dei partiti politici, specie delle destre filo-naziste, dopo gli avvenimenti austriaci e per questo riservo riferire. Come anche sull'atteggiamento dei legittimisti, mentre, salvo contrarie istruzioni, mi atterrò alle direttive impartitemi a suo tempo in senso contrario ad una restaurazione absburgica. Mi permetto attirare la particolare attenzione di

S.E. il Ministro sulla questione del trono e della successione di Horthy.

367 3 Non rintracciato.

369

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. 1823/588. Berlino, 19 mar:o 1938, ore 19 (per. il 21 ).

Al ritorno del Cancelliere Hitler dal suo trionfale viaggio in Austria, il Reichstag è stato subitamente convocato, in seduta straordinaria per la sera del 18.

Tutta la Nazione ha senz'altro compreso trattasi di una seduta di carattere storico, perché in essa sarebbe stata proclamata e sancita l'entrata dell'Austria nel Reich. Di carattere veramente eccezionale sono stati ieri sera quindi i preparativi intesi a permettere a tutto il popolo tedesco di potere spiritualmente essere presente all'avvenimento. Persino i teatri hanno sospeso gli spettacoli per dar modo a tutti di riunirsi presso gli infiniti altoparlanti piazzati in tutte le città e in tutti i ritrovi, grandi e piccoli, onde ascoltare la parola del Capo dello Stato.

4 marzo a Gyor dal presidente del Consiglio ungherese è riprodotta in Rcla::ioni lnterna::iona/i, p. 200. 368 "' Vedi D. 112 e D. 253, nota 2. 368 o Riferimento alla visita compiuta dal colonnello Beck in Italia dal 6 al 14 marzo precedenti (vedi

D. 227, nota 3).

A Berlino, già molte ore prima dell'inizio della seduta la folla si è addensata dietro i cordoni, composti delle formazioni del Partito, distesi tra la Cancelleria e l'edificio del Kroll, dove si svolgono le sedute del Parlamento.

Alla grande adunata erano presenti, oltre indistintamente tutti i membri del governo -questa volta compreso il signor Schacht -i deputati, gli Statthalter, i Gauleiter, i maggiori esponenti delle Forze Armate e un grandissimo pubblico.

Il palco riservato ai diplomatici era gremito. Assenti solamente gli ambasciatori di Francia, Inghilterra e Stati Uniti. Per l'Inghilterra era presente il consigliere, per l'America alcuni segretari, per la Francia nessuno.

L'ingresso dei rappresentanti del governo regionale austriaco, Seyss-lnquart, Glaise-Horstenau, Wolf, Klausner, Hiiber, Menghin, Jury, Neumayer, Reinthaller e Fischbock è stato accolto da grandi applausi. Seyss-lnquart rivestiva l'uniforme di Gruppenfiihrer delle formazioni nere S.S. gli altri erano in abito civile. La massa dei membri del governo e dei deputati rivestiva naturalmente le uniformi del Partito.

Il Cancelliere Hitler ha fatto il suo ingresso nell'aula, oggetto di una grande, entusiastica ovazione e, dopo brevi frasi del presidente Goring, ha preso la parola.

Il suo discorso, insolitamente breve (esso ha avuto la durata di circa 40 minuti, mentre, come è noto, egli è uso parlare per una media di due ore) è stato pronunciato in un tono particolarmente forte che, in un'atmosfera già satura di entusiasmo, ha provocato vere acclamazioni, anch'esse. dati gli usi e la mentalità del popolo tedesco, superiori all'ordinario.

V.E. possiede già il testo del discorso. Il Cancelliere ha tenuto a porre in rilievo la sua azione personale e affermare, nella soluzione della questione austriaca, la sua diretta responsabilità. Egli non ha fatto alcun mistero che, alla notizia del plebiscito bandito dal Cancelliere Schuschnigg la sera di mercoledì a lnnsbruck, aveva immediatamente reagito imponendo al governo di Vienna precise condizioni. È quello che, nei Paesi ostili alla Germania, è stato definito l'«ultimatwn» di venerdì.

Le parti che hanno sollevato il maggiore entusiasmo e vere acclamazioni sono state quelle nelle quali egli ha proclamato la sua immensa gioia di essere stato l'autore personale e diretto dell'ingresso della sua Patria, l'Austria, nel grande Reich tedesco e quella nella quale ha attaccato le democrazie, che mentre si commuovono quando qualche affare di sobillatori ebrei in terra tedesca viene disturbato, tacciono quando, come in Spagna. centinaia di migliaia di innocenti lasciano la vita per la ferocia bolscevica.

Rarissimi gli accenni nei confronti dell'estero. Menzionate la Polonia, l'Ungheria e la Jugoslavia quali Nazioni che hanno mostrato, in questa contingenza, spirito di comprensione verso le necessità tedesche.

Ma in tale campo la parte più importante e significativa è indubbiamente stata quella relativa all'Italia. Mi sembra utile ripcterla qui appresso integralmente.

Il Cancelliere ha detto esattamente così:

«Non posso chiudere queste dichiarazioni senza menzionare in modo partico

lare l'atteggiamento dell'Italia fascista. Io mi sono sentito obbligato a spiegare in una lettera al Capo del grande Stato fascista, unito a me da vincoli di amicizia personale, i motivi della mia azione e ad assicurarlo in modo speciale che non soltanto nulla sarà mutato nell'atteggiamento della Germania verso l'Italia dopo · questo avvenimento, ma che invece precisamente come già verso la Francia, la Germania riconosce anche all'Italia come immutabili le frontiere esistenti.

lo vorrei qui esprimere al grande uomo di Stato italiano a nome mio e del popolo tedesco la nostra calda riconoscenza (applausi). Noi sappiamo che cosa ha significato l'atteggiamento di Mussolini in questi giorni. Se fosse stato possibile un ancora maggiore rafforzamento delle relazioni tra Italia e Germania, esso è ora avvenuto. La comunanza fra i due Paesi basata sull'analogia delle concezioni mondiali e su motivi di interesse, si è trasformata ora in un'amicizia indissolubile. Il suolo e le frontiere di questo Paese amico sono per noi intangibili. lo lo ripeto: io non dimenticherò mai questo atteggiamento di Mussolini. Il popolo italiano può essere certo che dietro le mie parole sta la Nazione tedesca (vive acclamazioni).

Così anche questa volta l'Asse che unisce i nostri due Paesi ha reso al mondo il più prezioso servizio».

Questa ultima affermazione dell'importanza politica dell'«Asse» (parola che, come è noto, non appariva fino ad oggi nel vocabolario del Fiihrer) appare anch'essa di particolare importanza.

Sintomatico il silenzio nei confronti della Cecoslovacchia. E anzi, la ripetuta affermazione che la Germania, per quanto pacifica, è disposta sempre ad accorrere in aiuto di fratelli tedeschi oppressi è densa di significato ed ha subito suscitato, in questi ambienti diplomatici, viva impressione.

Le voci della possibilità di un plebiscito generale in Germania contemporaneo a quello dell'Austria, sono state senz'altro confermate. Il Reichstag attuale viene sciolto ed il lO aprile in tutto il territorio del Reich sono indette le elezioni per i rappresentanti della nuova, grande Nazione tedesca. Allegato il testo completo dei discorsi pronunciati dal Cancelliere e dal Maresciallo Goring, pubblicato dal Deutsches Nachrichten Bureau 1•

368 1 Non rintracciato. La parte relativa alla politica estera e alla difesa del discorso pronunciato il

370

L'AMBASCIATORE A MOSCA, ROSSO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. RISERVATO 1255/488. Mosca, 19 mar::o 1938 (per. il 28).

Miei telegrammi nn. 40 1 , 4 J2 e 42 3 del 17 e 18 corrente.

L'iniziativa presa da Litvinov col proporre ad un certo numero di Potenze l'esame urgente delle «misure pratiche» per un'azione comune contro l'aggressione deve essere messa in relazione con il conflitto polacco-lituano, che ne è stato

370 1 Vedi D. 348. 370 2 Vedi D. 348. nota l. 370 ' T. 1631/42 R. del 18 marzo. Riferiva su alcune risposte date da Litvinov nella conferenza stampa di cui al D. 348. Il Commissario del Popolo aveva dichiarato, tra l'altro, che in caso di aggressione alla Cecoslovacchia l'U.R.S.S. avrebbe agito in conformità ai patti in vigore. regolandosi secondo l'azione francese. Litvinov, inoltre, aveva escluso che alla progettata conferenza potessero essere invitati degli Stati aggressori come la Germania ma si era dichiarato favorevole alla partecipazione del Giappone. «Alla luce di queste risposte -concludeva l'ambasciatore Rosso--appare evidente che mossa Litvinov rappresenta estremo tentativo di promuovere movimento verso sicurezza collettiva ma che U.R.S.S. non ha alcuna intenzione di agire da sola».

-a mio avviso -la principale causa determinante. Questa mia convinzione è fondata fra l'altro su talune circostanze di fatto che ho potuto appurare e che mi sembrano abbastanza significative.

Come riferii col mio telespresso n. 1200/478 4 Litvinov metteva in circolazione la notizia dell'ultimatum polacco alla Lituania fin da martedì scorso, 15 corrente, quando cioè l'ultimatum non era ancora presentato a Kaunas. Il mio collega di Polonia mi ha informato confidenzialmente che il giorno stesso egli aveva avuto con Litvinov una lunga conversazione dalla quale traeva l'impressione molto netta che il governo sovietico, pur essendo vivamente preoccupato per la situazione sorta al confine polacco-lituano, non sarebbe intervenuto attivamente a favore della Lituania.

Il giorno seguente, mercoledì 16, il ministro di Lituania, Baltrusaitis, ritornava a Mosca da un rapidissimo viaggio a Kaunas e si recava immediatamente a conferire con Litvinov. L'indomani Litvinov convocava i giornalisti esteri al Narcomindiel e nelle prime ore del pomeriggio faceva loro le note dichiarazioni.

Da questa successione di fatti mi pare lecito riferire che il governo sovietico, non giudicando prudente di incoraggiare una resistenza ad oltranza della Lituania, abbia cercato di mascherare la propria passività dietro l'appello alle Potenze, volendo forse con ciò far intendere anche a certi circoli politici francesi di destra che senza un piano di «azione comune» l'U.R.S.S. non sarebbe stata in grado di portare all'occorrenza il suo aiuto militare alla Cecoslovacchia.

In questi ambienti tedeschi si è affermato che l'iniziativa di Litvinov sarebbe stata suggerita da Parigi, ciò che io non sono in grado di controllare. Ispirato o meno, è verosimile che l'appello sovietico per un'azione collettiva abbia risposto ai desideri del nuovo Presidente del Consiglio francese e specialmente del ministro degli Affari Esteri Pau! Boncour. È anche probabile che uno degli obiettivi della iniziativa di Mosca sia stato quello di incoraggiare le correnti inglesi ostili aJla politica di Chamberlain. È mia impressione però che la principale causa determinante sia stata, come ho già detto, il conflitto polacco-lituano, il quale ha fatto sentire molto vicina la minaccia degli avversari dell'U.R.S.S. Non osando intervenire da sola, Mosca ha fatto un nuovo tentativo per mettere in movimento il meccanismo dell'azione collettiva.

Pur dovendo supporre che l'agenzia Tass abbia telegrafato anche a Roma il testo delle dichiarazioni fatte da Litvinov alla stampa, credo utile trasmettere qui acclusa la traduzione letterale del comunicato pubblicato al riguardo dai giornali di ieri 5 .

La prima parte del documento non contiene nuJla di nuovo o di particolarmente interessante, non essendo che la ripetizione degli argomenti già fatti valere tante volte da Litvinov a Ginevra per dimostrare che l'unica salvaguardia efficace deJla pace europea e mondiale consiste neJla organizzazione di un sistema di sicurezza collettiva basato sull'impegno di intervento contro gli aggressori.

Neanche la parte conclusiva però contiene alcunché di preciso sotto forma di proposte concrete. Litvinov in sostanza, dopo aver dichiarato che l'U.R.S.S. è sempre disposta a partecipare ad azioni concordate in comune per arrestare l'aggres

sione, si limita a dire che il governo sovietico «è pronto a procedere immediatamente insieme alle altre Potenze, nell'ambito della S. d. N. oppure fuori di essa all'esame delle misure pratiche dettate dalle circostanze».

Merita di essere rilevato che per la prima volta Litvinov contempla delle consultazioni internazionali per l'azione collettiva anche fuori di Ginevra, ciò che nel caso attuale si spiega col desiderio sovietico di guadagnare l'adesione degli Stati Uniti.

Non so se nella comunicazione che i rappresentanti diplomatici dell'U.R.S.S. hanno avuto l'istruzione di fare ai governi esteri siano state avanzate proposte più precise circa la convocazione della conferenza che dovrebbe esaminare le «misure pratiche» contemplate dal governo sovietico. Interrogato su questo punto dai giornalisti, Litvinov non ha dato spiegazioni, come pure non ha precisato a quali Potenze egli aveva rivolto l'invito. Ha detto soltanto che non vedeva l'utilità pratica di indirizzarsi ai «Paesi aggressori», ed ha anche lasciato capire chiaramente che il passo era destinato essenzialmente a Londra, Parigi e Washington.

Col mio telegramma n. 42 ho segnalato, sulla base di informazioni fornitemi da giornalisti amici, alcune delle risposte date da Litvinov a vari quesiti postigli dai rappresentanti della stampa estera. La più interessante e significativa mi sembra essere quella relativa alla Cecoslovacchia. Richiesto di dire se l'U.R.S.S. sarebbe intervenuta militarmente nel caso si verificasse un'aggressione del territorio cecoslovacco, il Commissario del Popolo ha risposto che «il governo sovietico avrebbe esaminato il casus foederis e si sarebbe conformato ai patti in vigore: si sarebbe cioè consultato con la Francia e si sarebbe regolato a seconda dell'atteggiamento francese».

Da questa e dalle altre dichiarazioni si può concludere che, né per la Cecoslovacchia, né per la Lituania l'Unione Sovietica è decisa per il momento ad agire da sola.

369 1 Non pubblicato.

370 4 Telespresso 1200/478 del 16 marzo, il cui argomento è qui indicato. Dal comportamento di Litvinov, l'ambasciatore Rosso aveva tratto l'impressione che l'incidente polacco-lituano interessasse il governo sovietico molto più dell'Anschluss. che dal punto di vista di Mosca aveva il grande vantaggio di allontanare il centro dell'agitazione europea dalle frontiere dell'U.R.S.S. 370 5 Non pubblicata.

371

IL CONSOLE GENERALE A VIENNA, ROCHIRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. 15851178. Vienna, 19 marzo 1938 (per. il 22).

Calmati i clamori delle dimostrazioni per la visita del Fiihrer 1 , la capitale austriaca ha ripreso un aspetto più tranquillo. Le bandiere nazionalsocialiste sventolanti dai balconi, i bracciali con la croce uncinata e i distintivi di partito portati dalla quasi totalità della popolazione ed affissi sui negozi, sulle automobili, ecc., dànno alla città un volto nuovo determinato da grande storico evento prodottosi il 13 marzo. Ma a parte tale elemento esteriore non vi è dubbio che alla precedente eccitazione ed animazione è subentrato un senso di maggiore calma e la vita potrebbe dirsi normale, se non si fossero verificati e non continuassero a verificarsi vari incidenti ed eccessi

428 che tengono in orgasmo vasti strati della popolazione. Intendo specialmente accennare alle persecuzioni contro gli ebrei, che sin dal primo giorno della vittoriosa affermazione nazionalsocialista, si sono verificate in forma illegale, ma in taluni casi con aperta tolleranza da parte delle Autorità incaricate di mantenere l'ordine pubblico.

Tutti i giornali stranieri hanno accennato, spesso con esagerazioni, a tali eccessi e perciò non occorre che ne faccia un'estesa narrazione. Sequestri illegali o furti di automobili, saccheggi di negozi, irruzioni notturne in case di ebrei con estorsione di forti somme, arresti arbitrari hanno avuto luogo su scala piuttosto vasta. Le Autorità di pubblica sicurezza hanno immediatamente cercato di opporre riparo a tali abusi, che in alcuni casi sono stati compiuti da bande di comunisti indossanti uniformi naziste; ma non vi sono completamente riuscite. Agli atti di violenza organizzati da privati sono da aggiungere quelli regolarmente eseguiti da agenti della Gestapo che hanno perquisito le case di ebrei compromessi politicamente o sospetti di traffico di valute, arrestandone un gran numero. Ciò ha prodotto un vero panico fra gli israeliti che temono aggressioni nelle strade e si sentono malsicuri nelle loro case: essi vorrebbero lasciare il Paese, ma spesso incontrano delle difficoltà (giacché si vuole evitare che coloro i quali hanno esportato valute possano tranquillamente servirsene all'estero); si sono verificati anche numerosi casi veramente pietosi di suicidi. Anche alcuni ebrei della colonia italiana hanno subito degli attacchi o requisizioni, ecc.; ma rilevo con piacere che in tutti i casi verificatisi, questo consolato ha trovato pronto e completo appoggio da parte delle locali Autorità; ed anzi gli stessi aggressori spesso, appena saputo trattarsi di un suddito italiano, si sono ritirati. Non sono naturalmente esenti da misure di rigore, anche degli elementi fedeli al vecchio regime, oppure indiziati di aver svolto attività legittimista.

Le difficoltà in cui si trova l'Autorità di pubblica sicurezza sono aumentate pel fatto che la polizia viennese è stata quasi completamente esautorata, e che la polizia germanica (Gestapo, Schupo, S.S.) per quanto numerosissima non è naturalmente riuscita ancora a sostituirsi all'austriaca per mancanza di conoscenza dell'ambiente e per la differenza di legislazioni e sistemi.

A parte le suaccennate persecuzioni, che si spiegano con l'odio accumulato in questi ultimi anni nell'animo dei nazionalsocialisti, i quali hanno avuto negli ebrei i loro principali nemici ed ora procedono alle loro vendette, bisogna dire che non è da segnalarsi alcun altro turbamento dell'ordine pubblico; sicché, quando saranno cessati gli eccessi surriferiti ~che già tendono a diminuire~ la vita della capitale austriaca potrà dirsi normale e la tranquillità completa.

371 1 Su la visita di Hitler in Austria aveva già riferito (con telcspresso 1046/601 del 16 marzo) il ministro Ghigi. che aveva sottolineato le accoglienze entusiastiche ricevute dal Fiihrer: «Le giornate viennesi del Fiihrer si sono svolte in un'atmosfera di vibrante entusiamo. Tutta la città era adorna di bandiere naziste. I militari tedeschi e i molti ospiti venuti dalla Germania sono stati pure accolti con grandi acclamazioni. Enormi masse di popolo hanno tributato al Capo del Rcich entusiastiche manifestazioni di omaggio. le quali anticipano chiaramente l'esito totalitario del plebiscito indetto per il IO aprile».

372

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, AGLI AMBASCIATORI A BERLINO, ATTOLICO, E A LONDRA, GRANDI, E ALL'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, PRUNAS

T. S.N.D. URGENTE 260/c. R. Roma, 20 marzo 1938, ore 17.

Questa mattina l'ambasciatore di Gran Bretagna mi ha chiesto urgente udienza e mi ha consegnato un appunto che suona così: «Forti voci stanno diffondendosi in Inghilterra nel senso che aeroplani italiani stanno giuocando un ruolo sempre maggiore nei bombardamenti di Barcellona il che determina l'orrore nel nostro Paese. Se niente può venir fatto per neutralizzare tali voci io temo che si creerà quanto prima un'atmosfera tale da rendere difficile la continuazione delle conversazioni. Può il governo italiano fare qualche cosa per provare che lo sforzo italiano non è stato intensificato in Spagna?».

A complemento di quanto è contenuto nell'appunto, lord Perth mi ha detto che la posizione del governo di Chamberlain è stata resa particolarmente delicata in questi ultimi giorni dalla realizzazione dell' Anschluss e dalle offensive terrestri ed aree in Spagna. Bisogna aggiungere inoltre che il governo francese fa pressioni sul governo britannico onde farlo aderire al principio di aiutare apertamente il governo rosso di Barcellona. Lord Perth ha aggiunto che il governo britannico si oppone nettamente a tale tentativo ma che evidentemente il diffondersi di notizie relative all'azione italiana e particolarmente ai bombardamenti aerei di città aperte rafforzano il gruppo di coloro che si mostrerebbero inclini ad accettare la richiesta francese.

Ho risposto a lord Perth quanto segue:

l) Barcellona essendo la capitale della Spagna Rossa nella quale Autorità politiche e militari svolgono la loro attività, ed essendo inoltre, come risulta dagli stessi comunicati del governo rosso, fortemente munita di sistemi anti-aerei, non può venir qualificata città aperta.

2) Indipendentemente da quanto precede, dovevo far rilevare all'ambasciatore di Gran Bretagna che l'iniziativa e la direzione delle operazioni non spetta a noi bensì al governo di Franco. Noi ci siamo limitati a fornire alla Spagna i mezzi e a lasciar partire i volontari. Possiamo al massimo far conoscere i nostri consigli ed usare una influenza moderatrice: ma non modificare la condotta della guerra decisa unicamente dal Generalissimo. Per quanto è nostro potere cercheremo di far cessare le azioni deplorate dal governo britannico.

3) È falso che l'Italia abbia intensificato i suoi aiuti alla Spagna Nazionale in questi ultimi tempi. È vero invece il contrario e cioè che, né uomini né mezzi sono più stati inviati in Spagna da quando abbiamo assunto impegni in tal senso. Specificatamente poi posso documentare che dall'inizio delle nostre conversazioni con l'Inghilterra niente è più partito dall'Italia per la Spagna Bianca. Sta di fatto che oggi il nostro Corpo Volontario conta effettivi minori di circa il quaranta per cento di quanto non ne contasse lo scorso anno in questa stessa epoca. Questo perché non abbiamo rimpiazzato quegli elementi che la guerra ha eliminato con la sua costante usura.

4) Ciò premesso ho richiamato nel modo più formale l'attenzione dell'ambasciatore britannico sul pericolo rappresentato da un eventuale intervento ufficiale della Francia nelle cose di Spagna. Qualora questo dovesse venire realizzato il governo italiano non mancherebbe di adottare subito e con ogni fermezza le misure del caso. Si derminerebbe certamente una gravissima situazione della quale fin d'ora noi dobbiamo segnalare i pericoli.

(Per Londra) Tanto comunico a V.E. per opportuna sua conoscenza ed eventuale norma di linguaggio con codesto governo.

(Per Parigi) Tanto comunico a V.S. per sua opportuna conoscenza e la prego di voler seguire da vicino l'attività di codesto governo riferendo opportunamente. (Per Berlino) Di quanto precede V. E. voglia dare notizia a codesto governo 1•

373

L'AMBASCIATORE PRESSO LA SANTA SEDE, PIGNATTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S.N.D. PER CORRIERE 1693/13 R. Roma, 20 marzo 1938 (per. il 21 ).

Mio telegramma per corriere del 19 corrente n. 12 1•

Il cardinale Segretario di Stato, presi gli ordini dal Papa, mi ha data la seguente risposta scritta: «La Santa Sede, facendo le debite riserve su vari apprezzamenti, a suo giudizio, infondati, ha preso volentieri atto della comunicazione circa l'asserita disposizione del signor Cancelliere del Reich di addivenire al ristabilimento della pace religiosa in Germania.

La Santa Sede, pur non essendo insensibile all'intenzione di sospendere i processi, i quali hanno prodotto nella pubblica opinione effetti sfavorevoli anche nell'interesse del Reich, fa però notare che i punti fondamentali per raggiungere quel fine, anche da essa vivamente desiderato, sono i seguenti:

l) educazione della gioventù e libertà del ministero pastorale;

2) organizzazioni di Azione Cattolica;

3) cessazione della campagna anticattolica e diritto dei cattolici a difendersi

pubblicamente; 4) risposta alle molte note della Santa Sede in materia concordataria, le quali sono rimaste senza riscontro; ovvero sollecita designazione di persona di mutua fiducia e di comune gradimento, incaricata di trattare.

Si è grati al maresciallo Gèiring per il suo interessamento in questa materia e si ricorda con piacere la sua visita in Vaticano».

Il Segretario di Stato mi ha confermato verbalmente che, d'ordine del Pontefice, ha scritto giorni sono, direttamente al Duce per ringraziarlo del suo intervento a Berlino 2 . Egli rinnova ora i ringraziamenti del Pontefice al Duce e all'E.V.

Mi ha pure informato che le notizie riferite alla Santa Sede da persone provenienti dall'Austria non sono molto consolanti. Si dice che in Austria regna il terrore.

Ho fatto osservare al cardinale che bisogna guardarsi dal raccogliere notizie troppo interessate per essere sincere. Egli ha ammesso senza difficoltà che effettivamente conveniva astenersi da giudizi precipitati.

373 1 Vedi D. 365. 373 2 Vedi D. 339.

372 1 Si veda in proposito il D. 384.

374

IL MINISTRO A PRAGA, DE FACENDIS, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. 431/301. Praga, 20 marzo 1938 (per. il 24).

Mio telespresso n. 404/283 del 14 marzo corrente 1•

Col rapporto sopra citato riferivo a V.E. circa le prime ripercussioni deli'Anschluss sulla minoranza tedesca di Cecoslovacchia. Tali ripercussioni si sono frattanto considerevolmente sviluppate e vanno assumendo proporzioni sempre più degne di rilievo.

Data l'eccezionale importanza che in questo Stato ha la minoranza tedesca -così per la sua entità (coi suoi tre milioni e duecentomila membri essa è, più che una vera minoranza, la seconda popolazione di questo Stato plurinazionale, venendo bensì dopo i cechi ma prima degli slovacchi), come per il suo elevato livello culturale e la sua salda organizzazione politica -l'agitazione di questi tedeschi non poteva non riflettersi su tutto il Paese.

La cronaca della vita politica di questa settimana dà la misura della vasta e crescente influenza che l'annessione dell'Austria alla Germania è fatalmente portata a esercitare non solo sulla minoranza tedesca, ma anche sulle altre popolazioni di questo Stato, sulla politica interna cecoslovacca e per riflesso sulla sua politica estera.

Il trionfo del nazismo in Austria ha avuto naturalmente per immediata conseguenza un forte aumento della combattività e della forza di attrazione del partito dei tedeschi dei Sudeti.

Henlein, i cui aderenti in base alle risultanze delle elezioni politiche del 1935 rappresentano come è noto circa il settanta per cento della minoranza, ha approfittato dell'enorme impressione prodotta dagli avvenimenti per lanciare un vibrante appello ai tedeschi di Cecoslovacchia affinché accorrano compatti ad iscriversi al suo partito rivendicando a questo il diritto esclusivo a rappresentarli nella lotta per la difesa e la reintegrazione dei loro diritti.

Allo stesso tempo per sfruttare più efficacemente la situazione egli ha fissato un termine perentorio, il lo giugno, per la valida presentazione delle nuove domande di iscrizione.

L'appello di Henlein ha subito prodotto assai considerevoli risultati. La stampa riferisce che in tutte le regioni abitate dalla minoranza tedesca si nota una improvvisa eccezionale affluenza di domande di ammissione al partito dei tedeschi dei Sudeti. Tali domande nel solo distretto di Teplitz avrebbero raggiunto in quattro giorni la cifra di tremilacinquecento. La Zeit, organo di Henlein, informa che una notevole percentuale di tali domande proverrebbero da membri dei tre partiti

tedeschi che sono rappresentati al governo, e che diverse sezioni del partito agrario tedesco sarebbero passate al completo al partito dei tedeschi dei Sudeti.

L' Anschluss ha avuto poi la sua ripercussione sulla compagine del governo attraverso i tre piccoli partiti tedeschi che vi collaborano, cioè gli agrari, i cristiano-sociali e i socialdemocratici. Tali partiti, chiamati comunemente attivisti, attraverso le loro reazioni di questi giorni dimostrano di aver risentito assai duramente dei recenti avvenimenti in Austria.

Ciascuno di tali partiti ha sentito l'urgente bisogno di accentuare e sviluppare le proprie rivendicazioni a favore della minoranza tedesca.

Presso i socialdemocratici gli avvenimenti hanno precipitato lo scoppio di una crisi che covava da tempo in seno al partito tra i vecchi marxisti ortodossi e i giovani orientati verso un socialismo riformista e nazionale. Per comporre il grave contrasto che compromette la posizione del ministro dell'Igiene Pubblica, Czech, è stata preannunziata la convocazione di un congresso straordinario del partito.

I cristiano sociali hanno deciso di riesaminare la propria situazione in relazione ai «recenti avvenimenti che hanno destato fra i tedeschi di Cecoslovacchia una eco appassionata» e dichiarano che «faranno dipendere le loro decisioni dall'atteggiamento del governo in relazione ai problemi nazionali».

Gli agrari hanno addirittura fatto propri alcuni capisaldi del programma del partito di Henlein, quali la piena equiparazione giuridica dei tedeschi ai cechi e la concessione ai tedeschi dell'autonomia nazionale, e già si parla di una probabile prossima loro fusione col partito dei tedeschi dei Sudeti.

La risonanza destata dall'Anschluss fra questi tedeschi ha avuto anche la sua eco in Parlamento.

Alla Camera è fra tutti da segnalare il discorso pronunciato dal deputato del partito dei tedeschi dei Sudeti Enhuber, il quale per il suo carattere impetuoso e violento è stato ripetutamente interrotto e censurato. Dopo aver manifestata la vivissima soddisfazione di questi tedeschi per l'Anschluss e aver reclamata una radicale revisione della politica estera cecoslovacca «in modo da rendere sopportabili i rapporti con la Germania», egli ha asserito apertamente che «l'avvenire dello Stato dipende dalla riuscita degli sforzi che esso deve ormai fare per staccarsi dalla vecchia ideologia del 1919 e per riorganizzare la sua politica secondo l'esempio della Svizzera o del Belgio onde divenire per tutti i suoi popoli una vera patria sulla base dell'assoluta uguaglianza e trasformarsi in uno Stato assolutamente neutrale».

Sotto la pressione degli avvenimenti cd in presenza del fermento manifestato dai vari partiti tedeschi. il governo si è affrettato ad annunziare alcune nuove concessioni a favore della minoranza tedesca. Così la decisione di principio di trasformare in decreto ministeriale le promesse fatte solennemente il 18 febbraio 1937 per una ammissione dei tedeschi nei vari rami della pubblica amministrazione in misura proporzionale al rapporto demografico fra le popolazioni della repubblica (mio rapporto n. 262/190 del 29 febbraio 1937 2), così pure l'istituzione di una scuola superiore di commercio tedesca.

Contemporaneamente la stampa segnala l'intensa attività che attraverso numerosi colloqui coi capi dei partiti tedeschi attivisti questo Presidente del Consiglio sta spiegando al fine di conservare nel gabinetto gli attuali rappresentanti della minoranza tedesca.

La crisi in cui i recenti avvenimenti hanno precipitato i partiti attivisti tedeschi ha costretto il governo a rinviare sine die lo scambio di alcuni portafogli fra i principali partiti della coalizione governativa (mio telegramma per corriere n. 011 del 31 gennaio u.sV già deciso da qualche tempo e ripetutamente annunziato dalla stampa. In attesa di vedere chiarita la situazione nel campo attivista tedesco e di concludere le trattative già da tempo avviate col partito popolare slovacco (mio rapporto n. 300/217 del 28 febbraio u.s.) 4 , è stata per ora solo decisa l'ammissione nel gabinetto del partito dell'Unione Nazionale (destra), con la nomina del deputato Jezek a ministro per ora senza portafoglio 5 .

374 1 Riferiva che gli avvenimenti austriaci erano stati accolti con grande soddisfazione dai sudeti, anche per l'influenza che potevano avere sui rapporti tra il governo di Praga e la minoranza tedesca. Tuttavia i capi dei sudeti avevano tutti dichiarato di voler agire sul terreno della legalità. probabilmente perché da Berlino erano giunti dei richiami alla moderazione. Il documento ha il visto di Mussolini.

374 2 Non pubblicato.

375

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO

T. S.N.D. PER CORRIERE 268 R. Roma, 21 mar::.o 1938.

In relazione a quanto Ribbentrop ha detto a Magistrati a proposito di un possibile alleggerimento delle nostre posizioni militari in Libia 1 , Ribbentrop potrà essere rassicurato pienamente. Anzitutto le misure previste riguardano solamente le truppe e non gli altri apprestamenti militari (accasermamenti, depositi, ecc.). Inoltre, le possibili riduzioni di truppe saranno in ogni caso !ungi dall'indebolire a tutti i fini pratici le nostre posizioni in quel settore mediterraneo. Le truppe che attualmente vi si trovano rappresentano i contingenti previsti in caso di guerra. In caso di pace, un numero così forte non potrebbe avere altro scopo se non quello di esercitare una precisa pressione sull'Inghilterra con uno scopo determinato. Anche diminuite, le truppe saranno sempre mantenute a un livello adeguato all'importanza strategica e militare della Libia. Le riduzioni considerate --da operarsi progressivamente e ove non intervengano ragioni contrarie -lasceranno infatti sempre in Libia due Corpi d'Armata metropolitani più le forze indigene. Continueranno per contro e si accresceranno gli altri apprestamenti militari.

Per riassumere: non verrà modificato l'inquadramento militare della Libia, coordinato oramai nel sistema organico della difesa nazionale; ma gli effettivi, attualmente su piede di guerra, verranno ridotti ad organici di pace. Queste notizie hanno carattere confidenziale e sono riservate a Ribbentrop e al Fiihrer.

374 .i Non pubblicato. 374 4 Non pubblicato. 374 ' Il documento ha il visto di Mussolini. 375 1 Vedi D. 354.

376

IL MINISTRO A PRAGA, DE FACENDIS, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 1755/ ... R. Praga, 21 marzo 1938 (per. il 24).

Mentre altri piccoli o medi Stati già confinanti od ora confinanti con la Germania trovano nell'elasticità delle loro relazioni internazionali (che del resto tenevano più o meno conto della solidità dell'asse Roma-Berlino) elementi costruttivi di una politica aderente alla situazione creatasi con l' Anschluss, la Cecoslovacchia avverte oggi la sua situazione divenuta tragica e si affanna a cercare una via di salvezza che non troverà o troverà soltanto all'infuori della politica irrigidita finora su forze e principi rivelatisi inoperanti o inefficienti.

Ho più volte riferito come persistesse qui l'illusione che Roma potesse, in un avvenire più o meno lontano, mostrare maggior interessamento alla Cecoslovacchia se non altro in funzione della questione austriaca (ancora mesi addietro Benes nella opaca cristallizzazione delle sue idee affermava a qualche collega che l'Italia non avrebbe mai ceduto nella questione austriaca). Il decisivo collaudo dell'Asse si concreta invece per queste classi dirigenti nella constatazione che nessun aiuto neppure indiretto dovrà la Cecoslovacchia attendersi dall'Italia contro la potente pressione interna ed esterna della Germania.

Il lavorio diplomatico della cancelleria cecoslovacca in questi giorni è stato ed è intensissimo. Benes mette in moto tutte le sue risorse ufficiali e personali, invoca gli alleati e li minaccia di diserzione, si appella alle democrazie e scuote la massoneria, evita ogni provocazione alla Germania e blandisce l'Ungheria; ma l'orgasmo permane nel Paese che vive sotto l'incubo del suo «turno». Il tabù britannico è fallito: l'Inghilterra non assume impegni per la Cecoslovacchia, disillusione quanto mai penosa dopo che Praga aveva tutto immolato all'amicizia e all'attesa protezione della «potente» Inghilterra; i commenti al riguardo sono assai amari anche se non si osa disperare.

Si plaude ad alta voce alla Francia che promette la guerra per la Cecoslovacchia, ma sommessamente si chiede se l'inerzia del 7 marzo 1936 e il seguito delle inefficienti proteste cartacee di Parigi possano veramente rassicurare. Si pensa che la Francia ancora sana nel suo esercito saprebbe sorgere in piedi e difendersi se aggredita direttamente, ma si dubita che il pacifismo possa commuoversi fino a scatenare una conflagrazione per un interesse indiretto come è quello rappresentato dalla Cecoslovacchia.

Il tragico sfacelo interno dell'U.R.S.S. va da tempo distruggendo anche qui ogni illusione sulla vantata efficienza militare sovietica. Queste sfere politiche sono costrette ad ammettere che Stalin non vuole la Russia in armi che potrebbe significare la sua fine. Il conflitto polacco-lituano ne ha dato tempestivamente una prova.

A tale bilancio fallimentare di politica estera fa riscontro quello non meno fallimentare di politica interna (mio telespresso n. 431/30 l del 20 corrente 1 sulle

ripercussioni degli avvenimenti austriaci fra la minoranza tedesca e telegramma per corriere n. 5 del R. console in Bratislava sulla situazione in Slovacchia e Rutenia)l.

Quanto all'atteggiamento della Germania, il discorso del Fi.ihrer al Reichstag', in cui la Cecoslovacchia non è stata neppure nominata, fa qui ritenere poco convincente il tentativo di prestare, con l'assistenza inglese, valore duraturo alle assicurazioni date da Goring al momento della marcia su Vienna.

La Cecoslovacchia gioca ora le sue ultime carte a base di intrigo antigermanico e, ripetendo un vecchio motivo ricattatorio, dice agli amici ed alleati che, ove abbandonata a se stessa, potrebbe indursi a mutare rotta radicalmente. Nell'attuale evidente disorientamento di questi dirigenti non è ancora dato di capire a che cosa ciò dovrebbe

o potrebbe portare. Il R. addetto militare mi riferisce che negli ambienti dello Stato Maggiore si fa sempre più strada l'idea di rompere con Mosca e virare decisamente verso Berlino. Registro ad ogni buon fine che questa stessa idea in altri ambienti viene basata sulla supposizione che possa convenire alla Germania di avere nella sua orbita di influenza la Cecoslovacchia nella presente compagine territoriale e di razze, anziché di provocare col suo sfasciamento il rafforzamento ed il congiungimento di Stati come la Polonia e l'Ungheria, i quali potrebbero domani costituire il perno centro-europeo di un sistema antipangermanista.

376 1 Vedi D. 374.

377

L'UFFICIO TERZO DELLA DIREZIONE GENERALE AFFARI D'EUROPA E DEL MEDITERRANEO AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

APPUNTO. Roma. 21 marzo 1938.

Compagnia del Canale di Sue::.. La Francia ha il controllo finanziario ed amministrativo della Compagnia del Canale di Sucz. Il 60°;(, circa delle azioni della Compagnia è suddiviso fra Società francesi (banche, compagnie di navigazione, ecc.). Il governo britannico possiede il 40'/,, delle azioni.

L'Italia ha raggiunto, nei traffici attraverso il Canale, il secondo posto. dall'anno I 935 in poi. Nel 1937 il traffico nel Canale è così suddiviso:

Gran Bretagna 46,5%, Italia 20%, seguono Germania, Olanda e Francia.

La posizione materiale e morale dell'Italia nella Compagnia è del tutto sproporzionata all'importanza dei nostri traffici attraverso il Canale ed alla posizione politica dell'Italia nel Mediterraneo e nel Mar Rosso.

Nessun italiano fa parte del Consiglio d'Amministrazione della Compagnia, né copre cariche direttive: pratiche ufficiose condotte nel passato, a varie riprese, per ottenere che un italiano entrasse a far parte del Consiglio d'Amministrazione della Compagnia, hanno sempre avuto esito negativo.

Attualmente il Consiglio d'Amministrazione della Compagnia si compone di 32 membri, di cui 19 francesi, lO inglesi, 2 egiziani ed l olandese. I due Ammini

376 3 Del 18 marzo, vedi D. 369.

stratori egiziani sono entrati recentemente nel Consiglio, in base ad accordi fra la Compagnia ed il Governo del Cairo. Accordi analoghi potrebbero venire conclusi con l'Italia; ma occorrerebbe evidentemente il consenso dei Governi di Londra e di Parigi.

Tariffe. È stato più volte affermato e sostenuto che il Canale dovrebbe essere considerato una via di transito d'interesse pubblico internazionale e che le tasse da pagarsi dovrebbero essere limitate alle necessità della manutenzione.

Di fatto la Compagnia (la cui concessione scade nel 1969) pure essendosi rimborsata più volte interamente il capitale, continua ad imporre elevate tariffe ed a ripartire lauti dividendi (franchi 552.870.873 nel 1935).

I vari tentativi fatti dalle Compagnie di Navigazione italiane ed estere, d'accordo anche con quelle britanniche, per ottenere sensibili riduzioni delle tariffe non hanno dato risultati apprezzabili soprattutto per l'atteggiamento negativo sinora mantenuto dalla Tesoreria britannica che -come detto -possiede il 40°1<, delle azioni della Compagnia 1•

376 2 Vedi D. 367.

378

IL CONSOLE GENERALE A VIENNA, ROCHIRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. 1628/181. Vienna, 21 mar:::o 1938 (per. il 24).

Come è stato a suo tempo annunziato da un comunicato dell'agenzia ufficiale germanica, il cardinale Innitzer ha reso visita il 15 corrente al Fiihrer all'Albergo Imperiale e gli ha espresso la sua gioia per la riunione dell'Austria tedesca con il Reich e la volontà dei cattolici d'Austria di collaborare attivamente all'opera di ricostruzione tedesca.

Il gesto del cardinale arcivescovo di Vienna ha evidentemente una importanza grandissima, sia per quanto riguarda i rapporti tra il cardinale ed il Vaticano, sia per la ripercussione che esso ha avuto ed avrà sulla popolazione dell'intera Austria, sia infine per i rapporti futuri tra le Autorità civili e religiose in Austria.

È qui opinione comune -e le informazioni da me assunte al riguardo lo confermano pienamente -che la visita del cardinale abbia avuto luogo senza il previo consenso delle Autorità vaticane, le quali anzi non avrebbero affatto approvato l'atto di omaggio reso al Fuhrer nella stessa Vienna, all'indomani della proclamazione dell'annessione, che aveva violentemente annullato lo Stato federale cristiano retto dal Presidente Miklas e dal Cancelliere Schuschnigg, entrambi ligi e devoti alla Santa Chiesa e mentre quest'ultimo era tenuto sotto vigilanza speciale e minacciato di un processo per tradimento e gli arcivescovi di Salisburgo e Graz venivano sorvegliati e maltrattati.

Secondo le surritèrite informazioni, il Vaticano, infatti, potrà per necessità politica riconoscere il fatto compiuto -il nunzio lascerà probabilmente Vienna tra breve -ma dal punto di vista religioso intende mantenere tutte le sue posizioni di lotta e di resistenza alla politica anticattolica nazionalsocialista. E pertanto il gesto del cardinale Innitzer è ritenuto contrario allo spirito che anima gli ambienti vaticani.

Uscendo dall'Albergo Imperiale il cardinale fu accolto dalla gran folla-che si era radunata in attesa di acclamare il Fiihrer -con tìschi ed insulti; potrebbe perciò dirsi che egli si è reso «a Dio spiacente ed ai nemici sui».

La gran massa della popolazione cattolica di Vienna è rimasta alquanto disorientata; tuttavia è innegabile che la visita -nonostante le critiche ed i commenti che ha suscitato ---ha nel complesso segnato ai cattolici una direttiva cd ha contribuito grandemente ad attutire le divisioni degli animi aumentando il successo su tutta la linea ottenuto da Hitler.

L'atteggiamento del cardinale si spiega anzitutto col fatto che egli non è un temperamento di lottatore; e poi anche con le sue tendenze moderniste. Egli infatti appartiene alla associazione cattolica modernista Neuland di cui fanno parte anche il Wolff (ministro degli Esteri per due giorni) e, a quanto mi si assicura, il Seyss-Inquart.

Il cardinale Innitzcr forse spera che un atteggiamento conciliativo potrà valere a rendere meno spinose le questioni di carattere politico-religioso, che non mancheranno di sorgere in Austria. II prossimo avvenire dirà se la sua non è un'illusione.

377 1 Sul documento vi è la seguente annotazione: «Non è il caso di parlarne ora. Niente quindi. né per la Compagnia, né per le tariffe. S.E. il Ministro 23/3 D[e Peppo]>>.

379

L'AMBASCIATORE A LONDRA, GRANDI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S.N.D. PERSONALE 1729/259 R. Londra. 22 mar::o 1938. ore 21.37 (per. ore 1.15 del 23).

Ieri mi sono incontrato a due riprese, nella mattinata e nel pomeriggio con nota persona (B) 1 la quale aveva ricevuto istruzioni da (C) 2 di intrattenermi confidenzialmente sulla situazione. Ti ho comunicato per telefono iersera" le mie prime impressioni e mi riservo dopo il colloquio che avrò oggi con Halifax di telegrafarti di nuovo 4 .

Le direttive della politica di Chamberlain nei riguardi dell'Italia rimangono immutate. Però non (dico non) è da sottovalutare lo stato di ansia e disorientamento che, in conseguenza recenti avvenimenti austriaci e di quelli spagnoli, è andato diffondendosi (particolarmente in questi ultimi giorni dopo il bombardamento di Barcellona) fra le file dei sostenitori di Chamberlain. Quest'ultimo, che sta battendosi con un'abilità e con un coraggio di cui bisogna dargli atto, è in una situazione

379 2 Chamberlain. 379 1 Nel Diario di Ciano c'è, sotto la data del 21 marzo. la seguente annotazione in proposito: «Grandi telefona da Londra che la manovra intorbidatrice è assai forte ma che Chamberlain tiene saldo». 379 4 Si veda il D. 381.

parlamentare che è divenuta ora delicata e difficile. Ciò, non tanto per gli attacchi violenti dell'opposizione laburista, quanto per l'attitudine subdola dei conservatori di sinistra (capeggiata da Churchill e da Eden) i quali cercano di profittare dei recenti avvenimenti per seminare la sfiducia sulla politica di Chamberlain e di provocare una crisi nella direzione del Partito Conservatore e conseguentemente nel governo.

379 1 Joseph Bali.

380

L'AMBASCIATORE A LONDRA, GRANDI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S.N.D. PERSONALE 1740/260 R. Londra, 22 marzo 1938, ore 21,37 (per. ore 1.30 del 23).

Ti ho informato a Roma 1 di un messaggio confidenziale ricevuto a Roma da

(B) 2 , il quale mi accennava alla possibilità di un incontro tra Chamberlain e il Duce.

Come ti dissi, l'idea era la seguente: Chamberlain si sarebbe recato in occasione della prossima Pasqua in una località della Svizzera da dove si sarebbe potuto spostare in territorio italiano vicino al confine per incontrare il Duce.

Durante la conversazione di ieri con (B) si è riparlato nuovamente di tale possibilità sempre, naturalmente, nella eventualità che, prima di Pasqua l'accordo italo-inglese sia concluso, presentato al mondo come fatto compiuto e che la situazione internazionale renda possibile una assenza di Chamberlain dall'Inghilterra.

Io mi sono tenuto sulle generali.

Per mia norma di condotta nei miei contatti riservati e confidenziali ti sarei grato di farmi conoscere se l'idea di un incontro tra il Duce e Chamberlain si presenta possibile oppure debba esser lasciata cadere 1 .

381

L'AMBASCIATORE A LONDRA, GRANDI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 1742/262 R. Londra, 22 marzo 1938, ore 21.37 (per. ore 3,35 del 23).

Mi sono recato stamane al Foreign Office a trovare lord Halifax per la consueta ripresa di contatti al mio ritorno da Roma.

380 2 Joseph Bali. 380 ·1 Con T. 272/59 R. del 24 marzo, Ciano rispondeva: «Idea di un incontro deve essere per ora lasciata cadere. Duce ritiene che eventualmente un incontro potrebbe aver luogo, non solo dopo raggiunto accordo, ma dopo che accordo medesimo sia stato collaudato da congruo periodo di tempo e di esperienza>>. La minuta del telegramma è autografa di Ciano.

Halifax mi ha accolto con un'amichevole e franca cordialità alla quale due anni di rapporti con suo predecessore mi avevano interamente disabituato. La conversazione si è mantenuta sulle linee generali.

Halifax ha preso lo spunto dagli avvenimenti che hanno portato alle dimissioni di Eden per ricostruire, sulla base delle discussioni che ebbero luogo tra me e Eden nelle settimane precedenti alla crisi, alcuni elementi tuttora non perfettamente chiari in quella che è stata la condotta di Eden, la quale cosa io ho fatto naturalmente molto volentieri.

Halifax è venuto poi a parlare delle conversazioni di Roma Ciano-Perth e mi ha detto che il Primo Ministro ed egli stesso erano soddisfatti dell'andamento favorevole e del progresso di tali conversazioni. Queste conversazioni hanno dimostrato-Halifax ha continuato-che Chamberlain aveva ragione e che bisognava infrangere il cerchio di pregiudizi e di malintesi pericolosi e artificiosi fra i due nostri Paesi e risolutamente cercare terreno favorevole intesa. «Chamberlain ha effettuato politica di responsabilità e di coraggio che io --ha continuato Halifax sono lieto e orgoglioso di condividere sino all'ultimo con tutti i rischi di politica interna che tale nuovo orientamento della politica estera britannica comporta per la persona di Chamberlain e per quelli che lo sostengono. Noi abbiamo fiducia nella parola di Mussolini: sulla fiducia che noi abbiamo in Mussolini noi abbiamo puntato le sorti del governo conservatore. Siamo certi che non saremo delusi. Ciò che noi domandiamo al Duce è di rendersi conto delle nostre difficoltà, che non sono davvero lievi, ma che riusciremo a vincere. Noi ci rendiamo conto da parte nostra delle sue difficoltà e gli domandiamo di avere in noi la stessa fiducia noi riponiamo in lui e nella sua azione politica».

Ho dichiarato a Halifax che questi erano gli stessi sentimenti del Duce, confermati da S.E. Ciano, e che tanto Chamberlain quanto Halifax potevano fidarsi assolutamente e ciecamente della parola del Duce.

Halifax si è quindi addentrato a parlarmi del contenuto delle conversazioni di Roma e particolarmente del punto relativo questione Spagna. «Chamberlain ha detto Halifax -ha dovuto davanti ai Comuni assumere impegno preciso che un accordo con l'Italia sulla base riconoscimento Impero avrebbe contemporaneamente portato alla soluzione della questione spagnola. Il governo italiano ha lealmente accettato la formula britannica sui volontari.

Il governo britannico da parte sua ha sempre inteso e intende riferirsi ai volontari delle due parti. È chiaro che non si può domandare all'Ttalia di ritirare suoi soldati se altri Paesi non fanno altrettanto. Nell'attesa che ciò avvenga è perfettamente naturale che generale Franco si avvalga per le sue operazioni di guerra dei volontari italiani. Purtroppo questo non è capito in Francia, dove la formula britannica nella questione dei volontari non si voleva legata al ristabilimento del controllo, il quale non (dico non) è stato ancora accettato. Si sta cercando di convincere i francesi a non fare ulteriori difficoltà e permettere al Comitato di riprendere suoi lavori e adottare decisioni risolutive. Questa situazione purtroppo rischia di ripercuotersi come possibile elemento di ritardo nella conclusione formale delle trattative di Roma, che Chamberlain per ragioni ovvie desidera invece definire il più rapidamente possibile. Lord Perth è stato da me incaricato di spiegare ciò nella forma dovuta al conte Ciano e sarò grato se voi farete altrettanto. È sperabile che nel frattempo questione spagnola -ha concluso Halifax-si risolva: come sembra, da sé».

Ho risposto che avrei informato conte Ciano di quanto egli mi diceva. Ma che, senza voler anticipare quello che il mio ministro avrebbe detto a Perth, mi sembrava troppo evidente che manovra ostruzionista francese fosse diretta esclusivamente a impedire o ritardare conclusione accordo anglo-italiano. Non bisognava quindi prestarsi a questa manovra.

Halifax ha replicato che era effettivamente così ma che non tanto manovra francese quanto situazione parlamentare alla Camera dei Comuni doveva essere presa in considerazione. «Anche questa difficoltà -ha soggiunto Halifax -sarà tuttavia al momento opportuno superata da Chamberlain e nel frattempo conversazione Ciano-Perth proseguirà in modo preparare e raggiungere su tutti i punti accordo definitivo».

Prima di !asciarci, Halifax mi ha accennato all'emozione causata in Inghilterra dai bombardamenti aerei di Barcellona e mi ha detto che ove Duce e V.E. potessero svolgere loro autorità e influenza su Franco perché tali bombardamenti cessassero, ciò aiuterebbe assai Chamberlain a vincere difficoltà di questi giorni. Halifax ha soggiunto che con ciò egli non intendeva affatto limitare il campo delle operazioni militari di Franco ma solo accennare discretamente alle ripercussioni che i bombardamenti aerei hanno avuto e stanno avendo nel pubblico britannico.

380 1 Dove Grandi si era recato per le riunioni del Gran Consiglio del Fascismo del 10-12 marzo.

382

L'INCARICATO D'AFFARI A BUDAPEST, FORMENTINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 1761/30 R. Budapest, 22 marzo 1938 (per. il 24 ).

Mio telegramma per corriere n. 029 del 15 marzo u.s. 1

Nelle sfere militari, in generale, si pensa che con l'incorporazione dell'Austria al Reich una situazione del tutto nuova si è venuta a creare nel rapporti militari ungaro-germanici. La Germania con l'acquisto dell'ex frontiera austro-cecoslovacca può serrare quest'ultima in una tenaglia con le proprie forze ed avrà quindi molto meno bisogno della cooperazione ungherese nella eventualità di una futura azione contro quello Stato. Non si conoscono del resto, come ho già riferito, i reali propositi del Reich circa un'eventuale futura cessione di territorio cecoslovacco all'Ungheria e qualcuno già avanza l'idea che esso pensi di mettere le mani sopra Presburgo (Bratislava) che rappresenta un punto strategico di primaria importanza. I pareri sono quindi discordi nell'attribuire o meno alla Germania il desiderio di intensificare i propri rapporti militari con l'Ungheria. C'è infatti chi pensa che essa desideri un'Ungheria forte ed amica che comunque possa continuare a costituire un contrappeso alla Piccola Intesa, che di fronte agli ultimi avvenimenti potrebbe manifestare la tendenza a stringere

nuovamente i vecchi legami, e v'è invece chi crede che la Germania non abbia alcun interesse ad armare eccessivamente l'Ungheria poiché le armi fornitele potrebbero un giorno essere destinate a rivoltarsi contro di essa per impedirle la marcia verso il Mar Nero. Che il Drang nach Osten costituisca un tema della politica tedesca nessuno qui ne dubita come nessuno dubita che l'Ungheria si trovi sulla direttrice di marcia. L'Ungheria ha ormai frontiera aperta verso l'Austria e costituisce un facile accesso all'infiltrazione tedesca. A questo si aggiungono particolari ragioni etnografiche dati i forti nuclei di minoranze viventi in Ungheria (basterà dare uno sguardo alla qui unita carta 2 già messa in circolazione dai tedeschi in questo Paese, dove si può vedere, attraverso l'anello di congiunzione dei gruppi minoritari, tracciata la strada tedesca verso l'Oriente) ed è anche da considerarsi il fatto che la Germania. affacciandosi alla frontiera ungherese potrà esercitare su questo Paese la pressione della sua potenza economico-politica e sfruttare anche il fascino degli ultimi successi.

Comunque in breve volger di tempo le direttive della Germania non potranno non delinearsi. Sorgeranno così anche nuovi ed importanti problemi da risolversi dal punto di vista della cooperazione militare ungaro-italiana. È lecito presumere che la Germania (e di questo avviso è anche il R. addetto militare che ho presentito c ne ha formato oggetto di corrispondenza di carattere tecnico col R. ministero della Guerra) cercherà in ogni modo di trarre vantaggio dalla nuova situazione e di avere l'esclusività dei rifornimenti militari di questo Paese, cercando non solo di sotfocare la giovane industria bellica ungherese, ma soprattutto di allontanare l'Italia, i cui rifornimenti, allo stato attuale delle cose, dovranno passare per il territorio del Reich. La Germania potrà valersi anche del fatto che la bilancia degli scambi commerciali è in attivo per l'Ungheria e che questa potrà quindi accettare, come del resto ha già fatto da tempo, forniture militari a saldo dei suoi crediti. In ogni ipotesi il problema che a noi si pone è quello di una maggiore concorrenza con la Germania essendo l'Italia il principale fornitore dell'Ungheria. La collaborazione militare con questo Paese, conseguentemente, se dovrà essere maggiormente sviluppata, dovrà costarci certo maggiori sacrifici dal punto di vista di facilitazioni di ogni sorta. Se, come l'E.V. desidera, l'Ungheria dovrà continuare a costituire un caposaldo nella nostra politica danubiana, mi permetto sottoporre l'opportunità che gli organi militari competenti riesaminino con urgenza, prima che la Germania ci prenda il passo in questo inizio di nuova situazione, il problema di mantenere ed intensificare la nostra cooperazione militare con questo Paese allo scopo di fargli assolvere, tenendolo a noi legato, quei compiti che I'E.V. vorrà assegnargli nel campo della politica generale.

Non ho già mancato per parte mia, di insinuare in questo ambiente militare, per interposte persone e con la dovuta prudenza, come le facilitazioni che i tedeschi potranno accordare nel campo degli armamenti, trascendendo la sfera strettamente militare. potranno rivolgersi contro la stessa Ungheria non foss'altro per il controllo che essi finiranno per avere sopra il più importante organismo di difesa dello Stato.

382 1 Vedi D. 326.

382 2 Nota del documento: «L'unita carta geografica è stata trattenuta dal Gabinetto>>.

383

L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, SUVICH, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. 3765/576. Washington, 22 marzo 1938 (per. il 4 aprile).

Da qualche giorno a questa parte si è iniziato in varie parti del Paese un movimento, legato quasi certamente all'impressione qui destata dai bombardamenti aerei di Barcellona, per una revisione dell'embargo delle armi attualmente in vigore negli Stati Uniti verso la Spagna. La Foreign Policy Association di New York si è rivolta al Segretario di Stato chiedendo formalmente la revoca dell'embargo. L'ambasciatore di Spagna, De los Rios, da parte sua, in dichiarazioni ai giornalisti, ha anche lui dichiarato che sembrava opportuno che la Spagna «cessasse di essere il solo Paese a cui l'acquisto di armi è vietato mentre i Paesi aggressori sono liberi di acquistare quello che vogliono».

Strana coincidenza, notizie di stampa e informazioni circolanti negli stessi giorni indicavano che deputati appartenenti tanto al partito democratico quanto al partito repubblicano intendevano presentare, congiuntamente, una proposta di revisione dello stesso Neutrality Act, iniziativa, si diceva, che interpretava e anzi preveniva un desiderio dell'amministrazione Roosevelt.

Nella stampa la discussione si allargava subito alla stessa questione delle direttive politiche generali estere degli Stati Uniti, ripetendosi, tanto da isolazionisti quanto dai per così dire interventisti, le consuete considerazioni sui pro e contro del Neutrality Act ed i rapporti tra il medesimo e le politiche rispettivamente patrocinate.

Difficile determinare in queste discussioni una vera direttiva, ma in complesso direi che sono prevalenti coloro che ritengono il Neutrality Act un impaccio che in sostanza non migliora la posizione degli Stati Uniti, non ne impedirà la partecipazione quando che sia ad una guerra ove e se interessi americani fossero minacciati e che anzi, presupponendo un astensionismo pregiudiziale e programmatico degli Stati Uniti, può incoraggiare gli aggressori, precipitare una guerra a cui in definitiva difficilmente poi gli Stati Uniti potrebbero sottrarsi.

Ad ogni modo è notevole che per la prima volta dalla approvazione del Ncutrality Act vi sia stata un'iniziativa formale di modificare anzi revocare la legislazione in materia.

Sembrava anche che tutto fosse già stato concordato tra amministrazione e commissioni parlamentari perché la procedura di revisione venisse rapidamente aperta e portata a conclusione.

Si annunzia invece che la progettata iniziativa di abrogazione dell'atto di neutralità è stata sospesa, almeno per la presente sessione del Congresso, su unanime decisione della commissione degli Affari Esteri della Camera dei Rappresentanti.

Da fonte ufficiosa si dichiara che più di una questione di merito si tratta di una questione di opportunità. La presente situazione internazionale così instabile ha finito per persuadere il Presidente che sarebbe inopportuno, proprio in questo momento, affrettare un cambiamento di rotta così radicale come sarebbe l'abrogazione del Neutrality Act che è stato il perno intorno a cui ha circolato la politica americana da tre anni a questa parte. Gli stessi proponenti hanno però dichiarato

che non appena la situazione si sia stabilizzata riprenderanno la propria proposta, ciò che starebbe a dimostrare che in realtà la politica del Neutrality Act sarebbe ormai condannata, dando ragione a tutti coloro che non hanno mai compreso l'utilità di una precostituita limitazione della libertà di azione del governo di fronte alle impreviste ed imprevedibili incognite future da fronteggiare.

Intanto, contemporaneamente, in una lettera diramata oggi alla stampa, diretta al Presidente della Foreign Policy Association che chiedeva, come accennato in principio, la sospensione dell'embargo per le armi alla Spagna, il Segretario di Stato Hull ha risposto in senso completamente negativo, argomentando che nulla è mutato nella situazione spagnola e che pertanto non sussistono le condizioni per la revoca, previste nelle deliberazioni del Congresso e nei decreti presidenziali che decisero ed applicarono l'embargo.

384

IL CONSIGLIERE DELL'AMBASCIATA A BERLINO, MAGISTRATI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

LETTERA PERSONALE. Berlino, 22 marzo 1938 (per. il 26).

Due righe per dirti che ho visto ieri nuovamente von Ribbentrop, al quale ho dato comunicazione dell'importante tuo telegramma 1 relativo all'appunto presentato da lord Perth a seguito dei bombardamenti di Barcellona.

Von Ribbentrop continua a ritenere che la Francia non si muoverà. Essa nulla farà se non avrà una cambiale in bianco dall'Inghilterra. E Chamberlain assolutamente non darà quella firma. Quanto a Chamberlain, secondo le notizie di von Ribbentrop, la sua posizione è stata effettivamente oggetto di critiche negli scorsi giorni. Ma ora il momento difficile appare sorpassato e la situazione stessa consolidata.

Ho domandato a von Ribbentrop se il Governo del Reich si sia seriamente prospettata l'eventualità che la Francia del Fronte Popolare, posta dinanzi, ad un certo momento, alla catastrofe del Governo rosso di Spagna, voglia fare un estremo tentativo. Ho avuto nuovamente risposta che una tale eventualità, con Chamberlain Capo del Governo inglese, è assolutamente da escludere.

La sola eventualità di un intervento francese potrebbe essere costituita da un qualche grosso incidente alla frontiera tra Francesi e truppe di Franco. Per evitarla von Ribbentrop si propone di far suggerire a Salamanca, a mezzo di von Stohrer, l'opportunità che sia adottato il criterio di tenere lontana dalla frontiera, per quanto possibile, sul fronte catalano, l'azione militare e particolarmente quella di Legionari stranieri 2 .

384 2 In calce al documento vi è il seguente posi scriptum autografo di Magistrati: «V. Ribbentrop mi ha anche comunicato -in via del tutto personale-che la scelta per la nomina del nuovo Ambasciatore del Reich a Roma cadrà su v. Mackensen. Bene».

Il documento ha il visto di Mussolini.

384 1 Vedi D. 372.

385

L'AMBASCIATORE IN CINA, CORA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. s.N.D. 1739/150R. e 1741/151R. Shanghai, 23 marzo 1938, ore 13 (per. ore 21,30).

In seguito nostre osservazioni Wang Ching-wei ha fornito seguenti precisazioni che Alessandrini mi ha telegrafato prima di aver ricevuto telegramma di V .E. n. 89: 1

l) Riconoscimento Manciuria potrebbe essere integrale; 2) Situazione economica potrebbe essere assai largamente sistemata nel Nord Cina purché assente da speculazione politica destinata ad ipotecare il futuro; 3) Questione regimi speciali considerata la più delicata. Non difficile a realizzare per Mongolia larga autonomia. Per quanto riguarda Shanghai, si spera, anche nell'interesse del commercio straniero, limitare regime speciale a demilitarizzazione precauzionale di una certa zona; 4) Punto essenziale della resistenza cinese alle richieste giapponesi è invece il regime speciale per il Nord Cina che, come sarà proclamato in un manifesto nella prossima riunione del Kuomintang rappresenta il «cuore della Nazione cinese e necessario per sua esistenza»; 5) Note province devono restare alla Cina. Negoziati tramite mediatori devono quindi svolgersi su forma regimi speciali in modo che resti impregiudicata sovranità della Cina e non siano offerti pretesti a futura azione militare. Inter

locutore insiste molto su tale punto;

6) Pagamento di una certa indennità;

7) Patto anticomunista.

Secondo quanto si afferma in questi circoli giapponesi, rifiuto di cui al telegramma n. 190 Tokio 2 dovrebbe essere interpretato nel senso che governo giapponese dopo la nota dichiarazione non può trattare con Chiang Kai-shek ma che potrebbe trattare con un governo che facesse la pace col consenso di Chiang Kai-shek e fosse diretto da elementi moderati come Kung, Chang-chun e Wang Ching-wei. Chiang Kai-shek e T.V. Soong dovrebbero essere eliminati. Sostituzione di Chiang Kai-shek con altro governo sarebbe del resto conforme consuetudini cinesi dopo quanto è successo. Wang Ching-wei sarebbe particolarmente bene accetto anche perché si ritiene che sua amicizia per Wang Ko-min, capo del governo provvisorio di Pechino, faciliterebbe accordo su formula per regime speciale Nord-Cina, punto più delicato eventuali negoziati.

Condizioni del generale, di cui riferivo nel mio telegramma n. 150, sarebbero qui ritenute poter costituire favorevole base delle trattative. Si aggiunga tuttavia che, secondo precedente e nota dichiarazione del governo giapponese, opera even

385 2 T. 1562/190R. del 16 marzo. Riferiva che il vice ministro degli Esteri giapponese gli aveva confermato il rifiuto del Giappone di trattare con il governo di Hankow.

tuale mediatore dovrebbe essere quella della preparazione di condizioni accettabili alle due parti, fra le quali sarebbe poi conclusa direttamente la pace.

È mia impressione che ambienti locali giapponesi sono favorevoli conclusione pace, benché operazioni militari nord procedano assai favorevolmente e sia prevedibile non lontana conquista di Hankow.

Per informazione di V.E., aggiungo che 29 corrente avrà luogo Hankow assemblea Kuomintang in cui sono previsti contrasti con i comunisti. Eventuale decisione circa conversazioni in corso, potrebbe avere influenza favorevole su attitudine governo cinese. Tokio informato.

385 1 Vedi D. 363.

386

IL MINISTRO A BELGRADO, INDELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 1785/015R. Belgrado, 23 marzo 1938 (per. il 25).

Telegramma di V.E. n. 265/C. 1 Nei tre principali settori minoritari tedeschi della Jugoslavia, l' Anschluss è stato accolto:

-in quello sloveno-croato: con giubilo dai nazisti sloveni, da Maribor a Celje, che sono a contatto immediato con quelli di oltre frontiera; con maggior riserva in Croazia ove molte sono le avversioni dei cattolici e specie dei numerosi israeliti che avevano con i correligionari di Vienna una cospicua rete d'interessi;

-in quello principale della Vojvodina, alla frontiera ungherese, con disciplinato entusiasmo; -in Bosnia, ove l'elemento tedesco è nella quasi totalità israelita, con grande ed evidente rincrescimento.

Comunque anche le manifestazioni di giubilo sono state contenute nei limiti della maggiore correttezza, tanto da far apparire chiaramente la disciplina ferrea che si esercita dai centri nazisti sopra queste collettività che pur superano in totale i seicentomila tedeschi. Disciplina che si sente maggiormente nel settore sloveno, ove, evidentemente, si vuole evitare di dar motivo di repressione alla dura polizia intensificatavi da Koroscez. È evidente, del resto, l'interesse di Berlino di non far risuonare troppo alto, in questo delicato momento, il rumore delle forze di cui dispone in Jugoslavia, e che sono, attualmente, in fase di riorganizzazione, dopo un avvenimento che ha profondamente mutato, in queste regioni, il precedente stato di cose.

Quanto agli ambienti locali più strettamente legati alla Germania, a prescindere dai legami -e sono molti -di personali interessi economici, le loro reazioni all'Anschluss si sono solidarizzate con quelle generali che sono di calma aspettativa,

senza eccessive nostalgie. Gli orientamenti pro-Germania, del resto come espressioni di tendenze ideologiche o di simpatie di partito, sono qui destinati a scomparire.

Finora la Germania era l'unica delle grandi Potenze sulla quale non si accumulavano in Balcania sospetti di mire territoriali o di propositi di egemonia. Ora essa è alla frontiera, in pesante potenza di nuocere o di giovare; è quindi una realtà grave e definitiva, che questa gente, fondamentalmente realistica, non discute più. Subisce, accetta, preparandosi a studiare il mezzo migliore di parare ad eventuali pericoli e di sfruttare le possibilità positive. Fra altro qui, ove qualunque avvenimento finisce coll'essere valutato precisamente ai fini dell'acrimoniosa lotta interna, la presenza tedesca alla frontiera slovena si presenta come elemento risolutivo della situazione fra serbi e croati e sloveni. I primi ritengono che a Lubiana ed a Zagabria si sarà indotti, dalla pressione tedesca, ad arrendersi definitivamente al centro serbo; in Croazia e Slovenia sembra si conti, invece, di valersi, nella lotta contro Belgrado, della minaccia di appoggiarsi alla nuova, efficiente, frontiera. Certo che l'improvvisa e violenta scomparsa dell'Austria ha sorpreso e disorientato un po' tutti.

Anche la situazione personale di Stojadinovié, cui si rimprovera di essersi lanciato, con eccessivo ottimismo verso Berlino senza aver avuto la decisione di consolidare previamente ed attivamente, per ogni eventualità, la situazione italo-jugoslava e neppure quelle coi vicini balcanici, non risulta facilitata dai recenti avvenimenti. Non si teme, almeno in un prevedibile prossimo avvenire, un pericolo per l'integrità del Paese. Ma si sente, più o meno oscuramente, che la Jugoslavia, volente o nolente, dovrà ormai tenere il massimo conto degli umori e della politica di quella che è ormai divenuta la maggiore Potenza rivierasca del Danubio, sulle vie del Mar Nero 2 .

386 1 T. 265/c. R. del 22 marzo con cui Ciano aveva chiesto a diverse ambasciate e legazioni di riferire in maniera dettagliata circa le ripercussioni che l'Anschluss aveva avuto nell'elemento tedesco e negli ambienti locali più strettamente legati alla Germania.

387

IL MINISTRO A PRAGA, DE F ACENDIS, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 1828/032 R. Praga. 23 marzo 1938 (per. il 28).

Telegramma di V. E. n. 265/C. del 22 corrente 1 .

Ho riferito a V.E. col mio telespresso n. 431/30 l del 20 corrente 2 circa l'influenza esercitata dall'Anschluss sui tedeschi di Cecoslovacchia.

Tale influenza si rivela sempre più vasta attraverso le seguenti manifestazioni:

·-rapida liquidazione del cosidetto attivismo, cioè della collaborazione dei tedeschi al governo attraverso i tre piccoli partiti agrario, cristiano-sociale e social-democratico;

-pieno sviluppo del partito dei tedeschi dei Sudeti che può ormai affermare di essere il solo qualificato rappresentante della minoranza tedesca;

-radicalizzazione del partito dei tedeschi dei Sudeti la cui aspirazione all'autonomia non costituisce ormai più un punto di arrivo, dato che dopo l'Anschluss tale partito è fatalmente indotto a spostare la propria azione dal terreno dell'autonomia (che non escludeva la possibilità di un'intesa e di una collaborazione al potere) per portarla verso la rivendicazione del diritto di autodecisione, invocato apertamente da Hitler a favore di questi tedeschi nel suo discorso del 20 febbraio 3 .

In questi ultimi giorni si è verificato che: -il partito agrario ha abbandonato la coalizione governativa e si è fuso col partito dei tedeschi dei Sudeti; -il partito cristiano-sociale ha deciso di lasciare il governo e di collaborare strettamente col partito dei tedeschi dei Sudeti; -il piccolo partito tedesco degli artigiani, che non era rappresentato al governo, si è fuso col partito dei tedeschi dei Sudeti;

-i social-democratici tedeschi (sinistra) hanno improvvisamente convocato per sabato 26 p.v., con un anticipo di cinque settimane sulla data precedentemente fissata, la riunione straordinaria del loro congresso, chiamato a risolvere contrasti che li dividono da qualche tempo. Si prevede probabile che l'attuale ministro dell'Igiene Czech lasci la direzione del partito, il quale per ora continuerà a collaborare al governo che si è affrettato a fare concessioni nel campo assistenziale e sociale.

Contemporaneamente si sviluppa il movimento di compatta adesione dei tedeschi al partito di Henlein con numerosissime nuove iscrizioni e con comizi che il partito organizza giornalmente in provincia e che si svolgono fra il più grande entusiasmo e la più esemplare disciplina.

Uno di tali comizi è stato sciolto perché l'oratore, deputato Neuwirth, ha affermato il diritto dei tedeschi all'autodecisione. Senonché, avendo il Neuwirth ordinato agli intervenuti di non obbedire e di opporre la più ferma resistenza passiva. la polizia non è riuscita a far evacuare la sala della riunione, abbandonata solo quando dopo mezz'ora lo stesso Neuwirth ne ha dato l'ordine.

Il movimento della minoranza tedesca per quanto intenso è mantenuto nei limiti della legalità in conformità di superiori direttive.

Questo ministro di Germania rientrato da Berlino ha detto di essere riuscito a convincere i suoi capi, Goring compreso, dell'opportunità di continuare nel metodo conciliante da lui finora seguito nei confronti delle Autorità cecoslovacche, dato che pur rispettando la forma della non ingerenza negli affari interni di questo Paese ha assicurato non essere egli effettivamente estraneo a nulla riuscendo a controllare tutto quanto è nell'interesse del Reich. Eisenlohr faceva intendere a questo ministro di Ungheria 4 col quale è legato da vincoli di vecchia colleganza, che la Germania non ha fretta di arrivare ad una soluzione integrale del problema relativo a questa minoranza tedesca che però dovrà essere portata ad avere la situazione necessaria per gli sviluppi futuri. Il collega ungherese, riferendone, concludeva: «La Germania ha bisogno di un anno ancora per il riarmo della Renania».

387 ·1 Vedi DD. 195 e 204. 387 4 Janos Wettstein.

386 2 Prima dell'arrivo di questo telegramma, Ciano aveva --il 24 marzo -un colloquio con il ministro jugoslavo, Christié. Su tale colloquio vi è, nel Diario di Ciano, la seguente annotazione: «Ho detto a Christié, che partiva per la Jugoslavia, che mille ragioni mi spinsero a fare il Patto di Belgrado: oggi ve ne sono mille e una per consolidarlo. Desidero vederrni con Stojadinovié. Potremo in luglio incontrarci al Lido di Venezia». 387 1 Vedi D. 386. nota l. 387 2 Vedi D. 374.

388

L'AMBASCIATORE A MOSCA, ROSSO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. 1301/507. Mosca, 23 marzo 1938, (per. il 28).

Mio telespresso n. 1255/488 de119 corrente 1 .

L'appello lanciato da Litvinov per !'«azione comune» contro gli aggressori forma oggetto di un articolo editoriale apparso stamane sul Journal de Moscou, organo del Commissariato degli Affari Esteri. I suoi commenti possono quindi considerarsi come l'espressione del pensiero ufficiale.

L'articolo, che trasmetto qui accluso, prende lo spunto dagli avvenimenti austriaci per mettere in evidenza l'estrema gravità del pericolo rappresentato dallo spirito aggressivo e dalle tendenze egemoniche della Germania nazista per tutti indistintamente i Paesi d'Europa. Gli stessi Paesi la cui stampa governativa ed ufficiosa acclama oggi l'annessione austriaca-scrive il giornale-sentono questo pericolo e si sforzano invano di nasconderlo. Lo hanno provato chiaramente le parole pronunciate da Mussolini quando ha parafrasato in forma diplomatica il proverbio: «Fare buon viso a cattivo giuoco».

La situazione, continua il giornale, risulta aggravata ancora di più dall'intervento militare italiano e tedesco nel conflitto spagnolo e dal recente tentativo polacco di aggredire la Lituania.

Fatto così un quadro molto fosco delle condizioni politiche europee, l'articolo osserva che i vari governi interessati, pur essendo coscienti della catastrofe imminente, non mostrano alcuna tendenza a prendere le misure necessarie per impedirla. Soltanto Litvinov ha avuto il coraggio di suonare l'allarme, mettendo gli altri governi davanti alle loro responsabilità perché dicano che cosa intendono fare.

A questo punto l'articolo dice:

«Non sarebbe stato corretto da parte di Litvinov di inviare senz'altro degli inviti ad una conferenza, come gli viene suggerito da certi organi di stampa. È infatti indispensabile di chiarire in primo luogo fino a che punto le vedute dell'U.R.S.S. sono condivise dagli altri Stati. Soltanto nell'ipotesi affermativa potrà essere esaminata la questione della data e del luogo per l'esame comune dell'azione da intraprendere.

Questo esame può aver luogo tanto a Ginevra quanto fuori di Ginevra. Ciò non esclude affatto la convocazione del Consiglio della S.d.N., ma tale convocazione non può evidentemente dare dei risultati che nel caso in cui almeno alcuni grandi Stati abbiano previamente concertato una azione comune».

Le frasi che precedono precisano adunque la portata dell'iniziativa sovietica, che ha voluto essere -almeno secondo quanto si dice oggi -una semplice mossa di assaggio.

La parte più significativa dell'articolo mi sembra però essere quella con cui l'articolo si chiude. «Lo Stato sovietico, i cui atti sono sempre conformi alle parole, ha detto la sua parola e si è in ogni caso scaricato della propria responsabilità per gli avvenimenti

futuri. Questa responsabilità incomberà agli Stati i quali, pur vedendo ingrandirsi un pericolo più minaccioso per i loro vitali interessi di quello che esisteva prima della guerra mondiale, e pur rendendosi conto che non esiste altro mezzo di lotta contro questo pericolo all'infuori dell'azione collettiva concertata, continuano nondimeno ad esitare ed a esaminare un mezzo utopico dopo l'altro, senza potersi decidere a nulla».

L' U. R S. S. si è scaricata della sua parte di responsabilità: questa frase riflette a mio avviso la vera essenza dell'iniziativa di Litvinov. Egli vuoi poter dire domani, in caso di bisogno: «Noi vi avevamo avvertiti a tempo, ma voi non ci avete ascoltato. Ora è troppo tardi e noi ci regoleremo unicamente secondo i nostri propri interessi».

Io oso quindi dire che l'appello alla collaborazione lanciato da Litvinov finirà in definitiva per marcare l'inizio di una politica di maggior disinteressamento dell'U.R.S.S per le questioni europee.

388 1 Vedi D. 370.

389

IL MINISTRO A L' AJA, TALIANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. 460/20] . L'Aja, 23 marzo 1938 (per. il 28).

Miei telespressi n. 190 1 , 191 2 , 196\ rispettivamente del 16, 17 e del18 corrente e telegramma circolare di V.E. n. 265 4 , di avantieri.

Non esistono qui minoranze tedesche ma esiste una importante colonia germanica di quasi centomila membri che al 13 marzo è salita a centotrentamila per l'assorbimento di ben trentamila sudditi austriaci, nella stragrande maggioranza cuoche e cameriere.

Questi elementi tedeschi non hanno avuto per l' Anschluss particolari reazioni di gioia, intimiditi forse dalla generale costernazione, dal senso di indignazione che sentivano crescere intorno a loro. Agenti della propaganda del Reich hanno riunito nelle diverse città dell'Olanda i sudditi austriaci per spiegare loro la portata dell'avvenimento. La maggior parte degli intervenuti o meglio delle intervenute (per il

novanta per cento si tratta di ragazze sui 25 anni) tra lacrime e singhiozzi ha gridato: vogliamo rimanere austriache!

Negli ambienti e nei circoli tedeschi ogni manifestazione di entusiasmo è stata soffocata dall'atmosfera nettamente ostile. Tuttavia in essi la soddisfazione è vivissima. Essi lavorano già accanitamente a far sparire prevenzioni e apprensioni specialmente degli elementi olandesi che contano, e che sono legati alla Germania da insostituibili rapporti e interessi.

Nuova vita sembra aver ripreso, in seguito all' Anschluss, il movimento nazionalsocialista di Mussert. Il suo luogotenente Rost van Tonningen partì per Vienna appena ebbe notizia del primo ultimatum di Hitler e rimase colà, in contatto con le massime autorità tedesche sin dopo la partenza del Fiihrer. Oggi Mussert, dando spesso l'impressione di uniformarsi ad alti desideri espressi al di là del confine, non tralascia mezzo per difendere e poi esaltare il punto di vista tedesco, per dimostrare che l'entrata definitiva dell'Austria nella famiglia tedesca è e sarà un bene per l'Europa e specialmente per l'Olanda. E con regolare insistenza afferma e dimostra che il capitale interesse dei Paesi Bassi è in una collaborazione leale intima cordialissima con la Germania confinante.

La sua azione cade finora nel vuoto. Il Paese è ancora stordito dall'avvenimento storico. Lentamente, faticosamente pensa alla necessità assoluta di formare battaglioni permanenti di frontiera. Si arrende alle considerazioni del Presidente del Consiglio, al quale arrivano già notevolissime offerte anonime dedicate all'esercito. Ma rimane ancora preso nelle sue più intime fibre-ciò è una riprova della differenza fondamentale, che a troppi sfugge, tra olandesi e tedeschi-da una avversione così profonda per l'ultimo atto di forza della Germania hitleriana, che nessuna propaganda ma il tempo soltanto potrà mitigare e il riapparire della fiducia all'orizzonte politico europeo.

389 1 Telespresso 428/190 del 16 marzo. Il ministro Taliani riferiva che l' Anschluss era stato accolto dall'opinione pubblica olandese «con un misto di sgomento e poi di indignazione» facendo riapparire immutati «quei sentimenti che avevano riunito gli olandesi nel 1934 al momento del Putsch contro il Cancelliere Dollfuss». Su tuttociò --notava il ministro Taliani -influiva la comunanza di idee e di interessi dei piccoli Stati confinanti con la Germania ma l'indignazione nasceva soprattutto per i mezzi impiegati dai tedeschi, definiti «incredibilmente brutali e indegni di una Nazione civile». 389 2 Telespresso 433/191 dell7 marzo. Riferiva che i dirigenti olandesi, pur essendo convinti da tempo che l'Anschluss fosse inevitabile, condividevano interamente lo sdegno della Nazione per i metodi impiegati da Berlino, che davano giustificazione ancora maggiore alle misure di difesa annunciate dal presidente Colijn al Paese. 389 3 Telespresso 440/196 del 18 marzo. Riferiva su un colloquio avuto con il ministro degli Esteri Patijn, il quale gli aveva ripetuto che la Sovrana e il governo olandese erano preparati da tempo all' Anschluss ma che avevano sperato che l'annessione fosse realizzata attraverso dei negoziati. Era stato anche per venire incontro <<al sentimento di indignazione, di timore e di dolore dell'intero Paese» che il governo aveva annunciato di avere preso delle misure militari di difesa. 389 4 Vedi D. 386, nota l.

390

IL CONSOLE GENERALE A VIENNA, ROCHIRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. 1680/192. Vienna, 23 marzo 1938 (per. i/24).

Alla numerosa serie di suicidi, finora verificatisi, si aggiunge -benché la notizia non sia confermata ufficialmente -quello dell'ex-ministro Neustadter Stiirmer, avvenuto a poca distanza di tempo dal suicidio dell'ex-vice Cancelliere Fey.

La tragica fine di questi due uomini politici (specialmente il Fey aveva avuto una parte preminente nel movimento delle Heimwehren e nella repressione della rivolta socialista nel febbraio 1934), i quali erano stati sospettati di aver avuto, mentre erano al governo, dei contatti con i nazisti, ha suscitato grande impressione; la loro fine in analoghe circostanze colpisce l'immaginazione del gran pubblico e fa supporre un oscuro nesso tra i partecipanti al Putsch contro Dollfuss ed i due ministri allora in carica. Si ricorda anche che proprio il Fey ed il Neustadter Stiirmer ebbero una parte importante nelle trattative con i rivoltosi che volevano garantita la propria impunità.

Si suppone che entrambi siano stati minacciati di gravi persecuzioni pel loro «ambiguo» atteggiamento verso i nazisti e che ciò li abbia indotti a togliersi la vita: il Fey, com'è noto, insieme con la moglie ed il figlio ventenne. Secondo una voce alquanto insistente, il Fey sarebbe stato addirittura l'esecutore materiale dell'uccisione di Dollfuss. Forse questo mistero sarà presto svelato, giacché sembra certo che sarà riaperto il processo relativo al Putsch del 24 luglio, per riabilitare la memoria del Planetta, condannato a morte per l'uccisione di Dollfuss.

Intanto Vienna resta sotto la tetra impressione dei frequenti suicidi provocati da cause varie e diverse, che sono l'indice di uno stato di grave nervosismo e depressione, aumentati dai numerosissimi arresti, disposti dalla Autorità di polizia.

Quanti sono gli arrestati a Vienna? Si dice ventimila. Notizie sicure non se ne hanno ma certo la cifra surriferita è prossima alla verità. Quasi tutti coloro che si erano troppo esposti politicamente contro il nazismo sono in prigione. Tutti quelli che figuravano come contributori di somme per la propaganda in favore del plebiscito Schuschnigg hanno subìto perquisizioni a domicilio e molti di essi sono stati incarcerati. Numerosi legittimisti (tra gli altri: due fratelli Hohenberg, figli dell'arciduca Francesco Ferdinando, il principe Fiirstenberg, il capo dei legittimisti Wiesner) sono stati tratti in arresto; le misure a loro carico sono state specialmente provocate dal proclama di Otto di Asburgo che incita alla lotta. Vari ex-ministri (Pernter, Adam), i principali esponenti del partito cristiano-sociale (primo fra tutti il borgomastro Schmitz), e un grande numero di comunisti hanno subìto la stessa sorte. Anche molti funzionari della Cancelleria Federale e dei vari ministeri, della polizia, ecc., trovansi nelle carceri ed infine anche alcuni nazionalsocialisti (tra cui il segretario di Seyss-Inquart, signor Fior) che hanno avanzato pretese esagerate

o hanno osato criticare i provvedimenti presi dalle Autorità. Se poi si aggiungono gli arresti degli esportatori di valute e trafficanti di divise, dei saccheggiatori e dei delinquenti comuni che hanno profittato largamente della situazione, si vedrà che la cifra di ventimila arresti non è da ritenersi eccessiva.

La questione degli ebrei a Vienna comincia ad apparire alle stesse Autorità germaniche di ben difficile soluzione. Come è noto, gli ebrei assoluti si calcolano a circa centocinquantamila. Ma se ad essi si aggiungono gli ebrei misti si può calcolare che essi ammontano ad oltre mezzo milione, ossia a poco meno di un terzo della popolazione. Tutto il commercio e la finanza era nelle loro mani. Sembra perciò impossibile una soluzione radicale del problema, e si impone una soluzione graduale. Ad ogni modo regna una grande confusione ed incertezza nel campo degli affari, anche perché molti commercianti, industriali e direttori di aziende ebrei sono arrestati.

Ho accennato ai lati più tristi che Vienna presenta nell'attuale rivolgimento politico.

Non mancano però gli aspetti lieti, di vitalità e di forza, che offre il nuovo regime nazionalsocialista. Anzitutto la presenza di circa cinquantamila soldati dà vita alla città e movimento agli affari, compensando quasi totalmente l'arresto prodotto per le ragioni innanzi riferite. Il contegno delle truppe è superiore ad ogni elogio; l'ordine, la disciplina ed al tempo stesso la sorridente allegria e cordialità dei soldati ha loro conquistato le grandi simpatie della popolazione, facendo tacere qualche amara considerazione che poteva affiorare nei primi giorni sull'«occupazione» di Vienna da parte dei tedeschi.

Si aggiunge l'evidente preoccupazione da parte delle Autorità germaniche di emanare al più presto dei provvedimenti sociali in favore dei lavoratori. Si è annunciata l'applicazione anche in Austria del piano quadriennale; sono stati assegnati dall'incaricato Burckel -che giorni or sono visitò alcuni quartieri periferici della città ove i disoccupati si ammucchiano in numerose miserabili baracche -cinque milioni di scellini per nuove costruzioni di case per i poveri.

Il borgomastro ha assicurato in un discorso che Vienna conserverà il suo carattere di grande città, diventando una specie di Amburgo dell'oriente del Reich e che la disoccupazione sarà completamente eliminata. Come è noto diecimila operai austriaci faranno prossimamente, per iniziativa del dopolavoro germanico, un viaggio attraverso il Reich, ove saranno ospiti del Fronte del Lavoro. Questi ed altri provvedimenti danno ai lavoratori, ed in genere a tutta la popolazione, già la sensazione di essere entrati a far parte di un grande organismo economico ed anche l'orgoglio di appartenere ad un grande Paese.

L'elemento intellettuale, i professionisti e professori «ariani» si vedono aperte maggiori possibilità con l'allontanamento degli ebrei. I giovani studenti o laureati -tra i quali il nazionalsocialismo ha sempre avuto i suoi adepti più entusiasticifino a ieri preoccupati del loro avvenire, guardano ora con fiducia dinanzi a sé, sicuri di trovare la loro via per affermarsi nella vita.

Certo, in molti ambienti non si dissimula l'amarezza di vedere sparire in pochi giorni delle istituzioni secolari; la rapidità con cui sono state introdotte le leggi germaniche in Austria, la mancanza di ogni periodo di transizione dalla piena indipendenza ed autonomia all'accentramento politico ed amministrativo nella capitale del Reich, sorprendono sgradevolmente i più ed anche non pochi nazionalsocialisti austriaci.

Ma ripeto, la soddisfazione dei lavoratori nel vedere allontanato lo spettro della disoccupazione e l'entusiasmo dei giovani -in contrasto con l'amarezza e la depressione prodotte dalle innanzi riferite-riescono a risanare l'atmosfera, galvanizzata dal sentimento nazionalista che, in seguito ai successi ottenuti dal Fiihrer, appare salito ad un diapason impressionante.

391

L'AMBASCIATORE IN CINA, CORA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S.N.D. 1774/154 R. Shanghai, 24 marzo 1938. ore 13 (per. ore 21,15).

Seguito telegramma 150 1•

Alla richiesta far conoscere in modo inequivocabile se le comunicazioni fatte da Wang Ching-wei, rappresentano intendimenti del governo cinese dopo una riunione presieduta da Chiang Kai-shek con partecipazione più influenti membri Kuomintang è stata dettata a Alessandrini seguente risposta:

l) Si ringrazia vivamente conte Ciano per sue buone disposizioni; 2) Poiché relazioni fra la Cina e governo britannico sono sempre buone si spera che Ciano metterà al corrente Gran Bretagna nel caso che assuma responsabilità mediazione;

391 Vedi D. 385.

3) Si spera che conte Ciano possa prima conoscere intenzioni Giappone. 4) Se intenzione del Giappone è quella di risolvere questione Manciuria, e se esso non ha altre ambizioni territoriali, Cina è propensa a risolvere tale questione per ristabilire anzitutto pace. Per altre questioni si negozierà dopo ristabilimento della pace.

A tali quattro punti è stata aggiunta seguente dichiarazione separata: «Dichiarasi di accettare testo parafrasato telegramma inviato all'ambasciatore Cora in data 19 marzo, sottoposto al governo cinese per conoscenza che corrisponde ai colloqui ed alle comunicazioni confidenziali fatte da presidente Wang Ching-wei al consigliere Alessandrini».

Ho fatto subito rilevare contraddizione risultante da punto quattro e comunicherò ulteriori chiarimenti. Sembra che per «ristabilimento della pace» debba intendersi una specie di armistizio. Comunicato Tokio.

392

L'AMBASCIATORE A VARSAVIA, ARONE, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 1759/62 R. Varsavia, 24 mar:::o 1938, ore 13,17 (per. ore 15,30).

Non ho mancato valorizzare in questi circoli ufficiali attitudine assunta dall'Italia in occasione conflitto polacco-lituano 1•

Tale attitudine è stata vivamente apprezzata non solo da questo governo (mio telegramma n. 58) 2 ma anche da questa opinione pubblica che non ha mancato di rilevarne la portata anche in contrasto con l'atteggiamento del governo e della stampa francese.

In questi ambienti del ministero degli Affari Esteri non si è nascosto il profondo disappunto per l'atteggiamento francese, osservandosi che la Francia ha perduto una buona occasione per valorizzare «a buon mercato» la propria situazione di alleata della Polonia. Oggi poi un comunicato ufficioso informa che l'ambasciatore di Polonia a Parigi è stato incaricato di presentare una nota di protesta contro l'attitudine tendenziosa della stampa francese nel periodo più acuto del conflitto tra la Polonia e la Lituania.

392 1 Vedi D. 345. 392 2 T. 1647/58 R. del 19 marzo. L'ambasciatore Arone aveva riferito di avere ricevuto comunicazione da Beck che la crisi polacco-lituana era da considerarsi risolta dopo che il governo di Kaunas aveva accettato la ripresa dei rapporti diplomatici. Beck aveva «aggiunto che attitudine leale ed amichevole assunta dal governo fascista nella questione lituana. assai importante per la Polonia, è stata molto apprezzata dal governo polacco che ne è vivamente riconoscente>>.

393

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO ALL'AMBASCIATORE A TOKIO, AURITI

T. 274/107 R. Roma, 24 marzo 1938, ore 23.

Mio telegramma n. 101 1 e telegrammi del R. ambasciatore in Shanghai comunicatile per conoscenza n. 150 e 151 2 .

Dato che nuove offerte cinesi costituiscono notevole passo innanzi in confronto all'attitudine tenuta sinora da quelle sfere dirigenti, sembrerebbe che esse dovessero essere prese costà in serio esame. Prego pertanto V.E. sondare discretamente codesto governo per conoscere se nostra eventuale mediazione su tali basi sarebbe gradita costà 3 .

394

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, AL MINISTRO A BUDAPEST, VINCI

T. PER CORRIERE 275 R. Roma, 24 marzo 1938.

Da fonte fiduciaria viene segnalato che, mentre la grande maggioranza dell'opinione pubblica ungherese -particolarmente nei suoi contatti con italiani -affetta disinteresse e rassegnazione per i recenti avvenimenti austro-germanici, vi è invece in tutti una marcata sfiducia nella «protezione e nella lealtà» dell'Italia fascista.

Prego la S.V. di voler controllare l'attendibilità della su riportata segnalazione e riferirmi dettagliatamente. Che se corrispondesse a verità quanto in essa viene riferito, le nostre disposizioni nei riguardi dell'Ungheria potrebbero modificarsi 1•

395

IL MINISTRO A BUCAREST, SOLA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 1824/07 R. Bucarest, 24 marzo 1938 (per. il 28).

Questo ministro di Polonia, signor Arciszewsky, è venuto a comunicarmi che il colonnello Beck, appena rientrato a Varsavia dal suo viaggio a Roma, gli ha impartito speciali istruzioni di mantenersi nel più stretto contatto con me, essendo

393 2 Vedi D. 385. 393 3 Per la risposta da Tokio si veda il D. 400. 394 1 Si veda, per la risposta. il D. 429.

necessaria la più salda collaborazione tra i rappresentanti di Polonia e d'Italia in Romania per seguire e indirizzare lo sviluppo della politica romena.

Il signor Arciszewsky, nel dar corso alla sua comunicazione, mi ha detto proporsi far conoscere al signor Beck che ben poco avremmo, lui ed io, potuto aggiungere alla già strettissima collaborazione stabilitasi da tempo fra di noi.

Ho detto al signor Arciszewsky che non avrei mancato partecipare all'E.V. la gradita comunicazione fattami: ho aggiunto che il rappresentante della Polonia poteva, come per il passato, contare sul più deciso fiancheggiamento da parte mia, fiancheggiamento che corrispondeva alle direttive costantemente impartitemi dall'E.V.

393 1 Vedi D. 363, nota l.

396

COLLOQUIO DEL PROFESSOR DE STEFANI COL GENERALE CHIANG PEl-LI

PROMEMORIA. Roma, 24 marzo 1938.

S.E. De Stefani ha ricevuto oggi il Generale Chiang Pei-li in presenza dell'In

caricato d'Affari di Cina. Il Generale Chiang Pei-li ha fatto la seguente comunicazione confidenziale: «Da telegramma pervenutogli dal Generalissimo Chiang Kai-shek e da S.E.

Wang Ching-wei, risulta che la R. Ambasciata d'Italia in Cina si è gentilmente occupata della questione in merito ad eventuali trattative di pace. Il Generalissimo Chiang Kai-shek apprezza vivamente questo cortese ed amichevole interessamento e confida che le trattative potranno avere, sotto gli auspici del Governo Italiano, l'esito migliore. Se S.E. il Conte Ciano lo giudica utile al miglior raggiungimento del fine desiderato, si potrebbe, nel momento e nel modo opportuni, interessare alla questione della pace orientale l'Ambasciatore d'Inghilterra presso il Quirinale. Il Governo Nazionale Cinese, nel lasciare arbitro di ciò S.E. Ciano, fa sapere la sua preventiva adesione anche a questo passo» 1•

397

L'AMBASCIATORE PRESSO LA SANTA SEDE, PIGNATTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S.N.D. PER CORRIERE 1787jl8 R. Roma, 25 marzo 1938 (per. stesso giorno).

Il cardinale Segretario di Stato mi ha pregato di andare da lui stamane. Egli mi ha detto che il Papa era stato dolorosamente colpito nel leggere, nei giornali, che l'ordine di addobbare e illuminare gli edifici privati per la visita del

Fuhrer, comprende la via della Conciliazione. Si suppone, inoltre, che l'ordine stesso potesse venire esteso alle case religiose. Il Santo Padre desiderava fare sapere che se ciò avvenisse egli ne sarebbe penosamente impressionato anche perché il fatto sarebbe in stridente contrasto con le assicurazioni dategli che non si farebbe mai nulla che potesse arrecargli dispiacere. Sua Santità si domanda, d'altra parte, se l'apoteosi spinta a tali eccessi, di un nemico così aperto della Chiesa Cattolica e della religione di Cristo, non sia contrario all'articolo l o del Trattato del Laterana. Ho riferito testualmente le parole del Papa come sono state pronunciate dal cardinale Pacelli.

Ho dichiarato al Segretario di Stato che non avrei mancato di far pervenire all'E.V. la comunicazione del Pontefice. Siccome poi il cardinale insisteva nel descrivermi l'irritazione del Papa, ho fatto osservare che sarebbe bene che le persone che stanno intorno al Pontefice, facessero in modo ch'egli non prendesse delle arrabbiature per cose e fatti che possono essere regolati con un po' di buona volontà reciproca.

Ho detto più volte e lo confermo che il Papa è forse il solo che, nell'ambiente Vaticano, abbia sentimenti veramente e profondamente italiani. Per questo egli s'offusca non appena egli crede che gli si manchi di riguardo.

396 1 Il documento, che ha la firma di De Stefani. ha il visto di Mussolini.

398

L'AMBASCIATORE PRESSO LA SANTA SEDE, PIGNATTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE RISERVATO 1788/19 R. Roma, 25 marzo 1938 (per. stesso giorno).

Il cardinale Segretario di Stato mi ha detto che la Santa Sede divisava di nominare un nunzio presso il governo del generale Franco. Però, negli ultimi tempi, il Vaticano ha avuto motivo di dolersi del governo nazionale; la nomina del nunzio è stata perciò rinviata.

Ho procurato di sapere di che natura fossero le doglianze della Santa Sede. Il cardinale Pacelli mi ha risposto che si tratta di cose d'indole religiosa, senza precisare. Ho insistito, ma il Porporato non ha acconsentito a dirmi di più. Saprò egualmente di che si tratta fra qualche giorno 1•

Il cardinale mi ha detto che la Santa Sede è soddisfatta dell'opera svolta da monsignor Antoniutti. Essa deve tuttavia tenere conto che il posto di nunzio nella Spagna spetta ad altri molto più anziani di lui.

398 1 Successivamente l'ambasciatore Viola comunicava che il malcontento della Santa Sede andava fatto risalire alla proibizione di usare i dialetti locali nella predicazione, ma soprattutto alla divergenza sorta in seguito alla nomina del nuovo vescovo della diocesi di Leon, alla quale il governo spagnolo aveva reagito affermando il suo diritto, come erede diretto della monarchia, di proporre al Pontefice una terna di nomi entro i quali il Pontefice avrebbe dovuto scegliere. Monsignor Antoniutti aveva replicato che il governo nazionale non poteva essere considerato come l'erede della monarchia e che il diritto ecclesiastico della Spagna andava ora riscritto ex novo (telespresso 1974/614 del 13 aprile).

399

L'AMBASCIATORE A V ARSAVIA, ARONE, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. 777/262. Varsavia, 25 marzo 1938 (per. il 28).

Con l'accettazione da parte della Lituania dell'ultimatum polacco che imponeva l'immediato stabilimento dei rapporti diplomatici tra i due Paesi si è chiusa la fase acuta del conflitto polacco-lituano ed è cessato d'incanto quello stato di tensione che nei giorni scorsi minacciava di sboccare in un'azione militare della Polonia.

I governi dei due Paesi hanno già nominato i rispettivi rappresentanti diplomatici accreditati a Kaunas ed a Varsavia; contemporaneamente due speciali commissioni incaricate rispettivamente dal governo polacco e dal governo lituano hanno preso contatto in una località di frontiera per stabilire le modalità relative alla ripresa delle comunicazioni stradali, ferroviarie, postali e telegrafiche.

Il bilancio degli avvenimenti di questi giorni, prescindendo per ora da quelle ripercussioni che in seguito si faranno probabilmente sentire in Lituania, dove secondo le dichiarazioni ufficiali «si è ceduto alla forza, ma la forza non è il diritto», si chiude indubbiamente con un attivo per la Polonia, la quale profittando del conflitto stesso è riuscita a superare il punto morto dello stato negativo delle relazioni con la Lituania, che si trascinava da circa un ventennio. Eppure questo risultato positivo raggiunto dal governo polacco ed il successo riportato sulla Lituania che si è inclinata alla volontà di Varsavia, mentre sono ragione di viva soddisfazione in questi circoli ufficiali, specialmente in quelli che fanno capo a questo ministero degli Affari Esteri e vengono naturalmente esaltati dai giornali ufficiosi, lasciano negli ambienti militari ed in alcune importanti correnti dell'opinione pubblica polacca un senso vago ma diffuso di disillusione e di mal celato malcontento. Gli è che il recente conflitto polacco-lituano si è svolto, nel giro di pochi giorni, in circostanze specialissime, che vale la pena di riassumere per rendersi conto della portata degli avvenimenti e della soluzione che ad essi è stata data.

Il noto incidente (uccisione di un gendarme polacco) verificatosi sulla linea di frontiera polacco-lituana nella notte dal l O all'Il corrente non differiva da molti altri della serie di incidenti avvenuti in questi ultimi anni tra i due Paesi e non presentava perciò un carattere di gravità maggiore dei precedenti. Ma esso aveva il merito o il difetto di prodursi in un momento storico dell'Europa, in cui la Polonia era, come altri Paesi, sotto l'impressione degli avvenimenti che con una decisione ed una rapidità eccezionali si svolgevano in Austria determinando quell'atmosfera politica in cui sembra lecito e possibile anche ad altri Paesi non direttamente interessati un rimaneggiamento della carta politica conforme alle proprie ambizioni territoriali. A Varsavia si è voluto pertanto montare esageramente l'incidente lituano, inscenare grandi dimostrazioni di piazza con la parola d'ordine di marciare su Kaunas, far pubblicare da una parte della stampa la tesi che per la mutata situazione territoriale nell'Europa Centrale la Polonia avesse diritto a compensi.

Benché non sia possibile precisare le reali iniziative e le tendenze di questi dirigenti, non è da escludere che questi circoli militari facenti capo al Maresciallo Rydz-Smigly, appoggiandosi ed eccitando nello stesso tempo i partiti nazionalisti ed il movimento dell'Unione Nazionale ed infine approfittando della momentanea assenza del ministro Beck, che allora non era ritornato dal suo viaggio in Italia, abbiano concepito il disegno di un'azione militare, la quale, a seguito di un ultimatum da presentare immediatamente alla Lituania e contenente per essa condizioni inaccettabili, doveva essere condotta rapidamente; in ogni caso mentre ancora si svolgeva l'entrata delle truppe tedesche in Austria ed il viaggio del Cancelliere Hitler in territorio austriaco era appena iniziato. In un momento cioè in cui l'attenzione della Germania polarizzata sull' Anschluss poteva non essere contemporaneamente fissata sulle sorti della Lituania e particolarmente di Memel.

Infatuate da questa concezione le correnti militari e politiche che menavano l'agitazione anti-lituana hanno creduto di forzare gli avvenimenti con spettacolose dimostrazioni al Maresciallo Rydz-Smigly, il quale, di solito così cauto e prudente, dovette forse lasciarsi prendere la mano inducendosi a recarsi a Vilna in mezzo alle truppe destinate ad ammassarsi alla frontiera lituana ed a proferire anche un breve discorso alla folla plaudente, alla quale disse fra l'altro che «un capo non deve parlare, quando è il momento dell'azione».

Senonché la necessità imprescindibile di attendere il ritorno del ministro degli Esteri responsabile avrebbe impedito la presentazione di quell'ultimatum che nei disegni dei fautori del colpo di mano sulla Lituania doveva tagliare i ponti e creare il fatto compiuto. Al suo arrivo a Varsavia infatti il ministro Beck valutando con senso realistico la situazione dovette porre molta acqua nel vino dei fautori dell'avventura lituana. Nello stesso tempo la rapida liquidazione dell' Anschluss austriaco con le trionfali giornate del Cancelliere Hitler faceva considerare a questi circoli militari di cui ho detto sopra che era ormai passata quella contingenza che essi ritenevano favorevole a un'azione polacca in Lituania. (È persino corsa la voce che sottomarini tedeschi abbiano incrociato al largo nelle acque di Memel). Dall'azione moderatrice del ministro Beck è venuta fuori quella nota presentata dalla Polonia alla Lituania, che aveva bensì il carattere di ultimatum perché poneva il termine di 48 ore ma non contiene condizioni inaccettabili, specialmente quelle della rinunzia a Vilna da parte della Lituania e dell'impegno per il trattamento della minoranza polacca.

Intonate a questa azione di equilibrio sono state le dichiarazioni del ministro degli Affari Esteri fatte al Senato nella seduta del 23 corrente che sono nello stesso tempo una giustificazione dell'atteggiamento da lui tenuto. Infatti, egli ha detto tra l'altro: «Tutti coloro i quali si interessano in Polonia ai gravi problemi della vita nazionale si domanderanno certamente in questo momento quale sarà la portata ed il corso ulteriore delle cose. Si sentono da diverse parti delle opinioni e dei progetti diversi. Si sentiranno certamente anche dei critici domandarsi perché noi non abbiamo precisato di più la futura situazione».

Più oltre, il mm1stro Beck ha spiegato che: «La politica polacca non può lasciarsi distogliere dai suoi scopi né da considerazioni di ordine emozionale né tanto meno da un eccitamento dell'opinione pubblica anche se giustificato».

Accludo ad ogni buon fine il testo delle dichiarazioni al Senato del ministro Beck 1•

400

L'AMBASCIATORE A TOKIO, AURITI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 1799/225 R. Tokio, 26 marzo 1938, ore 7,50 (per. ore 14).

Telegramma di V.E. n. 107 1 .

Militari discretamente presentiti fanno chiaramente comprendere che in questo momento non intendono affatto iniziare trattative pace. Sperano poter fondere governo Pechino con quello di Nanchino di prossima costituzione e farne il vero nuovo governo della Cina con il quale negozierebbero. Hanno anche fatto comprendere che un tentativo non sarebbe qui gradito.

Comunicato Roma e Shanghai.

401

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, ALL'AMBASCIATORE PRESSO LA SANTA SEDE, PIGNATTI

T. S.N.D. PER CORRIERE 290 R. Roma 26 marzo 1938.

Telegrammi di V.E. nn. 18 1 e 20 2 .

Nel tracciare gli itinerari che il Fuhrer dovrà percorrere durante la sua permanenza a Roma è stato attentamente evitato il passaggio per la Via della Conciliazione e la Piazza San Pietro.

Un solo itinerario prevede il transito del Fiihrer per il viale Vaticano e tale transito non ha potuto essere evitato mancando altre convenienti strade di accesso alle località alle quali il Fuhrer dovrà recarsi.

Per quanto riguarda l'addobbo e l'illuminazione degli edifici privati in Via della Conciliazione, si provvede ad interessare il Governatorato perché sia evitata ogni esagerazione che possa riuscire spiacevole per la Sante Sede. V.E. comprenderà

400 1 Vedi D. 393. 401 1 Vedi D. 397. 40 l 2 Con T. per corriere segreto non diramare 1795/20 R. del 26 marzo, l'ambasciatore Pigna t ti comunicava di avere appreso che il Pontefice si era particolarmente risentito per il fatto che nell'itinerario del corteo di Hitler sarebbe stata compresa anche Via della Conciliazione.

460 d'altra parte che non è possibile lasciare completamente nell'ombra tutta una parte dell'Urbe in modo che dal contrasto che ne deriverebbe con le altre parti si possa giungere a spiacevoli considerazioni da parte degli ambienti italiani ed esteri, che credo sia anche interesse della Santa Sede evitare.

V.E. può esprimersi in tal senso col cardinale Segretario di Stato, aggiungendo che siamo sempre disposti a considerare con particolare interesse tutte quelle eventuali specifiche segnalazioni che egli vorrà farci pervenire allo scopo di evitare nei limiti del possibile, ogni inconveniente.

399 1 Non pubblicato.

402

L'AMBASCIATORE PRESSO LA SANTA SEDE, PIGNATTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 1796/21 R. Roma, 26 marzo 1938 (per. stesso giorno).

Non potendo vedere subito il cardinale Segretario di Stato, mi sono recato immediatamente da monsignor Tardini per fargli la comunicazione oggetto delle istruzioni telefoniche dell'E.V. di stamane.

Il Segretario degli Affari Ecclesiastici Straordinari ha detto che la Santa Sede si è occupata del matrimonio di Re Zog una sola volta, in seguito alla visita della contessa Adele Apponyi, zia della fidanzata. La contessa A. Apponyi ha comunicato alla Santa Sede che il Re aveva dato alla fidanzata affidamenti riguardo alla questione religiosa.

È stato risposto alla contessa Apponyi che non era sufficiente: se la fidanzata desiderava mettersi in regola con la Chiesa gli affidamenti dovevano essere dati alle competenti Autorità ecclesiastiche, per iscritto.

Il nunzio a Budapest è stato, poi, incaricato d'informare di quanto precede la famiglia della fidanzata. Alla Santa Sede risulta che in seguito a ciò, e perché la fidanzata aveva rinunciato al progettato viaggio a Budapest, la famiglia aveva inviato a Tirana persona di fiducia per comunicare alla contessa Geraldina, la risposta della Suprema Autorità ecclesiastica.

La Santa Sede non ha fatto nessun ulteriore passo, né diretto né indiretto.

Negli ultimi tempi sono venuti a Roma diversi sacerdoti albanesi, un gesuita e lo stesso padre Fichta per trattare -la questione. La Santa Sede ha domandato a costoro se avevano un incarico, avutone risposta negativa, non ha consentito di intavolare negoziati. Padre Fichta ha dichiarato che sarebbe ritornato con un mandato, ma non si è più visto.

Monsignor Tardini mi ha assicurato che la Santa Sede non ha preso nessuna iniziativa e non ha intenzione di uscire dal suo riserbo, a meno che non ne sia costretta. Il Segretario per gli Affari Ecclesiastici, ha aggiunto che la Santa Sede non ha in questo momento nessun suo diretto rappresentante in Albania e perciò sa ben poco di quel che succede in quel Paese. Se potremo fornire più precisi elementi a giustificazione delle nostre doglianze, procurerà di chiarire i punti che fossero rimasti oscuri.

403

IL MINISTRO A BUDAPEST, VINCI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 1821/031 R., Budapest, 26 marzo 1938 (per. il 28). 1822/032 R. e 1820/033 R.

Miei telegrammi per filo n. 41 1 e n. 42 2 •

Confermo di essermi espresso con Kanya secondo le istruzioni dell'E. V. 3 erichiamandomi a quanto già gli era stato comunicato da Formentini.

Gli ho detto che i recenti avvenimenti in Austria non possono che aver ribadito i nostri legami di amicizia con l'Ungheria che è nella nostra intenzione di rendere sempre più intimi e cordiali: gli ho aggiunto che, come aveva anche detto Daranyi (telegramma n. 36 del 9 marzo) 4 , nulla vi era di cambiato nei nostri rapporti con l'Ungheria; che debbono considerarsi immutate nei riguardi dell'Ungheria le clausole dei Protocolli di Roma, mentre il R. governo sarebbe disposto a dare eventualmente nuova forma ai nuovi patti; che intanto V.E. alla prima occasione avrebbe trovato modo di esprimersi pubblicamente confermando le nostre relazioni di amicizia con l'Ungheria.

Gli ho detto che entro l'asse Roma-Berlino, che è base della nostra politica, la direttiva della politica fascista nell'Europa Centrale è quella di raggiungere una sempre più stretta intesa con l'Ungheria, la Jugoslavia, la Polonia e la Romania.

Premesso che il convegno di Roma con il ministro degli Esteri polacco' era stato oltremodo soddisfacente, gli ho ripetuto quanto già altre volte gli avevo esposto circa i rapporti con la Jugoslavia e la Romania, secondo le istruzioni dell'E.V.

Kànya mi ha ripetuto che già da tempo (secondo quanto ho di volta in volta riferito) egli aveva cercato di giungere ad accordi conia Jugoslavia e con la Romania. Come già varie volte mi aveva detto, Kànya. condividendo pienamente il nostro punto di vista, mi ha confermato che non avrebbe domandato di meglio di poter trattare direttamente e separatamente con ciascuno di essi, ma tanto la Jugoslavia quanto la Romania non avevano inteso trattare indipendentemente dagli altri Stati della Piccola Intesa.

Così, del resto, si sono espressi più volte il ministro di Romania r. e quello di Jugoslavia; quest'ultimo anche recentemente lo ha ripetuto al R. incaricato d'affari (telegramma n. 028 per corriere di questa R. legazione del 16 marzo u.sY.

di voler giungere ad un accordo con la Jugoslavia e con la Romania ma che le trattative erano rese più difficili dal fatto che veniva posto come condizione che al negoziato partecipassero contemporaneamente tutti e tre i Paesi della Piccola Intesa. 403 2 T. 1798/42 R. del 26 marzo. Modificava una frase del telegramma di cui alla nota precedente, trasmessa in modo errato. 403 3 Vedi D. 355. 403 4 T. 1652/36 R., che è del 19 marzo. dove erano riportate le dichiarazioni di Daranyi ai rappresen tanti della stampa. 403 i Riferimento alla visita effettuata da Beck in Italia dal 6 al 14 marzo precedenti (vedi D. 227. nota 3). 403 6 Raul Bossy. 403 -Vedi D. 337.

Quanto alla Romania, le trattative che sono condotte a Bucarest non sembrano avere, a dire di Kànya, probabilità di successo; egli mi ha aggiunto, d'altra parte, che Bàrdossy doveva giungere a Budapest in questi giorni per riferire.

(Ho creduto a questo proposito rettificare il mio telegramma n. 41, in quanto l'inciso era una mia osservazione personale tratta del resto da tutti i precedenti: dato che le trattative ora in corso a Bucarest, presero inizio a Sinaja come trattative Ungheria-Piccola Intesa, ed in tale spirito sono state da ambo le parti sempre perseguite).

Per quanto si riferisce alla Jugoslavia, Kànya, a riprova della sua immutata intenzione di trattare separatamente, mi ha rifatto la storia della sua prima proposta avanzata alla Jugoslavia nel marzo dell'anno scorso, proposta che in un primo tempo sembrava essere accolta con favore da Stojadinovié e che non ebbe seguito dopo la riunione del Consiglio della Piccola Intesa a Belgrado il ]0 aprile dell'anno scorso (mio rapporto n. 45501759 dell'S aprile 8 e precedenti). Kànya mi ha aggiunto, a titolo particolarmente confidenziale, raccomandandomi di tenere la cosa strettamente riservata, che quando egli fu nel novembre scorso a Berlino, in seguito alle insistenze tedesche di raggiungere un accordo con Belgrado, egli dichiarò a Goring e poi a Hitler di essere disposto a fare una dichiarazione con la quale avrebbe riconosciuto come definitive le frontiere attuali dell'Ungheria con la Jugoslavia, a patto che la Jugoslavia si impegnasse di mantenere la neutralità in caso di conflitto fra l'Ungheria e uno degli Stati vicini e che ciò fosse garantito dalla Germania. Hitler, che si mostrò lietissimo della proposta, dichiarò a Kànya che accettava di dare tale garanzia e promise avrebbe parlato della cosa a Stojadinovié ma questi, quando si recò a Berlino, in gennaio, avrebbe rifiutato la proposta affermando di non poter prendere impegni contrari ai patti della Piccola Intesa.

Kànya mi ha detto di aver informato ora di quanto precede V.E. per mezzo di Villani 9• Poiché non ho nascosto la mia sorpresa, mi ha aggiunto confusamente che credeva che V.E. ne fosse al corrente quando venne a Budapest. Avrebbe allora voluto parlare della cosa all'E.V. quando fu casualmente interrotto.

Parlandomi della Cecoslovacchia, Kànya mi ha detto che egli aveva fatto recentemente sondare il governo tedesco in proposito: Hitler gli avrebbe fatto rispondere che «fino a settembre» la questione non sarebbe stata posta.

Egli (che nella sua palese preoccupazione ha mostrato durante la conversazione di ritenere che gli appetiti germanici non si fermino a Vienna) mi ha poi aggiunto essergli stato riferito da un tedesco autorevole non essere escluso che il Reich intenda fare della Cecoslovacchia uno Stato vassallo nel cerchio del grande Impero, !asciandole però una certa autonomia ed indipendenza. Kànya non ha espresso commenti.

Questa sarebbe evidentemente la soluzione che più danneggerebbe i piani e gli interessi dell'Ungheria ed è sintomatico che ieri stesso il capo dell'Ufficio Informa

zioni militari abbia svolto un analogo concetto col colonnello Mattioli il quale ha riferito al R. ministero della Guerra quanto segue:

«Con mio rapporto n. 194 del 23 febbraio u.s. ho riferito che il colonnello Andorka, capo di questo Servizio Informazioni, mi aveva detto che nei riguardi della questione cecoslovacca le mire della Germania non andavano al di là della linea dei piccoli Carpazi, antica frontiera dell'Ungheria, e che pertanto i territori ad est di detta linea (Slovacchia, Rutenia) sarebbero stati riservati alle aspirazioni ungheresi. Immaginando che questa ottimistica valutazione potesse aver subìto, ad Anschluss avvenuto, qualche variante da parte di queste alte sfere militari, ho profittato quest'oggi di un nuovo contatto avuto con l'Andorka per far cadere discretamente la conversazione sull'argomento. Questa volta egli è stato più esplicito ed ha dato sfogo a notevoli timori.

Ha notato che nei contatti personali avutisi in questi ultimi anni tra rappresentanti del governo ungherese e reppresentanti del Reich, questi ultimi avevano dato bensì assicurazione di non avere alcuna pretesa sui confini storici dell'Ungheria, ma che si trattava soltanto di affidamenti verbali da parte di singoli -e qui ha citato anche Hitler e Goring --e non di un solenne impegno scritto nel quadro di un regolare definitivo accordo tra i due Paesi. Ha soggiunto che, stando così le cose, la situazione è incerta e può riservare qualche sorpresa nei riguardi dell'Ungheria, e che, anzi, è lecito supporre che la Germania cerchi di liquidare la questione ceca per la sola parte che la riguarda -per esempio annessione al Reich dei tedeschi dei Sudeti -senza permettere che si arrivi ad un totale smembramento della Cecoslovacchia, la quale, mutilata e ridotta ad entità politico-militare pressoché trascurabile, non potrebbe sussistere se non in funzione di una politica assolutamente asservita ai valori àel Reich.

Questa malaugurata ipotesi -ha continuato l' Andorka -che ci impedirebbe l'annessione delle province subcarpatiche, obbligandoci ad accontentarci, sì e no, di qualche modesta revisione territoriale della striscia di frontiera -appare tanto più probabile in quanto la Germania dovrebbe avere interesse ad avere alla sua frontiera sud-orientale piuttosto due Stati piccoli e deboli che non un solo Stato forte -l'Ungheria -che al vantaggio di una migliorata situazione geografica potrebbe riunire anche quello di una continuità territoriale con l'amica Polonia.

Le nuove dichiarazioni del colonnello Andorka confermano le apprensioni da me già segnalate (v. fogli 259 e 276 del 16 e 19 corrente) nutrite in questi ambienti militari circa il pericolo che la questione cecoslovacca venga risolta non nel senso desiderato dall'Ungheria, ma secondo l'esclusivo interesse tedesco».

403 1 T. 1789/41 R. del 25 marzo. Riferiva che il ministro degli Esteri ungherese, Kànya. aveva assicurato

403 8 Non pubblicato. 403 9 Non è stata trovata documentazione in proposito. Nel Diario di Ciano vi è, sotto la data del 25 marzo, la seguente annotazione: «Lungo colloquio con il Ministro di Ungheria. Voleva sapere con quale strumento diplomatico noi intendiamo rimpiazzare i Protocolli di Roma, tra l'Italia e il suo Paese. Non ho ancora riflettuto ma la questione non appare difficile. Comunque non bisogna allarmare invano i tedeschi. Ho consigliato Budapest a rafforzare i legami con Belgrado. Kanya deve superare la sua ostilità preconcetta contro i serbi. Non si può portare nella Budapest del 1938 la mentalità del Ballplatz 1914». In proposito si veda anche quanto riferiva il ministro Villani in DU, vol. II, D. 136. Si veda inoltre il D. 445.

404

IL MINISTRO A PRAGA, DE FACENDIS, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 1872/035 R. Praga, 26 marzo 1938 (per. il 30).

Miei telegrammi per corriere nn. 068 e 070 del 25 e 31 ottobre 1937 1 . Nel settembre scorso si era parlato di un piano germanico diretto a sollevare questa minoranza tedesca per quindi provocare un intervento di formazioni naziste

S.A. e S.S. in territorio cecoslovacco. L'ipotesi, vera o falsa che fosse, servì a formulare da parte di questo governo il noto quesito a quello francese, se cioè Parigi riteneva o no farsi luogo al casus foederis ove un attacco alla Cecoslovacchia si fosse verificato in seguito ad avvenimenti interni. Vi furono al riguardo discussioni a Praga con Blum, a Parigi fra Krofta, Delbos e Chautemps; si arrivò alla conclusione che la Francia si riteneva impegnata a difendere la Cecoslovacchia in ogni eventualità di aggressione, venisse dall'estero o fosse provocata dall'interno. Si disse superfluo fare oggetto di atto scritto una tale assicurazione, che Delbos rese poi di ragione pubblica in un congresso di radicali.

Da fonte germanica è stato ora annunziato che Francia, di fronte alla nuova situazione e ad una concreta possibilità di complicazioni nei riguardi della Cecoslovacchia, avrebbe ristretto i suoi impegni alla lettera dei patti esistenti e cioè al caso di una vera e propria aggressione contro la Cecoslovacchia.

Indagini da me condotte pur senza dare finora risultati definitivi fanno intravvedere che fra Parigi e Praga corrono discussioni al riguardo. Parigi non ritira. formalmente nulla, però fa intendere alla Cecoslovacchia che essa deve prestarsi con ogni mezzo per risolvere pacificamente le questioni con i vicini e che solamente quando la Francia constaterà che la Cecoslovacchia, esaurite tutte le sue risorse di buona volontà, sarà per essere vittima di una ingiustizia, interverrà e compirà il suo dovere di alleata.

In altri termini, dopo aver declamato ai quattro venti che se si tocca la Cecoslovacchia sarà la guerra, anche Parigi fa giungere qui, sottovoce, i suoi «se» e i suoi «ma», se non altro per spingere questa gente a mettere da parte le intransigenze basate sugli aiuti esterni e trovare un terreno di accordo con la Germania.

Dopo di che, non desta meraviglia se acquista credito la voce secondo cui un vivace diverbio si sarebbe verificato fra il Presidente Benes e il capo di Stato Maggiore, generale Krejci, il quale avrebbe fatto presente la necessità di cambiare ormai rotta politica per evitare una catastrofe. Benes essendovisi opposto, Krejci gli avrebbe rammentato che se il Presidente della Repubblica è capo delle Forze Armate in tempo di pace, in caso di conflitto l'esercito ubbidirà non a lui ma ai generali.

404 1 Vedi serie ottava, vol. VII, DD. 478 e 501.

405

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, AL CAPO DEL GOVERNO, MUSSOLINI

APPUNTO. Roma, 26 marzo 1938.

Lord Perth mi ha dato un appunto (Allegato n. l), col quale richiede l'autorizzazione per il Segretario di Stato inglese di dichiarare che noi abbiamo rinnovato l'assicurazione per il completo ritiro dei volontari dalla Spagna a guerra terminata, nonché quello di tutto il materiale da guerra. A mia richiesta ha specificato che non è compreso in tale richiesta il materiale da guerra da noi venduto, o comunque ceduto al Generalissimo Franco.

Chiederebbe inoltre la pubblicazione di una Informazione Diplomatica diretta ad esprimere la soddisfazione per i riferimenti fatti dal Primo Ministro relativamente alle assicurazioni già date dal Governo italiano nonché la volontà del Governo medesimo di portare a termine gli eventuali impegni 2 .

Ho riservato una risposta dopo aver preso istruzioni dal Duce.

Mi ha rimesso quindi la formula relativa alla introduzione del protocollo (Allegato n. 2). Tale formula, che appare in massima accettabile, contiene una riserva circa la data entro la quale il documento dovrebbe entrare in vigore. Tale data dovrebbe venire fissata dopo che i Governi britannico e italiano avranno dato esecuzione rispettivamente ai loro impegni per il riconoscimento dell'Impero e per il ritiro dei volontari dalla Spagna.

A proposito del riconoscimento dell'Impero, Lord Perth ha fatto presente che il suo Governo non potrebbe accettare la formula da noi proposta, contenente la frase «il Governo britannico considera la questione etiopica chiusa». Ciò verrebbe interpretato come un pieno riconoscimento di diritto, e determinerebbe delle gravi opposizioni al Governo negli ambienti parlamentari e forse renderebbe più difficile la soluzione anche a Ginevra.

Lord Perth avanza le seguenti proposte:

l. il documento non dovrebbe contenere nessun articolo relativo alla Spagna e alla questione del riconoscimento dell'Impero;

2. -queste due questioni dovrebbero formare oggetto di due lettere da scambiarsi fra me e Lord Perth e da rendersi pubbliche contemporamente alla pubblicazione dell'accordo; 3. -la lettera di Perth relativa al riconoscimento dell'Impero sarebbe più

o meno redatta nei termini della prima formula proposta dagli inglesi. A conferma di ciò il Governo britannico in pari tempo notificherebbe alla stampa la sua richiesta per iscrivere all'ordine del giorno dei lavori del Consiglio della Società delle Nazioni la soluzione della questione etiopica;

4. la nostra lettera relativa alla Spagna dovrebbe essere redatta nei termini della formula già praticamente concordata.

Ho riservato ogni risposta dopo aver preso istruzioni dal Duce.

Lord Perth ha nuovamente fatto presente l'opportunità che avvenga il ritiro di qualche contingente di truppe dalla Libia, ed ha comunicato che il suo Governo considera soddisfacente la riduzione successiva dei nostri due corpi d'armata dagli effettivi di guerra agli effettivi di pace.

Dopo queste dichiarazioni, Ciano aveva dato incarico a Grandi di far sapere «per il noto tramite» a Chamberlain che il suo discorso era stato «molto apprezzato dal Duce» (T. s.n.d. 277/62 R. del 25 marzo). Grandi era in grado di eseguire l'incarico due giorni più tardi (T. s.n.d. 1841/273 R. del 28 marzo). Per il seguito, si veda il D. 425.

Lord Perth mi ha parlato dei rifugiati etiopici nelle colonie britanniche nonché di alcuni disertori eritrei e nazionali che si trovano in territorio coloniale inglese. Mi ha chiesto quale sarebbe stata la loro sorte dato che alcuni di essi esprimevano il desiderio di tornare in Etiopia.

Ho risposto che per quanto riguardava i desertori non avremmo mancato di applicare la legge nei suoi più duri rigori; per quanto riguardava invece i rifugiati avrei preso contatti col Ministero delle Colonie non essendo finora in grado di dare una risposta ma che in linea di massima ritenevo che il trattamento sarebbe stato regolato caso per caso a seconda della posizione personale e delle responsabilità di ciascun rifugiato.

Lord Perth ha richiamato quindi la mia attenzione sulla propaganda anti-francese svolta dalla stazione di Bari. Gli ho risposto che non mi pareva che tale questione entrasse nell'Agenda delle nostre discussioni.

Lord Perth si è dichiarato d'accordo ed ha confermato di avermi detto ciò a puro titolo informativo. Sono state quindi trattate altre questioni di secondaria importanza 3 .

ALLEGATO l

The Secretary of State is anxious to create a favourable atmosphere which, provided that future Italian action in Spain or Italian public references to the success of their intervention do not destroy it, will go far to facilitate ultimate agreement.

Il 28 marzo, l'Jnfòrmazione Diplomatica pubblicava il seguente bollettino n. 16: «Nei circoli responsabili italiani, prima di esprimere un'opinione sul discorso di Chamberlain, si è voluto attendere per leggerlo nel testo integrale.

Molti punti del discorso del Primo Ministro inglese hanno attirato la particolare attenzione dei circoli suddetti e precisamente la critica alla Società delle Nazioni, la ripulsa all'iniziativa russa, la presa di posizione per quanto riguarda la Cecoslovacchia.

Per quanto concerne i rapporti italo-britannici e le attuali negoziazioni in corso, nei circoli responsabili italiani si è proclivi a condividere l'ottimismo del Primo Ministro inglese, del quale si apprezza con simpatia la forma c la sostanza delle dichiarazioni dedicate all'Italia.

Per quanto riguarda le forze legionarie italiane in Ispagna, è noto che l'Italia manterrà il suo impegno di ritirarle quando i franco-russi saranno disposti a fare altrettanto e ad applicare lealmente in tutte le parti il piano inglese. D'altra parte è noto che, non essendo più inviati complementi da molti mesi, le forze legionarie italiane in lspagna sono molto ridotte di numero, e questo lo si sa benissimo tanto a Parigi quanto a Londra.

Mentre da parte italiana si conferma nella maniera più esplicita c leale possibile l'impegno preso a Londra, i circoli responsabili seguono con la più viva grande attenzione la campagna delle sinistre francesi per un intervento che avrebbe imprevedibili e certamente gravi ripercussioni e potrebbe compromettere la pace nel continente europeo».

There is stili, however, in the House of Commons considerable mistrust prevalent in many quarters regarding Italian intentions in Spain. The Secretary of State is doing his best to dissipate this mistrust but he remains dependent on Italian assurances and evidence of Italian loyalty in carrying out these assurances. It would be of great help to the Secretary of State in his task if Count Ciano could give me an assurance which could be utilised in the House of Commons that as soon as the Spanish civil war had terminated ali Italian volunteers would leave Spanish territory and war materia! be withdrawn.

The Secretary of State is naturally chary of asking for re-iteration of Italian assurances and he would not do so except for difficulties of the Parliamentary situation and his anxiety to win public approvai for any eventual agreement. If, in addition to the assurances l have mentioned. it were possible for a semi-official statement, to appear say in Informazione Diplomatica, indicating appreciation of the Prime Minister's references to the assurances already given and the determination of the Italian Government loyally to continue to implement them, this would be of great value.

ALLEGATO 2A

SUGGESTED PROTOCOL

The Italian Government and the Government of the United Kingdom of Great Britain and Northern Ireland, desiring to contribute increasingly to the betterment of the relations between the two countries and to the generai cause of peace and security, have decided to undertake conversations in order t o reach agreement o n questions of mutuai concern;

And the said conversations having taken piace:

Count Ciano (full name and style) and Lord Perth (full name and style). duly authorised for that purpose by their respective Governments. have drawn up the following Protocol and have signed the agreements and declarations annexed hereto, each of which shall be regarded as a separate and self-containcd instrument. Thc said instruments shall take effcct on such date as the two Governments shall together determine. Except in so far as any of them contain special provisions with regard to their revision or duration, each of the said instruments shall remain in force indefinitely, but should either Government at any time consider that a change of circumstances renders revision of any of these instruments necessary, the two Governments will consult together with a view to such a revision. The two Governments agree that, immediately after the taking effect of the said instruments, ncgotiations will be opencd in which the Egyptian Government will be invited to participate so far as ali questions affecting Egypt or the Anglo-Egyptian Sudan are concerned, with a view to a definitive agreement on the following boundaries:

l. Between the Sudan and Ethiopia:

2. -Between Kenya and Ethiopia: 3. -Between British Somaliland and Ethiopia; 4. -Between British Somaliland and Italian Somaliland; with regard to certain other questions affecting British, Egyptian or Sudanese interests in Ethiopia, and relations betwecn that country and neighbouring territories in which the British or Egyptian Governments or both are concerned.

Done a t Rome, the .. 1938.

ALLEGATO 2 B

DRAFT BON VOISINAGE AGREEMENT

The Italian Government on the one hand and, on the other hand, in respect of Kenya and British Somaliland, the Government of the United Kingdom and, in respect of the Sudan, the Government of the United Kingdom and the Egyptian Government;

Desiring to provide for friendly relations in East Africa;

Undertake, in addition to proceeding in due course to the discussion of detailed questions connected with the frontiers between Italian East-Africa and the Sudan; Kenya and British Somaliland as provided in paragraph 4 of the Protocol of ....... , at ali times to co-operate for the preservation of good neighbourly relations between the said territories and to endeavour by every means in their power to prevent raids or other unlawful acts of violence being carried out across the frontiers of any of the other above-mentioned territories;

Agree that in view of the fact that by virtue of the Italian Decree of the 12th Aprii, 1936, slavery is prohibited in Ethiopia, as it had already been abolished in the other above-mentioned territories, the good neighbourly relations referred to above shall include co-operation to prevent the evasion of the anti-slavery laws of the respective territories.

ALLEGATO 3

The Prime Minister has stated in the House of Commons that His Majesty's Government regarded a settlement of the Spanish question as an essential feature of any agreement which might be arrived at.

Most unhappily, through no fault of the Italian Government or of His Majesty's Government, the necessary arrangements for the withdrawal of volunteers from Spain and their execution will stili take a considerable time.

We are therefore in a dilemma and Secretary of State who is anxious for a speedy conclusion of an agreement, wants me to put it frankly before you and ask whether you see any way out.

His Majesty's Government rcalisc that thc principal desire of the ltalian Government in the Spanish business is to secure that Spain shall not fall under the domination of a Bolshevik regime.

His Majesty's Government are able to appreciate this point of view in so far as they themselves have always desidered the establishment of a Govcrnment in Spain which might rally to it the support of ali reasonable elements.

But nevertheless the dilemma stili exists.

My personal view is that it can be met by the formula in the protocol verbal that the instruments forming the agreement will come into force at such date as the two Governments determine.

This would leave His Majesty's Government free as regards Spain and the Italian Government free as to recognition of sovereignty, and ncither of these subjects would appear in the procès-verbaux, except as regards the reaffirmation of the January 1937 agreements.

ALLEGATO 4

REFUGEES

6,000 Abyssinians in Kenya.

1,400 Abyssinians in British Somaliland.

60 Abyssinians in Palestine.

32 Abyssinians in Aden.

DESERTERS

Eritreans 550 in Kenya. Italians 5 in Aden.

405 1 Ed. in L'Europa verso la catastrofe. pp. 297-300.

405 2 Nel dibattito sulla politica estera iniziatosi il 24 marzo ai Comuni, Chamberlain aveva dichiarato che le conversazioni con l'Italia stavano progredendo in modo incoraggiante dopo l'accettazione da parte italiana della formula britannica per il ritiro dei volontari stranieri dalla Spagna e aveva poi sottolineato che il governo italiano aveva mantenuto l'impegno, preso all'inizio delle conversazioni, dì non inviare altri rinforzi in Spagna e confermato le dichiarazioni precedenti «di non avere mire territoriali, politiche ed economiche nella Spagna o sulle Baleari».

405 3 Il 27 marzo, Ciano ebbe un altro colloquio con l'ambasciatore Perth nel quadro del negoziato per un accordo italo-britannico. Su di esso non è stata trovata documentazione negli archivi italiani ma nel Diario di Ciano vi è in proposito la seguente annotazione: «Oggi ho dato a Perth numerose risposte quali lui desiderava e particolarmente l'evacuazione delle forze dalla Libia nella cifra di 1.000 uomini per settimana sino a ridurre i due Corpi d'Armata agli effettivi di pace, garanzie per l'abbandono della Spagna da parte di tutti i volontari a guerra finita, una nota della Informazione Diplomatica in favore di Chamberlain. Rimangono ancora numerose formule da definire e prima tra tutte quella relativa al riconoscimento dell'Impero. Se non vi saranno ostacoli inattesi, penso che l'accordo dovrebbe essere firmato tra il 10 e il 20 aprile». Secondo quanto riferiva l'ambasciatore Perth, nel corso del colloquio Ciano aveva dichiarato anche che Mussolini era d'accordo nel limitare i riferimenti pubblici all'intervento italiano in Spagna c che accettava di dare pubblicamente assicurazione circa il ritiro dalla Spagna, a guerra finita, dei volontari c del materiale da guerra (si veda ED, vol. XIX, D. 638. nota l).

406

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO

LETTERA SEGRETA 2763. Roma, 26 marzo 1938.

Con riferimento a precedenti segnalazioni del genere ti unisco, per opportuna informazione ed eventuali accertamenti, copia di un rapporto fiduciario che contiene notizie e precisazioni di non dubbia gravità sulla propaganda germanica in Alto Adige 1 .

ALLEGAT02

Innsbruck, 18 marzo 1938.

Come sia stata diffusa in territorio austriaco la nohZJa che l'Italia aveva senz'altro ceduto alla Germania l'Alto Adige è difficile stabilire. Sta di fatto che nel pomeriggio di venerdì Il, rapida come il fulmine si è sparsa a Salisburgo, a Linz, a lnnsbruck la incredibile panzana della cessione pura e semplice dell'Alto Adige. Da persona bene informata risulte

quanto vi è di vero nell'appunto unito, e fare i passi del caso». 406 2 Sulla prima pagina, Mussolini ha scritto: «Molto importante e grave».

Questo documento fu consegnato il 28 marzo dall'ambasciatore Attolico a von Mackensen, allora sul punto di partire per Roma come nuovo ambasciatore, dopo aver soppresso alcune parti -qui riprodotte in corsivo e con in fondo l'aggiunta riportata nella nota al termine del documento. Durante il colloquio, Attolico fece presente a von Mackensen che il successo della sua missione era condizionato al fatto di ribadire fm dal primo contatto con Mussolini e con Ciano l'inesistenza di mire tedesche sull'Alto Adige e all'immediata cessazione delle manovre irredentiste condotte da certi ambienti del partito nazionalsocialista. Di questo colloquio non è stata trovata documentazione da parte italiana ma su di esso si veda il promemoria redatto da von Mackensen (al quale è allegato il promemoria consegnato da Attolico) in DDT, vol. l, D. 729.

rebbe che gli stessi uffici telegrafici austriaci si sono scambiati la notizia in via privata, ciò però non ha impedito che fosse immediatamente risaputa un po' dovunque nei locali pubblici, negli uffici, nelle famiglie. Smentita, confermata, ingrandita essa trovò dappertutto accoglienze deliranti, specie nell'ambiente alto atesino. Secondo dati statistici ufficiali la popolazione originaria dell'Alto Adige residente nel Tirolo somma a cinquemila persone, di cui almeno tre abitanti a Innsbruck stessa. La maggioranza di questi è però di nazionalità austriaca avendo per questa optato in base al Trattato di S. Germano: solo una esigua parte è italiana

o per lo meno possiede il passaporto italiano benché di sentimenti nettamente tedeschi e decisamente contrari al nostro Paese e al fascismo. Tra questa gente e in questo particolare ambiente la notizia trovò facile presa data la psicosi del momento e lo stato di esaltazione creato dagli avvenimenti. L'entrata delle truppe germaniche e la segnalazione di reparti risalenti la strada che porta al passo del Brennero servirono ad aumentare lo stato di agitazione della gente che ingombrava le strade e le piazze. Scene straordinarie si sono registrate; la notizia passata di bocca in bocca provocò un entusiasmo generale. La gente si abbracciava e le grida di «Viva Hitler! Viva Mussolini! Viva l'Italia!» si confondevano tra il tripudio generale. Nel tardo pomeriggio colonne compatte si accalcavano sotto il balcone del Palazzo di Governo e altra gente, tra cui molti alto atesini, risaliva fino al consolato generale d'Italia, ove il console Rotini ed i funzionari dovettero durare fatica a convincere quegli esaltati. Intanto la dimostrazione sotto le finestre del Palazzo, dove da poche ore era installato il nuovo governatore, assumeva tali proporzioni che questo ultimo arringò la folla smentendo nel modo più categorico la notizia della cessione dell'Alto Adige, minacciando rappresaglie severissime contro i propalatori di notizie tendenziose. La folla stentava a credere; le parole del governatore furono comunque una doccia fredda. L'arrivo di plotoni di polizia autocarrati ristabilirono la calma. Tutta la sera però nei ritrovi e nelle case non si fece che parlare di questo.

Una scena veramente straordinaria si è svolta a metà strada sulla nazionale che porta al valico del Brennero. Il console d'Italia Rotini che si era recato per ragioni di servizio alla frontiera scendeva in automobile alla volta di Innsbruck. allorché incrociò una colonna di macchine cariche di gente scalmanata che gridava e gesticolava bandiere uncinate e bandiere italiane. Si trattava di gente di origine alto atesina che, convinta ormai che anche l'Alto Adige fosse stato ceduto alla Germania, si dirigeva al confine. Qui i nostri funzionari dovettero usare del bello e del buono per dimostrare il contrario.

Le Autorità militari tedesche hanno incolpato gli ambienti cattolici di aver propalato la notizia allo scopo di turbare i rapporti con l'Italia e il comunicato apparso in proposito sulla stampa ne fa fede. Sta di fatto però che niente di preciso è stato appurato malgrado l'arresto di un certo numero di persone. In un rapporto ufficiale del Gauleiter Denze è detto che malgrado le diligenti indagini svolte non è stato possibile appurare la vera origine delle voci messe in circolazione. Comunque la notizia, a quanto risulta, giunse ad Innsbruck per via telegrafica da Salisburgo.

Questi fatti servono in ogni modo a dimostrare la estrema delicatezza della situazione creatasi ora alle porte d'Italia. La presenza di tanti elementi originari dell'Alto Adige, una buona parte dei quali è trasmigrata in Austria dopo la presa di possesso da parte nostra, per evidenti ragioni politiche quindi, costituisce un problema di eccezionale importanza. Esso dovrà essere seguito con grande attenzione per le vaste ripercussioni che può rappresentare. Non si dimentichi infatti che tutta questa gente ha conservato al di gua del confine rapporti di parentela e di famiglia, e interessi non trascurabili. L'idea della liberazione dell'Alto Adige è stata per il passato mantenuta viva da una sottile propaganda le cui file facevano capo a Berlino piuttosto che a Vienna. Malgrado le poche speranze, lo spirito di rivincita si è mantenuto vivo e nessuna rinuncia è stata fatta nel campo irredentistico. La propaganda pangermanista è stata attiva e gli agitatori hanno sempre trovato qui terreno favorevole.

Di che cosa sarà fatto il domani di questa gente non è facile prevedere, è da supporsi però che la unione dell'Austria alla più grande Germania faccia nascere ben più grandi speranze, e dia esca alle manovre contro il nostro Paese.

La Germania ufficiale nega l'esistenza di un problema dell'Alto Adige: questo non impedisce però che un ufficio speciale presso il ministero della Propaganda del Reich diriga le trame subdole di una propaganda i cui effetti sono evidenti e ben noti alle nostre Autorità superiori in Alto Adige. Sarebbe certo interessante conoscere le ragioni della presenza ad Jnnsbruck in questi giorni del noto e famigerato Bossi Fedrigotti. Egli è stato visto da molte persone in compagnia di ufficiali della polizia bavarese.

Circa lo spirito che anima grandissima parte dei tedeschi in merito alla questione dell'Alto Adige, nessuna illusione è possibile, esso è considerato come terra tedesca, sulla quale la Germania accampa precisi diritti. Gli alto atesini del Tirolo troveranno quindi un terreno estremamente f'avorevole alla loro a::ione anti-italiana, e se pure le autorità tedesche avranno l'aria di non tollerare certe attività per non suscitare il risentimento dell'Italia, non vi è dubbio che sottomano la propaganda tedesca in Alto Adige sarà favorita e sostenuta.

Intanto le legioni naziste nelle varie città e qualcuno degli stessi reparti di truppe alpine bavaresi cantavano per le vie di Innsbruck e di Salisburgo c Linz, un ritornello ben significativo: «Ein, ::wei, dr e i, Tirol ist frei!» (uno, due, tre, libero è il Tirolo)! Tale allusione riguardava si intende il Tirolo del Sud, tanto è vero che ad un dato momento le Autorità naziste hanno severamente proibito la canzone.

Informazioni assunte da ottima fonte confermano intanto che il Gauleiter dottor Egon Dcnze, in una prima riunione relativa alle direttive per il plebiscito nel Tirolo, ha chiaramente ammesso che «bisognerà sfruttare a fondo tutti gli elementi politici che possono assicurare l'esito della votazione, comprese anche le aspirazioni tirolesi per il Tirolo del Sud». Assai vive sarebbero le prcoccupa::ioni delle Autorità tedesche circa l'esito della vota::ione nel Tirolo e specialmente nel Voralberg. Ingenti somme di denaro sono state messe a disposizione del Gauleiter per la necessaria a::ione. Dove il denaro 11on sarà sufjì'cicl1te, la minaccia di rappresaglia entrerà in a::ionc. Fiduciari na::.isti visitano già casa per casa per compilare l'elenco delle famiglie e delle persone politicamente non sicure. Su queste si eserciterà in particolare la vigilan::.a cd il controllo dci na::.isti. Un po' dappertutto si segnalano giù episodi di violcn::.a c di terrore, allo scopo evidente di smor::.are ogni velleità di resistcn::a tra gli clementi che non sono notoriamente favorevoli al na:::ismo. Alle stesse nostre Autorità consolari sono pervenute infòrma::.ioni dettagfiate di taglie imposte a cilladini di Innsbruck già aderenti al Fronte Patriottico; un noto prof'essionista, grande amico personale di Dolfuss è stato obbligato a versare nel limite di due ore ben seimila scellini. Tutti i depositi bancari appartenenti ai cessati membri del Fronte Patriottico sono stati «fermati» da un ordine venuto da Monaco. Tutto questo ha creato una scnsa::.ionc di panico e se si aggiunge che gli clementi na::.isti proclamano apertamente che coloro che no11 voteranno per /'Anschluss saranno internati e privati dei beni è evidente che il plebiscito sarà quello voluto da Hitler. La resisten::.a maggiore verrà poi dalla campagna dorc la massa rurale non sembra disposta a lasciarsi intimorire. I preti della provincia so11o stati già dovunque oggetto di minacce nel caso essi rifiutino di appoggiare l'a::.ione na::.ista. Si dice che una ventina di preti siano già ospiti delle carceri di Innsbruck. Persone bene informate assicurano che la maggiore rcsisten::a verrà appunto dalle sfere clericali c cattoliche, specie dal clero nettamente avverso alla unione col Reich.

Tutti gli istituti religiosi ed i conventi sono stati minu::.iosamente perquisiti, e numerosi scavi sono stati compiuti dalla poli::.ia alla ricerca di armi nei cortili c nei giardini. Presso un vecchio canonico è stato scoperto un busto di bron::.o di Dollfuss. Da una finestra esso è stato lanciato nell'Inn dopo esser stato deturpato. Pure nell'fnn è finito il busto che il Tirolo aveva innal::ato alla memoria del Cancelliere morto per l'Austria. Squadre di giovani

nazisti e soldati bavaresi hanno demolito il monumento sotto gli occhi della popolazione indignata 3 .

406 1 Sul documento vi è la seguente aggiunta autografa di Ciano: «Bisogna appurare con esattezza

407

IL CONSIGLIERE DELL'AMBASCIATA A BERLINO, MAGISTRATI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

LETTERA PERSONALE RISERVATA. Berlino, 26 marzo 1938 (per. il 4 aprile).

Ho visto stamane il direttore generale von Weizsacker che, come conosci, verrà quasi certamente nominato Segretario di Stato della Wilhelmstrasse, al posto di von Mackensen.

Dopo aver parlato dell'iniziativa americana per un Comitato internazionale pro rifugiati politici e delle informazioni provenienti da Innsbruck circa una azione irredentistica alto-atesina (argomenti sui quali la R. Ambasciata Ti riferisce in via ufficiale) 1 , si è accennato al discorso di Chamberlain dell'altro ieri 2•

Von Weizsacker, nelleggerne il testo pubblicato dal Times di ieri, mi ha detto che la sua attenzione è stata attratta particolarmente, nei riguardi della questione spagnola, dalla frase di Chamberlain che l'Italia ha dato nuovamente assicurazione

Da ciò e da altri indizi sembra che la propaganda per l'Alto Adige si sposti su basi essenzialmente differenti da quelle consuete». 407 1 Con T. per corriere 1816/032 R. del 26 marzo, Attolico assicurava di aver portato a conoscenza della Wilhelmstrassc la risposta nettamente negativa data dal governo italiano all'ambasciatore degli Stati Uniti circa una partecipazione dell'Italia ad un comitato internazionale da costituirsi per facilitare l'emigrazione dei rifugiati politici dalla Germania e dall'Austria. Ad Attolico era stato detto che la comunicazione giungeva quanto mai opportuna perché all'estero correvano voci che di fronte alla questione il governo italiano tendesse ad assumere un atteggiamento di riserbo e comunque dilatorio.

Lo stesso giorno, Attolico comunicava-con T. per corriere 1815/031 R. -di avere attirato l'attenzione della Wilhelmstrasse sulle recenti manifestazioni di irredentismo altoatesino che si stavano avendo a Innsbruck, ricevendo da von Weizsacker l'assicurazione che in materia erano stati dati ordini severissimi e che «ogni azione intesa a seminare dissensi tra Italia e Germania a mezzo di una qualsiasi esaltazione irredentistica altoatesina era punibile con l'immediato internamento in un cam~o di concentramento». 407 -Vedi D. 405, nota 2.

473 di non avere alcuna aùn territoriale, politica ed economica sulla Spagna. Quanto alla «territoriale» ciò è ben chiaro ma quanto alla «politica ed economica» i Tedeschi non hanno ben capito di cosa si tratti. In proposito -egli ha aggiunto -una tale tanto totalitaria ed assoluta dichiarazione come si concorda con l'Accordo fatto dall'Italia con Franco alla fine del 1936?ò

Non avendo molti elementi a mia disposizione, ho risposto che evidentemente le parole di Chamberlain dovevano riferirsi ad aims monopolistiche. E che ad ogni modo il resoconto del Times mi sembrava usare parole un po' troppo assolute.

Tanto ho voluto riferirti, per tua opportuna conoscenza.

406 3 Nel promemoria consegnato da Attolico a von Mackensen, al posto del brano soppresso vi è la seguente aggiunta: «Si aggiunga quale esempio il seguente caso. Presso Reutte, vicino all'antico confine austro-germanico, a circa mezz'ora da quella località e precisamente a Bad Kreckelmoos vi è una clinica, il cui direttore è un C!'!rto dottor Stecher. La clinica è specializzata per varie malattie, soprattutto per le malattie intestinali. E un luogo di cura e vi si fanno nello stesso tempo delicate operazioni. Fino a qualche giorno fa, fra gli assistenti del dottor Stecher vi era un tale di origine ladina o che ha un nome ladino. Quest"ultimo è dell'Alto Adige ed ha un passaporto italiano. Dopo l'entrata delle truppe tedesche in Austria l'individuo in parola, di cui non si conosce ancora il nome, credette corrispondesse al suo vero interesse diventare cittadino germanico. Egli si recò a Monaco e sollecitò l'intervento delle Autorità del Partito nazista onde ottenere nel minor tempo possibile la cittadinanza germanica. Ma le Autorità del Partito non solo rifiutarono ogni appoggio e gli dimostrarono che i calcoli da lui fatti circa le possibilità di incrementare la sua attività professionale, cambiando nazionalità. erano errati, ma lo esortarono energicamente a restare cittadino italiano. rivelandogli che egli era compreso nella lista di quei colti intellettuali a cui sarebbe stato commesso d'ora in poi il compito della propaganda in Alto Adige. La conclusione dell'incontro del predetto medico con le Autorità naziste di Monaco è stata che egli ha abbandonato l'impiego presso il sanatorio di Bad Kreckelmoos e si è messo a disposizione del Partito nazionalsocialista.

408

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, ALL'AMBASCIATORE IN CINA, CORA

T. 291/101 R. 1 Roma, 28 mar::o 1938, ore 23.

Mi riferisco al telegramma della R. ambasciata in Tokio n. 225 2 .

Disposizioni ambienti militari giapponesi escludono per il momento ogni nostro tentativo mediazione. Senza farne oggetto di comunicazioni a codesto governo, codesta ambasciata lasci quindi discretamente cadere la cosa, pur continuando segnalare a questo Ministero ed al R. ambasciatore a Tokio nuove eventuali offerte cinesi.

409

L'AMBASCIATORE PRESSO LA SANTA SEDE, PIGNATTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE SEGRETO 1836/24 R. Roma, 28 mar::o 1938 (per. stesso giorno).

La dichiarazione dell'episcopato austriaco 1 è un atto veramente spontaneo. In Santa Sede lo si giudica con qualche riserva e si teme che non appena passato il plebiscito, le cose volgano male per i cattolici. Il rappresentante del Fuhrer per il plebiscito austriaco, è lo stesso che ha esercitato analoghe funzioni nella Saar. L'atteggiamento leale dei cattolici di quella regione ha certamente giovato enormemente al successo del plebiscito. Ciò non ha impedito che i due vescovi di Spira e di Colonia siano stati, poi, trattati duramente.

407 .l Riferimento al Protocollo itala-spagnolo del 28 novembre 1936 (in serie ottava, vol. V, D. 504). 408 1 Questo telegramma fu trasmesso anche all'ambasciata a Tokio con numero di protocollo 29l/ll6. 408 2 Vedi D. 400. 409 1 Vedi D. 413.

Ho detto al cardinale Segretario di Stato, in risposta alle sue osservazioni, che l'atteggiamento dell'episcopato austriaco è, a mio avviso, avveduto e saggio e potrà contribuire all'auspicata pacificazione.

Il cardinale Pacelli ha risposto che se lo augurava.

410

L'UFFICIO TERZO DELLA DIREZIONE GENERALE AFFARI D'EUROPA E DEL MEDITERRANEO AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

APPUNTO. Roma. 28 marzo 1938.

CONVERSAZIONI ITALO-INGLESI: PALESTINA.

Il Governo britannico aveva proposto per la Palestina, come si ricorda, una formula colla quale il Governo italiano si impegnava praticamente a dare carta bianca a quello inglese per quanto riguarda il futuro assetto della Palestina.

Fu fatto presente all'esperto inglese che il Governo italiano era disposto a entrare nell'ordine di idee di non creare difficoltà all'Inghilterra per la Palestina. Pareva indispensabile però che il Governo inglese desse affidamenti circa quella che sarebbe stata la sua futura azione. Tali affidamenti dovevano essere da parte inglese una riaffermazione dei principi e degli scopi del Mandato. In più il Governo inglese doveva rassicurarci circa i fini difensivi dei possibili futuri armamenti della Palestina.

In proposito fu presentata una formula nella quale era anche fatto cenno alla necessaria salvaguardia degli interessi italiani 1 .

L'esperto britannico, dopo essersi consultato coi rappresentanti dei diversi Ministeri interessati a Londra, ha confermato quello che aveva già detto personalmente a Roma, e cioè che il Governo inglese si rendeva conto che il Governo italiano non poteva confermare un impegno in bianco. Il Governo inglese non era tuttavia m grado di formulare anche in modo generico la sua futura politica in Palestina.

In tali condizioni il Governo inglese propone:

l) di sopprimere dall'agenda delle conversazioni in corso la questione palestinese, confidando che, quando essa verrà trattata, non sorgeranno al riguardo difficoltà tra l'Italia e l'Inghilterra dato il migliorato clima dei rapporti italo-inglesi; oppure

2) di adottare la formula anodina che segue, della quale lo stesso esperto inglese riconosce il carattere «vago» e sulla quale non insiste.

La formula sarebbe la seguente:

Draft formula about Palestina-28th March.

l) The Government of the United Kingdom of Great Britain and Northern Ireland will inform the Royal Italian Government of the proposals which they

intend to adopt for the replacement of the existing mandate for Palestine and will so far as is practicable give effect to suggestions from the Royal Italian Government for the safeguarding of ltalian interests in Palestine.

2) The Royal Italian Government will adopt a sympathetic attitude towards the proposal of the Government of the United Kingdom with regard to the replacement of the existing mandate 2 .

410 1 Vedi D. 327.

411

L'UFFICIO TERZO DELLA DIREZIONE GENERALE AFFARI D'EUROPA E DEL MEDITERRANEO AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

APPUNTO. Roma, 28 marzo 1938.

CONVERSAZIONI !TALO-INGLESI: ARABIA.

Nelle conversazioni con l'esperto britannico per l'Arabia furono svolti, come si sa, due ordini di idee:

l) la convenienza italiana e inglese di ribadire e precisare il reciproco impegno italiano e britannico di rispettare l'integrità territoriale e l'indipendenza della Saudia e dello Yemen giusta quanto era stabilito nelle conclusioni delle conversazioni di Roma del 1927 1 ;

2) la conferma e lo sviluppo del criterio, parimenti affermato nelle conclusioni delle anzidette conversazioni, dell'uguaglianza della posizione dell'Italia e della Gran Bretagna nell'Arabia meridionale, uguaglianza che si era venuta spostando a vantaggio inglese in questi ultimi due anni nonostante le proteste fatte dal Governo italiano a Londra.

L'esperto inglese, di ritorno da Londra, ha rimesso un progetto di accordo col quale è accolta la prima delle due richieste italiane ed è respinta invece la seconda.

L'esperto inglese ha fatto presente come il Governo inglese non possa assolutamente accettare il n. 2 delle richieste italiane, dato, tra l'altro, gli impegni che esso ha coi Sultani dell'Arabia meridionale, che si trovano da tempo sotto il protettorato britannico (protettorato che in questi ultimi due anni da nominale è diventato di fatto), e dato l'interesse che l'Arabia meridionale ha per l'Impero britannico pel fatto di trovarsi sulla via delle Indie.

La redazione del progetto presentato va evidentemente riveduta per rendere più preciso l'impegno reciproco al rispetto dell'integrità territoriale e dell'indipendenza della Saudia e dello Yemen su altri punti minori.

Soprattutto andrebbe modificata la clausola relativa alla sua durata.

Questa clausola così, com'è proposta, dà facoltà ai due Governi di ritenersi liberi dagli impegni assunti ove, verificandosi dei mutamenti nella situazione esistente, e i due Governi avendo proceduto a consultazioni, queste ultime non avessero, entro tre mesi, condotto a risultati positivi. L'accordo verrebbe così ad essere denunciabile entro tre mesi; e perderebbe pertanto gran parte -se non tutto -il suo valore.

Pare sia da chiedere al Governo inglese, per quanto riguarda la durata dell'accordo, una clausola analoga a quella inserita nel Preambolo del Protocollo e che dice:

Omissis ...

«ognuno dei detti strumenti rimarrà in forza indefinitamente, ma se uno dei due Governi in qualunque tempo ritenga che un mutamento di circostanze renda necessaria la revisione di uno qualsiasi di questi strumenti, i due Governi si consulteranno in vista di una tale revisione 2•

410 2 Sul documento vi è l'annotazione di Ciano: «Non parlarne». 411 1 Vedi D. 256, nota l.

412

L'UFFICIO TERZO DELLA DIREZIONE GENERALE AFFARI D'EUROPA E DEL MEDITERRANEO AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

APPUNTO. Roma, ... [marzo 1938jl.

Gli inglesi hanno suggerito la seguente formula circa il reclutamento di truppe indigene:

«Il Governo italiano conferma l'assicurazione, data nella Nota diretta alla

S.d.N. il 29 giugno 1936, che l'Italia da parte sua è disposta ad aderire al principio che gli indigeni non siano assoggettati a prestazioni militari che per assicurare la polizia locale e la difesa del territorio».

La Nota italiana di cui sopra conteneva effettivamente la seguente frase:

«L'Italia è disposta ad aderire per parte sua al principio che gli indigeni non siano assoggettati a prestazioni militari che per assicurare la polizia locale e la difesa del territorio».

Il Ministero dell'Africa Italiana ha osservato che l'accettazione della formula proposta sarebbe contraria alle direttive generali di governo relative alla futura organizzazione militare della Libia e dell' A.O.I., organizzazione che si basa sull'impiego delle truppe di colore, delle quali non è esclusa, in caso di necessità, la possibilità di trasporto anche nella metropoli.

«Va bene per modificare la clausola sulla durata però non farne una condizione sine qua non S.E. il Ministro 29/3 D[e Peppo]».

«S.E. il Ministro conferma di non insistere sulla Arabia meridionale o orientale, accettando la formula proposta 29/3 D[e Peppo]». 412 1 All'inizio del documento vi è la seguente annotazione autografa: «Sottoposto al Duce. Favorevole ad accettare. limitatamente però agli indigeni dell'A.O.I. S.E. il Ministro 28/3 D[e Peppo]». A lato dell'ultima frase vi è una seconda annotazione: «S.E. il Ministro dice che non è esatto 28/3 D[e Peppo]».

4ll 2 Sul documento vi sono le seguenti annotazioni:

413

L'AMBASCIATORE A BERLINO, ATTOLICO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. 2022/626. Berlino, 28 marzo 1938 (per. il r aprile).

Il cardinale arcivescovo di Vienna ed i vescovi austriaci hanno pubblicato una solenne dichiarazione in cui proclamano, in occasione dei recenti avvenimenti, che per propria convinzione e come manifestazione di libera volontà riconoscono con gioia il valore dell'opera del movimento nazionalsocialista ed accompagnano l'azione di esso con le migliori benedizioni. I vescovi fanno, come tedeschi, professione di fede nel Reich tedesco ed invitano i credenti a seguire il loro esempio.

La solenne dichiarazione dei vescovi è stata letta ieri dal pulpito in tutte le chiese dell'Austria. Essa è stata portata a conoscenza dell'incaricato del Fuhrer per il plebiscito in Austria, Burckel, con la seguente lettera dell'arcivescovo di Vienna:

«Le invio unita la dichiarazione dei vescovi. Lei potrà rilevare da essa che noi vescovi volontariamente e senza costrizione abbiamo adempiuto il nostro dovere nazionale. Io so che a questa dichiarazione seguirà una felice collaborazione».

La dichiarazione è preceduta dalla seguente introduzione:

«Dopo profonde deliberazioni noi vescovi austriaci, in considerazione della grande ora storica che il popolo austriaco attraversa e con la coscienza che in questi giorni trova il suo adempimento il nostalgico sentimento millenario del nostro popolo per la sua riunione nel grande Reich tedesco, ci siamo decisi ad indirizzare a tutti i nostri fedeli il seguente appello. Noi possiamo fare questo senza nessuna preoccupazione, tanto più in quanto l'incaricato del Fuhrer per il plebiscito in Austria, Biirckel, ci ha dato conoscenza della leale linea della sua politica, che deve essere condotta secondo il motto: «Date a Dio quel che è di Dio, ed a Cesare quel che è di Cesare».

Il testo dell'appello ai fedeli è il seguente:

«Per intima convinzione e di nostra piena volontà, noi sottoscntti, vescovi della provincia ecclesiastica austriaca, in occasione dei grandi avvenimenti storici nell'Austria tedesca:

Noi riconosciamo con gioia che il movimento nazionalsocialista ha operato ed opera in modo eminente nel campo della ricostruzione nazionale ed economica, nonché in quello della politica sociale per il Reich tedesco e specialmente per i più poveri ceti della popolazione. Noi siamo anche persuasi che mediante l'azione del movimento nazionalsocialista è stato allontanato il pericolo del bolscevismo distruttore ed ateo.

Noi vescovi accompagneremo quest'azione in futuro con i nostri migliori voti e con la nostra benedizione, e rivolgeremo un'esortazione in questo senso ai credenti.

Nel giorno del plebiscito popolare è naturalmente dovere nazionale per noi vescovi di fare, come tedeschi, professione di fede nel Reich tedesco e noi attendiamo anche da tutti i fedeli cristiani che essi riconoscano i loro obblighi verso il popolo».

Tutti i giornali recano stamane le lettere e le dichiarazioni dei vescovi austriaci al posto d'onore ed in caratteri cubitali. Pubblicano altresì una riproduzione fotografica dei vari documenti nel testo autografo. Aggiungono un commento di ispirazione ufficiosa il quale lascia comprendere il desiderio che l'episcopato del Rei c h assuma in occasione del l O aprile un atteggiamento consimile a quello dei vescovi austriaci.

«Con gioia e sincera soddisfazione-è detto nel commento in parola-l'intero popolo tedesco prende conoscenza di questa dichiarazione. Essa è di natura da costituire l'epilogo di un passato. Essa dimostra che in questa epoca, così ricca di avvenimenti decisivi per l'intero popolo tedesco e per il suo futuro, anche la Chiesa Cattolica vuoi ritrovare la strada verso il nuovo Stato.

Il nazionalsocialismo che persegue imperturbabile lo scopo dell'unificazione di tutti i tedeschi, sarà felice di poter porre un termine anche in questo campo alle contese e quindi alla scissione del nostro popolo. Così forse per la prima volta nella nostra storia il lO aprile 1938 l'intera comunità tedesca senza riguardi di stirpi, di regioni, di classi e di confessioni, si recherà compatta alle urne votando senza riserve col Sì».

È da rilevare a tale proposito che il problema dei rapporti fra Stato e Chiesa era stato trattato ampiamente dal maresciallo Goring nel suo discorso di sabato sera a Vienna 1• Il maresciallo aveva negato che il nazionalsocialismo volesse distruggere la fede e la religione, sostenendo che esso intendeva soltanto praticare una netta separazione fra i compiti dello Stato e quelli della Chiesa.

Se noi fossimo antireligiosi, anticattolici ed anticristiani, aveva esclamato Goring, credete voi che l'Onnipotente avrebbe dato la sua benedizione al nostro movimento? Noi non distruggiamo, né la fede, né la religione. Al contrario, noi abbiamo riportato la fede nel popolo e Io abbiamo di nuovo reso credente. Noi vogliamo un popolo religioso, un popolo credente. Forse, per merito di questi travolgenti avvenimenti austriaci, comincia anche dall'altra parte a manifestarsi un barlume di comprensione. Essa si chiede forse se non sia più opportuno concludere nuovamente la pace. Io ripeto dunque ancora una volta: il movimento nazionalsocialista darà alla Chiesa quella protezione che essa può reclamare, ma la Chiesa non deve immischiarsi in cose che non la riguardano e che non sono di sua spettanza, poiché in questo campo non sono possibili compromessi.

A queste notizie posso aggiungere che il nunzio apostolico monsignor Orsenigo ha avuto occasione proprio in questi giorni di accennare nuovamente al problema dei rapporti dei cattolici col Reich al ministro degli Affari esteri von Ribbentrop ed al ministro della giustizia Giirtner.

Il colloquio col ministro degli Affari Esteri si è svolto in tono cordiale. Von Ribbentrop, senza dare eccessivi affidamenti, ha però dichiarato al nunzio che egli intende dedicarsi al problema per il raggiungimento di una soluzione favorevole. Ha aggiunto che oggi, all'indomani della sua assunzione alla direzione della Wilhelmstrasse, sarebbe per lui troppo prematuro esprimere una netta opinione sulla questione. Il nunzio però poteva essere assicurato che egli avrebbe messo la sua miglior buona volontà per facilitare l'opera di distensione.

Tutte queste notizie, e particolarmente il suaccennato discorso del maresciallo Goring a Vienna ed il risalto eccezionale che, evidentemente anche per motivi di

carattere propagandistico a favore del prossimo plebiscito, la stampa ha dato alle lettere contenenti le dichiarazioni dell'episcopato austriaco nei confronti del Reich nazionalsocialista, dimostrano come il problema dei cattolici in Germania abbia assunto in seguito all'unione dell'Austria al Reich una nuova fisionomia, con la creazione di una pedana che potrebbe effettivamente favorire un miglioramento in un campo tanto delicato ed importante.

413 1 Vedi Relazioni Internazionali, pp. 279-280.

414

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, ALL'AMBASCIATORE A TOKIO, AURITI

T. 293/119 R. Roma, 29 marzo 1938, ore 24.

Col mio telegramma n. 2011116 1 ho comunicato a V.E. istruzioni impartite al

R. ambasciatore a Shanghai in seguito al telegramma di V.E. n. 225 2 .

Pur rendendomi conto che attuali disposizioni di codesti ambienti militari escludono per ora ogni possibilità nostra mediazione, rilevo peraltro che, al momento opportuno, mediazione italiana costituirà probabilmente mezzo più idoneo a porre fine all'attuale conflitto in maniera soddisfacente per il Giappone. È pertanto desiderabile che codesti ambienti militari sappiano fin d'ora che, quando tale momento favorevole si presenti, saremo ben lieti di prestare la nostra opera.

Prego V.E. agire in tal senso colla dovuta discrezione, continuando a tenermi informato circa le disposizioni di codesti ambienti militari.

415

LA DIREZIONE GENERALE AFFARI D'EUROPA E DEL MEDITERRANEO AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

APPUNTO. Roma, 29 marzo 1938.

Circa la formula relativa allo scambio d'informazioni militari, il R. Ministero della Marina fa presente che l'impegno a fornire le informazioni stesse non estendendosi all'Egitto, la formula presenta a nostro riguardo una lacuna di evidente importanza. Il R. Ministero della Marina al riguardo fa presente l'importanza che, per essa, avrebbero le informazioni relative agli sviluppi delle basi egiziane 1 .

414 2 Vedi D. 400. 415 1 Sul documento vi è la seguente annotazione del ministro De Peppo: <<Fatto l'accordo parleremo con l'Egitto. S.E. il M. -3013».

414 1 Vedi D. 408. nota l.

416

IL PROFESSORE ENDERLE AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

APPUNTO. Roma, 29 marzo 1938.

Ho visto oggi il fiduciario del Mufti, Signor Alami, venuto in Europa per qualche settimana e che si tratterrà a Roma fino a posdomani sera. Il Signor Alami mi ha pregato di portare a conoscenza di V.E. quanto segue:

l -La gratitudine del Mufti e dei nazionalisti arabi di Palestina per l'Italia è e sarà sempre imperitura per tutto quello che col nostro aiuto ha potuto finora essere realizzato, a prescindere da quello che potrà essere il futuro atteggiamento del Governo italiano, che, come il Mufti comprende, dovrà essere armonizzato con qu'elli che sono o potranno essere i nuovi rapporti itala-inglesi.

2 -Il Mufti spera soltanto che nel corso delle trattative con l'Inghilterra l'Italia non acceda a nulla che possa compromettere le sue magnifiche posizioni nel mondo arabo e non abbandoni la Palestina all'improvviso.

3 -La situazione dei nazionalisti arabi in Palestina è attualmente ottima, come conferma il fatto che gli arabi hanno sempre l'iniziativa dell'attacco, nonostante la presenza sul territorio palestinese di 6.000 uomini di polizia regolare, 18.000 uomini di polizia ausiliaria, in maggioranza ebrei, 12.000 di truppa. In totale una forza di

36.000 uomini muniti dei mezzi bellici più moderni e disposti a servirsene senza pietà. 4 -I piani del Mufti, d'intesa con alcuni esponenti del Governo Iraquiano e con Ibn Saud, prevedono che, nel prossimo mese di aprile, l'insurrezione in Transgiordania, da tempo prevista e che dovette essere rimandata, debba essere iniziata con l'attacco di Amman da parte di un contingente di uomini provenienti dall'Iraq, l'attacco della zona dello Aglun (confine Siro-Transgiordanico) da parte di elementi siriani e drusi e quello di Maan da parte di rivoltosi locali. Se i risultati raggiunti saranno apprezzabili, il Mufti assumerà personalmente il comando degli insorti e due liwa (formazioni armate irregolari di tribù) di lbn Saud entreranno in Transgiordania con le loro bandiere, sempre fingendo che ciò accada senza il concorso delle Autorità arabo-saudiane, che faranno presente di non aver potuto trattenerle. 5 -Allo stato attuale delle cose il Mufti ha molta fiducia nella riuscita del suo movimento. Egli ha già ricevuto da parte inglese le seguenti proposte, a modifica del rapporto Peel: Sistemazione della Palestina in conformità di quanto suggerito in detto rapporto (tre zone) con l'assegnazione allo Stato arabo palestinese indipendente di tutta la Galilea, della zona a Sud di Giaffa (già assegnati allo Stato ebreo) e del corridoio Giaffa-Gerusalemme. Gerusalemme e Betlemme sotto mandato inglese. La sola zona di Caifa e Giaffa (Tel-Aviv) agli ebrei, senza limiti di immigrazione. Oppure: Palestina una ed indipendente sotto l'egida della S.d.N. con convenzione ap

posita che stabilisce che per un dato numero di anni gli ebrei non devono superare il 35'% della popolazione.

Gli ebrei, che sono molto stanchi sarebbero disposti, da parte loro, ad accettare la costituzione di uno Stato Palestinese unico in cui gli ebrei non dovrebbero mai superare il 35% della popolazione palestinese (esclusi, quindi gli ebrei che non sono cittadini della Palestina).

II Mufti ed i nazionalisti arabi sarebbero disposti ad accettare la seguente soluzione:

Mandato inglese su Gerusalemme e Betlemme. Stato ebraico comprendente le zone attualmente popolate in prevalenza da ebrei (Caifa-Giaffa), ma con divieto di ulteriore immigrazione sionista.

Stato palestinese arabo indipendente per il resto del territorio.

Che tale soluzione possa essere raggiunta non è da escludersi, specialmente se, come si prevederebbe, l'attuale Ministro delle Colonie inglese rassegnerà le dimissioni.

6 -II Signor Alami ha aggiunto che le speranze del Mufti si avvicinerebbero alla realtà se egli potesse contare ancora sull'aiuto del Governo italiano nella seguente misura:

versamento di una sovvenzione di 20.000 sterline subito;

» » » » I 0.000 sterline al mese per cinque mesi ancora.

H tutto importerebbe un totale di sterline 70.000 che servirebbero a dare al movimento in Transgiordania il massimo vigore ed a mantenere un Governo provvisorio che sarebbe costituito subito dopo Io scoppio della rivolta in Transgiordania.

Come è noto a V.E., Io scorso anno, in settembre, furono promessi al Mufti 1 i seguenti aiuti:

-15.000 sterline subito, che furono versate in novembre;

-5.000 sterline al mese o 10.000 sterline ogni due mesi per la prevedibile durata di un anno.

Quest'ultima concessione importava un onere complessivo di sterline 60.000, delle quali sono state versate sinora sterline 25.000, mentre altre 35.000 dovrebbero essere versate ancora mensilmente o bimestralmente fino al mese di novembre prossimo.

Le richieste del Mufti comporterebbero quindi una nuova concessione di sterline 35.000.

Quanto precede si ha l'onore di sottoporre a V.E. per le superiori decisioni.

II Signor Alami ha aggiunto che:

l) Il M ufti pur rendendosi conto delle nostre esigenze sarebbe vivamente grato se, ove il Governo si proponesse comunque di cessare di aiutarlo, Io si avvertisse alcuni mesi prima affinché egli non abbia a trovarsi di colpo senza mezzi ed in balia degli Inglesi.

2) II Mufti conterebbe sempre per Io meno sull'aiuto mensile, o bimestrale, promessogli lo scorso settembre.

3) Qualora quest'ultimo aiuto non avesse possibilità di aumenti gli insorti dovrebbero ancora più gravare su Ibn Saud il quale reclamerebbe forse la cessione di una parte della Transgiordania a rivoluzione ultimata.

Tenuto conto delle trattative in corso con l'Inghilterra, qualora l'E.V. mi consentisse di esprimere subordinatamente un avviso, mi permetterei sottoporre

a V.E. l'opportunità di regolare i rapporti col Mufti di Gerusalemme con la concessione, al più presto possibile, prima dell'eventuale conclusione di tali trattative, di un'ultima notevole sovvenzione che, per poter apparire fatta senza che si venga meno agli impegni presi lo scorso anno e con generosità tale da non lasciare ombre nella nostra amicizia con gli arabi di Palestina e gli arabi in genere, dovrebbe essere di poco superiore alle 35 mila sterline che ancora dovremmo versare e certamente inferiore alle 70 mila sterline che il Mufti vorrebbe ancora ottenere.

Tale concessione costituirebbe, in qualche modo, la liquidazione dei nostri affari in Palestina fatta senza che nulla possa mai esserci rimproverato ed in modo da permettere pure agli arabi, in questo periodo, il loro sforzo supremo.

Resto in attesa di ordini di V.E. per le comunicazioni da fare al signor Alami, che sarebbe bene abbreviasse il suo soggiorno in Italia il più che possibile, partendo, se del caso, anche domani sera.

Rispondendo a sua richiesta, ho già detto all'Alami che era mia impressione personale che l'Italia in nessun caso avrebbe abbandonato bruscamente gli arabi della Palestina in seguito alle sue trattative con l'Inghilterra, senza aggiungere dettagli di sorta.

Resto in attesa di conoscere se posso confermare tale assicurazione generica a nome di V.E. e se l'E.V. desidera vedere personalmente il signor Alami 2 .

416 1 Vedi serie ottava. vol. VII, D. 365.

417

L'AMBASCIATORE A RIO DE JANEIRO, LOJACONO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. 892/215. Rio de Janeiro, 29 marzo 1938 (per. il 14 aprile).

La campagna antinazista in Brasile è cominciata negli Stati del Sud a causa della mano libera che era stata lasciata alle organizzazioni tedesche dal governatore del Rio Grande do Sul, signor Flores da Cunha, come corrispettivo agli aiuti che egli riceveva nei suoi atteggiamenti di resistenza al governo federale.

Quando Getulio Vargas avocò a sé le brigate militari dello Stato di Rio Grande, pretese la restituzione del materiale bellico ceduto dal governo federale, tolse a Flores da Cunha l'appoggio dell'esercito statale locale e lo costrinse a varcare il confine, allora le organizzazioni tedesche, gravemente compromesse nel tentativo antifederale, cominciarono ad essere oggetto di severa sorveglianza. Si dice che siano state raccolte allora le prove di forniture di armi al governatore quasi ribelle e persino di trattori agricoli ... trasformabili in piccoli carri di assalto.

Sopravvenne poi il decreto presidenziale che scioglieva i partiti politici brasiliani.

Questo decreto non ebbe effetto contro le organizzazioni patriottiche straniere, ma alcuni Stati come quelli di Rio Grande do Sul, Parana e Santa Caterina finirono con estenderlo, con semplici ordinanze di polizia, alle organizzazioni straniere.

È noto a V.E. l'intervento mio presso il ministro della Giustizia e l'esito -che ritengo soddisfacente-che ne derivò; dico soddisfacente perché così è stato giudicato dai primi interessati -che sono gli italiani residenti in Brasile -i quali hanno potuto, per esempio, celebrare in questi giorni la Fondazione dei Fasci di Combattimento accorrendo alle cerimonie in camicia nera, senza il minimo inconveniente.

Mentre io mi muovevo verso il ministro di Giustizia, il mio collega di Germania, a quanto egli stesso mi ha narrato, è risalito sino al Presidente della Repubblica. Questi interventi in sede così alta sono, a mio giudizio, sempre errati perché nulla ottengono di esplicito e di conclusivo, mentre poi precludono la via ad intese col ministro competente, che si ritiene sistematicamente offeso ed esautorato pel fatto che un ambasciatore lo ha scavalcato.

Il colloquio Vargas-Ritter si distinse in due tempi: in un primo tempo Vargas dichiarò che le organizzazioni tedesche erano disciolte; in un secondo tempo, dopo lunga meditazione, e sull'avvertimento dell'ambasciatore tedesco che ciò avrebbe portato un colpo alle relazioni teuto-brasiliane, il Presidente dichiarò che le organizzazioni vivevano ma non potevano invocare privilegi di riunioni, divise, emblemi, ecc.... che erano vietati ai cittadini brasiliani. Aggiunse che per defìnire questi dettagli l'ambasciatore poteva intendersi col ministro della Giustizia.

Mentre l'ambasciatore attendeva che gli si fissasse una seduta col ministro della Giustizia, sopravvennero nuovi atti di repressione, con arresti di cittadini germanici. Allora il mio collega respinse l'idea di un incontro col ministro della Giustizia e venne da me a chiedere consiglio. Io gli dissi quello che io avevo fatto e ottenuto dal ministro Campos e lo esortai a recarsi da lui; lo avvertii, (perché lo stesso ministro Campos me ne aveva parlato) che i punti che egli doveva diradare erano questi: che le organizzazioni naziste non servivano di paravento per le riunioni degli integralisti e che le organizzazioni naziste non avrebbero perseguitato cittadini germanici non nazisti.

L'ambasciatore di Germania fu dal ministro Campos ma non mi è dato giudicare se e con quale tatto abbia svolto la sua opera. Il certo si è che non credo che alcuno dei consoli germanici in Brasile abbia ricevuto il conforto di quelle assicurazioni che i consoli italiani avevano ottenuto. Credo invece che sia partito per Berlino un rapporto alquanto collerico, da cui deve aver tratto poi lo spunto il governo nazista per passare alla Corrispondenza Politico-Diplomatica l'articolo sui tedeschi in Brasile, che deve essere ben noto a V.E. per l'enorme, esagerato ed artificioso scalpore che ne hanno fatto i giornali innumerevoli di tutto il continente americano, sempre sotto la magistrale battuta dei registi di Washington.

Dall'accenno, sia pure inabile, di Berlino alle condizioni di instabilità di Vargas il quale non era in grado di mantenere le recenti dichiarazioni e promesse (allusione al colloquio Vargas-Ritter), la stampa democratica è passata di sbalzo al risentimento per la sovranità del Brasile offesa da queste constatazioni europee di situazioni interne, sulle cui piaghe solo il dito nord-americano può posarsi; e dalla sovranità lesa si è passati alla minaccia di invasione ed alla solidarietà di tutti i popoli di questo, ahimé, troppo giovane continente nel difendere, con coraggio pari al quadrato della distanza, l'esistenza di questo povero e piccolo lembo di terra brasiliana dell'assalto dei barbari teutonici. Il destino dell'Austria inghiottita dalle 17 alle 17,15 di un bel giorno di marzo, è sembrato nulla in confronto alla ben più feroce e più immediata tragedia sovrastante il Brasile. Ogni altro problema è passato nel dimenticatoio di fronte a questi fatti terribili non successi.

Ma la politica democratica non si fa coi fatti veri; bensì, più facilmente, con gli stati d'animo dei fatti non veri. I lettori di un intero continente hanno vissuto questi stati d'animo i quali servivano a soffiare sulla brace del panamericanismo mezzo spento dalla mancata locazione dei cacciatorpediniere, dalla petulanza argentina contro il Brasile, dai trattati «bilaterali» brasil-boliviani, dalle affermazioni aviatorie italiane nell'America Latina e dalle accoglienze di Rio al figlio del Duce, ecc. ecc.

Solo qualche giornale brasiliano ha portato, in tanta effervescenza, qualche parola di calma equilibratissima dicendo che la Germania non ha mai fatto nulla contro il Brasile e che se gli Stati Uniti ce l'hanno contro il nazismo non debbono per questo scegliere il Brasile come campo di lotta. Questi articoli sarebbero stati perfetti se non avessero rivelato a loro volta di essere stati pagati dai tedeschi. E così propaganda e contropropaganda si uccidono l'un l'altra con la stessa ignobile arma: il denaro.

Allego, nel caso che codesto Ministero ne sia privo, il testo tradotto dell'articolo incriminato della Corrispondenza Politico-Diplomatica di Berlino 1 .

416 2 Il documento ha il visto di Mussolini. Si veda per il seguito il D. 424.

418

IL MINISTRO A SOFIA, TALAMO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. 1426/446. Sofia, 29 marzo 1938 (per. il 2 aprile).

Mio telespresso 1310/412 del 21 corrente 1•

L'opinione di questi circoli politici, già polarizzata -come ho riferito nel telegramma summenzionato -intorno al principio che la realizzazione dell'Anschluss rappresenta la prima concreta revisione dei trattati di pace, comincia ora a trame le conseguenze necessarie per quella che sarà la funzione della Bulgaria nel nuovo equilibrio danubiano e balcanico.

La responsabilità della Francia e del Fronte Popolare, tra le cause che hanno prodotto l'attuale situazione centro-europea, viene definitivamente ammessa: e di qui all'affermazione della totale disfatta della politica francese «in tutte le direzioni, sul piano interno come sul piano esterno» (Slovo, 25 c.m. editoriale) il passo è breve.

Da Lima, il ministro Faralli sottolineava l'eco che la controversia tra Brasile e Germania stava avendo in tutto il continente americano. <<Non vi è dubbio -osservava -che in questa offensiva scatenata contro la pretesa ingerenza europea nella politica interna degli Stati americani ha avuto ed ha una parte sempre crescente la propaganda nord-americana che non intende lasciar passare, senza sfruttarlo fino in fondo, questo incidente per mostrare ai Paesi latino-americani donde venga il vero pericolo (e cioè non dal comunismo ma dal nazismo e dal fascismo) e per rafforzare le correnti favorevoli all'isolamento dell'America sotto l'egida protettrice degli Stati Uniti e alla applicazione di una dottrina di Monroe interpretata nel senso più estensivo». E aggiungeva: «D'altra parte, molti indizi lasciano intravedere una ripresa dello spirito nazionalista in tutta l'America Latina, favorita per ragioni contingenti dagli Stati Uniti che cercano di incanalarla contro l'Europa, ripresa che già prima dell'incidente tedesco-brasiliano aveva avuto qualche manifestazione» (telespresso 967/355 del 26 marzo). 418 1 Riferiva che l'Anschluss era stato accolto con favore dalla maggior parte della stampa bulgara in quanto veniva considerato <<uno dei colpi più forti portati all'impalcatura dei trattati di pace ed il primo atto concreto di una revisione generale» nella quale si sarebbero potute inserire anche le rivendicazioni bulgare.

La pacifica, incontrastata realizzazione dell' Anschluss ha prodotto la netta sensazione della fine del sistema di Versailles ad opera della rinata potenza germanica, «la quale si trova dietro all' Anschluss così come la potenza dei vincitori del 1918 si trovava dietro Versailles»: è questo il dato di fatto più importante che viene rilevato anche dalla stampa (Slavo, 19 c.m.) e sulla base di esso vengono sviluppate alcune interessanti considerazioni che mi sembrano riflettere l'opinione più accreditata di quanti, in questo Paese, amerebbero veder effettuare dal proprio governo una politica estera meno neutrale.

La nuova Germania -si pensa -assumendo la successione storica della antica duplice monarchia nell'Europa Danubiana, costituisce un baluardo contro il bolscevismo che è il solo pericolo per la nostra civiltà: di fronte a questa nuova Germania l'interesse del mondo slavo non è di opporvisi in nome di un ipotetico pericolo ma di collaborarvi secondo il proprio interesse nazionale, che deve precedere qualsiasi considerazione di razza.

Infatti -si osserva -la Jugoslavia, con la quale la Bulgaria è legata da un patto di eterna amicizia, ha derivato dall'Anschluss l'eliminazione dell'unica minaccia gravante sulla sua unità statale, minaccia che consisteva nella eventualità di una restaurazione absburgica: di questo rafforzamento della Jugoslavia, la Bulgaria non può che rallegrarsene, perché ciò permetterà di dare maggior senso e maggiore contenuto all'accordo del 1937 2 e quindi alla stessa Bulgaria una nuova necessaria funzione equilibratrice nei Balcani, funzione che non mancherà di essere equamente apprezzata.

L'unione austro-germanica avrebbe, quindi, come conseguenza, un rafforzamento dell'intesa bulgaro-jugoslava, che viene preconizzata come elemento attivo e non semplicemente statico, quale è stata finora.

Naturalmente, resta a vedere se col nuovo assetto politico interno che la Bulgaria è in procinto di darsi, questi primi orientamenti troveranno una più larga base ed assumeranno forma ed indirizzo più precisi 3 .

417 1 Non pubblicato.

419

IL MINISTRO A BUDAPEST, VINCI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 1905/039 R. Budapest, 30 marzo 1938 (per. il JD aprile).

Ho avuto stamane una lunga conversazione col conte Csàky, capo di Gabinetto del ministro degli Affari Esteri.

Mi ha detto che era necessario ora lavorare intensamente per approfondire i rapporti con l'Italia e mi ha detto che in questo senso era giunto un telegramma del barone Villani molto importante circa una conversazione con l'E.V. 1

418 ·1 Il documento ha il visto di Mussolini. 419 1 Vedi D. 403. nota 9.

Parlandomi della situazione nei riguardi della Germania dopo l'Anschluss, mi ha confermato che l'opinione pubblica ungherese è stata fortemente impressionata dagli avvenimenti austriaci e il governo aveva, nei primi giorni, dovuto adoperarsi non poco per calmare gli animi. Le preoccupazioni, gravissime al primo momento (influenzate dall'ambiente ebraico in cui perdura il panico, anche perché teme a breve scadenza una politica nettamente antisemita) erano evidentemente esagerate: ma il conte Csàky non mi ha nascosto che è prevedibile che i tedeschi inizieranno qui un'intensa propaganda; i denari che erano spesi finora in Austria saranno spesi in Ungheria, mentre già una certa parte dell'opinione pubblica ungherese subisce l'attrazione verso la Germania.

Mi ha anche narrato che un personaggio ungherese aveva avuto una conversazione con lord Rothermere qualche mese prima dei recenti avvenimenti: lord Rothermere avrebbe previsto esattamente quanto è accaduto in Austria, aggiungendo anche che il programma della Germania avrebbe dovuto poi, dopo regolata la questione austriaca, essere quello di sforzarsi affinché l'Ungheria e la Jugoslavia entrino nella sfera d'influenza tedesca. Evidentemente la situazione dell'Ungheria nei riguardi della Germania è completamente diversa da quella che era la situazione austriaca: comunque è da temere che i tedeschi, diceva Csàky, faranno intanto tutto il possibile per accaparrarsi il commercio ungherese cercando di stringere trattati di commercio favorevoli; cercheranno di forgiare l'esercito ungherese alla maniera tedesca, e soprattutto saranno attivi con la propaganda nazista, che possa instaurare in Ungheria un governo di destra che anche in politica estera abbracci e segua le direttive del Reich.

Queste preoccupazioni del conte Csàky sul presunto programma del governo tedesco in Ungheria corrispondono con quanto già segnalato fin dai primi giorni da questa R. legazione, sia nel campo commerciale, sia nel campo militare, sia nel campo della politica interna 2 .

418 2 Vedi D. 4, nota l.

420

L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, PRUNAS, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 1906/089 R. Parigi, 30 marzo 1938 (per. il 1° aprile).

Visita Churchill ha avuto tono e carattere completamente diverso da quella precedente di Lloyd George 1• Churchill ha alloggiato all'ambasciata d'Inghilterra e tutti suoi colloqui hanno avuto luogo alla presenza di sir Eric Phipps.

Ha visto Blum, Paul-Boncour, Daladier, Flandin, Louis Marin. Visita è durata in tutto tre giorni. Mi si assicura che scopo principale missione ufficiosa Churchill

sarebbe stato preparazione prossimo incontro tra Primi Ministri e ministri degli Esteri britannici e francesi al fine di fissare e concretare accordi su problemi politici e militari comuni, di coordinare cioè in modo più efficace politica estera e militare due Paesi.

Churchill si sarebbe reso perfettamente conto della instabilità governo Blum; non avrebbe nascosto viva speranza Inghilterra in un prossimo ministero che dia solide garanzie stabilità e permanenza; avrebbe vivamente raccomandato sviluppo industria guerra soprattutto in materia aeronautica e specialmente insistito su necessità pacificazione interna francese. Churchill avrebbe infine particolarmente sottolineato essere pressoché impossibile che opinione pubblica britannica sia indotta accettare maggiori impegni sul continente e conseguenti più vasti accordi con la Francia, prima che da parte francese non intervenga un serio sforzo di raddrizzamento economico, finanziario e di governo 2•

419 2 Si vedano in proposito i DD. 326, 341, 342 e 382. 420 1 Lloyd George era giunto il 18 marzo a Parigi, dove nei giorni successivi aveva avuto colloqui con diversi uomini politici tra cui Blum e Paul-Boncour. Nel darne notizia, Prunas aveva rilevato che senza dubbio Lloyd George e altri esponenti britannici allora in visita a Parigi stavano complottando per far cadere il governo Chamberlain: l'ambasciata di Gran Bretagna aveva ritenuto di dover mettere in guardia il Quai d'Orsay contro tali manovre, facendo anche presente che Lloyd George non rappresentava altri che se stesso (T. per corriere 1670/ ... R. del 19 marzo. Il documento ha il visto di Mussolini).

421

IL MINISTRO A BUDAPEST, VINCI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 1910/037 R. Budapest, 30 marzo 1938 (per. il ] 0 aprile).

Ho avuto stamane una lunga conversazione con questo ministro di Polonia.

l) Mi ha narrato di aver incontrato a Vienna il ministro degli Affari Esteri, Beck, reduce da Roma, che gli ha parlato nei termini più entusiastici delle accoglienze ricevute e della sua grande soddisfazione di aver constatato la perfetta identità di vedute con l'E.V. e con la politica dell'Italia fascista. Di questo aveva anche parlato con Kànya.

2) Circa l'Anschluss, Beck aveva avuto la netta impressione che aveva fortemente rafforzato l'asse Roma-Berlino; che i rapporti con l'Italia e l'Ungheria restavano immutati e anzi si sarebbero rafforzati, sia nel campo politico che nel campo economico. Beck gli aveva dato istruzioni, come d'accordo con V.E., di secondare la mia azione per cercare di facilitare un accordo separato dell'Ungheria con la Romania: mentre a Bucarest l'iniziativa sarebbe presa dal ministro di Polonia, secondato dal R. ministro.

Gli ho detto che avevo da tempo (come del resto sapevo aveva fatto egli stesso), parlato al governo ungherese nel senso di un riavvicinamento alla Romania e alla Jugoslavia. Gli ho ripetuto le obiezioni ungheresi, del resto a lui note. Si recherà alla prima occasione da Kànya, ripetendogli gli stessi concetti.

Poiché Orlowski mi ha detto di desiderare rimanere, per tale questione, in contatto con me secondo le sue istruzioni, sarei grato ali'E.V. impartirmi le direttive del caso per questo particolare punto, come anche per eventuali altri contatti con lui 1•

3) Secondo la sua opinione, non è da escludere che la questione cecoslovacca sia piuttosto risolta dai tedeschi facendo della Cecoslovacchia uno Stato vassallo,

421 1 Non si è trovata documentazione di istruzioni in proposito.

e anche forse che sia lo stesso Bènes a esser costretto ad arrendersi alla Germania in una forma o in un'altra: ciò che sarebbe fatale per gli ungheresi (mio telegramma per corriere n. 033 2 e n. 034 del 26 corrente)3 .

Quale che sia il fondamento di tale ipotesi, è sintomatico con quale insistenza se ne parli qui da varie fonti.

420 2 Il documento ha il visto di Mussolini.

422

L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, PRUNAS, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 1911/090 R. Parigi, 30 marzo 1938 (per. il r aprile).

Agitazione per intervento in Spagna perde lentamente terreno. Dichiarazioni Chamberlain1 e Halifax 2 , e, soprattutto, decisa messa a punto Informazione diplomatica3, hanno notevolmente raffreddato velleità interventiste. Parola d'ordine al Quai d'Orsay è che questo governo non potrebbe indursi modificare politica non intervento che nel caso installazione permanente o temporanea forze straniere in territorio spagnolo che interessi sicurezza francese. Giornale comunista attacca oggi violentemente governo, che accusa aver dato alle Autorità B·arcellona consigli capitolazione.

423

L'UFFICIO IV DELLA DIREZIONE GENERALE AFFARI GENERALI ALLE AMBASCIATE A BERLINO, BRUXELLES, LONDRA, PARIGI E SALAMANCA

TELESPR. RISERVATO 308327/C. Roma, 30 marzo 1938.

LE INTENZIONI DEL GOVERNO FRANCESE NEI RIGUARDI DELLA SPAGNA

Si ha il pregio di trasmettere qui unita copia di alcune informazioni confidenziali pervenute da fonte generalmente attendibile e relative all'argomento indicato in oggetto.

421 3 T. per corriere 1819/034 R. del 26 marzo, con cui il ministro Vinci si riservava di riferire dettaglia tamente sull'atteggiamento del governo e dell'opinione pubblica ungheresi «assai fortemente scossi dagli avvenimenti austriaci». 422 1 Vedi D. 405, nota 2. 422 2 Il 29 marzo, in un discorso alla Camera dei Lords, lord Halifax aveva espresso la speranza di poter riprendere al più presto le conversazioni con il governo italiano per ricondurre alla tradizionale cordialità i rapporti tra i due Paesi, mentre aveva respinto le proposte, avanzate dai laburisti, di abbandonare la politica di non intervento in Spagna, di sollecitare l'intervento della Società delle Nazioni e di riunire una conferenza tra Gran Bretagna, Francia e U.R.S.S. allo scopo di concertare un'azione comune per tutelare la pace nell'Europa Centrale e in Spagna. 422 3 Vedi D. 405, nota 3.

ALLEGATO

Falliti i tentativi di trascinare l'Inghilterra in un'azione comune in Spagna e dovutasi abbandonare l'idea di un'azione isolata da parte della Francia, sembra che oggi tutti gli sforzi della diplomazia francese siano concentrati nel fatto di obbligare Franco a interrompere l'azione militare e venire a patti con i Rossi in vista di un armistizio e della costituzione di un governo dopo la conclusione della pace tra i due partiti contendenti. Nel caso che Franco non volesse aderire a tale pressione si crede che il governo francese vorrebbe creare in qualche punto della frontiera continentale o delle colonie un incidente fittizio che potesse giustificare un 'azione militare contro i nazionalisti di rappresaglia e non avente l'aria di essere un intervento diretto.

In uno dei recenti Consigli dei ministri francesi del ministero Blum, avendo Paul-Boncour domandato insistentemente 4 divisioni per un intervento in Spagna, il generale Gamelin che aveva assistito nella sua qualità di capo di S.M. a tale consiglio, rispose dicendo che egli era pronto a mettere le divisioni richieste a disposizione del ministero ma alla condizione che contemporaneamente venisse firmato il decreto di mobilitazione perché egli non intendeva assumere la responsabilità di un intervento in Spagna senza avere i mezzi necessari per garantire le tre frontiere (compresa quella col Belgio). A seguito di tale dichiarazione avrebbe avuto luogo un vivo dibattito che avrebbe assunto in alcuni momenti degli aspetti di grande violenza tra Blum e Gamelin. Il generale Gamelin non ha però voluto cedere e ciascuno è rimasto sulle proprie posizioni.

Un nuovo timore che sembra farsi strada negli ambienti dello Stato Maggiore francese è che a seguito dell'annessione dell'Austria da parte della Germania sia oggi possibile alla Germania-la quale sa di non poter forzare la linea Maginot --di gettare rapidamente dei grossi effettivi contro la Francia attraverso il Piemonte, lasciando un semplice esercito di copertura e di difesa sulle frontiere dell'Est francese ed in Renania, dove importanti opere fortificate tedesche garantirebbero l'integrità territoriale altrettanto bene che quelle della linea Maginot nei confronti della Francia.

Ancora una volta lo Stato Maggiore si mostra preoccupato della nuova frontiera dei Pirenei e come abbiamo già detto più sopra, procede febbrilmente all'opera di fortificazione.

421 2 Vedi D. 403.

424

IL PROFESSOR ENDERLE AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

APPUNTO. Roma, 30 marzo 1938.

Ho comunicato oggi al signor Alami la decisione del Duce di cessare ogni sovvenzione al Mufti dopo un ultimo versamento di lire sterline 10.000, da farsi quanto prima possibile.

Il signor Alami, pur mostrando molto spirito di comprensione, dal quale del resto era giunto animato, è rimasto notevolmente afflitto.

Egli ha insistito perché fosse ancora esaminata la possibilità di un aumento per questa ultima sovvenzione, che consentisse al Mufti un ultimo energico sforzo e nello stesso tempo di trattare con gli inglesi per raggiungere una soluzione del problema palestinese che fosse per gli arabi la più conveniente.

Ho detto al signor Alami che non vi era possibilità di rivenire sulla decisione presa e gli ho chiarito convenientemente:

l) come noi, dopo aver già fatto per la causa Palestinese tanto da poter esser sicuri della gratitudine degli arabi, in conformità di quanto egli stesso mi aveva detto, non avremmo potuto continuare i nostri aiuti dopo un eventuale accordo con l'Inghilterra, mentre difficoltà valutarie non ci consentivano di fare immediatamente un sacrificio maggiore di 10.000 sterline;

2) come, nel caso in cui le trattative italo-inglesi fossero giunte a buon fine, lo sforzo che gli inglesi avrebbero potuto fare in Palestina sarebbe stato tanto notevole che la resistenza araba non poteva certo dipendere dalla disponibilità di alcune diecine di migliaia di sterline.

Il signor Alami ha convenuto su quanto precede e sulla opportunità che in Palestina e Transgiordania sia fatto subito un ultimo energico sforzo per poi trattare.

Egli mi ha chiesto se io potevo confermargli che la politica dell'Italia verso gli Arabi in genere avrebbe continuato ad avere le stesse basi di massima. Gli ho risposto che avevo ragione di ritenere che così sarebbe stato.

Siamo rimasti intesi che domani gli farò sapere quando e dove gli potranno esser versate le l 0.000 sterline e che lo rivedrò verso la fine di aprile o i primi di maggio, prima che egli rientri in Palestina.

425

L'AMBASCIATORE A LONDRA, GRANDI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S.N.D. URGENTE 1899/286 R. Londra, 31 marzo 1938, ore 21,32 (per. ore 1,55 del 1° aprile).

Chamberlain tramite noto fiduciario 1 mi incarica far pervenire Duce seguente comumcazwne:

«Primo Ministro ringrazia vivamente Duce per la sua comunicazione e desidera far pervenire al Duce i sensi suo vivissimo apprezzamento per quanto egli ha voluto comunicargli dopo le sue dichiarazioni ai Comuni 24 marzo scorso 2 .

Chamberlain ha tenuto in modo tutto particolare a sottolineare in tale dichiarazione sua indiscutibile fiducia nella lealtà e buona fede del governo fascista e il suo fermo convincimento nel successo delle conversazioni di Roma le quali avranno come risultato il ristabilimento degli amichevoli e cordiali rapporti che sono ininterrottamente esistiti per tanti anni fra l'Italia e la Gran Bretagna».

425 1 L'avvocato Dingli. 425 2 Vedi D. 405, nota 2.

426

L'AMBASCIATORE A LONDRA, GRANDI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER TELEFONO 1896/287 R. Londra, 31 marzo 1938, ore 22,20.

Stamane ore Il si è riunito il Comitato dei Nove. Plymouth ha dato lettura di una dichiarazione (di cui trasmetto a parte testo per posta) nella quale dopo aver riassunto recenti sviluppi dei lavori del Comitato e risultati dei colloqui da lui avuti con vari rappresentanti, ha proposto a nome del governo britannico una formula (mio telegramma n. 288) 1 per risolvere la questione tuttora sospesa della data del ristabilimento del controllo terrestre.

Dopo alcune osservazioni fatte da vari rappresentanti, il Comitato ha deciso di sottoporre formula britannica all'esame ed eventuale approvazione dei rispettivi governi, Corbin ha letto una sua dichiarazione in cui ha sostenuto necessità di rafforzare controllo marittimo parallelamente al controllo terrestre ed ha proposto:

l) che osservatori a bordo navi siano autorizzati a svolgere, ove necessario, loro attività di controllo anche dei porti vicini a quello ove loro nave fa scalo; 2) che le due parti in Spagna vengano richieste di autorizzare permanenza di osservatori del Comitato nei principali porti spagnoli.

È stato deciso di comunicare anche proposta francese ai vari governi per opportuno esame ed eventuali osservazioni.

Discussione si è quindi portata su altri punti delle dichiarazioni di Plymouth e si è compiuta sull'argomento della proposta abolizione delle categorie nel computo dei volontari. Conformandomi alle istruzioni pervenutemi da V.E. al riguardo, ho dichiarato che il governo fascista accettava tale abolizione. Poiché altri rappresentanti non erano in grado di dare analogo affidamento, si è deciso di sollecitare risposta dei rispettivi governi in proposito.

Seduta è terminata ore 13,45 senza stabilire data prossima riunione.

427

L'AMBASCIATORE A LONDRA, GRANDI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER TELEFONO 1897/288 R. Londra, 31 marzo 1938, ore 22,40.

Mio telegramma n. 287 1•

Trascrivo traduzione italiana proposta fatta stamani da Plymouth a nome governo britannico: «Il controllo alle frontiere terrestri sarà ristabilito non appena le due commissioni riferiranno di essere pronte ad iniziare il conteggio dei volontari, e sarà automaticamente sospeso se il ritiro non avrà avuto inizio entro 56 giorni a decorrere

dalla adozione finale della risoluzione da parte del Comitato plenario o, alternativamente, se, nel periodo iniziale, lo schema di ritiro dei volontari presenterà un ritardo di più di IO giorni sulle date previste dal progetto «A» preparato da Hemming». (Documento N.l.S. 727 A., trasmesso a codesto Ministero nel febbraio scorso).

426 1 Vedi D. 427. 427 1 Vedi D. 426.

428

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, ALL'AMBASCIATORE AD ANKARA, GALLI

T. 298/35 R. Roma, 31 marzo 1938, ore 24.

Come le ho già telegrafato e per le ragioni indicate 1 era preferibile che il modo scelto da Aras per riconoscere l'Impero non fosse meno formale di quello adottato generalmente dagli altri Stati. E ciò tanto più che il riconoscimento dell'Impero si può ormai dire pacifico e generale. Comunque non ho obiezioni a ricevere la nota preannunciatami ove in essa figuri l'aggiunta indicata nel suo telegramma 61 2 ed alla data che codesto governo riterrà di prescegliere. Informi in relazione Aras.

Naturalmente deve restare ben chiaro che il riconoscimento dell'Impero non dipende, né è connesso, con la nostra adesione a Montreux. A riconoscimento dell'Impero avvenuto provvederò per l'adesione a Montreux secondo le indicazioni già fornite. Dal riconoscimento dell'Impero dovrà in ogni caso passare un congruo numero di giorni.

429

IL MINISTRO A BUDAPEST, VINCI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 1907/042 R. Budapest, 31 marzo 1938 (per. il r aprile).

Telegramma di V.E. n. 275 R. del 24 marzo 1 . La segnalazione da fonte fiduciaria non corrisponde ai sentimenti della grande maggioranza dell'opinione pubblica ungherese.

l) Occorre innanzi tutto premettere che un sentimento domina gli animi di tutti gli ungheresi seppure in varia misura e per ragioni diverse: quello della grave preoccupazione nei riguardi della Germania, complicato dai riflessi degli avvenimenti austriaci nella politica interna. L'opinione pubblica ungherese si era illusa fino all'ultimo che l'Austria avrebbe potuto sussistere ed il precipitare degli avvenimenti è stata una sorpresa per la Nazione se non per il governo. Non è quindi possibile parlare di «disinteresse» in Ungheria per i recenti avvenimenti austro-gennanici: vi è stato soprattutto, nei primi giorni, un senso di profondo abbattimento e di tristezza in tutta la Nazione ungherese (il panico degli ebrei è di natura particolare come il risentimento dei legittimisti) non solo per l'impressione del peso di tutta la massa della potenza e della prepotenza germanica alla frontiera ma anche perché nel cuore di ogni ungherese, anche dei non legittimisti, viveva un nostalgico ricordo dell'antica monarchia austro-ungarica, unito anche alla speranza che con la sua ricostituzione sarebbe stato in ogni modo più facile ottenere la revisione delle attuali frontiere. La politica ungherese era stata del resto ispirata ad una sempre più stretta collaborazione con l'Austria. Soltanto ora che l' Anschluss è realizzato l'Ungheria sente, inoltre, di essere condannata a divenire veramente una piccola Potenza di non maggiore peso politico delle vicine Jugoslavia e Romania e teme di essere sospinta verso i Balcani dall'avanzata tedesca.

2) È vero che forse qualche corrente già lavorata dall'intensa propaganda tedesca dice addirittura che a risollevare le masse industriali dal disagio economico «tanto varrebbe meglio che venisse Hitler»: ma per la grande maggioranza degli ungheresi non si può davvero parlare di «rassegnazione» agli avvenimenti austro-germanici e a quelle che potrebbero esserne le conseguenze qui: tutti gli articoli della stampa, i discorsi pronunciati dai deputati dei vari partiti anche degli stessi filonazisti come quello del deputato Rajniss (su cui ho riferito a parte) e varie altre manifestazioni stanno a dimostrare il contrario. La stessa mia conversazione col conte Csàky (mio telegramma per corriere n. 039 del 30 corrente) 2 è un sintomo delle serie preoccupazioni ma non certo della rassegnazione dell'ambiente ungherese.

Già superato il primo momento di abbattimento e di sorpresa per il repentino svolgersi degli avvenimenti in Austria, si sta delineando in tutti i partiti il desiderio di vedere al potere un «governo forte» capace di risolvere i problemi interni per rendere più salda la compagine del Paese.

3) Quanto ai sentimenti nei nostri riguardi, come è stato già segnalato volta per volta da questa R. legazione, in un primo tempo, subito dopo l'incontro di Berchtesgaden, l'opinione pubblica ungherese ha realizzato che l'annessione dell'Austria alla Germania poteva avvenire soltanto in funzione dell'assenteismo dell'Inghilterra e del consenso dell'Italia: dopo l'Anschluss si è voluto qui, specialmente nei primi tempi, rilevare con preoccupazione una diminuzione dell'influenza e del peso italiani nell'Europa Centrale e Danubiana di fronte alla Germania, aumentata di proporzioni e di potenza con l'annessione dell'Austria. Almeno per quanto riguarda l'Austria sarebbero quindi stati avvalorati agli occhi degli ungheresi quei timori di minore interessamento italiano all'Europa danubiana che già si erano diffusi da qualche mese e su cui la stampa delle Nazioni democratiche e natura!

mente gli ambienti ebraici e legittimisti avevano fatto grande speculazione (mi richiamo ai miei vari rapporti sull'argomento).

Se gli ambienti ebraici e legittimisti hanno fatto spargere voci di sfiducia sulla «lealtà» dell'Italia (i tedeschi stessi facevano qui propaganda in questo senso già l'anno scorso: mio rapporto n. 7119/1118 del 17 giugno 1937) 3 , ciò non può dirsi per la grande maggioranza dell'opinione pubblica. Il tema dell'Italia che ha abbandonato gli «amici» ha corso effettivamente in quegli ambienti specie nei primi giorni (rapporto n. 1299/421 dell6 marzo; telegramma per corriere n. 029 del 15 marzo): 4 ma queste mormorazioni di circoli, che erano stati invasi dal panico e dall'abbattimento nei primi giorni, non hanno in ogni modo avuto nessuna manifestazione esteriore, né nella stampa, né alla Camera, né altrove.

Invece, a parte le dichiarazioni degli uomini di governo e l'atteggiamento del governo stesso, sono da registrare varie dichiarazioni di deputati, di colore e di partito diverso, nel senso della necessità di una intensificazione delle relazioni con l'Italia (discorsi di Eckhardt, dichiarazioni dei membri del nuovo Partito dei Piccoli Possidenti). Come anche sono di oggi le accoglienze particolarmente amichevoli e cordiali ricevute dalla delegazione italiana alla Fiera Agricola di Budapest e i discorsi inneggianti al Duce e al fascismo tenuti in questa circostanza dagli ungheresi; le dichiarazioni dei deputati Hubay (mio rapporto n. 1583/494 del 30 corrente) 5 e Mecsér (mio rapporto n. 1582/493 del 30 corrente) 6 , varie altre manifestazioni amichevoli che giornalmente constato.

Non si tratta dunque nei riguardi dell'Italia di un senso di sfiducia quanto, se mai, del timore di un più difficile interessamento dell'Italia ai futuri destini dell'Ungheria.

Anziché mutare le nostre disposizioni nei riguardi di questo Paese, ritengo invece che occorra fare subito qualche gesto concreto: rispondere pubblicamente alle dichiarazioni ungheresi e provvedere ad una sollecita formale conferma dei nostri Patti con l'Ungheria. A questo proposito mi occorre notare che, come ha rilevato il R. incaricato d'affari nel suo telegramma n. 29 del 13 corrente 7 , Kànya sottolineò soprattutto l'ultima frase della comunicazione fattagli dietro istruzioni dell'E.V. (telegramma di V.E. n. 32 del 13 corrente)K «che la nuova situazione in Austria non può in ogni caso che aumentare la cordialità e la portata dei rapporti itala-ungheresi sia nel campo politico che in quello economico»; mi risulta che Kànya ha parlato in questo senso a diversi miei colleghi.

La situazione può mutare: ed in vari campi, anche per rispondere alle sollecitazioni che mi giungono da varie parti, occorrerebbe un'azione tempestiva, prima cioè che la propaganda nazionalsocialista originata e finanziata da Berlino possa ancora maggiormente affermarsi.

Allo stato attuale delle cose ritengo che l'Ungheria, tanto più se appoggiata in tempo, si sforzerà di seguire un progamma politico ed una linea di condotta

concreta che, pur non avendo carattere direttamente antigermanico e non potendo prescindere dalle necessità che la geografia stessa impone, faccia intravedere un più sicuro orizzonte ai vari strati dell'opinione pubblica ungherese, unificando e rafforzando lo spirito nazionalista magiaro.

Malgrado questa volontà di resistenza degli ungheresi, è inutile però nascondersi che si ha qui l'esatta sensazione che con i tedeschi alla frontiera, dei quali non si conoscono esattamente le intenzioni, e con l'esempio di uno Stato da essi invaso e soggiogato in pochi giorni, sia comunque per gli ungheresi pericoloso compiere atti che possano dar ragione di malcontento al Reich e si preferisca piuttosto sfruttare il tema dell'amicizia preesistente fra i due popoli. Questo porta alla conclusione che è prevedibile che l'Ungheria deve necessariamente essere estremamente prudente nel prendere, soprattutto in politica estera, iniziative intese a svolgere una politica di arginamento dell'influenza germanica.

Essa peraltro non domanderebbe di meglio di essere efficacemente aiutata. Ciò è dimostrato anche dal valore dato ad una comunicazione che l'E.V. avrebbe fatto al barone Villani (mio telegramma per corriere n. 032) 9 .

A tutti gli effetti però è da tenere in primo luogo presente che il peso della Germania è qui, e lo sarà ancora di più nel futuro, fortissimo.

Il pericolo dell'invadenza germanica appare già evidente e particolarmente serio nel campo economico (il quarantacinque per cento del commercio ungherese è in mano germanica); lo potrà essere, come ha già riferito il R. incaricato d'affari (telegramma per corriere n. 029 del 15 corrente) nel campo militare. Si notano già gli effetti della vicinanza germanica nel campo della politica interna. Ed è evidente che l'Ungheria, mentre si sente geograficamente più lontana dall'amica Italia, dato il suo speciale carattere economico e geografico, è impotente a lottare da sola contro una pressione esercitata da un Paese avente se non altro l'attrezzatura economica ed industriale e la forza di penetrazione della Germania.

Concludendo, premesso che è difficile nella confusa attuale situazione, complicata anche da questioni di politica interna, esprimere un giudizio de"fìnitivo, è quindi mio parere che allo stato attuale delle cose nulla comunque potrebbe giustificare un cambiamento nel nostro atteggiamento nei confronti dell'Ungheria, ciò che d'altra parte non farebbe, a parte ogni altra considerazione, che gettare questo Paese senza remissione presto o tardi nelle braccia della Germania.

428 1 Con T. 263/31 R. del 21 marzo, Ciano aveva rilevato che era ormai prassi costante, quando uno Stato voleva riconoscere l'Impero italiano, di munire il proprio rappresentante a Roma di lettere credenziali intestate al Re d'Italia e Imperatore d'Etiopia e che la Turchia avrebbe fatto bene a seguire quella procedura. Comunque, l'ambasciatore Galli non avrebbe dovuto fare proposte. «Per noi-concludeva Ciano --il riconoscimento dell'Impero appare soprattutto quale espressione della cordialità di rapporti tra noi e gli altri. Quanto più esplicito sarà questo riconoscimento, tanto più chiare e cordiali ne risulteranno le nostre relazioni». 428 2 T. 1753/61 R. del 23 marzo. L'ambasciatore Galli aveva comunicato che Aras considerava difficile un cambiamento nell'intestazione delle credenziali dell'ambasciatore a Roma e che proponeva come soluzione la presentazione di una nota in cui, con riferimento alla decisione adottata dal Consiglio dell'Intesa Balcanica, il governo turco dichiarava di considerare il suo ambasciatore a Roma come accreditato presso S.M. Re d'Italia Imperatore d'Etiopia. 429 1 Vedi D. 394.

429 2 Vedi D. 419.

429 1 Non pubblicato. 429 4 Vedi DD. 341 e 326. 429 " Non pubblicato. 429 6 Non pubblicato. 429 7 Vedi D. 311. 429 K Vedi D. 306.

430

LA DIREZIONE GENERALE AFFARI D'EUROPA E DEL MEDITERRANEO AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

APPUNTO. Roma, 31 mar:::o 1938.

L'incaricato d'Affari di Francia è venuto a dire di avere ricevuto istruzioni dal suo Governo, in relazione ad alcune pubblicazioni della stampa italiana, di

429 ° Vedi D. 403.

fare il necessario per far sapere, in via ufficiosa che, avendo il Governo francese deciso di seguire la politica di non intervento in Spagna conformemente a quella dei Governi che l'hanno preceduto, non vi potrebbe essere questione di un intervento armato francese in Spagna; ciò che risulta del resto anche da un comunicato, dato il 24 marzo corrente dal signor Paul-Boncour, dopo che egli fu inteso dalla Commissione degli Affari Esteri della Camera Francese.

In ottemperanza alle istruzioni ricevute, Bionde! ha informato a voce di quanto sopra.

431

LA DIREZIONE GENERALE AFFARI D'EUROPA E DEL MEDITERRANEO AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

APPUNTO. Roma, 31 marzo 1938.

I presenti negoziati itala-inglesi oltre che al Mediterraneo si estendono e largamente anche al Mar Rosso. La formula per l'Arabia precisa infatti la posizione dell'Italia e della Gran Bretagna tanto nell'Arabia prospiciente il Mar Rosso, quanto nelle isole del Mar Rosso, quanto infine nell'Arabia meridionale. I due Governi si impegnano al rispetto assoluto dell'indipendenza e dell'integrità sia della Saudia che dell'Yemen. Essi si impegnano a non fortificare le Isole del Mar Rosso già di sovranità turca e che, per non appartenere né all'Inghilterra né all'Italia né ai due Stati arabi, restano di sovranità riservata.

Sullo stesso principio a cui si inspira tale accordo e a suo complemento e conferma parrebbe utile estendere al Mar Rosso la clausola del Gentlemen's Agreement con cui l'Italia e l'Inghilterra riconoscono la libertà di entrata, di uscita e di transito nel Mediterraneo come interesse vitale per i due Paesi.

Una tale dichiarazione apparirebbe anche il complemento naturale di tutte le altre parti dell'accordo italo-inglese e, quanto a noi, potrebbe più direttamente interessarci visto che gli inglesi sono a Perim e ad Aden, agli sbocchi cioè del Mar Rosso, e quindi in una posizione di privilegio. Una stipulazione del genere di quella considerata tenderebbe in certo senso a limitare e a disciplinare tale posizione di privilegio. Si aggiunga che il Protettorato di Aden confina coll'Yemen e si estende fino a pochi chilometri da Sheikh Said. Le stipulazioni già contenute nella formula per l'Arabia più le stipulazioni circa la libertà di entrata e di uscita nel Mar Rosso dovrebbero domani permetterei di opporci ad eventuali tentativi inglesi di fortificare

o di far fortificare Sheikh Said, come contrario appunto ad una simile stipulazione.

Il principio della libertà di entrata, di uscita e di transito nel Mar Rosso appare tanto più importante quanto maggiori sono diventati gli interessi italiani in Africa con la conquista dell'Impero 1•

431 1 Sul documento vi è la seguente annotazione del capo di Gabinetto, Dc Peppo: «S.E. il Ministro non è favorevole. Oltretutto una simile stipulazione potrebbe ritorcersi contro di noi che abbiamo e avremo basi sottomarini in Mar Rosso e in Oceano Indiano a cui non intendiamo rinunciare. che anzi vogliamo accrescere. 1/4».

432

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, GRANDI

LETTERA SEGRETA 2956. Roma, 31 marzo 1938.

Tu hai visto i diversi comunicati relativi ai miei colloqui con Perth, i commenti generici e favorevoli della nostra stampa e l'ultima Informazione diplomatica 1 . Insieme colle varie formule e proposte, di cui ebbi a mostrarti il testo durante la tua ultima permanenza a Roma, essi completano il quadro degli attuali negoziati con l'Inghilterra.

Novità di un certo rilievo in dipendenza degli ultimi colloqui con Perth sono le seguenti.

Gli inglesi, rendendosi conto che non potevamo dare una cambiale in bianco per la Palestina, né d'altronde potendo (essi hanno detto) indicare fin d'ora quella che sarà la loro politica in proposito, propongono di lasciar fuori la Palestina dal futuro accordo. Confidano che al riguardo non sorgeranno difficoltà tra l'Italia e l'Inghilterra, dato il migliorato clima dei rapporti itala-inglesi. Nessuna difficoltà per parte nostra.

Da parte mia è stato chiesto che nell'accordo figuri una clausola per riconfermare le disposizioni della Convenzione di Costantinopoli del 1888 che garantisce in tutti i tempi e per tutte le Potenze il libero uso del Canale di Suez. Gli inglesi hanno accettato.

Perth ed io, essendoci inoltre preoccupati di non far dipendere la conclusione dell'accordo dal ritiro dei volontari dalla Spagna e dal riconoscimento dell'Impero, Perth ha proposto (riservando il benestare di Londra) che l'accordo non contenga alcun articolo relativo a queste due questioni che formerebbero invece oggetto di due lettere da scambiarsi tra lui e me e da rendersi pubbliche contemporaneamente alla pubblicazione dell'accordo.

La lettera di Perth relativa al riconoscimento dell'Impero sarebbe, più o meno, redatta nei termini della formula inizialmente proposta dagli inglesi. Il Governo britannico notificherebbe in pari tempo alla stampa la sua richiesta per iscrivere al Consiglio della S.d.N. la soluzione della questione etiopica.

La nostra lettera relativa alla Spagna sarebbe redatta sulla base della «formula inglese» per i volontari.

L'accordo entrerebbe in vigore ad una data da fissarsi dai due Governi. La data sarebbe immediatamente successiva all'esecuzione dell'impegno inglese pel riconoscimento dell'Impero e dei nostri impegni in connessione con la questione dei volontari in Spagna.

Desidero aggiungere ancora per tua informazione che l'ultima Informazione Diplomatica è stata fatta per venire incontro al desiderio espresso da Perth nel senso che avrebbe fatto piacere a Londra che il Governo italiano esprimesse la sua

soddisfazione per i riferimenti fatti da Chamberlain relativamente alle assicurazioni già date dal Governo italiano in materia di volontari e alla sua volontà di portare a termine i relativi impegni.

Appena le varie formule dell'accordo abbiano preso una forma un po' più precisa e concreta, te ne darò comunicazione.

432 1 Vedi D. 405, nota 3.

433

IL MINISTRO A LISBONA, MAMELI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 1996/38 R. Lisbona, ] 0 aprile 1938 (per. il 6).

Mi viene riferito da fonte degna di fede che nella sua recente visita a Lisbona, l'inviato speciale portoghese presso il generale Franco ha esposto a Salazar in modo piuttosto allarmistico la tendenza di alcuni ambienti nazionali spagnoli verso una unione del Portogallo o meglio, come in alcuni ambienti è chiamato «un assorbimento nell'Impero iberico».

Che l'argomento sia stato considerato da Salazar è provato dalla grande risonanza che egli ha dato, e che ho recentemente riferito, all'annuncio delle solenni celebrazioni dell'ottavo centenario dell'indipendenza, e del terzo centenario della restaurazione dello Stato portoghese, indipendenza e restaurazione ottenute, com'è ben noto dagli spagnoli, dopo aspre lotte. Che sia argomento corrente negli ambienti governativi portoghesi è riprovato dalla conversazione avuta dal R. addetto militare ed aeronautico con questo Sottosegretario di Stato alla Guerra 1 , che segnalo separatamente. Vengono ricordati precedenti vecchi e nuovi tra cui alcune pubblicazioni della Falange fermate alla frontiera portoghese. Lo stesso capo della rappresentanza diplomatica spagnola in Lisbona ha ammesso che vi sono state da parte di alcuni elementi spagnoli delle «imprudenze». In ogni caso è una delle cose che maggiormente sono atte a turbare ed irritare la già diffusa ipersensibilità portoghese. I portoghesi sono, com'è ben noto, anche troppo proclivi a dar corpo alle ombre. Di alcuni indizi non hanno tuttavia in realtà alcuna ragione di rallegrarsi.

Ritengo in ogni caso che tale elemento delle attuali relazioni ispano-lusitane debba tanto più accuratamente essere registrato, in quanto fa parte del quadro generale in cui cade la non recente se pur facile previsione che il Portogallo non vedrà senza preoccupazioni lo stabilirsi di una Spagna vittoriosa e forte.

Ciò fa inoltre assai bene il giuoco dell'Inghilterra, anche se in questo momento le difficoltà della missione militare inglese in Lisbona, alcune attività troppo spinte inglesi, l'atteggiamento del nuovo ambasciatore 2 che sembra voler troppo e troppo rapidamente, non servono precisamente ad una ripresa in pieno di rapporti quali la «Grande Alleata» li vorrebbe.

433 1 Il 29 marzo, l'addetto aeronautico, tenente colonnello Ferrarin, aveva avuto un colloquio con il Sottosegretario alla Guerra, generale Santos Costa, che gli aveva sottolineato l'allarme provocato nel governo portoghese «dalle manifestazioni e dalle dichiarazioni di persone più o meno responsabili dell'ambiente politico nazionalista spagnolo». Di quei fatti il generale Costa aveva dato un elenco circostanziato per poi aggiungere che le preoccupazioni del suo governo «aumentavano man mano che si avvicinava la conclusione della lotta in Spagna», tanto più che il riarmo dell'esercito portoghese era in forte ritardo ed il Paese era praticamente indifeso. Dal colloquio, il colonnello Ferrarin aveva tratto conferma che «la secolare ed ormai naturale diffidenza del Portoghese verso lo Spagnolo non potrà mai essere superata ed i miraggi imperialistici di qualche esaltato spagnolo non potranno far altro che allontanare questo Paese dalla Spagna nazionalista, certamente con grande soddisfazione della politica inglese» (Ferrarin al ministero della Guerra, rapporto n. 70 del 30 marzo). Il documento ha il visto di Mussolini che ha sottolineato le frasi qui riportate tra virgolette.

434

L'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, MAGISTRATI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE RISERVATISSIMO 1952/037 R. Berlino, r aprile 1938 (per. il 4).

Per quanto in Germania tutti gli uomini politici e tutti gli organi della pubblica opinione si siano, in queste settimane, interamente dedicati alla campagna per il plebiscito popolare che avrà luogo il 10 aprile, pur tuttavia gli avvenimenti militari della Spagna e la marcia dei Nazionali in direzione di Lerida non mancano di suscitare un vivo interesse.

Questo interesse è anche di carattere indiretto e riguarda cioè le eventuali reazioni francesi dinanzi all'affermazione della causa del generale Franco. Fino ad oggi, però, tutti qui, compresi gli elementi militari, escludono un intervento diretto del governo di Parigi, basandosi particolarmente sulla circostanza che tanto lo Stato Maggiore del generale Gamelin quanto il governo di Londra si sarebbero dichiarati nettamente contrari ad una tale avventura.

Aggiungo, per opportuna informazione, che in questi giorni il capo dell'Ufficio Esteri del Comando superiore delle Forze Armate del Reich, colonnello Scheller (che è l'ufficiale che ebbe ad accompagnare il generale Goring in Italia nel gennaio 1937) ha avuto una conversazione con il nostro R. addetto militare, al quale ha detto che il Reich ha interesse, non appena Franco avrà vinto, di ritirare le sue forze, che ammontano oggi dai quattro ai cinquemila uomini, dalla Spagna. E ha aggiunto, che per un sitTatto futuro ritiro dei volontari la Germania e l'Italia dovrebbero utilmente procedere in pieno accordo circa i tempi e le modalità.

Per conto mio, ho visto ieri l'ammiraglio Canaris, capo del Servizio Informazioni delle Forze Armate del Reich, il quale, nel dimostrarsi ottimista circa gli sviluppi dell'azione delle truppe di Franco ed avermi accennato alla brillante azione delle nostre formazioni volontarie, ha aggiunto che conta partire nella prossima settimana per la Spagna.

433 2 Sir Walford-Harmwood Selby.

435

LA DIREZIONE GENERALE AFFARI D'EUROPA E DEL MEDITERRANEO AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

APPUNTO. Roma, J0 aprile 1938.

Fin dallo scorso settembre avevamo proposto al Governo francese, in vista dei numerosi incidenti causati dall'incertezza delle frontiere fra l'A.O.I. e la Costa Francese dei Somali, di procedere a mezzo di una Commissione Mista alla demarcazione di dette frontiere; e in vista di ciò, avvertivamo che da parte italiana alcuni topografi si sarebbero recati nella zona di frontiera per gli opportuni rilievi preliminari.

Malgrado vari solleciti della R. ambasciata a Parigi, il Governo francese si era sinora astenuto dal far conoscere il suo pensiero sulla nostra proposta.

L'ambasciata di Francia ha ora comunicato che il Governo francese giudica opportuno di provvedere, senza ritardo, alla fissazione provvisoria o definitiva di detta frontiera ed avverte che a tale scopo due topografi francesi procederanno ad un lavoro preparatorio, i cui risultati dovranno essere ulteriormente confrontati con quelli svolti da parte italiana, e successivamente discussi da una Commissione mista 1•

436

L'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, MAGISTRATI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. SEGRETO 2118/646. Berlino, l" aprile 1938 (per. il 4).

La grande campagna per il plebiscito popolare del l O aprile e la circostanza che tutti i giornali del Reich sono pieni, indistintamente, in questi giorni, dei discorsi dei principali gerarchi e delle varie battute ed aspetti della propaganda elettorale, hanno un po' velato di silenzio la situazione creatasi tra la Germania e la Cecoslovacchia a seguito dell'Anschluss. Si può dire che, dopo la ventata di malumore con la quale le dichiarazioni di Hodza 1 sono state qui accolte, regna, in quel campo, una certa calma. Dati però i sistemi qui usati e l'inevitabile aumento di prestigio e di tensione 2 del Reich tedesco a seguito del grande successo conseguito con il colpo dell' 11 marzo, le illusioni che possa crearsi una situazione di equilibrio, sulle attuali basi, tra i due Paesi non sono molte.

436 1 Riferimento al discorso pronunciato il 28 marzo alla radio dal Primo Ministro cecoslovacco che aveva annunciato una nuova politica delle minoranze (testo del discorso in Rela::.ioni lnter na:::iona/i, pp. 283-284 ). 436 2 Sic.

È vero che, al momento dell' Anschluss il Maresciallo Goring tenne a dare assicurazioni ottimistiche a questo ministro di Cecoslovacchia, signor Mastny, ma è altrettanto vero che in tutta la campagna elettorale il Fuhrer ed i suoi luogotenenti hanno tenuto a mantenere nei riguardi della vicina repubblica un silenzio tanto assoluto quanto minaccioso.

Del resto, Hitler ebbe ad aprire nettamente il problema, in forma inequivoca, con il suo discorso del 20 febbraio al Reichstag allorché parlò chiaramente dei dieci milioni di tedeschi viventi oltre la frontiera e circa le cui sorti il Reich aveva pieno diritto di intervenire 3 . Di quei dieci milioni, sei milioni e mezzo sono oggi cittadini del grande Reich, a seguito dell' Anschluss. Restano i sudeti e Hitler non è uomo da rinnegare le sue affermazioni.

Tutti qui sentono ciò. Naturalmente poche sono le illusioni che, nei riguardi della Cecoslovacchia, possa trovarsi una soluzione così rapida, netta e pacifica come quella verificatasi nella crisi austriaca. Gli apprestamenti militari della Cecoslovacchia e l'aiuto francese fanno ritenere probabile che, in questo secondo caso, una qualche fucilata potrà anche essere sparata. La Germania quindi ha tutto l'interesse, in questo primo periodo, a perfezionare l'organizzazione militare dell'ex territorio austriaco, confinante con il Paese cecoslovacco.

Indubbiamente il lavoro al quale è stato preposto il generale List, nuovo comandante del Gruppo n. 5, residente a Vienna e formato dai due Corpi d'Armata, 17 e 18, di Salisburgo e di Vienna, non è piccolo.

Mi sembra utile a tale proposito trascrivere integralmente qui appresso un appunto rimessomi da questo R. addetto militare a seguito di una conversazione da lui avuta l'altro ieri con il capo dell'Ufficio Esteri del Comando Superiore delle Forze Armate del Reich:

«Scheller mi ha occasionalmente accennato alla situazione attuale nella Cecoslovacchia, esprimendo l'opinione che la concessione di autonomie alle minoranze potrà condurre ad una certa pacificazione, la quale peraltro difficilmente avrà carattere duraturo.

In un eventuale disgregamento della Cecoslovacchia il territorio di pertinenza della Germania potrebbe estendersi anche alquanto ad oriente della linea fiume March-Alto Oder. L'Ungheria potrebbe ricevere il rimanente, meno una piccola zona di pertinenza della Polonia.

Un intervento della Francia viene ritenuto difficile data la sua attuale situazione interna. La Cecoslovacchia potrebbe essere aiutata solo con l'aviazione. Le forze terrestri francesi sarebbero tenute indietro dalla linea fortificata tedesca, oramai in buona efficienza».

Nel complesso, aggiunge il generale Marras, negli ambienti militari tedeschi la situazione attuale, nei riguardi della Cecoslovacchia, viene ritenuta, almeno in apparenza, tranquilla, ma non si escludono mutamenti e avvenimenti improvvisi. Viene anche spesso ripetuta la formula nota, secondo la quale il Fuhrer avrebbe detto di evitare ogni qualsiasi nuova azione prima del compimento della sua visita in Italia.

435 1 Il documento ha il visto di Mussolini.

436 3 Vedi DD. 195 e 204.

437

L'AMBASCIATORE PRESSO LA SANTA SEDE, PIGNATTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE SEGRETO 1931/25 R. Roma, 2 aprile 1938 (per. stesso giorno).

Mio telegramma per corriere n. 24 del 28 marzo u.s. 1

Il n. 28 de L'Osservatore Romano, uscito ieri sera con la data odierna, ha pubblicato la seguente nota ufficiosa: «In seguito alle varie interpretazioni spesso tendenziose (anche da parti dalle quali non si sarebbe aspettato), circa la nota dichiarazione dell'episcopato austriaco, siamo autorizzati a comunicare, come constatazione di fatto, e prescindendo da qualsiasi considerazione o questione di ordine politico, che essa fu formulata e sottoscritta senza alcuna previa intesa o posteriore approvazione della Santa Sede, e sotto la unica responsabilità dell'episcopato medesimo».

I giornali italiani di questa mattina dànno il riassunto di una lettera del cardinale Innitzer, arcivescovo di Vienna, al Gauleiter Bi.irckeF, intesa a riaffermare la spontanea iniziativa dei vescovi austriaci, riguardo alla nota proclamazione.

Secondo i giornali italiani, il cardinale avrebbe scritto nella sua lettera «che la dichiarazione dei vescovi come pure tutto il nostro atteggiamento è unicamente espressione della comune voce del sangue tedesco».

La surriferita dichiarazione dell'arcivescovo di Vienna non avrà buona accoglienza in Santa Sede dove ha fatto poca buona impressione il lesto mutamento di casacca del cardinale Innitzer e di alcuni prelati austriaci, i quali sono stati fino all'ultimo -così mi ha detto il cardinale Pacelli -sostenitori della politica del deposto Cancelliere austriaco.

Anche riguardo al capovolgimento della situazione in Austria, il cardinale Segretario di Stato si è espresso severamente, osservando amaramente essersi dovuto constatare di avere a che fare con gente senza carattere.

438

L'AMBASCIATORE PRESSO LA SANTA SEDE, PIGNATTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 1939j29 R. Roma, 2 aprile 1938 (per. stesso giorno).

Mio telegramma per corriere odierno n. 26 1 .

All'ambasciata di Germania presso la Santa Sede si giudica grave la situazione determinatasi dopo la comunicazione d'iersera della Radio Vaticana.

Ho informato di quanto precede monsignor Tardini, il quale mi ha confermato che la Segreteria di Stato non era al corrente di nulla e che, soltanto nel pomeriggio di oggi, aveva ricevuto il testo della comunicazione in discorso. La Segreteria di Stato declinava pertanto ogni e qualsiasi responsabilità.

Ho osservato che la giustificazione non reggeva. Se la Santa Sede non voleva subire le conseguenze dell'accaduto, doveva sconfessare pubblicamente la Radio. Se non lo faceva immediatamente si metteva dalla parte del torto e giustificava una probabile adeguata reazione del Reich.

Monsignor Tardini non mi ha dato l'impressione di essere sincero nello scagionare la Segreteria di Stato.

Da parte mia, gli ho detto che, dopo avere richiamato seriamente l'attenzione della Segreteria di Stato sul severo giudizio che veniva generalmente dato per l'atto inconsulto della Radio Yaticana, consideravo esaurito il mio compito.

Non ho nascosto al Segretario per gli Affari Ecclesiastici Straordinari la voce, diffusa negli ambienti diplomatici, della denuncia, da parte del Reich, dei due concordati, quello con la Germania e l'altro con l'Austria.

437 1 Vedi D. 409. 437 2 Vedi D. 440. 438 1 T. per corriere 1947/26 R. del 2 aprile. Riportava il testo di un lungo comunicato trasmesso la sera precedente dalla Radio Vaticana in cui si criticava con linguaggio durissimo il comportamento delle gerarchie cattoliche austriache che avevano invitato i fedeli a votare in favore dell'Anschluss nel prossimo plebiscito. Secondo quanto era stato dichiarato all'ambasciatore Pignatti, il comunicato, che aveva «prodotto grande sensazione negli ambienti vaticani e nei circoli cattolici all'estero», era stato diffuso per iniziativa personale di un funzionario della Radio Vaticana.

439

L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, PRUNAS, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 1961/091 R. Parigi, 2 aprile 1938 (per. il 4).

Situazione Gabinetto Blum continua ad essere estremamente precaria. Dovrebbe ~ secondo ogni previsione e per quel che le previsioni valgono in regime parlamentare ~essere posto nella necessità di lasciare il potere fra breve e probabilmente dopo la presentazione dei progetti finanziari. Continuano nelle industrie metallurgiche e aeronautiche le occupazioni delle fabbriche e gli scioperi. I quali, nelle ultime ventiquattro ore, si sono anzi estesi. Gabinetto di concentrazione nazionale sembra tuttavia tuttora incerto e improbabile. Si parla di un ministero con prevalenza radicale capitanato da Daladier.

Negoziati italo-britannici sono seguiti con sempre maggiore attenzione da questa opinione pubblica e campagna per un riavvicinamento italo-francese si è indubbiamente estesa ai tre quarti dei giornali, salvo, naturalmente, quelli di sinistra.

So che Paui-Boncour va dicendo che egli resta l'uomo del Patto a Quattro e l'ispiratore della missione romana di De Jouvenel. Ma non è certamente dal signor Paui-Boncour che è probabile attendersi gesti o iniziative conformi a quelle premesse. Situazione Paui-Boncour è del resto fragilissima. Nessuno prevede che, mutando governo, egli possa restare al Quai d'Orsay. Continuano d'altra parte la laboriosa digestione della vittoria nazionale in Spagna e le pressioni degli ambienti di sinistra per una modificazione della politica di non intervento. Che iì Quai d'Orsay esclude.

Il discorso del Duce al Senato 1 ha prodotto un'impressione profonda. Sono state soprattutto poste in rilievo le dichiarazioni relative alle direttive politico-stra

tegiche; allo spmto offensivo dell'esercito; qualità e abbondanza del materiale; numero degli operai addetti alle industrie di guerra e dei piloti mobilizzabili, primato mondiale dei sottomarini. Tentativo della stampa di sinistra inteso a far credere che parole Duce avrebbero costituito un ostacolo all'accordo i taio-britannico è caduto dopo ventiquattro ore.

439 1 Pronunciato il 30 marzo in sede di discussione dello stato di previsione della spesa dei dicasteri militari (testo in MussouNI. Opera Omnia. vol. XXIX, pp. 74-82).

440

L'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, MAGISTRATI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

RAPPORTO RISERVATO 2168/649. Berlino, 2 aprile 1938 (per. il 4).

Dopo le note dichiarazioni dell'episcopato austriaco nei confronti del nazionalsocialismo e del prossimo plebiscito popolare del IO aprile (telespresso di questa

R. ambasciata n. 2022/626 del 28 marzo u.s.) 1 abbiamo ora la lettera che il cardinale arcivescovo di Vienna, Innitzer, ha diretto all'incaricato del Reich per il plebiscito, Biirckel, in data del 31 marzo 2 .

In questa lettera il cardinale smentisce l'informazione del corrispondente berlinese della agenzia Havas, secondo la quale la manifestazione di lealismo dei vescovi austriaci dovrebbe essere posta in rapporto con la visita compiuta alcuni giorni or sono dal nunzio apostolico a Berlino, monsignor Orsenigo, al ministro degli Affari Esteri del Reich, von Ribbentrop. Tale visita invece, dichiara il presule, è avvenuta spontaneamente, avuto riguardo all'importante ora storica dell'unione dell'Austria alla Germania.

E, nello smentire anche che l'appello ai cattolici debba venire interpretato come un gesto dei vescovi tendente unicamente ed in via contingente a provocare una distensione nel momento attuale, egli aggiunge: «lo considero al disotto della mia dignità compiere dei gesti in una situazione storicamente così importante. Io ripeto che la dichiarazione dei vescovi come tutto il loro atteggiamento nei riguardi del plebiscito è da apprezzare in via di principio unicamente come una professione di fede inspirata soltanto dalla voce del nostro sangue tedesco comune. Io vorrei aggiungere francamente, in queste giornate storiche, il mio intimo desiderio che la dichiarazione dei vescovi possa rappresentare una svolta nella vita culturale e religiosa di tutto il popolo germanico ed apra un periodo di pacificazione interna e di conciliazione fra Chiesa, Stato e Partito».

Questa lettera del cardinale viene ampiamente commentata da tutta la stampa che la considera come atta a sventare tutti i tentativi di sfruttare a scopo polemico l'atteggiamento assunto, nel momento presente, dall'episcopato austriaco. Lo stesso magno organo del Partito, il Volkischer Beobachter, afferma che tale risposta è così chiara ed inequivocabile che essa non ha bisogno di venire sottolineata in modo speciale. Noi salutiamo -esso aggiunge-le franche parole dirette dall'arcivescovo

440 2 Testo in Rela::ioni lnterna::ionali. p. 300.

di Vienna ai sobillatori stranieri e le consideriamo come una nuova professione di fede dei vescovi cattolici austriaci nella comunità dei destini del popolo germanico.

Con questo nuovo, importantissimo atto gli esponenti maggiori del cattolicesimo austriaco riaffermano nettamente la loro volontà di voler creare, attraverso la loro piena adesione alla grande Germania di Adolfo Hitler, un nuovo stato di cose capace di facilitare l'auspicato riavvicinamento tra la Chiesa e lo Stato e il Partito, non solamente nell'ex territorio dell'Austria ma in quello di tutto il Reich.

Indubbiamente oggi, a seguito di questa coraggiosa presa di posizione, è stato tolto il grave ostacolo che poteva essere costituito, con infinite drammatiche conseguenze, da un irrigidimento dei cattolici austriaci nei confronti della nuova situazione politica.

Oggi tocca effettivamente agli uomini del nazionalsocialismo venire incontro ai cattolici: questi hanno fatto, con le dichiarazioni dell'episcopato austriaco, in un momento particolarmente delicato, un passo decisivo che merita non solamente il rispetto da parte dello Stato nazionalsocialista, ma merita anche che gli organi competenti compiano uno sforzo, decisivo anch'esso, perché si addivenga alla desiderata pacificazione religiosa in Germania.

Indubbiamente l'atmosfera si è grandemente rischiarata. Ma siamo ancora in un campo vago ed indefinito senza che i problemi, gravi ed importanti, relativi alla situazione dei cattolici in Germania, e particolarmente ai rapporti tra il Vaticano ed il governo di Berlino, siano stati posti nettamente sul tappeto.

A ciò si aggiunge l'estrema incertezza che regna nei confronti dell'atteggiamento del Vaticano in tutta questa questione. Le prime notizie, anzi, pervenute da Roma farebbero credere che al di là del Tevere questo atteggiamento dell'episcopato austriaco non trovi troppi consensi. A tale proposito devo aggiungere che sarebbe veramente doloroso se la situazione attuale e l'occasione tanto favorevole per una distensione, creatasi in questi giorni, dovessero andare perdute.

Aggiungo che, a seguito di conversazione con questo nunzio apostolico, monsignor Orsenigo, ho constatato con soddisfazione, come anche l'illustre prelato che rappresenta qui la Santa Sede, si renda perfettamente conto di una tale nuova atmosfera.

Egli, come la R. ambasciata ha già riferito'. ha avuto una prima presa di contatto, rimasta naturalmente ancora in termini imprecisi e piuttosto formali, con il nuovo ministro degli Affari Esteri von Ribbentrop, elemento fresco e nuovo all'annoso problema, ma proprio per tale motivo. e per i suoi seguiti e costanti rapporti con il Cancelliere Hitler, molto adatto per affrontarlo con interesse ed entusiasmo.

Nessuno, ripeto, si fa illusioni circa le difficoltà esistenti: particolarmente quelle relative all'educazione della gioventù, problema che, come è noto, sta in modo speciale e personale a cuore del Sommo Pontefice, in tale campo intransigentissimo.

Ora il Vaticano tiene a conservare la posizione già raggiunta attraverso il Concordato del 1933, posizione che esso assolutamente non si sente disposto a cedere. Dall'altra, con i grandi sviluppi verificatisi sul terreno dell'organizzazione e dell'educazione della gioventù nel Reich nazionalsocialista, si comprende anche come lo Stato abbia qui assunto, da parte sua, una posizione di intransigenza.

Tutto ciò porta a credere che sulle basi dell'attuale Concordato un'intesa sia particolarmente difficile. Occorrerebbe forse, data la nuova fisionomia del Reich, geografica, politica e religiosa, causata dall'unione dell'Austria alla Germania e dalla creazione del grande Stato tedesco, rivedere ex nova tutto il problema perché si possa giungere alla stipulazione di un nuovo e chiaro documento capace di definire veramente, ora che lo Stato nazionalsocialista non è più quello del 1933, i rapporti tra il Vaticano e Berlino. Ma da quale parte verrà l'iniziativa? L'atmosfera, ripeto, almeno fino ad oggi, esiste ed è buona4•

440 1 Vedi D. 413.

440 3 Vedi D. 413.

441

IL CONSOLE GENERALE A VIENNA, ROCHIRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. 2045/247. Vienna, 2 aprile 1938 (per. il 4).

Gli avversari politici che il nazionalsocialismo più aspramente combatte sono i legittimisti. Benché il loro partito, in sé, non fosse molto numeroso, né forte, pure l'attaccamento agli Asburgo era -se non altro in forma latente -grandemente diffuso, non solo nell'aristocrazia e fra gli ex-ufficiali, ma anche nelle masse contadine. Si può affermare che l'unica tendenza veramente contrastante aii'Anschluss sia stata la legittimista, la quale vedeva nell'incorporazione al Reich la fine definitiva di ogni speranza. Gli altri partiti, incomparabilmente più forti, non erano contrari all'Anschluss come tale, bensì al nazionalsocialismo ed infatti proprio i socialisti subito dopo il crollo avevano votato l'annessione al Reich; e similmente molti cristiano-sociali erano favorevoli aii'Anschluss prima dell'avvento del nazionalsocialismo. Le due idee che veramente si combattevano erano: l'annessione alla Germania, che si fondava sulla comunità di razza, e illegittimismo che rappresentava la fedeltà alla dinastia, h! voce del sangue, e quella della tradizione storica.

Hitler, pangermanista fin dalla giovanissima età, mentre ancora dominavano gli Absburgo, ha sempre avuto per essi un odio feroce, a cui dà sfogo con invettive d'ogni sorta nel suo Mein Kampf

Ed ora che ha raggiunto la sua più ambita meta, non risparmia i fedeli di «Otto l'ultimo»; il maggior numero di prigionieri politici è dato infatti dai Iegittimisti; e i suoi luogotenenti li coprono di insulti. I due figli di Francesco Ferdinando (Ernesto e Max Hohenberg) sono stati tradotti dalle prigioni di Vienna in Baviera. Non è bastato a placare il Fuhrer nemmeno il telegramma di Otto che scioglie i suoi seguaci dal giuramento di fedeltà. Burckel dichiara ora nulli i conferimenti di cittadinanza onoraria fatti da centinaia di Comuni ad Otto d'Asburgo ed obbliga i sindaci a restituire al giovane arciduca le pergamene da lui inviate in ringraziamenti. Il Fuhrer, se potesse, cancellerebbe ogni traccia dell'odiata dinastia da questa Vienna che egli non ama, la «Babilonia di razze» ove accanto agli splendori

dell'Impero egli ricorda di aver vissuto nella sua giovinezza ore tristissime nei miserabili quartieri dei disoccupati e senza tetto. Certo egli aspira a creare una Vienna nuova, la Vienna hitleriana; il grande porto sul Danubio, nuovi ponti, quartieri moderni, città giardino, caserme, piazze d'armi, grandi fabbriche; una città della forza e del lavoro, che faccia riscontro ai castelli, alle ville, agli edifici monumentali che ricordano Maria Teresa e Francesco Giuseppe.

Questo programma già è abbozzato nei discorsi del borgomastro e verrà rapidamente attuato. Per ora la trasformazione avviene solo negli addobbi delle strade. La croce uncinata domina dappertutto; i negozi se ne pavoneggiano (tranne i negozi ancora gestiti direttamente da ebrei, ai quali è proibita), i più espongono anche ritratti di Hitler con decorazioni floreali; le varie sedi del partito hanno messo il ritratto del Fiihrer come su un altare, adornato da grandi piante e da numerosi cesti e mazzi di fiori.

I buoni viennesi sono storditi e non ci si raccapezzano; in 15 giorni già gran parte delle leggi tedesche sono state estese all'Austria; i conti degli alberghi e delle trattorie sono già in marchi; i reggimenti austriaci sono di stanza in Baviera; cominceranno presto i trasferimenti degli impiegati; i giornali non si riconoscono più, pur avendo gli stessi titoli e gli stessi formati, il cardinale Innitzer fa il saluto «Heil Hitler»; militari, cannoni, aeroplani dappertutto; i programmi della radio trasformati. La fusione è imposta con ritmo accelerato e travolgente.

Oggi, andato a far visita ad uno dei nuovi ministri, ho visto attaccati alle pareti tre bellissimi grandi quadri, rappresentanti Maria Teresa, Francesco Giuseppe ed Elisabetta. Ho creduto di sognare. L'usciere che mi accompagnava, ha sorriso e mi ha detto: «Non ci resteranno a lungo», indi mi ha salutato: «Heil Hitler» 1•

440 4 Il documento ha il visto di Mussolini.

442

L'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, MAGISTRATI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

LETTERA PERSONALE RISERVA TISSI MA. Berlino, 2 aprile 1938 (per. il 4).

Troverai qui unito un rapporto 1 , che invio in via ufficiale, nei riguardi dell'attuale situazione esistente tra il Reich ed il Vaticano: vorrai, in seguito, passarlo agli Uffici.

Purtroppo le notizie che giungono dagli ambienti vaticani fanno credere che l'oltre Tevere si prepari a sconfessare l'atteggiamento assunto dai Vescovi austriaci con le loro note dichiarazioni di lealismo nei confronti della Germania nazionalsocialista.

Qualora veramente una tale sconfessione vaticana dovesse nettamente ed apertamente avvenire, ritorneremmo al punto di prima e cioè in alto mare!

441 Il documento ha il visto di Mussolini. 442 1 Vedi D. 440.

443

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, ALL'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, MAGISTRATI

T. 311 /99 R. 1 Roma, 3 aprile 1938, ore 22.

Le conversazioni con la Gran Bretagna hanno effettivamente molto progredito in questi ultimi giorni 2 e tutto lascia supporre che nel corso della seconda decade di aprile l'accordo venga firmato. Siamo e resteremo sulle linee indicate nelle mie precedenti comunicazioni e mi riservo di far pervenire a V.E. non appena possibile il testo dell'accordo per notizia a codesto governo. Ma desidero fin d'ora precisare un punto: è falso quanto affermano alcuni giornali circa nostre trattative con la Francia e la molto arbitraria affermazione del nostro desiderio di far partecipare Parigi ai negoziati in corso. È vero esattamente il contrario e cioè che abbiamo respinto la proposta britannica di invitare la Francia a dare l'adesione all'Accordo Mediterraneo del 2 gennaio 1937 confermato nel nuovo accordo, così come abbiamo rifiutato di discutere con l'Inghilterra qualsiasi questione che potesse chiamare in causa Parigi. Ad esempio, la Siria.

Tanto comunico a V.E. perché, se lo ritiene del caso, ne faccia fin d'ora parola a Ribbentrop 1 .

444

L'AMBASCIATORE IN CINA, CORA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 1977/168 R. Shanghai, 4 aprile 1938, ore 13 (per. ore 24 ).

Telegramma di V.E. n. 101 1 e telegramma da Tokio 381 2 .

Disposizioni ambienti militari giapponesi dimostrano ormai chiaramente che, nonostante loro precedenti dichiarazioni in contrario, non si vuole la pace con la Cina ma la sua conquista completa. La pace sarà fatta coi governi vassalli come quelli di Pechino e Nanchino. Ciò implicherà naturalmente occupazione militare territori per tempo indefinito. Giappone dovrà ancora destinare tutte le sue risorse a questo scopo.

In queste condizioni non si comprende perché governo Chiang Kai-shek non sia stato ancora forzato ad abbandonare Hankow e non sia avvenuta l'occupazione di Canton per interrompere ferrovia.

Rifornimenti continuano malgrado i bombardamenti. D'altra parte, i giapponesi non hanno ancora occupato ferrovia Chang-Mow il cui possesso sarebbe così necessario per abbreviare loro rifornimenti. Tokio informato.

443 .1 Sul relativo colloquio di Magistrati con von Ribbentrop si veda il D. 453. 444 1 Vedi D. 408. 444 2 Con cui era stato trasmesso a Shanghai il D. 400.

443 1 Minuta autografa di Ciano. 443 2 Vedi D. 451, nota l.

445

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, AL MINISTRO A BUDAPEST, VINCI

T. PER CORRIERE PERSONALE 316 R. Roma, 4 aprile 1938.

Suo telegramma n. 44 1•

Nella conversazione con Villani 2 , alla quale si è riferito codesto direttore degli Affari Politici, mi sono mantenuto -marcandole -sulle note linee della politica italiana verso l'Ungheria. Direttive R. governo restano quelle stabilite da tempo e recenti avvenimenti le confermano e le rafforzano. Ho quindi anche effettivamente e riservatamente parlato di assistenza qualora Jugoslavia attaccasse. Ma ho aggiunto anche che Stojadinovié ha sempre sottolineato ch'egli in qualsiasi eventualità, non attaccherà Ungheria.

446

L'AMBASCIATORE A TOKIO, AURITI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S.N.D. PERSONALE 1984/245 R. Tokio, 5 aprile 1938, ore 19,18 (per. ore 13).

Permettomi attirare l'attenzione di V.E. su telegramma n. Ili di questo addetto militare al Sottosegretario Guerra 1 cui testo fu redatto d'intesa con me. Per quanto è possibile per ora prevedere si intenderebbe qui seguire nelle linee generali gli stessi concetti di cui al telegramma segreto di V.E. n. 187 del 3 ottobre scorso 2 . Salvo nuove istruzioni continuerò attenermi a quelle direttive e farò agire nello stesso senso addetto militare 1 .

447

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, ALL'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, MAGISTRATI

T. 317/102 R. Roma, 5 aprile 1938, ore 23.

Nel discorso pronunciato dal Fuhrer il 3 corrente a Graz, il Fuhrer, secondo riferiscono telegrammi stampa, parlando della pacifica collaborazione con l'Italia, avrebbe accennato alla possibilità che il Reich rinunci alla protezione militare dei suoi nuovi confini.

445 2 Vedi D. 403, nota 9. 446 1 Non rintracciato. 446 2 Vedi serie ottava, vol. VII, D. 389. 446 3 Si veda per il seguito il D. 468.

Segnalo quanto precede alla S.V. perché ella voglia controllare, e possibilmente accertare nel modo che apparirà più opportuno, quali effettivamente siena le intenzioni tedesche al riguardo. È certo che un atteggiamento che si inspirasse a un tale criterio sarebbe destinato ad avere vaste e profonde ripercussioni nei rapporti tra noi e la Germania 1•

445 1 Non rintracciato.

448

L'AMBASCIATORE PRESSO LA SANTA SEDE, PIGNATTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 1987/35 R. Roma, 5 aprile 1938 (per. stesso giorno).

Il cardinale Segretario di Stato mi ha fatto chiamare stamane per comunicarmi che il Papa desiderava vedermi giovedì 7 corrente, a mezzogiorno. Ho domandato al cardinale che cosa vi fosse di nuovo. Egli mi ha risposto, dopo molte tergiversazioni che avrei trovato il Pontefice assai irritato.

Il Segretario di Stato non era in grado di precisarmi l'oggetto della conversazioni. Egli supponeva tuttavia che il Pontefice desiderasse intrattenermi sulla visita a Roma del Fiihrer, la quale, «per l'esaltazione che se ne fa», era motivo di dolore per il Papa.

Ho risposto che avrei ascoltato il Pontefice, se tale era il suo desiderio ma non consideravo giustificato il suo risentimento se motivato da quello che si faceva e diceva da noi, in previsione della prossima visita del capo della Nazione tedesca. Ho soggiunto che, senza uscire troppo dall'argomento, dovevo osservare che mi era sembrato del tutto inopportuno l'accenno critico all'atteggiamento neutrale della stampa italiana che avevo letto nel comunicato pubblicato ieri sera da L'Osservatore Romano sotto il titolo Precisazione necessaria (mio telegramma per corriere del 4 corrente n. 33) 1• Mi è parso fuor di luogo che nella nota suaccennata senza dubbio ispirata dalla Segreteria di Stato, fosse stato introdotto un biasimo a noi, mentre non vi si trovava la benché minima deplorazione all'indirizzo della Radio Vaticana, la Santa Sede essendosi limitata a respingere la paternità della lamentata trasmissione di venerdì sera.

Ho domandato poi, al cardinale Pacelli se egli avrebbe preferito che i nostri giornali, dando posto alle notizie in parte sensazionali dei giorni scorsi, le avessero commentate com'è accaduto in Inghilterra dove il Sunday Times ha scritto che la Chiesa Romana sta fronteggiando una delle più grandi crisi che ne minacciano l'Autorità centrale. Il cardinale Segretario ha voluto giustificare la frase del comunicato ufficioso, insistendo nell'affermare che la stampa italiana ha accentuato negli ultimi tempi la sua parzialità, divulgando tutto quello che si fa e si dice in Germania e in Austria dai nazisti ma ignorando scrupolosamente le rettifiche che la Santa Sede fa pubblicare da L'Osservatore Romano. Il Segretario di Stato ha soggiunto

Romano del 4-5 aprile in cui veniva precisato che una conversazione tenuta alla Radio Vaticana la sera del l" aprile sul tema del «cattolicesimo politico» non aveva alcun carattere ufficiale o ufficioso.

..

che la Segreteria di Stato ha in preparazione una nota di protesta sull'argomento. Ho risposto al cardinale che non potevo seguirlo nella sua argomentazione, in quanto che pure seguendo, per quanto possibile, la nostra stampa, non avevo in essa riscontrata l'asserita parzialità, mentre più volte avevo constatato l'opportuna riserva dei nostri giornali, dettata da un doveroso rispetto per la Sede Apostolica.

Quanto alla nota di protesta che il cardinale mi aveva detto essere in preparazione, l'avremmo certamente considerata con attenzione per la sua alta provenienza. Mi permettevo tuttavia di richiamare l'attenzione del mio eminentissimo interlocutore sull'inopportunità di dare corpo alle ombre. Il governo italiano dava ogni giorno prove lampanti e tangibili di riguardo al Pontefice e alla Santa Sede e lo faceva con una larghezza e una spontaneità che non poteva sfuggire all'acuta comprensione della Segreteria di Stato, ma -ho soggiunto testualmente -conveniva, d'altra parte, cha la Santa Sede si rendesse conto che non doveva esagerare; anche la corda più resistente, se sottoposta a una tensione eccessiva, finiva per spezzarsi.

Non so se, dopo il mio discorso, la progettata nota verrà, perché il cardinale mi ha domandato infine, se ritenevo preferibile un passo verbale. Ho evitato di rispondere, non avendo ammesso, nel corso della conversazione, che il reclamo della Santa Sede, circa la nostra stampa, fosse fondato.

447 1 Nel Diario di Ciano vi è-sotto la data del 4 aprile -la seguente annotazione a proposito delle dichiarazioni di Hitler a Graz: «Il Duce ha rilevato con piacere la cosa. Se ciò fosse vero, il Fiihrer compirebbe un gesto altamente politico e guadagnerebbe in Italia, in Jugoslavia e in Ungheria molte di quelle simpatie che ha perduto con la brusca realizzazione dell' Anschluss». 448 1 T. per corriere 1964/33 R. del 4 aprile. Trasmetteva il testo di una nota pubblicata su L'Osservatore

449

L'AMBASCIATORE PRESSO LA SANTA SEDE, PIGNATTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE SEGRETO 1986/34 R. Roma, 5 aprile 1938 (per. stesso giorno).

Nella visita che gli ho fatto stamane, il cardinale Segretario di Stato mi ha informato di avere avuto ieri una lunga visita del mio collega di Germania. Il porporato ha confermato all'ambasciatore del Reich che la radiotrasmissione vaticana 1 non doveva essere considerata, né ufficiale, né ufficiosa e non era stata neppure ispirata dalla Santa Sede, anzi era avvenuta a sua insaputa. Il cardinale Pacelli mi ha assicurato che il mio collega di Germania ha preso nota di ogni cosa ed è sembrato soddisfatto delle dichiarazioni che gli erano state fatte.

L 'anzidetta comunicazione, del cardinale Pacelli, deve rispondere al vero perché, nella serata d'ieri l'ambasciata di Germania presso la Santa Sede aveva non soltanto smesso l'allarmismo di sabato scorso, ma dichiarava che l'incidente della Radio Vaticana non avrebbe avuto, probabilmente, alcun seguito.

Il Segretario di Stato mi ha confidato, inoltre, che, durante la conversazione con von Bergen, egli aveva dichiarato al suo interlocutore che s'egli, non accontentandosi delle dichiarazioni che gli erano state fatte, avesse portato il discorso sul contenuto della radiotrasmissione vaticana, egli -il cardinale -avrebbe dovuto fargli delle dichiarazioni che, forse, gli sarebbero riuscite poco gradite.

Ho spinto il cardinale a procedere nelle confidenze, pure avendo l'impressione ch'egli non domandasse di meglio di vuotare il sacco.

-

La dichiarazione dei vescovi austriaci 2 -così mi ha dichiarato il Segretario di Stato -è stata imposta dal rappresentante del Reich per il plebiscito. L'episcopato ha ricevuto il testo della dichiarazione dal signor Biirckel il quale ha dato un'ora di tempo ai vescovi per firmarlo. I vescovi hanno apportato al testo imposto, insignificanti modifiche e l'hanno firmato. Dopo la firma del documento il Biirckel vi ha aggiunto un preambolo, senza curarsi d'informarne preventivamente i vescovi.

Il cardinale Segretario di Stato ha avuto parole roventi per vescovi austriaci «che hanno scritto una delle pagine più tristi per la Chiesa». Il cardinale Segretario di Stato ha soggiunto che d'ordine del Papa il cardinale Innitzer, arcivescovo di Vienna, è stato pregato di venire a Roma. Arriverà stasera 3 .

L'azione svolta dal Biirckel rende comprensibile l'arrendevolezza dimostrata dalle Autorità del Reich riguardo all'incidente della Radio Vaticana il quale, considerato a sé, appariva in verità assai grave.

449 1 Vedi D. 438. nota l.

450

IL MINISTRO A BELGRADO, INDELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 2023/018 R. Belgrado, 5 aprile 1938 (per. il 7).

In questi ambienti ufficiali, nei quali si seguono con calma, ma con la più vigilante attenzione e con comprensibile, diretto interesse le reazioni estere ed interne di Praga conseguenti alla scomparsa dell'Austria, non si nascondé una certa preoccupazione per quella che appare una combinata agitazione ungaro-polacca nei riguardi della Slovacchia e della Rutenia, suscettibile di precipitare delle soluzioni, qui non desiderate, della difficile situazione cecoslovacca nei riguardi del Reich. Non si pecca certo a Belgrado, e per note ragioni soprattutto negli ambienti di governo, di eccessivo sentimento per Praga. Ma non si pecca neppure nello stesso senso nei riguardi polacchi, che vengono considerati soprattutto attraverso Bucarest, né-e particolarmente, per inconciliabilità di mentalità, di carattere, di metodo -in quelli ungheresi. Si rimprovera qui a Praga l'incomprensione grave dimostrata nei riguardi del Reich ed in genere dell'Asse, gli errori capitali commessi, contrariamente perfino agli impegni assunti, per quanto concerne l'amalgama del suo ordinamento interno. Ma a Belgrado non può considerarsi alla leggera, per le ripercussioni che può avere sulla situazione stessa della Jugoslavia, una liquidazione cecoslovacca ed in tale ordine di idee ci si adopera qui a consigliare, realisticamente, per quanto possibile, il governo di Praga.

Non si ha ancora a Belgrado una opinione precisa circa il definitivo piano tedesco nei riguardi della questione dei sudeti ed in genere del futuro della Cecoslovacchia. Tuttavia si è propensi alla supposizione che è affacciata in fine del telegramma del 21 marzo scorso della R. legazione a Praga 1 , e che, del resto, sarebbe avanzata anche a Budapest (telegramma di quella R. legazione n. 033 del

449 3 Si veda per il seguito il D. 476. 450 1 Vedi D. 376.

26 marzo u.s.) 2 , che cioè la Germania pensi piuttosto di risolvere a suo esclusivo profitto la situazione cecoslovacca, senza imbarazzarsi di favorire ingrandimenti e contiguità territoriale degli Stati confinanti, che appaiono, quantomeno, rischiosi.

449 2 Vedi D. 413.

451

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, GRANDI

LETTERA PERSONALE 212112/123. Roma, 5 aprile 1938.

Ho veduto nuovamente e a lungo Perth 1 .

L'accordo tra noi e l'Inghilterra si può ormai ritenere virtualmente definito.

Esso risulterà di un Protocollo e di una serie di dichiarazioni sotto forma di lettere o altro.

Il Protocollo darà atto del proposito dei due Governi di ristabilire tra loro amichevoli relazioni e dell'esito favorevole delle conversazioni che all'uopo hanno avuto luogo; dichiarerà che le intese raggiunte sono state consacrate in una serie di dichiarazioni e stabilirà infine che i due Governi sono d'accordo perché, appena entrato in vigore l'accordo medesimo, si aprano negoziati per regolare le frontiere tra l'A.O.l. e i territori inglesi confinanti e per regolare altresì i reciproci interessi italiani e britannici in A.O.I. e in tali territori.

Per la Spagna e il riconoscimento dell'Impero, avrà luogo uno scambio di lettere con cui noi confermeremo di accettare la formula britannica per il ritiro dei volontari, e l'impegno di evacuare i volontari alle condizioni che saranno determinate dal Comitato di non intervento sulla base della formula stessa. Confermeremo parimenti che se tale evacuazione non sarà completa al momento in cui avrà termine la guerra civile in Spagna, tutti i volontari italiani lasceranno subito dopo il territorio spagnolo. Analogamente pel ritiro di tutto il materiale da guerra italiano.

La risposta inglese esprimerà la soddisfazione del Governo britannico per tale comunicazione e informerà il Governo italiano che il Governo inglese, essendo desideroso che vengano rimossi da parte degli Stati membri gli ostacoli al riconoscimento della sovranità italiana sull'Etiopia, compierà passi nella prossima sessione del Consiglio della Lega allo scopo di chiarire la situazione degli Stati membri al riguardo.

Un altro colloquio tra Ciano e lord Perth aveva avuto luogo il 2 aprile. Neanche su di esso è stata trovata documentazione negli archivi italiani. Dal resoconto dell'ambasciatore britannico (ihid., DD. 649 e 651), risulta che lord Perth comunicò che il suo governo avrebbe chiesto di iscrivere nell'agenda del Consiglio della Società delle Nazioni il riconoscimento dell'Impero italiano per la seduta del 9 maggio. Perth espresse anche il desiderio del suo governo di vedere la Francia partecipare all'impegno di non turbare lo status quo del Mediterraneo, ipotesi nettamente respinta da Ciano che invece non escluse la possibilità di un successivo accordo bilaterale itala-francese.

Il Governo inglese comunicherà a mezzo della stampa, il 9 aprile, il suo intendimento di portare a Ginevra la quistione del riconoscimento. Un'apposita dichiarazione confermerà il Gentlemen's Agreement e le lettere per la Spagna. Per le forze italiane in Libia il Governo italiano comunicherà a quello inglese che gli effettivi militari italiani in Libia saranno ridotti sul piede di pace.

Sono stati concordati: un impegno reciproco per uno scambio di informazioni militari per il Mediterraneo e per il Mar Rosso: un impegno italiano di adesione al Trattato Navale di Londra del 1936: una dichiarazione reciproca di astenersi da ogni specie di propaganda che possa recar danno ad una delle due parti: un impegno di rapporti di buon vicinato, complementare di quello per la delimitazione delle frontiere in Africa.

Varie formule riguarderanno gli impegni già assunti per il Lago Tana; il libero uso in guerra e in pace del Canale di Suez; i missionari in Abissinia; il reclutamento degli armati indigeni nell'A.O.I.

Per la Palestina, gli inglesi chiedono assicurazioni che l'Italia non farà nulla per pregiudicare la posizione del Governo britannico in Palestina. Il Governo britannico, da parte sua, si impegna a proteggere i legittimi interessi italiani in quel Paese. In massima d'accordo.

Per l'Arabia sarà firmato un accordo che è attualmente in discussione. Con tale accordo il Governo britannico accetta di trasformare le dichiarazioni vaghe del 1927 in un impegno formale (naturalmente reciproco) di rispettare l'integrità territoriale e l'indipendenza della Saudia e dell'Y emen. L'Italia riconosce la posizione giuridica e di fatto dell'Inghilterra esistente nell'Arabia meridionale.

Perth è da ultimo ritornato sull'idea già espressa in precedenza di una dichiarazione italiana per la Siria, analoga a quella per la Palestina. Ha pure domandato ~caduta l'idea del Patto mediterraneo ~ un 'estensione alla Francia della parte del Gentlemen's Agreement che riguarda lo status qua. Per ambedue le quistioni gli ho risposto che, al momento opportuno, non avremmo avuto alcuna difficoltà a parlare col Governo francese; ma che non ritenevo che le quistioni accennate potessero rientrare nel negoziato con l'Inghilterra.

Questi, nel complesso, i vari punti discussi e praticamente risoluti, salvo particolari e precisazioni. Con altra lettera, e credo prossimamente, ti ragguaglierò sugli ulteriori progressi che dovrebbero portarci alla definitiva conclusione.

La firma del documento è prevista per la metà della prossima settimana 2 .

Il 14 aprile, l'ambasciatore Perth fu ricevuto, insieme a Ciano, da Mussolini. Nel corso del colloquio, l'ambasciatore fece presente che il suo governo, pur avendo preso a Ginevra un'iniziativa che avrebbe aperto la strada al riconoscimento dell'Impero italiano da parte degli Stati membri della Società delle Nazioni, non avrebbe potuto assumere un atteggiamento che fosse suonato come un «condono» dell'azione italiana in Etiopia, cosa che Mussolini dichiarò di comprendere perfettamente. Circa il contenuto degli accordi, M ussolini si soffermò soltanto su la nota concernente la Spagna per precisare che in Spagna l'Italia non intendeva ottenere una posizione economica di carattere monopolistico ma intendeva di potervi lavorare, visto che per la causa di Franco aveva speso non solo denaro ma vite umane. Sul colloquio non è stata trovata documentazione negli archivi italiani; su di esso si veda il Diario di Ciano alla data corrispondente ed il resoconto dell'ambasciatore Perth in BD, vol. XIX, DD. 658 e 659.

450 2 Vedi D. 403. 451 1 Il 29 marzo, Ciano aveva avuto, nel quadro delle trattative itala-britanniche, un altro colloquio con l'ambasciatore Perth, nel corso del quale era stata raggiunta un'intesa «circa la Palestina, l'Arabia, le truppe indigene ed altre questioni minori». I progressi fatti erano stati così rilevanti da far considerare possibile la firma dell'accordo a breve scadenza. cosa -osservava Ciano -assai auspicabile perché avrebbe consentito di ben distanziare l'evento della venuta di Hitler in Italia. Su questo colloquio non è stata trovata documentazione negli archivi italiani: si veda CIANO, Diario, alla data corrispondente ed il sommario resoconto di lord Perth in BD, vol. XIX. D. 640.

451 2 Nei giorni successivi, Ciano e lord Perth ebbero diversi colloqui durante i quali furono risolti alcuni problemi secondari e decisi gli aspetti formali della sottoscrizione e della pubblicazione dell'accordo. Su tali colloqui non è stata trovata documentazione negli archivi italiani. Si vedano le annotazioni contenute nel Diario di Ciano alle date del 5, 8, 9, IO. e 13 aprile e BD, vol. XIX, DD. 654. 655 e 657.

452

L'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, MAGISTRATI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. RISERVATO 2248/682. Berlino, 5 aprile 1938 (per. 1'8).

Tra le opinioni pubbliche maggiormente impressionate per l'Anschluss va considerata quella dell'Ungheria, Paese ritenuto sempre, a torto o a ragione, tradizionalmente «amico» della Germania.

Di un tale nervosismo, che si ripercuote, com'è noto, in tutta la politica interna magiara, ha dato prova anche la rappresentanza diplomatica ungherese a Berlino, per quanto essa sia diretta da un grande amico dei tedeschi, il ministro Sztojay, già addetto militare, per lunghi anni, in questa capitale. Il ministro Sztojay, succeduto al signor Masirevié, inviato a Londra nel 1936, ha seguito una politica di amicizia nei confronti di questi ambienti di governo e particolarmente nei riguardi dei principali esponenti del mondo militare, a lui personalmente legati. Politica che si basava naturalmente su un comune orientamento anti-cecoslovacco.

Ora, avvenuto l'Anschluss, l'Ungheria realizza che qualsiasi suo rapporto con l'Occidente d'Europa e con la stessa Italia è controllato dal Reich tedesco e dalla Jugoslavia che le sbarrano qualsiasi via di comunicazione. Contro un tale stato di cose non ha sufficientemente giocato una netta assicurazione tedesca in senso anti-cecoslovacco, per una eventuale spartizione di quello Stato. Alcune voci, anzi, messe in circolazione particolarmente da parte francese, vorrebbero che la Germania, ben decisa ad assorbire nei confini del nuovo grande Reich i tre milioni di sudeti, non aspirerebbe invece alla distruzione della Cecoslovacchia, anche per non creare situazioni internazionali di estrema delicatezza. Sempre secondo quelle voci, Berlino farebbe comprendere di non essere favorevole alla soluzione già prospettata di uno Stato cecoslovacco a sistema federativo e preferirebbe semplicemente una rettifica di frontiera a suo favore lasciando vivere, nelle sue attuali forme, la Repubblica cecoslovacca. Tuttociò a chiaro e netto detrimento dell'Ungheria, la quale si vedrebbe premuta dall'enorme massa di ottanta milioni di tedeschi viventi alla sua frontiera senza ottenere la contropartita di un allargamento dei suoi confini.

Il nervosismo magiaro ha provocato, com'è noto, negli ultimi giorni varie manifestazioni a Budapest. Tra esse, di particolare rilievo, le dichiarazioni fatte dal Reggente ammiraglio Horthy 1•

Tali dichiarazioni, su evidente ispirazione di questa legazione di Ungheria, hanno provocato un favorevole commento della ufficiosa Diplomatisch-Politische Korrespondenz, la quale così si esprime: «In Germania sono state accolte con una sincera soddisfazione le parole calorose che il Reggente in Ungheria ha pronun

ziato, nel suo messaggio alla Nazione, all'occasione dell'ingresso dell'Austria nel Reich, dimostrando la sua profonda comprensione per le cause storiche e sentimentali per le quali questo fatto costituisce per lui un avvenimento assolutamente naturale e non inatteso. Queste parole rispondono all'antica provata amicizia che lega l'Ungheria alla Nazione tedesca. Non vi è bisogno sottolineare in forma particolare che in Germania il sentimento di questa amicizia e la comprensione della sorte difficile della Nazione ungherese sono altrettanto vivi che nel popolo ungherese, in nome del quale ha parlato il suo rappresentante, l'ammiraglio Horthy. A partire dal 13 marzo, l'Ungheria è divenuta un vicino immediato della Germania. Per tale ragione sono tanto più importanti non solamente la comprensione della quale fanno prova le parole di Horthy nei riguardi del ritorno dell' Austria al Reich, ma anche il suo apprezzamento, calmo ed ottimista, della situazione generale in Europa. In tale maniera, da una fonte competente, è stato apportato un importante contributo atto a frenare il disordine che taluni ambienti provocano artificialmente, e per il quale -con l'aiuto di ogni sorta di malevoli e tendenziose notizie allarmanti -la situazione avrebbe dovuto essere disturbata e per il quale una volta di più si voleva, direttamente o indirettamente, provocare la diffidenza nei confronti della Germania».

452 1 In un discorso tenuto alla radio il 3 aprile, l'ammiraglio Horthy aveva fatto riferimento alla «strana sensazione di insicurezza e di preoccupazione>> che si era manifestata nel Paese in seguito alla crisi austriaca ed aveva invitato a conservare la calma perché l'avvenimento «giunto non inaspettato», non toccava in alcun modo l'Ungheria. Il testo del discorso è in Rela::.ioni Interna::.ionali, pp. 296-297.

453

L'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, MAGISTRATI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

LETTERA PERSONALE RISERVATA. Berlino, 5 aprile 1938 1•

Ho visto, ieri nel pomeriggio, von Ribbentrop.

Riassumo:

l) Conversazioni anglo-italiane-Come ti ho comunicato in via ufficiale 2 ho portato a conoscenza di von Ribbentrop le informazioni invia temi 3 circa l'andamento delle conversazioni e circa la possibilità che esse si conchiudano felicemente nella seconda decade del mese.

Ho posto nuovamente in risalto come la loro cornice sia esclusivamente anglo-italiana e come di conseguenza da parte nostra sia stata respinta ogni idea di eventuali adesioni francesi.

Il mio interlocutore, come del resto ha sempre fatto, non ha dato mostra di alcun nervosismo. Si è limitato a chiedere altre informazioni sulle nostre forze in Libia (e qui gli ho nuovamente esposto tutti i dati opportunamente fornitimi) e sulla nostra adesione al Trattato navale. Ha aggiunto che ti sarà molto grato

453 2 Magistrati aveva comunicato con T. 1973/ ... R. del 4 aprile di avere portato a conoscenza di von Ribbentrop le informazioni comunicategli. senza aggiungere particolari del colloquio. 453 ' Vedi D. 443.

se tu potrai fargli pervemre, non appena pronta, la bozza dell'Accordo che ti prepari a firmare.

2) Situazione in Spagna ~ Von Ribbentrop continua a non credere alla possibilità di un qualche intervento francese. Aggiungo, tra parentesi, che una tale persuasione è qui diffusissima. Nella stessa serata di ieri ho avuto una conversazione con il Generale Keitel che, come conosci, è un po' il Ministro della Guerra del Reich. Anch'egli ritiene che Gamelio e lo Stato Maggiore siano assolutamente contrari ad una qualsiasi forma d'intervento «che porti in Spagna la bandiera rossa alla testa delle truppe della Repubblica, anziché il tricolore». L'identica persuasione è diffusa qui del resto anche nel Corpo diplomatico, a cominciare dagli ambienti inglesi, che nutrono in questo momento un notevole scetticismo nei confronti delle possibilità della Francia del Fronte Popolare.

3) Reich e Vaticano ~ Come ho telegrafato 4 , nessuna parola o reazione è stata qui detta o fatta nei riguardi della presa di posizione de L'Osservatore Romano 5 e soprattutto della grave radiotrasmissione dalla Città del Vaticano di venerdì sera 6 . Von Ribbentrop, come ti ho telegrafato 7 , ha chiaramente mostrato di non voler «drammatizzare» ed ha accennato alla circostanza che, secondo notizie pervenute indirettamente, quella radiotrasmissione è stata fatta all'insaputa del Sommo Pontefice e del cardinale Segretario di Stato. Autore ne sarebbe un sacerdote tedesco o austriaco antinazista «di origine non ariana». Ignoro se una tale tesi possa stare in piedi. Ad ogni modo dimostra certamente come, alla vigilia del Plebiscito, il Governo del Reich non abbia assolutamente voluto rompere i ponti ed abbia preferito nettamente tacere.

Aggiungo, a tale proposito, che questo atteggiamento tedesco ha riscosso una certa approvazione anche in questo Corpo diplomatico, mentre quella radiotrasmissione, in termini tanto duri, è stata da taluni considerata un po' una gaffe. Molti si domandano per quali ragioni il Vaticano abbia voluto intervenire tardivamente anziché preventivamente, assumendo un atteggiamento di ostilità in pura perdita. In realtà, aggiungo, sabato scorso, mentre l'Inghilterra, per bocca di Sir Nevile Henderson, riconosceva, con la chiusura della sua Legazione di Vienna, il fatto compiuto, il Vaticano dava l'impressione di essere il solo a volersi opporre all'Anschluss! Ma queste sono mie considerazioni che esulano dalla conversazione con von Ribbentrop.

A lui ho invece chiesto che cosa vi fosse di vero in tutte quelle voci circolate all'estero, secondo le quali il Governo del Reich si preparerebbe alla denuncia del Concordato con la Santa Sede. Mi ha risposto che «nulla gli risultava al riguardo». Ha aggiunto infine che tutta la grave questione dei rapporti tra Vaticano e Reich presenta estreme difficoltà e grandi ostacoli, ma che egli, che ha cominciato ora a studiarla, non vuole essere pervaso da scetticismo.

Mi ha chiesto infine, domanda interessante, se io avessi l'impressione che veramente la Nunziatura Apostolica di Berlino non fosse al corrente, venerdì scorso,

453 5 Vedi D. 437. 453 6 Vedi D. 438. 453 " Con T. 19721120 R. del 4 aprile. non pubblicato. Il suo contenuto è qui indicato.

518 di quanto aveva preceduto la pubblicazione della Nota su L'Osservatore Romano e la radiotrasmissione. Dato che proprio giovedì avevo avuto occasione di parlare con il Nunzio, Monsignore Orsenigo, e sabato con l'Auditore della Nunziatura, ho risposto che, a mio modo di vedere, la N unziatura non appariva essere al corrente di quanto si andava preparandoH.

453 1 Manca l'indicazione della data di arrivo.

453 4 Con T. 1948/118 R. del 3 aprile, non pubblicato. 11 suo contenuto è qui indicato.

454

L'AMBASCIATORE A SALAMANCA, VIOLA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 2069/039 R. Salamanca, 6 aprile 1938 (per l'Jl ).

Telegramma di V.E. n. 315/C. del 4 corrente 1 .

Comunicazione ufficiosa fatta verbalmente da codesto incaricato affari di Francia circa determinazione francese di seguire nei riguardi Spagna politica non intervento coincide con assicurazioni in tal senso pervenute a Franco a mezzo suoi fiduciari in Francia.

Il Generalissimo mi ha detto ritenersi ormai pressoché tranquillo su questo punto, non solo per quanto riguarda frontiera pirenaica ma altresì circa eventualità di un'azione armata francese contro zona spagnola Marocco.

Secondo informazioni provenienti da elementi dello Stato Maggiore che si mantengono in relazioni confidenziali con lo Stato Maggiore di Franco, questi avrebbe saputo che di fronte al divisamento del governo Blum di inviare alcune divisioni in Spagna, Gamelin non avrebbe fatto subito una decisa opposizione; opposizione sarebbe risultato di un movimento determinatosi negli ambienti Stato Maggiore che hanno finito per prevalere su decisioni di Gamelin.

Oltre ai pericoli di più vaste complicazioni, Stato Maggiore avrebbe dimostrato tecnicamente che poche divisioni sarebbero state insufficienti nell'attuale situazione per ottenere risultato rapido e decisivo a favore repubblicani spagnoli; poiché Francia non era intervenuta quando suo intervento avrebbe potuto essere decisivo, era insensato intervenire ora, nel momento peggiore.

Governo nazionale spagnolo -mi ha detto Franco -non tralascia di registrare per futura memoria intervento che Francia continua a praticare sotto ogni altra forma; fra l'altro, in questi giorni, il rinvio forzoso nella zona rossa delle migliaia di miliziani rossi rifugiatisi in Francia, rinvio che si è cercato camuffare di legittimità attraverso una parvenza di referendum.

Governo nazionale ha incaricato d'Alba di protestare presso Comitato non intervento contro procedimento Autorità francesi.

453 K Il documento ha il visto di Mussolini. 454 1 Comunicava il contenuto del passo compiuto il 31 marzo dall'incaricato d'affari francese, Bionde! (vedi D. 430).

455

LA DIREZIONE GENERALE AFFARI D'EUROPA E DEL MEDITERRANEO AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

APPUNTO. Roma, 6 aprile 1938.

L'Incaricato d'Affari di Francia ebbe a fare, giorni fa, una comunicazione ufficiosa nel senso che da parte francese non vi è mai stata intenzione di intervento armato in Spagna 1•

Dinanzi al ripetersi di notizie in senso contrario sulla stampa francese e alla loro riproduzione sulla stampa italiana, l'Incaricato d'Affari di Francia ha avuto istruzioni di rinnovare tale comunicazione a nome del proprio governo nel modo più netto e preciso. Il Governo francese non ha alcuna intenzione di intervento armato in Spagna. Esso si mantiene favorevole al ristabilimento del controllo internazionale, naturalmente collegato col ritiro dei volontari e non unilateralmente.

Le notizie in senso contrario apparse sulla stampa sono tendenziose. Il Governo francese non se ne preoccupa eccessivamente, e assume al riguardo un atteggiamento sereno. Però alla riproduzione sulla stampa italiana di notizie tendenziose della stampa francese, esso preferirebbe un franco chiarimento sulla realtà dei fatti.

456

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, ALL'AMBASCIATORE PRESSO LA SANTA SEDE, PIGNATTI

TELESPR. 212346. Roma, 6 aprile 1938.

Per sua informazione e per opportuna eventuale norma di linguaggio, si ha il pregio di trascrivere quanto ha fatto noto il prefetto di Bolzano in data 8 marzo u.s.:

«Le popolazioni allogene di questa provincia sono effettivamente oggetto di costante subdola azione di propaganda anticattolica, svolta quasi sempre per diretta azione di elementi nazisti, che con la lotta alla fede religiosa e alla latinità tendono anche per tal verso a politiche affermazioni di concezioni tedesche protestanti e pagane.

Ho avuto modo difatti di rilevare come lo svolgersi degli avvenimenti politici e gli sviluppi delle relazioni con il Reich influiscono decisamente su tale forma di propaganda, cui si ricorre costantemente con crescente intensità, per distogliere gli sguardi da Roma quale centro della Cristianità e indirizzarli alla contemplazione del mito germanico, che in Hitler avrebbe oggi il nuovo valido assertore.

La lotta anticattolica nell'Alto Adige merita pertanto seria considerazione, perché, se da un canto mira a sradicare la salda innata fede cattolica di queste popolazioni, è nel contempo insidioso strumento di attività politica anti-italiana.

In questa azione, che sfugge alle volte alle più accurate indagini, perché svolta isolatamente, in ristrette cerchie e <:on somma avvedutezza, i propagandisti vengono se non sostenuti certo indirettamente assecondati dall'indifferenza del clero allogeno, il quale per animosità co'ntro l'Italia non esita a manifestare le sue simpatie al nazismo, che con la grande Germania promette l'unificazione di tutti i tedeschi.

All'agnosticismo del locale clero è pertanto da attribuire massimamente la mancanza della più valida difesa dei sentimenti cattolici di queste popolazioni, le quali non trovando sempre, per le riferite ragioni politiche, conveniente assistenza spirituale, diventano facile preda degli adescamenti di elementi di oltr' Alpi che conducono per ogni via lotta assidua e costante alla latinità».

455 1 Vedi D. 430.

457

IL CONSOLE GENERALE A INNSBRUCK, ROTINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. 2293/169. Innsbruck, 6 aprile 1938 (per. il 9).

In tutta l'Austria regna una sovrana confusione, a malapena celata dall'ordine imposto, che è ordine nazista. Ma tra il nazismo e l'anima del popolo c'è un abisso. Mi trovo perciò nella impossibilità di prospettare una visione d'insieme. Il sovvertimento dell'antico ordine è stato così improvviso e brutale e il metodo introdotto dal nuovo regime così inusitato e così inumano che tutti gli individui, specialmente tra gli ebrei e fra i cattolici, han rotto ogni relazione col mondo esterno e si sono, per così dire, rinchiusi in se stessi. Mi tocca prospettare pertanto la realtà secondo diverse falde e vari settori. Registrare ciò che è pubblico e visibile e ciò che è anonimo e nascosto. In una tale situazione anche l'individuale e l'effimero può rispecchiare il moto di una vasta corrente o di un intero settore. Lo stato d'animo della collettività è tormentato, nervoso e rapidamente mutevole. In queste segnalazioni mi preoccupo di non trascurare mutamenti ed atteggiamenti, anche tenendo conto di situazioni contraddittorie. La situazione -ripeto -è infatti confusa e permeata di paradossali contraddizioni.

Secondo l'opinione di molti cattolici militanti, che non accettano passivamente gli ordini del clero ma che cercano di rendersi ragione di tali ordini, mettendoli anche in relazione con gli avvenimenti politici, non v'ha dubbio che la nota lettera dell'episcopato austriaco ai credenti 1 fu emessa col precipuo scopo di tranquillizzare le coscienze nella attuale impervia situazione, sopratutto per l'attitudine da assumere nelle prossime elezioni. La lettera può così essere riassunta: ciascuno è libero di

votare per l'annessione, senza andare contro la propria coscienza; un voto favorevole è anzi la cosa più opportuna e ragionevole nell'attuale situazione, poiché la Chiesa non è legata a speciali forme politiche.

«È libera questa lettera?» si son domandati i predetti cattolici. «Certo i vescovi l'hanno scritta liberamente», essi hanno risposto; e non hanno voluto prendere in considerazione il sospetto che di quella lettera solo la firma potesse appartenere ai vescovi. Altri si son domandati: «chi porta la responsabilità di questo documento?». Questi ultimi hanno creduto di trovare un conforto nella conclusione che alla fin fine due soli e non tutti i vescovi d'Austria sono i responsabili: solo gli arcivescovi di Vienna e di Salisburgo, che sono i due metropoliti.

Come è stata accolta in genere la lettera dal clero? Colla disciplina riverente e piena che distingue le gerarchie della Chiesa, ma nella maggior parte dei casi con le lacrime agli occhi, col più cocente dolore e persino con l'angosciosa persuasione che il passo fatto dai vescovi verso il nazionalsocialismo non avrebbe purtroppo dato nessun frutto nella terra cristiana. Purtuttavia il clero tende a giustificare i suoi capi. «Essi hanno la responsabilità, essi hanno avuto certo dei motivi per agire così. Noi seguiremo gli ordini ricevuti».

Come è stata accolta dal popolo? Molti fedeli udirono la lettura della lettera piangendo, altri ridendo di amaro sarcasmo, i più incapaci di prestar fede ai loro orecchi. È certo che i cattolici sono rimasti male impressionati anche perché non erano la maggior parte in grado di fare troppe discriminazioni.

La situazione è dunque così confusa ed arruffata, non solo perché i pastori si sono messi improvvisamente a parlare un linguaggio che avevano finora sistematicamente ripudiato, ma anche perché è venuto improvvisamente meno il sostegno dell'opinione pubblica: la stampa cattolica, che è assolutamente scomparsa. Tutti brancolano nel buio ed ognuno dubita del proprio stesso giudizio. Si è visto prestissimo che la più grande prudenza si impone, che il più rigoroso silenzio deve essere mantenuto per salvarsi dal carcere. È incredibile con quale rapidità si sia andata creando una ricchissima flora di delatori e di spie.

È a mia conoscenza che il Canisianum ed il Collegio dei Gesuiti hanno la loro guardia nazista e non v'è dubbio che si trovino nelle stesse condizioni gli altri istituti affini della città. Come in ogni periodo di transizione e di rivoluzione e di sconvolgimenti politici, ma più ancora che in qualsiasi altro periodo, il sospetto regna sovrano e nessun gesto è sincero, nessuna parola sicura. Chi possiede una fotografia di Schuschnigg o di Dollfuss (anche una semplice cartolina) viene considerato nemico del popolo. A questo proposito, in un noto istituto uno studente americano ha dovuto consegnare alla Gestapo tutte le fotografie di Schuschnigg che egli possedeva e che aveva fatte a titolo più turistico che politico. La Gestapo è andata in precedenza da tutti i fotografi della città ed ha controllato e sequestrato tutte le negative. Data perciò una tale situazione, si comprende come tutti i cattolici siano pessimisti sui risultati che la buona, rassegnata, volontà dei vescovi, manifestata con la nota lettera, potrà conseguire. Tutti i segni e i sintomi della situazione lasciano credere che sia impossibile un pacifico convivere col nazionalsocialismo. I vescovi si sono illusi, ponendo soltanto quella riserva: «salvi i diritti di Dio e della Chiesa», di rendere la loro lettera inappuntabile dal punto di vista religioso per ora e per sempre, e di avere un qualche contraccambio da parte del governo nazista. L'arcivescovo di Salisburgo ha creduto di dover commentare in un apposita lettera pastorale «salvi i diritti di Dio e della Chiesa» con la massima di Gesù «Date a Cesare ciò che è di Cesare», e accentuando sopratutto la necessità dell'educazione cristiana della gioventù e dell'insegnamento religioso nelle scuole. Ma della stessa massima, proclamata egualmente dai fogli nazisti, si offre da parte nazista delle interpretazioni spropositate e stravaganti. E allora anche nella sfera spirituale, dove dovrebbe avvenire la conciliazione tra il principio politico e quello cristiano, vi è guerra e incomprensione.

457 1 Vedi D. 413.

458

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, ALL'AMBASCIATORE AD ANKARA, GALLI

T. 323/38 R. Roma, 7 aprile 1938, ore 1,30.

Ambasciatore di Turchia mi ha rimesso nota per riconoscimento Impero 1 che, come precedentemente indicato, ho accolto ma a cui non mi propongo di rispondere per iscritto ritenendo sufficiente accettazione verbale da me data.

Per Montreux non mi è chiaro il quesito sottoposto da Aras 2 . La procedura di adesione è stabilita dall'articolo 27 della Convenzione, in base al quale la comunicazione di adesione deve essere fatta al governo francese. Nella comunicazione devono essere contenute le riserve. Data della nota di adesione, a maggio.

459

L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, PRUNAS, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. URGENTE 2017/72 R. Parigi, 7 aprile 1938, ore 13,15 (per. ore 14,35 ).

Tanto Blum quanto Paul-Boncour avrebbero in massima deciso inviare a breve scadenza a Roma in missione ufficiosa una personalità politica (che potrebbe essere ex-ambasciatore Besnard), allo scopo di discutere intero problema dei rapporti

T. per corriere 2104/021 R. dell'8 aprile: Aras aveva osservato che la riserva fatta dal Giappone al momento di aderire alla Convenzione di Montreux -il fatto di non essere Stato membro della Società delle Nazioni -non poteva essere ripetuta dall'Italia che formalmente faceva ancora parte della Lega, una inesattezza, osservava Aras, che poteva essere «impugnata da qualche altro Stato firmat<,~rio interessato ad intorbidare le acque (U.R.S.S.)». L'ambasciatore Galli suggeriva perciò la formula «Etat qui a donné le préavis de retrait de la Societé des Nations».

itala-francesi in vista della loro possibile normalizzazione ed eventuale inserimento della Francia nei negoziati italo-inglesi in corso.

Prima di fare passi concreti in questo senso, Paul-Boncour cercherebbe tuttavia accertare in via preventiva se tale proposta è del caso. Aperture in proposito mi sono state fatte per il tramite ambasciatore del Belgio a Roma, rientrato per qualche giorno a Parigi per visita di congedo. Kerchove mi dice che tanto Blum quanto Paul-Boncour gli avrebbero esplicitamente espresso in tale occasione il loro vivo desiderio di avviare questione riavvicinamento itala-francese verso una fase concreta ed ho ragione di credere gli abbiano in via personale ed amichevole affidato incarico di prospettarmi, per esplorazione e sondaggio, procedura indicata. Altri accenni nello stesso senso mi sono stati fatti in questi giorni da molte parti, che ho lasciato cadere.

Confermo che liquidazione del ministero Blum-Paul-Boncour è prevista per la fine settimana in corso, cioè fra 48 ore, e che secondo previsioni fondate esso potrebbe essere presumibilmente sostituito da ministero Daladier con maggioranza radicale e probabile assegnazione del Quai d'Orsay all'ex-presidente Chautemps.

Preoccupazioni an ti-germaniche; imminente accordo itala-inglese; progressivo fallimento politica spagnola; pongono d'altra parte qui, e sempre più nettamente, il problema dei rapporti itala-francesi ed esigono avviarli verso possibile normalizzazione.

458 1 La nota era stata consegnata il 4 aprile. Lo stesso giorno una nota uguale era stata presentata dal ministro di Grecia. Circa la formula adottata per il riconoscimento, si veda D. 428, nota 2. 458 2 Le osservazioni di Riistii Aras alle quali si fa qui riferimento erano state comunicate dall'ambasciatore Galli con T. 1930/61 R. del l o aprile ed erano poi meglio chiarite dall'ambasciatore con successivo

460

L'AMBASCIATORE A TOKIO, AURITI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 2012/248 R. Tokio, 7 aprile 1938, ore 13,55 (per. ore 12).

Telegramma di V.E. n. 119 1 .

Ho eseguito istruzioni con discrezione opportuna prescritta. Nostra offerta sarà tenuta presente ma non credo si vorrà qui valersene, anche se nella forma attenuata dei buoni uffici, la sola che i giapponesi avessero fin dal principio ammessa come possibile.

A tutte le altre e più importanti ragioni devesi aggiungere anche quella che sarebbe loro difficile, se si rivolgessero a noi, non rivolgersi in pari tempo ai tedeschi, i quali si adoperarono già per il contlitto 2 .

Ho già riferito su stato d'animo di questi militari verso Germania e suo nuovo ambasciatore qui'. Non mancherò informare V.E. in caso di mutamento disposizioni.

460 2 Sic. 460 3 Con T. 1891/238 R. del 31 marzo, l'ambasciatore Auriti aveva fatto rilevare che la prossima nomina ad ambasciatore dell'addetto militare tedesco era dovuta probabilmente al desiderio di riguada gnare il terreno perduto dalla Germania specie tra i militari giapponesi ma che il provvedimento non sembrava sufficiente a raggiungere lo scopo: Berlino, osservava Auri ti, avrebbe dovuto invece mutare politica e inviare a Tokio un uomo nuovo per attuarla.

460 1 Vedi D. 414.

461

L'AMBASCIATORE PRESSO LA SANTA SEDE, PIGNATTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S.N.D. PER CORRIERE 2022/38 R. Roma, 7 aprile 1938 (per. stesso giorno).

Mio telegramma per corriere n. 35 del 5 corrente 1•

Il Papa mi ha ricevuto stamane. Il Pontefice mi ha detto che desiderava in primo luogo incaricarmi dei suoi rinnovati ringraziamenti al Duce per l'assicurazione che gli era stata data che a Roma non sarebbe stata costruita una moschea. Egli era lieto della notizia e teneva a fare sapere, anche per il mio tramite, la grande consolazione che ne aveva avuto.

Il Papa ha elaborato poi l'argomento che gli stava maggiormente a cuore: la visita a Roma del Fuhrer. Mi ha dichiarato che si rendeva conto della necessità per le Autorità italiane di fare al Capo del Reich delle accoglienze oneste e liete, ma era profondamente addolorato nel constatare «che si preparava l'apoteosi del signor Hitler, del più grande nemico di Cristo e della Chiesa, dei tempi moderni». La persecuzione fatta alla Chiesa Cattolica in Germania era opera sua, tutta e solo sua, se ne sapeva ormai abbastanza per poterlo affermare senza tema di smentita. Il Papa ha soggiunto di avere chiesto al Signore di richiamarlo a Sé piuttosto che assistere al trionfo che si preparava, in Roma, al Capo della Nazione tedesca. Se il Signore non l'avesse esaudito, egli si sarebbe rassegnato anche a questa afflizione. Il Duce gli aveva fatto sapere, in passato, che avrebbe evitato di fare alcuna cosa che potesse dispiacergli. Il Papa ne era stato consolato e confortato. A sua volta desiderava che il Duce sapesse che l'esaltazione che si preparava del persecutore della religione cristiana in Germania, lo addolorava profondamente. A questo punto il Papa si è commosso.

Ho domandato al Pontefice di consentirmi di parlargli a cuore aperto. L'ho assicurato che avrei portato a conoscenza dell'E.V. le sue dichiarazioni. Ho soggiunto che mi rendevo conto del suo stato d'animo, ma l'ho pregato, rispettosamente, di fare uno sforzo per rendersi conto della realtà delle cose. Le assicurazioni date alla Santità Sua dal Duce sussistevano nel suo pieno valore. Ero ormai da questi tre anni al posto che occupo e potevo dire che il Duce e tutte le R. Autorità si facevano un dovere di soddisfare, nei limiti del possibile, tutte le domande del Pontefice e della Santa Sede. Potevo aggiungere che tali domande non erano poche, né di poco conto. Il Santo Padre poteva d'altra parte volgere il suo sguardo sull'Italia tutta e in verità non avrebbe trovato motivo di serie lagnanze. La religione cattolica era libera e protetta e i suoi sacerdoti erano posti in grado di esplicare liberamente la loro missione. Pregavo il Papa di considerare anche questo lato della questione che era il solo, in fondo, che avesse un reale valore.

Il Pontefice ha ammesso l'esattezza delle mie osservazioni. È ritornato, però, sull'argomento che gli stava a cuore, per darmi abbondanti particolari sul male che il nazismo fa alla Chiesa Cattolica. Ad un certo punto egli ha accennato alla questione austriaca, esprimendosi come s'egli temesse che dai recenti avvenimenti

461 Vedi D. 448.

potessero scaturire, in futuro, guai per l'Italia. A questo punto era bene evidente la preoccupazione patriottica del Pontefice il quale, con le lacrime agli occhi, mi ha detto testualmente: «Credo all'avvenire dell'Italia perché confido nella Provvidenza».

Il Pontefice mi ha dichiarato poi, ch'egli si era proposto d'intrattenermi sull'atteggiamento della stampa italiana, sugli avvenimenti di Germania e i più recenti dell'Austria. Ha soggiunto di ammettere che, negli ultimi giorni, c'era stato un miglioramento. Gli era stato riferito che non era in seguito a ordini ricevuti che i giornali italiani avevano fatto sistematicamente il più assoluto silenzio sul punto di vista della Santa Sede, manifestato a mezzo de L'Osservatore Romano. Egli voleva crederlo e sperava che per l'avvenire la nostra stampa si sarebbe dimostrata imparziale.

Ho risposto al Pontefice che le dichiarazioni che gli erano state riferite, erano state fatte alla Segreteria di Stato dalla R. ambasciata e corrispondevano a uno stato di fatto. Ho osservato che il Pontefice aveva a sua disposizione, per le relazioni con la stampa italiana, la sua nunziatura presso la Rea! Corte. D'altra parte, la R. ambasciata si era dimostrata sempre pronta a agevolare le cose, anche in questo campo. Per quel che concerneva la R. ambasciata dovevo far presente che, in passato, l'allora monsignor Pizzardo, molto spesso notificava, confidenzialmente, con il dovuto anticipo, i comunicati ufficiali o ufficiosi che la Santa Sede aveva interesse di vedere divulgati dai nostri giornali. La consuetudine era stata interrotta da qualche tempo. Credevo che convenisse riprenderla.

Il Papa ha risposto che le mie osservazioni gli sembravano assennate e ne avrebbe tenuto conto.

Per ultimo argomento, il Santo Padre, mi ha intrattenuto sull'Azione Cattolica. Ha ricordato di avermi dichiarato in passato che egli si assumeva personalmente ogni responsabilità riguardo alla Azione Cattolica (mio rapporto dell'8 ottobre XIV

n. 3159/815) 2 . Egli mi confermava quella dichiarazione la quale, perché veniva da lui, doveva rassicurare completamente il Duce. Senonché, da più parti. tanto dal Nord che dal Sud e dal Centro d'Italia, gli giungevano, da qualche tempo segnalazioni preoccupanti, di vescovi che facevano prevedere prossimo l'uragano.

L'ostilità contro le istituzioni di Azione Cattolica partiva quasi sempre dai segretari dei Fasci, ma in alcune località anche il prefetto aveva dato segni di mal sopportare l'Azione Cattolica. Il Pontefice ha precisato che sarebbero stati impartiti ordini dal Partito intesi a gettare il sospetto sulle Associazioni di Azione Cattolica.

Il Pontefice non riusciva a spiegarsi l'ostilità del Partito dopo le ampie, leali spiegazioni da lui fornite, per iscritto e a voce, anche personalmente, al Duce. Se vi sono lagnanze, ha precisato il Papa, si precisino e, se sono fondate, sarà provveduto immediatamente. Egli era addolorato per i sospetti elevati contro un'istituzione che gli stava tanto a cuore e della quale egli è sempre pronto a rispondere personalmente.

Ho assicurato il Pontefice che, anche su questo punto, riferirò esattamente all'E.V. il di lui pensiero.

Ho trovato il Pontefice in apparenti buone condizioni fisiche. Ha la mente lucidissima. Mi ha trattenuto un'ora e venti minuti, senza dare segno di stanchezza. Non si è adirato. Solo, un momento, accennando al ricevimento predisposto per Hitler e a quella ch'egli ha definita la di lui apoteosi, il Pontefice ha assunto un

tono di sdegno. In genere, il Papa si è piuttosto commosso che adirato e, a più riprese, ha avuta nelle sue parole una nota di caldo veritiero affetto per l'Italia.

Prima di congedarmi mi ha raccontato episodi della sua prima giovinezza e dell'età matura. C'era in ognuno la nota patriottica e l'avversione per «i tedeschi». Da notare che si trattava di austriaci, ma in quel tempo nell'Italia settentrionale anch'essi andavano sotto il nome di tedeschi.

461 2 Vedi serie ottava, vol. V, D. 181.

462

L'AMBASCIATORE PRESSO LA SANTA SEDE, PIGNATTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S.N.D. PER CORRIERE 2021/39 R. Roma, 7 aprile 1938 (per. stesso giorno).

Nel corso della conversazione che ho avuto oggi con lui 1 , il Pontefice ha osservato che si torna a parlare di una possibile visita del Fuhrer, in Vaticano.

Ho risposto che avevo letto la notizia nei giornali esteri, al che il Papa ha replicato, con insistenza, che la notizia gli era pervenuta anche, direttamente, da un tedesco, dandomi l'impressione che possa trattarsi di cosa seria, se non addirittura di un sondaggio.

Il Pontefice ha soggiunto, con viso imbronciato, che riceverebbe il signor Hitler perché deve riceverlo. Però il Fuhrer dovrà dichiarare prima «davanti al mondo cattolico» che l'azione contro la Chiesa Cattolica, nel Reich, è stata fatta contro la sua volontà.

Procurerò di avere maggiori precisioni dal cardinale Segretario di Stato.

463

L'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, MAGISTRATI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S.N.D. URGENTISSIMO 2031/131 R. Berlino, 8 aprile 1938, ore 13,52 (per. ore l 5,30 ).

Segretario di Stato per gli Affari Esteri mi avverte ora che Franco ha preavvertito, a mezzo elemento militare, governo tedesco che egli, in quest'ultima fase della guerra, conterebbe permettere ritiro dalla Spagna dei volontari stranieri combattenti nelle sue file.

In vista di tale dichiarazione governo tedesco desidera conoscere con urgenza:

l) Se uguale comunicazione sia stata fatta al governo italiano.

2) Quali siano idee governo italiano in merito.

Domenica prossima Hitler ritornerà a Berlino ed avrà riunione con Ribbentrop e militari per decidere atteggiamento tedesco.

Prego quindi telegrafarmi d'urgenza risposta ai due quesiti suindicati 1 .

462 1 Vedi D. 461.

464

L'AMBASCIATORE DI GRAN BRETAGNA, PERTH, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

APPUNTO. Roma, ... 1

EXCHANGE OF MILITARY INFORMATION

The effect of this draft formula 2 is that information will be exchanged in respect of any major prospective administrative movements or redistribution of United Kingdom and Italian naval, military and air forces in Gibraltar, Malta, Cyprus, Palestine, Aden and the Aden Protectorate, Egypt and the Sudan, British Somaliland and most of Kenya on the British side; and Libya, the Aegean Islands and Italian East Africa on Italian side.

We assume that Libya is included in the areas covered by the first paragraph of the draft, but I should be glad of an assurance that this is so.

We do not think it necessary that any revision or duration clause should be inserted into this agreement. This, however, is subject to a clear understanding that there is no necessity under the formula to notify any changes made to meet sudden emergencies. The object of our wording «major prospective administrative movements or redistribution» was to achieve this end. I should be glad to learn that this is equally the understanding of the Italian Government of the position.

His Majesty's Government trust that the Italian Government will clearly understand that they could not in any circumstances admit that the Mediterranean declaration precludes the termination or the variation of the Palestine or Syrian Mandates1 .

«A proposito della Palestina, oltre alle ·• assicurazioni verbali" parafate il 16 corr.. è stato anche inteso verbalmente nel corso del negoziato tra S.E. Ciano e Perth che il gov. it. era disposto a non sollevare la questione dello statu quo secondo il Gentlemen's Agreement del 2 gennaio 1937 nei riguardi della Palestina». Questa seconda annotazione ha la data, poi cancellata, del 19 aprile.

463 1 Si veda per la risposta il D. 467. 464 1 Il documento qui pubblicato è una copia priva della data. Su di essa il ministro De Peppo ha scritto: <<8/4». Probabilmente, questo documento fu consegnato dall'ambasciatore Perth a Ciano nel corso di un colloquio avvenuto appunto 1'8 aprile, sul quale non si è trovata documentazione da parte italiana. In proposito si veda il resoconto dell'ambasciatore britannico in BD, vol. XIX, D. 654. 464 2 Lo schema britannico cui si fa qui riferimento costituisce integralmente l'allegato 2 dell'accordo del 16 aprile. La sola differenza concerne la zona dell'Africa presa in considerazione al punto 2 per lo scambio delle informazioni che nello schema britannico era compresa tra il 20° di longitudine est ed il 2° di latitudine sud, mentre nella redazione finale veniva estesa al 7° di latitudine sud, così da comprendervi tutte le coste del Kenia come era stato richiesto dal ministero della Marina italiano. 464 3 In calce al documento vi sono le seguenti annotazioni autografe del capo di Gabinetto De Peppo: «Sta bene per la Palestina. Per la Siria, ripetuto che ha niente a che fare col presente negoziato, quantunque da parte italiana si sia disposti ad assumere anche a riguardo della Siria analogo atteggiamento di fronte ai francesi, a suo tempo e tenuto conto della diversità di situazione esistente. S.E. il M. a Perth -1314».

465

L'AMBASCIATORE A VARSAVIA, ARONE, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. 941/322. Varsavia, 8 aprile 1938 (per. il 12).

La notizia della presentazione al governo cecoslovacco della nota polacca di violenta protesta contro l'attività rivoluzionaria del partito comunista ceco è stata fatta precedere qui dalla pubblicazione nell'ufficiosa Gazeta Polska di sensazionali rivelazioni documentate sull'azione sovversiva della «succursale del Comintern» che ha il suo centro di irradiazione europea in Cecoslovacchia (fonogrammi Stefani Speciale nn. 78 e 79 del 2 e 3 corrente). Peraltro, della protesta polacca a Praga questa stampa ha dato l'annunzio qualche giorno dopo l'effettiva presentazione della nota, avvenuta come è noto il 23 marzo u.s. Non regge perciò l'informazione proveniente da Praga e di cui si è fatta eco una parte della stampa francese, secondo la quale il modo di procedere del governo polacco, che avrebbe comunicato immediatamente alla stampa il tenore della nota stessa, non faciliterebbe l'inchiesta disposta dal governo cecoslovacco.

L'opinione pubblica polacca, impressionata dalle rivelazioni suaccennate della Gazeta Polska ha manifestato viva indignazione per l'azione sovversiva ai danni della Polonia che col favore di Praga viene svolta in territorio cecoslovacco dove risiedono i caporioni più noti del partito comunista polacco e viene pubblicato l'organo ufficiale del partito stesso, introdotto poi clandestinamente in Polonia. I circoli polacchi non possono che essere irritati per il favoreggiamento accordato da Praga al Comintern, il quale vista la quasi impossibilità di una penetrazione diretta del comunismo in Polonia attraverso la frontiera russa, ha trasferito la sua base di operazioni per la Polonia in Cecoslovacchia.

Questo stato di cose, però, non è di oggi e quindi non spiega da solo la protesta polacca. La scelta del momento per la presentazione della nota non sembra che sia stata fatta a caso da questo governo, il quale avrà inteso non tanto di creare imbarazzi al governo cecoslovacco, in aggiunta a quelli che gli vengono dalla Germania, quanto di far sentire la presenza della Polonia nell'attuale situazione in cui si pone il problema della Cecoslovacchia. Riguardo al quale questi circoli ufficiali, mentre rivolgono ad esso la più vigile attenzione, mantengono il più assoluto riserbo su quello che potrà essere l'atteggiamento che la Polonia dovrà pure assumere a un dato momento.

Di fronte al riserbo dei circoli ufficiali, non mancano delle opinioni in questi circoli politici sui possibili sviluppi del problema cecoslovacco, opinioni che se pure espresse in forma di ipotesi e di teorie, nondimeno rispecchiano desideri e timori di eventuali soluzioni considerate dal punto di vista degli interessi polacchi. In detti circoli non è esclusa tra l'altro l'ipotesi che la Cecoslovacchia non trovi altra via di scampo di fronte alla pressione germanica che quella di un radicale mutamento di indirizzo nella sua politica estera, la quale finirebbe con l'orientarsi verso Berlino, di cui lo Stato cecoslovacco, per mantenere la propria compagine territoriale, dovrebbe rassegnarsi a subire l'influenza e a servire gli interessi. Una Cecoslovacchia che entrasse nolente o volente nella sfera di influenza germanica, costituirebbe per il Reich un'altra posizione avanzata per l'espansione in Oriente. Questa ipotesi da coloro stessi che se la prospettano viene considerata assai più pericolosa per gli interessi polacchi di quella che potrebbe essere una liquidazione territoriale della Cecoslovacchia in favore della Germania, e della quale i polacchi stessi potrebbero profittare facendo valere i propri diritti sul territorio di Teschen.

In tale eventualità la Polonia non mancherebbe di agire d'accordo con l'Ungheria per raggiungere una contiguità territoriale con tale Stato, pur rendendosi conto delle difficoltà derivanti dall'ostilità degli slovacchi per i magiari.

466

L'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, MAGISTRATI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

LETTERA SEGRETA URGENTE. Berlino, 8 aprile 1938 1•

Come ti ho informato telegraficamente 2 , stamane il Segretario di Stato von Weizsacker mi ha pregato di recarmi da lui con urgenza e mi ha comunicato che il Governo del Reich ha «a mezzo di elementi militari e non diplomatici» ricevuto notizia dal Generalissimo Franco che questi, dato l'andamento della guerra e la sua prossima fine, vorrebbe in questo ultimo periodo, far partire dalla Spagna i volontari stranieri combattenti nelle sue file. Franco, sempre a dire di von Weizsacker, non ha fatto conoscere alcun motivo per una tale sua decisione.

Ti ho telegrafato anche come, sull'argomento, avrà luogo a Berlino dopodomani o lunedì una riunione presieduta dal Fuhrer, per decidere circa l'atteggiamento tedesco ed ho anche chiesto un'urgente risposta ai due quesiti contenuti nel mio telegramma.

Questa la conversazione con von Weizsacker. Aggiungo che, nel complesso, l'argomento non è interamente nuovo. Come ebbi occasione di riferire con il mio telegramma per corriere n. 037 del lo u.s. ', già il Capo dell'Ufficio Esteri del Comando Superiore delle Forze Armate del Reich, col. Scheller, in una conversazione con il nostro R. Addetto Militare, aveva già cominciato a prospettare il problema del ritiro dei volontari dalla Spagna. Evidentemente il Reich non vuoi far trovare in Spagna, al momento della fine delle ostilità, i suoi soldati. E quindi potrebbe darsi che una qualsiasi parola di Franco sia stata interpretata nel senso desiderato.

Aggiungo che, conoscendo taluni precedenti e come Franco abbia ad un certo momento fatto una distinzione tra elementi volontari appartenenti alla Fanteria ed elementi «specializzati» (leggi specialmente aviazione e artiglieria contro-aerea) ho chiesto a von Weizsacker di quali volontari Franco intenda oggi parlare. E ho avuto la risposta: «tutti, senza alcuna distinzione».

466 2 Vedi D. 463. 466 ò Vedi D. 434.

Ho chiesto anche quale sarebbe, nell'eventualità di un ritiro, la sorte del materiale.

Von Weizsacker mi ha risposto: «con probabilità esso sarà ceduto agli Spagnoli».

Evidentemente, corso, e molto felicemente, il pericolo del colpo austriaco, la Wilhelmstrasse desidera un gesto di politica tradizionalmente «prudente». Il ritiro dalla Spagna dei volontari tedeschi chiuderebbe, per essa, una pagina che poteva condurre a complicazioni non lievi 4•

466 1 Manca !"indicazione della data di arrivo.

467

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, ALL'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, MAGISTRATI

T. S.N.D. 332/108 R. 1 Roma, 9 aprile 1938, ore 13.

Suo 131 2• Sino ad ora nessuna intenzione analoga è stata a noi manifestata da generalissimo Franco. Qualora egli dovesse manifestarla non mancheremmo di prendere immediato contatto con governo del Reich per concordare linea di condotta.

468

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, ALL'AMBASCIATORE A TOKIO, AURITI

T. S.N.D. 336/139 R. Roma, 9 aprile 1938, ore 24.

Telegramma di V.E. n. 245 1•

Governo fascista è sempre desideroso di giungere col Giappone a intese più strette, sulle basi di cui al mio telegramma n. 187 2 . Non, ripeto non, sembra peraltro opportuno entrare in trattative concrete coll'elemento militare a totale insaputa del governo; e ciò per gli evidenti pericoli connessi con un tale modo di procedere.

Prego pertanto V.E. di dare istruzioni al colonnello Scalise di ispirarsi a queste direttive nei suoi contatti con codesto Stato Maggiore, che sarà conveniente non abbandonare ma che dovranno essere estremamente prudenti. Ministero della Guerra informato 3 .

o 5 mila uomini) e che avrebbe effettuato volentieri tale operazione d'accordo con l'Italia. 467 1 Minuta autografa. 467 2 Vedi D. 463. 468 1 Vedi D. 446. 468 2 Vedi serie ottava, vol. VII, D. 389. 468 3 Si veda per il seguito il D. 482.

466 4 Lo stesso 8 aprile, il sottosegretario alla Guerra, Pariani, comunicava a Ciano --con lettera 035272che il capo dell'Ufficio Esteri del comando supremo delle Forze Armate gennaniche aveva fatto presente a Marras che subito dopo la vittoria di Franco la Germania desiderava ritirare le sue forze dalla Spagna (4

469

L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, PRUNAS, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 2068/093 R. Parigi, 9 aprile 1938 (per. 1'11).

Ho incontrato ieri, qualche ora dopo le dimissioni del Gabinetto, ministro Esteri Paul-Boncour, il quale mi ha pregato di passare da lui stamane, al Quai d'Orsay.

Paul-Boncour, che già mi aveva ieri rapidamente accennato, in termini generici, al suo desiderio di giungere a un riavvicinamento italo-francese, ha diffusamente insistito oggi sullo stesso argomento. Ha ricordato di avere parafato il Patto a Quattro; di essere stato l'ispiratore della missione de Jouvenel a Roma; di avere nel 1936, subito dopo la conquista etiopica, preparato istruzioni dirette all'ambasciatore di Francia a Londra, intese a far presente al governo britannico opportunità riconoscere senz'altro il fatto compiuto. Tale sua linea politica (la cui mancata attuazione non era certamente sua colpa), non era, dal 1936 ad oggi, affatto mutata. Si era anzi rafforzato in lui il preciso e netto convincimento, anche in seguito ai sopraggiunti avvenimenti europei, della necessità di lavorare nella stessa direzione e senso.

Per avviare il riavvicinamento italo-francese su un terreno concreto, gli era venuta l'idea -e me ne accennava per ora a semplice titolo di suggerimento di inviare a Roma, in missione ufficiosa, una personalità politica di primo piano allo scopo di discutere con V.E. tutto il complesso delle questioni esistenti fra i due Paesi e di giungere a una normalizzazione e a un accordo. È, in fondo -ha soggiunto --la stessa procedura adottata per i negoziati italo-britannici, durante i quali sono stati infatti discussi, e saranno fra breve risolti, tutti i problemi in pendenza fra Italia e Gran Bretagna. (Paul-Boncour non mi ha detto, né io gli ho chiesto, se tale personalità politica fosse stata già designata, né, in caso affermativo, chi fosse. Ha soltanto precisato che, nel suo pensiero, avrebbe dovuto trattarsi di una personalità politica eminente, anche per marcare la grandissima importanza del compito). Tale personalità politica avrebbe perfettamente potuto -ha continuato Paul-Boncour -essere nominata, ad accordo raggiunto, ambasciatore a Roma.

Il ministro ha quindi insistito sulla circostanza che quanto era venuto esponendomi era, per ora, e doveva intendersi, come un semplice suggerimento, che si sarebbe trasformato in una proposta concreta, soltanto se il governo fascista lo avesse ritenuto accettabile. Ciò che mi pregava di accertare.

Ha quindi fugacemente accennato ai problemi esistenti fra i due Paesi e che avrebbero dovuto costituire la materia della eventuale discussione. Ha appena fatto menzione della situazione militare in Libia (che pare--ha soggiunto-già regolata dagli accordi con la Gran Bretagna) e alla ferrovia di Gibuti. Non ha affatto parlato della Siria o del Mediterraneo. Ha, invece, più diffusamente insistito sulla situazione spagnola. Nonostante ogni sua preferenza ideologica, le sue preoccupazioni riguardano sopratutto -ha soggiunto -la sicurezza francese. Il governo britannico ha tenuto quello francese al corrente delle assicurazioni da noi dategli circa l'integrità territoriale e politica della Spagna e dell'impegno da noi assunto di rimpatriare volontari e materiale ad operazioni militari finite. Egli non mette naturalmente alcuna ombra di dubbio su tali nostre assicurazioni ed impegni. Si domanda soltanto quando tali operazioni militari potranno essere considerate come effettivamente giunte a termine. Anche se Franco dovesse infatti rapidamente occupare le province catalane, resterebbero ancora quelle madrilene e di Valencia. Ciò che potrebbe richiedere ancora dei mesi. Resterebbero eventuali focolai e zone di dissidenza e di contrasto armato. L'eventuale, continuata presenza delle forze volontarie italiane e tedesche continuerebbe così a perturbare, e per un tempo ancora indeterminato, l'opinione pubblica francese.

Concluso l'accenno spagnolo, Paul-Boncour ha tenuto ad insistere ancora una volta sul suo profondo convincimento della necessità di migliorare i rapporti e di giungere ad un accordo fra i due Paesi; sul suo vivo desiderio che la Francia si allinei in proposito rapidamente con l'Inghilterra; sulla circostanza che l'idea che oggi mi prospettava costituiva un semplice suggerimento che avrebbe potuto concretarsi in una vera e propria proposta soltanto se fosse preventivamente intervenuto il nostro gradimento ed accordo; sulla preghiera, infine, di voler accertare quale fosse il pensiero del governo fascista al riguardo.

Ho ascoltato, senza interruzioni, la lunga esposizione di Paul-Boncour, il quale era già quando mi parlava, sia ieri che oggi, un ministro dimissionario, insieme a tutto il governo di cui fa parte. Non ho, in queste condizioni, creduto opportuno di dargli alcun segno di speciale reazione da parte mia, anche per non pregiudicare in nessun modo quel qualunque atteggiamento che l'E.V. crederà di dover adottare, sia nei confronti del particolare suggerimento espostomi da Paul-Boncour, sia, in generale, nei riguardi del prossimo Ministero francese in formazione.

Quando Paul-Boncour mi ha accennato all'analogia fra ciò che egli suggeriva e la procedura adottata da parte britannica, mi sono limitato ad osservare nettamente che le due posizioni mi sembravano profondamente diverse: il governo britannico ha, infatti, a tralasciare tutto il resto, sempre avuto con noi rapporti diplomatici normali.

Ho accolto, in generale, le parole di Paul-Boncour con evidente distacco e freddezza. Lo ho assicurato che non avrei mancato di portare a conoscenza dell'E.V. quanto egli mi aveva esposto.

Per quel che mi concerne osservo essere ovvio che il suggerimento prospettato da Paul-Boncour tende a girare l'ostacolo costituito dall'assenza di un ambasciatore di Francia a Roma e a mantenere il problema del riconoscimento dell'Impero strettamente connesso con tutte le altre questioni pendenti fra i due Paesi.

Mi pare altrettanto certo che il problema del riavvicinamento fra Italia e Francia è andato in questo ultimo periodo rapidamente maturando nella coscienza di pressocché tutta l'opinione publica francese. Le sinistre al governo sanno che il problema è posto e dovrà essere affrontato. Esse cercano di affrontarlo oggi, come possono, sia perché ne risentono certamente l'esigenza, ma sia, anche, perché intendono attribuirsi il merito di averlo concretamente posto e di goderne il credito conseguente nei confronti di tutti gli altri partiti della destra e del centro, cui cercano di togliere cioè, di mano, ai fini interni, una buona carta nel gioco.

Altri motivi determinanti dell'iniziativa Paul-Boncour sono certamente: il vivissimo allarme antigermanico; l'imminente accordo italo-inglese; il desiderio di riaffermare, sia pure all'ultimo momento, una qualche autonomia nei confronti britannici; la liquidazione fallimentare che sta per aprirsi in Spagna. Sta comunque di fatto che le sinistre francesi sono costrette a picchiare alle nostre porte. È superfluo avvertire che occorrerà naturalmente attendere il risultato delle consultazioni iniziate ieri stesso da Daladier e la nuova formazione ministeriale ancora in elaborazione.

Aggiungo che -a quanto è dato giudicare in questo momento -le azioni di Paul-Boncour, in vista di una sua continuata permanenza al Quai d'Orsay, sembrano improvvisamente in rialzo.

D'accordo con Paul-Boncour, e salvo indiscrezioni, la stampa non parlerà del colloquio.

470

IL MINISTRO A PRAGA, DE FACENDIS, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 2141/048 R. Praga, 9 aprile 1938 (per. il 14).

Il fermento ceco-tedesco segna un momento di pausa. L'esaltazione dei sudeti dopo gli avvenimenti austriaci assumendo forme esuberanti, è stata calmata dalle direttive di Berlino che non vuole immediate complicazioni in questo settore fino a quando non siano sistemate le cose in Austria e altrove. In seno al partito di Henlein si sono determinate due correnti: conciliazionista l'una, intransigente l'altra. Ciò serve alla tattica necessaria, cioè a mostrare da una parte di voler trattare col governo e a far sì dall'altra che il problema rimanga insoluto e il contrasto aperto. Perciò si protesta ad ogni occasione, si stigmatizzano le non concilianti disposizioni dei dirigenti, ma si evitano incidenti pur mantenendo vivo il movimento, vivissime le aspirazioni.

I cechi sentono la bufera e cercano di prendere tempo. Sanno la loro sorte in mano alle Potenze e si illudono che nuovi orientamenti internazionali possano salvare la loro situazione.

Krofta dice:

-che l'interessamento britannico alla Cecoslovacchia è in questo momento molto vivo. Da osservare che effettivamente l'attività inglese in questi giorni è stata diretta in senso moderatore ma anche con una certa sostenutezza verso la Germania. Ciò ritengo però più come linea di politica generale verso Berlino che come incoraggiamento a Praga;

-che la Francia non ha nulla aggiunto a quanto ha già detto. ma che la conferenza di diplomatici a Parigi voluta da Paui-Boncour 1 è un segno del persistente interessamento francese alla Cecoslovacchia. Da osservare che il riserbo della

Francia pare invece aumenti sempre più e che Paul-Boncour deve aver voluto piuttosto sapere che cosa intendano fare gli altri a favore della Cecoslovacchia per dedurne una più giusta misura dei rischi della Francia.

Comunque i cechi resistono ed oppongono ai tedeschi i seguenti tre punti:

l) integrità delle attuali frontiere dello Stato; 2) rifiuto di autonomia politico-territoriale facendo intravvedere solamente la possibilità di un'autonomia amministrativa; 3) indipendenza della politica estera cecoslovacca e cioè mantenimento delle attuali alleanze.

È superfluo ogni commento. I tedeschi avranno buon gioco per non accordarsi mai in un indirizzo politico di ispirazione ostinatamente antigermanica.

Krofta dice anche che nel Reich vi sarebbero due correnti nei riguardi della Cecoslovacchia: l'una moderata (Stato Maggiore, diplomatici, uomini politici) che vedrebbe volentieri una soluzione conciliante con la Cecoslovacchia evitando un conflitto; l'altra radicale (partito nazista) che vorrebbe una soluzione del problema cecoslovacco in senso pangermanista. «Ignoto -aggiunge Krofta -è il pensiero di Hitler ed è precisamente questa incognita che desta le più serie preoccupazioni».

Hitler non preannunzierà certo quello che farà al momento opportuno e per vie analoghe a quelle abilmente seguite altrove. È da presumere che i tedeschi dei Sudeti saranno indotti a proclamare l'autonomia: se i cechi vi si accomoderanno potranno ancora sopravvivere anche se menomati, se vi si opporranno vedranno chiudersi la morsa germanica che li attanaglia senza scampo.

470 1 Riunita il 5 aprile con la partecipazione degli ambasciatori a Mosca e a Varsavia e dei ministri a Bucarest e a Praga per accertare su quali aiuti la Francia avrebbe potuto contare se fosse intervenuta a difesa della Cecoslovacchia (vedi DDF, vol. IX, D. 112).

471

L'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, MAGISTRATI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

RAPPORTO RISERVATISSIMO 2367/712. Berlino, 9 aprile 1938 (per. il 12).

Con mie precedenti comunicazioni ho avuto l'onore di riferire all'E.V. come in questi ultimi giorni si siano verificate nuove prese di contatto tra la Germania e la Polonia, allo scopo di rendere maggiormente efficiente e maggiormente aderente alla realtà il patto di amicizia esistente tra i due Paesi 1 .

Il contatto principale è stato, com'è noto, la conversazione svoltasi a Varsavia tra i dirigenti dell'Ufficio Stampa della Wilhelmstrasse e gli elementi che nella capitale polacca controllano la pubblica opinione. Conversazione che ha condotto alla pubblicazione di un comunicato da me riassunto con il mio telespresso

n. 2352/710 dell'S aprile u.s. 2

le relazioni politiche tra i due Paesi (testo in DDT, serie C, vol. II. D. 219). 471 2 Non pubblicato.

Devo però aggiungere che nel complesso la situazione tra i due Paesi, per quanto formalmente buona, non appare ancora basata su sentimenti di simpatia o di amicizia. In realtà il patto di amicizia non ha avuto la forza di creare la scintilla necessaria per dare veramente vita ad una corrente di collaborazione e di avvicinamento.

Ad onta di tutti gli sforzi fatti, i rapporti sono rimasti nella cornice di una fredda e formale cordialità. Mi sembra molto bene riassumere la situazione una frase detta ieri dal Maresciallo Goring, vero patrono dell'avvicinamento tra Germania e Polonia, a persona amica che me l'ha direttamente riferita, frase che riterrei opportuno non venisse diramata: «Con la Polonia non andiamo molto avanti. In realtà il popolo polacco non ha per noi molta simpatia. Dobbiamo dire che le buone relazioni che abbiamo con il governo di Varsavia sono dovute per tre quarti all'azione dell'ambasciatore a Berlino, Lipski, e di pochi altri elementi. Il patto di amicizia esiste e si mantiene, ma l'amicizia vera manca».

Aggiungo anche un'altra frase che mi è stata detta ieri dal generale Reinhardt, il quale, anche senza avere una grande influenza nel campo politico, è l'elemento più attivo e fattivo di tutte le associazioni dei combattenti tedeschi e riveste al tempo stesso un altissimo grado nelle formazioni S.S. del Partito. Egli mi ha detto: «Appartengo a famiglia che ora, per i trattati di pace, è stata resa straniera perché residente in territorio oggi compreso nelle frontiere della Polonia. Non so quanto durerà questo problema, ma evidentemente la situazione, unica in Europa e credo nel mondo, di una parte di una Nazione, la Prussia Orientale, assolutamente avulsa e staccata dal resto del corpo, è troppo anormale per durare all'infinito. Vorrei vedere cosa direbbero gli inglesi se la Scozia fosse divisa dal resto del Paese da una zona controllata dallo straniero. Peccato che i polacchi non si siano spinti al mare attraverso la Lituania».

Ho ritenuto opportuno riferire integralmente quelle due frasi appunto per dimostrare come il patto tra Germania e Polonia si regga molto più su situazioni politiche contingenti e sulla circostanza che esso è stato il primo atto diplomatico fatto di libera volontà dal governo nazionalsocialista, che difficilmente quindi potrebbe senz'altro ripudiarlo, che non, ripeto, su una corrente di vera simpatia fra i due Paesi 1 .

471 1 Dichiarazione comune del governo tedesco e del governo polacco del 26 gennaio 1934 concernente

472

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, AL MINISTRO A PRAGA, DE FACENDIS

T. 338/17 R. 1 Roma, 10 aprile 1938, ore 16.

Secondo informazioni molto attendibili, da parte cecoslovacca sono stati recentemente inviati fucili a nuclei ribelli in Etiopia, per mezzo di piroscafo francese battente bandiera greca.

471 ·1 Il documento ha il visto di Mussolini. 472 1 Minuta autografa di Ciano.

Faccia sapere a codesto governo che gesti simili sono destinati a rendere sempre meno buone le già non eccellenti relazioni che esistono tra i nostri due Paesi. Se li tengano a Praga, i loro fucili: potrebbero averne bisogno fra poco.

473

L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, PRUNAS, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. URGENTE 2083/74 R. Parigi, 11 aprile 1938, ore 20,25 (per. ore 21,30).

Nuovo Gabinetto Daladier non ha certamente una vasta base parlamentare e potrà come tale aver vita transitoria ed incerta.

Non è certo il Gabinetto di concentrazione nazionale o di salute pubblica auspicato da molti. Le sue possibilità di esistenza dovranno essere del resto messe a prova a brevissima scadenza, sia di fronte alle migliaia di operai che occupano tuttora le fabbriche ed alle esigenze socialcomuniste nel Parlamento e fuori, sia nei confronti della situazione finanziaria e internazionale. Ma è senza dubbio governo migliore dei precedenti da due anni a questa parte. Dato fondamentale è la scomparsa dei socialisti e naturalmente dei comunisti. Fronte Popolare e con esso estremismo antifascista sembra spezzato.

Principali caratteristiche della nuova formazione sono le seguenti: 19 ministri invece dei 23 precedenti (da sottolineare la defenestrazione dell'energumeno Cot); abolizione di tutti i sottosegretari di Stato; soppressione del ministero della Propaganda (di recentissima creazione), e sua sostituzione con un ministero dell'Economia Nazionale; formazione in seno Gabinetto di un comitato ristretto di 6 ministri per tutte le decisioni importanti. Tanto Daladier quanto Chautemps e Bonnet (i cui legami con la City sono noti) hanno senza dubbio nei nostri confronti concezioni più equilibrate e realiste. Presenza di Reynaud e Mandel, fautori (benché uomini di centro) di una politica filo-sovietica, potrebbe essere elemento negativo, ma sono stati confinati in posti non di comando. Paul-Boncour si è aggrappato con ogni sua forza, e fino agli estremi, al Quai d'Orsay. So che ha fatto soprattutto valere come titolo positivo, per una sua continuata permanenza, il suo dimostrato proposito di riavvicinamento itala-francese.

Mi pare certo che tale riavvicinamento figurerà su prima linea nel programma del nuovo governo, sgombro di bellicismi demagogici estremisti. E mi par certo anche che assisteremo forse tra non molto ai primi incerti tentativi di politica realista sulla Spagna. Politica di non intervento ne uscirà comunque rafforzata.

Nuovo Gabinetto si presenterà nel pomeriggio di domani alle Camere ove darà lettura della dichiarazione ministeriale.

474

L'AMBASCIATORE PRESSO LA SANTA SEDE, PIGNATTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S.N.D. PER CORRIERE 2080/40 R. Roma, 11 aprile 1938 (per. stesso giorno).

Mio telegramma per corriere n. 38 del 7 corrente 1•

Ho visitato stamane il cardinale Segretario di Stato e gli ho riferito, per sommi capi, le cose dettemi dal Papa e le mie risposte.

A proposito della prossima visita a Roma del Fiihrer, ho informato il cardinale che ho appena potuto fare cenno, con il Pontefice, all'azione svolta dall'E.V. a Berlino per indurre i maggiori esponenti del Reich a una maggiore moderazione nei riguardi della Chiesa Cattolica. Il Papa mi aveva risposto che giornalmente gli giungevano, dalla Germania, peggiori notizie. La greve mano del nazismo si appesantiva sempre più sui cattolici tedeschi. Ho detto al cardinale. che, comunque, si doveva tenere conto dell'azione svolta, per ordine delI'E.V., dalla R. ambasciata in Berlino, azione la quale aveva certamente impedito guai maggiori. Il porporato ha confermato che effettivamente le cose vanno male in Germania, però, nel corso della conversazione, ha ammesso che la decretata chiusura di ottantadue scuole cattoliche, che avrebbe dovuto verificarsi nei primi giorni di maggio, è stata rinviata. Il cardinale Pacelli teme che si tratti solo di breve rinvio tanto più che altre scuole, che erano state lasciate fin qui tranquille, sono state chiuse di questi giorni. Ho osservato che qualcosa si era, dunque, ottenuto e che bisognava prenderne atto. Non si poteva sperare di riuscire a un immediato componimento generale; bisognava contentarsi di procedere per gradi 2 .

474 2 In questo stesso periodo, Ciano ordinava agli uffici di raccogliere gli elementi atti ad accertare quale fosse l'effettiva situazione dei cattolici in Germania. Un appunto di Gabinetto, in data 19 aprile, basato sui rapporti dei consolati a Vienna, Graz, Breslavia, Colonia, Monaco e Stoccarda, così riassu meva la situazione:

<<Da un primo esame dei rapporti relativi all'inchiesta ordinata dali'E.V. circa le condizioni del cattolicesimo in Germania, scaturiscono tre considerazioni principali:

l) L'azione del Partito è nettamente anticattolica, non solo nell'ideologia ma anche nella pratica quotidiana ed è soprattutto orientata a combattere gli insegnamenti e l'influenza della Chiesa Romana nell'animo dei giovanissimi. Tale azione violenta nel reprimere ogni forma di politica confessionale (Vienna, Graz) si arresta sulla soglia delle chiese per ricorrere a metodi indiretti di pressione.

2) Le masse cattoliche. per quanto riguarda l'attaccamento al culto, reagiscono compatte alla politica del Partito. Le chiese non avvertono, in linea di massima. diminuzione di fedeli: se qualche defezione avviene si verifica tra persone investite della qualità di capi e dirigenti nazisti (Renania, Westfalia).

In qualche località (Wiirttemberg) dove i cattolici sono in minoranza e quindi più intransigenti, si è potuto notare un maggiore afflusso di fedeli nelle chiese, durante i periodi di più alta tensione tra Chiesa e Stato.

3) Sulla compagine dei giovanissimi la propaganda del Partito e l'assenza di educazione religiosa non rimane senza effetto. Pur senza segnalare risultati visibilmente imponenti, la maggior parte dei rapporti consolari nota una certa disaffezione delle più giovani leve verso la Chiesa e sottolinea le preoccupazioni del clero al riguardo». Il documento ha il visto di Mussolini.

474 1 Vedi D. 461.

475

L'AMBASCIATORE PRESSO LA SANTA SEDE, PIGNATTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S.N.D. PER CORRIERE 2081/41 R. Roma, 11 aprile 1938 (per. stesso giorno).

Mio telegramma per corriere n. 39 del 7 corrente 1 .

Ho riferito al cardinale Segretario di Stato le parole dettemi dal Papa a proposito dell'eventuale visita del Fuhrer in Vaticano e della «dichiarazione al mondo cattolico» che si pretenderebbe da lui.

Il cardinale non mi ha dato una risposta diretta circa il fondamento o meno delle voci che circolano sulla visita del signor Hitler al Pontefice. Mi ha dichiarato, però di non credere che il Fuhrer visiterà il Papa e in ogni caso che gli sembrava assai difficile che il capo del Reich si acconciasse a fare la dichiarazione che il Papa esigeva.

Debbo aggiungere che il cardinale Pacelli mi è sembrato reticente. Può anche darsi che egli non approvasse la dura condizione che il Papa si propone d'imporre al Fuhrer, per riceverlo.

Questo punto non è oggi, dunque, più chiaro, di quello che lo fosse dopo la dichiarazione fattami dal Santo Padre e riferita all'E.V. con il mio telegramma per corriere n. 39 succitato.

Seguirò questa faccenda con la speranza di arrivare a un chiarimento 2 .

476

L'AMBASCIATORE PRESSO LA SANTA SEDE, PIGNATTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S.N.D. PER CORRIERE 2082/42 R. Roma, 11 aprile 1938 (per. stesso giorno).

Il cardinale Segretario di Stato mi ha riferito che il cardinale Innitzer, dopo l'udienza del Pontefice 1 gli aveva dichiarato «ch'era stata una cosa seria». Il

cardinale Pacelli ha commentato dicendo che effettivamente dev'essersi trattato di cosa seria perché il Pontefice era fortemente irritato contro l'episcopato austriaco.

Se il cardinale lnnitzer non avesse firmato la dichiarazione che è stata poi pubblicata, il Papa non lo avrebbe ricevuto. Il Papa ha desiderato, tuttavia, che non si facesse pressione alcuna sull'arcivescovo di Vienna per farlo firmare, però se non avesse firmato, il Papa lo avrebbe rimandato a Vienna a concertarsi con i suoi colleghi dell'episcopato per ritornare a Roma con le loro risposte. Il cardinale lnnitzer ignora tutto questo, appunto perché il Papa ha dato ordini tassativi perché lo si lasciasse libero di agire secondo la sua coscienza.

Gli ambienti della Segreteria di Stato avrebbero voluto trattenere a Roma più a lungo il cardinale austriaco, ma egli ha dichiarato di dovere fare ritorno in sede, immediatamente, anche perché il Fiihrer aveva promesso di fare una dichiarazione importante, in materia religiosa. Il cardinale Pacelli ha soggiunto che della promessa dichiarazione del Fiihrer non si è saputo più nulla. Ho osservato che, probabilmente, la dichiarazione romana dell'arcivescovo di Vienna, aveva fatto mutare d'avviso il Capo del governo tedesco.

Il signor Biirckel, per parte sua, ha detto al cardinale lnnitzer che il documento da lui sottoscritto a Roma, anche per l'episcopato austriaco, era una dichiarazione di guerra.

Il cardinale Pacelli mi ha pregato di considerare segreti gli anzidetti particolari e credo che convenga rispettare il suo desiderio, anche per non inasprire un conflitto che a noi giova comporre, se possibile.

475 1 Vedi D. 462. 475 2 Questo telegramma fu ritrasmesso all'ambasciatore Attolico insieme al D. 462 con T. per corriere 3511 P.R. dell3 aprile con la seguente aggiunta: «Comunico quanto precede per sua esclusiva informazione. Aggiungo che intendo restare completamento estraneo alla questione». 476 1 L'arcivescovo di Vienna era stato convocato in Vaticano per un esame dell'atteggiamento tenuto dal clero austriaco di fronte all'Anschluss e il 6 aprile aveva firmato, a nome di tutto l'episcopato austriaco, una dichiarazione nella quale, modificando sostanzialmente la posizione assunta con la dichiarazione letta nelle chiese austriache il 27 marzo, si affermava che i vescovi austriaci non avevano inteso approvare «ciò che non era compatibile con la legge di Dio o con la libertà e i diritti della Chiesa Cattolica» e si chiedeva che per l'avvenire le norme relative alla scuola e alla formazione della gioventù fossero «corrispondenti ai diritti naturali dei genitori e alla formazione religiosa e morale della gioventù cattolica>>. La dichiarazione del cardinale Innitzer era stata pubblicata su L'Osservatore Romano del 6 aprile.

477

IL CONSOLE GENERALE A INNSBRUCK, ROTINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. 2508/191. Innsbruck, II aprile 193 8 (per. il I 5).

M'incorre l'obbligo di segnalare a cotesto R. ministero ed a codesta R. ambasciata che da ieri l'altro, ossia dal giorno del plebiscito, è ricominciata in Innsbruck e nel Tirolo una notevole agitazione per la questione dell'Alto Adige. Negli ambienti clericali e più visibilmente negli ambienti nazisti si tende ad accreditare la notizia secondo la quale la visita del Fiihrer a Roma darà luogo alla restituzione del «Sudtirolo». Tutti sono convinti che in questa occasione il gesto del Duce farà sbalordire il mondo e sarà una prova tangibilissima del modo come le Nazioni totalitarie eliminano i reali e possibili motivi di controversie. l nazisti stessi poi osano persino affermare che nel campo delle rivendicazioni per l'Alto Adige non ubbidiranno neanche agli ordini che dovessero seriamente pervenire da Berlino intesi ad ostentare calma e disinteresse per i loro «fratelli del Sud». Il Fiihrer non vorrà certamente, essi dicono, che i nazionalsocialisti si disinteressino delle condizioni in cui l'Italia ha posto il popolo tirolese al di là del Brennero.

Solo alcuni nazisti ragionevoli (ma sono in numero estremamente scarso) dicono che il Duce dovrà almeno concedere le libertà culturali ed un trattamento più libero ed umano.

È tipica di questo stato d'animo la seguente storiella, che naturalmente i tirolesi credono traboccante di significato e di spirito e che si ripetono perciò volentieri fra loro: il Duce va a Bolzano e vi trova Hitler. Gli rimprovera naturalmente di essere venuto meno all'impegno della intangibilità del confine del Brennero. Ma il Fuhrer risponde sorridendo che invece aveva tenuto fede al suo impegno poiché egli era arrivato a Bolzano via Tarvisio.

In realtà, i gregari nazisti mostrano di non tenere nessun conto delle solenni promesse di Hitler. Essi dicono che come il loro capo aveva promesso in un trattato di rispettare la indipendenza dell'Austria, mentre non aveva mai rinunciato ad assorbirla nel Reich ed a costituire la grande Germania, così, nella stessa guisa, promette la intangibilità della frontiera del Brennero mentre certamente pensa che una volta o l'altra gli si offrirà l'occasione di scendere fino a Bolzano e di andare oltre. Essi confidano ciecamente nei segreti propositi e nella futura azione del Fuhrer per veder realizzate le loro speranze.

478

L'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, MAGISTRATI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

LETTERA PERSONALE SEGRETA. Berlino, Il aprile 1938 1•

Renzetti è venuto a vedermi per dirmi che, con probabilità, egli, in occasione del matrimonio del suo amico ex Segretario di Stato Grauert, uno dei fedeli di Goring, avrebbe visto il Maresciallo e mi ha chiesto se vi fosse qualche argomento particolare da toccare in una eventuale conversazione.

L'ho così pregato di sentire qualche impressione sulla situazione in Austria, in rapporto anche alla questione religiosa ed in generale sui problemi itala-tedeschi creatisi in seguito all' Anschluss.

La conversazione ha avuto luogo e Renzetti mi riferisce ora quanto segue: «Il Maresciallo mi ha dichiarato che le accuse apparse sulla stampa straniera circa le violenze tedesche in Austria sono false. Gli assassinati sarebbero stati in tutto 7, a cui probabilmente dovranno aggiungersi ancora uno o due non ancora bene accertati. Tali omicidi dovuti in parte a vendette ed in parte ad incidenti, sono riprovevoli -ha aggiunto -ma non si sono potuti evitare. Sono avvenuti nei primi due giorni e gli autori sono stati arrestati.

Noi -ha continuato -non intendiamo fare delle persecuzioni e anche Schuschnigg, a suo tempo, sarà lasciato libero di andarsene all'estero. Occorre però

chiarire prima la questione del famoso plebiscito e poi rivedere dei processi allo scopo di riabilitare le figure di coloro che sono stati giustiziati solo perché rei di avere sentimenti nazionali. Anche i prìncipi saranno lasciati tranquilli per quanto contro di loro si sarebbe dovuto procedere con molta severità. Contro i due fratelli Hohenberg, ad esempio. Ho visto io stesso un operaio con il dorso solcato da cicatrici prodotte da un ferro rovente in seguito ad ordine di uno dei predetti fratelli. L'altro faceva fustigare a sangue da due o tre sicari i contadini che manifestavano la loro affezione verso la Germania.

Circa l'Anschluss, cosa sarebbe avvenuto, ho chiesto, senza il gesto di amicizia italiano per la Germania?

Goring ha risposto che Hitler aveva apprezzato in sommo grado il gesto del Duce, che gli stessi tedeschi erano rimasti sorpresi dagli avvenimenti succedutisi con estrema ed imprevista rapidità e poi mi ha ripetuto le note argomentazioni a favore dell'Anschluss. Mi ha dichiarato poi che Hitler, prima dell'Anschluss, difficilmente avrebbe potuto stringere un'alleanza con l'Italia, perché in somma l'Austria aveva sempre la sua influenza deleteria sulle relazioni italo-tedesche. Tanti generali (lei sa, mi ha detto, che ve ne sono alcuni rimasti ancora con le vecchie idee), persino quelli che ritengono le forze militari italiane inferiori alle francesi, non muovono oggi più obbiezioni alla possibilità di una alleanza militare italo-tedesca.

D'altra parte~ riferendosi al Brennero che io avevo nominato-ritengo, ha aggiunto il Maresciallo, che la frontiera alpina sia la giusta. Essa divide le acque e due Potenze: quella mediterranea da quella dell'Europa Centrale. Nello stesso tempo essa unisce Italia e Germania che ora saranno libere di fare tutti i movimenti che vorranno, qualora un conflitto dovesse nascere. L'Italia può contare sulla Germania, anche se noi non fossimo ancora pronti (già in un altro colloquio, Goring aveva dichiarato che la Germania sarebbe pronta solo nel 1941 ).

Circa l'Alto Adige il Maresciallo ha detto di aver fatto venire a Berlino il Gauleiter di Innsbruck e di avergli dato delle istruzioni molto chiare e precise.

D'altra parte oramai i tedeschi dell'Alto Adige ~fissiamo pure la loro cifra in duecentomila ~ rappresentano una inezia di fronte ai settantacinque milioni della Germania. Quelli di loro che non vogliono diventare dei leali cittadini italiani, abbandonino l'Alto Adige. Noi non vogliamo più dei Querulanten, ha concluso Goring 2 .

Siamo poi passati alla questione religiosa. Vi sono entrato illustrando a Goring le benemerenze del padre Salza, che ho inviato già a compiere la propria missione fra i rurali giunti dall'Italia e residenti nella mia giurisdizione. Goring mi ha detto che la questione, con la nota dichiarazione del cardinale Innitzer 3 , un tedesco boemo di alti sentimenti nazionali, si avviava verso la risoluzione, ma che il Vaticano l'aveva nuovamente resa difficile. Gli ho risposto che a me risultava per certo essere la nota radiotrasmissione 4 opera personale di un certo LudwigS, ex corrispondente

478 Questa frase è stata segnata a lato da Mussolini con una grossa freccia. 478 3 Vedi D. 413. 478 4 Vedi D. 438. 478 i Nota del documento autografa di Magistrati: «notizia da me fornita allo scopo, a Renzetti».

542 della Borsen Zeitung, ben noto per la sua mancanza di comprensione e per i suo1 sentimenti poco favorevoli al regime nazista».

Post scriptum. Invio anche al tuo Gabinetto un appunto rimessomi dal generale Liotta6 a seguito di una sua conversazione con Goring. Le idee del Maresciallo mi sembrano chiare: Italia mediterranea e africana, Germania rivolta ad oriente (leggi particolarmente Danubio). Non sento più parlare di aspirazioni coloniali tedescheW

478 1 Manca l'indicazione della data di arrivo.

479

IL SEGRETARIO GENERALE AGGIUNTO DELLA DELEGAZIONE ALLA S.D.N., BOVA SCOPPA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER TELEFONO 2090/60 R. Ginevra, 12 aprile 1938, ore 13.

La nota britannica che chiede l'iscrizione della questione etiopica all'ordine del giorno del Consiglio 1 ha prodotto viva emozione al Segretariato della Società delle Nazioni e nei noti ambienti giornalistici ginevrini.

Il Journal des Nations riassume in poche parole l'effetto che ha prodotto la nota britannica affermando che le ultime nove parole della nota «costituiscono la capitolazione dell'Impero inglese».

Grandi discussioni si fanno a Ginevra su quello che potrà fare il Consiglio e naturalmente per ora si resta nel campo delle ipotesi. Cinque Stati membri del Consiglio hanno già riconosciuto l'Impero.

È questo il punto su cui potrà essere impostata la questione nel senso che sia il Consiglio stesso a dichiarare che gli Stati della Società delle Nazioni sono liberi

478 " Nel suo appunto, datato 8 aprile, il generale Liotta aveva scritto: «[Il Maresciallo Goring] ha affermato che, dopo l'annessione dell'Austria da parte tedesca, non si vede più alcuna ragione di screzio fra l'Italia e la Germania, non essendovi più nessuna questione pendente fra i due Stati.

L'annessione dell'Austria è stato un evento che avrebbe potuto far vacillare l'asse Roma-Berlino: e molti se lo sono augurato in Europa. Ma il comportamento del Duce in tale circostanza è stato tale da non poter essere mai più dimenticato dalla Germania e tale da consolidare al massimo l'Asse. Per il generoso comportamento dell'Italia verso la Germania in occasione di tale evento è stata da parte tedesca "data regolare ricevuta" col telegramma del Flihrer e col suo discorso al Reichstag.

Ora la Germania è convinta dell'importanza che sempre più deve acquistare l'asse Roma-Berlino, che deve essere-così ha affermato Goring -anche in avvenire lo strumento per la realizzazione delle aspirazioni italiane e tedesche: questa convinzione non dovrà indebolirsi e da ambedue le parti si dovrà tener presente che le altre Potenze europee ripeteranno i loro tentativi per separare l'Italia e la Germania e colpire isolatamente una delle due con la neutralità o con l'aiuto dell'altra.

Italia e Germania -ha continuato il Maresciallo -hanno stile analogo e dottrine analoghe, hanno gli stessi nemici ed hanno mete che non si interferiscono perché, mentre l'Italia, essendo ancorata nel Mediterraneo ha la sua zona naturale d'influenza nel Mediterraneo, la Germania mira ad Oriente e a Nord-Est».

Il documento del generale Liotta fu trasmesso con telespresso 2428/733 del 12 aprile. 478 -Il documento ha il visto di M ussolini. 479 1 Il testo della nota --presentata il 9 aprile al Segretario Generale della Società delle Nazioni --è in Relazioni Interna::.iona/i, p. 316.

di regolarsi come credono su questo problema, tanto più che non esiste, né un impegno, né una raccomandazione -come per il caso del Manciukuò -a non riconoscere il nuovo Impero italiano.

Un voto sul fondo della questione da parte del Consiglio sembra infatti da escludere dato che esso richiederebbe l'unanimità, irraggiungibile per l'atteggiamento dell'U.R.S.S. e della Cina. Il Segretariato studia quindi ora quale formula si possa fare adottare da quello stesso consesso che due anni fa condannò l'Italia come Paese aggressore.

Il Journal des Nations scrive a grossi caratteri che di fronte al gesto di Chamberlain «l'ombra dei Gladstone e Disraeli deve fremere». Ma la cosa non ha grande importanza.

480

L'AMBASCIATORE A MOSCA, ROSSO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. RISERVATO 1598/623. Mosca, 12 aprile 1938 (per. il 18).

Dopo il poco fortunato appello rivolto da Litvinov alle Potenze democratiche il 17 dello scorso marzo 1 -ed il cui insuccesso era scontato in anticipo probabilmente anche a Mosca -il governo sovietico non ha più dato segni apparenti di attività nel campo della politica europea. L'attitudine sovietica sembra essersi cristallizzata in una posizione di attesa: attesa che si vuole qui far apparire come manifestazione di tranquilla sicurezza nelle proprie forze per quanto concerne l'avvenire dell'U.R.S.S., e di filosofica rassegnazione per le sorti future di una Europa che non ha voluto ascoltare i consigli del Cremlino quando esso le indicava la sola via di salvezza.

In realtà, questo atteggiamento di attesa è imposto all'U.R.S.S. dalla constatazione di non poter esercitare alcuna sensibile influenza sul corso degli eventi che si sviluppano oggi in Europa in direzioni sistematicamente contrarie alle speranze di Mosca. Di tali eventi il negoziato anglo-italiano rappresenta indubbiamente agli occhi sovietici uno dei fattori più importanti, in quanto si vede in esso il punto di partenza del cambiamento di rotta della politica inglese, che non ha mancato di influire sulla politica francese, rendendo impossibile la formazione dello sperato blocco antifascista.

In un primo tempo, e cioè subito dopo la caduta di Eden, l'U.R.S.S. aveva contato su un movimento degli elementi societari inglesi che provocasse la caduta del governo di Chamberlain. Distrutta questa speranza dal buon senso britannico, ha contato poi su una resistenza ad oltranza del Fronte Popolare francese, e forse anche sopra qualche atto inconsulto di intervento in Spagna che forzasse la mano delle Potenze democratiche allineandole contro gli «aggressori fascisti». Senonché la caduta di Blum ha distrutto pel momento anche questa speranza: ragione per cui oggi Mosca deve rassegnarsi ad una politica di attesa passiva.

Nella odierna situazione internazionale, così complessa ed in continua via di evoluzione, sarebbe azzardato fare previsioni lontane sulle future direttive della politica estera sovietica. Si può tuttavia affermare che pel momento l'U.R.S.S. attraversa una fase tendenzialmente isolazionista e persegue nei riguardi dei problemi europei una politica essenzialmente difensiva.

Per quanto concerne l'Estremo Oriente, che a mio avviso rappresenta un settore anche più vitale per gli interessi sovietici, ho l'impressione che la politica dell'U.R.S.S. si fondi sempre sulla speranza di un progressivo esaurimento delle risorse militari e finanziarie giapponesi, come effetto di una guerra che si prevede di lunga durata per la crescente resistenza delle forze cinesi e per la vastità del teatro di operazioni.

Naturalmente, il parziale isolazionismo cui sembra ispirarsi oggi la politica sovietica nei riguardi degli affari europei non significa che il Cremlino intenda cessare di esercitare ai fini di propaganda internazionale la sua attività sobillatrice nella vita interna dei Paesi che permettono sui loro territori le mene degli agenti del Comintern.

480 1 Vedi DD. 348, 370 e 388.

481

IL MINISTRO A SOFIA, TALAMO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. Sofia, 12 aprile 1938.

Passato il primo momento di sorpresa, ed anche di un certo compiacimento perché il fatto costituiva un nuovo e più clamoroso strappo agli infausti trattati di pace, l'opinione pubblica bulgara, sempre tarda a mettersi in azione anche perché priva di punti di riferimento e di direttive, comincia ora ad esaminare la nuova situazione creatasi con l'Anschluss ed i suoi riflessi diretti ed indiretti nella vita politica ed economica del Paese.

Uno dei punti sui quali si è fissata l'attenzione di questi circoli politici, è quello dell'aumentata importanza del Danubio per effetto della presenza dei tedeschi a Vienna; la voce che il Fiihrer intenderebbe chiedere la cessazione del controllo internazionale del Danubio fino al confine orientale dell'Austria trova qui molto credito, così come sono seguiti con vivo interesse i progetti e le dichiarazioni circa la funzione che Vienna dovrebbe assumere nel Reich in qualità di grande centro di scambi per l'Europa Orientale e di emporio per le merci tedesche destinate ai mercati balcanici e del Mar Nero e viceversa.

Pur prescindendo dai ricordi storici che legano la Bulgaria alle regioni bagnate dal corso inferiore del Danubio, è evidente l'interesse ed anche la preoccupazione con cui in questo Paese si assiste all'affacciarsi della Germania sul bacino danubiano, ove pare destinata ad assumere il ruolo già tenuto dalla Duplice Monarchia ma con ben altra attrezzatura e ben altra vitalità.

Un sistema di comunicazioni fluviali interne che allacci il Mar Nero ad Amburgo significa infatti da un lato un potente incentivo per l'economia agricola bulgara all'esportazione delle sue merci povere verso il Settentrione, ma dall'altro una direttrice di marcia verso l'Oriente, verso i granai deli'Ucraina ed i petroli della Romania e del Caucaso che porterebbe la Germania ad incunearsi fra gli Slavi del Nord e quelli del Sud, troppo deboli quest'ultimi per resistere da soli a simile pressione.

Non mancano pertanto, come ho già avuto occasione di accennare in passati rapporti, le preoccupazioni per un ulteriore eccessivo rafforzamento delle già predominanti posizioni della Germania in questo Paese, specie nel settore economico; ed è quindi maggiormente sentito il bisogno di stringersi alla Jugoslavia che sembra disposta ad aiutare, anche con facilitazioni di transito e persino con la concessione di materiale rotabile, l'economia bulgara nella ricerca di mercati nuovi e più diversificati.

Tutto questo viene confusamente sentito dal Paese anche se i giornali evitano di parlarne per non incorrere nei rigori della censura: ma, almeno per ora, gli ambienti governativi si mantengono molto riservati al riguardo, lasciando supporre che, come di consueto, attendano gli ulteriori sviluppi della situazione nel settore balcanico prima di prendere una posizione ben definita.

Ad ogni modo, sia nei commenti della stampa che nel pensiero del governo, l' Anschluss, come fenomeno di riunione di popoli tedeschi alla madrepatria, ha incontrato e continua ad incontrare l'unanime simpatia anche perché, ripeto, costituisce una breccia aperta nel sistema dei Trattati di Pace.

481 1 L'originale di questo documento non è stato rintracciato. Qui si pubblica il testo ritrasmesso. con telespresso 214473 del 25 aprile. alle ambasciate a Berlino, Londra e Parigi e alle legazioni a Belgrado, Bucarest e Budapest.

482

L'AMBASCIATORE A TOKIO, AURITI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. S.N.D. PERSONALE 2140/276 R. Tokio, 13 aprile 1938, ore 10,20 (per. ore 19,30). Telegramma di V.E. n.

Questione si trova ancora nella fase iniziale studio d'ordine interno dello Stato Maggiore la quale è prevedibile non sarà di breve durata.

Accenni fatti all'addetto militare derivano iniziativa personale e segretissima di colui che è stato incaricato redigere abbozzo preliminare di una proposta da farci in seguito e che è grande amico di Scalise e ammiratore dell'Italia. Suo intento è stato di dare alla proposta contenuto conforme, quanto più è possibile, a quello che, secondo opinione addetto militare, sarebbe nostro punto di vista e comprende concetto di V.E.

Tuttavia:

l) situazione di questo esercito è speciale giacché Capo dello Stato Maggiore che è congiunto Imperatore percorre sua vita legato con quella dei circoli di Corte e in servizio al Sovrano, nonché ne prende ordini lasciando da parte persona ministro della Guerra, che però in questo caso è concorde;

2) non si può escludere in modo assoluto che militari riconoscano in seguito necessità intendersi Imperatore e convincerlo specialmente poi se vi fosse mutamento della situazione;

3) in ogni caso si potrebbe dare approcci il carattere che R. governo preferisce quale ad esempio quello di intesa segreta semplicemente tecnica fra i due Stati Maggiori.

Ad ogni modo ho comunicato addetto militare istruzioni di V.E. e assicuro, come già finora, egli userà anche in seguito massima prudenza, non prenderà alcun impegno, continuando tenermi informato.

139 1 .

482 1 Vedi D. 468.

483

L'AMBASCIATORE A RIO DE JANEIRO, LOJACONO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 2145/55 R. Rio de Janeiro. 13 aprile 1938, ore 20,35 (per. ore 7.10 del 14).

Nelle conversazioni politiche oltre che nelle pubbliche manifestazioni occorse durante soggiorno qui del signor Cantilo, è stata accentuata concezione panamericana da cui questo nuovo ministro degli Affari Esteri del Brasile è assillato.

In questa finalità di intensificare solidarietà continentale non è estranea attuale situazione rapporti fra Brasile e Germania che entrano in una fase acuta.

Nel discorso pronunciato da Hitler a Vienna trovasi accenno a popoli che non hanno bisogno di lavorare perché si limitano a cogliere banane e noci di cocco ed un accenno alla volontà della Germania di non ridursi al livello di questi popoli negri.

Esso è stato interpretato come allusione ingiusta al Brasile e risentimento di questo governo appare tanto più grave in quanto non è stato permesso a giornali di fare consuete esplosioni 1 .

Poiché dei nuclei italiani in Brasile possono soffrirne di rimbalzo attraverso misure contro scuole e contro organizzazioni straniere mi sono recato da ministro Affari Esteri per avere scambio di vedute.

Egli mi ha detto che, se io non avessi chiesto di vederlo, egli stesso mi avrebbe chiamato per far sapere al governo fascista che:

«l) Brasile è intenzionato di giungere alle estreme misure adottate contro la Germania e contro organizzazioni tedesche in questo Paese. 2) Brasile si è assicurato solidarietà intero continente americano in questo suo atteggiamento.

3) Discorsi Hitler e tono delle proteste fatte da questo ambasciatore di Germania in occasione alcuni recenti incidenti sono considerati intollerabili ed avranno come risposta adozione di una vera e propria legislazione antistraniera.

4) Disgraziatamente legislazione non potrà fare discriminazioni giuridiche e colpirà apparentemente qualsiasi altra nazionalità oltre quella germanica.

5) In questa situazione governo brasiliano intende esprimere governo fascista la più profonda ammirazione per opera e contegno degli italiani in Brasile aggiungendo suo pieno apprezzamento per irreprensibili istruzioni a cui regi rappresentanti si sono attenuti per ispirazione di Roma.

6) Governo brasiliano intende perciò far conoscere a governo fascista che nella eventuale campagna e conseguente legislazione contro stranieri non v'è desiderio alcuno di ledere, né istituzioni fasciste, né situazione attuale di cittadini italiani che di fatto nuova legislazione brasiliana non sarà applicata contro di noi».

Ho promesso di trasmettere a V.E. questa comunicazione per la quale ho espresso ringraziamenti.

Non vi è dubbio però che anche con la migliore buona volontà dei governi sussista minaccia di una legislazione tenuta in sospeso da semplice promessa verbale per quanto spontanea e preventiva.

D'altra parte, sia per creazione Stato forte e sia per eccessi germanici, questi nodi dovevano venire al pettine ed è una fortuna per noi di giungervi con un certo salvacondotto come questo rappresentato dalla comunicazione che governo brasiliano mi ha incaricato di fare al governo fascista.

Sarà mia cura vedere se esso possa assumere nelle attuali condizioni forma più concreta.

483 1 Sic.

484

L'AMBASCIATORE IN CINA, CORA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 2157/180 R. Shanghai, 14 aprile 1938, ore 12 (per. ore 0,45 de/15).

Mio telegramma n. 176 1•

Sembra ormai certo che truppe giapponesi hanno subito grave scacco.

Personalità giunta dal Nord mi dice che ciò sarebbe dovuto al ritiro di truppe imprudentemente effettuato dal Comando giapponese. Le truppe sarebbero state trasferite Manciuria per quanto ciò possa sembrare strano. Fra rinforzi inviati sarebbe ora intero Corpo d'Armata Nagoia. Truppe cinesi dimostrano maggiore combattività e si nota iniziativa e abilità nel comando, merito germanico. Anche guerriglia assai attiva, persino nei dintorni Shanghai.

Telegrafato Roma e Tokio.

484 1 T. 2087/176 R. dell'Il aprile. Riferiva che le truppe giapponesi avevano subito un serio rovescio nella zona du Su chou. Il successo dei cinesi veniva attribuito in gran parte ai consigli degli ufficiali tedeschi che tutt'ora operavano nel quartier generale di Chiang Kai-shek.

485

IL MINISTRO A BUDAPEST, VINCI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 2162/052 R. Budapest, 14 aprile 1938 (per. i/15).

Mio telegramma per corriere n. 036 del 30 marzo u.s. 1 l) Ho di nuovo a lungo parlato con Bessenyey circa le trattative con la Romania, ripetendogli i concetti di cui da ultimo al telegramma di V.E. per corriere

n. 235 R. del 15 marzo u.s. 2

Quanto alla possibilità di accordi separati, come da noi desiderato, mi ha ripetuto che questo sarebbe stato e sarebbe il desiderio dell'Ungheria; che la procedura di fare accordi bilaterali, ma simultanei ed identici con i tre Paesi (l'Ungheria ha rifiutato di trattare con la Piccola Intesa in blocco) è stata posta come conditio sine qua non, sia dalla Jugoslavia, sia dalla Romania. Le trattative attuali sono difficili: comunque, se si potesse addivenire ad un accordo anche con la procedura così stabilita, ciò potrebbe poi aprire la via ad accordi diretti più particolari in tema di applicazione (il ministro di Romania mi ha svolto lo stesso concetto).

Egli mi ha confermato quanto mi aveva già detto Kànya giorni fa: che i romeni avevano proposto-oltre una formula troppo generica di impegno «a regolare nel miglior spirito tutte le questioni» senza nessun accenno al problema delle minoranze -anche l'abolizione dell'art. 51 del Trattato di Trianon, cioè la demilitarizzazione della testa di ponte di Bratislava (ciò che del resto i cechi hanno già praticamente fatto) e l'abolizione dei tribunali arbitrali misti. Il governo ungherese ha risposto che queste due ultime questioni non entrano nel quadro delle conversazioni attuali (riconoscimento della parità di diritto; dichiarazione sul tipo di quella del Patto Kellogg; dichiarazione sulle minoranze), come anche non ha accettato la formula generica proposta: ha però fatto una controproposta, il cui testo Bessenyey mi ha fatto leggere, e per la quale ciascuno dei governi firmatari e l'Ungheria si impegnerebbero a un trattamento del tutto eguale a quello dei propri cittadini per le rispettive minoranze nazionali, con speciale riguardo alla lingua, all'istruzione, alle questioni economiche, ecc. L'Ungheria propone una dichiarazione di impegno reciproca: (la cosa è tuttavia interessante in pratica solo con la Cecoslovacchia, questa soltanto avendo proprie minoranze in Ungheria).

La controproposta è stata presentata in questi giorni a Bucarest: Bessenyey nulla mi poteva dire circa le previsioni sul suo esito. Kànya, che vidi casualmente l'altro ieri, non mi sembrava convinto che le trattative, condotte del resto molto attivamente anche dal governo ungherese, avrebbero potuto portare facilmente ad un risultato, accennandomi alla sua sensazione che la Piccola Intesa, credendo

erroneamente di profittare del momento, pensasse di poter chiedere all'Ungheria delle condizioni impossibili ad accettare.

2) Il ministro di Jugoslavia (a cui ho pure di nuovo parlato nel senso che sarebbe più facile addivenire ad accor<~i diretti e separati fra Jugoslavia ed Ungheria e fra Jugoslavia e Romania) è tornato a ripetermi che ciò non è possibile, dato che la Jugoslavia non può infrangere se non altro il patto di consultazione con i suoi due alleati: già troppo la Jugoslavia era stata sospettata ed in ciò doveva anche trovarsi la ragione per cui la Jugoslavia aveva preferito che le conversazioni per un avvicinamento con l'Ungheria si svolgessero piuttosto a Bucarest.

Egli si è espresso con molto pessimismo sulla situazione interna in Romania e mi ha detto ritenere che anche la poca consistenza dell'attuale governo romeno potrebbe essere una ragione delle titubanze e delle difficoltà di Kànya.

485 1 Con T. per corriere 1908/036 R. del 30 marzo, il ministro Vinci aveva riferito le dichiarazioni del barone Bessenyey. il quale, pur confermando la disponibilità del governo ungherese a degli accordi con la Jugoslavia e con la Romania, aveva rilevato come un accordo con la Jugoslavia si presentasse di difficile realizzazione perché Belgrado, dopo i trattati conclusi con la Bulgaria e con l'Italia nel corso del 1937, non voleva scontentare ancora gli altri Stati della Piccola Intesa. 485 2 Vedi D. 253, nota 2.

486

L'AMBASCIATORE A LONDRA, GRANDI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 2245/076 R. Londra, 14 aprile 1938 (per. il 20).

Lord Plymouth ha chiesto di vedermi oggi per intrattenermi sui futuri lavori del Comitato di non intervento.

Egli mi ha detto che aveva l'intenzione di convocare il Comitato dei nove per lunedì 25 aprile, allo scopo di discutere la situazione finanziaria. «Come è noto», ha detto Plymouth, «siamo arrivati al punto in cui, se per il 30 aprile prossimo il signor Hemming non potrà disporre di almeno 80.000 sterline, egli sarà costretto a liquidare il Board, a sopprimere tutto lo schema di controllo, a licenziare tutto il personale, tanto degli uffici centrali di Londra, quanto degli uffici di osservazione terrestre e marittima all'estero. Occorre perciò prendere, sia pure all'ultima ora, una decisione d'urgenza. È dal mese di ottobre scorso che la maggior parte degli Stati aderenti all'accordo di non intervento non paga più la propria quota. Si è fatto il miracolo di tirare avanti, ciò nonostante, per tutti questi mesi. Oggi il problema che si pone è il seguente: vogliamo lasciar morire subito adesso il Board e lo schema di controllo? O vogliamo protrarne ancora per qualche tempo l'esistenza?».

Ho risposto a Plymouth che avevo avuto da V.E. istruzioni (telegramma di V.E.

n. 78 del 14 aprile) 1 di comunicargli che il govemo italiano era disposto ad effettuare il pronto versamento dei propri arretrati rimanendo però bene inteso che altrettanto dovrà essere fatto contemporaneamente da altri govemi, compreso l'U.R.S.S.

Plymouth mi ha detto che apprezzava pienamente la fondatezza della condizione cui il governo italiano subordinava i suoi ulteriori pagamenti. «Bisogna però prevedere», ha aggiunto Plymouth «che la Russia sovietica probabilmente rifiuterà il proprio contributo. La Russia specula infatti sulla impressione che nell'opinione

pubblica particolarmente britannica farà la notizia che il Board e lo schema di controllo hanno cessato di esistere. Per il grosso pubblico, Board, schema di controllo ed accordo di non intervento sono una stessa cosa: si dirà dunque che il non intervento è finito e ricomincerà la gazzarra delle sinistre. Il controllo non è che una facciata, ma la sua troppo frettolosa scomparsa potrebbe, mentre il generale Franco sta risolvendo vittoriosamente la guerra civile, condurre ad una rinnovata intossicazione della questione spagnola, ciò che il governo britannico vuole assolutamente evitare e che non è certamente nell'interesse del generale Franco soprattutto in questo momento. È per questo -ha concluso Plymouth -che io ho avuto istruzioni dal mio governo di intrattenervi su questo argomento nello spirito delle nuove relazioni che si stanno instaurando fra Roma e Londra, allo scopo di raggiungere col governo italiano, insieme ai governi francese e tedesco, un accordo, per il quale, escludendosi la Russia, i quattro principali governi continuerebbero per ora a versare il loro contributo e a tenere, per un po', in piedi l'edificio del controllo».

Ho risposto a Plymouth che apprezzavo lo spirito amichevole col quale egli mi aveva prospettato la situazione quale è oggi vista dal governo britannico. Ho aggiunto che non avrei mancato di riferire a V.E. quanto egli mi aveva detto, e di comunicargli il punto di vista del governo fascista al riguardo. Ho quindi, sulla base delle istruzioni di V.E., comunicato l'accettazione della proposta di compromesso britannica per la data di ristabilimento del controllo sui Pirenei 2 . Ho creduto opportuno aggiungere che il governo fascista nell'accettare la proposta Plymouth, confidava che il governo francese avrebbe dimostrato un reale spirito di buonafede, e-nella fattispecie -non avrebbe avuto difficoltà a mantenere la frontiera chiusa e controllata anche eventualmente oltre il limite dei 56 giorni se fosse apparso chiaramente che questo previsto periodo di 56 giorni non risultava materialmente sufficiente per il compimento dei lavori preparatori dell'evacuazione.

Plymouth mi ha ringraziato della mia comunicazione, e mi ha detto che a sua volta desiderava informarmi di una risposta interlocutoria pervenutagli dal governo francese. Il governo francese proponeva che il controllo sui Pirenei fosse ristabilito all'atto stesso in cui le Commissioni in Spagna avessero comunicato di essere pronte ad iniziare le operazioni di conteggio dei volontari. Il controllo avrebbe potuto essere nuovamente sospeso se, dopo trenta giorni da quella data, l'evacuazione non risultasse ancora iniziata.

Plymouth mi ha detto che la proposta francese (trenta giorni dopo l'inizio del conteggio) corrisponde press'a poco alla proposta britannica (56 giorni dopo l'approvazione della risoluzione da parte del Comitato) se da quei 56 giorni se ne sottragga una diecina o dozzina, che rappresentano il tempo concesso dalla proposta britannica per il caso di inevitabili e imprevedibili ritardi nell'applicazione del complesso schema di evacuazione. A suo avviso, perciò, la nuova proposta francese potrebbe formare una ragionevole base di discussione, a patto però di aggiungervi una clausola di contro-salvaguardia: e cioè alla clausola di salvaguardia francese (se 30 giorni dopo l'inizio del conteggio la evacuazione non è iniziata il governo francese si riserva il diritto di sopprimere il controllo sui Pirenei) aggiungere una

seconda clausola dalla quale risultasse l'impegno del governo francese di non fare uso di questo diritto se un ritardo di alcuni giorni fosse imposto da ragioni materiali e tecniche, senza alcuna prova di cattiva volontà da parte del governo. Era su questa linea che egli -Plymouth -stava ora intavolando le trattative con i francesi e desiderava sapere se il governo italiano era disposto ad entrare in questo ordine di idee. Concludendo, Plymouth mi ha detto che il governo Daladier gli pareva più maneggevole a questo riguardo del governo di Blum e che a suo parere convenisse perciò incoraggiarlo in tali sue buone disposizioni.

Ho risposto a Plymouth che avrei sottoposto queste sue idee a V.E. e gli avrei fatto conoscere il punto di vista del governo fascista. Ho aggiunto che era ad ogni modo indispensabile accertarsi che la Francia non ricorresse a questi meschini procedimenti da mercante per protrarre a lungo le discussioni, frapponendo una difficoltà dopo l'altra, nell'intento di ritardare quella soluzione del problema spagnolo che costituiva la condizione sospensiva dell'entrata in vigore degli accordi anglo-italiani. Tutto quello che la Francia aveva fatto nelle ultime settimane lasciava infatti molto dubbiosi sui reali intenti della politica francese.

Plymouth ha risposto che apprezzava il valore delle osservazioni che io gli avevo fatto e confidava che la collaborazione itala-britannica nel Comitato e fuori del Comitato si sarebbe dimostrata strettissima e fruttuosa nell'avvenire.

Alla fine del colloquio, Plymouth mi ha nuovamente pregato di fargli sapere prima della seduta di lunedì 25 aprile il punto di vista del governo fascista sulla questione del pagamento dei contributi arretrati e del mantenimento in vita del Board3 .

486 1 Non pubblicato. Il suo contenuto è qui indicato.

486 2 Per la quale si veda il D. 427.

487

L'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, MAGISTRATI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

RAPPORTO RISERVATISSIMO 2466/747. Berlino, 14 aprile 1938 (per. il 19).

Con i risultati ufficiali del plebiscito popolare tedesco del 10 aprile, i quali dànno, per quanto riguarda il territorio ex-austriaco, le cifre totali di 4.455.015 di voti validi, dei quali 4.443.208 favorevoli e 11.807 contrari, su un totale generale di

4.474.138 di inscritti, può dirsi terminato il dramma dell'Austria.

Un tanto importante fatto storico si è svolto, come è noto, nella sua fase definitiva, in un periodo di sole quattro settimane, che hanno segnato la sparizione totale di quanto ancora rimaneva di quella grande unità statale che, per secoli, aveva, con il suo peso, gravitato, in forma spesso decisiva, nell'Europa Centrale e Orientale:

Può quindi apparire oggi utile riassumere, in brevi tratti, alcuni aspetti e varie circostanze che hanno accompagnato un sì vasto fenomeno. Qualche precedente. Dopo la riunione avvenuta nel luglio 1937, a Vienna, tra rappresentanti della Wilhelmstrasse, guidati dal direttore generale barone von Weiz

sacker, e della Ballplatz, riunione che condusse ad una qualche maggiore applicazione pratica, particolarmente nel campo culturale, dell'Accordo austro-tedesco dell' 11 luglio 1936 1 , si ebbe un certo periodo di distensione.

Non già che si sia mai creata tra la Germania nazionalsocialista e l'Austria del Cancelliere Schuschnigg una qualche effettiva ed efficace comprensione. Ma sta di fatto che quell'Accordo dell' 11 luglio 1936, firmato di sua libera volontà dal governo nazionalsocialista, permetteva se non altro -come dimostravano quelle conversazioni viennesi-di discutere su una qualche base maggiormente definita e precisa.

Nel novembre del 1937 ha luogo a Berchtesgaden la visita del visconte Halifax. Le conversazioni che l'attuale ministro degli Affari Esteri di Gran Bretagna ebbe con il Cancelliere del Reich, restarono, come è noto, in un campo estremamente vago e non condussero che a contatti di carattere sostanzialmente negativo, anche se formalmente cortesi. Tutti e due gli interlocutori, si può dire, preoccupati dalla necessità di non rompere i ponti per troppo recise e decise richieste e precisazioni, si mantennero sulle linee generali, senza addentrarsi nei dettagli dei gravi problemi europei.

Però, da quelle conversazioni, e ciò è oramai chiaramente accertato, venne fuori la persuasione tedesca che l'Inghilterra in definitiva «si disinteressava» dell'Austria: Londra non voleva colpi di forza ma non aveva al tempo stesso alcuna intenzione di scatenare una conflagrazione qualora, per circostanze diverse, l'Austria avesse accentuato un suo movimento di avvicinamento al Reich 2 .

Di un tale stato di cose si facevano eco, mi ricordo, i ministri ungheresi Daranyi e Kanya, giunti a Berlino, in visita ufficiale\ dopo pochi giorni dai colloqui di Berchtesgaden. Daranyi soprattutto si mostrò allora vivamente preoccupato, anche nella sua non nascosta gioia di vedersi cordialmente accolto nella capitale del Reich, per la constatazione che, nel complesso, tra Austria e Germania non appariva essersi trovato un qualche punto di reciproca e vera comprensione, capace di prolungare indefinitamente lo stato malfermo dei rapporti tra i due Paesi.

Evidentemente però anche gli ungheresi dovettero, forse inavvertitamente, far comprendere ai tedeschi che l'amicizia magiaro-germanica non poteva essere sacrificata ad una difesa ad oltranza dell'Austria di Schuschnigg.

Così, nel dicembre 1937, al bilancio riassuntivo dell'anno, i tedeschi, nei confronti del problema austriaco, vedevano diminuire gli eventuali ostacoli ad una soluzione loro favorevole dell'annosa questione.

Quanto all'altro grande punto nevralgico, all'Italia, evidentemente nel dicembre non si era più alla situazione del gennaio 1937, allorché a Roma si era fatto chiaramente comprendere al generale Goring 4 che «l'amicizia italo-tedesca era troppo giovane ed aveva ancora le ossa di un bambino, per poter sottostare al grave peso di una risoluzione immediata del problema dell'Austria».

Un anno intero era passato. Il consolidamento della politica dell'Asse, un certo distacco di Vienna da Roma, la visita del Duce a Berlino erano tutti elementi che

487 2 Si veda su questo punto specifico quanto dichiarato da von Neurath ad Attolico (D. 169). 487 3 Vedi serie ottava, vol. VII, D. 638. 487 4 Vedi serie ottava, vol. VI, DD. 109 e 113.

facevano, e giustamente, ritenere troppo improbabile una reazione italiana. Il governo di Berlino conosceva come l'Italia imperiale fosse più atta e portata a risolvere formule positive di espansione e di conquista che non ad esaurirsi in formule negative di conservazione di uno status quo all'infinito, status quo, del resto, alquanto artificioso e artificiale.

Restava tuttavia ancora qualche elemento di dubbio nei confronti di altri Stati vicini. Il 15 gennaio 1938 giungeva a Berlino il presidente del Consiglio di Jugoslavia, signor Stojadinovié 5 .

Le conversazioni tedesco-jugoslave, che toccarono anche il problema austriaco, rivelarono che Belgrado nei confronti di Vienna, vedeva un solo e netto pericolo: un'eventuale restaurazione asburgica. In tal caso la Jugoslavia, e Stojadinovié non ne fece mistero, sarebbe perfino giunta ad impugnare le armi al fianco della Germania per impedire la resurrezione della bandiera giallo e nera degli imperiali. Per il resto Belgrado si augurava, è vero, il mantenimento dello status quo ma non ne faceva una questione di vita o di morte. I tedeschi compresero quindi perfettamente che, dinanzi ad una nuova eventuale situazione favorevole al Reich, Belgrado avrebbe finito per annuire ed accettare tranquillamente un fatto compiuto.

Così, in definitiva, i pericoli di una vera ed efficace reazione anti-germanica, nel quadro del problema austriaco, venivano a cadere uno dopo l'altro e ciò non poteva non aprire l'anima tedesca a molte speranze.

Il 21 gennaio, subito dopo la partenza di Stojadinovié dalla Germania, ha luogo a Berlino il colloquio tra l'allora ministro degli Affari Esteri del Reich, barone von Neurath, ed il ministro d'Austria nella capitale del Reich, signor Tauschitz, colloquio nel quale il capo della Wilhelmstrasse faceva chiaramente comprendere al suo interlocutore come la situazione tra l'Austria e Germania fosse insoddisfacente e come si rendessero necessarie delle ulteriori prese di contatto «per evitare il peggio».

Comincia così quel periodo, molto misterioso, dato che, tanto da parte tedesca quanto da parte austriaca venne mantenuto il più assoluto riserbo, che condusse all'incontro di Berchtesgaden tra i due Cancellieri.

Due sembrano essere state le persone che maggiormente lavorarono per giungere a quell'incontro: il Segretario di Stato per gli Affari Esteri austriaco, dottor Schmidt, e l'astuto ministro del Reich a Vienna, ambasciatore von Papen. In avvenire sapremo con maggiore precisione quale sia stata la parte che il dottor Schmidt ha rappresentato in questi ultimi atti del dramma. Ricordo solamente che il 31 di gennaio Goring mi disser' di aver ricevuto una lettera da quel Segretario di Stato il quale «si portava bene nei confronti della Germania». E sappiamo ancora che, avvenuto l'Anschluss, lo stesso Goring nel suo discorso pronunciato a Graz:,

487 r, Di questo colloquio non è stata trovata documentazione. 487 -Il 29 marzo. Il console a Graz. Torella. aveva riferito, con tclespresso 1404/87 del 30 marzo, alcune parti del discorso -non inserite nel riassunto pubblicato dalla stampa -in cui Goring aveva attaccato duramente il passato regime austriaco «che era potuto sfuggire al suo destino nel 1934 soltanto con l'aiuto delle baionette straniere» c. richiamandosi ad alcuni contatti avuti con Guido Schmidt, aveva poi detto che l'ex-ministro degli Esteri austriaco era «entrato nell'ordine di idee del governo del Reich». Il documento ha il visto di Mussolini che ha sottolineato le frasi qui riportate.

554 nelle parti non riprodotte dalla stampa, ha tenuto a ricordarne «l'opera utile e l'atteggiamento franco ed onesto».

A metà della trattativa avvenne improvvisa, il 4 febbraio, la crisi tedesca che condusse all'allontanamento di von Blomberg, alla sostituzione di von Neurath con von Ribbentrop e agli altri mutamenti nel quadro del governo e delle alte cariche militari del Reich. Forse il Cancelliere Schuschnigg avrebbe potuto approfittare facilmente di una tale circostanza per rinviare alle calende greche il suo colloquio con Hitler. A Berlino, infatti come in ogni crisi negli alti comandi, si era in un momento di inevitabile perplessità. Il Cancelliere Schuschnigg, invece, col lasciarsi convincere a recarsi, dopo pochissimi giorni il sabato 12 febbraio, a Berchtesgaden, e soprattutto nell'accettare, per la forza delle circostanze, la ricostituzione del Gabinetto di Vienna, fece al Cancelliere Hitler un vero ed inestimabile regalo.

Tutta la Germania infatti, che non aveva ben compreso i mutamenti del 4 febbraio, ebbe l'impressione che il risultato dell'incontro di Berchtesgaden fosse un autentico ed innegabile successo di Hitler, il quale dimostrava ancora una volta di essere nettamente padrone delle circostanze e della situazione e di aver saputo rimettere senza esitazione sul cammino dell'ascensione la patria tedesca alle sue mani affidata.

Molto si è parlato dell'«agguato» di Berchtesgaden e della circostanza che i ministri austriaci si trovarono di fronte ad una specie di ultimatum reso più efficace dalla presenza, nella stessa villa del Fiihrer, tra gli altri convenuti, dei principali capi militari del Reich, generale Keitel e generale von Reichenau.

Sta di fatto che un tale preteso «ultimatum» consisteva non tanto nella richiesta ma nell'atmosfera, nell'ambiente, nel contrasto tra i due regimi. Mi sembra utile ricordare in proposito un'altra frase che ebbe a dirmi fin dal novembre il presidente del Consiglio ungherese Daranyi: «Conoscendo personalmente i due uomini, io non posso immaginarmi un loro incontro!».

Così, l'inclusione nel governo di Vienna di elementi nazionali, con a capo il dottor Seyss-Inquart, e l'applicazione pratica delle norme previste nell'accordo di Berchtesgaden circa l'uso della bandiera, del saluto, degli inni, ecc. che dimostravano nettamente l'ingresso a testa alta del nazionalsocialismo in Austria, riempirono di soddisfazione tutti i tedeschi i quali, come ho sopra accennato, videro in essi la prima chiara realizzazione di un assorbimento dell'Austria da parte del Reich.

Bisogna però dire fin da ora che, fino a quel momento, la parola Anschluss non era stata mai nettamente pronunciata e che si cominciava invece a parlare di formule transitorie basate tutte sulla nazionalsocializzazione dell'Austria ma in quanto Stato indipendente o formalmente tale.

Messa in moto la valanga, difficile però era fermarla. La visita di Seyss-Inquart al Cancelliere Hitler e le prime applicazioni rumorose dell'Accordo dimostrarono, infatti, chiaramente, come, una volta aperta la porta il nazionalsocialismo fosse destinato ad entrare in massa nelle vene del Paese austriaco.

Ciò spiega le improvvise, nervose, gravi ed in certo momento inconsulte reazioni degli elementi più accesi dell'antinazionalsocialismo austriaco e particolarmente del gruppo facente capo al borgomastro di Vienna, Schmitz. Questi, come è oramai accertato da più fonti, ebbe effettivamente l'idea di reagire con le armi contro il nazionalsocialismo e di soffocare, magari nel sangue, qualsiasi rivolta.

E a tale scopo egli iniziò, come è noto, i contatti con gli elementi di sinistra, rimasti in disparte fin dalla repressione antisocialista fatta dal governo di Dollfuss nel febbraio del 1934.

I discorsi del Cancelliere Hitler, a Berlino, del 20 febbraios, e del Cancelliere Schuschnigg, a Vienna, del 24 9 , dimostrarono chiaramente l'irriconciliabilità delle tesi: da una parte il diritto del grande Stato tedesco di interessarsi delle sorti di quanti hanno sangue germanico nelle vene, dall'altra l'esaltazione della funzione indipendente, storica e tradizionalistica, in ogni campo, dell'Austria.

In un'atmosfera tanto eccitata nacque l'infelice idea, secondo alcuni suggerita anche d'oltre frontiera e principalmente da taluni dei cosiddetti Paesi democratici, del plebiscito concepito in funzione nettamente antinazionalsocialista. Evidentemente Schmitz, Zernatto e compagni dovettero esercitare una forte pressione sul Cancelliere Schuschnigg, il quale lanciò l'iniziativa, come una vera bomba, nel suo discorso di Innsbruck del mercoledì 9 marzo w.

Ho la netta impressione che effettivamente in Germania nessuno attendeva quel colpo. Lo dimostrano due fatti: la partenza la sera del martedì 8 per Londra del ministro degli Affari Esteri del Reich, von Ribbentrop, in visita di congedo (io lo vidi personalmente mezz'ora prima che egli prendesse il treno, all'Hotel Kaiserhof e non riscontrai in lui alcuna nervosità di prossimi gravi avvenimenti) e la circostanza che tutta la stampa tedesca ebbe affrettata disposizione di tacere assolutamente, nelle edizioni del mattino di giovedì 10, del discorso del Cancelliere Schuschnigg, proprio perché mancavano qualsiasi preparazione e qualsiasi linea di condotta dall'alto.

Nelle prime ore del pomeriggio di giovedì, la linea scelta da Berlino fu quella di attaccare, soprattutto con termini ironici, nella stampa, l'illegalità della decisione del Cancelliere austriaco, ponendo in rilievo come un plebiscito organizzato e attuato in tre giorni non potesse essere altro che un gesto ridicolo, incapace di dimostrare un qualsiasi vero atteggiamento della volontà popolare.

In quelle ore, per incarico del R. ambasciatore mi recai a vedere il signor Tauschitz, ministro d'Austria: lo trovai naturalmente preoccupato per il silenzio tedesco nei confronti del plebiscito ma privo di qualsiasi indizio che facesse supporre l'imminente precipitare degli avvenimenti.

In realtà, infatti, se ironiche erano le battute, ben più grave era la decisione che a Berlino si andava preparando. Oramai, dato che il governo di Vienna aveva prestato il fianco gettandosi a capofitto nell'iniziativa temeraria del plebiscito, bisognava andare in fondo. E ciò tanto più che, bene o male, secondo le notizie che pervenivano dall'Austria, quel plebiscito avrebbe dato formalmente la vittoria a Schuschnigg nel senso che i nazionalsocialisti, sotto l'impero della pressione o della violenza delle Autorità del governo di Vienna, avrebbero finito

. . .

per nmanere m mmoranza. Nel tardo pomeriggio del giovedì furono così impartite le prime disposizioni al Corpo d'Armata di Monaco di eseguire, per qualsiasi evenienza, una specie di

487 s Vedi DD. 195 e 204. 487 ° Vedi D. 234. 487 111 Vedi D. 275.

556 mobilitazione parziale nelle ore notturne dal giovedì al venerdì. Una tale mobilitazione poteva servire a due scopi: un intervento locale se si fossero verificati gravi incidenti nella zona di frontiera e, come in seguito ebbe ad avvenire, un intervento lontano di carattere maggiormente importante e decisivo.

La macchina militare rispose benissimo. Le requisizioni degli automezzi, il concentramento delle truppe, l'avviamento verso la front~ra, si svolsero in pochissime ore, dando, anche a titolo sperimentale, la sensazione della perfezione di organizzazione raggiunta dalle nuove unità militari del Reich. È bene in proposito ricordare come la divisione motorizzata, incaricata in seguito di puntare su Vienna, ebbe a raggiungere in una sola giornata la capitale austriaca con una marcia, su strada, di ben quasi 300 km.

Nelle ore antimeridiane di venerdì Hitler riunì presso di sé, nel Palazzo della Cancelleria di Berlino, una specie di consiglio: Goring, Goebbels, il ministro von Neurath (von Ribbentrop continuava a rimanere a Londra ed ebbe anzi l'ordine di restarvi, per qualsiasi evenienza, allo scopo di fornire al governo britannico eventuali spiegazioni, cosa che poi in pratica non avvenne o quasi), von Papen, Keppler, considerato l'uomo di fiducia per tutte le questioni austriache, il generale Keitel ed altri.

Prima di prendere la grande decisione dell'intervento diretto ed armato in Austria, dovette essere considerata la situazione internazionale. L'Inghilterra ferma, la Francia senza governo a causa delle dimissioni del Gabinetto Chautemps, la Russia tutta in preda aiJe sue tragiche vicende giudiziarie.

Quanto all'Italia, si imponeva la necessità assoluta di una qualsiasi forma di contatto diretto con il Duce. Hitler dovette preoccuparsene fin dalla nottata, e ciò spiega la presenza alla Cancelleria, a mezzogiorno, del Principe Filippo di Assia, Presidente del governo di Kassel, destinato ad essere il latore di una lettera personale del Cancelliere per il capo del governo 11 . Lettera che fu sostanzialmente redatta dagli organi della Wilhelmstrasse, e particolarmente da von Weizsacker e, credo, da Gaus, e che non fu pronta se non nelJe prime ore del pomeriggio per essere in seguito, riveduta e corretta, affidata all'augusto corriere aereo straordinario. Essa, come è noto, mentre affermava l'irrevocabilità della decisione di un intervento e ne spiegava le cause, si mostrava volutamente vaga circa i sùoi limiti e la sua portata.

Oramai il dado era tratto. Von Weizsacker, che io vidi poco dopo la partenza della lettera per il Duce, mi disse che Keppler era stato inviato, a sua volta, direttamente a Vienna, in aereo, per «ottenere un rinvio del plebiscito». Von Papen invece, che vidi immediatamente dopo, fu più esplicito e mi disse che «oramai non vi era che una sola soluzione: le dimissioni di Schuschnigg». Questo avveniva, per essere precisi, verso le 15.

V.E. conosce, dalJe relazioni pervenute da Vienna, quanto avvenne nella capitale austriaca, nelle ore comprese tra le 16 e le 20, allorché tutto precipitò e Schuschnigg preferì, indubbiamente con dignità, dimettersi, anziché accettare l'imposizione e soprattutto anziché scatenare una guerra civile.

Devo aggiungere ora che, anche nelle tarde ore di venerdì, nessuno a Berlino parlò apertamente di Anschluss immediato. Le truppe, a seguito del noto appello

contenuto nel cosiddetto telegramma Seyss-Inquart 12 , stavano per passare la frontiera, ma ancora si poteva pensare ad una soluzione apparentemente legale con il Cancellierato dello stesso Seyss-lnquart. Questi, quasi certamente, alle 20, allorché si preparava a parlare alla Radio di Vienna, pensava probabilmente ad una tale soluzione.

Del resto, lo stesso Goring, che io vidi alle l O di sera, allorché perveniva da Roma telefonicamente, a mezzo del Principe Filippo di Assia, la notizia che l'Italia non si opponeva all'intervento, mi disse testualmente: «La nomina a Cancelliere di Seyss-lnquart è perfettamente legale perché proviene direttamente dallo stesso Presidente del Bund, Miklas».

Così in quel momento sembravano continuare ad esistere talune possibilità per una trasformazione interna dell'Austria sulle basi del nazionalsocialismo ma formalmente, con un governo proprio, formule che andavano come è noto, dall'unione personale dei due Stati con Hitler Presidente, alla «grande Danzica».

Molti, e particolarmente i diplomatici residenti a Berlino, si illusero che all'ultimo momento il governo del Reich, data la favorevolissima piega presa dagli avvenimenti, rinunciasse a far entrare in Austria le proprie truppe. E forse, ripeto, si illuse lo stesso Seyss-lnquart.

Viceversa i tedeschi comprendevano benissimo che solamente attraverso la marcia delle organizzate, disciplinate e circondate da tanto prestigio, particolarmente tra gli austriaci, divisioni germaniche, si poteva dare, oltre frontiera, il senso preciso della potenza della nuova Germania. Ed inoltre, come i fatti hanno dimostrato, è stato proprio l'ingresso immediato delle formazioni regolari dell'esercito, quello che ha impedito in Austria lo scatenamento locale di passioni, con tragiche conseguenze per le popolazioni: su questo punto anche gli avversari del nazionalsocialismo hanno riconosciuto e riconoscono, infatti, che l'esercito germanico ha rappresentato per l'Austria, in quei primi giorni, l'ordine e la sicurezza.

A ciò si aggiunge ancora la circostanza che i tedeschi troppo a malincuore avrebbero rinunciato alla possibilità, dopo 20 anni di sosta forzata, di far passare, dal proprio rinato esercito, una frontiera, anche se questa fosse di un Paese di sangue germamco.

Ad Almeria, il 31 maggio del 1937, per la prima volta, anche qui dopo quasi 20 anni, un cannone tedesco aveva sparato proiettili contro una terra straniera 11 . La notte dell' 11 marzo 1938 le truppe tedesche hanno, ripeto, passato un confine. Sono date che restano nella storia di un popolo che sente fortissima la tradizione delle armi.

Oramai, per decidere sulla forma definitiva che doveva prendere la vittoria del nazionalsocialismo in Austria, tutto dipendeva da due circostanze: le reazioni dell'estero e l'atteggiamento delle popolazioni austriache.

Circa le prime occorre dire che si ebbe immediatamente l'impressione che esse sarebbero state solamente formali e sostanzialmente nulle. Del resto lo stesso governo di Schuschnigg non ebbe materia, nelle sue ultime ore per illudersi. Mi viene raccontato da fonte sicura che l'incaricato d'affari degli Stati Uniti a Vienna 14 nel riferire al suo governo gli avvenimenti del pomeriggio di venerdì, si è così espresso nei riguardi della concitata richiesta fatta dalla Ballplatz, e credo personalmente dal direttore generale, Hornbostel, al ministro di Francia signor Puaux, richiesta intesa ad ottenere un qualche intervento del governo francese: «Di quale governo intendete parlare? Io in questo momento non ho governo».

Le altre risposte furono, penso, sostanzialmente più o meno simili.

Quanto all'atteggiamento del popolo austriaco, occorre riconoscere che il Cancelliere Hitler fece personalmente un atto di fede e di coraggio. Egli si lanciò direttamente e, senza attendere, in Austria: nella stessa giornata di sabato egli partiva per Braunau, per vedere la sua città natale e per rendere omaggio alle tombe dei suoi genitori. E subito dopo proseguiva per Linz, senza preoccuparsi di misure protettive

o di sicurezza. Il capo delle formazioni S.S. e della polizia del Reich, Himmler, con un esiguo gruppo di collaboratori, aveva già a sua volta raggiunto Vienna, in aeroplano, nelle primissime ore del mattino. Tutto ciò evidentemente significa pagare di audacia e dare prova di iniziativa. A Linz, il Cancelliere, indubbiamente ed umanamente commosso da tanto incalzare degli avvenimenti, ebbe il primo contatto con la massa popolare austriaca. La scintilla era scattata. E l'Anschluss deciso.

Tutto fa ritenere che Seyss-Inquart e gli uomini del suo governo provvisorio non fossero ancora convinti di ciò. Non spiegherei altrimenti quello strano telegramma di saluto inviato nelle sue ventiquattro ore di vita dal cosiddetto nuovo ministro degli Affari Esteri del Bund, signor Wolff, all'E.V.

A Linz, ripeto, vennero gettate le linee della legge che doveva proclamare la fine dell'Austria indipendente e la sua decisione di unirsi al Reich; legge che venne resa, come è noto, di pubblica ragione nelle tarde ore di domenica 13.

Così il 14 marzo cominciava la vita della provincia austriaca del Reich tedesco.

La presa di possesso da parte delle Autorità germaniche di governo e di partito, fu immediata, totalitaria. Il lunedì Hitler era già a Vienna. E con lui truppe, gerarchi, funzionari di ogni campo e di ogni grado. Tutte le ruote dell'Amministrazione furono toccate, modificate, rimesse in ordine perché girassero secondo le nuove circostanze e per le nuove necessità.

In fondo, solamente gli austriaci rimasero un po' tagliati fuori da tanto rinnovamento. La stessa cosidetta Legione austriaca, composta dal numeroso gruppo dei fuorusciti politici, che avevano trovato rifugio in terra tedesca, non fu autorizzata a rientrare immediatamente in Austria ed attese alcune settimane prima di poter riprendere la via di Vienna. Viceversa il generale Bock, comandante l'armata entrata in Austria, poneva immediatamente il suo comando e la sua bandiera in un grande albergo del Ring, e uno degli elementi più ortodossi del nazionalsocialismo integrale, il Gauleiter Burckel che, precedentemente, attraverso il plebiscito della Saar, aveva illustrato il suo nome, si installava, per ordine diretto di Hitler, e quale vero dittatore della situazione, nella sede del Parlamento viennese.

Il governo provvisorio di Seyss-Inquart veniva praticamente assorbito da una tale situazione ed il suo capo riceveva il titolo, nobile ed onorifico ma nulla più, di Statthalter del Reich per la provincia austriaca.

Si iniziava ora la campagna del plebiscito.

Mi sembra interessante porre in rilievo come, in definitiva, di questa campagna due siano stati gli argomenti di base, argomenti che abbiamo sentito ripetere, in infiniti discorsi, dalla bocca dello stesso Hitler e dei suoi principali collaboratori, e attraverso i quali abbiamo udito spiegare le ragioni storiche e ideologiche umane e sociali dell'Anschluss:

l) Il mito del sangue, per il quale qualsiasi altra soluzione che non avesse condotto alla fusione austro-tedesca, sarebbe stata innaturale. 2) Il diritto del Fiihrer, profeta vivente del germanesimo, di «riportare» la sua patria di nascita in seno alla grande Germania.

Argomenti ambedue profondamente caratteristici della odierna maniera di pensare e della psicologia delle genti nazionalsocialiste. E ambedue non perfettamente compresi dall'estero che, in materia di Anschluss, non ha sufficientemente valutato quanti progressi abbia qui fatto, negli ultimi tempi, la teoria razziale e quale importanza decisiva abbia avuto nel problema austriaco la circostanza che Adolfo Hitler sia nato a Braunau sull'lnn.

Tutto il resto non conta. Storia e tradizione e funzione dell'Austria, in quanto tale, scompaiono e sono volutamente taciute. Anzi si può dire che una delle caratteristiche della campagna plebiscitaria sia stata la lotta contro qualsiasi forma

o fatto che riporti alla memoria una qualche funzione individualistica dell'Austria, tale da apparire esterna ed estranea alla cornice della missione unitaria della razza tedesca. In questo senso la battaglia contro il legittimismo asburgico è stata fin dai primi giorni, e sarà sempre più, senza quartiere. Hitler forse ha solamente disprezzo per gli Hohenzollern, a lui praticamente sconosciuti, ma ha odio verso gli Asburgo, da lui immaginati come avversari dell'unione di tutti i tedeschi e realizzatori, per secoli, di una politica classicamente antirazziale, culminata con la formazione di una loro unità imperiale plurirazziale.

Ho accennato a quanto sopra perché ora, esauritosi il plebiscito, noi assisteremo a tutti gli atti e fatti che trasformeranno progressivamente Vienna e l'Austria in una provincia del Reich tedesco. Lo smantellamento di qualsiasi posizione tradizionale di casta, di privilegio, di parte delle antiche classi dominanti austriache sarà, sotto la guida dei vari Biirckel locali, inesorabile. E anche i cattolici, come del resto già sembra di constatare, dovranno, per forza di cose e per far valere l'importanza del loro apporto nel quadro della politica religiosa del Reich, nettamente sganciarsi da quanto li leghi a quelle memorie e a quelle tradizioni, per ricordarsi principalmente, se non unicamente, di essere oggi cittadini della nuova patria tedesca.

E parallelamente avremo la valorizzazione di tutti gli elementi popolari germanici dell'Austria, con l'introduzione in massa di tutte le grandi istituzioni e realizzazioni collettive del nazionalsocialismo, dal Fronte del Lavoro all'organizzazione della Gioventù, al Servizio del Lavoro. In altre parole il concentramento ed illivellamento di tutte le attività e situazioni e la loro canalizzazione verso e per lo Stato.

In quest'atmosfera e su tali linee oggi l'Oesterreich diviene l'Ostmark, la marca del confine sud-orientale del grande Reich germanico.

486 3 Per la risposta da Roma si veda il D. 526.

487 1 In proposito si veda quanto aveva riferito il ministro Salata in serie ottava, vol. VIL DD. 51 e 77.

487 5 Vedi DD. 52, 57. 66 e 73.

487 11 Vedi D. 296.

487 12 Riferimento al telegramma che la sera dell'Il marzo Seyss-lnquart, nella sua qualità di capo del governo provvisorio, aveva inviato a Hitler per chiedere l'intervento militare germanico in Austria. Per il testo del telegramma si veda DDT. vol. I, D. 358, dove sono anche indicati i retroscena del suo invio, imposto da Berlino. 487 13 Riferimento al bombardamento di Almeria da parte delle navi da guerra tedesche addette al sistema internazionale di controllo, come ritorsione per il bombardamento della corazzata Deutschland effettuato due giorni prima da aerei governativi spagnoli ad Ibiza.

487 14 John C. Wiley.

488

L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, SUVICH, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. 4421/736. Washington, 14 aprile 1938 (per. il 26).

In questi ultimi tempi si parla molto di spionaggio negli Stati Uniti e ciò particolarmente con riguardo al triangolo Roma-Berlino-Tokio.

I giapponesi sono stati sempre considerati in questo Paese come maestri di spionaggio e guardati con la massima diffidenza. Si può dire che ogni giapponese è qui considerato come una spia o effettiva o potenziale: i tedeschi vengono certamente secondi e la diffidenza contro le attività spionistiche tedesche, di cui un episodio saliente è stata la missione di von Papen in America durante la guerra mondiale, è sempre viva.

Contro l'Italia non c'era mai stato niente in tale riguardo, ma dopo l'accordo anticomunista e la valorizzazione del triangolo Roma-Berlino-Tokio, si è preso l'abitudine di accomunare anche il nome dell'Italia in tutte le reali o immaginarie imprese spionistiche giapponesi e tedesche.

Tutto ciò rientra naturalmente anche nella campagna più vasta per cui si denunciano gli Stati totalitari, Italia, Germania, Giappone (la Russia viene in seconda linea) come quelli che minacciano le democrazie in genere e la democrazia americana in particolare.

Che i giapponesi siano sotto speciale sorveglianza da tempo e più particolarmente dopo l'inizio del conflitto cino-giapponese è cosa notoria -recentemente i pescatori giapponesi sono stati allontanati dalle coste dell'Alaska pretestando delle ragioni economiche sotto le quali però c'era indubbiamente la ragione principale del tema di spionaggio. I piroscafi giapponesi che passano il Canale di Panama sono apertamente accusati di fare dello spionaggio contro l'America.

Ora è venuta la volta dei tedeschi. Ho già riferito con rapporto del l o marzo

u.s. n. 2036/427 1 sui primi arresti, mentre in questi giorni altri due tedesco-americani sono stati arrestati ed un terzo è riuscito ad evadere. Contro di noi non c'è stato fino ad ora nessun atto positivo se non una rinnovata proposta d'inchiesta contro le attività anti-americane dei gruppi nazionali, ma anche questo mira particolarmente a gruppi tedeschi. Se però non c'è stato nessun atto positivo ci sono d'altra parte le voci, che si diffondono sempre più, di una collaborazione giapponese-tedesco-italiana ai fini spionistici. Ho già richiamato l'attenzione di codesto Ministero sull'ignobile articolo di Hemingway nella rivista KEN (già proposta per il divieto d'introduzione); ora sono venute le dichiarazioni del rappresentante Scott alla Camera dei Rappresentanti, in cui egli sostiene l'esistenza di tale collaborazione di spionaggio a danno dell'America nei paesi adiacenti il Canale di Panama.

La reazione contro queste voci è molto delicata: al Dipartimento di Stato non c'è nulla da fare perché qualunque passo non potrà incontrare che la solita risposta che si tratta di manifestazioni non controllate dal governo e che la Costituzione degli Stati Uniti garantisce libertà di opinione e di parola. D'altra parte, mi pare, oltreché delicato, imprudente andare a sollevare ufficialmente questa questione dello

spionaggio mentre per il momento non ci sono che delle voci di persone irresponsabili. lo ritengo tuttavia che una reazione sia necessaria anche per un'altra considerazione, sebbene di minore momento: quella dell'impressione che tutto ciò può fare sull'animo degli italo-americani. Ho sempre sostenuto, e ne sono persuaso più che mai, che gli italo-americani rappresentano per noi un grande atout ed una grande forza; gli italo-americani assieme ai cattolici sono gli unici elementi in questo Paese che siano disposti a prendere le nostre parti. Ma bisogna evitare di mettere l'italo-americano di fronte a un caso di coscienza nei riguardi della sua lealtà verso il governo federale. Perché effettivamente, per la massima parte degli italo-americani, la questione della lealtà verso il Paese a cui appartengono per cittadinanza è non solo questione di interesse ma anche questione di coscienza.

Ora la forma di reazione alle voci sopra riportate non è facile. Oltreché qualunque passo ufficiale, io escluderei anche di sollevare una polemica nella stampa americana locale che non c'è dubbio, traviserebbe il nostro pensiero. L'unica cosa possibile mi pare un articolo su uno dei più accreditati giornali italiani, il Popolo d'Italia, il Giornale d'Italia, a cui qui si attribuisce la funzione di portavoce della politica italiana. In tale articolo, prendendo lo spunto dal discorso del signor Scott, si dovrebbe denunciare come assurda e calunniosa l'affermazione del deputato in parola di voler implicare l'Italia in complotti spionistici od altri che sono frutto di pura fantasia; si dovrebbe anche riaffermare la inesistenza di ragioni di dissidio fra l'Italia e gli Stati Uniti che hanno tante ragioni per svolgere opera di collaborazione e si dovrebbe ricordare come le buone intenzioni dell'Italia nei riguardi della Federazione Americana non siano neanche scosse dalla velenosa e meschina campagna di parte della stampa e di qualche uomo politico americani i cui fini di speculazione interna sono trasparenti 2 .

488 1 Non pubblicato.

489

IL MINISTRO A BUDAPEST, VINCI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

RAPPORTO PERSONALE SEGRETO 1922/605. Budapest, 14 aprile 1938 (per. il 17).

Ho l'onore di trasmettere qui unito all'E.V. copia di un rapporto di questo R. addetto militare circa una conversazione da lui avuta con il generale Ràtz capo CIT Stato Maggiore dell'esercito ungherese.

A questo proposito mi richiamo alla mia precedente corrispondenza sulla persona del generale: egli è indubbiamente di tendenze di estrema destra; si parla come è noto di suoi stretti rapporti col partito di Szàlasi e sono noti i suoi profondi contrasti col generale Roder, attuale ministro della guerra. Pertanto non so fino a quale punto le sue dichiarazioni rappresentino l'opinione dell'attuale governo ungherese: mentre sono certamente queste le idee e le aspirazioni degli estremisti nazionalisti ungheresi con cui simpatizza larga parte dell'esercito ungherese (specie i giovani ufficiali); a ciò ha del resto accennato lo stesso Reggente nel suo recente radio-discorso.

ALLEGATO

L'ADDETTO MILITARE A BUDAPEST, MATTIOLI, AL CAPO DI STATO MAGGIORE GENERALE, BADOGLIO

RAPPORTO SEGRETO. Budapest, 13 aprile 1938.

In una conversazione che ho avuto col generale Ràtz, questi ha espresso, tra l'altro, alcuni interessanti giudizi sulle odierne rivendicazioni dell'Ungheria, che ritengo opportuno qui appresso riassumere.

Il capo di Stato Maggiore ha affermato la necessità che l'Ungheria sia ricostituita integralmente nelle sue frontiere naturali dei Carpazi e delle Alpi transilvaniche, poiché è unità geografica ed economica inscindibile, anche se non è tutta abitata da ungheresi.

Ha quindi notato che, esaudite le rivendicazioni verso la Cecoslovacchia, l'Ungheria cercherà di realizzare quelle verso la Romania, con l'intenzione di ottenere la restituzione integrale della Transilvania, Paese che gravita naturalmente verso il bassopiano ungherese e non verso quello valacco.

Verso sud, e cioè verso la Jugoslavia, ha notato che le aspirazioni ungheresi sono molto più limitate essendo meno numerose le minoranze staccate dalla madrepatria. Si tratta poi di ottenere dalla Jugoslavia che faciliti le comunicazioni ungheresi col mare Adriatico.

Nei riguardi particolari della Cecoslovacchia, il generale Ràtz ha espresso la convinzione che essa è destinata a scomparire completamente e che il nucleo centrale ceco-moravo verrà incorporato nelle future frontiere del Reich. Del resto -ha egli soggiunto -i cechi hanno già avuto tale regime allorché, per molti anni, sia pure governati da un proprio principe-elettore, hanno fatto parte dell'antico Impero romano-germanico; e in definitiva tale soluzione potrebbe essere vantaggiosa sotto molti punti di vista anche nei loro stessi riguardi.

Pertanto, egli ha dimostrato di non condividere il timore o la previsione che la Germania abbia interesse a far sopravvivere un simulacro di Cecoslovacchia indipendente, sia pure completamente asservita ai suoi voleri.

Ha poi osservato che la Cecoslovacchia, da sola, non potrà opporre lunga resistenza in caso di guerra e che anzi potrebbe darsi che tale resistenza mancasse del tutto, in relazione alla nota azione in corso per agitare le minoranze viventi in detto Paese. Ove tale agitazione riuscisse a creare nella vicina repubblica uno stato di disorganizzazione e di disordine, potrebbe anche verificarsi che le stesse minoranze viventi nelle zone periferiche sollecitassero l'intervento della Germania e della Ungheria, evitando a queste ultime di figurare come aggressori.

Quando, presso a poco, l'azione contro la Cecoslovacchia potrebbe essere intrapresa, il generale Ràtz non ha saputo indicare ma ha notato che ciò potrebbe accadere anche domani; dipenderà dalla situazione internazionale e in particolare dalle decisioni del partito nazista germanico più ancora che dai piani dello Stato Maggiore tedesco. Può darsi -anzi -ha soggiunto -che questo ultimo non possa neanche fare previsioni; com'è accaduto per l'Anschluss, allorché l'autorità militare ha saputo dell'azione da compiere in Austria soltanto all'ultimo momento.

Nei riguardi della cooperazione operativa ungaro-tedesca contro la Cecoslovacchia, egli ha affermato che ancora oggi non esiste alcun accordo concreto al riguardo, facendo comprendere che è la Germania a dimostrarsi non disposta ad assumere impegni. Comunque -ha egli notato-non v'è nessun dubbio sul fatto che i due Paesi agiranno insieme e che la Germania non farà difficoltà alle rivendicazioni ungheresi, avendo il defunto presidente Gombi:is a suo tempo già chiarito col Fiihrer tale punto, ottenendo l'assicurazione che le aspirazioni territoriali germaniche non vanno al di là delle frontiere storiche dell'Ungheria.

Ho chiesto al generale Ràtz cosa pensava dell'agitazione delle minoranze tedesche in Ungheria, specie di quelle viventi nella zona prossima alla nuova frontiera con la Germania. Egli ha dimostrato di non preoccuparsene, affermando che, ad onta della loro origine, tali minoranze hanno sentimenti ungheresi e che del resto anche nel 1848-49 non pochi elementi di origine tedesca sono stati tra i più accaniti difensori della patria magiara nelle lotte contro l'Austria. Peraltro egli ha escluso che da parte tedesca si nutrissero rivendicazioni nei riguardi dell'attuale territorio ungherese, e a conferma di ciò ha ricordato l'assicurazione data recentemente dal Reich di voler rispettare la frontiera coll'Ungheria. Ha soggiunto che, anzi, dal momento che il trattato di San Germano ha cessato di aver vigore. avrebbe avuto l'Ungheria il diritto di chiedere la restituzione del Burgenland ma che vi aveva rinunciato trattandosi di un territorio abitato in prevalenza da tedeschi, essendo la popolazione magiara rappresentata da sole 30.000 anime (su un totale di 290.000 abitanti di quella provincia) raggruppate in 4 villaggi per giunta abbastanza lontani dall'attuale frontiera. Ciò non esclude che, in sede di un prossimo definitivo assetto territoriale dei due Paesi, l'attuale frontiera non possa essere riveduta all'amichevole a vantaggio dell'Ungheria.

Per concludere, il generale Ràtz ha notato che sino a quando le rivendicazioni ungheresi verso la Cecoslovacchia non saranno soddisfatte, l'Ungheria non potrà fare a meno del concorso della Germania: ma che una volta riavute le sue province carpatiche, l'Ungheria

--diventata più forte -potrà fare una politica più indipendente anche nei riguardi della sua potente vicina e magari opporle resistenza ove fosse necessario, per la difesa dei propri interessi. Ciò non potrà certo verificarsi nei rapporti itala-ungheresi che, secondo lui, sono destinati a restare sempre amichevoli in relazione alla funzione storica e agli interessi dei due Paesi, ed al fatto che l'Italia, più che perseguire fini diretti. cerca di creare nel Bacino danubiano un equilibrio reale e duraturo 1 .

488 2 Il documento ha il visto di Mussolini. Un articolo nel senso indicato dall'ambasciatore Suvich era effettivamente pubblicato su Il Giornale d'Italia del 30 aprile con il titolo «Italia e Stati Uniti. Punti da chiarire» e con la firma di Virginio Gayda.

490

L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, PRUNAS, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. URGENTE 2174/77 R. Parigi, 15 aprile 1938, ore 21,15 (per. ore 23).

Attiro l'attenzione su nota agenzia Havas telefonata stasera da questo corrispondente Stefani.

Mentre fino a ieri mattina prevaleva opinione che discussione, in vista di un accordo italo-francese, dovesse essere proposta (per il tramite di un ambasciatore accreditato secondo formula belga) 1 , si sarebbe tornati iersera alla fase dei negoziati preliminari e della soluzione preventiva in blocco di tutte le questioni pendenti: il negoziatore avrebbe dovuto essere, sia temporaneo, sia destinato trasformarsi in ambasciatore permanente subito dopo Ginevra.

Da fonte Ufficio Stampa Quai d'Orsay (Comert), si assicura invece stasera che «negoziati, destinati a procedere rapidamente in quanto già largamente coperti dall'accordo italo-inglese, dovrebbero svolgersi senza ricorso a speciali procedure ed essere cioè affidati a codesto incaricato di affari di Francia». Nomina ambasciatore regolarmente accreditato dovrebbe seguire immediatamente sessione consiglio S.d.N.

Questione verrebbe ripresa in esame dal Consiglio dei ministri mercoledì prossimo.

489 Il documento ha il visto di Mussolini. 490 1 Cioè mediante la presentazione da parte di un nuovo ambasciatore di lettere credenziali intestate a Sua Maestà il Re d'Italia e Imperatore d'Etiopia.

491

COLLOQUIO DEL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, CON IL MINISTRO DI JUGOSLAVIA A ROMA, CHRISTié 1

VERBALE. Roma, 15 aprile 1938.

Ho avuto un colloquio col ministro Christié di ritorno da Belgrado. A nome di Stojadinovié ha tenuto a ringraziare per l'Esposizione d'Arte che ha avuto un successo superiore ad ogni previsione e che ha molto contribuito a rendere popolare l'amicizia verso l'Italia.

Christié afferma che in realtà egli stesso ha rimarcato in questi ultimi mesi che sotto l'impressione dei recenti avvenimenti politici l'opinione pubblica jugoslava si è orientata con la più netta e convinta simpatia verso il nostro Paese.

Stojadinovié desidera nell'estate prossima incontrarsi con me: per far ciò conta venire a passare qualche giorno a Venezia o in un'altra spiaggia italiana, al fine di dare all'incontro il carattere di assoluta spontaneità.

L' Anschluss non ha portato turbamento sensibile nella vita politica jugoslava, benché l'opinione pubblica ne abbia sentito un fortissimo contraccolpo, neutralizzato in parte dall'esistenza dell'intesa con l'Italia. Stojadinovié personalmente prevedeva la cosa da molto tempo ed è del tutto tranquillo circa le intenzioni tedesche: almeno per un periodo di tempo da considerarsi rilevante in una valutazione politica se non storica. Anche in occasione del suo ultimo viaggio a Berlino, ebbe agio di sentirsi ripetere dal Fiihrer che considera «sacre» le frontiere tedesche con l'Italia e con la Jugoslavia. Una certa sgradevole ripercussione si è avuta nelle minoranze tedesche, dato che alcuni elementi più insofferenti hanno alzato la testa ed hanno cominciato una propaganda che la Jugoslavia non intende tollerare. Si riconosce però che il governo tedesco è estraneo a tale attività. Gli jugoslavi sono d'accordo con noi nel ritenere che il governo tedesco non deve però rimanere passivo di fronte a tali movimenti irredentistici e deve con qualche gesto di energia soffocarli sul nascere.

Stojadinovié intende continuare nel futuro la politica svolta nel passato: relazioni di ottimo vicinato con la Germania; intesa stretta, cordiale e profonda con l'Italia.

Il ministro di Jugoslavia, poi, ha desiderato conoscere il nostro atteggiamento nella eventualità di un'azione tedesca nei riguardi della Cecoslovacchia. Gli ho risposto che noi non consideriamo il problema cecoslovacco come problema che ci interessi direttamente, quindi non prevediamo nessun'azione da parte nostra.

Il ministro mi ha detto che Stojadinovié intende armonizzare totalmente la sua politica con la nostra e seguire una identica linea di condotta. Egli è di avviso che la Germania procederà prima o poi all'annessione dei Sudeti, che Ungheria e Polonia regoleranno le loro partite con Praga e che si arriverà alla creazione di un piccolo Stato ceco a carattere neutro. Contro un tale piano Stojadinovié non solleva obiezioni e non intende compiere nessuna azione. Prega di considerare tale suo punto di vista strettamente confidenziale.

Ho informato infine il mmtstro Christié dei risultati raggiunti nelle trattative italo-britanniche e Christié, a nome anche del suo governo, ha espresso le felicitazioni per un avvenimento che la Jugoslavia considera molto utile per la pace europea 2 .

491 1 Ed. in L'Europa verso la catastrofe, pp. 301-303.

492

L'AMBASCIATORE A V ARSAVIA, ARONE, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. l 000/453. Varsavia, 15 aprile 1938 (per. il 18).

Mio telespresso n. 941/322 dell'8 corrente 1•

In una conversazione da me avuta in questi giorni con questo ministro degli Affari Esteri, il discorso è venuto a cadere sulla recente protesta polacca a Praga 2 . Beck si è dilungato a rifare la storia della crescente attività sovversiva ai danni della Polonia, che il Comintern con la voluta acquiescenza del governo di Praga ha potuto organizzare in Cecoslovacchia e continuare a dirigerla ed a provocarla. Benché da tempo il governo polacco ne fosse a conoscenza e ne avesse fatto, a diverse riprese, oggetto di rimostranze a Praga, soltanto in quest'ultimo periodo, secondo quanto mi ha detto Beck, la documentazione sarebbe stata così schiacciante da costituire una base inoppugnabile al memorandum polacco di vibrata protesta diretto al governo cecoslovacco. Tra gli altri documenti più significativi venuti in possesso del governo polacco vi è una copia a stampa della circolare segreta del Comintern in cui si dànno precise istruzioni di costituire in territorio cecoslovacco l'ufficio centrale del partito comunista polacco. Beck mi ha poi detto che nel memorandum di protesta presentato a Praga egli ha chiesto formalmente al governo cecoslovacco di prendere i necessari provvedimenti contro l'attività sovversiva a danno della Polonia, ai termini della nota decisione che fu adottata dalla S.d.N ., proprio per iniziativa della Cecoslovacchia, dopo il regicidio di Marsiglia 3 .

A vendo gli poi richiesto come egli vedesse l'attuale situazione internazionale della Cecoslovacchia, Beck è stato in sostanza molto riservato (riserbo, a mio avviso, piuttosto di attesa e dovuto principalmente all'assenza di un determinato atteggiamento polacco che non potrà delinearsi che in seguito, con gli ulteriori sviluppi della situazione) e si è limitato ad esprimere qualche apprezzamento. Egli infatti ha osservato che lo Stato cecoslovacco è venuto meno alla funzione (che doveva costituire la base della sua esistenza) di amalgamare le differenti nazionalità met

tendole in condizioni di giusta autonomia tali da coesistere e cointeressarsi al consolidamento dello Stato. La politica di Praga, invece, fin dall'immedii,ito dopoguerra è stata tale da provocare l'accentuarsi di quelle forze decentralizzatrici che minano l'esistenza della Cecoslovacchia. Il ministro Beck concludendo ha avuto l'aria di dire che il governo di Praga deve imputare a se stesso le conseguenze che si è meritate. Quanto all'attitudine della Germania non gli appariva ancora sufficientemente chiara; egli però è incline ad escludere che a Berlino si pensi, almeno per un prossimo avvenire, ad un atto di forza 4•

491 2 Il documento ha il visto di Mussolini. 492 1 Vedi D. 465. 492 2 Del 6 aprile. 492 3 Riferimento all'adesione data dal governo di Praga alla richiesta presentata il 22 novembre 1934 dal governo jugoslavo al Consiglio della Società delle Nazioni perché fossero esaminate le responsabilità ungheresi nella preparazione dell'assassinio di Re Alessandro e di Barthou a Marsiglia e venisse considerata la necessità di stabilire delle misure adeguate contro il terrorismo politico organizzato. La risoluzione adottata dal Consiglio il l O dicembre successivo aveva constatato le responsabilità di alcune Autorità ungheresi, incaricando lo stesso governo di Budapest di prendere nei loro confronti le opportune sanzioni, e aveva costituito una commissione incaricata di elaborare un progetto di convenzione generale contro il terrorismo politico.

493

ACCORDI TRA GRAN BRETAGNA E ITALIA

A.

PROTOCOLLO

Il Governo Italiano ed il Governo del Regno Unito di Gran Bretagna e dell'Irlanda del Nord, animati dal desiderio di porre su una base solida e duratura le relazioni tra i due Paesi e di contribuire alla causa generale della pace e della sicurezza, hanno deciso di entrare in conversazioni allo scopo di raggiungere un accordo sulle questioni di mutuo interesse;

e le dette conversazioni avendo avuto luogo; Sua Eccellenza il Conte Galeazzo Ciano di Cortellazzo, Ministro degli Affari Esteri, e Sua Eccellenza il Molto Onorevole Conte di Perth, G.C.M.G., C.B., Ambasciatore Straordinario e Plenipotenziario di Sua Maestà Britannica a Roma,

debitamente autorizzati all'uopo dai loro rispettivi Governi, hanno redatto il presente Protocollo ed hanno firmato gli Accordi e Dichiarazioni che vi sono annessi, ciascuno dei quali dovrà essere considerato come un atto separato e per sé stante:

l. Conferma della Dichiarazione del 2 gennaio 1937, relativa al Mediterraneo, e delle Note scambiate il 31 dicembre 1936;

2. -Accordo relativo allo Scambio di Informazioni Militari; 3. -Accordo relativo a tal une Zone del Medio Oriente; 4. -Dichiarazione relativa alla Propaganda; 5. -Dichiarazione relativa al Lago Tana; 6. -Dichiarazione relativa agli Obblighi Militari degli Indigeni dell'Africa Orientale Italiana; 7. -Dichiarazione relativa al libero Esercizio della Religione e al Trattamento degli Enti religiosi Britannici in Africa Orientale Italiana; 8. -Dichiarazione relativa al Canale di Suez.

Tali atti entreranno in vigore alla data che i due Governi fisseranno d'accordo. Ciascuno di essi, a meno che non contenga disposizioni relativamente alla sua revisione o durata, rimarrà in vigore senza limiti di tempo, ma qualora uno dei due Governi in qualunque momento ritenga che un mutamento di circostanze renda necessaria la revisione di taluno di questi atti, i due Governi si consulteranno allo scopo di procedere a una tale revisione.

I due Governi convengono che, immediatamente dopo l'entrata in vigore dei detti atti, saranno aperti negoziati, ai quali il Governo Egiziano sarà invitato a partecipare per quel che riguarda tutte le questioni interessanti l'Egitto o il Sudan anglo-egiziano, in vista di un accordo definitivo sulle frontiere fra il Sudan, il Kenya e la Somalia britannica da un lato e l'Africa Orientale Italiana dall'altro; nonché in relazione ad altre questioni che riguardano reciprocamente (a) interessi italiani da un lato e interessi britannici, egiziani o sudanesi dall'altro nei territori sopra menzionati, e (b) i rapporti fra detti territori. Questi negoziati includeranno altresì la questione dei rapporti commerciali fra il Sudan e l'Africa Orientale Italiana.

I due Governi convengono inoltre che avranno luogo al più presto possibile negoziati fra il Governo del Regno Unito ed il Governo Italiano sulla questione dei rapporti commerciali tra l'Africa Orientale Italiana e il Regno Unito, l'India, le Colonie britanniche, i territori d'Oltremare, i Protettorati ed i territori sottoposti a mandato amministrati dal Governo del Regno Unito, compresa la questione dell'applicazione, in base a condizioni da stabilirsi, del Trattato di Commercio e Navigazione firmato a Roma il 15 giugno 1883 1 a tutta l'Africa Orientale Italiana. Questi negoziati saranno ispirati al comune desiderio di sviluppare i rapporti commerciali fra i predetti territori e di assicurare adeguate facilitazioni al commercio.

Fatto a Roma, in duplice esemplare, il 16 aprile 1938, in lingua italiana ed inglese, ciascuna delle quali farà ugualmente fede.

CIANO PERTH

ALLEGATO l

CONFERMA DELLA DICHIARAZIONE DEL 2 GENNAIO 1937 RELATIVA AL MEDITERRANEO E DELLE NOTE SCAMBIATE IL 31 DICEMBRE 1936

Il Governo Italiano e il Governo del Regno Unito con la presente confermano la Dichiarazione firmata in Roma il 2 gennaio 1937, relativa al Mediterraneo, e le note scambiate fra i due Governi il 31 dicembre I 936 relative allo sta tu quo nel Mediterraneo Occidentale2.

Fatto a Roma, in duplice esemplare, il 16 aprile I 938, in lingua italiana e inglese, ciascuna delle quali farà egualmente fede.

CIANO PERTH

493 2 Vedi rispettivamente serie ottava. vol. VI, D. 5 e vol. V, D. 705.

ALLEGATO 2

ACCORDO RELATIVO ALLO SCAMBIO DI INFORMAZIONI MILITARI

Il Governo Italiano e il Governo del Regno Unito convengono che nel mese di gennaio di ciascun anno avrà luogo, pel tramite degli Addetti Militari, Navali e Aerei a Londra e a Roma, uno scambio reciproco di informazioni riguardanti qualsiasi rilevante progettato movimento amministrativo o ridistribuzione delle rispettive forze militari, navali ed aeree. Questo scambio di informazioni avrà luogo nei riguardi di dette forze che hanno stanza o base:

l. nei possedimenti d'oltremare di ciascuna delle due Parti (questa frase ai fini del presente Accordo sarà considerata come comprendente i protettorati e i territori sotto mandato) che si trovano o che hanno coste sul Mediterraneo, il Mar Rosso o il Golfo di Aden, e

2. nei territori in Africa non nominati nel precedente paragrafo l o e situati in una zona delimitata all'ovest dal 20° di longitudine est ed a sud dal 7° di latitudine sud.

Tale scambio di informazioni non escluderà necessariamente la comunicazione occasionale di informazioni militari supplementari qualora una delle due Parti consideri che le circostanze politiche del momento la rendono desiderabile.

I due Governi concordano inoltre di notificarsi reciprocamente in anticipo qualsiasi decisione relativa alla istituzione di nuove basi navali od aeree nel Mediterraneo ad oriente del 19° di longitudine est e nel Mar Rosso o nei relativi accessi.

Fatto a Roma, in duplice esemplare, il 16 aprile 1938, in lingua italiana e inglese, ciascuna delle quali farà egualmente fede.

CIANO PERTH

ALLEGATO 3

ACCORDO ITALO-BRITANNICO RELATIVO AD ALCUNE ZONE DEL MEDIO ORIENTE

Il Governo Italiano e il Governo del Regno Unito di Gran Bretagna e dell'Irlanda del Nord, essendo desiderosi di assicurare che non vi sarà conflitto fra le loro rispettive politiche in riguardo alle zone del Medio Oriente a cui si riferisce il presente accordo,

essendo anzi desiderosi che lo stesso amichevole spirito che ha presieduto alla firma dell'odierno Protocollo, e dei documenti a questo annessi, abbia anche ad ispirare le loro relazioni in riguardo a tali zone,

hanno convenuto quanto segue:

Art. l

Nessuna delle due Parti concluderà alcun accordo o intraprenderà alcuna azione che possa in qualsiasi modo compromettere l'indipendenza o integrità dell'Arabia Saudiana

o dello Yemen.

Art. 2

Nessuna delle due Parti otterrà o cercherà di ottenere una posiZione privilegiata di carattere politico in qualsiasi territorio che attualmente appartiene all'Arabia Saudiana o allo Yemen o in qualsiasi territorio che ciascuno di questi Stati potrà in seguito acquistare.

Art. 3

Le due Parti riconoscono che, in aggiunta agli obblighi che a ciascuna di esse incombono in virtù degli articoli I e 2 di cui sopra, è nel loro comune interesse che nessuna altra Potenza acquisti o cerchi di acquistare sovranità o qualsiasi posizione privilegiata di carattere politico in qualsiasi territorio che attualmente appartiene all'Arabia Saudiana o allo Y cmen

o che ciascuno di questi Stati potrà in seguito acquistare, compresa qualsiasi isola del Mar Rosso appartenente all'uno o all'altro di questi Stati, o in qualsiasi altra isola nel Mar Rosso su cui la Turchia ha rinunciato ai suoi diritti con l'art. 16 del Trattato di Pace firmato a Losanna il 24 luglio 1923. In particolare esse considerano come un interesse essenziale di ciascuna di esse che nessuna altra Potenza acquisti sovranità o qualsiasi posizione privilegiata su qualsiasi parte della costa del Mar Rosso che attualmente appartiene all'Arabia Saudiana o allo Yemen o in qualsiasi delle anzidette isole.

Art. 4.

l) Per quanto si riferisce a quelle isole del Mar Rosso sulle quali la Turchia ha rinunciato ai suoi diritti con l'art. 16 del Trattato di Pace firmato a Losanna il 24 luglio 1923. e che non sono comprese nel territorio dell'Arabia Saudiana o dello Yemen. nessuna delle due Parti:

a) stabilirà la propria sovanità, o

b) erigerà fortificazioni o difese

su nessuna di dette isole o nei riguardi di esse.

2) È convenuto che nessuna delle due Parti farà obiezioni:

a) alla presenza di funzionari britannici a Camaran allo scopo di assicurare il servizio sanitario del pellegrinaggio alla Mccca in conformità delle disposizioni dell'Accordo concluso a Parigi il 19 giugno 1926 fra il Governo di Gran Bretagna e dell'Irlanda del Nord e il Governo dell'India da una parte ed il Governo dei Paesi Bassi dall'altra parte\ è anche inteso che il Governo italiano potrà nominare un ufficiale sanitario italiano che vi risiederà nelle stesse condizioni dell'ufficiale sanitario olandese secondo il detto Accordo:

h) alla presenza di funzionari italiani nella Grande Hanish. nella Piccola Hanish e nel Gebel Zucur allo scopo di proteggere i pescatori che frequentano queste isole; e) alla presenza ad Abu Ai!, Centre Peak c Gebel Tair delle persone che sono necessarie per il mantenimento dei fari in queste isole.

Art. 5

l) Le due Parti convengono che è nel loro comune interesse che vi sia pace fra l'Arabia Saudiana e lo Yemen ed entro i territori di questi Stati. Tuttavia, pur esercitando in ogni tempo i loro buoni uffici per la loro causa della pace. esse non interverranno in alcun conflitto che, malgrado i loro buoni uffici. avesse a verificarsi fra questi Stati

o entro i loro territori.

2) Le due Parti riconoscono anche che è nel loro comune interesse che nessun'altra Potenza intervenga in tali conflitti.

Art. 6

Per quanto riguarda la zona dell'Arabia situata ad est ed a sud degli attuali confini dell'Arabia Saudiana e dello Yemen o di qualsiasi futuro confine che potrà esser stabilito d'accordo fra il Governo del Regno Unito, da una parte, e i Governi dell'Arabia Saudiana

o dello Y cmen, dall'altra:

l) Il Governo del Regno Unito dichiara che nei territori dei capi arabi sotto la sua protezione entro tale zona:

a) nessuna azione sarà intrapresa dal Governo del Regno Unito, che possa essere di natura da pregiudicare in qualsiasi modo l'indipendenza o integrità dell'Arabia Saudiana

o dello Yemen (che entrambe le Parti si sono impegnate a rispettare nell'art. l di cui sopra), in qualsiasi territorio che attualmente appartiene a questi Stati o in ogni altro territorio che potrà essere riconosciuto dal Governo del Regno Unito come appartenente all'uno o all'altro di questi Stati come risultato di qualsiasi accordo che potrà in seguito essere concluso fra il Governo del Regno Unito e il Governo dell'uno o l'altro di essi;

b) il Governo del Regno Unito non intraprenderà, né farà in modo che sia intrapreso, alcun apprestamento od opera militare all'infuori degli apprestamenti od opere militari di puro carattere difensivo per la difesa dei detti territori o delle comunicazioni fra le differenti parti dell'Impero britannico. Inoltre il Governo del Regno Unito non arruolerà gli abitanti di alcuno di questi territori, né farà in modo che essi siano arruolati, in alcuna forza militare all'infuori delle forze destinate e atte esclusivamente al mentenimento dell'ordine e alla difesa locale:

c) mentre il Governo del Regno Unito si riserva la libertà di prendere in questi territori quelle disposizioni che potranno essere necessarie per il mantenimento dell'ordine e per lo sviluppo del paese, esso intende di mantenere l'autonomia dei capi arabi sotto la sua protezione.

2) Il Governo Italiano dichiara che non cercherà di acquistare alcuna influenza politica in questa zona.

Art. 7

Il Governo del Regno Unito dichiara che entro i limiti del Protettorato di Aden come definito nell'Aden Protectorate Order, 1937, i cittadini e sudditi italiani (comprese le società italiane) avranno libertà di recarsi, con le loro navi e merci, in tutte le località e porti, e avranno libertà di entrare, viaggiare e risiedere ed il diritto di esercitarvi ogni genere di affari, professioni, occupazioni o industrie, in quanto si conformino ed osservino le condizioni e i regolamenti che sono o saranno applicabili nel Protettorato ai cittadini e sudditi e alle navi di qualsiasi Paese che non sia un territorio sotto la sovranità, su::.eraineté, protettorato o mandato di Sua Maestà il Re di Gran Bretagna, Irlanda e dei Domini Britannici al di là dei mari. Imperatore delle Indie.

Art. 8

l) Se in qualsiasi momento una delle due Parti notificasse all'altra che essa considera che un cambiamento ha avuto luogo nelle circostanze esistenti al momento dell'entrata in vigore del presente Accordo, tale da rendere necessaria una modificazione delle disposizioni dell'Accordo stesso, le due Parti entreranno in trattative allo scopo di rivedere o emendare qualsiasi disposizione dell'Accordo.

2) In qualunque momento dopo spirato il periodo di dieci anni dall'entrata in vigore di questo Accordo ciascuna delle Parti potrà notificare all'altra la sua intenzione di porre fine all'Accordo. Tale notifica avrà effetto tre mesi dopo la data alla quale è stata fatta.

Fatto a Roma, in duplice esemplare, il 16 aprile 1938, in lingua italiana e inglese, ciascuna della quali farà ugualmente fede.

CIANO PERTH

ALLEGATO 4

DICHIARAZIONE RELATIVA ALLA PROPAGANDA

I due Governi colgono con soddisfazione l'opportunità che fornisce loro la presente occasione di registrare il loro accordo nel senso che qualsiasi tentativo da parte di uno di essi di impiegare i metodi di pubblicità o propaganda a sua disposizione allo scopo di arrecar danno agli interessi dell'altro sarebbe incompatibile con le buone relazioni che il presente Accordo mira a stabilire e mantenere fra i due Governi ed i popoli dei loro rispettivi Paesi.

Fatto a Roma, in duplice esemplare, il 16 aprile 1938, in lingua italiana e inglese, ciascuna delle quali farà egualmente fede.

CiANO PERTH

ALLEGATO 5

DICHIARAZIONE RELATIVA AL LAGO TANA

Il Governo Italiano conferma al Governo del Regno Unito l'assicurazione da esso data al Governo del Regno Unito il 3 aprile 1936, e ripetuta dal Ministro Italiano degli Affari Esteri all'Ambasciatore di Sua Maestà Britannica a Roma il 31 dicembre 1936, nel senso che il Governo Italiano era pienamente consapevole delle sue obbligazioni verso il Governo del Regno Unito nella questione del Lago Tana e non aveva la benché minima intenzione di ignorarle o ripudiarle 4 .

Fatto a Roma, in duplice esemplare, il 16 aprile 1938, in lingua italiana e inglese, ciascuna delle quali farà egualmente fede.

CiANO PERTH

ALLEGATO 6

DICHIARAZIONE RELATIVA AGLI OBBLIGHI MILITARI DEGLI INDIGENI DELL'AFRICA ORIENTALE ITALIANA

Il Governo Italiano conferma l'assicurazione data nella sua nota del 29 giugno 1936" alla Società delle Nazioni che l'Italia da parte sua era disposta ad accettare il principio che gli indigeni dell'Africa Orientale Italiana non dovrebbero essere costretti ad altri obblighi militari all'infuori della polizia locale e della difesa territoriale.

Fatto a Roma, in duplice esemplare, il 16 aprile 1938, in lingua italiana e inglese, ciascuna delle quali farà egualmente fede.

CiANO PERTH

493 " Vedi D. 273, nota 6. 493 5 Vedi serie ottava, vol. IV, D. 404.

ALLEGATO 7

DICHIARAZIONE RELATIVA AL LIBERO ESERCIZIO DELLA RELIGIONE E AL TRATTAMENTO DEGLI ENTI RELIGIOSI BRITANNICI IN AFRICA ORIENTALE ITALIANA

Senza pregiudizio di qualsiasi impegno derivante da Trattati che possa essere applicabile, il Governo Italiano dichiara che intende assicurare ai cittadini, sudditi e protetti britannici nell'Africa Orientale Italiana il libero esercizio di tutti i culti compatibili con l'ordine pubblico e il buon costume; e in tale spirito esaminerà favorevolmente ogni domanda che dovesse pervenirgli da parte britannica intesa ad assicurare assistenza di carattere religioso ai cittadini, sudditi e protetti britannici nell'Africa Orientale Italiana; e che, per quanto concerne altre attività di Enti religiosi britannici nell'Africa Orientale Italiana nel campo umanitario ed assistenziale, le domande che pervenissero al Governo Italiano verranno esaminate tenendo presenti le direttive generali del Governo Italiano in materia e le norme della legislazione in vigore nell'Africa Orientale Italiana.

Fatto a Roma, in duplice esemplare, il 16 aprile 1938, in lingua italiana e inglese, ciascuna delle quali farà egualmente fede.

CIANO PERTH

ALLEGATO 8

DICHIARAZIONE RELATIVA AL CANALE DI SUEZ

Il Governo Italiano e il Governo del Regno Unito riaffermano con la presente il loro proposito di sempre rispettare e uniformarsi alle disposizioni della Convenzione firmata a Costantinopoli il 29 ottobre 1888 6 , che garantisce in tutti i tempi e per tutte le Potenze il libero uso del Canale di Suez.

Fatto a Roma, in duplice esemplare, il 16 aprile 1938, in lingua italiana e inglese, ciascuna delle quali farà ugualmente fede.

CIANO PERTH

B.

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, ALL'AMBASCIATORE DI GRAN BRETAGNA A ROMA, PERTH

NOTA 3512. Roma, 16 aprile 1938.

Ho ricevuto la Nota di Vostra Eccellenza in data odierna n. 110, del seguente tenore: «Con riferimento agli articoli l, 2, 5 e 6 dell'Accordo italo-britannico relativo ad alcune Zone del Medio Oriente, firmato oggi, è fra noi inteso che quali

493 r, Vedi D. 151, nota 6.

attuali confini orientali e meridionali dell'Arabia Saudiana e dello Yemen, ai fini di quegli articoli, sono da intendersi i confini dell'ex Impero Ottomano, stabiliti nella Convenzione fra Sua Maestà il Re del Regno Unito di Gran Bretagna ed Irlanda e dei Domini britannici al di là dei mari, Imperatore delle Indie, da una parte, e Sua Maestà Imperiale il Sultano di Turchia, dall'altra parte, firmato a Londra il 9 marzo 1914 7 , con le modificazioni apportate dal Trattato di amicizia e mutua cooperazione fra Sua Maestà il Re di Gran Bretagna, Irlanda, dei Domini britannici al di là dei mari, Imperatore delle Indie, da una parte, e Sua Maestà il Re dello Yemen, l'Imam, dall'altra parte, firmato a Sanaa l' 11 febbraio 1934 8 .

È anche inteso che, come risultato di futuri accordi fra il Governo del Regno Unito e i Governi dell'Arabia Saudiana o dello Yemen, altro territorio all'Est e al Sud dei detti confini potrà essere riconosciuto dal Governo del Regno Unito come appartenente all'uno o all'altro di tali Stati.

Sarò grato se Vostra Eccellenza vorrà confermare che è d'accordo su quanto precede». Ho l'onore di confermare a Vostra Eccellenza che sono d'accordo su quanto precede9 .

c.

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, ALL'AMBASCIATORE DI GRAN BRETAGNA A ROMA, PERTH

NOTA 3513. Roma, 16 aprile 1938.

Ho ricevuto la Nota di Vostra Eccellenza in data odierna n. 111, del seguente tenore:

«Con riferimento alle disposizioni relative all'ufficiale sanitario italiano a Camaran contenute nell'art. 4 (2) (a) dell'Accordo relativo ad alcune Zone del Medio Oriente, firmato da noi oggi, è inteso che il Governo di S.M. nel Regno Unito sarà lieto di usare i suoi buoni uffici presso il Governo dei Paesi Bassi per assicurare l'accettazione da parte di questo Governo di tali disposizioni, e che il consenso di tale Governo è necessario prima che le dette disposizioni possano avere applicazione.

Sarò grato se Vostra Eccellenza vorrà confermare che è d'accordo su quanto precede». Ho l'onore di confermare a Vostra Eccellenza che sono d'accordo su quanto precede 10 .

493 -Su di essi si veda serie ottava, vol. VII, D. 70. 493 H Testo in MARTENS, vol. XXX, pp. 41-44. 493 9 Questo documento e la nota britannica a cui si riferisce non furono resi pubblici. 493 10 Questo documento e la nota britannica a cui rispondeva non furono resi pubblici.

D.

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, ALL'AMBASCIATORE DI GRAN BRETAGNA A ROMA, PERTH

NoTA 3514. Roma, 16 aprile 1938.

Nel corso delle nostre recenti conversazioni Vostra Eccellenza ha menzionato la questione dell'ammontare delle forze italiane in Libia.

Ho l'onore di informare Vostra Eccellenza che il Capo del Governo ha disposto una diminuzione di tali forze. I ritiri sono già incominciati in ragione di 1000 uomini alla settimana e saranno continuati in ragione non inferiore a tale cifra finché gli effettivi italiani in Libia raggiungeranno il piede di pace. Ciò che rappresenterà in definitiva una diminuzione degli effettivi in Libia di non meno della metà delle forze esistenti al momento dell'inizio delle conversazioni 11 •

E.

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, ALL'AMBASCIATORE DI GRAN BRETAGNA A ROMA, PERTH

NOTA 3515. Roma, 16 aprile 1938.

Vostra Eccellenza ricorderà che nel corso delle nostre recenti conversazioni io detti a Vostra Eccellenza alcune assicurazioni relative alla politica del Governo Italiano in connessione con la Spagna. Desidero ora di confermare queste assicurazioni e darne formalmente atto.

In primo luogo, il Governo Italiano ha l'onore di confermare la sua piena adesione alla formula del Governo del Regno Unito per l'evacuazione proporzionale dei volontari stranieri dalla Spagna, e si impegna a dare pratica e reale esecuzione a tale evacuazione nel momento e alle condizioni che saranno determinate dal Comitato di non intervento sulla base della formula suddetta.

In secondo luogo, desidero confermare che, se tale evacuazione non è stata completata al momento in cui avrà termine la guerra civile in Spagna, tutti i restanti volontari italiani lasceranno immediatamente il territorio spagnolo e tutto il materiale da guerra italiano sarà ritirato contemporaneamente.

In terzo luogo, desidero ripetere la mia precedente assicurazione che il Governo italiano non ha alcuna mira territoriale o politica, e non cerca alcuna posizione economica privilegiata, nella Spagna metropolitana, nelle Isole Baleari, in alcuno dei possedimenti spagnoli d'oltre mare, o nella zona spagnola del Marocco, o nei riguardi dei suddetti territori, e che non ha alcuna intenzione di mantenere qualsiasi forza armata in alcuno dei territori suddetti.

F.

L'AMBASCIATORE DI GRAN BRETAGNA A ROMA, PERTH, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

NOTA 131. Roma, 16 aprile 1938.

In reply to Your Excellency's Note No. 3515 oftoday's date, I have the honour to take note of the reaffirmation contained therein of the assurances which Y our Excellency has already given me, during the course of our recent conversations, regarding the policy of the ltalian Government in connexion with Spain. His Majesty's Governement in the United Kingdom, to whom I shall not fai! to transmit this communication, will, I feel sure, be gratified at its contents. In this connexion I hardly need to remind Y our Excellency that His Majesty's Government regard a settlement of the Spanish question as a prerequisite of the entry into force of the Agreement between our two Governments.

I have further the honour to inform Your Excellency that His Majesty's Government, being desirous that such obstacles as may at present be held to impede the freedom of member States as regards recognition of Italian sovereignty over Ethiopia should be removed, intend to take steps at the forthcoming meeting of the Council of the League of Nations for the purpose of clarifying the situation of member States in this regard.

G.

IL MINISTRO DEGLI ESTERL CIANO, ALL'AMBASCIATORE DJ GRAN BRETAGNA A ROMA, PERTH

NOTA 3516. Roma, 16 aprile 1938.

Ho l'onore di informare Vostra Eccellenza che il Governo Italiano ha deciso di aderire al Trattato Navale firmato a Londra il 25 marzo 1936 12 , in conformità alla procedura stabilita all'art. 31 del predetto Trattato.

Tale adesione avrà luogo non appena gli atti allegati al Protocollo firmato oggi entreranno in vigore.

Nel portare a conoscenza di Vostra Eccellenza quando precede, desidero aggiungere che il Governo Italiano si propone nel frattempo di conformarsi alle disposizioni del Trattato predetto 11 •

493 11 Con nota 114 in pari data, l'ambasciatore di Gran Bretagna accusava ricevuta di questa comuni cazione che avrebbe portato a conoscenza del suo governo.

H. PALESTINA (ASSICURAZIONI VERBALI)

Roma, 16 aprile 1938.

La questione della Palestina è stata discussa fra il Ministro italiano degli Affari Esteri e l'Ambasciatore di Sua Maestà a Roma nel corso delle loro recenti conversazioni.

Come risultato il Ministro degli Affari Esteri italiano ha assicurato verbalmente l'Ambasciatore di Sua Maestà che il Governo Italiano si asterrà dal creare difficoltà

o imbarazzi al Governo di Sua Maestà Britannica nell'amministrazione della Palestina.

L'Ambasciatore di Sua Maestà ha assicurato verbalmente il Ministro italiano per gli Affari Esteri che il Governo di Sua Maestà da parte sua intende preservare e proteggere i legittimi interessi italiani in quel territorio.

Il Ministro italiano per gli Affari Esteri e l'Ambasciatore di Sua Maestà hanno, inoltre, convenuto che tali assicurazioni possono esser rese di pubblica ragione.

492 4 Il documento ha il visto di Mussolini.

493 1 Vedi D. 273, nota 7.

493 1 Accordo e protocollo tra Gran Bretagna e Paesi Bassi del 19 giugno 1926 relativo al controllo sanitario da esercitare nell'isola di Camaran sui pellegrini della Mecca (testo in MARTENS, vol. XVIII. pp. 556-568).

493 11 Con nota n. 112 in pari data, l'ambasciatore di Gran Bretagna accusava ricevuta di questa informazione che avrebbe portato a conoscenza del suo governo.

493 12 Vedi D. 273, nota 4.

494

ACCORDO DI BUON VICINATO TRA ITALIA, GRAN BRETAGNA ED EGITTO

Il Governo Italiano da una parte, e dall'altra il Governo del Regno Unito di Gran Bretagna e dell'Irlanda del Nord per il Kenya e la Somalia Britannica, ed il Governo del Regno Unito e il Governo Egiziano per il Sudan;

desiderosi di assicurare relazioni amichevoli nell'Africa Orientale;

si impegnano, oltre che a procedere a tempo debito alla discussione delle questioni particolareggiate connesse con le frontiere fra l'Africa Orientale Italiana ed il Sudan, il Kenya e la Somalia Britannica, come stabilito nel Protocollo firmato in data odierna dal Governo Italiano e dal Governo del Regno Unito, a cooperare in ogni tempo al mantenimento di relazioni di buon vicinato tra i detti territori e di cercare con ogni mezzo in loro potere di impedire che vengano effettuate incursioni od altri atti illegali di violenza attraverso le frontiere di ognuno dei suddetti territori;

convengono che, tenuto conto che, in virtù del Decreto italiano del 12 aprile 1936, la schiavitù fu abolita in Etiopia, così come essa era già stata abolita negli altri territori sopra menzionati, nelle relazioni di buon vicinato di cui al paragrafo precedente rientrerà la cooperazione necessaria ad impedire l'evasione delle leggi antischiaviste dei rispettivi territori;

convengono che i cittadini, sudditi e protetti dell'altra Parte non saranno arruolati nelle truppe, bande o formazioni a tipo militare di colore dei territori anzidetti, compresi in particolare i cittadini, sudditi o protetti che siano disertori delle truppe, bande o formazioni dei territori dell'altra Parte o rifugiati provenienti da detti territori.

In fede di che, i sottoscritti, debitamente autorizzati dai loro rispettivi Governi, hanno firmato il presente Accordo.

Fatto in Roma, in triplice esemplare, il 16 aprile 1938, in lingua italiana e inglese, ciascuna delle quali farà ugualmente fede 1 .

CIANO PERTH MOSTAFA EL SADEK

495

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, ALLE PRINCIPALI RAPPRESENTANZE DIPLOMATICHE E AL CONSOLATO GENERALE A GINEVRA

T. 366jc. R. Roma, 16 aprile 1938, ore 18,30.

Con telegramma Stefani le mando un larghissimo riassunto degli Accordi italo-britannici. Faccio seguire alcune osservazioni per sua informazione e norma di linguaggio e per quell'ulteriore uso che le circostanze le faranno apparire utile in codesti ambienti politici diplomatici e giornalistici.

Accordo regola tutte le questioni aperte fra la Gran Bretagna e l'Italia nel Mediterraneo, nel Mar Rosso e nell'A.O. Esso lascia intatte direttive fondamentali della politica italiana.

Asse Roma-Berlino resta immutato e caposaldo di detta politica. Il regolamento delle questioni italo-inglesi è avvenuto con spirito di reciproca comprensione e con desiderio di porre le relazioni fra l'Italia e la Gran Bretagna su una base stabile e duratura. L'accordo prepara quindi la via alla ripresa dell'antica amicizia fra i due Paesi; e poiché questo avviene senza abbandonare le antiche amicizie, anzi col loro pieno rispetto, l'accordo rappresenta un fattore sicuro ed importantissimo della pacificazione e della sicurezza generale.

L'Italia durante queste trattative ha tenuto particolarmente presenti gli interessi del mondo arabo. Essa si è preoccupata perché dall'accordo uscissero rafforzate l'integrità e l'indipendenza dell'Arabia Saudita e dello Yemen, ed a tale scopo ha assunto insieme all'Inghilterra un preciso impegno pel rispetto appunto di tale integrità e di tale indipendenza.

Sarebbe completamente fuori luogo di fare un bilancio di quello che dànno

o ricevono rispettivamente l'Italia e l'Inghilterra. L'Accordo non è stato negoziato con lo spirito di mercanteggiare questa o quella concessione. A tutte le stipulazioni ha presieduto la volontà di giungere ad un chiarimento ed al ristabilimento della reciproca fiducia nell'interesse dei due Stati ed in quello generale. E questo scopo i due governi ritengono di avere pienamente raggiunto.

L'entrata in vigore dell'Accordo non è fissata. È stabilito che essa sarà successivamente fissata di comune accordo fra i due governi. È inteso che il ritiro dei volontari dalla Spagna avverrà secondo le deliberazioni del Comitato di non Intervento o anche indipendentemente da questo se la guerra spagnola termini prima. Tale ritiro da un lato, e il riconoscimento dell'Impero da parte inglese dall'altro,

costituiscono i presupposti dell'entrata in vigore dell'Accordo; e nelle circostanze quali sono determinate dal nuovo clima creato con la firma degli Accordi italo-inglesi e dalla sicura marcia degli avvenimenti in Spagna, i due presupposti non costituiscono ormai che una questione di tempo, e tutto fa ritenere di tempo non lungo.

494 1 Con note n. 3517 e n. 3518 in pari data, Ciano dava comunicazione al ministro di Egitto delle note da lui scambiate con lord Perth circa il Canale di Suez ed il Lago Tana (allegati n. 8 e 5 del protocollo itala-britannico, D. 493/A). Il ministro di Egitto ne prendeva atto con sue note n. 35 e 37 dello stesso giorno. Identico scambio di note aveva luogo con l'ambasciatore di Gran Bretagna (testo in Trattati e Conven:::ioni, vol. LIII, pp. 64-73).

496

L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, PRUNAS, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. URGENTE 2187/78 R. Parigi, 16 aprile 1938, ore 21,40 (per. ore 22,30).

Massigli mi ha convocato stamane per darmi comunicazione delle istruzioni trasmesse a Blondel.

Proposta d'aprire discussioni per tramite vie diplomatiche normali è stata concretata iersera fra Presidente del Consiglio, Daladier, e ministro Affari Esteri, Bonnet. Alla proposta è stata data immediata esecuzione, anche per sfuggire pressione negativa esercitata in questi ultimi giorni da ambienti di sinistra e sopratutto da Herriot.

497

IL MINISTRO A BUDAPEST, VINCI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 2200/056 R. Budapest, 16 aprile 1938 (per. il 18).

Il barone Villani che è stato a Budapest per tre giorni si è espresso con questo ministro degli Affari Esteri analogamente a quanto già gli aveva dichiarato il R. incaricato d'affari ed io stesso (mio telegramma per corriere n. 031 del 26 marzo u.s.); 1 egli ha confermato l'intenzione dell'E.V. di riaffermare e rinsaldare gli attuali rapporti di amicizia fra i due Paesi, anche dando loro una nuova forma concreta.

Il direttore generale degli Affari Politici mi ha detto che, avendo V.E. incaricato Villani di dire a Kànya che lasciava al governo ungherese di fare eventuali proposte al riguardo, si era in procinto di studiarle per farle poi conoscere all'E.V.

498

IL CAPO DI GABINETTO, DE PEPPO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

APPUNTO. Roma, 16 aprile 1938.

L'incaricato d'affari di Romania, signor Constantinide, mi ha pregato di sottoporre a V.E. la seguente comunicazione verbale: «Il Ministro degli Affari Esteri di Romania ha notato con grandissima soddisfazione e gioia le espressioni di amicizia che S.E. Ciano ha avuto per la Romania

in occasione della conversazione con l'Incaricato d'Affari romeno del 12 aprile corrente 1 , sentimenti che corrispondono esattamente a quelli espressi dal signor Comnen verso l'Italia nelle sue recenti dichiarazioni alla stampa 2 . Il signor Comnen ha ritenuto quello che il conte Ciano gli ha fatto dire a proposito dell'Ungheria e coglie l'occasione per far sapere a S.E. Ciano che già tre settimane fa ha fatto al Ministro di Ungheria a Bucarest delle proposte precise e, per quanto egli crede, anche molto ragionevoli, concernenti la questione del riarmo ungherese e il trattamento delle minoranze ungheresi in Romania. Finora non ha ricevuto risposta. Siccome le trattative riprenderanno mercoledì prossimo, il signor Comnen sarebbe grato al conte Ciano se volesse interporre i suoi buoni uffici presso l'Ungheria per indurla a giungere con la Romania ad una regolamentazione delle questioni pendenti, soddisfacente per ambo le parti».

Fin qui la comunicazione verbale. Il signor Constantinide ha poi aggiunto di avere avuto istruzioni di attirare in via confidenziale l'attenzione dell'E.V. sulla presente domanda di mediazione' che è da considerarsi come un punto di partenza di tutta una nuova politica fra la Romania e l'Italia, politica la cui grande importanza non può sfuggire all'E.V.

Il signor Constantinide desidererebbe una risposta da comunicare al suo Ministro con possibile urgenza.

497 1 Vedi D. 403.

499

L'AMBASCIATA DI FRANCIA A ROMA AL MINISTERO DEGLI ESTERI

PROMEMORIA 1 . Roma, 16 aprile 1938.

Le Gouvernement français a toujours envisagé avec faveur le principe de la négociation anglo-italienne et il a, depuis son ouverture, constamment souhaité son succès. Il aurait désiré qu'elle pùt prendre un caractère tripartite en ce qui concerne

498 2 Testo in Relazioni Internazionali, p. 311. 498 1 La parola mediazione è stata sottolineata più volte da Ciano. 499 1 La nota fu consegnata il 16 aprile a Ciano dall'incaricato d'affari francese, Bionde!. Sul colloquio non si è trovata documentazione ma si veda il resoconto di Blande! (in DDF, vol. IX, D. 194) secondo il quale Ciano, dopo aver riservato a Mussolini ogni decisione, si espresse a titolo personale in modo positivo circa lo sviluppo delle trattative, sostenendo che tra Italia e Francia l'unico vero problema era quello spagnolo. Si veda in proposito anche l'annotazione contenuta nel Diario di Ciano, alla data corrispondente. Dal Diario risulta che lo stesso giorno Mussolini decise di dare risposta favorevole alla nota francese.

Ciano ebbe un secondo colloquio con Blande! il 19 aprile. Su di esso non è stato pubblicato niente nella raccolta francese, mentre il Diario di Ciano contiene la seguente annotazione: «Ho comunicato a Bionde! che noi possiamo cominciare le conversazioni: da parte nostra nessun soggetto speciale di discussione, tranne il riconoscimento dell'Impero. Attendiamo quindi di conoscere l'agenda francese per fare eventuali osservazioni e proposte. In via personale ho detto a Blondel che la stampa francese si astenga dal dire che tutto quanto è avvenuto c avviene ha lo scopo di indebolire l'Asse: ciò è falso ed ha l'unico risultato di irrigidire la nostra posizione. Anche il Duce si preoccupa delle reazioni in Germania e non vuole che i pourparlers con la Francia si concludano prima della venuta di Hitler. Sarà facile fare un po' di ostruzionismo e il prossimo viaggio in Albania. un po' prolungato, servirà bene allo scopo».

!es questions qui intéressaient également !es trois Gouvernements. Le Gouvernement italien n'a pas cru pouvoir s'engager dans cette voie et il n'a pas jugé possible, d'autre part, d'insérer dans l'arrangement en préparation, comme le Gouvernement britannique en avait exprimé le désir d'accord avec le Gouvernement français, certaines dispositions relatives aux questions qui intéressaient spécialement la France. Les négociateurs italiens ont, à ce propos, marqué leur préférence pour une négociation franco-italienne directe.

Cette négociation qui, pour des raisons pratiques, ne pouvait avoir lieu avant la conclusion des pourparlers anglo-italiens, devient possible aujourd'hui. Le Gouvernement français souhaiterait très vivement, notamment en liaison avec la réunion très prochaine du Conseil de la S.d.N., que cette négociation pùt s'ouvrir le plus tòt possible et il est clone, en ce qui le concerne, disposé à l'entamer à très bref délai soit à Paris, soit à Rome.

Au cas où le Gouvernement italien porterait son choix sur Rome, le Gouvernement français serait prèt dès maintenant à donner à cet effet toutes instructions et tous pouvoirs à son représentant diplomatique à Rome en mème temps qu'à lui assurer tous !es concours techniques nécessaires.

Le Gouvernement français tient à témoigner encore, en formulant cette proposition, son sincère désir de faciliter entre !es deux pays tout règlement pouvant améliorer d'une façon générale !es conditions psychologiques d'une franche et cordiale collaboration et de hater notamment, pour la France, la possibilité d'accréditer officiellement à Rome un Ambassadeur. Le Gouvernement français ne doute pas que si le Gouvernement italien est lui-mème à l'heure actuelle inspiré du mème désir d'entente !es questions qui ont affecté !es relations entre !es deux pays ne puissent ètre promptement élucidées dans leur intérèt commun.

498 1 Di tale colloquio non è stata trovata documentazione.

500

L'AMBASCIATORE A BUENOS AIRES, GUARIGLIA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. 2402/1140. Buenos Aires, 16 aprile 1938 (per. il 3 giugno).

In occasione del plebiscito di recente indetto dal governo tedesco per l'annessione dell'Austria al Reich, è stata qui sferrata una nuova campagna di inaudita violenza da parte, sia della stampa locale, sia di varie organizzazioni operaie e studentesche.

Si è fatto carico ai nazional-socialisti di indire e svolgere pubblicamente una votazione che rappresentava un'aperta offesa ai sentimenti popolari, nonché alla dignità e sovranità della Nazione argentina.

Inoltre si è rimproverato ai tedeschi di realizzare il plebiscito nell'interno stesso della Repubblica e nei locali più diversi (la maggior parte dei quali non compresi neppure fra quelli ammessi a godere, per ragioni di destinazione, del privilegio dell'extraterritorialità) e ciò a differenza di quanto è stato operato in altri Paesi, nei quali il plebiscito stesso si è svolto a bordo di una nave ancorata fuori delle acque giurisdizionali.

Intorno a questo episodio -che è stato, al solito, gonfiato a dismisura e presentato al pubblico ignaro come un fatto di enorme importanza -sono fiorite le consuete declamazioni ed invettive contro l'irrequieta ed invadente politica fascista e nazional-socialista.

Parole particolarmente gravi sono state scrittè dai più autorevoli rotativi, nei quali si sono potute leggere frasi come queste: «Gli uomini a cui non piaccia il regime del nostro Paese hanno dinnanzi a loro una via, quella del ritorno col mare aperto e le frontiere chiuse alla loro patria, ove potranno respirare quel clima che considerano ideale per le loro rispettive ideologie» (La Razon).

«Coloro che sentono l'effluvio della Patria lontana e che pieni di ricordi melanconici, sognino con nostalgia di vivere sotto il suo rigore, hanno la porta spalancata per ripercorrere il cammino che qui li addusse» (El Mundo).

«Abbiamo bisogno di veri colonizzatori, gente di lavoro come l'immigrante di ieri e non di stranieri decisi a rimanere tali nel cordiale ambiente della famiglia argentina» (Noticias Graficas).

«Gli abitanti della Repubblica argentina, qualunque sia la loro origine, formano parte integrante del popolo di questa nazione e non hanno altri doveri se non quelli che derivano loro dalle leggi e convenzioni argentine» (La Prensa).

Di fronte a tanta tempesta, l'ambasciata tedesca accreditata presso questo governo, ha diramato ai giornali un comunicato ufficiale inteso a precisare:

-che nessun plebiscito è stato indetto tra i tedeschi e gli austriaci residenti in Argentina non essendosi potuto avere a disposizione, in alto mare, un piroscafo di bandiera germanica:

-che le liste esposte presso le Società austro-tedesche esistenti nella Repubblica avevano soltanto un valore simbolico, essendo dirette a raccogliere la firma di quanti desideravano esprimere la propria simpatia e la propria adesione spirituale ai grandiosi, recenti avvenimenti storici. In pari tempo, i dirigenti dell'Associazione germano-austriaca di Buenos Aires, richiedevano al governo l'autorizzazione a convocare per il giorno IO aprile al Luna Park le collettività tedesca ed austriaca, allo scopo di celebrare l'avvenuta unità della loro patria.

In seguito a ciò, la stampa unanime ha esortato il potere esecutivo a negare la richiesta autorizzazione, mentre le avanguardie giovanili socialiste, i giovani operai socialisti, e la Federazione Universitaria Argentina, organizzavano un grande comizio pubblico ai piedi del monumento al generale San Martin ed un gruppo di dirigenti politici presentava al giudice federale dottor Jantus una denuncia contro i membri dell'Associazione germano-austriaca per infrazione all'art. 219 del codice penale, per avere organizzato il plebiscito e l'assemblea nel Luna Park.

Il governo però senza far caso alle proteste dei quotidiani, autorizzava l'adunata tedesca e proibiva invece il comizio pubblico, adducendo il pretesto dell'eccessiva vicinanza dei due punti di riunione: permetteva però che dieci studenti (e non più) deponessero un'offerta floreale sul monumento eretto al liberatore.

In pari tempo il procuratore fiscale dottor Poccard respingeva la denuncia presentata contro i dirigenti tedeschi, sia perché i fatti indicati non potevano rientrare nell'invocato articolo 219 del codice penale, sia perché essi dovevano essere lasciati esclusivamente all'apprezzamento ed al controllo del potere esecutivo, secondo le facoltà che gli concede in proposito la Costituzione argentina.

L'adunata al Luna Park è riuscita oltremodo grandiosa e vibrante. La cerimonia si è iniziata con un discorso dell'incaricato d'affari di Germania dottor Maynen. Quindi, dopo l'esecuzione dell'inno argentino cantato ed applaudito da tutti i presenti, ha preso la parola un rappresentante della collettività austro-tedesca a cui ha fatto seguito l'ex incaricato d'affari austriaco in Argentina dottor Staudt. Dopo il canto degli inni della rivoluzione nazional-socialista ha pronunciato un elevato e vigoroso discorso il rappresentante delle organizzazioni dottor Ott, le cui parole sono state salutate dall'inno nazionale tedesco. Dopo ciò la cerimonia si è chiusa.

Durante i discorsi, i vari oratori hanno fatto -tra deliranti acclamazioni ripetuti accenni all'Italia fascista, al Duce, di cui hanno esaltato l'alto genio politico e all'asse Roma-Berlino.

Il contegno dei convenuti è stato prima, durante e dopo l'adunata correttissimo ed improntato ad una schietta volontà di collaborazione con gli agenti dell'ordine, in modo da non urtare possibili suscettibilità, anche se esagerate.

Mentre si svolgeva la grande manifestazione nazional-socialista, avvenivano in varie strade e piazze del centro della città, violenti tafferugli e gravi incidenti, il cui bilancio segna due morti ed un rilevante numero di feriti, contusi ed arrestati. I fatti più gravi sono rappresentati dalla distruzione di alcune bandiere del Reich, nonché dalla vandalica rottura a colpi di sasso dei vetri e cristalli dell' Instituto Cultura! Argentino Germanico nonché di alcune banche e negozi tedeschi.

Tutta questa indegna gazzarra di piazza e di stampa, ha avuto ieri il suo epilogo nel seguente comunicato ufficiale del ministero degli Esteri e Culto:

«Il signor incaricato d'affari della Germania, dott. Maynen, ha visitato ieri il Cancelliere interinale signor Manuel Alvarado, riferendosi ai noti avvenimenti di domenica scorsa in questa Capitale.

Il ministro Alvarado espresse all'incaricato d'affari germanico il rincrescimento del governo argentino per i fatti isolati accaduti in questa capitale in quel giorno e nei quali fu offesa da alcuni gruppi di esaltati la bandiera tedesca, aggiungendo che le Autorità sono intervenute convenientemente.

Il ministro del Potere Esecutivo dichiarò quindi al rappresentante germanico che, come è naturale, tali fatti sono completamente estranei ai sentimenti del governo argentino, che si è occupato di prevenirE nella misura del possibile, ma che in nessun modo possono ledere le cordialissime relazioni di amicizia che vincolano i due Paesi. Aggiunse che è inutile dire che il governo locale deplora che l'offuscamento politico di certa stampa spinga a svolgere una compagna che offende la nazionalità germanica senza tenere in conto le cordiali relazioni esistenti fra i due popoli.

A sua volta il signor incaricato d'affari della Germania ha ringraziato vivamente per le manifestazioni del signor ministro Alvarado, come pure per le misure e le disposizioni adottate opportunamente dal governo argentino che permisero la realizzazione tranquilla nel Luna Park dell'atto celebrato in omaggio alla Germania».

Tale comunicato ha sollevato naturalmente da parte di taluno dei quotidiani maggiori una raffica di proteste. Esse però non possono annullare, né comunque togliere valore al fatto che il governo argentino è stato costretto a deplorare pubblicamente ed in termini chiari e perentori, tutto l'accaduto dando così piena e completa soddisfazione ai rappresentanti ufficiali del Reich ed ai componenti di questa operosa collettività tedesca ingiustamente accusati, diffamati ed offesi.

501

L'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, MAGISTRATI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

LETTERA PERSONALE. Berlino, 16 aprile 1938 (per. il 18).

Con mio telegramma odierno 1 ti ho confermato di aver consegnato al Segretario di Stato von Weizsacker, il quale, nell'assenza di von Ribbentrop, partito da Berlino per le Ferie di Pasqua, regge la Wilhelmstrasse, il testo degli Accordi italo-inglesi che verranno da Te e da Lord Perth firmati questa sera a Roma. Tali testi mi erano giunti con il corriere aereo di ieri.

Il Barone von Weizsacker, nell'accusare ricevuta dei documenti, mi ha pregato di farti pervenire i più vivi ringraziamenti e di farti conoscere come il Governo del Reich sia molto soddisfatto di veder raggiunto un accordo tra i due grandi Paesi europei, accordo che «farà molto bene» all'Europa intera. Cosa che ti ho già telegrafato ufficialmente.

Con von Weizsacker si è venuto in seguito alla lettura completa dei testi, per vedere quali fossero i punti di maggiore interesse, anche per la Germania. Riassumo qui appresso le impressioni ed i commenti principali del mio interlocutore:

l) Circa la dichiarazione relativa alla «propaganda» egli mi ha detto di aver ritenuto fino ad oggi che un tale campo sarebbe stato limitato ai Paesi arabi. Egli vede invece che la questione riguarda tutto il terreno della propaganda tra Italia e Inghilterra. La cosa lo interessa vivamente.

2) Importanza particolare egli annette allo scambio di note relative al ritiro dei Volontari dalla Spagna ed ai «passi» inglesi a Ginevra intesi a facilitare il riconoscimento dell'Impero italiano da parte degli Stati membri della Società delle Nazioni. Gli è riuscita nuova la circostanza del ritiro del «materiale» oltreché dei volontari. Quanto al riconoscimento dell'Impero mi ha chiesto, aggiungendo che si trattava di domanda puramente ipotetica, cosa avverrebbe praticamente, nei riguardi dell'Accordo italo-inglese, qualora a Ginevra, a causa di difficoltà formalistiche, l'Inghilterra non ottenesse il suo scopo 2 . Gli ho risposto che evidentemente Londra, allorché si era decisa a compiere presso l'Istituto ginevrino un così importante e significativo passo, sapeva bene dove avrebbe messo le mani e quale sarebbe stata la via migliore.

Sempre sulla Spagna, von Weizsacker è ritornato sull'argomento, già da me indicatoti con altra mia lettera precedente del 26 marzo u.s. 3 , circa l'interpretazione da dare alla dichiarazione italiana di non «avere alcuna mira territoriale, politica e nessuna situazione economica di privilegio» nei confronti della Spagna stessa e dei territori spagnoli. Mi ha ripetuto, in proposito, come praticamente la dichiarazione stessa dovrebbe entrare in contrasto con l'Accordo, mantenuto segreto, tra l'Italia e il Governo di Franco, stipulato alla fine del 19364 , secondo il quale l'Italia,

501 2 Nota del documento autografa di Magistrati: «c ha accennato a eventuali difficoltà procedurali suscitate dalla Russia».

501 Vedi D. 407. 501 4 Vedi D. 407, nota 3.

584 particolarmente circa l'uso dei porti, dei campi d'aviazione, etc., avrebbe delle situazioni «di privilegio» non solamente nel campo economico. Quanto al significato della parola «politico» egli mi ha chiesto se, ad esempio, una eventuale nuova ondata bolscevica in Spagna non avrebbe più trovato, a norma dell'odierno Trattato italo-inglese, una rinnovata reazione italiana. Gli ho risposto che evidentemente una tale restrizione non esisteva e che, proprio nel campo della reazione antibolscevica, i volontari italiani caduti in battaglia in Spagna non sarebbero certamente morti invano, anche nei confronti dell'avvenire.

Queste sono le osservazioni che vorrei definire un po' «negative» di von Weizsiicker. Aggiungo, per la verità che tutta la conversazione è stata molto cordiale ed il mio interlocutore ha continuato più volte ad esprimere la soddisfazione tedesca per il raggiungimento dell' Accordo 5 che, anche nei confronti dell'Asse, avrà ottimi effetti, particolarmente nei Figuardi della Francia. A tale proposito, ed in tema di amicizia franco-tedesca, gli ho dato lettura del bellissimo brindisi che il Duce pronuncerà a Palazzo Venezia in onore del Flihrer 6 , brindisi che ha suscitato, da parte del mio interlocutore, espressioni di viva ammirazione e profondo consenso 7•

501 1 T. 2184/145 R. del 16 aprile. non pubblicato.

502

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, ALL'AMBASCIATORE A TOKIO, AURITI

T. 369/149 R. Roma, 17 aprile 1938, ore 2,30.

Mi riferisco al mio telegramma circolare n. 366 1 .

V.E. -vorrà aver cura di mettere bene in evidenza, per quanto riguarda particolarmente codesto Paese, che l'accordo con l'Inghilterra non significa mutamenti di sorta nella politica italiana. - V.E. -potrà esprimersi in tal senso con codesto ministero degli Esteri a mio nome, così come io mi sono oggi espresso con Hotta 2 .

50 l 5 A questo proposito lo stesso Magistrati aveva riferito poco prima notizie di fonte fiduciaria assai diverse: «Nei circoli dirigenti più elevati l'opinione in merito al riavvicinamento itala-britannico è divisa. Alla Wilhelmstrasse si osserva una certa Schadcnfreudc. Viceversa l'Ufficio Politica Estera del Partito e gli ambienti della Propaganda, senza farlo vedere, sono intimamente furenti. Già si prevede un rapido riavvicinamento tra Parigi e Roma. È vero che tanto Daladier quanto Bonnet sono sostenitori di un'intesa anche con Berlino, ma sembra palese che un tale riavvicinamento che si compirebbe in presenza del fronte Londra-Parigi-Roma, sarebbe molto diverso da quello che si desidererebbe» (telespresso 2471/749 del 14 aprile). L'effettiva valutazione data dalla Wilhelmstrasse dell'accordo itala-britannico e delle sue ripercussioni è indicata nel promemoria del 27 aprile pubblicato in DDT, vol. I, D. 755. 501 6 Testo in MussoLJNI, Opera Omnia, vol. XXIX, pp. 94-96. 501 -Posi scriptum autografo di Magistrati: «Ripeto, in riassunto, che nella questione dell'Accordo italo-inglese stampa e uomini responsabili tedeschi si sono portati bene». 502 1 Vedi D. 495. 502 2 L'ambasciatore Auriti rispondeva, con T. 2247/290 R. del 20 aprile, di avere fatto la comunicazione a Hirota che aveva «ascoltato con evidente compiacimento» ed aveva «ribadito la necessità di mantenere uno stretto accordo tra Italia, Giappone e Germania».

503

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, AL MINISTRO A GEDDA, SILLITTI

T. 370/39 R. 1 Roma, 17 aprile 1938, ore 2,30.

Oggi viene firmato accordo italo-britannico.

Si ponga in contatto al più presto possibile con codesto governo, e gli chiarisca, quale prova dell'amicizia italo-saudiana, contenuto e portata di detto Accordo per quanto può interessare Saudia, ad evitare eventuali errate interpretazioni quali potrebbero venir messe in circolazione da elementi interessati o insufficientemente

o male informati.

V.S. vorrà assicurare codesto governo che durante trattative con Gran Bretagna sono state da parte nostra costantemente tenuti presenti soprattutto interessi codesto Paese; è stata perciò nostra cura particolare non solo di evitare qualunque lesione di tali interessi, ma anche di ottenere da parte britannica le più formali assicurazioni circa il rispetto degli interessi saudiani. Stesse assicurazioni abbiamo naturalmente dato anche noi.

Nell'Accordo è quindi sancito l'impegno, tanto dell'Italia quanto della Gran Bretagna, a non intraprendere alcuna azione che possa in qualsiasi modo compromettere l'indipendenza o l'integrità della Saudia, e a non cercare in Saudia privilegi di carattere politico. Inoltre l'Italia e l'Inghilterra mentre dichiarano nell'Accordo che è loro interesse che vi sia pace fra i due Stati arabi del Mar Rosso, si impegnano a non intervenire in alcun conflitto che dovesse malauguratamente verificarsi fra i detti Stati arabi o nei loro territori.

Identico impegno viene assunto anche nei riguardi dello Y emen.

Per quanto riguarda l'Arabia Meridionale è stata nostra cura evitare di recare pregiudizio alla Saudia, in considerazione del fatto che i confini meridionali ed orientali della Saudia non sono ancora determinati, ed è stato quindi convenuto con la Gran Bretagna che il regolamento di tali confini dovrà risultare da appositi accordi fra Saudia e Gran Bretagna: è prevista l'eventualità che in occasione di tali accordi la Saudia possa acquistare nuovi territori. Inoltre la Gran Bretagna si è impegnata a rispettare l'autonomia dei capi arabi che sono sotto il suo protettorato nell'Arabia Meridionale.

Da parte nostra, dichiariamo nell'Accordo che non abbiamo intenzione di acquistare influenza politica nell'Arabia Meridionale. Riteniamo che tale dichiarazione sarà accolta favorevolmente negli ambienti islamici e da codesto governo, come prova dell'atteggiamento disinteressato dell'Italia.

Circa le isole del Mar Rosso è da rilevare che, mentre nell'Accordo segreto itala-britannico del 1927 la posizione delle isole Farasan era parificata a quella dell'isola di Camaran, nel nuovo Accordo, che riconferma la riserva di sovranità per Camaran e altre isole del Mar Rosso, le isole Farasan non sono menzionate in quanto considerate di sovranità saudiana.

Per quanto si riferisce alla Palestina, questione che interessa tutto il mondo islamico e la cui importanza è pienamente da noi apprezzata, gli inglesi nel corso dei negoziati si sono espressi nel senso che, nell'attesa dei risultati dei lavori della nuova commissione di inchiesta che sarà colà inviata, il governo britannico non (dico non) può ancora dare assicurazione circa quella che sarà la sua futura politica nei riguardi della Palestina. Ci siamo quindi limitati ad assicurare verbalmente il governo inglese che non è nelle nostre intenzioni di creargli difficoltà od imbarazzi nell'amministrazione della Palestina; il che, come noto a codesto governo, risponde esattamente all'atteggiamento da noi tenuto nella questione palestinese, atteggiamento che, a parte la necessità di tutelare alcuni nostri interessi specifici in Palestina, si è sempre ispirato e continuerà ad ispirarsi-per quel che ci riguarda-al rispetto dei diritti delle popolazioni locali.

Il governo inglese si è riservato di rendere pubblica tale assicurazione verbale, che non sarà perciò resa per ora pubblica insieme con gli altri documenti, e che pertanto codesto governo dovrà considerare in ogni caso attualmente come strettamente confidenziale.

V.S. è autorizzata a dichiarare a mio nome a codesto governo che nulla è mutato nell'atteggiamento e nei sentimenti dell'Italia verso la Saudia; quale esso risulta dai rapporti di particolare amicizia e cordialità esistenti fra i due Stati.

Nel fare queste comunicazioni verbali (ripeto verbali) ella vorrà naturalmente tener conto della mentalità e delle esigenze proprie di codesto governo e di codesti ambienti, in modo che essi rispondano allo scopo voluto, che è quello di rassicurare codesto governo e di accrescere possibilmente la sua fiducia e i suoi sentimenti di amicizia verso l 'I tali a.

503 1 Un telegramma uguale, salvo alcune differenze di forma, fu inviato al dott. Passera a Sanaa con l'incarico di informare l'Imam (T. 368/89 R. del 17 aprile).

504

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, ALL'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, MAGISTRATI

T. 372/122 R. 1 Roma, 17 aprile 1938, ore 13,45.

Ho informato von Mackensen 2 del passo compiuto ieri, a nome del suo governo, da BlondeJ3, il quale mi ha chiesto di iniziare al più presto conversazioni per giungere alla normalizzazione dei rapporti tra l'Italia e la Francia. Dal promemoria !asciatomi da Bionde! risulta che la Francia si è decisa a compiere tale passo in seguito al rifiuto da parte nostra opposto ai numerosi tentativi fatti per trasformare in tripartite le conversazioni anglo-italiane. Su questo punto ho richiamato l'attenzione di von Mackensen. Intendo rispondere a Blondel che per parte nostra siamo disposti ad iniziare le conversazioni, le quali avranno luogo a Roma essendo

504 2 Sul colloquio non si è trovata altra documentazione negli archivi italiani. Su di esso si veda il Diario di Ciano alla data corrispondente ed il circostanziato resoconto dell'ambasciatore von Mackensen in DDT, voi. I, D. 739. 504 3 Vedi D. 499.

la Francia rappresentata dallo stesso incaricato d'affari. Noi non abbiamo alcuna speciale agenda da sottoporre ed attenderemo eventuali suggerimenti francesi. Tanto per sua notizia ed eventuale norma di linguaggio.

504 1 Minuta autografa di Ciano.

505

L'AMBASCIATORE A TOKIO, AURITI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 2196/284 R. Tokio, 17 aprile 1938, ore 19,55 (per. ore 19,30).

Con incompetente 1 iniziativa evidentemente voluta da H i rota, il capo Ufficio Europa è venuto ieri alla R. ambasciata per chiedere al consigliere qualche notizia circa contenuto e carattere accordi con Inghilterra e voci possibili accordi con la Francia. Dalle sue domande traspariva timore che accordi potessero modificare in qualche modo politica italiana verso Berlino e specialmente verso Tokio 2 . Signor Yamaji ha chiesto anche se fossero esatte notizie stampa prestito inglese all'Italia e malumore italiano verso la Germania in conseguenza annessione.

Scammacca ha risposto R. ambasciata non aveva ancora ricevuto informazioni circa accordi ma che al riguardo nessun timore poteva qui sussistere circa possibilità che tali accordi oltrepassassero quei limiti che erano stati posti dall'Italia alle sue trattative con Inghilterra e che R. ambasciatore, per le istruzioni di V.E., aveva già da qualche tempo comunicato direttamente in via strettamente confidenziale ad Hirota. Nessuna interferenza quindi con la questione Estremo Oriente e specialmente nessun mutamento nei rapporti con Tokio, come pure con Berlino.

In quanto annessione Austria, dichiarazioni e contegno Italia erano le più efficaci smentite ad ogni supposizione in proposito da parte di non disinteressati: base della politica italiana rimaneva sempre quella del triangolo.

Circa questione riavvicinamento francese ha risposto che, pur non sapendo nulla al riguardo, non si poteva escludere che con il mutamento interno avvenuto in Francia ed in seguito accordi itala-inglesi potesse aver luogo un miglioramento con l'Italia. Ma anche in tal caso, né asse Roma-Berlino, né tanto meno triangolo, avevano nulla da temere.

Circa prestito rispose nulla sapere. Yamaji si è mostrato rassicurato ed ha rinnovato assicurazione che politica giapponese era più che mai orientata verso Italia e Germania. Sono lieto ricevere telegramma di V.E. n. 369' che mi darà modo di ripetere assicurazioni direttamente al ministro Affari Esteri in nome del R. governo.

505 2 A questo proposito, l'ambasciatore Auriti aveva già fatto presente che prevedibilmente i diploma tici anglosassoni e gli elementi anglofili giapponesi avrebbero manovrato per far sorgere il sospetto che ormai il Giappone non poteva contare nemmeno sull'Italia per cui, ad evitare di restare isolato, il governo nipponico avrebbe fatto bene ad intendersi con la Gran Bretagna (T. 2150/277 R. del 14 aprile). 505 ' Vedi D. 502.

505 1 Sic.

506

IL MINISTRO DI CECOSLOVACCHIA A ROMA, CHVALKOVSKY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

LETTERA. Roma, 17 aprile 1938.

D'ordine del mio Governo ho l'onore di comunicare all'Eccellenza Vostra, che il Governo Cecoslovacco mi considera accreditato presso la Sua Maestà Re d'Italia, l'Imperatore d'Etiopia.

Mi è gradita l'occasione per porgerLe Signor Ministro, gli atti della mia più alta considerazione.

507

L'AMBASCIATORE A RIO DE JANEIRO, LOJACONO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 2222/61 R. Rio de Janeiro, 18 aprile 1938, ore 21,18 (per. ore 6,30 del 19).

Mio telegramma n. 59 1 .

Questo ministro degli Affari Esteri mi ha dichiarato che dopo colloquio nel quale io avevo richiamato attenzione del governo brasiliano sulla questione del riconoscimento dell'Impero italiano in Etiopia egli aveva considerato in maniera precisa e concreta questo problema e sottoposto al Presidente della Repubblica proposta di prendere attitudine nettamente rispondente al primo gesto antisanzionista del Brasile, nonché al sentimento del popolo brasiliano ed alla realtà di fatto di oggi. Presidente della Repubblica ha risposto stamane dichiarandosi consenziente.

In seguito decisione adottata, invia oggi istruzioni telegrafiche al suo ambasciatore a Roma affinché da questo momento in poi rivolgendosi al governo italiano diriga i suoi atti ufficiali al governo di S.M. il Re d'Italia Imperatore d'Etiopia ed allo stesso tempo mi ha annunziato che tutte le note a me dirette saranno indirizzate in forma analoga.

Ho ringraziato il ministro degli Affari Esteri e gli ho detto che prima conseguenza di questa comunicazione che egli mi autorizzava a fare a V.E. sarebbe ... 2 ... legittimo desiderio del governo fascista di rendere partecipe il popolo italiano di questo gesto di amicizia del Brasile attraverso la pubblicazione di esso nella stampa.

Ministro degli Affari Esteri mi ha risposto che R. governo può dare alla stampa i termini della presente comunicazione.

507 1 T. 2191/59 R. dell6 aprile. Riferiva di avere fatto notare al ministro degli Esteri brasiliano che in seguito alla conclusione dell'accordo italo-britannico si sarebbe aperta <<Una corsa» al riconoscimento dell'Impero italiano. Sarebbe stato desiderabile, perciò, che il Brasile, il quale a suo tempo aveva assunto un atteggiamento antisanzionista, non si fosse fatto sopravanzare nella questione dalla Gran Bretagna sanzionista. 507 2 Nota dell'Ufficio Cifra: «Due gruppi indecifrabili».

508

IL MINISTRO A .PRAGA, DE F ACENDIS, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 2266/049 R. Praga, 18 aprile 1938 (per. il 21 ).

Da una conversazione con questo incaricato d'affari di Germania ho tratto informazioni ed impressioni che di seguito riassumo.

l) Non è ancora stabilito o almeno noto in qual modo la Germania intende risolvere la questione dei tedeschi di Cecoslovacchia e perciò della Cecoslovacchia. Una cosa è certa: Hitler vuole che i tedeschi dei Sudeti si riuniscano al Reich. Per intanto si tratta e si tratterà con i cechi tentando di giungere ad una soluzione «provvisoria» se Praga avrà il buon senso di non opporvisi.

2) Della Cecoslovacchia quello che interessa alla Germania è il problema tedesco, al resto Berlino annette un'importanza molto relativa. «Il Fi.ihrer -mi affermava recisamente il signor Hencke --non vuole i cechi a nessun costo. Sette milioni di slavi nella compagine germanica costituirebbero una indesiderata causa di debolezza per il Reich. Hitler sa quale assillante elemento di disgregazione furono i cechi per l'Impero austro-ungarico».

3) La Germania non ha impegni precisi e tanto meno scritti, né con la Polonia, né con l'Ungheria a riguardo della Cecoslovacchia, pur essendovi punti di contatto nella comune azione avversa al centralismo di Praga.

4) La Germania non ha mire sulla Slovacchia. Non si oppone alle rivendicazioni magiare ma non è disposta a dare direttamente mano all'Ungheria per realizzarle.

Chiesto al signor Hencke come, secondo lui, in caso di complicazioni, potrebbe essere risolto il problema· slovacco, «con un plebiscito e cioè con l'autodecisione come i tedeschi dei Sudeti» --mi diceva l'incaricato d'affari, il quale sa benissimo che il plebiscito dei tedeschi dei Sudeti darebbe il 99 per cento per l'annessione al Reich mentre gli slovacchi sono quasi tutti ostili ad un ritorno all'Ungheria, la quale se vorrà riavere la Slovacchia dovrà riprenderla con la forza.

5) Il signor Hencke concludeva la conversazione dicendo che se i cechi comprendessero il loro vero interesse dovrebbero ad ogni costo mettersi d'accordo con la Germania per poter salvare «il resto». E ciò mi pare non sia senza significato.

509

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, ALL'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, MAGISTRATI

LETTERA PERSONALE 3635. Roma, 18 aprile 1938.

Ti prego di trovare l'opportunità di incontrarti con Goring e di esporgli a mio nome quanto adesso ti dirò. Aggiungerai che la comunicazione ha carattere del tutto personale e che sono stato indotto a farla dalla cordialità dei rapporti che mi legano al Maresciallo e dalle numerose prove di reciproca fiducia.

L'Anschluss, come era da prevedersi, ha determinato una troppo notevole inquietudine in alcuni ambienti delle minoranze allogene dell'Alto Adige. Reazione che si è manifestata fin qui a base di imprecisate affermazioni irredentistiche, di calze bianche e di falò sui monti: sfoghi alquanto inoffensivi nei loro risultati, ma nettamente indicativi di una situazione che potrebbe dar luogo ad incidenti ben più gravi. Ieri infatti, a Lasa, in seguito ad un diverbio tra un fascista ed un alloglotto, due o trecento persone radunatesi ad un segnale di tromba, hanno tentato di dare l'assalto alla Casa del Fascio ed hanno ferito alcuni camerati. La pronta decisa immancabile reazione ha ristabilito l'ordine, e l'incidente ha avuto una portata che in se stessa non merita di venir drammatizzata. Lo stesso giorno però nel comune di Silandro, Bolzano, alcuni fascisti furono fatti segno ad una fitta sassaiuola da parte di un gruppo di allogeni. I fascisti reagirono; partirono dei colpi d'arma da fuoco; due alloglotti furono feriti.

Tutto ciò è rivelatore di uno stato d'animo, causato in parte non minima da un'attività propagandistica che non può venire da noi più a lungo tollerata.

L'Alto Adige non è in capo al mondo. Ogni giorno centinaia, forse migliaia, di persone trafficano tra le zone popolate di allogeni ed i maggiori centri del Paese. Le notizie delle agitazioni, delle insofferenze, degli incidenti giungono con grande rapidità, si diffondono in ogni ambiente, e, diffondendosi, si ingrandiscono e si deformano, sono oggetto di commenti e valgono a ravvivare quello stato di disagio che la creazione improvvisa dell'Anschluss aveva innegabilmente creato in alcuni settori del Paese e che soltanto l'alta parola del Capo era valsa a dissipare.

Il Maresciallo Goring potrà obiettare che il Governo ed il Partito sono estranei a questa propaganda e che anzi, per parte loro, non si sono lasciati sfuggire occasione per ribadire il concetto «ufficiale» della santità delle comuni frontiere.

D'accordo: noi siamo pronti a darne atto. Ma a nostra volta obietteremo che non basta, quando si vuole veramente stroncare un movimento che può determinare complicazioni imprevedibili e certo gravissime, adottare un atteggiamento di spettatori passivi ed estranei. Bisogna fare di più. Occorre pubblicamente sconfessare questi tentativi sediziosi. È necessario, all'interno del Paese, far tacere gli zelatori che si affannano a tener viva una questione che invece deve venir considerata chiusa, e chiusa per sempre.

Noi, dopo l'Accordo di Belgrado 1 , abbiamo agito così: la propaganda dalmata è cessata totalmente in loco ed in Italia. Gli jugoslavi, per parte loro, hanno fatto del pari. Ed è soddisfacente rilevare come l'intesa adriatica abbia potuto in tale clima rafforzarsi e svilupparsi al di là delle previsioni ed in tempo assai breve.

Al Governo Nazista, per la sua autorità all'interno e per il prestigio di cui gode in ogni circolo tedesco, non deve riuscire difficile agire come noi e gli Jugoslavi abbiamo agito: non limitarsi cioè ad un assenteismo formale, ma far sapere senza incertezze a chi di ragione che gli interessi superiori dello Stato impongono di mettere per sempre agli atti una questione che, inconsultamente agitata, potrebbe divenire di grave pregiudizio alla Causa stessa che si sarebbe voluta servire.

Il Maresciallo Goring, con la sua acuta sensibilità, si renderà conto della situazione che si è creata e degli inconvenienti che in futuro potrebbero derivarne. Quanto egli ha detto a Renzetti nel recente colloquio 2 prova che ha una visione chiara del problema. Ma sopratutto, egli, come noi, ha sempre creduto nella singolare funzione che l'Asse Roma-Berlino gioca e forse più ancora giocherà nelle vicende politiche mondiali: egli come noi, desidera consolidarlo. Per far ciò bisogna eliminare, fin dall'inizio, ogni causa di preoccupazione. Sono certo che il Maresciallo Goring vorrà usare la Sua alta autorità nel senso migliore 3 .

509 1 Vedi D. 4, nota l.

510

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, AI MINISTRI A BAGDAD, GABBRIELLI, AL CAIRO, MAZZOLINI, E A TEHERAN, PETRUCCI

T. 374/C. R. Roma, 19 aprile 1938, ore 1,30.

Seguito telegramma circolare n. 366 1 . Circa Palestina V.S. avrà notato che nulla è detto negli Accordi italo-britannici pubblicati.

Gli inglesi nel corso dei negoziati si sono espressi circa la Palestina nel senso che, nell'attesa dei risultati dei lavori della nuova commissione d'inchiesta che sarà colà inviata, il governo britannico non (dico non) può ancora dare assicurazione circa quella che sarà la sua futura politica nei riguardi della Palestina. Ci siamo quindi limitati ad assicurare verbalmente il governo inglese che non è nelle nostre intenzioni di creargli difficoltà od imbarazzi nell'Amministrazione della Palestina; il che come noto risponde esattamente all'atteggiamento da noi tenuto nei confronti della questione palestinese, atteggiamento che, oltre necessità tutelare alcuni nostri interessi specifici in Palestina, si è sempre inspirato e continuerà ad inspirarsi -per quel che ci riguarda -al rispetto dei diritti delle popolazioni locali.

Governo inglese si è riservato rendere pubblica tale assicurazione verbale, che per noi conserva perciò carattere riservato.

Quanto precede per sua personale informazione e perché venendo diffuse notizie circa Palestina contrarie ai nostri interessi ella me le segnali affinché possa darle opportune istruzioni.

Ripeto che suddette notizie circa accordi per la Palestina sono riservate solamente alla S.V.

509 3 Sul colloquio di Magistrati con Giiring si veda il D. 523.

Circa la situazione in Alto Adige e i suoi ritlcssi sui rapporti italo-tedeschi. Ciano ebbe. il 21 aprile. due colloqui. uno con il principe d'Assia. l'altro con l'ambasciatore von Mackcnscn. Di tali colloqui non si è trovata documentazione ma su di essi si veda il resoconto dell'ambasciatore tedesco -a cui è allegato un appunto sul colloquio Ciano-Assia -in DDT. vol. l, D. 749. 510 1 Vedi D. 495.

509 2 Vedi D. 478.

511

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, ALL'AMBASCIATORE A RIO DE JANEIRO, LOJACONO

T. 379/75 R. 1 Roma, 19 aprile 1938, ore 1,30.

Suo 55 2 .

Ho fatto presente a questo ambasciatore del Brasile singolare importanza che noi attribuiamo al libero sviluppo della vita culturale e spirituale delle nostre collettività costì residenti e l'ho invitato a darne notizia al suo governo'.

512

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, ALLA LEGAZIONE A KABUL, AI CONSOLATI GENERALI AD ALGERI, BEIRUT, GERUSALEMME, RABAT, TANGERI E TUNISI E AI CONSOLATI AD ALEPPO, CASABLANCA, DAMASCO E TETUAN

T. 375/c. R. 1 Roma, 19 aprile 1938, ore 16.

Circa accordi itala-britannici firmati sabato faccio presente quanto segue:

l) L'Italia durante negoziati itala-britannici ha tenuto particolarmente presenti gli interessi del mondo arabo. Essa si è preoccupata perché dall'accordo uscissero rafforzate l'integrità e l'indipendenza dell'Arabia Saudiana e dello Yemen, ed a tale scopo ha assunto insieme all'Inghilterra un preciso impegno per rispetto appunto di tale integrità e di tale indipendenza. Quanto precede per sua opportunità norma di linguaggio.

2) Circa Palestina V.S. avrà notato che nulla è detto negli Accordi itala-britannici pubblicati.

Gli inglesi nel corso dei negoziati si sono espressi circa la Palestina nel senso che, nell'attesa dei risultati dei lavori della nuova commissione d'inchiesta che sarà colà inviata, il governo britannico non (dico non) può ancora dare assicurazioni circa quella che sarà la sua futura politica nei riguardi della Palestina. Ci siamo quindi limitati ad assicurare verbalmente il governo inglese che non è nelle nostre intenzioni di creargli difficoltà od imbarazzi nell'amministrazione della Palestina; il che come noto risponde esattamente all'atteggiamento da noi tenuto nei confronti

511 Vedi D. 483. 511 3 Sul colloquio tra Ciano e l'ambasciatore Guerra Duval del 18 aprile non si è trovata altra documentazione negli archivi ma in proposito si veda l'annotazione contenuta nel Diario di Ciano alla data corrispondente. 512 1 Il paragrafo 2 di questo telegramma fu trasmesso alle legazioni a Bagdad, Il Cairo e Teheran con il D. 510.

della questione palestinese, atteggiamento che, oltre necessità tutelare alcuni nostri interessi specifici in Palestina, si è sempre inspirato e continuerà ad inspirarsi -per quel che ci riguarda -al rispetto dei diritti delle popolazioni locali.

Governo inglese si è riservato rendere pubblica tale assicurazione verbale, che per ora conserva perciò carattere riservato.

Quanto precede per sua personale informazione e perché venendo diffuse notizie circa Palestina contrarie ai nostri interessi ella me li segnali affinché possa darle opportune istruzioni. Ripeto che suddette notizie circa accordi per la Palestina sono riservate solamente alla S.V.

511 1 Minuta autografa.

513

L'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, MAGISTRATI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE RISERVATO 2268/046 R. Berlino, 19 aprile 1938 (per. il 21 ).

Ho stamane avuto occasione di parlare dell'iniziativa francese di giungere, a mezzo di prossime conversazioni, alla normalizzazione dei rapporti con l'Italia l, con questo Segretario di Stato barone von Weizsacker, il quale aveva in pari tempo ricevuto il telegramma spedito dall'ambasciatore del Reich a Roma, von Mackensen, a seguito della conversazione avuta con l'E. V. 2

Il mio interlocutore mi ha detto di non vedere molto chiaramente quali sarebbero i precisi problemi franco-italiani da porsi sul tappeto di quelle eventuali conversazioni, oltre, naturalmente, il riconoscimento dell'Impero italiano. L'ambasciatore von Mackensen, nel suo telegramma, a seguito anche dell'udienza a lui concessa dal Duce, in presenza di V.E. \ ha accennato al problema della ferrovia di Gibuti. Quanto all'eventualità che, a somiglianza di quanto è avvenuto nell'accordo anglo-italiano, si prospetti la possibilità di uno scambio di informazioni militari, all'inizio di ogni anno, tra la Francia e l'Italia. il barone von Weizsacker ha aggiunto che, data l'esistenza dell'asse Londra-Parigi, in fondo le informazioni fornite annualmente all'Inghilterra potevano in un certo modo servire anche alla Francia. E ciò con una qualche ironia che dimostra però come la Wilhelmstrasse segua con una grande attenzione gli sviluppi della situazione.

Aggiungo, per informazione, che dopo me il barone von Weizsacker ha ricevuto l'ambasciatore del Reich a Parigi, conte Welczeck ed il nuovo ambasciatore del Reich a Londra, von Dirksen, giunti ambedue in questi giorni a Berlino.

513 2 Vedi D. 504. 513 3 Su questo colloquio non è stata trovata documentazione negli archivi italiani. Secondo il resoconto datone dall'ambasciatore tedesco (in DTT, vol. l, D. 741), von Mackensen ribadì, su precise istruzioni, la ferma posizione del Fiihrer circa la propaganda tedesca in Alto Adige e Mussolini a questo proposito indicò come esempio da seguire la linea adottata dall'Italia nei riguardi della minoranza italiana in Dalmazia e degli emigrati croati in Italia che aveva consentito di creare un rapporto di piena fiducia con la Jugoslavia.

513 1 Vedi D. 499.

514

L'AMBASCIATORE A SALA MANCA, VIOLA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. RISERVATISSIMO 2083/644. Salamanca, 19 aprile 1938 (per. il 25).

Monsignor Antoniutti si è, nei giorni scorsi, recato da San Sebastiano dove risiede, a Burgos per essere ricevuto dal generale Jordana, ministro degli Esteri.

Nel corso di una conversazione da lui avuta col consigliere dell'ambasciata, monsignor Antoniutti ha chiesto a quest'ultimo il suo pensiero circa la probabilità di successo di un passo della Santa Sede presso il governo nazionale ai fini di giungere ad un «compromesso» fra le due parti. Il passo stesso sarebbe destinato a «cercare di salvare», secondo le parole di monsignor Antoniutti, «quel poco che ancora c'è da salvare dall'altra parte», nell'elemento religioso.

La Santa Sede si preoccupa che, prolungandosi la fase finale della guerra, da parte rossa si voglia vendicare la sconfitta sopra tali elementi. Roncalli ha risposto a monsignor Antoniutti di ritenere che tale passo, non soltanto non avrebbe avuto probabilità di successo, ma avrebbe potuto anche fare sgradevole impressione sul governo nazionale, il quale avrebbe potuto vedervi quasi un tentativo di attenuare -per non dire una parola più forte -la portata della sua vittoria. Meglio sarebbe stato lasciare compiere le sorti della guerra, e poi, coll'autorità della Santa Sede, agire affinché nella repressione non si accumulino altri odi e non si semino altri rancori.

È evidente però che monsignor Antoniutti era stato incaricato di intrattenere al riguardo il generale Jordana. Monsignor Antoniutti ha pure fatto cenno di tale suo intendimento con persona vicina agli ambienti del governo, ricevendone analoga risposta.

Monsignor Antoniutti ha apertamente manifestato altresì il suo malcontento per l'avvenuta fucilazione di Carrasco Formiguera, deputato cattolico separatista catalano, il quale si trovava in carcere da un anno, e del quale il generale Franco gli aveva promesso la vita (con una lettera a lui diretta da Sangroniz); e pel fatto che il Generalissimo non aveva ancora compiuto allora il gesto di clemenza promessogli per la Pasqua (tale gesto è invece stato effettivamente compiuto a favore di 25 Rossi).

Va formandosi in qualche ambiente, specialmente vicino a Serrano Sufler, l'impressione che monsignor Antoniutti, sia un po' troppo «attivista», inconveniente questo cui non si sarebbe a suo tempo sottratto neppure monsignor Tedeschini; egli non si renderebbe forse sufficientemente conto che il Generalissimo, per quanto bene intenzionato, non può fare astrazione dalle pressioni fra altri, del generale Martinez Anido, ministro della Polizia, il più anziano dei generali, il quale, all'atto della formazione del governo, lo ha secondato, contentandosi del suo portafoglio attuale, mentre avrebbe voluto anche quello dell'Interno; come pure del fatto che l'orgoglio, il manifesto spirito di contraddizione e la diffidenza spagnoli non vanno presi di fronte, ma bensì secondati.

Quanto precede mi è stato confermato, in un colloquio da me avuto ieri col generale Jordana, dal quale risulta che monsignor Antoniutti, mentre ha rinunciato a compiere il passo per il compromesso, si è occupato dei baschi che la Santa Sede vorrebbe vedere graziati, e si deve essere anche lamentato del «fatto compiuto» relativo al Formiguera. Il generale Jordana infatti ha avuto l'aria di dire che monsignore cominciava ad essere un po' importuno.

Jordana si è espresso nel senso che, nell'ipotesi di una proposta di compromesso, e malgrado l'autorità della Santa Sede, essa verrebbe respinta. Lo stesso avverrebbe se analogo passo venisse dall'Inghilterra. Circa 20 giorni fa ci sono state proposte dei Rossi venute attraverso l'Olanda (forse attraverso qualcuno dei Nazionali trattenuti colà); il portavoce di tali proposte rosse, che avevano qualche lato accettabile, era Miguel Maura.

Tuttavia non sono state nemmeno prese in considerazione e lasciate senza risposta. Non mi fu precisato quali erano i termini delle proposte stesse, ma deve trattarsi di avances alquanto generiche.

Il governo nazionale -a guanto opina Jordana -non potrebbe che accettare come base la resa a discrezione. Sarebbe poi disposto, se mai, ad accogliere una azione della Santa Sede di carattere umanitario per indursi a considerare con clemenza le condizioni di esecuzione della resa. Occorrerebbe però anche che i dirigenti rossi di oggi scomparissero e lasciassero l'eventuale trattativa ad altre persone, di secondo piano e meno compromesse 1•

515

IL CONSOLE A SAN SEBASTIANO, CAVALLETTI, ALL'AMBASCIATORE A SALAMANCA, VIOLA

TELESPR. 2052 1• San Sebastiano, 19 aprile 1938.

Mio 570 del 7 febbraio u.s."

Pur nel relativo rifiorire economico della situazione di Biscaglia, l'inquadramento politico della regione nella Spagna Nazionale stenta ancora ad evolvere nel modo auspicabile, segnando in qualche modo un tempo di arresto.

Se si poteva sperare che le difficoltà iniziali, scparatismo e divergenze fra tradizionalismo e falangismo, avrebbero potuto smussarsi con il tempo e con l'azione governativa, presentemente non è ancora possibile constatare dei risultati decisivi in questi campi.

Il baschismo, malgrado gli esodi in massa, le esecuzioni capitali (369), le detenzioni (13 mila) e l'opera di persuasione c di propaganda, mantiene una resistenza ostinata. Sotto la reazione, il baschismo è sembrato esteriormente scomparire, in realtà si è nascosto senza smobilitare le opposizioni, le nostalgie del passato, il malcontento del presente. Si dice «l'ambiente di Bilbao è ancora freddo», in realtà è qualcosa di più, è ostile.

Certo il separatismo vero e proprio ha perduto le illusioni che ancora fino a poco tempo fa conservava, in particolare al momento della prima battaglia di

514 t Il documento ha il visto di Mussolini. 515 t Il telespresso di ritrasmissione al Ministero non è stato rintracciato. 515 2 Non rintracciato.

Teruel, cioè di trovare qualche pratica soddisfazione in una pace negoziata fra Franco e la Repubblica. Tuttavia è ancora radicata e diffusa la convinzione che i baschi sono vittime di una profonda ingiustizia.

D'altra parte, come il riesumato governo di Euzkadi, in Barcellona (vedi mio 3663 del 20 dicembre '37) 1 ha fatto causa comune con il catalanismo, così anche il baschismo di queste province si è a poco a poco avvicinato alle migliaia di catalani qui rifugiati, che senza essere veri e propri separatisti o antinazionali, conservano un accentuato regionalismo e ha creato così una considerevole massa di malcontenti.

Cito un esempio illustrativo: tempo fa sono state scoperte due fabbriche clandestine di carte da gioco che invece delle normali figure portavano emblemi separatisti baschi e catalani. Tale elemento può dare un 'idea. sia delle oscure resistenze del baschismo, sia della unione che vanno facendo catalani e baschi, unione che potrà forse avere qualche noioso sviluppo nel periodo successivo della vittoria finale.

Il baschismo poi troverebbe ancora un rifugio, da cui è difficile sloggiarlo, negli ambienti religiosi ed ecclesiastici. Solo una parte minima del clero (114 fuggiti, 68 detenuti, 3 fucilati, vari «desterrati») è stata eliminata; quella che è rimasta continuerebbe con aumentato fariseismo l'opera politica deleteria se non sul pulpito, nel confessionale.

Una riprova della persistente influenza del clero basco è data dalla concessione di un recente decreto vescovile che autorizzava, entro certi limiti, l'uso della lingua basca nelle chiese. Tale decreto che a dire di competenti, non troverebbe nessuna giustificazione in effettiva necessità di cura di anime, ha indignato gli ambienti nazionali, i quali hanno immediatamente ottenuto dal generale Martinez Anido un decreto contrario che proibisce ogni uso della lingua basca. I due decreti hanno aperto un conflitto che non è stato ancora chiarito.

L'atteggiamento vero o supposto del clero basco crea una vera e propria tendenza anticlericale negli ambienti nazionali e falangisti 4 . Questi non nascondono la loro animosità anche verso le gerarchie ecclesiastiche, il vescovo di Vitoria e lo stesso delegato apostolico, che viene accusato di non aver compreso il problema del baschismo e di disservire la causa nazionale con una indebita protezione ai preti baschizzanti.

Le difficoltà crescono anche per il fatto che nel campo nazionale, ad un anno del decreto di unificazione della F.E.T., biscaina "· Per quanto la Germania seguiti a sviluppare i suoi legami economici con la provincia, non si può dire che si sia creato un influsso politico corrispondente, mentre il Rcqueté di Biscaglia e quindi la

F.E.T. mostra accentuate e particolari simpatie per l'Italia, la Nazione cattolica per eccellenza. Tali simpatie sono state in questi ultimi tempi largamente documentate,

515 ' Vedi serie ottava, vol. VII, D. 754, allegato. 515 ~ Sul malcontento degli ambienti nazionali spagnoli nei riguardi del Vaticano riferiva qualche giorno più tardi anche l'incaricato d'affari a Berlino, Magistrati. che aveva avuto in proposito un colloquio con l'ambasciatore spagnolo, marchese de Magaz: «L'ambasciatore. il quale ha rappresentato anche Franco presso la Santa Sede, continua a mostrarsi insoddisfatto. nel complesso, dell'atteggiamento del Vaticano nei confronti della causa nazionale spagnola e non ha mancato di farmi nuovamente rilevare, nell'occasione, come mentre la causa di Franco si identifica nettamente con una affermazione del cattolicesimo nella terra spagnola contro i nemici della religione, il Vaticano, come ha anche recentemente dimostrato il suo intervento nei riguardi del bombardamento di Barcellona. appare attenersi sempre a linee di inesplicabile freddezza» (T. per corriere 2341/049 R. del 23 aprile).

515 s Sic.

sia il giorno della adunata dei Fasci, il 23 marzo, sia in occasione della visita della missione del P.N.F.

Il prevalere del tradizionalismo in Biscaglia non significa però che i falangisti locali si considerino completamente sopraffatti. Al contrario. Vi è un gruppo di falangisti intelligenti e preparatissimi i quali sembrano convinti che a suo tempo sarà loro possibile di svuotare ed assorbire in parte il tradizionalismo locale. Essi, stigmatizzandone il pietismo religioso, accusandolo di fiacchezza politica verso i nemici, sembrano attendere l'ordine del Caudillo per iniziare quella offensiva antitradizionalista già sviluppata altrove con un certo successo.

516

L'AMBASCIATORE A SALAMANCA, VIOLA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 2339/046 R. Salamanca, 20 aprile 1938 (per il 25).

Mio telegramma per corriere n. 045 del 18 corrente 1•

Jordana mi ha detto che dalle notizie che il governo nazionale ha ricevuto e dalle nuove aperture fatte dalla Francia per una ripresa di rapporti di fatto (alle quali il governo nazionale ha risposto che la prima condizione per cominciare a discutere è la chiusura della frontiera) si dovrebbe desumere che il contrabbando di armi e materiali effettivamente diminuisca. Ma per il momento non se ne vedono gli effetti. Anzi, nelle ultime settimane esso ha avuto un ritmo intenso come non mai. Malgrado si conti su migliori disposizioni al riguardo del ministero Daladier, va tenuto conto che anche esso ministero non può dimostrarsi di colpo indipendente dalle organizzazioni di Fronte Popolare ed estremiste senza le quali gli mancherebbe la maggioranza parlamentare. Inoltre, vi è tutta una massa di materiali già approntati che è difficile orn1ai fermare e vi è tutta una rete di interessi organizzati per il contrabbando e favoriti dalle varie Autorità francesi del Sud. Tutto ciò non si può arrestare di colpo. Bisognerebbe fra l'altro cambiare molti funzionari, traslocarli, distruggere tutta questa rete di attività. Certo è che la guerra durerà in ragione di quanto potrà durare il contrabbando dai Pirenei e in questo senso si può dire che la Francia è ormai l'arbitra della durata della guerra; tanto più che si ha la notiziajàndata che la Russia ha fatto sapere a Barcellona che deve ormai disinteressarsi della guerra in Spagna.

Il governo nazionale esprime il desiderio che il governo fascista, nelle conversazioni che preludono ad una eventuale normalizzazione dei suoi rapporti con la Francia, si interessi nel senso di ottenere l'arresto del contrabbando attraverso la Francia a favore dei Rossi.

Franco ha incaricato d'Alba di insistere presso il governo inglese perché questo si adoperi nell'istesso senso presso Daladier e Bonnet quando questi si recheranno a Londra.

516 1 T. per corriere 2313/045 R. del 18 aprile. L'ambasciatore Viola riferiva che, per la prima volta dall'inizio della guerra, a Salamanca era giunta notizia che la Francia aveva interrotto l'invio di materiale da guerra ai governativi spagnoli.

517

L'AMBASCIATORE A TOKIO, AURITI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 2277/294 R. Tokio, 21 aprile 1938, ore 7,45 (per. ore 16,10).

Secondo telegrammi questa stampa, nostri giornali nel trattare dell'avvenuto accordo con Inghilterra e quello possibile con Francia ripetono che politica Asse rimane immutata.

Prego considerare opportunità far parlare dalla nostra stampa piuttosto di Triangolo che di Asse. Ciò varrebbe dissipare alquanto preoccupazione di quella parte dell'opinione pubblica che teme vedere raffreddarsi relazioni dell'Italia col Giappone in seguito suddetti accordi. Varrebbe altresì soddisfare quell'altra parte dell'opinione pubblica la quale pur non dubitando di noi non è compiaciuta dall'idea che nostra politica con Giappone possa essere subordinata a quella con Germania 1 .

518

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, ALLE LEGAZIONI A BAGDAD, IL CAIRO, GEDDA, KABUL E TEHERAN, AI CONSOLATI GENERALI AD ALGERI.. BEIRUT, GERUSALEMME, RABAT, TANGERI E TUNISI, AI CONSOLATI AD ALEPPO, CASABLANCA, DAMASCO E TETUAN, E AL DOTTOR PASSERA A SANAA

T. 386/c. R. Roma, 21 aprile 1938, ore 24.

(Solo per Bagdad-Cairo-Teheran) Seguito telegramma n. 374 1•

(Solo per Gedda) Seguito telegramma n. 39 2•

(Solo per Saana) Seguito telegramma n. 891 ;

(Per gli altri) Seguito telegramma n. 375 4 .

Secondo informazioni attendibili giunte a questo R. Ministero, agenti francesi e inglesi avrebbero iniziato intensa propaganda in ambienti musulmani tendente dimostrare che Italia, con recente accordo italo-inglese avrebbe abbandonato arabi alla loro sorte, e che nostra politica filo-araba sarebbe stata seguita soltanto per spingere Gran Bretagna trattare con noi. Tale campagna anti-italiana dovrebbe anche manifestarsi sulla stampa araba.

italiana nel senso indicato da Auriti (Lettera 214385/418 del 25 aprile). 518 1 Vedi D. 510. 518 2 Vedi D. 503. 518 3 Vedi D. 503, nota l. 518 4 Vedi D. 512.

Ho già avuto cura fornire telegraficamente a V.S. elementi circa atteggiamento che, durante negoziati italo-inglesi è stato da noi tenuto a vantaggio degli interessi del mondo arabo. Confermo che, ove si manifestasse campagna anti-italiana del genere di quella suindicata, ella dovrà segnalarla a questo R. Ministero per opportune istruzioni.

517 1 A seguito di questo telegramma, Ciano scriveva ad Alfieri chiedendogli di indirizzare la stampa

519

IL MINISTRO A BUCAREST, SOLA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 2374/012 R. Bucarest, 21 aprile 1938 (per. il 27).

Le trattative condotte dal mm1stro d'Ungheria, signor Bardossy, con questo governo circa la parità degli armamenti, la dichiarazione di non aggressione e i diritti delle minoranze magiare, pure essendo state effettivamente riprese, hanno proceduto zoppicanti e reticenti.

Il ministro d'Ungheria, signor Bardossy, si è trovato nell'impossibilità per il suo governo di ammettere le due note condizioni che erano state fissate dalla Piccola Intesa nel Convegno di Belgrado del marzo 1937, e delle quali diedi notizia a V.E. fin dall'aprile dell'anno scorso (fortificazione della testa di ponte di Bratislava e tribunali arbitrali misti).

D'altra parte, il ministro degli Esteri romeno, signor Comnen, si dimostrava a priori sfiduciato circa la reale volontà dell'Ungheria di arrivare ad un'intesa. Si è radicata in queste sfere dirigenti la convinzione che il signor Kanya sia particolarmente contrario ad ogni accordo con la Romania, mentre si attribuisce al Reggente Horthy, ed anche al presidente Daranyi, una minore ostilità. Affiora inoltre il dubbio che l'Ungheria, in previsione di doversi buttare completamente nelle braccia della Germania, non voglia assumere impegni verso la Cecoslovacchia e forse neanche nei confronti della Romania.

In questo stato d'animo il governo romeno invece di marciare sulla strada delle concessioni verso l'Ungheria andava piuttosto annaspando appoggi per modificare le disposizioni di Budapest: donde la richiesta al R. governo di intervenire presso quello ungherese, richiesta di cui ebbi a dar notizia a V.E. con mio telegramma per corriere n. OlOdel 15 corrente 1• Successivamente il signor Comnen mi ha anche sottoposto l'idea di far compiere, attraverso persona di sua fiducia, un passo presso il Reggente d'Ungheria, cosa che ho naturalmente sconsigliato, facendogli osservare che tale intervento sarebbe fatalmente apparso come poco riguardoso nei confronti di Kanya e lo avrebbe non poco indisposto.

Vincolato dalle istruzioni contenute nel telegramma per corriere dell'8 febbraio

n. 129 R. 2 ho limitato la mia opera (in attesa che il ministro d'Ungheria fosse

pregava Ciano di attendere l'arrivo di questo telegramma per corriere -dove avrebbe tracciato un quadro complessivo dei negoziati tra Ungheria e Piccola Intesa prima di rispondere alla richiesta del ministro degli Esteri romeno. 519 2 Vedi D. 112.

informato dal suo governo delle nuove direttive impartitemi dali'E.V.) a far sentire al governo romeno la necessità di non insistere in un pericoloso atteggiamento negativo circa le due condizioni pregiudiziali cui ho sopra accennato, e soprattutto di non accasciarsi in una anticipata sfiducia sul risultato delle trattative, ma di mettersi risolutamente sulla via di sostanziali e precise concessioni in materia di minoranze.

Coadiuvato in quest'opera dall'intelligente e attiva collaborazione del ministro di Polonia, signor Arciszewsky, eravamo riusciti nel nostro intento. Il ministro Comnen ci aveva infatti comunicato che la Romania si preparava a istituire una specie di Sottosegretariato per le minoranze e che egli era pronto a riprendere i contatti con il signor Bardossy e a dibattere con lui apertamente la questione minoritaria. Al momento però in cui tali più seri contatti stavano per riprendere, il signor Bardossy è stato improvvisamente e di nuovo chiamato a Budapest per conferire. È ritornato l'altro ieri, portando per la prima volta, istruzioni che sembranmi più conformi alle direttive italiane quali risultano dal telegramma di V.E. direttomi più di due mesi or sono.

Le nuove istruzioni impartite al signor Bardossy si riassumono come segue: premesso che il problema minoritario si pone, per sua natura, in maniera differente nei confronti di ciascuno dei membri della Piccola Intesa e visto che la Cecoslovacchia si prepara a concedere uno statuto alla minoranza magiara, sembra al governo ungherese opportuno che le presenti conversazioni, lasciando per ora da parte la Cecoslovacchia, si sviluppino sovratutto con gli altri due Paesi, e cioè con la Romania e con la Jugoslavia. Nel caso si riuscisse a concludere una intesa, si procederebbe, per ora, tra Ungheria e Jugoslavia e tra Ungheria e Romania, alla parafasi di uno schema di accordo rimandando a più tardi (il che è un modo di dire!) il progettato accordo a quattro.

In sostanza: tenere en souff'rance le trattative con la Cecoslovacchia. Nel caso però che il problema politico che concerne quello Stato si dimostrasse non essere di attualità, si potrebbe anche procedere alla stipulazione dell'accordo a quattro, come era stato in origine previsto. L'Ungheria vorrebbe cioè continuare a negoziare, anzi a far procedere il negoziato per quella parte che concerne le minoranze, cercando di consegnare in un documento le maggiori concessioni possibili da parte della Jugoslavia e della Romania, ma vorrebbe evitare, per ora, qualsiasi impegno definitivo, ed evitare soprattutto, almeno per ora, di mettere la sua firma sotto una dichiarazione di non aggressione che, secondo il primitivo progetto, comprenderebbe la Cecoslovacchia.

Il signor Bardossy è venuto subito in legazione per mettermi a parte delle sue istruzioni, e per concertarsi circa il miglior modo, per lui, di presentarle a questo governo, nonché circa l'azione fiancheggiatrice che la legazione d'Italia e quella di Polonia avrebbero potuto spiegare nell'intento di facilitargli la sua non agevole missione.

Oggi o domani, il signor Bardossy prenderà contatto con il ministro Comnen a Sinaia, ove si incontreranno, evitando di attrarre l'attenzione generale. Mi riservo d'informare circa l'esito dei colloqui che presentano non scarso interesse anche in vista della prossima riunione a Bucarest nei giorni 6, 7 e 8 maggio della Piccola Intesa, convegno che era stato fissato a Bucarest proprio in vista di una eventuale conclusione, o per lo meno di un decisivo passo in avanti, nelle trattative con l'Ungheria.

519 1 T. per corriere 2202/010 R. del 15 aprile. Il ministro Sola. nel riferire quanto dettogli da Comnen.

520

LA DIREZIONE GENERALE AFFARI D'EUROPA E DEL MEDITERRANEO AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

APPUNTO. Roma, 21 aprile 1938.

Si indica, di seguito, lo stato di alcune questioni interessanti l'Italia e la Francia:

a) Tangeri. La stampa francese e quella inglese hanno accennato alla possibilità che si parli di questo argomento.

La situazione è la seguente:

Nel 1923, Francia, Inghilterra e Spagna stabilivano lo Statuto Internazionale di Tangeri 1 a cui le altre Potenze interessate, fra cui l'Italia, furono invitate ad aderire. L'Italia però sostenne che, per la sua posizione di Grande Potenza mediterranea, non poteva essere chiamata soltanto ad aderire, ma che doveva invece esserle fatta una posizione analoga a quella delle altre tre Potenze maggiormente interessate. La questione fu risolta nel 1928 con l'accoglimento del nostro punto di vista 2 .

L'Italia è quindi attualmente, insieme con la Francia, la Spagna e l'Inghilterra, Potenza «garante» dello Statuto di Tangeri; e partecipa all'amministrazione della città in posizione uguale a quella della Gran Bretagna. (Lo Statuto riserva invece a Francia e Spagna una maggiore partecipazione a detta amministrazione).

Contrariamente a quanto dice la stampa estera, non sembra verosimile che il governo francese sollevi la questione di Tangeri. Non si vede infatti quali questioni il governo francese potrebbe avere interesse a sollevare a questo proposito. Da parte nostra esisterebbero, volendo, alcune questioni di dettaglio che potremmo avere interesse di precisare; ma, a parte ogni altra considerazione, qualsiasi discussione, a termini dello Statuto, dovrebbe aver luogo in sede di trattative a quattro. Cade quindi la possibilità di farlo in sede di negoziati italo~francesi. ove pure esistesse l'interesse.

b) Marocco. Con gli accordi italo-francesi relativi alla Libia ed al Marocco\ l'Italia ha rinunciato a qualsiasi influenza politica su quel Sultanato. Tuttavia, in base all'Atto di Algeciras4, l'Italia, così come le altre Potenze firmatarie, gode al Marocco del regime della porta aperta e delf'et.;uaglianza economica.

La Francia ha ripetutamente violato, nel corso di questi ultimi anni, le stipulazioni economiche dell'Atto di Algeciras; ed ha lasciato inoltre comprendere-particolarmente in seguito al recente Accordo anglo-francese circa il Marocco 5 -che essa intende liberarsi unilateralmente delle servitù economiche che tale Atto le impone. Il nostro punto di vista è che ogni modifica al regime economico maroc

vol. XIII, pp. 246-283). 520 2 Protocollo di Parigi tra Spagna. Francia, Gran Bretagna e Italia del 25 luglio 1928 (Trattati e convenzioni, vol. XXXVIII, pp. 317-357). 520' Riferimento allo scambio di lettere Visconti Venosta-Barrère del 14-16 dicembre 1900 (testo in serie terza, vol. IV, DD. 577 e 586). 520 4 Atto Generale della Conferenza Internazionale di Algeciras del 7 aprile 1906 (MARTENS, serie II, vol. XXXIV, pp. 238-298). 520 5 Convenzione tra Francia e Gran Bretagna del 29 luglio 1937 relativa all'abolizione del regime delle capitolazioni nella zona francese dell'Impero sceritTiano e a Zanzibar (MARTENS, vol. XXXV, pp. 344-369).

chino stabilito dall'Atto di Algeciras deve essere apportata d'accordo con le Potenze firmatarie di quell'Atto. Tale punto di vista è condiviso da altri Stati, fra cui gli Stati Uniti d'America, il Belgio e l'Olanda.

Il Regio Ministero ha tenuto aperta tale questione, ma, dati gli elementi di fatto della quistione, senza farsi illusioni sul suo esito. Volendo, si potrebbe parlare ai francesi della quistione, pur senza .spingersi a fondo.

c) Siria e Libano. Ove la Francia ci domandi per la Siria ed il Libano assicurazioni analoghe a quelle date all'Inghilterra per la Palestina, potrebbe non essere agevole rifiutarle come parte di un accordo generale.

La situazione della Siria e del Libano è però diversa da quella della Palestina. Non esiste nella Siria e nel Libano una questione ebraica come esiste in Palestina; ed in più esistono già due Trattati (trattato franco-siriano 0 e trattato franco-libanese 7) che dovrebbero sostituire il Mandato.

Mentre l'Inghilterra si è accontentata di un'assicurazione generica (la quale, secondo le conversazioni avute, dovrebbe riferirsi al momento attuale e non al futuro assetto della Palestina), è possibile che la Francia, data la diversa situazione della Siria in confronto della Palestina, domandi assicurazioni più vaste, riflettenti cioè in modo preciso la fine del Mandato ed il nuovo assetto sia della Siria che del Libano.

In tal caso non parrebbe difficile poter rispondere ai francesi che le due posizioni, francese ed inglese, non essendo del tutto identiche, la questione va sottoposta ad uno speciale esame per considerare gli aspetti particolari sollevati dalla domanda francese. E così guadagnar tempo.

d) Tunisi. Il regime degli italiani in Tunisia è stato regolato, nei suoi principi generali, nell'apposito Protocollo del gennaio 1935 H. Il quale prevede la stipulazione di una Convenzione che, in base alle disposizioni contenute nel Trattato itala-francese della stessa data, deve entrare in vigore contemporaneamente alle altre disposizioni del Trattato.

Sarebbe estraneo alle presenti trattative entrare nel merito delle discussioni relative alla Convenzione predetta.

La Convenzione da stipularsi interessa per Tunisi in sé, e in più perché dalla sua conclusione dipende l'entrata in vigore del suddetto Trattato (e quindi la cessione dei territori cedutici ai confini della Libia, e della striscia della Somalia francese, nonché il perfezionamento della sovranità italiana su Dumeira). Potrebbe essere utile -in occasione dell'attuale negoziato -di stabilire una data per l'inizio delle trattative per la stipulanda Convenzione.

e) Rapporti fra l'A. O. I. e la costa francese dei soma/i. (Delimitazione dei confini; ferrovia di Gibuti; interessi francesi in A.O.I., ecc). Queste quistioni, per la loro natura, appaiono destinate ad entrare in un Patto de contrahendo analogo a quello contenuto nel Protocollo anglo-italiano.

stato sottoposto al Parlamento francese per la ratifica. 520 ~ Del 13 novembre 1936. Anche questo trattato, ratificato subito dal Parlamento libanese, non era stato presentato al Parlamento francese per la ratifica. 520 H Accordi itala-francesi del 7 gennaio 1937. Protocollo speciale relativo alle questioni tunisine (testo in serie settima, vol. XVI, D. 403, allegato VI).

f) Mar Rosso. La stampa francese ha accennato al fatto che l'Accordo anglo-italiano stabilisce quasi un condominio italo-inglese sul Mar Rosso ed ha osservato che anche per la Francia il Mar Rosso rappresenta una via essenziale di comunicazione imperiale, e che nel Mar Rosso essa è anche presente, sia col possedimento di Gibuti, sia anche con gli interessi che vanta su Sheikh Said. (Per Sheikh Said è da osservare che esso fa parte integrante del territorio yemenita. Rappresentanti di interessi francesi affermano il proprio diritto alla proprietà di Sheikh Said. Il Governo francese non ha invece mai avanzato nessuna rivendicazione di sovranità; ha anzi compiuto atti da cui si può dedurre che per la Francia è pacifico che Sheikh Said fa parte dello Yemen).

Non è evidentemente da escludere che la quistione del Mar Rosso sia sollevata dalla Francia nell'imminente negoziato per domandare una posizione analoga a quella inglese. Non è nemmeno da escludere che -in relazione alle disposizioni dell'Accordo anglo-italiano relative alle Isole del Mar Rosso -la Francia sollevi la quistione dei diritti della Société Française des phares ottomanes nei riguardi dei fari situati su dette Isole.

Una prima osservazione da fare ai francesi potrebbe essere quella che, mentre l'Accordo con l'Inghilterra trova la sua origine nella necessità di eliminare un contrasto italo-inglese che si era determinato in quella zona, tale contrasto e quindi la necessità di comporlo non esistono quanto alla Francia.

Per informazione si riassumono, nel foglio allegato Y, alcune notizie circa la quistione dei fari.

520 1 Convenzione relativa all'organizzazione dello Statuto di Tangcri del 18 dicembre 1923 (MARTENS,

520 6 Del 9 settembre 1936. Il trattato, ratificato dal Parlamento siriano nel dicembre 1936, non era

521

IL SOTTOSEGRETARIO ALLA GUERRA, PARIANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

LETTERA SEGRETA 174 V.C.S. Roma, 21 aprile 1938 (per. il 23).

Il servizio informazioni germanico manovra per conoscere se e quali accordi abbiamo concluso con Franco, per la ricostruzione dopo la vittoria.

L'Ammiraglio Canaris rccatosi in !spagna col dichiarato proposito di visitare la fronte, si è invece trattenuto costantemente (IO giorni) al Q.G. ed ha avuto numerosi colloqui col Generalissimo.

Biirckel, incaricato del Fiihrer pel plebiscito in Austria, sembra abbia dichiarato che Franco chiederà e la Germania invierà alcune migliaia di tecnici per riorganizzare Paese e Forze Armate.

Forse ci conviene agire subito per non farci prevenire. Per l'Esercito si potrebbe proporre l'invio d'una missione militare, naturalmente a carico del governo spagnolo. Ti sarò grato se vorrai farmi conoscere il Tuo pensiero e le eventuali decisioni per potere provvedere agli ulteriori sviluppi 1•

521 1 li documento ha il visto di Mussolini. Si veda. per il seguito, il D. 532.

520 9 Non pubblicato.

522

IL CONSOLE GENERALE A GERUSALEMME, MAZZOLINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. RISERVATO 2102/479. Gerusalemme, 21 aprile 1938 (per. il 25).

La firma del trattato italo-inglese ha avuto vaste ripercussioni sull'opinione pubblica palestinese araba ed ebraica, con effetti però del tutto contrari nell'uno e nell'altro campo.

I circoli ebraici, anche quelli responsabili, non hanno potuto fare a meno di manifestare la loro livida soddisfazione, non già perché l'accordo s'ispira a concetti superiori di pace mondiale, ma soltanto per il presupposto che esso dovrebbe direttamente contribuire a calmare la situazione in Palestina. Come è noto nell'elemento ebraico prevale la convinzione che la rivoluzione araba-palestinese sia fomentata e alimentata dall'Italia in funzione di ostilità all'Inghilterra, e che il governo italiano si opponga alla creazione dello Stato ebraico per simpatia verso il mondo arabo e musulmano.

I circoli ebraici, quindi, si sono affrettati a commentare che in virtù del recente accordo l'Italia si sarebbe impegnata verso l'Inghilterra a non ostacolare la politica britannica in Palestina purché vengano salvaguardati i diritti italiani e a sospendere la propaganda antibritannica nei Paesi arabi. A questa premessa si fa seguire la conseguenza di una diminuzione nell'attuale tensione nel Paese, per il fatto che i ribelli arabi perderebbero l'appoggio materiale e morale dell'Italia sul cui aiuto non potranno più contare mentre verrebbe a cessare l'opposizione del R. governo alla creazione dello Stato ebraico.

La stampa araba è rimasta alquanto perplessa nell'analizzare la portata dell'accordo per ciò che riguarda la realizzazione delle aspirazioni nazionali degli arabi palestinesi. Pur esprimendo compiacimento per l'avvicinamento italo-inglese, essa non ha potuto fare a meno di formulare l'augurio che S.E. il Capo del governo il quale si era proclamato «Difensore dell'Islam» ed aveva manifestato simpatia per i popoli arabi, non abbandoni ora questa politica per «ragioni imperialiste». È generale impressione che l'accordo contenga clausole ambigue ed oscure per ciò che riguarda la Palestina specialmente in relazione al suo futuro assetto politico.

In alcuni circoli arabi trapela vagamente anche una certa delusione per le eventuali conseguenze che l'accordo potrebbe avere sul movimento nazionalista arabo e si è indotti a credere che l'Italia avrebbe attenuato il suo interesse per l'Oriente arabo, in compenso di privilegi ottenuti in altri campi.

La Potenza mandataria, sfruttando la situazione, cerca con tutti i mezzi di diffondere tra le masse che gli arabi non avranno più nulla da sperare dall'Italia.

La crisi economica aumenta parallelamente alla recrudescenza degli atti rivoluzionari, che hanno raggiunto nelle ultime settimane intensità finora mai raggiunta, ed è aggravata dall'invasione dei prodotti agricoli siriani sul mercato palestinese che per la svalutazione del franco, vengono smerciati a prezzi irrisori.

I commercianti ebrei hanno sollecitato il governo palestinese ad imporre maggiori tariffe doganali sui prodotti agricoli siriani per proteggere il commercio locale.

Lo stato d'anarchia nel Paese non accenna a diminuire, come risulta dall'unito elenco 1•

523

L'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, MAGISTRATI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

LETTERA PERSONALE SEGRETA. Berlino, 21 aprile 1938 1•

Mi riferisco alla tua n. 3635 personale del 18 u.s. 2

Non appena ricevuta la tua lettera, ho chiesto di vedere il Maresciallo Gi:iring il quale mi ha ricevuto senza indugio, subito dopo la rivista militare che ha avuto luogo ieri in occasione del genetliaco del Cancelliere Hitler.

La conversazione è stata ampia e di notevole importanza. Ne riassumo qui appresso i punti principali cercando di essere, per quanto possibile, fedele alle parole pronunciate da Gi:iring.

Della tua lettera, che contiene tanti accenni chiari, significativi e utili, quali ad esempio quello relativo alla situazione psicologica creatasi un po' in Italia dopo l' Anschluss, e l'esempio, ottimo, di quanto è avvenuto nei nostri rapporti con la Jugoslavia, avevo fatto una traduzione in lingua tedesca. Mi è stato così possibile di illustrarla punto per punto al mio interlocutore, il quale ha desiderato, e penso molto opportunamente, che gliene lasciassi copia, per sua riservatissima e personale conoscenza.

Dopo la lettura della lettera il Maresciallo mi ha detto:

«Queste notizie mi addolorano ma non mi sorprendono, perché un qualche nervosismo, anche nella zona della frontiera meridionale, era prevedibile. Se ne ebbe un esempio fin dai primi giorni dell'Anschluss allorché nel Tirolo si ebbe qualche piccola inconsulta dimostrazione causata da false ed interessate voci relative all'Alto Adige. Le nostre Autorità responsabili, come sapete, non mancarono di agire.

Il problema va visto sotto i due seguenti aspetti: l) Azione di eventuale propaganda tedesca nell'Alto Adige fatta dal territorio del Reich e a mezzo di persone o organi sulle quali può avvenire un controllo del Governo di Berlino; 2) Azione di propaganda tedesca fatta da elementi locali che risiedono nell'Alto Adige.

Circa il primo punto la nostra azione è e sarà chiara, perché, evidentemente, se in Germania avviene qualche cosa nei riguardi dell'Alto Adige, la responsabilità è e rimane interamente nostra.

Circa il secondo punto devo mettere una questione pregiudiziale. Ammetterebbe mai il Governo italiano che in qualche modo noi agissimo su elementi residenti in Alto Adige, proprio nel senso desiderato di compiere opera di persuasione per evitare qualsiasi sviluppo di un'azione irredentistica? Il problema è molto delicato e desidero non essere frainteso. Noi non vogliamo assolutamente entrare nelle questioni locali dell'Alto Adige. Tutti noi, però, quali privati cittadini e non come membri del Governo tedesco, possiamo avere delle conoscenze personali in quel Paese. Io ad esempio, alcun tempo fa, ho avuto qui in questa stanza, tre persone di Bolzano a me personalmente note ed amiche. Ho detto loro quanto pensavo sul problema e molto chiaramente, aggiungendo che si devono persuadere come non esista per noi un problema dell'Alto Adige e come i cittadini italiani di razza e lingua tedesca colà residenti possano, proprio nel quadro dell'amicizia fra l'Italia e la Germania, svolgere un'opera utile per i contatti tra i due Paesi. Due di quelle persone sembrarono persuase delle mie dichiarazioni, mentre la terza se ne andò dando segni di non esserne convinta».

Ho replicato al Maresciallo che circa il primo punto noi evidentemente, come era chiaramente accennato nella tua lettera, dati i rapporti di ottima amicizia tra i due Paesi, eravamo in pieno diritto di chiedere al Governo del Reich di stroncare qualsiasi tentativo di propaganda irredentistico alto-atesino nel territorio tedesco. Ed avremmo apprezzato tutti gli sforzi fatti da Berlino in tale campo.

Quanto al secondo punto, evidentemente il problema non andava assolutamente messo sul piano di eventuali rapporti, anche di carattere personale, tra elementi alto-atesini, cittadini regnicoli, e organi statali o parastatali del Reich.

Viceversa esisteva un terzo punto, per dir così, intermedio, e cioè la situazione creatasi, per forza di cose, ad lnnsbruck, dove risiedono 2 o 3 mila alto-atesini i quali sono uniti da legami di famiglia, di interessi, di ricordi, con elementi regnicoli dell'Alto Adige.

Ora siccome l'Anschluss è stato fatto proprio sulla base ideologica dell'unione degli uomini di sangue tedesco, è evidente che oggi nell'ex-territorio austriaco, tutti si facciano zelatori e banditori di una tale teoria. E tutti sentano di avere una funzione in tale campo. Sarebbe un po' troppo pericoloso che il Tirolo, sentendosi un Paese tipicamente tedesco, si persuadesse di avere la funzione di aiutare e preparare un eventuale assorbimento dell'Alto Adige. Su questo punto, ho aggiunto, è bene parlare chiaro. Se a Innsbruck gli alto-atesini ed i tirolesi in genere avranno la netta a precisa conferma che, proprio da parte di Hitler che è il Capo del Germanesimo, un problema dell'Alto Adige non esiste e non esisterà, tutti finiranno poco a poco per mettersi l'anima in pace. Non è certo ai Tedeschi che si può attribuire una mancanza di disciplina politica.

Proprio quindi su questo punto io tenevo a ripetergli che l'azione del Governo del Reich doveva essere inflessibile e durissima nei confronti di qualsiasi cellula propagandistica che esista già o si formi in tutta la zona di frontiera e particolarmente ad Innsbruck.

Il mio interlocutore ha qui dichiarato di condividere assolutamente la mia idea che una qualsiasi funzione espansionistica tedesca del Tirolo va spenta sul nascere. Il Partito può fare molto in proposito. Mi ha dato quindi nuova assicurazione che le gerarchie del Partito a Innsbruck riceveranno direttamente da lui o dal Fiihrer stesso tutte le opportune istruzioni. È bene soprattutto -ha aggiunto -che il Gauleiter di Innsbruck, che è responsabile di quanto colà avviene e che deve conoscere, come è suo dovere, uomini e cose, abbia le idee chiare in proposito. Su tale punto il Maresciallo mi ha chiesto se noi fossimo in condizione di fornirgli nomi di persone o gruppi che colà fossero particolarmente indicati quali autori di una propaganda irredentistica alto-atesina.

E in proposito mi ha confermato che, a seguito di quel famoso «decalogo», contenuto in opuscoli falsamente turistici e sostanzialmente di propaganda, che io gli avevo consegnato in copia a Karinhalllo scorso mese\ egli aveva fatto compiere tutti gli opportuni accertamenti per la punizione dei responsabili.

A questo punto egli è ritornato sull'opportunità che, tanto da parte tedesca, quanto da parte italiana, non si drammatizzi, in questo primo periodo, quanto può verificarsi in quella zona di frontiera. Tutto andrà a posto. Bisogna naturalmente guardarsi bene anche dalla possibilità dell'esistenza di agenti provocatori.

«Devo dire --ha aggiunto -che se i nostri comuni avversari volessero veramente diminuire i sentimenti di salda amicizia e fiducia che oggi ci uniscono, anziché impiegare i loro soldi altrove, dovrebbero impiegarli in Alto Adige per suscitare difficoltà tra l'Italia e la Germania».

Ho allora risposto che tutto ciò era perfettamente vero e che condividevo la sua idea, ma bisognava anche ricordare come, in definitiva, proprio in materia di propaganda irredentistica, la più alta parola era stata quella detta dal Fiihrer nel suo grande discorso al Reichstag del 20 febbraio 4 , allorché egli aveva parlato di un «diritto» tedesco nei confronti dei dieci milioni di germanici residenti oltre le frontiere del Reich. Ora 6 milioni e mezzo erano gli Austriaci e con l'Anschluss il loro problema era stato esaurito. Ma, data la vaghezza della frase, non si poteva supporre che gli Alto-atesini o per dir meglio quelli, fortunatamente non molti, a testa accesa, pensassero di essere compresi nei rimanenti tre milioni e mezzo?

Qui Goring ha risposto:

«Su questo punto, dopo la dichiarazione di Hitler al Reichstag del 18 marzo non può sussistere dubbio. Egli ha dichiarato che la frontiera del Brennero è sacra e tutti i Tedeschi devono averlo compreso. Gli altri 3 milioni e mezzo sono i Sudeti. Del resto se esiste geograficamente una frontiera ben netta è proprio quella del Brennero. Vi ricorderete quanto abbiamo detto insieme l'anno scorso, in gennaio, viaggiando su quella linea e considerando sul posto come lo spartiacque sia inequivoco e chiarissimo. L'aspra salita di Steinach e la ripida discesa sull'altro versante italiano dimostrano chiaramente la linea di demarcazione fra i nostri due Paesi.

La cosa che ci addolorerebbe di più, e devo dire molto profondamente, sarebbe la sensazione che quella parola sacra del nostro Fiihrer non fosse creduta in Italia.

E sarebbe veramente peccato perché (e qui ha ripetuto esattamente quanto ebbe già a dire a Renzetti e che ti ho comunicato con la mia lettera dell'l l aprile) 5 con l'atteggiamento dell'Italia nei confronti della soluzione del problema austriaco, oggi, in Germania, l'amicizia nei vostri confronti ha veramente fatto grandi pro

quale è stata qui pubblicata, come D. 330, una parte---l'unica rintracciata--di una lettera di Magistrati a Ciano. 523 4 Vedi DD. 195 e 204. 523 5 Vedi D. 478.

gresst m superficie e in profondità. Voi conoscete come, cosa strana a dirsi ma vera, i militari siano sempre i più pacifisti e i più guardinghi nei riguardi della guerra. Ora, noi avevamo in Germania vari esponenti dell'Esercito che si opponevano sistematicamente ad una qualsiasi avventura bellica causata o legata ai nostri rapporti con l'Italia. Ora, viceversa, essi sono i primi a dire che qualora l'Italia si fosse trovata in difficoltà nel Mediterraneo, anche nei confronti dell'Inghilterra, la Germania avrebbe fatto bene, per quanto non ancora pronta, a giocare la carta in suo favore. Ciò naturalmente si riferiva alla situazione anteriore alla firma del Patto di amicizia con l'Inghilterra che avete firmato in questi giorni».

Infine il Maresciallo, ritornando alla situazione dell'Alto Adige, mi ha detto le seguenti parole, precisando e allargando il concetto che già embrionalmente, come sai, aveva esposto a Renzetti:

«Due grandi Popoli che formano oggi un blocco, al centro dell'Europa e del Mediterraneo, di ben 120 milioni di individui, retti da Regimi forti e totalitari, non possono vedere compromessa la loro amicizia da 200.000 Alto-atesini. Di questi

200.000 certamente una buona parte non ha idee politiche, specialmente se trova la sua convenienza, come spero e credo, in buone condizioni economiche di vita ed in una favorevole situazione morale entro i confini d'Italia.

La lettera del Conte Ciano dimostra che purtroppo vi sono degli scontenti e degli irrequieti. Di questi certamente la maggioranza è in buona fede. Può esistere effettivamente un Tedesco di razza e di lingua, il quale ad esempio senta che potrebbe essere suo dovere quello di prestare servizio militare nelle fila dell'Esercito tedesco anziché in quello italiano. Ma allora occorre affrontare il problema alle basi. Noi siamo disposti ad accogliere, e per sempre, nei nostri confini, quegli scontenti. Occorrerebbe cioè, ad un certo momento, porre gli Alto-atesini davanti ad un aut-aut e cioè:

-o avviarsi verso la Germania, vedendo naturalmente equamente liquidati tutti i loro averi oggi esistenti in Alto Adige, -o rinunciare e per sempre, ad essere considerati Tedeschi.

Dopo questa opzione, qualsiasi legame di carattere tedesco tra patria tedesca ed alto-atesini verrebbe automaticamente a cessare ed il problema si esaurirebbe alla base.

Io non conosco le vostre idee in materia e quanto vi espongo è unicamente una mia idea personale. È bene anzi che di una tale soluzione non se ne faccia pubblica parola. Vi sarei però molto grato se, sempre in via personalissima, mi faceste conoscere, e per quanto possibile al più presto, quali sarebbero le reazioni italiane a questa idea relativa ad un assorbimento da parte del Reich di quegli elementi ai quali ho sopra accennato. Naturalmente si potrebbe parlare anche della possibilità, se vorreste, di trasferire in Alto Adige qualche migliaio degli Italiani residenti in Germania. Ma questa seconda parte del problema ignoro assolutamente quale pratica attuazione potrebbe avere.

Con il trasferimento di un gruppo di alto-atesini dall'Alto Adige in Germania si verrebbe ad avere d'altra parte, qualora ancora ve ne fosse bisogno, una nuova e lampante dimostrazione delle nostra precisa ed assoluta volontà di distruggere alla base un problema tedesco nei confronti dell'Alto Adige. Evidentemente, infatti, se noi avessimo la più lontana idea per l'avvenire di riaprirlo, avremmo tutto l'interesse a vivificare e ad aumentare, anziché scioglierlo, il nucleo di razza e lingua tedesca colà residente.

In conclusione e in definitiva quindi, vogliate ringraziare il Conte Ciano per le notizie precise e chiare, anche se dolorose, contenute nella sua lettera e dirgli che ho apprezzato molto la sua franca parola. Potete assicurarlo che da parte mia non esiste dubbio in proposito. E posso dirvi che questa è anche la precisa idea del Fiihrer, con il quale, sulla base della lettera del Conte Ciano, non mancherò di parlare nuovamente e senza indugio. Sono sicuro che, presentandosene l'occasione, uno scambio di idee a Roma, durante la prossima visita tra i nostri due grandi uomini, darà al Vostro Duce la rinnovata prova della precisa volontà del nostro Fiihrer di vedere chiuso, in ogni sua conseguenza, il cosidetto problema dell'Alto Adige».

E su queste belle dichiarazioni, fatte in tono particolarmente vivace e cordiale, la conversazione ha avuto termine.

Ho desiderato riferirti in extenso, perché tu possa giudicare e vedere anche se non sia effettivamente opportuno che della situazione sia fatta dal Duce stesso parola al Fiihrer nel corso della sua imminente visita a Roma.

Aggiungo che della questione non faccio qui per ora parola con altri e particolarmente con la Wilhelmstrasse, allo scopo di non battere troppe strade che potrebbero reciprocamente eliminarsi 6•

522 1 Il documento ha il visto di Mussolini. 523 1 Manca l'indicazione della data di arrivo. 523 2 Vedi D. 509.

523 1 Si riferisce probabilmente al colloquio che Magistrati ebbe con Giiring alla metà di marzo, sul

524

IL MINISTRO A TEHERAN, PETRUCCI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 2295/21 R. Teheran. 22 aprile 1938, ore 15,35 (per. ore 18,20).

Questo reggente il ministero degli Affari Esteri mi ha detto che accordi italo-inglesi hanno creato impressione ottima in questi circoli governativi, essendo essi ritenuti un fattore decisivo per la pacificazione europea.

Ritiene che garanzia indipendenza per gli Stati arabi, Saudita e Yemen, interessi le coste del Mar Rosso e molto limitatamente quelle Golfo Persico, ove Gran Bretagna continua, per quanto con poco successo, a spingere ad una unione dei vari sceicchi ad essa già legati da trattati.

Mi ha detto pure che è a conoscenza che accordi di Roma hanno creato nell'U.R.S.S. un vero malcontento, che prende forma di irritazione di fronte alla possibilità ormai certa che il governo di Daladier stia per seguire l'esempio. Allora l'U.R.S.S. rimarrà completamente isolata.

Ha aggiunto che vi è fondato timore che l'U.R.S.S. sia indotta ad una ripresa della tradizionale spinta verso gli Stati confinanti con l'India ed in particolare verso il Turkestan cinese, oggi già molto lavorato dalla propaganda bolscevica.

In generale ho avuto impressione che soddisfazione avuta in questi ambienti per accordi Roma sia causata dal fatto che essi possono determinare un aggravamento del contrasto anglo-russo in Asia e quindi l'allontanamento di eventuali intese a danno della Persia, del tutto possibili se la Gran Bretagna avesse seguito la politica antifascista.

523 6 Per le reazioni provocate a Roma dalle dichiarazioni di Goring, giudicate «poco esplicite» si veda il Diario di Ciano alla data del 24 aprile.

525

IL CONSOLE GENERALE A VIENNA, ROCHIRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. 2309/23 R. Vienna, 22 aprile 1938, ore 21,25 (per. ore 0,30 del 23).

D'accordo con R. console d'Italia Bratislava trasmetto telegraficamente suo seguente telegramma non potuto includere corriere:

«Mio telegramma del 19 marzo scorso 1 . Riservatissimo.

Conte Esterhazy maggiore esponente partito unitario ungherese in Cecoslovacchia mi ha informato avere offerto -secondo informazioni da Budapest -al partito autonomista di Hlinka trattare accordi su principi di massima che regolerebbero autonomia Slovacchia nel caso tornasse nei confini Ungheria. Base offerta comprenderebbe sistemazione giuridica costituzionale più larga del regime goduto dai croati in Ungheria comunque migliore di quella promessa dai cechi col patto Masaryk 2 .

Da parte Slovacchia tale proposta sarebbe considerata base soddisfacente trattative. Sarebbero però momentaneamente declinate come intempestive.

Esterhazy si sarebbe pure incontrato con Henlein per cercare definire dissonanze in Cecoslovacchia fra attività Karpathen Deutsch Partei e partiti regionali tedeschi, originariamente sezione partito unito ungherese. Henlein avrebbe chiesto scioglimento di tali partiti, invece Esterhazy avrebbe risposto essere prima necessario che Berlino dia a Budapest assicurazioni che Reich non ha mire territoriali su Bratislava e dintorni.

Esterhazy inoltre confida aver colloqui con V.E. Tirana dove egli è invitato nozze Re Zog. Fra l'altro egli si propone sottoporre V.E. suo desiderio essere ricevuto Duce.

A quanto mi viene riferito, partito di Hlinka progetterebbe inoltre far pervenire Duce voce aspirazioni Nazione slovacca affidandone incarico monsignore Tiso ex ministro, vice presidente partito, il quale farebbe assegnamento su aiuti ambienti ecclesiastici romani. Situazione in Slovacchia e in Rutenia-malgrado che governo vi vada instaurando metodi dittatoriali-continua a svilupparsi nel senso indicato nel telegramma n. l. Al blocco autonomista slovacco fa riscontro in Rutenia altro blocco autonomista operante nell'orbita influenze polacche e ungheresi che hanno ivi univoca base nella concessione di autonomia fissato dal trattato di S. Germain. Firmato Lo Faro».

525 2 Riferimento al proclama di Pittsburg del 30 maggio 1918 sull'unione dei cechi e degli slovacchi in uno Stato federale.

525 1 Vedi D. 367.

526

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, GRANDI

T. 390/88 R. e 391/89 R. Roma, 22 aprile 1938, ore 24.

Suo 066 1 .

D'accordo col rappresentante tedesco E.V. può comunicare a Plymouth che siamo disposti, per quanto concerne ristabilimento controllo Pirenei, accettare formula di compromesso fra la proposta britannica e la controproposta che francesi hanno avanzata come base di discussione.

V.E. può comunicare a Plymouth che apprezzo importanza delle sue considerazioni circa opportunità mantenere ancora per qualche tempo in vita edificio del controllo, nonché convenienza sventare evidenti manovre sovietiche. V.E. può aggiungere che, date circostanze, ella è autorizzata a dichiarare che governo italiano, accogliendo suggerimenti Plymouth relativi immediato fabbisogno del Board, è pronto a versare alla data che Plymouth indicherà la sua quota parte della somma di ottanta mila sterline richieste da Hemming.

Informi di quanto precede codesto incaricato d'affari di Germania.

527

L'UFFICIO I DELLA DIREZIONE GENERALE AFFARI D'EUROPA E DEL MEDITERRANEO AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

APPUNTO. Roma, 22 aprile 1938.

L'Ambasciatore presso la S. Sede e il Prefetto di Bolzano segnalano l'intensificarsi della campagna anticattolica e antilatina in Alto Adige. Il Prefetto di Bolzano ne attribuisce la responsabilità non solo agli elementi nazisti, ma anche al clero allogeno. Il R. Ambasciatore presso la Santa Sede fa a sua volta notare che da tempo la Segreteria di Stato sostiene che da parte delle nostre Autorità periferiche si dovrebbe adottare una politica di maggior clemenza per meglio disporre il clero allogeno verso l'Italia.

Contemporaneamente (11 aprile) il R. Ambasciatore presso la Santa Sede segnala che il Vescovo di Trento ha diretto in data 18 gennaio ai parroci della sua diocesi una circolare «contro i pericoli del nazionalsocialismo», aggiungendo che il Cardinale Pacelli avrebbe fatto suggerire al Vescovo di Bressanone di regolarsi in

maniera analoga. Il Cardinale Pacelli raccomanda d'altra parte che «le R. Autorità non diano soverchio fastidio al clero allogeno delle due diocesi».

In data 13 aprile, il R. Ambasciatore presso la S. Sede riferisce che il Prefetto di Bolzano, con rapporto trasmesso a Pignatti dal Ministero dell'Interno, con preghiera di comunicazione al riguardo suggerisce «come pratico rimedio alla situazione esistente, la sostituzione progressiva di religiosi italiani a quelli allogeni».

L'Ambasciatore Pignatti dichiara di non credere alla efficacia di un simile provvedimento e aggiunge «che se vi è un tentativo da fare è quello di modificare lentamente l'atteggiamento del clero allogeno verso l'Italia, magari tollerando che esso svolga la sua azione in lingua tedesca».

Il R. Ambasciatore presso la Santa Sede conclude domandando istruzioni.

526 1 Sic. Leggasi: 076. Vedi D. 486.

528

L'AMBASCIAT A DI FRANCIA A ROMA AL MINISTERO DEGLI ESTERI

PROMEMORIA 1 . Roma, 22 aprile 1938.

lo -A propos du sta tu quo en Méditerranée, échange de déclarations générales, inspirées des documents que le Gouvernement italien et le Gouvernement anglais ont déjà échangés à ce sujet.

2° -Comme conséquence de ces déclarations générales, déclaration italienne de désintéressement en ce qui concerne l'Espagne et !es possessions ou zones d'influence de ce Pays, engagements réciproques sur le retrait des volontaires et du matériel et sur la politique de non-intervention.

3° -A propos de la Syrie et de la cessation du mandat, «assura)/ces verbales» dans une forme analogue à celle des assurances qui ont été données au Gouvernement anglais à propos de la Palestine.

4°-Communication réciproque d'informations militaires à propos de la Tunisie et de la Libye, au cas où le Gouvernement italien le désirerait. Le Gouvernement français prendrait acte en tous cas des assurances données au Gouvernement anglais en ce qui concerne !es effectifs en Libye. 5° -A propos de la propagande radiophonique, engagement réciproque du mème ordre que celui intervenu entre !es Gouvernements anglais et italien.

6° -Selon des modalités à prec1ser, le Gouvernement italien notifierait au Gouvernement français son intention d'adhérer au Traité naval de 19362•

7° -La France souscrirait à la déclaration par laquelle la Grande-Bretagne et l'Italie ont réaffirmé leur intention, en ce qui concerne le libre passage par le canal de Suez, de respecter les clauses de la convention signée à ce sujet, à Istanbul, le 29 octobre 1888 3 .

so -Réserves de la France sur les clauses de l'accorci italo-britannique qui visent certaines régions du Levant:

A) Non reconnaissance par la France à l'Italie de droits spéciaux sur l'Archipel de la Mer Rouge visés dans l'accorci anglo-italien et découlant du désintéressement de l'Angleterre.

B) Plus précisément non reconnaissance par la France à l'ltalie de droits particuliers sur l es ìles d'Abou-Ail, Zebair ( désignés dans l'arrangement sous le nom de Centre-Peak) et de Djebel Teil, en raison du contrat de la Société française des Phares de l'Empire Ottoman, contract reconnu constamment par I'Italie et par l' Angleterre.

C) Au sujet du statut de la Péninsule Arabique tel qu'il est reconnu par l'accorci du 16 avril, réserve des droits propres de la France, d'une part, Iocalement sur Cheikh-Said et d'autre part sur l'Arabi e Saoudienne et le Yemen, e n raison de la situation de la France en tant que grande puissance musulmane intéressée à l'indépendance et à l'intégrité de ces deux Etas, à la sécurité de la Mer Rouge et au libre accès aux lieux saints de l'Islam.

9° -Engagement réciproque de procéder à la négociation de la convention concernant la situation et les droits des Italiens en Tunisie, sur les bases fixées dans l'accorci du 7 janvier 1935, dès que des relations diplomatiques normales auront été rétablies.

10° -Dans les mèmes conditions, engagement reciproque de négocier:

A) un traité d'établissement portant sur le statut des ltaliens en Somalie française et des Français en Ethiopie; B) une convention sur le statut du chemin de fer de Djibouti à Addis-Abeba. C) un accord de bon voisinage et de délimitation de frontière.

Il o -Dès que seraient mis en vigueur les accords et conventions mentionées ci-dessus aux paragraphes 9 et IO, le Gouvernement français procéderait aux transferts de territoires stipulés par l'accorci de Rome de 1935.

12° -Ainsi qu'il a été convenu pour !es accords italo-anglais, l'entrée en vigueur de l'accorci franco-italien serait liée au règlement préalable de l'affaire espagnole. Par ailleurs, le Gouvernement de la République déclarerait qu'il est favorable à l'initiative prise par le Gouvernement Anglais en vue de faire éclaircir par le Conseil de la Société des Nations la situation des Etats membres en ce qui concerne la reconnaissance de la souveraineté italienne sur l'Ethiopie.

528 1 Il promemoria fu consegnato da Bionde! a Ciano il 22 aprile. Sul relativo colloquio non è stata trovata documentazione negli archivi italiani ma si veda il resoconto dell'incaricato d'affari francese in DDF, vol. IX, D. 217 e l'annotazione contenuta nel Diario di Ciano alla data corrispondente. Ne risulta che Ciano sollevò obiezioni «molto insistenti» circa il punto 8 del promemoria e che espresse seri dubbi circa la possibilità di giungere rapidamente ad una conclusione, dati gli impegni che gli derivavano dal suo viaggio in Albania e dalla visita di Hitler. Un atteggiamento dilatorio approvato da Mussolini, il quale ordinò che niente doveva essere fatto prima della fine del viaggio di Hitler in Italia.

528 2 Vedi D. 273, nota 4. 528 1 Vedi D. 151, nota 6.

529

L'AMBASCIATORE A BUENOS AIRES, GUARIGLIA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. RISERVATISSIMO 2532/1198. Buenos Aires, 22 aprile 1938. (per. il 17 maggio).

Questa stampa, asservita alle agenzie nordamericane ed agli interessi economici degli Stati Uniti, ha posto in grande rilievo i discorsi di Roosevelt 1 e dell'ambasciatore degli Stati Uniti a Lima 2 , i quali hanno dato nuova esca artificiosa alla campagna antifascista, rinnovando gli incitamenti per la formazione di un fronte unico americano contro i pretesi propositi aggressivi degli Stati totalitari europei.

Le fermate del nuovo ministro degli Esteri argentino Cantilo a Rio de Janeiro ed a Montevideo, nonché le riunioni ostentatamente tenute in Brasile con i rappresentanti diplomatici sud e nordamericani ed il prossimo viaggio dello stesso Cantilo al Cile indicano che, almeno in apparenza, anche l'Argentina sia disposta a favorire, come il Brasile, l'azione politica nordamericana o, almeno, non abbia per ora possibilità di opporvisi.

In realtà, gli Stati Uniti hanno buon giuoco mascherando la loro politica d'influenza panamericana con il pretesto di difendere i principi democratici, giacché gli argomenti che usano non possono trovare aperti contradditori in questi Paesi sudamericani, tanto per ragioni di politica interna quanto per la loro dipendenza economica dagli Stati Uniti.

A questo proposito, l'ambasciatore Suvich aveva riferito che il discorso di Steinhardt aveva provocato una certa impressione a Washington, soprattutto per la straordinaria violenza del linguaggio usato, e che, secondo quanto scriveva anche il Nell' York Times, negli ambienti del Congresso si considerava significativo che un discorso del genere si fosse tenuto proprio in Perù. dove esistevano interessi bancari italiani molto consistenti (telespresso 4336/714 del 15 aprile).

Da Lima, il ministro Faralli aveva osservato che discorsi di quel genere non avevano, da soli, una grande importanza ma aveva aggiunto: «è certo che tutta la propaganda nordamericana intesa apresentare gli Stati europei impegnati in una frenetica gara di armamenti, pronti a guerreggiare tra loro e a minacciare colle loro bramosie imperialistiche i pacifici Paesi dell'America Latina, qualche risultato lo raggiunge: non persuade appieno ma semina largamente dei sospetti. Specialmente la propaganda contro il commercio extracontinentale che ho visto all'opera anche nell'America Centrale sembra non priva di efficacia» (telespresso 1278/459 del 15 aprile).

L'unico grande giornale che, in mezzo a tanta eccitazione, sembra non aver perduto l'equilibrata visione dei veri interessi dell'Argentina, è La Naci6n e Io ha dimostrato con l'articolo del I 5 corrente che qui unisco\ col quale, esaminando ciò che si potrà fare nel futuro Congresso Interamericano di Lima, ha in sostanza affermato che, allo stato delle cose e nonostante l'allarmismo dominante, non pare vi siano nuove circostanze che consiglino l'Argentina a distaccarsi completamente dalla sua tradizionale politica di vincolazione con l'Europa.

Ma -a meno che non si verifichino più tardi delle reazioni -la nomina del signor Cantilo a ministro degli Esteri e l'atteggiamento del neo Presidente della Repubblica signor Ortiz (legato notoriamente ad interessi d'imprese sudamericane e che ancora ieri, dirigendo per radio il qui unito messaggio al popolo nordamericano, ha parlato di «unione definitiva dei nuovi Paesi») fanno sperare agli Stati Uniti che nella prossima Conferenza di Lima non troveranno nei delegati argentini quelle resistenze che trovarono in Saavedra Lamas durante l'ultima Conferenza di Buenos Aires. E si realizzerà così quella più stretta collaborazione e consultazione politica panamericana (anche, eventualmente, sotto forma di una specie di unione delle Nazioni americane) che sarebbe destinata naturalmente a cadere poco a poco sotto l'esclusiva influenza di Washington.

Cantilo dovrebbe essere quindi destinato a diventare nel Sud America il secondo servitore degli Stati Uniti, dopo il ministro degli Esteri del Brasile Aranha, il quale in realtà, come loro servitore, ha raggiunto la perfezione.

Non mi è possibile ancora dire se Cantilo darà qui i buoni risultati che Washington si aspetta, ma mi propongo di seguire attentamente la sua azione e di sondarlo opportunamente per cercare di appurare fin dove egli crederà di poter giungere nel secondare la politica panamericana degli Stati Uniti.

Spero vivamente però che, almeno per quanto concerne l'atteggiamento dell'Argentina di fronte allo sviluppo di questo importantissimo orientamento politico, non si abbia un giorno per parte nostra a rimpiangere Saavedra Lamas!

529 1 Riferimento al messaggio che il 14 aprile, in occasione della Giornata panamericana, il Presidente Roosevelt aveva inviato al Governing Board o{ the Pan-American Union. Nel messaggio Roosevelt aveva affermato con forza che le Nazioni americane non intendevano tollerare di essere esposte alla minaccia di un'aggressione proveniente dall'esterno, di fronte alla quale erano decise a reagire compatte. 529 2 Il 13 aprile, sempre in connessione con la celebrazione della Giornata panamericana. l'ambasciatore degli Stati Uniti a Lima, Lawrence E. Steinhardt. aveva pronunciato alla radio peruviana un discorso in cui, con linguaggio durissimo, si era scagliato contro «le tendenze imperialistiche di certe Nazioni ritornate agli usi del Medioevo» che proseguivano «i preparativi per altre guerre ed altri atti di violenza» ed aveva auspicato che i popoli americani combattessero qualsiasi propaganda che si fosse fatta sostenitrice di quelle nuove forme di governo che distruggevano la libertà degli individui.

530

L'AMBASCIATORE PRESSO LA SANTA SEDE, PIGNATTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 2315/49 R. Roma, 22 aprile 1938 (per. stesso giorno).

In Segreteria di Stato si dice che, salvo imprevisti, il Papa si trasferirà a Castelgandolfo il 30 aprile.

529 ·1 Non pubblicato.

531

L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, PRUNAS, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

T. PER CORRIERE 2336/098 R. Parigi, 23 aprile 1938 (per. i/25).

La partenza per Londra del Presidente del Consiglio Daladier e del ministro degli Esteri Bonnet, è fissata per il pomeriggio del 27 corrente. I ministri francesi resteranno a Londra due giorni e saranno di ritorno a Parigi il 29.

Due riunioni ministeriali sono indette per i primi della settimana prossima per l'esame delle questioni che saranno discusse a Londra. Le conversazioni verteranno certamente sulla possibilità di rafforzare l'intesa franco-britannica, soprattutto dal punto di vista militare. Disposizioni saranno adottate per assicurare una più stretta collaborazione fra i due Paesi nei tre servizi della difesa, sia militare, sia navale che aerea. Misure sarebbero previste per una più efficace utilizzazione, ai fini comuni, delle rispettive basi navali ed aeree. Sarà altresì posto probabilmente in discussione il problema dell'unità di comando in tempo di guerra (controllo delle due flotte da affidarsi ad un ammiraglio inglese, comando dei due eserciti, aviazione compresa, da affidarsi ad un generalissimo francese).

Tali problemi sarebbero già stati esaminati nelle recenti visite di Winston Churchill 1 e di Duff Cooper e saranno approfonditi nella prossima visita del ministro della Guerra, H ore Belisha, di ritorno da Roma 2 .

Saranno inoltre certamente discusse le questioni poste negli Accordi itala-inglesi e nelle conversazioni itala-francesi in corso e concordata azione comune delle due Potenze nei confronti degli argomenti all'ordine del giorno del prossimo Consiglio ginevrino, e, soprattutto, nei riguardi della definitiva liquidazione etiopica.

A venol è atteso a Parigi per stasera.

532

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO, AL SOTTOSEGRETARIO ALLA GUERRA, PARIANI

LETTERA 18620. Roma, 23 aprile 1938.

Ti ringrazio per l'importante segnalazione comunicatami con la tua lettera n. 174 1 sull'attività del Servizio Informazioni germanico per farsi affidare l'incarico della organizzazione delle forze armate spagnole.

531 Vedi D. 420. 531 2 Il ministro della Guerra britannico era giunto a Roma il 22 aprile ed il 24 era stato ricevuto a Palazzo Venezia insieme a Ciano. Di questo colloquio, che nel suo Diario Ciano qualifica «particolar mente tecnico-militaresco», non è stata trovata documentazione. 532 1 Vedi D. 521.

Sono pienamente d'accordo con te che è necessario senza perder tempo spiegare da parte nostra il più efficace interessamento per non farci prevenire. Della cosa potremo intrattenere il Generale Berti nella sua imminente visita qui. Con lui concerteremo la più opportuna procedura per interessare il Generalissimo Franco in tal senso.

533

IL CONSOLE GENERALE A GERUSALEMME, MAZZOLINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, CIANO

TELESPR. RISERVATISSIMO 2141/489. Gerusalemme, 23 aprile 1938 (per. il 27).

Telegramma di V.E. n. 375 del 20 corrente 1 .

Mi onoro trascrivere quanto mi riferiscono in data 22 corrente i RR. vice consoli a Caifa e a Giaffa, invitati a raccogliere e comunicarmi le impressioni locali suscitate dai recenti accordi itala-inglesi.

« Caifa -Data tale complessa, oscura situazione, profonda impressione hanno fatto tutte le notizie concernenti il recente accordo itala-britannico. Impressione che naturalmente varia a seconda degli ambienti che si considerano e che può definirsi buona per quanto concerne gli ambienti ebrei, e piuttosto fredda ~ se non proprio sfavorevole ~ per ciò che riguarda gli arabi.

Va detto subito che molti, considerando le infinite voci che sono corse in precedenza sull'attività italiana in Palestina e sulla protezione degli interessi italiani, di fronte all'assenza di qualsiasi accenno a questo Paese negli accordi romani, ritengono che vi sia qualche accordo riservato la cui pubblicazione non è ritenuta opportuna in questo momento. Non sanno cioè capacitarsi che la Palestina non trovi un posto negli accordi quali sono stati qui comunicati. Alcuni arabi ritenevano addirittura che l'Italia avrebbe imposto delle condizioni alla politica della Potenza mandataria, circa il progetto di spartizione; quindi si considerano abbandonati dall'Italia. Altri che si attendevano almeno una dichiarazione che assicurasse lo statu quo vedono nel complesso dell'accordo un risultato della politica inglese, comandata dagli ebrei, che sulla base del realismo nel campo politico ha fatto considerare l'impossibilità di togliere all'Italia l'Impero d'Africa e che quindi tanto vale riconoscere il fatto compiuto ottenendo l'ammissione dell'altra realtà che cioè gli inglesi sono in Palestina ove rimarranno. E, sia arabi che ebrei, unanimemente considerano sotto questo punto di vista che ormai l'Inghilterra potrà qui avere mano libera e mettere in esecuzione tutti i suoi piani. Quale sarà la parte che verrà, sia agli arabi che agli ebrei, nessuno può dire.

Queste, in riassunto, le impressioni che ho potuto raccogliere in vari ambienti circa la conclusione dell'accordo itala-inglese, che però ha portato negli stessi ambienti un senso di respiro, in quanto lo considerano un elemento chiarificatore

di grande importanza in una situazione alquanto oscura, anche nei riguardi di questo Paese. Nel quadro maggiore della sistemazione dei rapporti europei, può benissimo trovare posto la sistemazione di questo angolo di terra; nessuno infatti si nasconde che, volutamente o no, la situazione della Palestina in questi due o tre ultimi anni è stata in funzione della situazione europea».

«Giaffa-La conclusione dell'accordo itala-inglese ha prodotto sulla popolazione araba locale un'impressione tutt'altro che favorevole.

Le clausole dell'accordo sono variamente commentate, ma in generale si vede in esso la fine dell'interessamento dell'Italia per tutto ciò che riguarda l'Islam ed in particolare la questione palestinese.

È manifesta la delusione provata dalla popolazione la quale teme, con la perdita dell'appoggio dell'Italia, dover pagare a caro prezzo l'isolamento nel quale è venuta a trovarsi. Vede compromessa la sua indipendenza e, soprattutto, pensa alla possibilità di un avvicinamento all'elemento ebraico.

Ben diversamente è commentato a Tel Aviv la conclusione dell'accordo. Molte speranze sono rinate, compresa quella che il riavvicinamento fra l'Italia e l'Inghilterra possa portare al riconoscimento delle aspirazioni sionistiche».

Le stesse impressioni mi sono state espresse direttamente o per diverse vie da notabili musulmani e cristiani. Ho subito provveduto a rettificare, sulla base degli elementi contenuti nel telegramma in riferimento e successivo del 21 corrente 2 , nei settori musulmano e cristiano e in tal senso continuerò ad adoperarmi.

Non ho mancato di agire per opportune vie anche in Transgiordania ove le impressioni sono diverse nella massa e nelle persone più colte: le prime convinte dell'aiuto italiano e rimaste deluse dal timore che esso venga a mancare, le altre ancora persuase che quello morale continuerà a manifestarsi.

Quanto alla propaganda anglo-francese, ho avuto l'onore di segnalare col telegramma per corriere n. 032 del 21 corrente" la sua immediata manifestazione. Ne seguo gli sviluppi e sarà mia cura riferire a V.E. qualsiasi nuova emergenza. Intanto nessuno potrà contestare che la rivolta araba non è stata così violenta come da quando i rapporti italo-inglesi hanno assunto la direzione che ha condotto alla restaurata normalità di un tempo: segno che la rivolta è alimentata da un ideale e non da pretese forze esterne interessate. Viene quindi da domandarsi se sia proprio abile, come si vuole che sia, la tecnica del noto «Servizio dell'Intelligenza», il sistema di porre gli arabi nella necessità di dimostrare ancora coi fatti che non sono forze sobillatrici quelle che li spingono ad affrontare armi ed armati, ma valori ideali che i gregari della montagna difendono, e non da oggi, anche contro le incertezze di alcuni «eflendi».

Analoga azione ho svolto presso la stampa che, come può essere rilevato dalla odierna rassegna, commenta in tono finora calmo e moderato il grande avvenimento

internazionale. Ma la severa vigilanza alla quale la scarsa stampa arabo-palestinese è sottoposta, rende difficile commenti più ampi e più favorevoli di quelli che ho cautamente suggerito e suggerirò. Poiché è più facile a questi giornali di trascrivere quanto potrà apparire su quotidiani di Paesi limitrofi, più liberi di esprimersi, un commento esterno sarebbe qui immediatamente raccolto e diffuso.

La stampa ebraica saluta l'avvenimento, ma gli ambienti che essa rappresenta non nascondono una vaga soddisfazione per gli sperati riflessi deprimenti sul mondo arabo-musulmano e cristiano. Dietro l'azione anglo-francese si svolge così anche quella ebraica, perché un po' per fame, un po' per convinzione, un po' per antichi rapporti di affari, notabili ebrei ed arabi sono sempre in contatto e questi ultimi più facili alle influenze delle alterne vicende. ·

Ma al disopra di queste inevitabili ripercussioni, che non saranno durature se affrontate e deviate a tempo, sta la grandezza dell'evento che nessuno disconosce nella sua portata e nella valutazione di forza degli artefici italiani che hanno saputo realizzarlo riuscendo a far bandire dalla vita politica inglese gli ultimi nemici dell'Italia.

533 1 Vedi D. 512. che è del 19 aprile.

533 2 Vedi D. 518. 533 1 T. 2343/032 R. del 21 aprile. Il console Mazzolini aveva telegrafato, rispondendo al D. 512, che secondo notizie degne di fede, immediatamente dopo la firma degli accordi itala-britannici, le Autorità militari britanniche in Palestina avevano mobilitato numerosi agenti per diffondere la notizia che l'Italia aveva abbandonato la causa degli arabi.

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APPENDICI

APPENDICE I

UFFICI DEL MINISTERO DEGLI AFFARI ESTERI {1° gennaio -23 aprile 1938)

MINISTRO

CIANO DI CoRTELLAZZO Galeazzo, ambasciatore.

SOTTOSEGRETARIO DI STATO

BASTIANINI Giuseppe, ambasciatore.

GABINETTO

Coordinamento generale -Affari confidenziali -Ricerche e studi in relazione al lavoro del ministro -Rapporti con la Rea! Casa, con la Presidenza del Consiglio e col P.N.F. -Relazioni del ministro col Parlamento e col corpo diplomatico -Udienze -Tribuna diplomatica.

Capo di gabinetto: DE PEPPO Ottavio, inviato straordinario e ministro plenipotenziario di l a classe.

Vice capo di gabinetto, capo della segreteria particolare del ministro: ANFUSO Filippo, consigliere.

Ufficio del gabinetto: CARUSO Casto, console di 2a classe; SETTI Giuseppe, LANZA D'AJETA Blasco, DE BOSDARI Girolamo; SoLARI Pietro, MoscATO Niccolò, consoli di 3a classe; CARACCIOLO Filippo, DE FERRARIIS SALZANO Carlo, vice consoli di la classe, dal 17 febbraio; F AVRETTI Luciano, vice console di 2a classe; SPINOLA Luigi, vice segretario.

Ufficio della segreteria: NICHETTI Carlo, console di 2a classe; SANFELICE Antonio, BELLIA Franco, vice consoli di l aclasse; MARIENI Alessandro, vice console di 2a classe.

Segreteria particolare del sottosegretario: AssETTATI Augusto, console di 2a classe; PuRI PURINI Giuseppe, vice console di 2a classe.

UFFICIO SPAGNA

Capo ufficio: PIETROMARCHI Luca, inviato straordinario e ministro plenipotenziario di 2" classe.

Segretari: ALOISI DE LARDEREL F o leo, vice console di P classe; CoNTARINI Giuseppe, vice console di 2" classe; DucCI Roberto, addetto consolare.

UFFICIO DEL CERIMONIALE

Regole del cerimoniale -Lettere reali -Creden::iali -Lettere di richiamo -Pieni poteri -Privilegi ed immunità degli agenti diplomatici e consolari -Franchigie in materia doganale ai regi agenti all'estero e agli agenti stranieri in Italia -Massimario -Visite e passaggi di capi di Stato, principi e autorità estere -Decora:::ioni na::ionali ed estere.

Capo ufficio: CoRTINI Claudio, inviato straordinario e ministro plenipotenziario di 2" classe.

Segretari: CITTADINI Pier Adolfo, primo segretario di l" classe; SALLIER DE LA TouR CoRIO Paolo, primo segretario di 2" classe; FARACE Alessandro, ALVERÀ Pier Luigi, addetti consolari.

UFFICIO DI INTENDENZA

Archivio storico -Biblioteca -Puhhlica::ioni di carattere amministrativo -Custodia e manutenzione della sede del ministero -Servi::i automobilistici e telefonici -Disciplina del personale di servizio.

Capo ufficio: ToscANI Angelo, inviato straordinario e ministro plenipotenziario di l a classe.

Addetto all'ufficio: UGOLINI Guido, primo commissario consolare.

Archivio storico

Direttore: N.N.

Biblioteca

Bibliotecario: PIRONE Raffaele.

DIREZIONE GENERALE DEGLI AFFARI DI EUROPA E DEL MEDITERRANEO

Direttore generale: BuTI Gino, inviato straordinario e ministro plenipotenziario di la classe.

Vice direttore generale: GUARNASCHELLI Giovanni Battista, console generale di l a classe.

Addetti alla direzione generale: GALLI Guido, console generale di 2a classe; DE FERRARI Giovanni, addetto consolare.

UFFICIO I

Belgio -Danimarca -Francia -Germania -Gran Bretagna -Lussemburgo -Paesi Bassi -Polonia -Portogallo -Stati baltici -Stati scandinavi -Svizzera -Unione delle repubbliche sovietiche socialiste.

Capo ufficio: DEL BALZO DI PRESENZANO Giulio, console di 2a classe.

Segretari: CASTELLANI Augusto, console di 3a classe; GuASTONE BELCREDI Enrico, vice console di l a classe, dal 23 febbraio; VITELLI Girolamo, addetto consolare, fino al 6 aprile.

UFFICIO II

Austria -Bulgaria -Cecoslovacchia -Grecia -Jugoslavia -Romania -Turchia -Ungheria -Affari concernenti le isole italiane dell'Egeo.

Capo ufficio: DE PAOLIS Pietro, primo segretario di l a classe.

Segretari: SCAGLIONE Roberto, console di 2a classe; MILESI FERRETTI Gian Luigi, addetto consolare.

UFFICIO III

Mediterraneo-Paesi del Mediterraneo e del Mar Rosso-Africa Orientale Italiana.

Capo ufficio: GUARNASCHELLI Giovanni Battista, predetto.

Segretari: ZoPPI Vittorio, consigliere; n'AQUINO Alfonso, ARCHI Pio, consoli di 3a classe.

UFFICIO IV

Albania.

Capo ufficio: GumoTTI Gastone, primo segretario di 2a classe. Segretario: CAPPELLANI DELLA FoRMICA Raffaele, console di 3a classe.

UFFICIO V

Affari con la Santa Sede.

Capo ufficio: BELLARDI RICCI Alberto, inviato straordinario e ministro plenipotenziario di 2a classe.

Segretario: N.N.

DIREZIONE GENERALE DEGLI AFFARI TRANSOCEANICI

Direttore generale: GRAZZI Emanuele, console generale di l a classe (dal 28 febbraio inviato straordinario e ministro plenipotenziario di 2a classe).

Vice direttore generale: BONARELLI DI CASTELBOMPIANO Vittorio Emanuele, consigliere.

UFFICIO I

Africa (eccetto i paesi di competenza di altri uffici).

Capo ufficio: N.N. Segretario: N.N.

UFFICIO II

Asia (eccetto i paesi di competenza di altri uffici) -Oceania. Capo ufficio: BONARELLI DI CASTELBOMPIANO Vittorio Emanuele, predetto. Segretari: FERRETTI Raffaele, console di 2" classe, fino al 7 gennaio; GAJA Roberto,

addetto consolare.

UFFICIO III

America del Nord.

Capo ufficio: VITA FINZI Paolo, console di l a classe. Segretario: DE MrcHELIS Paolo, addetto consolare.

UFFICIO IV

America latina.

Capo ufficio: CoNFALONIERI Giuseppe Vitaliano, primo segretario di 2a classe, dal 18 gennaio.

Segretario: TERRUZZI Giulio, addetto consolare.

DIREZIONE GENERALE DEGLI AFFARI GENERALI

Direttore generale: VITETTI Leonardo, inviato straordinario e ministro plenipotenziario di 2a classe.

Vice direttore generale: VIDAU Luigi, console generale di l a classe.

Addetto alla direzione generale: BovA ScoPPA Renato, inviato straordinario e ministro plenipotenziario di 2a classe, fino al 19 aprile.

UFFICIO I

Istituti internazionali -Conferenze e congressi internazionali -Coordinamento culturale.

Capo ufficio: GRAZZI Umberto, primo segretario di l a classe.

Segretari: SPALAZZI Giorgio, primo segretario di 2a classe; STADERINI Ettore, addetto consolare.

UFFICIO II

Coordinamento militare, navale ed aeronautico -Missioni militari Commissione suprema di difesa -Materiali di guerra.

Capo ufficio: GERBORE Pietro, primo segretario di 2a classe. Segretario: N.N.

UFFICIO III

Trattati ed atti.

Capo ufficio: LANZARA Giuseppe, console di l a classe. Segretario: LANZETTA Umberto, console di 2a classe.

UFFICIO IV

Affari riservati.

Capo ufficio: VIDAU Luigi, predetto.

Segretari: SEGANTI Vittorio, CrTARELLI Renato, GuLLI Vincenzo, consoli di 3a classe; REGARD Cesare, addetto consolare; CoRSI Fernando, vice ispettore (dal 1° febbraio ispettore).

UFFICIO V

Storico-diplomatico.

Ricerche e studi su materie storiche e questioni internazionali -Schedari -Rubriche -Pubblicazioni di carattere storico-diplomatico -Sezione geografica.

Capo ufficio: DI GIURA Giovanni, consigliere.

Segretari: DI ROVASENDA Vittorio, primo segretario di la classe; TORNIELLI DI CRESTVOLANT Carlo Cesare, console di l a classe; WIEL Ferdinando, console di 2• classe.

DIREZIONE GENERALE DEGLI AFFARI COMMERCIALI

Direttore generale: GIANNINI Amedeo, inviato straordinario e ministro plenipotenziario onorario con rango di l a classe, consigliere di Stato, senatore.

Vice direttore generale: CALISSE Alberto, console generale di 2" classe.

UFFICIO I

AfTari generali -Comunicazioni aeree, terrestri e marittime -Fiere, congressi, e.sposizioni.

Capo ufficio: MoscA Bernardo, primo segretario di l a classe.

Segretario: BERTUCCIOLI Romolo, console di l a classe.

UFFICIO II

Commercio coi paesi d'Europa e del Mediterraneo.

Capo ufficio: CALISSE Alberto, predetto.

Segretari: FORMICHELLA Giovanni, console di 2a classe; SENSI Federico, addetto consolare.

UFFICIO III

Commercio transoceanico.

Capo ufficio: BENZONI Giorgio, console di la classe. Segretari: SIMONE Nicola, console di 3a classe; PLAJA Eugenio, addetto consolare.

Centro di coordinamento dei servizi commerciali delle regie rappresentanze.

Capo ufficio: BENZONI Giorgio, predetto. Segretario: N.N.

DIREZIONE GENERALE DEGLI ITALIANI ALL'ESTERO

Direttore generale: DE Cieco Attilio, console generale di l a classe.

Vice direttore generale: RULLI Guglielmo, primo segretario di la classe, dal 20 febbraio.

Addetti alla direzione generale: CuNEO Giovanni Battista, console di la classe; BARILLARI Michele, ispettore superiore; DINI Ottavio, vice ispettore.

UFFICIO I

Case d'Italia -Dopolavoro all'estero -Propaganda e Assistenza. Capo ufficio: RULLI Guglielmo, predetto, dal 20 febbraio. Segretari: NOBILI VITELLESCHI Pietro, console di l a classe; TEDESCO Pietro Paolo,

ispettore; FLAMINI Pietro, vice ispettore; Lo BALSAMO Michele, vice segretario.

UFFICIO II

Affari privati.

Capo ufficio: CAFFARELLI Filippo, consigliere, fino al 25 gennmo; ToNI Piero, consigliere, dal 3 marzo.

Segretari: ToNI Piero, predetto, fino al 2 marzo; BIANCONI Alberto, console di l a classe; BARBARISI Guglielmo, console di 2a classe; EYNARD Carlo, console di 3a classe, dal l o aprile; BENAZZO Agostino, DE GIOVANNI Luigi, addetti consolari.

UFFICIO III

Scuole all'estero -Attività culturali -Istituti di Cultura. Capo ufficio: CAROSI Mario, console di l a classe. Segretario: N.N.

UFFICIO IV

Lavoro italiano all'estero.

Capo ufficio: GERBASI Francesco, ispettore generale (dal 24 febbraio ispettore generale capo).

Segretari: MASI Corrado, MARONE Vincenzo, ispettori superiori; MANCA Elio, ispettore capo; CANNONE Nicolò, vice ispettore (dal lo febbraio ispettore); VACCHELLI Alessandro, vice ispettore.

DIREZIONE GENERALE DEL PERSONALE E DELL'AMMINISTRAZIONE INTERNA

Direttore generale: LEQUIO Francesco, inviato straordinario e ministro plenipotenziario di l a classe.

Vice direttore generale: BERGAMASCHI Bernardo, consigliere, fino al 3 aprile.

Addetti alla direzione generale: MARZIANI Luigi, ispettore generale (dal 24 febbraio ispettore generale capo); MoNTESI Giuseppe, console generale di 2a classe; EMILIANI Luigi, primo commissario consolare; GRANDINETTI Eugenio, ispettore superiore, dal 7 marzo.

UFFICIO I

Personale di gruppo A delle carriere dipendenti dal Ministero degli affari esteri -Personale consolare di seconda categoria -Uffici diplomatici e consolari all'estero -Ispezioni degli uffici all'estero -Questioni che si riferiscono all'ordinamento del ministero e delle carriere diplomatica, consolare e degli interpreti -Concorsi, nomine ed ammissioni, commissioni di avanzamento, consigli, commissioni e comitati presso l'Amministrazione centrale -Addetti militari, navali, aeronautici, commerciali, per la stampa e loro uffici -Personale e uffici diplomatici e consolari esteri in Italia -Bollettini del personale -Passaporti diplomatici, di servizio e ordinari, libretti e richieste ferroviarie per il personale-Rapporti con il P. N. F., la M. VS. N. e le Amministrazioni dello Stato, per quanto riguarda il personale dipendente dal Ministero degli affari esteri.

Capo ufficio: BERGAMASCHI Bernardo, predetto, fino al 3 aprile.

Segretari: SILJ Francesco, console di 2a classe; CASTRONUOVO Manlio, console di 3a classe, dal 22 febbraio; GIRETTI Luciano, vice console di 2a classe, fino al 19 gennaio; GrGLIOLI Carlo Enrico, addetto consolare.

UFFICIO II

Personale dci gruppi B c C c personale subalterno delle carriere dipendenti dal l'vfinistcro degli affari esteri, escluso il personale delle scuole italiane all'estero. Concorsi, nomine e ammissioni-Commissione di avanzamento c consigli del ministero, ed in generale tutte le questioni relative alla carriera e all'ordinamento del personale suddetto -Bollettini che si riferiscono al personale stesso -Personale di ogni gruppo appartenente ad altre Amministrazioni e comandato presso il Ministero degli affari esteri -Personale avventizio in servizio presso l'Amministrazione centrale e gli uffici dell'emigrazione nel Regno -Personale locale in servi2io presso le regie rappresentanze diplomatiche c consolari.

Capo ufficio: FECIA DI COSSATO Carlo. primo segretario di l a classe, fino al 6 gennaio.

Segretario: LuciOLLI Mario, vice console di l a classe, dal 3 marzo.

UFFICIO III

Edifici demaniali.

Gestione di tutti gli stabili e locali adibiti ad uso dell'Amministrazione centrale e dei rr. uffici all'estero -Acquisto, vendita, affitto, permuta, manuten2ione ordinaria e straordinaria, miglioramento e arredamento -Assicurazioni, inventari e contratti -Locazioni di immobili e locali per uso dci rr. ufJici -Ufficio del consegnatario -Deposito e distribuzione marche consolari e passaporti.

Capo utTicio: AssERETO Tommaso, consigliere.

Segretario: FosSATI Mario, vice segretario.

UFFICIO IV

Servizi amministrativi.

Capo ufficio: NATALI Umberto, console generale di 2a classe.

Segretari: AGOSTEO Cesare, capo divisione dei commissari consolari; CERACCHI Giuseppe, capo sezione dei commissari consolari; LEONINI PIGNOTTI Augusto, commissario consolare capo; LAORCA Orazio, console di 3a classe; SPATAFORA Gaetano, primo commissario consolare, fino al 14 marzo; FERME Antonio, primo commissario consolare.

Addetti all'ufficio: PAZZAGLIA Gino, ispettore capo; RENGANESCHI Vittorio, BLANDI Silvio, ispettori (dal l o febbraio ispettori capo); PIRODDI Mario, vice ispettore.

Cassa.

BoNAVINO Arturo, capo divisione commissari consolari; RoTA Armando, segretario (dal 1° febbraio vice ispettore), fino al 15 aprile.

UFFICIO V

Corrispondenza e archivi -Tipografia riservata.

Organizzazione, sorvcglian:::a degli archivi -Corrisponden:::a in arrivo e in partenza: accettazione, registra:::ione, spedizione ecc. -Controllo del carteggio degli uffici in rela:::ionc alla corrispondenza in arrivo -Archivi correnti -Scrvi:::io dci corrieri.

Capo ufficio: GROSSARDI Antonio, console generale di l a classe.

Segretario: Busi Gino, console di 2a classe.

Tipografia riservata.

Direttore: BERNI Fedele.

UFFICIO VI

Cifra.

Capo ufficio: CANCELLARlO o'ALENA Francesco, console generale di 2a classe.

Segretari: Rossi Paolo Alberto, console generale di 2a classe; CANNICCI Achille Angelo, console di la classe; BuzZI GRADENIGO Cesare Pier Alberto, ZAsso Francesco, consoli di 2a classe; ScHININÀ Emanuele, console di 3a classe; GRANDIN'ETTI Eugenio, ispettore capo (dal lo febbraio ispettore superiore), fino al 6 marzo; SAVINA Paolo, segretario (dal 1° febbraio vice ispettore), dal 15 gennaio.

APPENDICE II

AMBASCIATE E LEGAZIONI DEL REGNO D'ITALIA ALL'ESTERO

( ] 0 gennaio -23 aprile 1938)

AFGHANISTAN

Kabul -QUARONI Pietro, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; ANZILOTTI Enrico, primo segretario.

ALBANIA

Tirana -JACOMONI Francesco, inviato straordinario e mm1stro plenipotenziario; BABUSCIO Rizzo Francesco, primo segretario; PRATO Eugenio, secondo segretario; GABRIELLI Manlio, colonnello di fanteria, addetto militare.

ARABO-SAUDIANO (Regno)

Gedda -SILLITTI Luigi, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; PAVERI FONTANA Alberto, primo segretario.

ARGENTINA

Buenos Aires-GUARIGLIA Raffaele, ambasciatore; SERENA DI LAPIGIO Ottavio, consigliere; BARBARICH Alberto, primo segretario; MAJOLI Mario, secondo segretario; FIORI Romeo, consigliere dell'emigrazione; MARIANI Erminio, consigliere commerciale; LoNGO Ulisse, generale di brigata aerea, addetto aeronautico e navale (residente a Rio de Janeiro); CABALZAR Ferruccio Guido, addetto stampa.

AUSTRIA

Vienna -GHIGI Pellegrino, inviato straordinario e ministro plenipotenziario, STRANEO Carlo, primo segretario; DEL BoNO Giorgio, secondo segretario; EMo CAPODILISTA Gabriele, terzo segretario; DI NoLA Carlo, addetto commerciale;

MoNDINI Luigi, tenente colonnello, addetto militare; PALLOTTA Natale, tenente colonnello, addetto aeronautico (residente a Budapest) 1•

BELGIO

Bruxelles -PREZIOSI Gabriele, ambasciatore; CosMELLI Giuseppe, consigliere, fino all'Il gennaio; SILENZI Renato, consigliere; PANSA Mario, primo segretario; DucA Giovanni, maggiore di Stato Maggiore, addetto militare; MARGOTTINI Carlo, capitano di fregata, addetto navale (residente a Parigi); GAGLIANI Luigi, maggiore dell'aeronautica, addetto aeronautico.

BOLIVIA

La Pa::: -MARIANI Luigi, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; LONGO Ulisse, generale di brigata aerea, addetto aeronautico (residente a Rio de Janeiro ).

BRASILE

Rio de Janeiro -LOJACONO Vincenzo, ambasciatore; CASSINIS Angiolo, consigliere; TELESIO Giuseppe, primo segretario; LONGO Ulisse, generale di brigata aerea, addetto aeronautico.

BULGARIA

Sofia -SAPUPPO Giuseppe, inviato straordinario e ministro plenipotenziario, fino al 4 febbraio; TALAMO ATENOLFI Giuseppe, inviato straordinario e ministro plenipotenziario, dal 18 marzo; DANEO Silvio, primo segretario, incaricato d'affari dal 5 febbraio al 17 marzo; PAULUCCI Mario, secondo segretario; LIBRANDO Gaetano, addetto commerciale; SovERA Tullio, tenente colonnello di Stato Maggiore, addetto militare e aeronautico; FERRERO RoGNONI Raul, capitano di vascello, addetto navale (residente ad Ankara).

CECOSLOVACCHIA

Praga -DE FACENDIS Domenico, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; BoRGA Guido, primo segretario: SILVESTRELLI Luigi, secondo segretario; ENEA Giuseppe, addetto commerciale: V ALFRÈ DI BoNzo Corrado, tenente colonnello di Stato Maggiore, addetto militare; PALLOTTA Natale, tenente colonnello dell'aeronautica, addetto aeronautico (residente a Budapest).

1 Il 16 marzo Ciano telegrafò al ministro Ghigi di chiudere la legazione.

CILE

Santiago-MARCHI Giovanni, ambasciatore; 0TTAVIANI Luigi, consigliere; MARINI Vittorio, primo segretario; TRONCELLITI Francesco, reggente l'ufficio commerciale; LONGO Ulisse, generale di brigata aerea, addetto aeronautico (residente a Rio de Janeiro).

CINA

Pechino -CoRA Giuliano, ambasciatore; ALESSANDRINI Adolfo, consigliere; RossET DESANDRÈ Antonio, primo segretario; GIUSTI DEL GIARDINO Justo, secondo segretario; VINCENTI MARERI Francesco, interprete; SCALISE Guglielmo, tenente colonnello di Stato Maggiore, addetto militare (residente a Tokio); DEL GRECO Corrado, tenente di vascello, comandante la guardia dell'ambasciata, con funzioni di addetto navale; PIRODDI Mario, tenente colonnello, addetto aeronautico.

COLOMBIA

Bogotà -CANTONI MARCA Antonio, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; LONGO Ulisse, generale di brigata aerea, addetto aeronautico (residente a Rio de Janeiro).

COSTARICA

S. l osé -FARALLI lginio U go, inviato straordinario e mmrstro plenipotenziario, fino al 15 gennaio; ScADUTO MENDOLA Gioacchino, inviato straordinario e ministro plenipotenziario, dal 16 gennaio; LoNGO Ulisse, generale di brigata aerea, addetto aeronautico (residente a Rio de Janeiro).

CUBA

L'Avana -PERSICO Giovanni, inviato straordinario e mmrstro plenipotenziario; SPINELLI Pier Pasquale, primo segretario, dal 5 febbraio; LoNGO Ulisse, generale di brigata aerea, addetto aeronautico (residente a Rio de Janeiro).

DANIMARCA

Copenaghen -SAPUPPO Giuseppe, inviato straordinario e ministro plenipotenziario, dal 5 febbraio; GIARDINI Renato, primo segretario, fino al 23 febbraio (incaricato d'affari fino al 4 febbraio); LA TERZA Pierluigi, primo segretario, dal 5 aprile; Luzr Renato, addetto commerciale; MARRAS Efisio, colonnello di artiglieria, addetto militare (residente a Berlino); BERTOLDI Giuseppe, capitano di vascello, addetto navale (residente a Berlino); GAGLIANI Luigi, maggiore dell'aeronautica (residente a Bruxelles).

DOMINICANA (Repubblica)

Ciudad Trujillo -PORTA Mario, inviato straordinario e ministro plenipotenziario (residente a Porto Principe); LONGO Ulisse, generale di brigata aerea, addetto aeronautico (residente a Rio de Janeiro).

EGITTO

Cairo -MAZZOLINI Serafino, inviato straordinario e ministro plenipotenziario, dal 12 gennaio; BALDONI Corrado, primo segretario, incaricato d'affari fino all'l l gennaio; FARACE Ruggero, secondo segretario; DE CLEMENTI Alberto, terzo segretario; 0MAR Umberto, interprete; BuFFONI Decio, reggente la delegazione commerciale.

EL SALVADOR (Repubblica di)

San Salvador -BOMBIERI Enrico, inviato straordinario e ministro plenipotenziario (residente a Guatemala); LoNGO Ulisse, generale di brigata aerea, addetto aeronautico (residente a Rio de Janeiro).

EQUATORE

Quito -DE LIETO Casimiro, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; LONGO Ulisse, generale di brigata aerea, addetto aeronautico (residente a Rio de Janeiro).

ESTONIA

Tallinn -CiccoNARDI Vincenzo, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; FERRETTI Raffaele, primo segretario, dall'S gennaio; RoERO DI CosTANZE Giuseppe, tenente colonnello di cavalleria, addetto militare (residente a Varsavia).

FINLANDIA

Helsinki -KocH Ottaviano Armando, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; CoPPINI Maurilio, primo segretario; RoERO DI COSTANZE Giuseppe, tenente colonnello di cavalleria, addetto militare (residente a Varsavia); TEuccr Giuseppe, tenente colonnello, addetto aeronautico, fino al 5 marzo (residente a Berlino).

FRANCIA

Parigi -CERRUTI Vittorio, ambasciatore; SCADUTO MENDOLA Gioacchino, consigliere, fino al 15 gennaio; LANDINI Amedeo, console generale; PRUNAS Renato, consigliere; DELLA PoRTA Francesco, primo segretario; CoRRIAS Angelino, secondo segretario; DE FERRARIIS SALZANO Carlo, terzo segretario, fino al 16 febbraio; BARATTIERI DI SAN PIETRO Ludovico, quarto segretario (dal 7 gennaio terzo segretario); THEODOLI Livio, quarto segretario, dal 17 gennaio; TOMMASINI Mario, consigliere dell'emigrazione; SALLIER DE LA TouR Carlo, vice consigliere dell'emigrazione; VISCONTI PRASCA Sebastiano, generale di divisione, addetto militare; MARGOTTINI Carlo, capitano di fregata, addetto navale; ERCOLE Ercole, colonnello dell'aeronautica, addetto aeronautico.

GERMANIA

Berlino -Anouco Bernardo, ambasciatore; MAGISTRATI Massimo, consigliere; ZAMBONI Guelfo, primo segretario; GIUSTINIANI Raimondo, secondo segretario; TASSONI EsTENSE Alessandro, terzo segretario; RICCIARDI Adelchi, consigliere commerciale; MARRAS Efisio, generale di brigata, addetto militare; BERTOLDI Giuseppe, capitano di vascello, addetto navale; TEUCCI Giuseppe, tenente colonnello, addetto aeronautico, fino al 5 marzo.

GIAPPONE

Tokio -AuRITI Giacinto, ambasciatore; ScAMMACCA Michele, consigliere; MACCHI DI CELLERE Pio, primo segretario; BouNous Franco, secondo segretario; MELKAY Almo, interprete; ScALISE Guglielmo, tenente colonnello di Stato Maggiore, addetto militare e aeronautico; GHÈ Alberto, capitano di vascello, addetto navale.

GRAN BRETAGNA

Londra-GRANDI Dino, ambasciatore; CROLLA Guido, consigliere; FRACASSI RATTI MENTONE Cristoforo, primo segretario; CASARDI Aubrey, secondo segretario; Gozzi Giorgio, terzo segretario; ORTONA Egidio, quarto segretario; DE FACCI NEGRATI Gaetano, addetto; CECCATO Giovanni Battista, consigliere commerciale; RuGGERI LADERCHI Cesare, tenente colonnello di Stato Maggiore, addetto militare; BRIVONESI Bruno, capitano di vascello, addetto navale; CALDERARA Attilio, colonnello dell'aeronautica, addetto aeronautico.

GRECIA

Atene -BosCARELLI Raffaele, inviato straordinario e mm1stro plenipotenziario; JANNELLI Pasquale, primo segretario; SERAFINI Giorgio, secondo segretario; DE

SANTO Demetrio, interprete; MORIN Sebastiano, capitano di vascello, addetto navale e aeronautico; BOGLIONE Gabriele, tenente colonnello di Stato Maggiore, addetto militare (residente ad Ankara).

GUATEMALA

Guatemala -BOMBIERI Enrico, inviato straordinario e m1mstro plenipotenziario; Muzr FALCONI Filippo, primo segretario, dal 22 marzo; LoNGO Ulisse, generale di brigata aerea, addetto aeronautico (residente a Rio de Janeiro).

HAITI

Porto Principe -PORTA Mario, inviato straordinario e mm1stro plenipotenziario; LoNGO Ulisse, generale di brigata aerea, addetto aeronautico (residente a Rio de Janeiro).

HONDURAS

Tegucigalpa -BOMBIERI Enrico, inviato straordinario e mm1stro plenipotenziario (residente a Guatemala); LoNGO Ulisse, generale di brigata aerea, addetto aeronautico (residente a Rio de Janeiro).

IRAN

Teheran-PETRUCCI Luigi, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; GIARDINI Renato, primo segretario, dal 24 febbraio; BIGI Luciano, capitano di fregata, assistente addetto navale; PENNACCHIO Luigi, interprete.

IRAQ

Bagdad -GABBRIELLI Luigi, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; PoLLICI Dante, interprete.

IRLANDA

Dublino -LODI FÈ Romano, inviato straordinario e mmistro plenipotenziario; MALASPINA Falchetto, primo segretario; RuGGERI LADERCHI Cesare, tenente colonnello di Stato Maggiore, addetto militare (residente a Londra); BRIVONESI Bruno, capitano di vascello, addetto navale (residente a Londra); CALDERARA Attilio, colonnello dell'aeronautica, addetto aeronautico (residente a Londra).

JUGOSLAVIA

Belgrado -INDELLI Mario, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; CAPRANICA DEL GRILLO Giuliano, primo segretario; BAISTROCCHI Ettore, secondo segretario; SCADUTO MENDOLA Antonio, terzo segretario; ScELDIA Antonio, interprete; BENEDETTI Giovanni Paolo, addetto commerciale; KELLNER Arturo, tenente colonnello di Stato Maggiore, addetto militare e aeronautico; MoRIN Sebastiano, capitano di vascello, addetto navale (residente ad Atene).

LETTONIA

Riga -RoGERI DI VILLANOVA Delfino, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; GuGLIELMINETTI Giuseppe, primo segretario; RoERO DI CosTANZE Giuseppe, tenente colonnello di cavalleria, addetto militare (residente a Varsavia).

LITUANIA

Kaunas -FRANSONI Francesco, inviato straordinario e mtmstro plenipotenziario; CIPPICO Tristram Alvise, primo segretario; MARRAS Efisio, generale di brigata, addetto militare e aeronautico (residente a Berlino); TEUCCI Giuseppe, tenente colonnello, addetto aeronautico, fino al 5 marzo (residente a Berlino).

LUSSEMBURGO

Lussemburgo -DIANA Pasquale, inviato straordinario e ministro plenipotenziario.

MANCIUKUÒ

Hsin King-CORTESE Luigi, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; GuADAGNINI Piero, vice console.

MESSICO

Messico -MARCHETTI DI MuRIAGLIO Alberto, inviato straordinario e mmtstro plenipotenziario; CATTANI Attilio, primo segretario; LONGO Ulisse, generale di brigata aerea, addetto aeronautico (residente a Rio de Janeiro).

NICARAGUA

Managua -FARALLI Iginio Ugo, inviato straordinario e ministro plenipotenziario, fino al 15 gennaio; ScADUTO MENDOLA Gioacchino, inviato straordinario e ministro plenipotenziario, dal 16 gennaio (residenti a S. J osé di Costarica); LoNGO Ulisse, generale di brigata aerea, addetto aeronautico (residente a Rio de Janeiro).

NORVEGIA

Osio-AMADORI Giovanni, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; Muzi FALCONI Filippo, primo segretario, fino al21 marzo; STAFFETTI Pier Carlo, primo segretario, dal 2 marzo; Luzi Renato, addetto commerciale (residente a Copenaghen); BERTOLDI Giuseppe, capitano di vascello, addetto navale (residente a Berlino); GAGLIANI Luigi, maggiore dell'aeronautica, addetto aeronautico (residente a Bruxelles).

PAESI BASSI

L'Aja -TALIANI DE MARCHIO Francesco Maria, inviato straordinario e mm1stro plenipotenziario; DE VERA n'ARAGONA Carlo Alberto, primo segretario; NoTARANGELI Tommaso, addetto commerciale; DucA Giovanni, maggiore di Stato Maggiore, addetto militare (residente a Bruxelles); BERTOLDI Giuseppe, capitano di vascello, addetto navale (residente a Berlino); GAGLIANI Luigi, maggiore dell'aeronautica, addetto aeronautico (residente a Bruxelles).

PANAMA

Panama -CAPANNI !taio, inviato straordinario e mm1stro plenipotenziario; LoNGO Ulisse, generale di brigata aerea, addetto aeronautico (residente a Rio de Janeiro).

PARAGUAY

Assunzione-DE ANGELIS Mariano, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; LoNGO Ulisse, generale di brigata aerea, addetto aeronautico (residente a Rio de Janeiro).

PERÙ

Lima -TALAMO ATENOLFI Giuseppe, inviato straordinario e ministro plenipotenziario, fino al 2 febbraio; FARALLI lginio Ugo, inviato straordinario e ministro plenipotenziario, dal 3 febbraio; Rossi LONGHI Gastone, primo segretario, fino al 17 gennaio; GARBACCIO Livio, primo segretario; Lo NGO Ulisse, generale di brigata aerea, addetto aeronautico (residente a Rio de Janeiro).

POLONIA

Varsavia -ARONE DI VALENTINO Pietro, ambasciatore; CARISSIMO Agostino, consigliere; Dr STEFANO Mario, primo segretario; CrRAOLO Giorgio, secondo segretario; PIETRABISSA Francesco, addetto commerciale; RoERO DI CosTANZE Giuseppe, tenente colonnello di cavalleria, addetto militare, navale e aeronautico.

PORTOGALLO

Lisbona -MAMELI Francesco Giorgio, inviato straordinario e mmistro plenipotenziario; LA TERZA Pierluigi, primo segretario, fino al 4 aprile; RALLO Pietro, consigliere commerciale (residente a Salamanca); MoNrco Umberto, capitano di vascello, addetto navale (residente a Salamanca); FERRARIN Francesco, tenente colonnello dell'aeronautica, addetto militare e aeronautico (residente a Salamanca).

ROMANIA

Bucarest -SOLA Ugo, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; CAPECE GALEOTA Giuseppe, primo segretario; DALLA RosA PRATI Rolando, secondo segretario; MIZZAN Ezio, terzo segretario; DE MARTINO Giuseppe, addetto commerciale; DELLA PoRTA RomANI CARRARA Guglielmo, maggiore di Stato Maggiore, addetto militare e aeronautico; FERRERO ROGNONI Raul, capitano di vascello, addetto navale (residente ad Ankara).

SANTA SEDE

Roma-PrGNATTI MoRANO DI CusTOZA Bonifacio, ambasciatore; FECIA DI CossATO Carlo, consigliere, dal 7 gennaio; VENTURINI Antonio, primo segretario.

SIAM

Bangkok -UMILTÀ Carlo, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; GHÈ Alberto, capitano di vascello, addetto navale (residente a Tokio).

SPAGNA

Salamanca -VIOLA Guido, ambasciatore; RoNCALLI Guido, consigliere; VANNI n'ARCHIRAFI Francesco Paolo, primo segretario; GAETANI DELL'AQUILA n'ARAGONA Massimo, secondo segretario; RALLO Pietro, addetto commerciale; FERRARIN Francesco, tenente colonnello dell'aeronautica, addetto militare e aeronautico; MaNICO Umberto, capitano di vascello, addetto navale.

STATI UNITI D'AMERICA

Washington -SuvrcH Fulvio, ambasciatore; CosMELLI Giuseppe, consigliere, dal 12 gennaio; DEL DRAGO Marcello, primo segretario; CAPOMAZZA Benedetto, secondo segretario; RoBERTI Guerino, terzo segretario; BoNARDELLI Eugenio, consigliere dell'emigrazione; BIFULCO Vittorio, vice consigliere dell'emigrazione; BALLERINI Elisio, consigliere commerciale; CUGIA DI SANT'ORSOLA Umberto, capitano di fregata, addetto navale; CoPPOLA Vincenzo, tenente colonnello dell'aeronautica, addetto aeronautico e militare.

SUD AFRICA

Pretoria -CHIARAMONTE BoRDONARO Gabriele, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; STRIGARI Vittorio, primo segretario.

SVEZIA

Stoccolma -MELI LUPI DI SoRAGNA TARASCONI Antonio, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; MONACO Adriano, primo segretario; Luzr Renato, addetto commerciale (residente a Copenaghen); MARRAS Efisio, generale di brigata, addetto militare (residente a Berlino); BERTOLDI Giuseppe, capitano di vascello, addetto navale (residente a Berlino); GAGLIANI Luigi, maggiore dell'aeronautica, addetto aeronautico (residente a Bruxelles).

SVIZZERA

Berna-TAMARO Attilio, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; MAscrA Luciano, primo segretario; SACERDOTI Renzo, secondo segretario; PELLEGRINI Vincenzo, addetto commerciale; F ANTONI Euclide, tenente colonnello di Stato Maggiore, addetto militare; ERCOLE Ercole, colonnello dell'aeronautica, addetto aeronautico (residente a Parigi).

TURCHIA

Ankara -GALLI Carlo, ambasciatore; DE Asns Giovanni, consigliere, fino al IO gennaio; BERlO Alberto, consigliere, dal 2 marzo; CASTRONUOVO Manlio, secondo segretario, fino al 21 febbraio; BARIGIANI Andrea, addetto commerciale; PrsA Ezra, interprete; BoGLIONE Gabriele, colonnello d'artiglieria, addetto militare e aeronautico; FERRERO RoGNONI Raul, capitano di vascello, addetto navale.

UNGHERIA

Budapest -VINCI GIGLIUCCI Luigi Orazio, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; FoRMENTINI Omero, primo segretario; REVEDIN DI SAN MARTINO Giovanni, secondo segretario; CLEMENTI Raffaele, terzo segretario; Dr NoLA Carlo, addetto commerciale (residente a Vienna); MATTIOLI Enrico, tenente colonnello di Stato Maggiore, addetto militare; PALLOTTA Natale, tenente colonnello dell'aeronautica, addetto aeronautico.

UNIONE DELLE REPUBBLICHE SOCIALISTE SOVIETICHE

Mosca -Rosso Augusto, ambasciatore; BERARDIS Vincenzo, consigliere; MrGONE Bartolomeo, primo segretario; GuASTONE BELCREDI Enrico, secondo segretario, fino al 22 febbraio; RELLI Guido, interprete.

URUGUAY

Montevideo -MAZZOLINI Serafino, inviato straordinario e ministro plenipotenziario, fino all'l l gennaio; PERRONE DI SAN MARTINO Ettore, primo segretario, incaricato d'affari dal 12 gennaio; LONGO Ulisse, generale di brigata aerea, addetto aeronautico (residente a Rio de Janeiro).

VENEZUELA

Caracas -CAFFARELLI Filippo, inviato straordinario e mmtstro plenipotenziario, dal 26 gennaio; LONGO Ulisse, generale di brigata aerea, addetto aeronautico (residente a Rio de Janeiro).

APPENDICE III

AMBASCIATE E LEGAZIONI PRESSO IL RE D'ITALIA ( ] 0 gennaio -23 aprile 1938)

Afghanistan-SAMAD Abdul khan, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; RASSOUL Mohammed khan, segretario.

Albania -VILLA Djafer, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; XHOMO Vasfi, primo segretario.

Arabo-Saudiano (Regno)-N.N., inviato straordinario e ministro plenipotenziario.

Argentina-CANTILO José Maria, ambasciatore, fino al 20 marzo; MIGUENS Carlos, consigliere, dal 14 marzo, incaricato d'affari ad interim dal 21 marzo; PONTI José Carlos, secondo segretario; FoPPA Tito Livio, console, addetto stampa; CoMOLLI Guido, addetto commerciale; RoGGERO Arturo, tenente colonnello di Stato Maggiore, addetto militare e aeronautico.

Austria -BERGER WALDENEGG Egon, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; STRAUTZ F., consigliere; FALSER Meinrad, primo segretario; RIEDLRIEDENSTEIN Friedrich, addetto; FRIEBERGER Kurt, consigliere ministeriale, addetto stampa; LIEBITZKY Emi!, colonnello di Stato Maggiore, addetto militare e aeronautico. 1

Belgio -DE KERCHOVE DE DENTERGHEM André, ambasciatore, dai 29 marzo; DU CHASTEL DE LA HOWARDERIE Ferdinand, consigliere, incaricato d'affari ad interim fino al 28 marzo; DE MEEUS Hade\in, primo segretario; LAMY Léon, addetto; CARLIER Georges, addetto.

Bolivia -CORTADELLAS Alberto, mm1stro plenipotenziario, incaricato d'affari ad interim; CESPEDES RIVERA Guillermo, segretario; JORDAN Jorje, tenente colonnello, addetto militare e aeronautico.

Brasile-GUERRA DuvAL Adalberto, ambasciatore; LATOUR Jorge, secondo segretario; DE SouzA GoMES Henrique, secondo segretario; DE MIRANDA PACHECO Mario W., addetto (assente); SPARANO Luiz, consigliere commerciale.

1 La legazione fu soppressa il 13 marzo.

Bulgaria -POMENOV Svétoslav, inviato straordinario e mmrstro plenipotenziario; KARANDJULOV Anton, primo segretario; RADEV lvan, terzo segretario, dal 17 febbraio; TONTCHEV Petr, maggiore di Stato Maggiore, addetto militare.

Cecoslovacchia-CHVALKOVSKY Frantisek, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; BRAUNER Vladimir, consigliere; HERMAN Frantisek, primo segretario; STANE Vojtech, segretario; KUSKA Theodor, consigliere per la stampa; KLECANDA Vladimir, generale di divisione, addetto militare e aeronautico.

Cile-CARIOLA MAFFEI Luis Alberto, ambasciatore; CuEVAS IRARRAZABAL Hernan, consigliere; BARRIGA ERAZURRIZ Jorge, consigliere commerciale; INFANTE BIGGS Raul, addetto commerciale, dal 12 gennaio; FIRMANI René, addetto commerciale; HERRERA Ariosto, colonnello, addetto militare; TRoNcoso PALACIOS Guillermo, capitano di vascello, addetto navale, dal 26 gennaio.

Cina-LIU VoN-TAO, ambasciatore; CHu YIN, primo segretario; HWANG TA-CHUNG, secondo segretario; TcHANG KIEN, secondo segretario, dal 28 marzo; YoH LuN, terzo segretario; Lru TsrEN, terzo segretario; CHI KENG-MAO, addetto; TCHENG

C. T., colonnello, addetto militare, dal 3 gennaio.

Colombia -CAICEDO CASTILLA José Joaquin, ministro plenipotenziario, incaricato d'affari; FAILLACE Car!os A., addetto.

Cuba -ZAYAS Y Rurz Enrique, inviato straordinario e mmrstro plenipotenziario (assente); TABERNILLA Y DoLZ Carlos, consigliere, incaricato d'affari ad interim; CRuz Americo, secondo segretario; FIGUEROA Y MIRANDA Miguel, terzo segretario.

Danimarca -KRUSE Johan Christian Westergaard, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; WrcHFELD Hubert, consigliere.

Dominicana (Repubblica)-N.N., inviato straordinario e ministro plenipotenziario; CALDERON Telesforo R., primo segretario, incaricato d'affari ad interim; TRuJILLO MoLINA Anibal, generale di brigata, addetto militare.

Egitto -EL-SADEK Mostafà, bey, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; 0MAR Mohamed Osni, primo segretario; AL OMARI Mohamed Taher, addetto agricolo; GASVICH Abdel-Aziz, addetto; EL BAKLI Mohamed Alì, addetto commerciale.

El Salvador (Repubblica di)-N.N., inviato straordinario e ministro plenipotenziario.

Equatore -PENA-HERRERA Luis Antonio, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; GuzMAN ASPIAZU Carlos, consigliere commerciale; ICAZA Pedro Antonio, colonnello, addetto militare e aeronautico, dal 3 gennaio; ALOMIA LORREA Antonio, tenente colonnello, addetto militare aggiunto.

Estonia -LEPPIK Johan, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; JANSON Davide, primo segretario.

Finlandia-N.N., inviato straordinario e ministro plenipotenziario; ]ALANTI Tauno, segretario, incaricato d'affari ad interim; SAIKKU O lavi, addetto, dal l o febbraio; SUNDMAN Victor Alonzo, colonnello di Stato Maggiore, addetto militare e aeronautico (residente a Berlino).

Francia -BLONDEL Jules François, ministro plenipotenziario, incaricato d'affari ad interim; GUERIN Hubert, consigliere; GARNIER Jean-Paul, secondo segretario; BALAY M., terzo segretario, dal 14 febbraio; DE MARGERIE Christian, addetto; SANGUINETTI Joseph, console generale, consigliere commerciale; MrNGALON André, addetto commerciale aggiunto; PARISOT Henri, generale di brigata, addetto militare; DE LAFOND Gervais, capitano di vascello, addetto navale; PouPON Roger, colonnello, addetto aeronautico; DONATI Louis, maggiore di Stato Maggiore, addetto militare aggiunto.

Germania -voN HASSELL Ulrich, ambasciatore,. fino al 4 febbraio; voN MACKENSEN Hans Georg, ambasciatore, dal lO aprile; VON PLESSEN Johann, consigliere; ETTEL Ervin, consigliere; VON ETZDORF Hasso, segretario; VON REICHERT Hans Joachim, segretario, dal 15 marzo; BERGER Karl, addetto; GRAEFF Friedrich, addetto commerciale; KoEHLER Fritz, addetto per l'agricoltura; MoLLIER Hans, addetto stampa; voN RINTELEN Enno, colonnello di Stato Maggiore, addetto militare; PRETZELL Gerhard, maggiore, addetto militare aggiunto; LANGE Werner, capitano di vascello, addetto navale; OPDENHOFF Martin, tenente di vascello, addetto navale aggiunto; SCHULTHEISS Pau!, colonnello dell'arma aeronautica, addetto aeronautico; BADER Karl, tenente colonnello, addetto aeronautico aggiunto.

Giappone -HOTTA Massa-aki, ambasciatore; MATSUMIYA Hajime, consigliere; TERASAKI Taro, secondo segretario; HARA Kaoru, terzo segretario; YosHIURA Morizumi, segretario interprete di seconda classe; HAGA Shiro, addetto; NAGAI Mikizo, addetto; ARISUE Seizo, colonnello di Stato Maggiore, addetto militare e aeronautico; HrRAIDE Hideo, capitano di fregata, addetto navale e aeronautico; ToKr Hokoji, tenente colonnello di artiglieria, addetto militare aggiunto.

Gran Bretagna -PERTH sir Eric DRUMMOND, ambasciatore; CHARLES sir Noel, consigliere; NoswoRTHY Richard Lysle, consigliere per gli affari commerciali; Mc CLURE sir William, addetto stampa con rango di consigliere; YENCKEN A. F., primo segretario; DrxoN Pierson John, secondo segretario, dal 17 febbraio; LOMAX John Garnett, secondo segretario per gli affari commerciali; GREY P. F., terzo segretario; LAVER W. S., assistente del consigliere commerciale; MoTT-RADCLYFFE C.E., addetto onorario; BEVAN R. H., capitano di vascello, addetto navale; MEDHURST C. E., colonnello, addetto aeronautico; BARCLAY W. P., maggiore, addetto militare aggiunto; HEARSON G., comandante, addetto navale aggiunto (residente a Berlino).

Grecia -METAXAS Petros, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; RoMANOS Johannes, consigliere; CoNTOUMAS Aleksandros, primo segretario; AssrMACOPOULOS Aleksandros, colonnello, addetto militare, navale e aeronautico.

Guatemala -DURAN MoLLINEDO Victor, generale, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; DuRAN Y FIGUEROS J. Ramiro, segretario.

Haiti -LARAQUE Enrico Alfonso, inviato straordinario e ministro plenipotenziario.

Iran -N.N., inviato straordinario e ministro plenipotenziario; HADJEB-DAVALLOU Mohammed, primo segretario, incaricato d'affari ad interim; KHOSROVI Abdullah, addetto.

Iraq -AL-PACHACHI Muzahim, inviato straordinario e mm1stro plenipotenziario; SULAIMAN Alì Haidar, terzo segretario; AL-PACHACHI Taher, addetto.

Jugoslavia -CHRISTié Bochko, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; BELJANSKI Pavle, consigliere; CHETCHEROVIé Voukachine, primo segretario; PLAMENAé Ilia, addetto; TROJANOVIé Radmilo, maggiore di artiglieria in servizio di Stato Maggiore, addetto militare, navale e aeronautico; JUNGié Dragoslav, capitano d'aviazione, addetto militare, navale e aeronautico aggiunto.

Lettonia -SPEKKE Arnolds, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; RIEKSTINS Janis, primo segretario.

Lituania -CARNECKIS Valdemaras, inviato straordinario e ministro plenipotenziario.

Messico-N.N., inviato straordinario e ministro plenipotenziario; VILLATORO Gustavo, consigliere, incaricato d'affari ad interim, fino al 14 gennaio; MARTINEZ DE ALVA Salvador, consigliere, incaricato d'affari ad interim, dal 15 gennaio; RENNOW German, terzo segretario; ALAMILLO FLORES Luis, tenente colonnello di cavalleria, addetto militare (residente a Parigi).

Monaco -CouGET Fernand, inviato straordinario e ministro plenipotenziario.

Nicaragua-MEDINA Tomas Francisco, inviato straordinario e ministro plenipotenziario, dal1'8 febbraio.

Norvegia -IRGENS Johannes, inviato straordinario e mm1stro plenipotenziario; VANGENSTEN Ove C. L., primo segretario; BAKKE Arnold, consigliere commerciale (residente a Berna).

Paesi Bassi-HuBRECHT Jan, inviato straordinari.o e ministro plenipotenziario, dal 19 marzo; VAN PANHUYS W.E., segretario, incaricato d'affari ad interim, fino al 18 marzo.

Panama -BuRGOS Antonio, inviato straordinario e ministro plenipotenziario.

Paraguay -N.N., inviato straordinario e ministro plenipotenziario; DI PAOLA N uncio, segretario, incaricato d'affari ad interim.

Perù-MANZANILLA José Matias, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; LANATA CouoY Luis F., primo segretario; VARGAS Jorge, colonnello, addetto militare; GILARDI VERA Carlos A., colonnello, addetto aeronautico.

Polonia -WYSOCKI Alfred, ambasciatore; ZAWISZA Aleksander, consigliere; MAZURKIEWICZ Roman, consigliere commerciale; SzELISKI Jan, addetto; LASOCKI Jerzy, addetto, dal 1° febbraio; MIKULSKI Boleslaw, addetto onorario; MICHALOWSKI Jozef, addetto onorario.

Portogallo-LoBO o'AviLA LIMA José, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; VAZ SARAFANA José Eduardo, primo segretario.

Romania -LuGOSIANU lon, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; CoNSTANTINIDE Noti, consigliere; BILCIVRESCU Grigore, segretario; ADAMIU Aureliano, addetto; PoRN Eugen, consigliere commerciale; ENESCO Mihail, addetto commerciale aggiunto; KIRITZEscu Alexandru, consigliere per la stampa; SKELETTI Emilio, colonnello, consigliere tecnico commerciale, dal 23 febbraio; OAMACEANU Dumitru, maggiore di Stato Maggiore, addetto militare; GuDJu lon, maggiore di aviazione, addetto aeronautico e navale.

Santa Sede -BoRGONGINI Duca Francesco, monsignore, nunzio apostolico; MisuRACA Giuseppe, monsignore, uditore.

Siam -N .N. inviato straordinario e ministro plenipotenziario; VISUTRA VIRAJJADES Luang, primo segretario, incaricato d'affari ad interim.

Spagna -GARCIA CONDE Pedro, ambasciatore; FoRNS Rafael, primo segretario; JoRRO Jaime, secondo segretario; MARTINEZ-MERELLO Luis, segretario aggiunto; BERMEJO José Maria, segretario aggiunto; CARRASCO Manuel, addetto onorario (residente a Bologna); VILLEGAS Manuel, tenente colonnello, comandante di Stato Maggiore, addetto militare e aeronautico; GENOVA Arturo, capitano di fregata, addetto navale; EsPINOSA Manuel, capitano di corvetta, addetto navale aggiunto, dal 22 gennaio.

Stati Uniti d'America -PHILLIPS William, ambasciatore; REED Edward L., consigliere; ROGERS Alan S., secondo segretario; REBER Samuel, secondo segretario; McGREGOR Robert G. jr., terzo segretario; LIVENGOOD Charles A., addetto commerciale; HooPER Malcom P., addetto commerciale aggiunto; THOMSON Thaddeus Austin, capitano di vascello, addetto navale e aeronautico per la marina; PAINE George H., colonnello di artiglieria, addetto militare e aeronautico; HoDGSON Jack G., maggiore dell'arma aeronautica, addetto militare e aeronautico aggiunto; FoRRESTEL Emmet Peter, capitano di corvetta, addetto navale aggiunto; NELSON Gordon W., capitano del genio navale, addetto navale aggiunto (residente a Londra); CASSADY John Howard, capitano di corvetta, addetto navale e aeronautico aggiunto per la marina.

Sud Africa (Unione del) -HEYMANS Albert, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; GELDENHUYS Frans Eduard, consigliere commerciale; KIRSTEN Robert, addetto.

Svezia-N.N., inviato straordinario e ministro plenipotenziario; SoHLMAN Rolf R., primo segretario, incaricato d'affari ad interim; BRUSEWITZ Sven, addetto; WESTER Harry, maggiore di artiglieria, addetto militare e aeronautico; HAMMARGREN O.H.L., tenente di vascello, addetto navale.

Svizzera -RuEGGER Paul, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; MICHELI Louis H., consigliere; FUMASOLI Mario, primo segretario; MALLET Bernard, secondo segretario; SEIFERT Otto, addetto; DE W A TTEVILLE Charles, colonnello, comandante di brigata, addetto militare, dal 15 marzo.

Turchia -BAYDUR Huseyin Ragip, ambasciatore; ARBEL Bedi, consigliere; ZIYAL Celai, secondo segretario; GbRK Haydar, secondo segretario; BELBEZ Nejdet Tahir, terzo segretario; KARAGULLE Haiil Mithat, consigliere commerciale; HAYIROGLU Mahmut Nedim, addetto stampa; NACI Aka, tenente colonnello, addetto militare e aeronautico; ZIYA Komut, capitano di Stato Maggiore, addetto militare e aeronautico aggiunto; ARNOM Refet, capitano di corvetta di Stato Maggiore, addetto navale.

Ungheria-VILLANI Frigyes, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; NAGY DE GALANTHA Utszl6, consigliere, dal 23 marzo; DE VEGH Mikl6s, consigliere; DE HERTELENDY L:lszl6, segretario; DE MARFFY-MANTUANO Tamas, segretario; BETHLEN Gabor, addetto; HuszKA Istv:'m, addetto stampa; SzABò Laszl6, tenente colonnello di Stato Maggiore, addetto militare.

Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche -STEIN Boris, ambasciatore; HELFAND Lev, consigliere; KULAJENKOV Anatolij, secondo segretario; IAKOVLEV Dimitrij, addetto, dal 21 gennaio; BELENKI Boris, rappresentante commerciale; CERNAIEV Nikifor, addetto militare e aeronautico aggiunto.

Uruguay -N.N., inviato straordinario e ministro plenipotenziario; GRUNWALDT CUESTAS Federico, primo segretario, incaricato d'affari ad interim; FABREGAT Gilbert Caetano, secondo segretario; GRIMOLDI Americo, addetto; MORELLI Vicente, addetto.

Venezuela -KEY AYALA Santiago, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; CASAS BRICENO J.M., consigliere; ROJAS Hugo, addetto.